Apis mellifera: differenze tra le versioni

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L{{'}}'''ape europea''' o '''ape occidentale''' ('''''Apis mellifera''''' {{zoo|[[Linneo|Linnaeus]]|1758}}) è la [[specie]] del [[Genere (tassonomia)|genere]] ''[[Apis]]'' più diffusa nel mondo.<ref name="Engel99">{{Cita pubblicazione|autore=Michael S. Engel|wkautore=Michael S. Engel|anno=1999|titolo=The taxonomy of recent and fossil honey bees (Hymenoptera: Apidae: ''Apis'')|rivista=Journal of Hymenoptera Research|volume=8|pp=165–196165-196|url=https://archive.org/details/biostor-28973}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|cognome1=Lo|nome1=N.|cognome2=Golag|nome2=R.S.|cognome3=Anderson|nome3=D.L.|cognome4=Oldroyd|nome4=B.P.|titolo=A molecular phylogeny of the genus Apis suggests that the Giant Honey Bee of the Philippines, A. breviligula Maa, and the Plains Honey Bee of southern India, A. indica Fabricius, are valid species|rivista=Systematic Entomology|data=2010|volume=35|numero=2|pp=226–233226-233|doi=10.1111/j.1365-3113.2009.00504.x}}</ref>
 
Si crede che tale specie abbia avuto origine in Africa<ref name="Whitfieldetalpp642–645">{{Cita pubblicazione|autore=Charles W. Whitfield, Susanta K. Behura, Stewart H. Berlocher, Andrew G. Clark, J. Spencer Johnston, Walter S. Sheppard, Deborah R. Smith, Andrew V. Suarez, Daniel Weaver & Neil D. Tsutsui|anno=2006|titolo=Thrice out of Africa: ancient and recent expansions of the honey bee, ''Apis mellifera''|rivista=[[Science (periodico)|Science]]|volume=314|numero=5799|pp=642–645642-645|pmid=17068261|doi=10.1126/science.1132772|url=http://www.life.illinois.edu/suarez/Publications/Whitfield_etal2006Science.pdf|urlmorto=si|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150929070749/http://www.life.illinois.edu/suarez/publications/Whitfield_etal2006Science.pdf|bibcode=2006Sci...314..642W}}</ref> o in Asia<ref>{{Cita pubblicazione|cognome1=Han|nome1=Fan|cognome2=Wallberg|nome2=Andreas|cognome3=Webster|nome3=Matthew T|titolo=From where did the Western honeybee (Apis mellifera) originate?|rivista=Ecology and Evolution|data=2012|volume=2|numero=8|pp=1949–19571949-1957|pmc=3433997|pmid=22957195|doi=10.1002/ece3.312}}</ref> e che si diffuse attraverso l'Africa, il Medio Oriente e l'Europa.<ref name="UnivFlorida"/> Gli esseri umani hanno esteso il loro areale, introducendo sottospecie europee in Nord America (primi anni del XVII secolo),<ref>{{cita news|url=https://www.sciencedaily.com/releases/2006/12/061211220927.htm|titolo=Research upsetting some notions about honey bees|pubblicazione=|editore=ScienceDaily|data=29 dicembre 2006}}</ref> in Sud America, [[Australia]], [[Nuova Zelanda]] e in Asia orientale.<ref>{{Cita pubblicazione|cognome1=Winston|nome1=M.|cognome2=Dropkin|nome2=J.|cognome3=Taylor|nome3=O.|titolo=Demography and life history characteristics of two honey bee races (Apis mellifera)|rivista=Oecologia|data=1981|volume=48|numero=3|pp=407–413407-413|doi=10.1007/bf00346502|pmid=28309760|bibcode=1981Oecol..48..407W}}</ref> Attualmente si trova in ogni continente eccetto l'Antartide.<ref name="UnivFlorida">{{cita web|data=agosto 2013|accesso=1º settembre 2018|url=http://entnemdept.ufl.edu/creatures/MISC/BEES/euro_honey_bee.htm|titolo=European honey bee|opera=Entomology and Nematology Department, University of Florida|nome1=Ashley N.|cognome1=Mortensen|nome2=Daniel R.|cognome2=Schmehl|nome3=Jamie|cognome3=Ellis}}</ref>
 
Dopo aver scelto il nome ''Apis mellifera'' ("portatrice di miele") nel 1758, [[Linneo]] propose nel 1761 il più tecnicamente corretto ''Apis mellifica'' ("produttrice di miele"), nome ancora usato da alcuni autori.<ref>{{Cita libro |titolo = Animal Species for Developmental Studies |curatore1 = T. A. Dettlaff |curatore2 = Sergei G. Vassetzky |url = https://books.google.it/books?id=fFrSBwAAQBAJ&pg=PA204&lpg=PA204&dq=%22Apis+mellifera%22+%22Apis+mellifica%22+Linneo&source=bl&ots=rnFMJGNafE&sig=0cGatuuxZweU4rJ9AXs6DJ1cg4A&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiducuNwpTbAhULUK0KHTfuDVsQ6AEIqQEwFA#v=onepage&q=%22Apis%20mellifera%22%20%22Apis%20mellifica%22%20Linneo&f=false |editore = Springer Science & Business Media |città = [[Dordrecht]] |anno = 2012 |lingua = en |volume = Volume 1 Invertebrates |p = 204 |ISBN = 978-1-4613-0503-3 |oclc=958562111 |citazione = The honeybee Apis mellifera Linaeus, 1758 (sometimes called Apis mellifica Linnaeus, 1761) |accesso = 20 maggio 2018 }}</ref><ref>{{Cita libro |titolo = Anatomy and Dissection of the Honeybee |autore = H. A. Dade |url = https://books.google.it/books?id=_JEaMktVWEMC&pg=PA28&lpg=PA28&dq=%22Apis+mellifera%22+%22Apis+mellifica%22+Linneo&source=bl&ots=MzmqlADE9-&sig=kW_AnIZeC07frNnXeHxGupCSyWY&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiducuNwpTbAhULUK0KHTfuDVsQ6AEIxAEwGQ#v=onepage&q=%22Apis%20mellifera%22%20%22Apis%20mellifica%22%20Linneo&f=false |editore = I.B.R.A. e London : International Bee Research Association |città = Londra |anno = 1994 |lingua = en |p = 28 |ISBN = 0-86098-214-9 |oclc=780621829 |citazione = The correct, official name of our honeybee is Apis mellifera L., which means 'the honey-bearing bee', not a very good descriptive name. It is the first name given to her by Linnaeus, and it appears in the 10th edition of his Systema Naturae (1758). Later, he changed the name to Apis Mellifica. |accesso = 20 maggio 2018 }}</ref>
 
== Biologia ==
L'ape domestica costituisce la [[Società (sociologia)|società]] animale più studiata e ammirata. È una società matriarcale, monoginica e pluriannuale, formata da numerosi individui appartenenti a tre [[casta|caste]], tutte alate.<ref>{{SenzaCita fonteweb|url=http://archivio.torinoscienza.it/dossier/la_societa_delle_api_4569.html|titolo=La società delle api - torinoscienza.it|sito=archivio.torinoscienza.it|accesso=2024-04-04}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/ape/,%20https://www.treccani.it/enciclopedia/ape/|titolo=ape - Treccani|sito=Treccani|lingua=it|accesso=2024-04-04}}</ref>
 
Di norma in un [[alveare]] vivono una [[ape regina|regina]], unica femmina [[fertilità|fertile]], 40 000 – 100 000 [[ape operaia|operaie]], femmine sterili destinate al mantenimento e alla difesa della colonia e, tra aprile e luglio (in [[Europa]]), da 500 a 2000 maschi (detti anche [[fuco|fuchi]] o pecchioni), questi ultimi destinati esclusivamente alla [[riproduzione]]. La specie è [[polimorfismo (biologia)|polimorfica]] perché le tre caste hanno conformazioni morfologiche diverse tra loro.
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Le ghiandole faringee raggiungono il massimo sviluppo nelle giovani operaie nutrici, mentre le ghiandole della cera, poste al lato ventrale dell'addome, sono funzionali solo nella fase in cui l'operaia costruisce i favi. Ambedue questi tipi di ghiandole regrediscono nelle bottinatrici (da Karl von Frisch).]]-->
 
Per lo sviluppo dei centri di coordinazione cerebrali (corpi peduncolati), le operaie si rivelano capaci di prestazioni straordinarie, quali la possibilità di trasmettersi informazioni con una sorta di linguaggio simbolico. Esse svolgono, inoltre, compiti diversi in ordinata successione dei ruoli a seconda dell'età. Il primo compito della giovane operaia che sfarfalla dalla cella in cui si è sviluppata, è quello di ripulire e levigare le celle di nuova costruzione o quelle che devono essere riutilizzate, nelle quali la regina, sebbene fecondata una sola volta nella vita, depone incessantemente le uova (da 100 fino a 3000 al giorno){{Senza fonte}}. Poi, diventata capace di produrre la "[[pappa reale]]" (per lo sviluppo delle ghiandole sopra-cerebrali che la secernono), l'ape operaia passa ad alimentare le larve{{Senza fonte}}. Allo scadere della seconda settimana, non producendo più alimento, bensì cera (per regressione delle ghiandole sopracerebrali e sviluppo delle ghiandole cerigene), passa a costruire [[favo|favi]]. Quindi passa all'esterno dell'alveare, prima per la sola difesa, poi per l'importante compito di bottinatrice, ossia di raccoglitrice di: [[nettare (botanica)|nettare]], [[polline]], [[propoli]] e [[acqua]] {{Senza fonte}}. In questa veste, essa è in grado di trasmettere precise informazioni alle compagne sulla esatta ubicazione di una sorgente di cibo, anche molto distante (fino ada un massimo stimato in 3 chilometri), comunicando dati sui rapporti di posizione tra campo fiorito, alveare e sole. La sua abilità di percepire luce polarizzata le consente di individuare la posizione del [[sole]], anche se questo è coperto da nubi, purché sia visibile un'area di cielo sereno. Alla fine di poco più di un mese riprende mansioni casalinghe (ventilazione e riscaldamento del nido, sua pulizia e difesa, etc.), fino a che, sentendo vicina la fine, si allontana dalla comunità e muore lontano da essa per non contaminare l'alveare con il suo cadavere. Nelle operaie l'ovopositore si trasforma in un'efficientissima arma, il pungiglione, dotata di autonomia e di automatismi tali da assicurare il massimo delle possibilità offensive.
 
=== Alimentazione ===
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=== Riproduzione ===
[[File:Bienenkoenigin 43a.jpg|thumb|left|Regina ede operaie]][[File:Drone 49a.jpg|thumb|left|Maschio]]
 
L'apparato riproduttore è vestigiale nelle operaie, ma altamente sviluppato nella regina. Generalmente 6-12 giorni dopo lo sfarfallamento (non oltre 3-4 settimane), una giovane regina si accoppia con parecchi [[fuco|fuchi]] (mediamente 8) nel corso dei voli nuziali, in cui ciascun maschio, attratto ed eccitato dal movimento della femmina e dai [[feromone|feromoni]] sessuali che si diffondono dal suo corpo, immette i propri spermi nelle sue vie genitali. Gli organi copulatori del maschio vengono poi strappati per rimanere nella borsa copulatrice della femmina (costituendo il cosiddetto segno di fecondazione) finché le operaie non li estraggono dopo che essa è ritornata all'alveare. Gli spermi così ricevuti nella sua spermateca devono servire per tutte le uova fecondate che essa deporrà in seguito. I suoi ovarioli si ingrossano fino a riempire il lungo addome e, dopo 1-2 giorni, essa comincia ada ovideporre.
[[File:Bienenwabe mit Eiern und Brut 5.jpg|thumb|Uova e larve]]
 
La regina ha la facoltà di controllare il processo di fecondazione. Le [[Uovo (biologia)|uova]] non fecondate (o [[partenogenesi|partenogenetiche]] o vergini) producono fuchi, geneticamente [[Aploidia|aploidi]], con 16 [[cromosoma|cromosomi]] (partenogenesi arrenotoca, che dà origine solamente ada individui di sesso maschile), mentre le uova fecondate producono, per eterozigosi degli [[allele|alleli]] sessuali, femmine [[Diploidia|diploidi]], con 32 cromosomi. Eventuali maschi diploidi, prodottisi per [[omozigosi]], vengono riconosciuti nel primo stadio larvale dalle nutrici, che li eliminano.
 
Nel periodo in cui il raccolto di [[nettare (botanica)|nettare]] è abbondante, una regina arriva a deporre fino a 2000-3000 uova al giorno, attaccando ciascun uovo sul fondo di una cella. L'uovo si schiude dopo circa 3 giorni dalla deposizione e ne emerge una minuscola larva vermiforme, apoda e anoftalma (priva di occhi composti). Le larve dei maschi restano [[aploide|aploidi]] solo nel primo stadio mentre prima della muta la maggioranza delle cellule diviene [[Diploidia|diploide]]; aploidi restano solo, oltre alle cellule germinali, anche le cellule che daranno origine all'[[intestino]], ai tubi malpighiani, ecc.
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[[File:Drohnenpuppen 79d.jpg|thumb|Pupe di maschi]]
 
Per due giorni tutte le larve vengono alimentate con la pappa reale, dopodiché le larve dei fuchi e delle operaie ricevono principalmente [[miele]] e [[polline]], mentre le larve delle regine continuano ada essere nutrite con pappa reale.
 
Ciascuna larva, accrescendosi, subisce 5 mute; quindi la sua cella viene chiusa con un opercolo di [[cera]] e la larva racchiusa all'interno si tesse un sottile [[Metamorfosi (zoologia)|bozzolo]] nel quale si impupa. La [[pupa]] subisce una metamorfosi completa, ede infine taglia l'opercolo della cella con le proprie mandibole per sfarfallare come giovane ape. Il tempo di sviluppo per ciascuna casta è standardizzato, grazie alla termoregolazione nell'[[alveare]]:
 
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Le larve destinate a formare le future regine si impupano dopo 15-16 giorni di vita; quelle che sono destinate e diventare operaie subiscono la prima metamorfosi a circa 21 giorni, mentre i maschi non si impupano prima di avere raggiunto i 24 giorni di vita.
 
Dalla larva, eucefala (con capo evidente) ede apoda (priva di zampe), si produce una pupa adectica (cioè quasi del tutto immobile), exarata (munita di appendici libere e distaccabili) ed evoica (chiusa in bozzolo). Tutti vivono allo stadio di pupa per un periodo che è diverso per ciascuna casta, quindi si trasformano in adulti ed escono dalla loro cella.
 
La regina compie il volo nuziale a 5-6 giorni dallo sfarfallamento e, dopo pochi giorni, comincia a deporre le uova in numero maggiore in [[primavera]] ed [[estate]] e nelle giornate più calde. Solo durante l'inverno essa sospende la deposizione, tranne in paesi dove la stagione invernale è contrassegnata da un [[clima]] particolarmente temperato.
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{{vedi anche|Sciamatura (ape)}}
 
Con la deposizione delle [[Uovo (biologia)|uova]] aploidi e di quelle diploidi nelle celle reali, la regina indica alle operaie che è prossimo il momento in cui una parte della popolazione dell'alveare deve essere pronta alla [[Sciamatura (ape)|sciamatura]], ovvero la fondazione di una nuova colonia ede indica alle operaie che restano che ci saranno presto [[larva|larve]] da nutrire.
 
La vecchia regina cessa di produrre uova e, quando stanno per schiudersi le celle reali, cominciano anche i preparativi per la sciamatura; le api che sciameranno si caricano del [[miele]] occorrente per 5 o 6 giorni: questa scorta è indispensabile per sostenere la iperalimentazione per la prima produzione di cera, in quanto le ghiandole ceripare si riattivano al fine di consentire l'inizio della costruzione dei nuovi favi. Le api in sciamatura prendono con sé anche una certa quantità di propoli. Infine la vecchia regina raduna una parte del suo popolo e va a fondare un altro alveare.
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Poco prima che la vecchia regina, seguita da uno sciame di parecchie migliaia di api operaie, lasci l'alveare, le bottinatrici diventano pigre e cessano di portare il nettare. Alcune di esse passano il tempo esplorando i dintorni in cerca di possibili luoghi per un nuovo nido. Qualche giorno dopo la regina conduce fuori lo [[sciamatura (ape)|sciame]] e questo si sistema in un bivacco temporaneo, dove forma il caratteristico grappolo (o [[glomere]]) sul ramo di un albero, su una sporgenza di una roccia, ecc.
 
Gli sciami delle api fissati a grappolo ada un supporto, nel loro interno sono radi e occupati da catene ramificate di api che vengono reciprocamente a contatto in diversi punti, e sulle quali le altre api corrono in tutte le direzioni. Esternamente le api formano con i loro corpi come un rivestimento denso ed elastico a cui si attaccano, internamente, le catene e che presenta una sola interruzione, "l'apertura di volo", che è la via per la quale le operaie escono ed entrano nel grappolo. La distribuzione delle api nel grappolo avviene secondo l'età: quelle che si trovano al centro sono le "operaie di casa", aventi cioè non più di 19 giorni di vita; quelle insediate vicino all'apertura superano generalmente i 20 giorni; quelle della copertura oscillano tra i 19 ede i 25 e cambiano continuamente di posto (in dieci minuti i 2/3 si sono spostati). Dai grappoli partono le esploratrici in cerca di un ricovero dove costruire il nuovo [[alveare]].
 
Le api esploratrici costituiscono una sorta di "comitato" per consigliare le emigranti sui possibili nuovi luoghi per abitare. Le esploratrici cominciano a danzare al di sopra dello sciame: ciascuna indica la direzione e la distanza del suo sito preferito e la sua valutazione della qualità del luogo con l'enfasi che mette nella danza. Altre api sono reclutate e visitano il luogo; poi trasmette il proprio giudizio, al ritorno, agli altri membri dello sciame. Le informazioni sono così precise che Lindauer fu in grado di interpretare il significato delle danze e di precederle nel luogo prescelto.
 
=== Fecondazione ===
Appena sfarfalla, la nuova regina è presa da una frenesia ed emette un singolare ronzio (un "trillo territoriale" di 1,5 – 2&nbsp;kHz, registrabile anche fuori dell'[[arnia]]) ottenuto sia per vibrazione alare e/o toracica, sia per emissione di aria dagli stigmi; dopodiché si avvicina alle celle delle altre sue sorelle e, una dopo l'altra, le uccide tutte. Allora cessa il ronzio, si porta all'ingresso dell'alveare ede inizia il volo nuziale.{{Senza fonte}}
 
Essa si innalza a grandi altezze, seguita dalla folla dei [[fuco|fuchi]], il più possente dei quali la raggiunge ede ha luogo, in volo, il primo accoppiamento. La copula comporta l'inevitabile morte del maschio, poiché i suoi organi genitali restano infissi nel corpo della femmina ed esso deve strapparli per allontanarsi. La regina si accoppia con altri fuchi (8-9 circa) per poi planare sull'alveare, dando alle operaie, in tal modo, un segnale in seguito al quale esse assalgono ede uccidono con il loro [[pungiglione]] i fuchi che non si sono accoppiati; nessuno di essi si salva perché i pochi superstiti non sanno nutrirsi da sé, essendo stati nutriti sempre dalle operaie per [[trofallassi]] oro-orale e perché il loro apparato boccale di suzione è più corto di quello delle operaie e non potrebbero succhiare il nettare. Questa lotta non costa alcuna vittima tra le operaie, sia perché i fuchi non hanno alcun mezzo di difesa (sono maschi, quindi privi di ovopositore, cioè di pungiglione), sia perché possono agevolmente ritirare il loro pungiglione (diversamente da quanto avviene se l'ape punge un vertebrato). Talvolta, però, in caso di sovraffollamento della colonia, le operaie impediscono alla nuova regina di uccidere le sorelle e allora anche un'ulteriore nuova regina sciama (risciami). La prima ape regina e la nuova ape devono lottare fino alla morte di una delle due (grazie al pungiglione), altrimenti la nuova ape regina sarà costretta ad andarsene.
 
=== Identificazione ===
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=== Apparato boccale ===
L'apparato boccale tipico degli insetti era in origine masticatore, quale si ritrova ancora negli [[Ortotteri]], [[Coleotteri]], ecc. Gli adattamenti dovuti ai regimi alimentari hanno però determinato negli insetti radicali trasformazioni. Nell'ape, i pezzi originari si sono trasformati costituendo un apparato boccale lambente e succhiante. Il complesso maxillo-facciale si piega tra cardini e stipiti e si sposta un po' all'indietro sotto il [[cranio]], costituendo un canale temporaneo per suggere il [[nettare (botanica)|nettare]]. L'organo aspirante, lungo e flessibile, è formato dalle glosse labiali; per mezzo di questo le api raccolgono il nettare e manipolano il [[miele]] nell'arnia. I lati di questa ligula sono ripiegati verso l'interno e verso il basso, fino quasi ada incontrarsi, per formare un tubo racchiuso dalle mascelle e dai palpi labiali. Il labium (labbro inferiore) è provvisto di palpi assai sviluppati e 4-articolati (con il primo articolo molto allungato e piuttosto largo, il secondo più corto, gli ultimi molto brevi) e di una ligula (o glossa o lingua) lunga (in estensione misura 5,5–7&nbsp;mm), cilindrica, densamente pelosa, flessibile e contrattile, percorsa da un solco ventrale (canale ligulare) e terminante con un'espansione a cucchiaio (labello o flabello). Le galee mascellari ede i palpi labiali, accostandosi alla ligula formano un tubo o proboscide, delimitante un canale di suzione che permette all'ape di succhiare il nettare liquido mediante l'azione aspirante del cibario (porzione della cavità boccale anteriore alla faringe) e della faringe (pompa cibario-faringea), convogliandolo nella grande ingluvie (o borsa o borsetta melaria o stomaco mellifico), un sacco a parete estensibile costituito da una dilatazione dell'esofago, dove il nettare subisce una prima trasformazione chimico-fisica che lo converte in miele.
 
Alla base della faccia interna delle mandibole sboccano 2 ghiandole mandibolari; nelle operaie esse producono una frazione della gelatina o [[pappa reale]] e sono funzionali in relazione alla lavorazione della [[cera]]; nei fuchi sono ridotte a una piccola masserella; nella regina sono molto sviluppate e producono il [[feromone]] di coesione della colonia (miscela degli acidi 9-ossodeca-trans-2-enoico e 9-idrossi-2-enoico che ha la funzione di far identificare la regina come tale all'interno e fuori dell'alveare, di inibire lo sviluppo dei loro ovarìoli e di impedire la costruzione di celle reali).
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Nella zampa media (o mesotoracica), il tarso appiattito è provvisto anch'esso di una spazzola del polline per asportare i granuli pollinici dalle zampe anteriori e dal corpo; e l'estremità distale interna della tibia reca uno sperone o spina tibiale che l'ape usa come leva per staccare le lamelle di cera, secrete dalle ghiandole situate nella regione sternale dell'addome e le pallottoline di polline dalle cestelle quando, giunta nell'alveare, deve scaricarle e disporle nelle apposite celle, come dispositivo di pulizia per liberare dai corpi estranei le ali e gli spiracoli tracheali, ecc.
 
Nella zampa posteriore (o metatoracica), la larga tibia presenta esternamente una lieve concavità marginata da forti e lunghi peli incurvati, che forma la cestella (o cestello o corbella o corbicula) dove l'ape accumula il polline per trasportarlo nell'alveare. In corrispondenza della articolazione tibio-tarsale, il margine distale libero della tibia, provvisto di un pettine o spazzola della cera, formato da numerose grosse spine ede il margine prossimale libero del tarso, provvisto di peli e ricurvo a forma di becco (sperone tarsale o auricola), formano una pinza tibio-tarsale che serve per raccogliere le lamelle di cera dall'addome. La faccia esterna del basitarso è provvista di peli collettori per raccogliere i granuli pollinici dalle parti posteriori del corpo e la sua faccia interna reca una decina di serie trasversali di spine brevi e robuste, rivolte verso il basso, che costituiscono la spazzola del polline o scopa.
 
=== Torace ===
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Il primo urotergo e le sue aree laterali si sono integrati con il torace formando, in questo tagma, un quarto tergo che ha preso il nome di propodeo o epinoto. Conseguentemente la parte rimanente dell'addome, dal secondo urite indietro (detta gastro) si collega con il propodeo mediante un peduncolo detto peziolo.
 
Il VII urosterno funziona sempre da lamina sottogenitale. VIII e IX urite non risultano distinti quali scleriti a sé stanti. IV e VII prosterno ciascuno con due larghe aree ovoidali (specchi) attraverso i quali passa la cera fluida attraversando la loro sottile cuticola. La ghiandola di Nasonov è sita sotto la membrana intersegmentale, tra il VI ede il VII urotergo e sbocca nella parte anteriore di quest'ultimo.
 
=== Pungiglione ===
{{vedi anche|Apitossina}}
 
All'estremità distale del corpo dell'ape è presente l'aculeo o pungiglione, un ovopositore modificato di cui sono provviste solo le operaie e la regina. È formato da uno stilo lungo e sottile che nella parte prossimale si allarga in un bulbo cavo. Lo stilo è formato da una guaina a doccia che si prolunga con il bulbo ede abbraccia due stiletti slanciati e seghettati per la presenza di una decina di denti rivolti all'indietro. Gli stiletti e la guaina delimitano un canale che si apre all'estremità dello stilo, ai lati del quale si trovano le due valve dell'aculeo dotate di numerose piccole spine e di sensilli. L'apparato del pungiglione comprende:
* una guaina dorsale cava;
* uno stilo o dardo, costituito da due stiletti o aghi o lamelle, ciascuno dei quali è provvisto di circa 9 dentelli con la punta rivolta all'indietro che trattengono lo stilo nella ferita (quando questa è inferta in tessuti elastici e molli, come quelli dei mammiferi) ed è percorso ventralmente da un solco che permette loro di scorrere l'uno sull'altro sotto l'azione dei muscoli situati alla loro base interna e di penetrare così alternativamente e sempre più profondamente nei tessuti della vittima;
* 2 processi digitiformi rivolti all'indietro quando l'aculeo è protratto e disposti ai suoi lati quando è retratto, i quali sono chiamati appendici palpiformi o palpi dell'aculeo, poiché sono considerati come organi di senso che comunicano all'ape quando l'addome è a contatto con il corpo in cui essa vuole infiggere il suo aculeo;
* un grande sacco del [[Apitossina|veleno]] mediano, alimentato da una ghiandola acida (formata da due masse ghiandolari) e da una ghiandola alcalina, il cui secreto viene miscelato ede iniettato nella ferita al momento della puntura.
 
Fra i componenti identificati del veleno vi sono: [[istamina]] (una sostanza che determina [[reazioni allergiche]]), [[melittina]] (una proteina [[Farmacologicamente attivo|farmacologicamente attiva]]), [[fosfolipasi]] A (un [[enzima]] che [[Idrolisi|idrolizza]] i [[Fosfolipide|fosfolipidi]]), [[Ialuronoglucosaminidasi|ialuronidasi]] (un complesso enzimatico di natura proteica che depolimerizza l'[[acido ialuronico]] facilitando lo scambio dei liquidi attraverso il [[Tessuto connettivo|tessuto connettivale]]), apamina (un [[peptide]] basico ricco di [[zolfo]]).
 
Quando l'ape operaia infigge il suo pungiglione nel tessuti di un [[vertebrato]], essa non può più estrarlo a causa degli uncini di arpionamento rivolti all'indietro, come le punte della lancia di un fucile subacqueo. L'ape, allontanandosi, strappa i propri tessuti: insieme al pungiglione, allora, essa lascia anche le annesse ghiandole velenifere, muscoli, gangli nervosi e la ghiandola che emette il [[feromone]] di allarme (a base di acetato di amile); in seguito a tali menomazioni, la morte della pungitrice non può che avvenire in pochi minuti. L'aculeo che rimane nella ferita è in grado di fungere da arma automatica, continuando da solo la penetrazione nella ferita e a iniettare il veleno, mentre la ghiandola continua ada emettere il feromone di allarme; quest'ultimo richiama le altre operaie e le induce ad aggredire, a loro volta, la vittima.
 
== Anatomia ==
=== Apparato digerente ===
Alla faringe segue l'esofago, un lungo e sottile tubo che, dopo avere attraversato tutto il torace, entra nell'addome; qui si slarga a formare l'[[ingluvie]] o "borsa melaria", notevole serbatoio dalle pareti estensibili. All'ingluvie segue il proventricolo (con cui termina l'intestino anteriore o stomodeo, comprendente la [[faringe]], l'[[esofago]] con l'ingluvie e il proventricolo) il quale si apre nell'ingluvie mediante un dispositivo valvolare costituito da 4 bande delimitanti un'apertura a X (e perciò denominato valvola a X), che favorisce il passaggio dell'alimento nello stomaco ede impedisce il rigurgito. La valvola ada X fa sì che il [[miele]] non fluisca oltre, nel tubo digerente e venga quindi digerito; essa impedisce al nettare ede al miele di entrare nell'[[intestino]] medio quando non si rendono necessari come alimenti e di impedire al contenuto dell'intestino di riversarsi nell'ingluvie quando l'ape rigurgita il miele contenuto in essa. L'operaia, infatti, quando ha fame, apre la valvola e si somministra la sua razione.
 
L'intestino medio o mesenteron, detto anche stomaco o ventricolo o ventricolo chilifero, è tappezzato da uno strato di cellule epiteliali deputate alla secrezione dei succhi digestivi per la digestione dell'alimento e all'assorbimento delle sostanze digerite. L'intestino posteriore o proctodeo, comprende l'intestino tenue e l'intestino retto. L'intestino tenue, in cui si apre l'intestino medio mediante la valvola pilorica, riceve nel suo tratto iniziale lo sbocco di circa 100 tubi malpighiani, lunghi e contorti, deputati all'espulsione dei cataboiliti. L'intestino retto comprende una parte prossimale, la cui parete è percorsa da cordoni longitudinali detti papille rettali ede aventi una funzione imprecisata e una porzione distale voluminosa, chiamata ampolla rettale, in cui vengono accumulate le feci per essere espulse attraverso l'ano nei cosiddetti “voli di purificazione” (le api non evacuano all'interno dell'alveare, ma in volo).
 
=== Apparato respiratorio ===
''Apis mellifera'' è una specie olopneustica, poiché possiede 10 paia di stigmi, 2 nella regione pleurale del II e III segmento toracico ede 8 nelle regioni laterali degli uriti (addome).
 
=== Apparato circolatorio ===
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[[File:Bees-wings.web.jpg|280px|left]]
 
''Apis mellifera'' è specie aplo-diploide in quanto il maschio è [[aploide]], derivante da [[Uovo (biologia)|uova]] non fecondate e la femmina è [[diploide]], derivante da uova regolarmente fecondate. Il corredo cromosomico è 2n=32, ede i maschi, quindi, sono portatori del solo corredo n=16 di derivazione materna. La determinazione aplo-diploide del sesso, caratteristica nelle [[Formicidae|formiche]], [[vespidae|vespe]] ede api (''Hymenoptera Formicoidea'', ''Vespoidea'' ede ''Apoidea'') secondo alcuni autori sarebbe particolarmente favorevole alla evoluzione sociale, e spiegherebbe perciò il suo ripetuto comparire nell'ambito di questi gruppi.
 
Le madri e le figlie hanno in comune 1/2 dei geni, le sorelle ne hanno i ¾; conseguentemente, le figlie risultano meglio predisposte ad aiutare la madre a prolificare ulteriormente che non a prolificare esse stesse, favorendo la nascita di individui che, per i ¾, hanno il loro medesimo corredo genetico. Sarebbe questa una spiegazione del perché, negli [[Imenotteri]] sociali, i maschi non sono “socializzati”, mentre lo sono negli [[Isotteri]], i cui maschi sono invece diploidi. Negli Imenotteri, infatti, i maschi e le loro figlie hanno in comune 1/2 dei geni ereditari, i maschi e le loro sorelle e fratelli solamente ¼ dei geni.
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Il condizionale è obbligatorio perché in questo filo di ragionamento non si tiene conto del fatto che nella sua spermateca la regina trattiene in realtà lo sperma non di uno solo, ma finanche di 25 fuchi diversi.
 
Sono stati documentati i meccanismi genetici che determinano l'indirizzo di sviluppo di una giovane ape in operaia oppure in regina. Legando una serie di immagini che descrivono quali geni sono attivi, sono stati individuati con esattezza i meccanismi con i quali gli ormoni, stimolati da fattori ambientali, nutrizionali e feromonici, fanno sì che le larve attivino i geni necessari a compiere il loro destino. Ciò rappresenta la prima visione su scala genomica di questo tipo di sviluppo. Le femmine di ''Apis mellifera'', infatti, cominciano la loro esistenza come larve bipotenziali, sebbene ospitate in celle diverse, con la capacità cioè di formarsi nella morfologia ede anatomia di entrambe le caste, quella delle operaie o quella delle regine (questa potenzialità è detta polifenismo). Il risultato è stato ottenuto utilizzando profili di espressione dei geni noti come «array»; con essi è stato possibile stabilire esattamente quali geni fossero attivi durante lo sviluppo delle larve. Dalle osservazioni si è potuto concludere che le larve destinate a diventare regine sembrano attivare un insieme distinto di geni legati alla casta, inclusi quelli responsabili del metabolismo e della respirazione. Nel caso delle api operaie, viceversa, continuano a esprimersi i geni tipici della fase giovanile di larva. La differenza nell'espressione dei geni porterebbe alle differenze morfo-anatomiche e funzionali (Evans).
 
I geni regolerebbero molto da vicino il comportamento delle api, al punto che l'occupazione e il ruolo di una singola ape può essere prevista conoscendo il profilo dell'espressione genica nel suo cervello. Un complesso studio molecolare su 6878 differenti geni, replicati con 72 microarray di cDNA, che hanno catturato l'essenza dell'attività genica del cervello delle api ha rivelato che, anche se la maggior parte delle differenze nell'espressione genica era molto piccola, erano osservabili cambiamenti significativi nel 40 % dei geni studiati. Le microarray hanno consentito di studiare l'attività dei geni generando misure simultanee dell'RNA-messaggero, che riflette i livelli dell'attività delle proteine. Il mRNA si lega a siti specifici sulle array, consentendo la misura dell'espressione di migliaia di geni. Quindi vi è una chiara impronta molecolare nel cervello delle api associata in modo consistente con il comportamento specifico dell'individuo e questo fatto dà un'immagine del genoma come entità dinamica, coinvolta nella modulazione del comportamento nel cervello adulto (da Robinson).
 
== Le costruzioni delle api ==
La cera è la sostanza fondamentale dell'attività costruttiva dell'alveare. I meccanismi di produzione della cera furono al centro dell'interesse di numerosi biologi e furono esaurientemente descritti nellanel primaprimo decadedecennio del Novecento. La costruzione dei favi prende avvio sempre dall'alto e poi via via si sviluppa in maniera ellissoidale, assumendo una vaga forma di goccia. Le api si raggruppano in un ammasso detto ''glomere cerigeno'', in cui la maggior parte delle api è occupato a mantenere una temperatura di 35&nbsp;°C al centro, dove alcune api provvedono alla costruzione vera e propria. Quando le api non hanno bisogno di fare calore (ad esempio, se la T° ambientale è superiore a quella ottimale o se viene fornito sperimentalmente) si possono notare catene di api immobili, attaccate le une alle altre; si suppone che ciò serva a indicare le zone da costruire. L'ape che costruisce secerne la cera dall'addome, dove ha delle ''ghiandole sericere''. La cera assume presto la consistenza di una scaglia, che le api attaccano alla spazzola per il polline e quindi la prendono con la mandibola. A questo punto la rielaborano con liquidi contenenti enzimi prodotti dalle ghiandole mandibolari e depositano l'impasto sui bordi delle cellette in costruzione. In genere, quand'è possibile, le api costruiscono i favi in modo da orientarli da nord a sud. I favi naturali sono spessi circa 25&nbsp;mm; vengono distanziati l'uno dall'altro di circa 38&nbsp;mm e talvolta vengono saldati assieme mediante delle costruzioni irregolari. Ogni faccia può contenere fino a 415 celle da operaia e 350 da fuco. Le celle hanno un'inclinazione verso l'alto che varia tra i 9° e i 14°, il fondo non è piatto ma incavato fra tre celle dell'altra faccia. La forma delle celle è perfettamente esagonale. Pur rispondendo ada un istinto, le api sono in grado di adattare la loro attività costruttiva a diverse situazioni non dipendenti da loro: ad esempio allungando, accorciando le celle, eccetera. Recenti studi hanno provato il ruolo della regina nello stimolare l'attività di costruzione e produzione di cera delle operaie tramite la diffusione di appositi feromoni.
 
== Il "linguaggio" delle api ==
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==== La danza circolare ====
Quando individua una fonte di cibo, posta a 50–100 m, l'ape lo comunica alle compagne con la danza circolare, che inizia ada eseguire non appena ha scaricato gran parte del raccolto. Si muove con passi piccoli ma rapidi sulla superficie del favo, descrivendo cerchi stretti e variando spesso direzione. Dopo un periodo di danza che può durare pochi secondi o anche un minuto, l'ape rigurgita una gocciolina di nettare. L'ape ripete la danza diverse volte in vari punti dell'alveare, dopodiché esce e riprende la sua attività esplorativa. Le api escono numerose; il messaggio che è stato loro dato è: ''uscite e cercate, nei dintorni dell'arnia, un cibo come quello che vi ho portato''.
 
==== La danza dell'addome o danza a 8 ====
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[[File:Waggle dance.png|thumb]]
 
Ben più complessa della precedente, la [[danza dell'addome]] comunica alle compagne non solo che c'è una fonte di cibo, ma anche l'esatta posizione della stessa. Viene usata nel caso in cui la fonte si trovi ada una distanza dall'alveare maggiore di una certa soglia che varia con la sottospecie; poiché le api si spingono fino ada un raggio di tre chilometri dall'alveare, giocoforza il contenuto informativo dev'essere maggiore. Le api percorrono rapidamente un breve tratto rettilineo agitando l'addome, poi eseguono una evoluzione rotatoria a sinistra tornando al punto di partenza, percorrono ancora il tratto rettilineo agitando l'addome e compiono l'evoluzione rotatoria a destra. Questo schema viene ripetuto molte volte.<ref>{{Cita libro | titolo=Il linguaggio delle api | autore= Karl von Frisch |traduttore=Giorgio Celli e Andrea Crisanti | editore=Bollati Boringhieri | città= Torino | anno= 1976 | ISBN=978-88-339-0330-9 | pp=105-108 }}</ref>
 
All'inizio degli studi scientifici sulla danza dell'addome, si ipotizzò che la distanza della fonte di cibo dall'alveare fosse indicata dal numero di evoluzioni compiute in certo intervallo di tempo e dalla durata dell'agitazione addominale.<ref>{{Cita libro | titolo=Il linguaggio delle api | autore= Karl von Frisch |traduttore=Giorgio Celli e Andrea Crisanti | editore=Bollati Boringhieri | città= Torino | anno= 1976 | ISBN=978-88-339-0330-9 }}</ref> Studi successivi hanno invece mostrato che la distanza è indicata solamente dalla durata dell'agitazione addominale.<ref>{{Cita pubblicazione | autore1= S. Su | autore2= F. Cai | autore3= A. Si | autore4= S. Zhang | autore5= J. Tautz | autore6= S. Chen | titolo = East learns from West: Asiatic honeybees can understand dance language of European honeybees | rivista = PLOS ONE | volume = 3 | numero = 6 | pp = e2365 | data= giugno 2008 | pmid = 18523550 | pmc = 2391287 | doi = 10.1371/journal.pone.0002365 | bibcode = 2008PLoSO...3.2365S }}</ref><ref>{{Cita pubblicazione | autore1= J. Tautz | autore2= K. Rohrseitz | autore3= D. C. Sandeman | titolo= One-strided waggle dance in bees | rivista= Nature | anno= 1996 | volume= 382 | p= 32 | lingua=en }}</ref><ref>{{Cita pubblicazione | autore1= A. Michelsen | autore2= B. B. Andersen | autore3= J. Storm | autore4= W. H. Kirchner | autore5= M. Lindauer | titolo= How honeybees perceive communication dances, studied by means of a mechanical model | rivista= Behavioral Ecology and Sociobiology | volume=30 | pp=143-140 | anno 19992 | doi= 10.1007/BF00166696 | lingua=en }}</ref><ref>{{Cita pubblicazione | autore1= T. Seeley | autore2= A. Mikheyev | autore3=G. Pagano | titolo=Dancing bees tune both duration and rate of waggle-run production in relation to nectar-source profitability | rivista= Journal of Comparative Physiology A | volume= 186 | pp=813-819 | anno 2000 | doi = 10.1007/s003590000134 | lingua=en }}</ref><ref>{{Cita pubblicazione | autore1= J. Tautz | autore2= D. C. Sandeman | titolo=Recruitment of honeybees to non-scented food sources | rivista= Journal of Comparative Physiology A | volume=189 | pp=293-300 | anno=2003 | doi=10.1007/s00359-003-0402-6 | lingua=en }}</ref> La durata della fase oscillatoria aumenta con l'aumentare della distanza, tuttavia questo aumento avviene in modo proporzionale soltanto per le prime centinaia di metri, poi avviene in maniera più graduale e le informazioni sulla distanza di destinazioni remote risultano, di conseguenza, meno precise.<ref name="tautz">{{Cita libro | titolo= Il ronzio delle api | autore= Jürgen Tautz | altri= Fotografie di Helga R. Heilmann |traduttore=Massimo Caregnato | editore=Springer | città=Milano | anno=2014 | ISBN=978-88-470-0860-1 }}</ref> Von Frisch misurò una durata della fase oscillatoria di 0,5 secondi per una distanza di 300 m, di 1 s per 500 m, di 2 secondi per 2000 m e così via.<ref>{{Cita libro | titolo=Il linguaggio delle api | autore= Karl von Frisch |traduttore=Giorgio Celli e Andrea Crisanti | editore=Bollati Boringhieri | città= Torino | anno= 1976 | ISBN=978-88-339-0330-9 | pp=111-113}}</ref> La distanza viene valutata dalle api in base al ''flusso ottico''.<ref name="tautz" /><ref>{{Cita pubblicazione | autore1= M. V. Srinivasan | autore2= S. Zhang | autore3= M. Altwein | autore4= J. Tautz | titolo= Honeybee navigation: nature and calibration of the "odometer" | rivista= Nature | volume= 287 | pp=851-853 | anno= 2000 | mese= febbraio | giorno= 4 | doi= 10.1126/science.287.5454.851 | lingua=en }}</ref> Questo è generato dalle immagini degli oggetti che si muovono sulle varie facce della superficie dell'[[Capo degli insetti#Occhio composto|occhio composto]] dell'ape mentre essa vola. Maggiori sono le variazioni percepite nel flusso ottico, maggiore è la distanza misurata dall'ape.<ref name="tautz" />
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===== Feromone di allarme =====
===== Feromone cuticolare =====
Si tratta di un complesso di odori dati dalla somma dell{{'<nowiki/>}}''odore di famiglia'' e dell{{'<nowiki/>}}''odore dell'ape'', caratteristico a seconda dell'età. Quest'ultimo odore non dipende dalla famiglia, ma presenta le stesse caratteristiche per tutte le razze di api studiate. Tale odore consente alla famiglia di avere letteralmente a disposizione l{{'}}''anagrafe'' della popolazione e di conseguenza delle sue esigenze.
 
==== Feromoni dei fuchi ====
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Quando un alveare, in estate, comincia a surriscaldarsi, numerose api si mettono insieme per rinfrescarlo e per mantenerne la temperatura interna a circa 33&nbsp;°C, adatta all'allevamento della covata e necessaria per fare evaporare l'acqua in eccesso dal miele contenuto nelle celle aperte (il miele contiene circa il 17% di acqua). Dapprima le api agitano vigorosamente le loro ali, ventilando l'alveare; ma quando il tempo è secco e via via che la temperatura esterna si innalza, trasportano acqua all'interno dell'alveare; l'evaporazione umidifica e rinfresca la colonia.
 
Le api eseguono questa operazione allo stesso modo di come riversano acqua nel miele, cioè facendola scendere goccia a goccia dalla loro bocca. Questo sistema di refrigerazione per mezzo dell'acqua spesso produce una notevole stabilizzazione della temperatura: un alveare in pieno sole ha una temperatura interna di 35&nbsp;°C anche quando quella esterna raggiunge i 71&nbsp;°C. Le bottinatrici raccolgono l'acqua e le giovani api funzionano da spruzzatori, distribuendo le gocce portate dalle vecchie raccoglitrici. Nei brevi momenti in cui ritornano all'alveare per depositare le gocce, le raccoglitrici vengono anche informate se occorre continuare il trasporto d'acqua. Per tutto il tempo durante il quale continua il surriscaldamento, le giovani spruzzatrici si danno da fare e prendono l'acqua con molta enfasi. Questo fatto indica alle raccoglitrici che è necessaria altra acqua e queste compiono un altro viaggio di approvvigionamento. Se invece l'alveare è stato sufficientemente rinfrescato, quando le raccoglitrici ritornano le api spruzzatici non mostrano più enfasi e le raccoglitrici non escono più per un altro carico. Durante l'inverno, quando il miele immagazzinato viene usato come alimento (occorrono circa 30&nbsp;kg di miele per permettere ada una colonia di superare l'inverno), le api si ammassano assieme formando un aggruppamento a forma di palla, detto glomere, metà da un lato e metà dall'altro di una serie di favi e producono calore mediante movimenti attivi del corpo e delle ali. I glomeri si formano ada una temperatura di 14&nbsp;°C o inferiore e riescono ada innalzare la temperatura dell'alveare fino a 24-30&nbsp;°C, anche quando la temperatura esterna è inferiore a 0&nbsp;°C. Le api al centro, essendo isolate dagli strati di altre api aggruppate intorno a loro, stanno assai calde, poiché la temperatura nell'interno del glomere può essere mantenuta anche a 38&nbsp;°C. Le api cambiano continuamente di posizione, cosicché ciascun individuo si sposta gradualmente dalla zona esterna fredda del glomere a quella interna calda e poi retrocede. Questa formazione dura per tutta la stagione fredda, spostandosi gradatamente sulle superfici dei favi e nutrendosi del cibo immagazzinato. Temperature molto basse possono tuttavia immobilizzare le api e farle morire di fame, anche se hanno a disposizione il cibo necessario.
 
In un ambiente freddo, una singola ape è assolutamente incapace di conservare alta la temperatura del proprio corpo. Gli insetti sono animali [[Pecilotermia|pecilotermi]] e la temperatura interna è in accordo con quella esterna, diversamente da uccelli e mammiferi che sono omeotermi, cioè in grado di autoregolare la propria temperatura interna mediante meccanismi fisiologici. Si vede qui tutta l'importanza dell'evoluzione sociale delle api, le quali, nei giorni invernali con temperature più miti e sin dal cominciare della primavera possono sfruttare risorse precluse ad altre specie, in quanto dispongono sempre di individui adulti. Inoltre la popolazione dell'alveare non deve essere ricostituita daccapo ogni anno ede anche il lavoro delle generazioni precedenti per la costruzione del nido viene ereditato dalle generazioni successive.
 
== Dispersione antropocora (dovuta all'uomo) ==
''Apis mellifera'' è originaria dell'[[Egitto]] e delle regioni situate poco più ada est. Nel [[Pleistocene]] (circa 2 milioni di anni fa) si è suddivisa in 24 sottospecie che oggi formano tre gruppi ben riconoscibili: uno del [[Mediterraneo occidentale]] ([[Italia]] compresa), uno del Mediterraneo orientale ede uno dell'[[Africa tropicale]].
 
Dal 1600 al 1900 vari ceppi di api mediterranee sono stati introdotti sia in Nord-America, con successo, sia in Sud-America, ma con scarso successo.
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Nel [[1956]] furono portate in [[Brasile]] 47 regine della sottospecie africana ''Apis mellifera scutellata'', allo scopo di creare ibridi locali dotati di caratteristiche migliori. Ma gli ibridi ottenuti si dimostrarono piuttosto aggressivi e troppo inclini ad abbandonare il nido in seguito al disturbo arrecato dalle normali operazioni di apicoltura. Casualmente sfuggito in natura il nuovo ceppo invase gran parte del [[Sud-America]], poi il [[Centro-America]] fino a giungere negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], entrando rovinosamente in contatto con i ceppi mediterranei.
 
Oggi i biologi che lottano contro questa ede altre forme indesiderate, procedono al riconoscimento delle diverse sottospecie facendo uso della RFLP (''Restriction Fragment Length Polymorphism''), tecnica che mette in evidenza i polimorfismi a livello di DNA mediante taglio con enzimi di restrizione.
 
== Filogenesi ==
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=== Sottospecie originarie dell'Europa ===
* ''[[Apis mellifera ligustica]]'' {{zoo|[[Massimiliano Spinola|Spinola]]|1806}} o Ape italiana. È una [[razza (zootecnia)|razza]] molto comune e distribuita in tutti i continenti per l'azione dell'uomo. La sua area di distribuzione naturale comprende la penisola Italiana ada esclusione della [[Sicilia]].
* ''[[Apis mellifera sicula]]'' {{zoo|Montagno|1911}} o Ape siciliana. La sua area di distribuzione naturale è la [[provincia di Trapani]].
* ''[[Apis mellifera mellifera]]'' {{zoo|[[Linneo|Linnaeus]]|1758}} o Ape nera europea. La sua area di distribuzione comprende la maggior parte del nord [[Europa]], [[Francia]], [[Germania]], [[Danimarca]], [[Svezia]], ecc. È la razza o [[sottospecie]] con cui venne inizialmente popolato il continente americano e per tale motivo in [[Sudamerica]] venne denominata "Ape creola". In [[Italia]] è presente nelle zone di confine con la [[Francia]] spesso in ibridazioni con l'ape ligustica.
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=== Sottospecie originarie dell'Africa ===
==== Sottospecie paleartiche ====
Sono presenti a nord del deserto del [[Desertodeserto del Sahara|Sahara]]
* ''Apis mellifera sahariensis'' {{zoo|Philippe Jean Baldensperger|1932}} o Ape del Sahara. L'areale comprende le [[oasi]] del [[deserto]] del [[Marocco]] nel nordest del Sahara.
* ''Apis mellifera intermissa'' {{zoo|Hugo Berthold von Buttel-Reepen|1906}} o Ape del Magreb. L'areale si estende dal Marocco alla [[Tunisia]].
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==== Sottospecie afrotropicali ====
* ''[[Apis mellifera scutellata]]'' {{zoo|Lepeletier|1836}}. La sua area di distribuzione naturale comprende l'Africa centrale e dell'ovest. Questa razza venne accidentalmente introdotta in [[Brasile]] nel 1956 ede i suoi ibridi con l'ape creola hanno dato origine all'[[Ape africanizzata]].
* ''[[Apis mellifera capensis]]'' {{zoo|[[Johann Friedrich von Eschscholtz|Eschscholtz]]|1822}} o [[Ape del Capo]]. L'area di distribuzione è il [[Sudafrica]].
* ''Apis mellifera adamsonii'' {{zoo|Latreille|1804}}. Si può trovare in [[Nigeria]] e [[Burkina Faso]]. Citata erroneamente come la [[sottospecie]] ibridatasi in Sudamerica originando l'[[Ape africanizzata]].
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* [[Apicoltura urbana]]
* [[Apitossina]]
* [[Danza dell'addome]]
* [[Favo]]
* [[Miele]]
* [[Pappa reale]]
* [[Danza dell'addome]]
 
== Altri progetti ==