Guerra civile romana (49-45 a.C.): differenze tra le versioni

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{{Campagnabox Guerre civili romane}}
{{Campagnabox Guerra civile di Cesare}}La '''guerra civile romana del 49 - 45 a.C.''', più nota come '''guerra civile tra Cesare e Pompeo''', consistette in una serie di scontri politici e militari fra [[Gaio Giulio Cesare]] e i suoi sostenitori contro la fazione tradizionalista e conservatrice del [[Senato romano]] (''[[Ottimati|Optimates]]''), capeggiata da [[Gneo Pompeo Magno]], [[Marco Porcio Catone Uticense]] e [[Quinto Cecilio Metello Pio Scipione Nasica]]. Essa fu il penultimo conflitto militare sorto all'interno della [[Repubblica romana]].
 
== Descrizione ==
 
Molti storici concordano nel dire che la guerra civile fu una logica conseguenza di un lungo processo di decadenza delle istituzioni politiche di [[Repubblica romana|Roma]], iniziata con gli omicidi dei [[Tiberio Sempronio Gracco (tribuno della plebe 133 a.C.)|Gracchi]] nel 133 e 121 a.C.<ref name="Sheppard8">{{cita|Sheppard 2010|p. 8}}.</ref> e continuata con la riforma delle legioni di [[Gaio Mario]], che fu il primo a ricoprire molti incarichi pubblici straordinari inaugurando un esempio che fu poi seguito dai successivi aspiranti dittatori della decadente repubblica, la [[guerra sociale]], lo [[Guerra civile romana (83-82 a.C.)|scontro tra mariani e sillani]] conclusosi con l'instaurazione della [[Dittatore romano|dittatura]] di [[Lucio Cornelio Silla]], nota per le [[liste di proscrizione]] emesse nel suo corso, ed infine nel [[primo triumvirato]].<ref name="Sheppard9-10">{{cita|Sheppard 2010|pp. 9-10}}.</ref>

Questi eventi frantumarono le fondamenta della Repubblica, ed è chiaro che Cesare volse abilmente in suo favore l'opportunità offertagli dalla decadenza delle istituzioni, tanto che Cicerone disse di lui che aveva tutto, gli mancava solo la buona causa.<ref>{{cita|Spinosa 1986|p. 252}}.</ref>
{{Citazione|A quella causa [di Cesare] null'altro manca, che l'esser buona; abbonda di tutto il resto.|[[Marco Tullio Cicerone]], ''[[Epistulae ad Atticum]]'', VII, 3, 5 (9 dicembre 50 a.C.). Traduzione di Luigi Mabil<ref>{{Cita libro|autore= M.T. Cicerone|titolo=Le lettere, disposte per ordine dei tempi tradotte e corredate di note dal cav. Luigi Mabil col testo a fronte|url=https://archive.org/details/bub_gb_tDj0tGbJ1A8C/page/n143/mode/2up|città=In Padova|editore=dalla Tipografia e fonderia della Minerva|anno=1819|volume=6|pp=140-141|lingua=la, it}}</ref>|Causam solum illa causa non habet, ceteris rebus abundat.|lingua=la}}
 
Dopo aspri dissensi con il senato, Cesare varcò in armi il fiume [[Rubicone]], che segnava il confine tra la [[provincia romana|provincia]] della [[Gallia Cisalpina]] e il territorio dell'[[Italia romana|Italia]];<ref name="Rubicone"/> il senato, di contro, si strinse attorno a Pompeo e, nel tentativo di difendere le istituzioni repubblicane, decise di dichiarare guerra a Cesare ([[49 a.C.]]). Dopo alterne vicende, i due contendenti si affrontarono a [[battaglia di Farsalo|Farsalo]], dove Cesare sconfisse irreparabilmente il rivale. Pompeo cercò quindi rifugio in Egitto, ma lì fu ucciso ([[48 a.C.]]). Anche Cesare si recò perciò in Egitto, e lì rimase coinvolto nella contesa dinastica scoppiata tra [[Cleopatra VII]] e il fratello [[Tolomeo XIII]]: risolta la situazione, riprese la guerra, e sconfisse il re del [[Ponto]] [[Farnace II del Ponto|Farnace II]] a [[Battaglia di Zela (47 a.C.)|Zela]] ([[47 a.C.]]). Partì dunque per l'[[Africa (provincia romana)|Africa]], dove i pompeiani si erano riorganizzati sotto il comando di Catone, e li sconfisse a [[Battaglia di Tapso|Tapso]] ([[46 a.C.]]). I superstiti trovarono rifugio in Spagna, dove Cesare li raggiunse e li sconfisse, questa volta definitivamente, a [[Battaglia di Munda (45 a.C.)|Munda]] ([[45 a.C.]]).
 
Anche Cesare si recò perciò in Egitto, e lì rimase coinvolto nella contesa dinastica scoppiata tra [[Cleopatra VII]] e il fratello [[Tolomeo XIII]]: risolta la situazione, riprese la guerra, e sconfisse il re del [[Ponto]] [[Farnace II del Ponto|Farnace II]] a [[Battaglia di Zela (47 a.C.)|Zela]] ([[47 a.C.]]). Partì dunque per l'[[Africa (provincia romana)|Africa]], dove i pompeiani si erano riorganizzati sotto il comando di Catone, e li sconfisse a [[Battaglia di Tapso|Tapso]] ([[46 a.C.]]). I superstiti trovarono rifugio in Spagna, dove Cesare li raggiunse e li sconfisse, questa volta definitivamente, a [[Battaglia di Munda (45 a.C.)|Munda]] ([[45 a.C.]]). Questa [[guerra civile]] aprì la strada alla fine della Roma repubblicana, a cui fu dato il colpo di grazia con la successiva [[guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio]] (terminata con la [[battaglia di Azio]] del [[31 a.C.]]).
 
=== Fonti e storiografia ===
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{{citazione|Fino a quando i tre uomini rimarranno solidali non ci sarà né legge né fazione né individuo capace di opporsi al loro volere.|{{cita|Carcopino 1981|p. 222}}.}}
 
Nel [[59 a.C.]], l'anno del suo [[console (storia romana)|consolato]], Cesare portò al servizio dell'alleanza la sua popolarità politica e il suo prestigio, e si adoperò per portare avanti le riforme concordate con gli altri [[triumviri]].<ref name="Consolato">{{cita|Canfora 1999|cap. XI, ''Il primo consolato (59 a.C.)''}}.</ref> Nonostante la forte opposizione del collega [[Marco Calpurnio Bibulo]], che tentò in ogni modo di ostacolare le sue iniziative, Cesare ottenne comunque la ridistribuzione degli appezzamenti di ''[[ager publicus]]'' per i veterani di Pompeo, ma anche per alcuni dei cittadini meno abbienti.<ref>{{cita|De Martino 1951-75|vol. III}}.</ref> Bibulo, una volta accortosi del fallimento della sua sterile politica volta esclusivamente alla conservazione dei privilegi da parte della ''[[nobilitas]]'' senatoriale, si ritirò dalla vita politica: in questo modo pensava di frenare l'attività del collega, che invece poté attuare in tutta tranquillità il suo rivoluzionario programma.<ref name="Consolato"/> Carcopino aggiunge che quando Bibulo fece ricorso al suo diritto di veto, assistito da tre tribuni ([[Gneo Domizio Calvino]], Quinto Ancario e Gaio Fannio), e salì al [[Tempio di Castore e Polluce|tempio di Castore]] per formulare l{{'}}''[[intercessio]]'', fu messo in fuga dagli avversari, che gli ruppero i ''[[fasces]]'', lo ferirono e riempirono di fango insieme a due suoi fidati amici.<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 227}}; {{cita|Cassio Dione|XXXVIII, 5}}; {{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 11-12}}.</ref>
 
Cesare poté così programmare la fondazione di nuove colonie in Italia e per tutelare i provinciali riformò le leggi sui reati di [[concussione]] (''[[lex Iulia de repetundis]]''),<ref>''[[Digesto]]'', XLVIII,11.</ref> facendo approvare allo stesso tempo delle leggi che favorissero l{{'}}''ordo equestris'': con la ''[[Leges Iuliae#Lex Iulia de publicanis (59 a.C.)|lex de publicanis]]'' egli ridusse di un terzo la somma di denaro che i cavalieri dovevano pagare allo stato, favorendo così le loro attività. Fece infine promulgare una legge che imponeva al senato di stilare le relazioni di ogni seduta (gli ''acta senatus'').<ref>{{cita|Svetonio|''Cesare'', 20.1}}.</ref> In questo modo Cesare si assicurava l'appoggio di tutta la popolazione romana, ponendo le basi per il suo futuro successo.<ref name="Consolato"/>
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Terminato il consolato, grazie all'appoggio dei [[Primo triumvirato|triumviri]], Cesare ottenne con la ''[[Lex Vatinia]]'' del 1º marzo<ref>Proposta dal [[tribuno della plebe]] [[Publio Vatinio]], che poi fu [[legatus|legato]] di Cesare in [[Gallia]].</ref> il [[proconsole|proconsolato]] delle [[provincia romana|province]] della [[Gallia cisalpina]] e dell'[[Illirico romano|Illirico]] per cinque anni, con un [[esercito romano|esercito]] composto da tre [[legione romana|legioni]].<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 231}}.</ref> Poco dopo un [[senatoconsulto]] gli affidò anche la vicina provincia della [[Gallia Narbonense|Narbonense]],<ref>Provincia costituita nel [[121 a.C.]] che comprendeva tutta la fascia costiera e la valle del [[Rodano]], nelle attuali [[Provenza]] e [[Linguadoca-Rossiglione|Linguadoca]].</ref> il cui proconsole, [[Quinto Cecilio Metello Celere]], era morto all'improvviso,<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 232}}.</ref> e una quarta legione.<ref>{{cita|Keppie 1998|pp. 80-81}} ritiene che la ''[[legio X (Cesare)|legio X]]'' fosse posizionata nella capitale della [[Gallia Narbonense]], [[Narbona]].</ref>
 
Il patto triumvirale venne rinnovato nell'aprile del [[56 a.C.]] in un incontro trafra i tre triumviri a [[Lucca]], nella [[Gallia cisalpina]]. In questi giorni memorabili questa cittadina toscana, a nord del fiume Arno, «si trasformò nel vero centro del mondo, che i triumviri, nuovamente concordi, si spartirono decidendone il destino».<ref name="Sheppard11"/><ref>{{cita|Carcopino 1981|pp. 296-297}}; {{cita|Cicerone, ''Epistulae ad Atticum''|IV, 8b.2}}; {{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 17}}; {{cita|Plutarco|''Cesare'', 21.2; ''Pompeo'', 51.2-3}}; {{cita|Svetonio|''Cesare'', 24}}.</ref> Ecco come descrive [[Plutarco]] l'accordo tra i tre:
{{citazione|[Cesare] stipulò un accordo con Crasso e Pompeo sulle seguenti basi: essi si sarebbero candidati al consolato, Cesare li avrebbe appoggiati mandando a votare un gran numero di soldati. Una volta eletti, i due si sarebbero fatti attribuire province ed eserciti ed avrebbero ottenuto per Cesare la conferma di quelle province che già governava (Gallia cisalpina, Narbonense e Illirico) per altri cinque anni.|{{cita|Plutarco|''Pompeo'', 51}}.}}
 
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{{citazione|Dopo alcune settimane Pompeo, che aveva rifiutato l'offerta, si sposò per la quinta volta con la figlia di [[Quinto Cecilio Metello Pio Scipione Nasica|Metello Scipione]], [[Cornelia Metella]], vedova dello sfortunato Crasso. Pompeo dimostrava così di voler essere autonomo, non dando affidamento per la solidità del triumvirato.|{{cita|Carcopino 1981|p. 359}}.}}
 
Essenzialmente Cesare aveva aspirato alla [[conquista della Gallia]] per controbilanciare i [[terza guerra mitridatica|successi orientali di Pompeo]] nell'opinione pubblica ed assicurarsi una pressoché inesauribile fonte di denaro,<ref>{{cita|Svetonio, ''Vite dei Cesari''|''Cesare'', 25.1}} racconta che Cesare impose all'intera Gallia un tributo complessivo di quaranta milioni di sesterzi, di sicuro non eccessivo per quella regione, ma le enormi ricchezze provenienti dal [[bottino di guerra (storia romana)|bottino]], dalla vendita di schiavi, requisizioni, saccheggio dei santuari gallici, devono essere state portate nelle casse della Repubblica romana e, soprattutto, dello stesso generale ({{cita|Horst 1982|p. 187}}). Si racconta che Cesare offrì per la nuova [[Basilica Emilia]] 1.500{{formatnum:1500}} talenti d'oro, una somma pari all'intero tributo della Gallia ({{cita|Plutarco|''Cesare'', 29.3; ''Pompeo'', 58.2}}), e 100 milioni di sesterzi per la [[Basilica Giulia]] nel [[Foro Romano|Foro romano]], provenienti dal bottino gallico ({{cita|Svetonio, ''Vite dei Cesari''|''Cesare'', 26.2}}).</ref> un esercito preparato e fedele,<ref name="Sheppard11">{{cita|Sheppard 2010|p. 11}}.</ref> nonché schiere di clienti e migliaia di schiavi. Questi obiettivi furono in sostanza tutti raggiunti. Cesare, una volta conquistata la Gallia, entrò di fatto nell'Olimpo dei grandi conquistatori romani. Era amato dalla [[plebei|plebe]] di Roma alla quale, sapientemente, aveva concesso benefici di varia natura grazie al bottino di guerra. Il Senato e Pompeo ora lo temevano, sapendo che alle sue dipendenze aveva delle legioni temprate dalla guerra, costituite da cittadini di recente cittadinanza e legati a Cesare da un vincolo di fedeltà clientelare quasi assoluta. Svetonio scrive:
{{citazione|In Gallia spogliò i templi e i santuari degli dèi, zeppi di doni votivi, e distrusse le città più spesso per predarle che per punirle. In tal modo ebbe oro in abbondanza, e lo mise in vendita in Italia e nelle province [...].|{{cita|Svetonio, ''Vite dei Cesari''|''Cesare'', 54}}.}}
 
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{{vedi anche|Primo triumvirato}}
 
Dopo gli scontri avvenuti tra le bande di [[Tito Annio Milone]] e [[Publio Clodio Pulcro]], che portarono alla morte di quest'ultimo (18 gennaio del 52 a.C.), Cesare e Pompeo si accordarono segretamente per agire contro Milone. Le azioni che ne seguirono portarono il senato a nominare Pompeo, su proposta di [[Marco Calpurnio Bibulo|Bibulo]] e con l'approvazione di [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]], ''consul sine collega'' per il [[52 a.C.]].<ref>{{cita|Carcopino 1981|pp. 359-361}}; {{cita|Sheppard 2010|p. 12}}; {{cita|Cassio Dione|XL, 49.5-50.4}}; {{cita|Plutarco|''Pompeo'', 54}}; {{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 23 e 84}}.</ref> Questa disposizione aveva una duplice ragione: i ''Patres'', pur odiando la [[dittatore (storia romana)|dittatura]], la evitavano almeno nominalmente; potevano inoltre conquistare Pompeo alla loro causa per servirsi di lui, attribuendogli un tale ed enorme potere, contro Cesare che odiavano più di Pompeo.<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 362}}; {{cita|Cassio Dione|XL, 50.2-3}}.</ref> [[Luciano Canfora]] aggiunge che la designazione di Pompeo a "console senza collega" (febbraio del 52 a.C.) fu traumatica per il triumvirato, già decapitato dalla morte di Crasso.<ref name="Canfora140"/>
 
Da questo momento in poi fino al 49 a.C., quando scoppiò la guerra civile, i ''Patres'' e Pompeo tentarono di avvolgere Cesare in una rete di [[senatoconsulto|senatoconsulti]] e [[plebiscito|plebisciti]] che, al termine della pacificazione della Gallia, lo avrebbero costretto ad abbandonare esercito e province prima di Pompeo.<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 364}}; {{cita|Sheppard 2010|p. 11}}.</ref>
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[[File:PompeoMagno.jpg|thumb|upright=1.0|Statua di [[Gneo Pompeo Magno]] conservata a [[Villa Arconati]] ([[Castellazzo di Bollate]]). Si tramanda che Cesare fu ucciso ai piedi di questa statua.]]
 
Vi è da aggiungere che secondo la ''[[lex Licinia Pompeia]]'' il comando di Cesare era stato equiparato a quello degli altri due triumviri, Crasso e Pompeo, con scadenza al 1º marzo del [[50 a.C.]].<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 364}}; {{cita|Cicerone, ''Epistulae ad familiares''|VIII, 8.9}}; {{cita|Cesare, ''De bello gallico''|VIII, 39}}; {{cita|Cassio Dione|XXXIX, 33.3; XLIV, 43.2}}.</ref> Di fatto la sostituzione proconsolare di ciascun triumviro, in base alle leggi di Gaio Gracco e Silla, prolungava ancora di due anni la durata della carica, che scadeva pertanto il 1 gennaio del [[48 a.C.]].<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 365}}.</ref>
 
La vera aspirazione di Cesare era quella di prolungare il proconsolato, finché non avesse assunto la carica di console, passando quindi da proconsole a console, senza quindi doversi presentare a Roma come privato cittadino. Per far ciò avrebbe dovuto candidarsi al consolato "in absentia", procedura ritenuta illegale.<ref>{{cita|Gagliardi 2011|pp. 20–2120-21}}.</ref>
 
Dopo la morte di Crasso, Pompeo tentò di modificare la situazione a suo vantaggio, abolendo l'obbligo dell'intervallo decennale tra un consolato e l'altro secondo una legge di Silla. È evidente che egli fu enormemente felice di poter riassumere il consolato per la terza volta (nel 52 a.C.), a soli tre anni di distanza dal suo secondo. Cesare non protestò e non pose alcun veto attraverso i "suoi" tribuni della plebe. Qualche storico sostiene che ciò fu dovuto al fatto che la [[Battaglia di Alesia|rivolta di Vercingetorige]] non gli concesse il tempo per protestare. Fu così che quando il proconsole della Gallia capì che la pacificazione di quei territori comportava ancora molto tempo, rinunciò alla seconda candidatura al consolato e chiese che il comando provinciale gli fosse prolungato fino al 31 dicembre del 49 a.C., considerando che a Pompeo era stato prorogato il comando in Spagna fino al 1º gennaio del [[45 a.C.]]<ref>{{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 24 e 92}}; {{cita|Cassio Dione|XL, 56.2}}; {{cita|Plutarco|''Pompeo'', 55.5; ''Cesare'', 38.3}}; {{cita|Sheppard 2010|p. 12}}.</ref> L'entrata in carica dei nuovi consoli (inizio del 51 a.C.), [[Servio Sulpicio Rufo]] e [[Marco Claudio Marcello (console 51 a.C.)|Marco Claudio Marcello]], vide la proposta di quest'ultimo per sostituire Cesare nelle Gallie dal 1º marzo del 50 a.C., ma i tempi non erano ancora maturi per farlo e la cosa decadde. Allora Marcello nel giugno del 51 a.C. fece fustigare un cittadino di ''[[Como|Novum Comum]]'', un municipio di diritto latino che Cesare aveva elevato a colonia romana, irridendo il proconsole delle Gallie.<ref>{{cita|Carcopino 1981|pp. 365-369}}.</ref>
 
Fu a questo punto che avvenne la frattura. L'anno seguente (50 a.C.), divenuti consoli [[Gaio Claudio Marcello (minore)|Gaio Claudio Marcello]] (cugino di Marco Claudio Marcello) e [[Lucio Emilio Lepido Paolo]], se da una parte il tribuno della plebe [[Gaio Scribonio Curione]] propose inutilmente che sia Cesare che Pompeo congedassero entrambi i loro eserciti,<ref>{{cita|Cesare, ''De bello gallico''|VIII, 52.4-5}}; {{cita|Livio, ''Periochae''|109}}; {{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 27}}; {{cita|Cassio Dione|XL, 62}}.</ref> dall'altro il nuovo console Marcello fece inserire nell'ordine del giorno (aprile del 50 a.C.) che il proconsolato di Cesare terminasse, e che si provvedesse a inviare un successore designato per il 13 novembre successivo. Poi, sempre per indebolirlo, il senato per proteggere la [[Siria (provincia romana)|Siria]] contro i Parti decretò che fossero aggiunte due legioni alla provincia orientale, da prelevarsi dai due proconsoli in Occidente. Pompeo si affrettò ad ubbidire, mettendo a disposizione del senato le legioni che nel 53 a.C. aveva prestato a Cesare. Fu così che quest'ultimo dovette inchinarsi al volere del senato e cedere due delle sue legioni (''[[legio I (Pompeo)|legio I]]'' e ''[[legio XV (Cesare)|XV]]''), che furono subito inviate a [[Capua (città antica)|Capua]].<ref>{{cita|Carcopino 1981|pp. 370-372}}; {{cita|Sheppard 2010|p. 12}}.</ref> Cesare aveva ormai capito che il conflitto armato era inevitabile. Dopo avere quindi diviso le truppe nei quartieri invernali, si recò nella Cisalpina a Ravenna in compagnia della ''[[legio XIII (Cesare)|legio XIII]]'', dove fu salutato ''[[imperator]]''. Contemporaneamente diede ordine alle ''[[legio VIII (Cesare)|legio VIII]]'' e ''[[legio XII (Cesare)|XII]]'', che erano accampate a ''[[Matisco]]'', di raggiungerlo.<ref>{{cita|Cesare, ''De bello gallico''|VIII, 55.1}}; {{cita|Cesare, ''De bello civile''|I, 5.6}}; {{cita|Svetonio|''Cesare'', 30}}; {{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 32.124}}; {{cita|Carcopino 1981|p. 374}}.</ref>
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Le forze allo scoppio della guerra civile erano le seguenti:
* Pompeo poteva contare su due legioni presenti a ''[[Lucera|Luceria]]'' ed altre tre appena arruolate. [[Theodore Ayrault Dodge|Dodge]] crede che vi fossero in totale nella [[Italia romana|penisola italica]] 10 legioni. A queste se ne aggiungevano 7 presenti nelle [[Spagna romana|due province spagnole]], senza dimenticare che vi erano altre forze in Sicilia, Africa, Siria, Asia e Macedonia, tutte favorevoli al partito degli ''optimates'' e di Pompeo.;<ref name="Dodge412">{{cita|Dodge 1989|p. 412}}.</ref>
* Cesare poteva invece contarecontava su non più di 40.000{{formatnum:40000}} soldati, divisi in 8-9 legioni.<ref name="Dodge412"/><ref name="Dodge409">{{cita|Dodge 1989|p. 409}}.</ref>
 
== La guerra civile ==
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I decurioni di Osimo, quando vennero a sapere dell'arrivo di Cesare, rivolgendosi ad Attio Varo, dissero che i cittadini del municipio non potevano tollerare che il conquistatore della Gallia dovesse rimanere fuori dalle mura della città, «un comandante della repubblica tanto benemerito, che aveva compiuto così grandi imprese». Varo, scosso dal loro discorso, preferì condurre fuori dalla città il proprio presidio e ritirarsi, ma l'avanguardia di Cesare lo intercettò e attaccò battaglia. Varo fu, poco dopo, abbandonato dai suoi soldati, che in parte preferirono far ritorno a casa, in parte si unirono alle file dell'esercito di Cesare. Tra questi vi era anche un certo Lucio Pupio, centurione primipilo, che in passato aveva militato nell'esercito di Gneo Pompeo. Cesare, dopo aver lodato i soldati di Attio Varo, permise a Pupio di andare via libero, mentre ringraziò gli Osimani per questo loro gesto che non avrebbe dimenticato.<ref>{{cita|Cesare, ''De bello civili''|I, 13}}.</ref>
 
Quando a Roma si venne a sapere di questi accadimenti, si diffuse il panico. Il console Lentulo fuggì da Roma, dopo aver aperto l'erario pubblico (''aerarium sanctius'') per prelevare il denaro da consegnare a Pompeo, secondo quanto era stato stabilito nel decreto del senato. L'altro console, Marcello, e la maggior parte dei magistrati lo seguirono. Gneo Pompeo invece era già partito il giorno precedente per recarsi presso le due legioni ricevute da Cesare (''[[legio I (Pompeo)|legio I]]'' e ''[[legio XV (Cesare)|XV]]''), che si trovavano in Puglia nei quartieri invernali (''[[hiberna]]''). Vennero inoltre interrotte le leve nei paesi intorno a Roma. Solo a [[Capua (città antica)|Capua]] furono arruolati quei coloni che vi erano stati stabiliti con la [[Leges Iuliae#Lex Iulia agraria campana (59 a.C.)|legge Giulia]] del 59 a.C..<ref>{{cita|Cesare, ''De bello civili''|I, 13}}; {{cita|Velleio Patercolo|II, 44}}.</ref>
 
Intanto Cesare mosse da Osimo ed attraversò l'intero Piceno. Tutte le prefetture di quelle regioni lo accolsero con grande entusiasmo, rifornendo il suo esercito di tutto il necessario. Anche dalla città di [[Cingoli]] (''Cingulum''), che era stata organizzata da [[Tito Labieno]], giunsero ambasciatori che si mostrarono fedeli a Cesare, pronti ad eseguire i suoi ordini, compresi quelli di fornirgli soldati. Una volta che Cesare fu raggiunto dalla ''[[legio XII (Cesare)|legio XII]]'', si mise in marcia insieme alla ''XIII'' alla volta di [[Ascoli Piceno]] (''Ausculum''). La città era stata occupata in precedenza da dieci coorti di [[Publio Cornelio Lentulo Spintere]],<ref name="Dodge413"/> il quale quando venne a sapere che un grosso esercito marciava contro di lui, tentò di fuggire ma le sue truppe lo abbandonarono.<ref name="DeBelloCiviliI,15">{{cita|Cesare, ''De bello civili''|I, 15}}.</ref> Raggiunto con pochi uomini di scorta [[Lucio Vibullio Rufo]], mandato da Pompeo nel [[Piceno (territorio)|Piceno]] per arruolare nuovi soldati, si pose sotto la sua protezione. Vibullio riuscì a riunire tredici coorti, tra le quali vi erano le sei di [[Lucilio Irro]], che erano fuggite da Camerino. Con queste truppe, tutti insieme raggiunsero a tappe forzate Domizio Enobarbo a Corfinio (''Corfinium''), che aveva altre venti coorti (raccolte ad ''[[Alba Fucens]]'', oltreché nei territori di [[Marsi]] e [[Peligni]]), raggiungendo così il totale di trentatré coorti.<ref name="DeBelloCiviliI,15"/>
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Cesare appena poté partì per la Grecia all'inseguimento di Pompeo che si era rifugiato in [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]]. Salpò quindi da Brindisi nel gennaio del [[48 a.C.]] assieme al suo luogotenente [[Marco Antonio]].<ref>{{cita|Cesare, ''De bello civili''|III, 6.3}}.</ref> [[Marco Calpurnio Bibulo]] da [[Corfù|Corcira]] gestiva le flotte pompeiane che controllano la costa di [[Epiro]] e Macedonia ma Cesare, con sette legioni, riuscì a sbarcare a Paleste e da lì a salire verso [[Orico]]. Pompeo che era stanziato in Macedonia all'efficace ricerca di rinforzi, cercò di fermare Cesare prima che potesse arrivare ad [[Apollonia (Albania)|Apollonia]] ma il suo avversario lo precedette. I due eserciti si incontrarono sulle due sponde del fiume Apso fra Apollonia e Durazzo.
 
Il primo scontro con i pompeiani si ebbe a [[Battaglia di Dyrrhachium (48 a.C.)|Durazzo]] (10 luglio 48 a.C.), dove Cesare subì una pericolosa sconfitta, di cui Pompeo non seppe approfittare. Ne nacque una guerra di posizione con la costruzione di fortificazioni e trincee durante la quale i due contendenti cercarono di circondarsi a vicenda. Qui Cesare perse 1.000{{formatnum:1000}} veterani e fu costretto a retrocedere e iniziare una lunga ritirata verso sud, con Pompeo al suo inseguimento.<ref>{{cita|Cesare, ''De bello civili''|III, 51-69}}; {{cita|Svetonio|''Cesare'', 68}}; {{cita|Plutarco|''Cesare'', 39}}.</ref> Intanto [[Marco Antonio]] era riuscito a lasciare le coste della Puglia e ad unirsi a Cesare con altri rinforzi. Pompeo, più forte militarmente ma in grande difficoltà per la carenza di rifornimenti di viveri e armi, riuscì a forzare il blocco e cercò di riconquistare Apollonia. Ancora una volta venne preceduto da Cesare che però quasi subito abbandonò la città [[epiro]]ta per dirigersi verso la Tessaglia. Anche Cesare doveva risolvere il problema dei rifornimenti e voleva ricongiungersi alle truppe che gli stava portando Domizio. Anziché puntare alla riconquista dell'[[Italia]], che in questo momento era priva di reali difese, Pompeo decise di braccare Cesare in Tessaglia, in pratica precedendolo perchépoiché poteva utilizzare la [[Via Egnatia]] mentre Cesare era costretto ad arrampicarsi per antichi sentieri del [[Pindo]].
 
[[File:1963 Cleopatra trailer screenshot (28).jpg|thumb|upright=1.6|[[Rex Harrison]] nel film [[Cleopatra (film 1963)|Cleopatra]]. L'inizio del film mostra Cesare poco dopo la vittoria conseguita a Farsalo]]
Nel tragitto, Cesare espugnò Gonfi e ricevette la resa di Metropoli con le relative forniture di vettovaglie e finanziamenti. Il 29 luglio del [[48 a.C.]] Cesare arrivò sulla piana di Farsalo. Due giorni dopo vi giunse Pompeo che aveva ricevuto anche le truppe portategli da Scipione. Pompeo tentava di stancare le ridotte forze di Cesare e contestualmente risparmiare le forze senatorie con un'azione di logoramento consistente in una serie di finte e brevi spostamenti. I nobili presenti nell'entourage di Pompeo, tanto sicuri della vittoria da litigare per i futuri posti eccellenti nella politica dell'Urbe, gli forzarono la mano e lo convinsero ad affrontare Cesare in campo aperto.
 
Si arrivò allo scontro in campo aperto, però, solo il 9 agosto, presso [[Battaglia di Farsalo|Farsalo]]: qui le forze di Pompeo, ben più numerose, furono sconfitte, e i pompeiani furono costretti a consegnarsi a Cesare, sperando nella sua clemenza, o a fuggire in [[Spagna romana|Spagna]] e in [[Africa (provincia romana)|Africa]]. Sembra che le perdite di Cesare furono appena 1.200{{formatnum:1200}} uomini, mentre 6.000{{formatnum:6000}} furono i morti pompeiani e 24.000{{formatnum:24000}} quelli fatti prigionieri, poi graziati dal vincitore, gesto che rafforzò il mito della ''[[Clementia|clementia Caesaris]]''.<ref>{{cita|Cesare, ''De bello civili''|III, 88-89}}; {{cita|Plutarco|''Cesare'', 44-45}}; {{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 76-81}}; {{cita|Cassio Dione|XLI, 58-60}}; {{cita|Cicerone|''Pro Marcello'', 9}}.</ref>
 
Dopo la grande vittoria di Cesare, Cicerone decise di tornare a Roma, dove ottenne il perdono dello stesso Cesare nel [[47 a.C.]].<ref>{{cita|Plutarco|''Cicerone'', 39.5}}.</ref> Cicerone rivelava nelle sue opere ed in lettere ad amici come [[Cornelio Nepote]], riguardo alla personalità di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]]:
{{citazione|Non vedo a chi Cesare debba cedere il passo. Ha un modo di esporre elegante, brillante ed anche, in un certo modo si pronuncia in modo elegante e splendido... Chi gli vorresti anteporre, anche tra gli oratori di professione? Chi è più acuto o ricco nei concetti? Chi più ornato o elegante nell'esposizione?|{{cita|Svetonio, ''Vite dei Cesari''|''Cesare'', 55}}.}}
 
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{{citazione|Si gettò in mare, e nuotando per duecento passi si salvò a bordo della nave più vicina, tenendo la mano sinistra alzata per non bagnare alcune carte, e trascinandosi dietro il mantello stretto tra i denti, per non lasciarlo come un trofeo in mano ai nemici.|{{cita|Svetonio|''Cesare'', 64}}.}}
 
Per evitare che Achilla (generale alessandrino) si potesse impossessare delle poche navi rimaste, le fece incendiare, e nell'incendio venne probabilmente danneggiata la famosa [[Biblioteca di Alessandria#La conquista di Giulio Cesare|biblioteca di Alessandria]], che conteneva testi unici e di inestimabile valore. Dopo mesi di assedio, Cesare fu liberato e poté riprendere attivamente la guerra contro i pompeiani, che si erano ormai riorganizzati: il re del Ponto [[Farnace II del Ponto|Farnace II]], a suo tempo alleato di Pompeo, aveva attaccato i possedimenti romani, mentre molti esponenti della ''nobilitas'' senatoriale si erano rifugiati, sotto il comando di Catone l'Uticense, in Africa. In ogni caso, Cesare sconfisse le armate di Tolomeo e installò Cleopatra come regnante, con la quale ebbe il suo unico figlio naturale conosciuto, [[Tolomeo XV|Tolomeo XV Cesare]], meglio noto come ''Cesarione''. Cesare e Cleopatra non si sposarono mai, a causa della legge romana che proibiva il matrimonio con chi non era cittadino di Roma.
 
==== La guerra contro Farnace (giugno - settembre 47 a.C.) ====
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== Bibliografia ==
;Fonti antiche
* {{cita libro|autore=[[Appiano di Alessandria|Appiano]]|titolo=[[Storia romana (Appiano)|Storia romana]]|cid=Appiano|lingua=grc|volume=XIV: ''Guerre civili'', II, capp. 8-149}} ([http://www.livius.org/ap-ark/appian/appian_0.html traduzione inglese] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20151120053128/http://www.livius.org/ap-ark/appian/appian_0.html |datedata=20 novembre 2015 }}).
* {{cita libro|autore=[[Gaio Giulio Cesare|Cesare]]|titolo=[[Commentarii de bello Gallico]]|cid=Cesare, ''De bello gallico''|lingua=la}} ([[Wikisource:la:Commentarii de bello Gallico|testo latino]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [http://www.progettovidio.it/cesareopere.asp versione italiana] del Progetto Ovidio oppure [http://ebookgratis.biz/Generi-ebook/Classici-latini/De%20bello%20gallico%20Caio%20Giulio%20Cesare.pdf qui]).
* {{cita libro|autore=[[Gaio Giulio Cesare|Cesare]]|titolo=[[Commentarii de bello civili]]|cid=Cesare, ''De bello civili''|lingua=la}} ([[Wikisource:la:Commentarii de bello civili|testo latino]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [http://www.progettovidio.it/cesareopere.asp versione italiana] del Progetto Ovidio).
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* {{cita libro|autore=Giuseppe Antonelli|titolo=Crasso, il banchiere di Roma|editore=Newton, Grandi tascabili economici|anno=1995|città=Roma|cid=Antonelli 1995}}
* {{Cita libro|autore=Giovanni Brizzi|wkautore=Giovanni Brizzi|titolo=Storia di Roma. 1. Dalle origini ad Azio|anno=1997|editore=Patron|città=Bologna|ISBN=978-88-555-2419-3|cid=Brizzi 1997}}
* {{cita libro|autore=[[Luciano Canfora]]|titolo=Giulio Cesare. Il dittatore democratico|url=https://archive.org/details/giuliocesareildi0000canf|editore=Laterza|anno=1999|cid=Canfora 1999|isbn=88-420-5739-8}}
* {{Cita libro|autore=J. Carcopino|titolo=Giulio Cesare|traduttore=Anna Rosso Cattabiani|editore=Rusconi Libri|anno=1981|cid=Carcopino 1981|isbn=88-18-18195-5}}
* {{cita libro|autore=[[Francesco De Martino]]|titolo=Storia della costituzione romana|volume=volumi 5|anno=1951-75|cid=De Martino 1951-75}}