Crisi del III secolo: differenze tra le versioni

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[[File:Aurelian Walls Rome 2011 1.jpg|thumb|upright=1.5|Lato meridionale della [[mura Aureliane]], di cui si dotò [[Roma (città antica)|Roma]] in seguito alla profonda crisi del III secolo in cui versò l'[[Impero romano]].]]
Con l'espressione '''crisi del [[III secolo]]''' ci si riferisce ada un'epoca della storia dell'[[Imperoimpero romano]] compresa all'incirca tra il [[235]] ede il [[284]], ovvero sia tra il termine della [[dinastia dei Severi]] e l'ascesa al potere di [[Diocleziano]].
 
Durante tale crisi si manifestarono simultaneamente situazioni estremamente problematiche su diversi fronti: dall'aumento della pressione nemica sui confini (con le [[invasioni barbariche del III secolo]]), spesso accompagnata da [[Indipendentismo|secessioni]] (come nel caso dell'[[Impero delle Gallie]] e del [[Regno di Palmira]]) e disordini interni (il che comporterà riforme strutturali della tradizionale unità militare romana, la [[legione romana|legione]]), la crisi del tradizionale [[economia dell'Impero romano|sistema economico]] e, soprattutto, una grave instabilità politica (la cosiddetta "[[anarchia militare]]").
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La causa principale della crisi può essere ricercata nella fine dell'idea di impero tipica delle dinastie [[dinastia giulio-claudia|giulio-claudia]] ed [[dinastia degli Antonini|antonina]], basata sulla collaborazione tra l'[[Imperatore romano|imperatore]], il potere militare e le forze politico-economiche interne. Nei primi due secoli dell'Impero la contrapposizione tra autorità politica e potere militare si era mantenuta, anche se pericolosamente (guerre civili), all'interno di un certo equilibrio, garantito anche dalle enormi ricchezze che affluivano allo Stato e ai privati tramite le campagne di conquista.
 
Nel [[III secolo]], però, tutte le energie dello [[Stato]] venivano spese non per ampliare, ma per difendere i confini dalle [[invasioni barbariche]]. Con l'esaurirsi della spinta espansiva delle conquiste, il peso economico e l'energia politica delle legioni finirono dunque per riversarsi all'interno dell'Impero invece che all'esterno, con il risultato che l'esercito, che era stato il fattore principale della potenza economica, finì per diventare un peso sempre più schiacciante, mentre la sua prepotenza politica diventava una fonte permanente di anarchia. La cosa più sorprendente di questa gravissima crisi è che l'Impero sia riuscito a superarla.
 
== Contesto storico ==
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[[File:Severan dynasty family tree.jpg|thumb|upright=1.4|left|Albero genealogico dei Severi.]]
 
Già nel [[192]], con la fine della [[dinastia degli Antonini]], l'[[Impero romano]] concludeva un periodo universalmente riconosciuto come prospero e ricco. Alla scomparsa di [[Commodo]] (ucciso da una [[congiura]]) si aprì un periodo di instabilità politica che causò una [[guerra civile romana (193-197)|guerra civile durata cinque anni]], dal [[193]] al [[197]], con scontri tra legioni acquartierate in diverse regioni dell'Impero, ciascuna delle quali sosteneva il proprio generale.
 
Ebbe la meglio [[Settimio Severo]], governatore della [[Pannonia (provincia romana)|Pannonia]] e originario della [[Tripolitania]], che pose le basi per il successivo sistema [[autocrazia|autocratico]] fondato sugli [[anarchia militare|imperatori militari]]:<ref name="Horst1987p20">E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 20.</ref> favorì infatti gli ufficiali delle armate legionarie a discapito della classe senatoria ede insediò una [[legione romana|legione]] ad [[Albano Laziale]], a dispetto della tradizione che voleva l'Italia libera dagli eserciti. Con le confische di beni appartenenti ai suoi avversari politici, rimpolpò la cassa imperiale detta ''[[Fiscus Caesaris|fiscus]]'', ben differenziata dalla cassa statale (l{{'}}''erarius''), che doveva coprire i costi della complessa e articolata macchina burocratica e amministrativa dell'Imperoimpero. Diede impulso agli studi di diritto e nominò il più importante giurista del tempo, [[Papiniano]], ''Praefectus urbi'', con poteri di polizia e repressione criminale su [[Roma]]. Con Settimio Severo si accentuò inoltre il culto dell'imperatore, basato su un'idea di sacralità della monarchia, che aveva origine dalle regioni orientali, [[Egitto]] in testa, e dalla [[Grecia]] di [[Alessandro Magno]].
 
Fu così che Settimio Severo adottò il titolo di ''Dominus ac Deus'', al posto di quello di ''princeps'' (che sottintendeva la condivisione del potere colcon il [[Senato]]<ref>Franco Cardini, cit., pag. 24.</ref>), e regolò i meccanismi di successione assegnandosi il titolo di ''[[Augusto (titolo)|Augustus]]'', e usando quello di ''[[Cesare (titolo)|Caesar]]'' per il suo successore designato. Sua moglie [[Giulia Domna]], di origine [[siria]]ca, promosse attivamente l'arrivo a Roma di culti monoteistici solari, che sottolineavano l'analogia tra ordine imperiale e ordine cosmico.
 
Il nuovo ordine promosso da Settimio Severo si scontrò presto con i problemi derivati dallo scoppio di nuove guerre. Già l'imperatore [[Caracalla]] dovette guerreggiare contro i [[Parti]], a oriente, e i [[Marcomanni]], lungo il confine renano-danubiano, peggiorando notevolmente le finanze statali. Per risolvere le difficoltà si fecero delle scelte che alla lunga si rivelarono dannose: l'arruolamento sempre più massiccio degli stessi germani nell'esercito e, dalla fine del II secolo, la diminuzione del metallo prezioso nelle monete, che causò [[inflazione]].
 
Nel [[212]]-[[213]] Caracalla promulgò la ''[[Constitutio Antoniniana]]'', con la quale estendeva la [[cittadinanza romana]] a tutti gli individui liberi dell'impero, un atto di difficile interpretazione, anche perché non ci è giunto il suo testo originale. In genere si è sottolineata la volontà di abbattere le barriere tra centro e periferia, ma, grazie anche alla scoperta di un frammento nella biblioteca di [[Gießen]], si è supposto fosse un provvedimento di portata più ridotta, legato soprattutto alle ''élite'' ed escludente le popolazioni che volontariamente si erano assoggettate a Roma (i ''dediticii''), infatti all'epoca del provvedimento non abbiamo notizie di alcuno scalpore, quindi non fu probabilmente una rivoluzione. L'Editto, pur con tutti i suoi limiti, presentò tuttavia dei caratteri altamente innovativi destinati ad avere una profonda ripercussione sui futuri assetti sociali ed economici dell'Impero.
 
Il provvedimento ebbe infatti riflessi nell'economia erariale, perché estendeva il sistema fiscale ai nuovi cittadini e aumentava la decentralizzazione del potere: il fulcro ormai si stava spostando da Roma e dalle province di tradizionale appannaggio senatorio a quelle più decentrate, dove maggiore era la presenza degli eserciti. Nel [[217]] [[Macrino]], prefetto del pretorio, eliminò Caracalla. Il suo regno durò solo quattordici mesi. Fu infatti spodestato da [[Eliogabalo]], autore di una discussa riforma religiosa e assassinato da una [[pretoriani|guardia pretoriana]] ([[222]]). Gli successe il cugino [[Severo Alessandro]], ucciso nel [[235]] da una rivolta dei soldati lungo il confine renano. Si assisteva quindi a una sempre più chiara tendenza di dominio dell'esercito nel processo di scelta e acclamazione dell'imperatore.
 
== Analisi della crisi ==
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Durante i circa 50 anni della crisi più di una ventina di imperatori si succedettero sul trono, regnando a volte contemporaneamente su parti diverse del territorio. Si trattava in genere di comandanti militari che venivano proclamati imperatori dalle proprie legioni e riuscivano a mantenere il potere per una media di due o tre anni, prima di essere a loro volta assassinati dal loro successore.
 
La crisi si arrestò solo con una serie di [[Imperatori romani|imperatori]] che provenivano dai ranghi militari e dalla provincia della [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]]<ref>«L'Illiria era la Prussia dell'Impero romano. Le popolazioni illiriche coltivavano una lunga tradizione militare e avevano, inoltre, maturato una profonda deferenza verso una civiltà e un mito, quello di Roma, che non era il loro, ma che esse avevano assimilato fino a farlo proprio, considerandosene orgogliosi custodi. Proprio da questi contadini-soldati fu salvato l'Imperoimpero. L'Illiria era la prova migliore della capacità di Roma di suscitare il carattere romano nelle popolazioni vinte. L'Illiria romanizzata non produceva soltanto buoni soldati, ma anche ottimi generali» (Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004, p. 98).</ref>, i quali grazie alla loro abilità militare riuscirono a riunificare l'Impero e a difenderne efficacemente i confini, e con la drastica riforma imposta da [[Diocleziano]] nel [[284]], che permise la prosecuzione dell'Impero per quasi altri due secoli come "tardo impero romano".
 
=== Crisi politico-militare ===
[[File:Barbarian invasions from 3rd century.png|thumb|upright=1.5|Le [[invasioni barbariche del III secolo]].]]
[[File:Sapore,Bishapur Gordiano(Iran) e Filippo - rilievo a BishapurSassanid 01Period.jpgJPG|thumb|Rilievo a [[Bishapur]] celebrante la vittoria di [[Sapore I]] sui Romani: [[Gordiano III]] è calpestato dal cavallo del re sasanide<ref>Gordiano aveva infatti perso la vita in una campagna contro Sapore (244), in circostanze peraltro non chiare: i rilievi e le epigrafi sassanidi rappresentano una battaglia vittoriosa in cui Gordiano perse la vita. Le fonti romane, invece, non menzionano questo scontro.</ref>, [[Filippo l'Arabo]] è in ginocchio davanti Sapore e tratta la resa. L'imperatore [[Valeriano]], catturato dalle [[esercito sasanide|armate sasanidi]] nel 260, è invece tenuto prigioniero da Sapore.<ref name="southern240">{{cita|Southern|p. 240.}}.</ref>]]
 
Il periodo si considera iniziare nel [[235]], quando l'imperatore [[Alessandro Severo]] fu assassinato dai soldati durante una campagna contro gli [[Alemanni|Alamanni]] lungo il [[limes romano|fronte settentrionale]], al ritorno dal fronte orientale dopo tre anni di campagne contro i [[Sasanidi]] della [[Persia]]. La pressione dei barbari lungo le frontiere settentrionali e quella, contemporanea, dei [[Campagne mesopotamiche di Ardashir I|Sasanidi in Oriente]], si erano non solo intensificate, ma avevano diffuso la sensazione che l'impero fosse totalmente accerchiato dai nemici.<ref name="Rémondon74">Rémondon, p. 74.</ref> Si rivelavano ormai inefficaci gli strumenti della diplomazia tradizionale, usati fin dai tempi di [[Augusto]] e basati sulla minaccia dell'uso della forza e sulla fomentazione di dissidi interni alle diverse tribù ostili per tenerle impegnate le une contro le altre.
 
Si rendeva necessario ricorrere immediatamente alla forza, schierando armate tatticamente superiori e capaci di intercettare il più rapidamente possibile ogni possibile via di invasione dei barbari; la strategia era però resa difficoltosa dal dover presidiare immensi tratti di frontiera con contingenti militari per lo più scarsi.<ref name="Williams23">Stephen Williams, ''Diocleziano. Un autocrate riformatore'', p. 23.</ref> Molti degli imperatori che vennero via via proclamati dalle legioni nell'arco di venticinque anni non riuscirono neppure a metter piede a Roma, né tanto meno, durante i loro brevissimi regni, a intraprendere riforme interne, poiché permanentemente occupati a difendere il trono imperiale dagli altri pretendenti e il territorio dai nemici esterni.
 
Queste difficoltà costrinsero l'imperatore [[Valeriano]] ([[253]]-[[260]]), a spartire con il figlio [[Gallieno]] ([[253]]-[[268]]) l'amministrazione dello Stato romano, affidando a quest'ultimo la parte occidentale e riservando per sé quella orientale, come in passato era già avvenuto con [[Marco Aurelio]] e [[Lucio Vero]] ([[161]]-[[169]]).<ref>Edward Gibbon, ''Declino e caduta dell'impero romano'', p. 113-114; Watson, p. 25 e 33; Chris Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', p. 174-175.</ref><ref name="Grant229">Grant, p. 229.</ref> Il [[Campagne siriano-mesopotamiche di Sapore I|punto più basso si raggiunse]] nel [[260]], quando Valeriano fu [[battaglia di Edessa|sconfitto in battaglia]] e preso prigioniero dai Sasanidi, morendo in prigionia senza che fosse possibile intraprendere una spedizione militare per liberarlo.
 
Come conseguenza di questa grave sconfitta l'impero subì una scissione in tre parti per quasi quindici anni, che però ne permisero la sopravvivenza: ad Occidente l'[[Impero delle Gallie]], retto dagli usurpatori come [[Postumo]] (260-[[268]]),<ref>Eutropio, ''Breviarium ab urbe condita'', 9.9; ''Historia Augusta'' - ''Due Gallieni'', 4.5.</ref> [[Leliano]] (268), [[Marco Aurelio Mario]] (268-[[269]]), [[Marco Piavonio Vittorino|Vittorino]] (269-[[271]]), [[Domiziano II]] (271) e [[Tetrico]] (271-274); mentre ada Oriente il [[Regno di Palmira]], dove si alternarono prima [[Settimio Odenato]], nominato da Gallieno ''corrector totius Orientis'', dal [[262]], poi il figlio [[Vaballato]] insieme alla madre [[Zenobia]] fino al [[272]].<ref name=Rémondon82>Rémondon, p. 82.</ref> Scrive [[Eutropio]]:
{{Citazione|Avendo così [[Gallieno]] abbandonato lo Stato, l'Impero romano fu salvato in Occidente da Postumo ed in Oriente da [[Odenato]].|Eutropio, ''[[Breviarium ab Urbe condita]]'', 9, 11.}}
[[File:Sir Edward Poynter, Zenobia Captive 1878.jpg|left|thumb|245x245px|[[zenobia|Zenobia di Palmira]] fu dal [[267]] al [[272]] prima ed unica regina di Palmira. Trasformò il suo Stato in una monarchia indipendente ([[Regno di Palmira]]), si sottrasse al controllo di [[Roma]], si autoproclamò ''Augusta'' e ''Imperatrix Romanorum'', attribuendosi il titolo divino "Discendente di Cleopatra".]]
 
Gli "imperatori delle Gallie" non solo formarono un proprio [[Senato romano|Senato]] presso il loro maggiore centro di ''[[Augusta Treverorum]]'' e attribuirono i classici titoli di [[console romano|console]], [[Pontefice massimo (storia romana)|Pontefice massimo]] o [[tribuno della plebe]] ai loro magistrati nel nome di ''Roma aeterna'',<ref>Mazzarino, p. 543.</ref> ma assunsero anche la normale titolatura imperiale, coniando monete presso la zecca di [[Lione|Lugdunum]], aspirando all'unità con Roma e, cosa ben più importante, non pensando mai di marciare contro gli imperatori cosiddetti "legittimi" (come Gallieno, [[Claudio il Gotico]], [[Quintillo]] o [[Aureliano]]), che regnavano su Roma (vale a dire coloro che governavano l'Italia, le province africane occidentali fino alla [[Tripolitania]], le province danubiane e dell'area [[Penisola balcanica|balcaniche]]). Essi, al contrario, sentivano di dover difendere i [[limes romano#Da Adriano a Gallieno (117-268)|confini renani ed il litorale gallico]] dagli attacchi delle popolazioni [[germani]]che di [[Franchi]], [[Sassoni]] ed [[Alemanni]]. L{{'}}''Imperium Galliarum'' risultò, pertanto, una delle tre aree territoriali che permise di conservare a Roma la sua parte occidentale.<ref name=Rémondon82 />[[File:Impero romano 260.png|thumb|upright=1.4|L'[[Impero romano]] degli imperatori “legittimi” al centro, con l'[[Impero delle Gallie]] ad Occidente, il [[Regno di Palmira]] a Oriente, all'apice del periodo dell{{'}}''Anarchia militare'' ([[260]]-[[274]]).]]
 
E se da un lato l'[[impero romano]] sembra abbia attraversato, sotto Gallieno uno dei periodi più "bui" della sua storia, questo imperatore rappresentò il punto di svolta nel tragico periodo della crisi del III secolo, che era seguito alla [[dinastia dei Severi]]. Non è un caso che proprio Gallieno sia stato il primo a regnare per quindici anni (sette con il padre ed otto da solo), cosa assai rara se si considera il primo periodo dell'anarchia militare (dal [[235]] al [[253]]). Era, infatti, dai tempi di [[Settimio Severo]] ([[193]]-[[211]]) che un Imperatore romano non regnava tanto a lungo.
 
La vittoria di [[Claudio II il Gotico|Claudio il Gotico]] contro i [[Goti]] nella [[battaglia di Naisso]] del [[268]] fu una significativa svolta nella crisi. Con lui e il suo successore [[Aureliano]] (270-275) furono ripresi l'[[impero delle Gallie]] e il [[regno di Palmira]], che si erano staccati dall'Impero durante il Principato di [[Gallieno]]: l'impero romano era nuovamente riunito e le truppe di frontiera di nuovo al loro posto.<ref>Giuseppe Corradi, ''Gli imperatori romani'', p. 62.</ref><ref>Mazzarino, 568.</ref>
 
In conclusione, la crisi politico-militare fu caratterizzata almeno da tre conflitti: quello esterno, innescato dalle invasioni barbariche; quello interno, tra l'aristocrazia senatoria ed i comandanti militari; e quello nelle file dell'esercito tra generali, imperatori ed usurpatori.
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=== Crisi demografica e territoriale ===
Dopo il primo assalto avvenuto durante l'epoca di [[Marco Aurelio]], un'altra pesantissima e ancor più devastante epidemia di peste colpì i territori dell'Impero nel ventennio 250-270. Si è calcolato che il morbo abbia mietuto milioni di vittime e che alla fine la popolazione dell'Impero fosse ridotta del 30 per cento, da 70 a 50 milioni di abitanti.<ref>Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004, p. 93.</ref> A tutto ciò si aggiunga che il prezzo da pagare per la sopravvivenza dell'Impero fu molto alto anche in termini territoriali. A partire infatti dal [[260]] gli Imperatori che si susseguirono dovettero abbandonare, in modo definitivo, i cosiddetti ''[[Agri decumates]]'' (sotto [[Gallieno]])<ref>Southern, p. 212-213.</ref> e l'intera provincia delle [[Dacia (provincia romana)|Tre Dacie]] (sotto [[Aureliano]], nel [[271]] circa),<ref>Southern, p. 226.</ref> oltre a perdere, seppure in via temporanea, la [[Mesopotamia (provincia romana)|provincia di Mesopotamia]], rioccupata solo con [[Galerio]] (verso la fine del [[III secolo]]).<ref>[[Agazia Scolastico]], ''Sul regno di Giustiniano'', IV, 24.3; {{cita|Grant|p. 231.}}; ''[[Res Gestaegestae Dividivi Saporis]]'', riga 25-34 da ''The American journal of Semitic languages and literatures'', University of Chicago, 1940, vol. 57-58, p. 379.</ref>
 
=== Crisi economica e commerciale ===
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Le continue scorrerie da parte dei barbari nei vent'anni successivi alla fine della [[dinastia dei Severi]] avevano messo in ginocchio l'economia ed il commercio dell'[[Impero romano]]. Numerose fattorie e raccolti erano stati distrutti, se non dai barbari, da bande di briganti e dalle armate romane alla ricerca di sostentamento, durante le campagne militari combattute sia contro i nemici esterni, sia contro quelli interni ([[usurpatori romani|usurpatori]] alla porpora imperiale). La scarsità di cibo generava, inoltre, una domanda superiore all'offerta di derrate alimentari, con evidenti conseguenze [[Inflazione|inflazionistiche]] sui beni di prima necessità.<ref>Anche del 700-900% ({{cita|Ruffolo|p. 108).}}</ref> A tutto ciò si aggiungeva un costante reclutamento forzato di militari, a danno della manovalanza impiegata nelle campagne agricole, con conseguente abbandono di numerose fattorie e vaste aree di campi da coltivare. Questa impellente richiesta di soldati, a sua volta, aveva generato una implicita corsa al rialzo del prezzo per ottenere la porpora imperiale. Ogni nuovo imperatore o usurpatore era costretto, pertanto, ad offrire al proprio [[esercito romano|esercito]] crescenti donativi e paghe sempre più remunerative, con grave danno per l{{'}}''[[aerarium]]'' imperiale,<ref name="Horst1987p25">E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 25.</ref> spesso costretto a coprire queste spese straordinarie con la confisca di enormi patrimoni di cittadini privati, vittime in questi anni di [[proscrizione|proscrizioni]] "di parte".<ref>Alaric Watson, ''Aurelian and the Third Century'', p. 11-13.</ref>
 
La crisi era aggravata, inoltre, dall'[[iperinflazione]] causata da anni di [[svalutazione]] della [[moneta]].<ref>E. Horst (''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 25) calcola che, se ipotizziamo un indice dei prezzi pari a 100 punti all'inizio del [[II secolo]], attorno alla sua metà (150-160) l'indice dei prezzi si attestò attorno ai 160 punti, avendo un'impennata all'avvento al potere di Diocleziano con 4.000 punti.</ref> Questa si era resa necessaria già sotto gli imperatori della dinastia dei Severi, che per far fronte alle necessità militari avevano ampliato l'esercito di un quarto e raddoppiata la paga base.<ref>Il bilancio militare all'inizio del III secolo era salito a 3tre miliardi di sesterzi, pari al 75% della spesa pubblica, che a sua volta contava per il 20% del Pil. ({{Cita|Ruffolo|p. 85}}).</ref> Le spese militari costituivano poi il 75% circa del bilancio totale statale, in quanto poca era la spesa "sociale", mentre tutto il resto era utilizzato in progetti di prestigiose costruzioni a [[Roma (città antica)|Roma]] e nelle [[province romane|province]]; a ciò si aggiungeva un sussidio in grano per coloro che risultavano disoccupati, oltre ad aiuti al proletariato di Roma (''[[congiaria]]'') e sussidi alle famiglie italiche (simile ai moderni [[assegni familiari]]) per incoraggiarle a generare più figli.<ref name="Duncan-Jones 1994 35">Duncan-Jones (1994), p. 35.</ref>
 
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(b) nell'ipotesi di una crescita trascurabile del PIL pro capite (normale per un'economia agricola)<br />
(c) Duncan-Jones costi degli anni 14-84 costi, inflazionati dall'aumento dell'esercito, assumendo anche bonus pagati agli ausiliari dopo l'84<br />
(d) assumendo un declino del 22.5% nella popolazione, dovuto alla [[peste antonina]] degli anni [[165]]-[[180]] (media tra il 15-30%)<ref>Stathakopoulos (2007), 95</ref><br />
</div>
|}
 
Gli imperatori successivi, il cui potere dipendeva interamente dall'esercito, erano costretti a continue nuove emissioni per pagare i soldati ed effettuare i tradizionali donativi: il metallo effettivamente presente nelle monete si ridusse progressivamente, pur conservando queste lo stesso valore teorico. Ciò ebbe l'effetto prevedibile di causare un'inflazione galoppante e quando Diocleziano arrivò al potere il sistema monetario era quasi al collasso: persino lo Stato pretendeva il pagamento delle tasse in natura invece che in moneta e il [[denario]], la tradizionale moneta d'argento, usata per più di 300 anni, era poco apprezzata. Sappiamo infatti che, sotto [[Cesare]] ed [[Augusto]], il denario aveva un peso teorico di circa 1/84 di [[libbra]], ridotto da [[Nerone]] a 1/96 (pari ad una riduzione del peso della lega del 12,5%). Contemporaneamente, oltre alla riduzione del suo peso, vi era anche una riduzione del tuosuo [[Titolo (numismatica)|titolo]] (% di argento presente nella lega), che passò dal 97-98% dell'epoca augustea al 93,5% (per una riduzione complessiva del solo argento del 16,5% ca).<ref>A.Savio, ''Monete romane'', pp. 171 e 329.</ref>
 
Il denario, infatti, continuò il suo declino durante tutto l'impero di [[Commodo]] e di [[Settimio Severo]], tanto da vedere ridotto il proprio ''titolo'' a meno del 50% di argento.<ref name="Savio184"/> Con la [[riforma monetaria di Caracalla]], venne introdotto, a fianco del [[denario]] e poi in sua sostituzione, l'[[antoniniano]] (all'inizio del [[215]]), completamente d'argento, più grande del denario, e per differenziarlo da quest'ultimo presentava l'imperatore che indossava una [[corona radiata (impero romano)|corona radiata]] (non invece una [[corona d'alloro]], come sul denario), indicando così il suo valore doppio (come nel [[dupondio]], che valeva due [[asse (moneta)|assi]]).
 
Anche se di valore doppio del denario, l'antoniniano non pesò mai più di 1,6 volte il peso del denario. Il denario continuò ad essere emesso accanto all'antoniniano, ma durante la metà del III secolo fu rapidamente svalutato per far fronte al permanente stato di guerra del periodo. Attorno al [[250]] conteneva ancora il 30-40% di argento, una decina d'anni più tardi ne conteneva solo il 5%, mentre il restante 95% era di rame.<ref name="Savio197">A.Savio, ''Monete romane'', p. 197.</ref> Vi è da aggiungere che se inizialmente il rapporto con l'[[aureo]] era di 25:1 (un aureo = 25 antoniniani) o forse di 50:1, al tempo di [[Aureliano]] giunse addirittura a 800:1.<ref name="Savio197"/>
 
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! width="10%" | [[Denario]]
! width="10%" | [[Cesare]]
! width="10%" | [[Augusto]]<br />(''post'' [[2 a.C.]])
! width="10%" | [[Nerone]]<br />(''post'' [[64]])
! width="10%" | [[Traiano]]
! width="10%" | [[Marco Aurelio]]<br />(''post'' [[170]])
! width="10%" | [[Commodo]]
! width="10%" | [[Settimio Severo]] (''post'' [[197]]<ref name="Savio184">A.Savio, ''Monete romane'', p. 184.</ref>)
! width="10%" | [[Caracalla]]<br />(''post'' [[215]])
! width="10%" | [[Aureliano]]<br />(''post'' [[274]])
|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico (della [[Lega (metallurgia)|lega]]): in [[libbra|libbre]] (=327,168 grammi)
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|<div align="center">1/126</div>
|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico (della [[Lega (metallurgia)|lega]]): in [[grammo|grammi]]
|<div align="center">3.895 grammi</div>
|<div align="center">3.895 grammi</div>
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|<div align="center">93,5%<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">89,0%<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">79,0%<ref name="TulaneUniversity">[{{Cita web |url=http://www.tulane.edu/~august/handouts/601cprin.htm |titolo=Tulane University "Roman Currency of the Principate"] |accesso=2 dicembre 2011 |dataarchivio=10 febbraio 2001 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20010210220413/http://www.tulane.edu/~august/handouts/601cprin.htm |urlmorto=sì }}</ref></div>
|<div align="center">73,5%<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">58%<ref name="Belloni260">Gian Guido Belloni, ''La moneta romana'', p.260.</ref></div>
Riga 169:
|<div align="center">2,5%<ref name="Savio200"/></div>
|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico ([[argento]]): in [[grammo|grammi]]
|<div align="center">3,817 grammi</div>
|<div align="center">3,778 grammi</div>
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|}
 
Contemporaneamente l'[[aureo]], era passato nel tempo, da un peso teorico di 1/40 di [[libbra]] (epoca di [[Cesare]]) a 1/45 (sotto Nerone, con una svalutazione dell'11%) per raggiungere sotto Caracalla un peso di 1/50 di libbra (6,54&nbsp; g). Nel corso poi di tutto il III secolo la svalutazione era continuata fino a [[Diocleziano]] (1/60 di libbra, pari a5a 5,45 [[grammo|g]]grammi<ref name="Belloni265">Gian Guido Belloni, ''La moneta romana'', p.265.</ref>), seppure vi fosse stato un correttivo da parte di [[Aureliano]]<ref name="Savio206"/> il quale, attraverso la [[riforma monetaria di Aureliano|sua riforma]] del [[274]], aveva riportato il peso dell'[[aureo]] ad 1/50 di libbra.<ref name="Savio198"/> La corsa però alla svalutazione era continuata, tanto che al tempo di [[Marco Aurelio Caro]], il peso dell'aureo era stato ridotto fino ad 1/70 (come dimostra la lettera greca "O" stampata su alcune monete, equivalente al numero 70<ref>[[Roman Imperial Coinage|RIC]], V/2, 316 e 317.</ref>).<ref name="Savio206">Adriano Savio, ''Monete romane'', p.206.</ref>
 
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! width="8%" | [[Aureo]]
! width="7%" | [[Cesare]]
! width="7%" | [[Augusto]]<br />(''post'' [[2 a.C.]])
! width="7%" | [[Nerone]]<br />(''post'' [[64]])
! width="7%" | [[Domiziano]]<br />([[82]]<ref name="Savio331">A.Savio, ''Monete romane'', p. 331.</ref>)
! width="7%" | [[Domiziano]]<br />([[85]]<ref name="Savio331"/>)
! width="7%" | [[Traiano]]<ref name="Savio331"/>
! width="7%" | [[Settimio Severo]]<ref name="Savio331"/>
! width="7%" | [[Caracalla]]<br />(''ante'' [[215]])
! width="7%" | [[Caracalla]]<br />(''post'' [[215]])
! width="7%" | [[Aureliano]]<br />(''ante'' [[274]])
! width="7%" | [[Aureliano]]<br />(''post'' [[274]]<ref name="Savio198">A.Savio, ''Monete romane'', p. 198.</ref>)
! width="7%" | [[Marco Aurelio Caro|Caro]]
! width="7%" | [[Diocleziano]]
 
|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico:<br />in [[libbra|libbre]]<br />(=327,168 grammi)
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|<div align="center">1/42</div>
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|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico:<br />in [[grammo|grammi]]
|<div align="center">8.179&nbsp; g </div>
|<div align="center">7.790&nbsp; g </div>
|<div align="center">7.270&nbsp; g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.750&nbsp; g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.550&nbsp; g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.300&nbsp; g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.200&nbsp; g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.450&nbsp; g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">6.543&nbsp; g </div>
|<div align="center">5.453&nbsp; g </div>
|<div align="center">6.543&nbsp; g </div>
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|<div align="center">5.453&nbsp; g </div>
 
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|}
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A tutto ciò aggiungiamo che nei primi due secoli dell'età imperiale, l'acquisto di enormi quantità di prodotti di lusso provenienti dalle regioni asiatiche era stato regolato con monete, soprattutto d'argento (monete romane sono state trovate anche in regioni molto lontane), tanto che la continua fuoriuscita di metallo prezioso (non bilanciata dalla produzione delle miniere, visto che i giacimenti erano ormai in esaurimento dopo secoli di sfruttamento) finì per determinare nel Tardo Impero una rarefazione dell'oro e dell'argento all'interno dei confini imperiali, accelerando così la perversa spirale di diminuzione della quantità effettiva di metallo prezioso nelle monete coniate dai vari imperatori.<ref>Una libbra d'oro (circa 322 grammi), equivalente a 1125 denarii d'argento alla fine del II secolo, ne valeva 50 000 al tempo di Diocleziano (Arnaldo Momigliano, ''Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico'', Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1980, p. 637).</ref>
 
Inoltre, l'instabilità politica ebbe pesantissimi effetti anche sui traffici commerciali. Ecco come lo storico Henry Moss descrive la situazione dei trasporti e della rete commerciale dell'Impero prima della crisi:
{{Citazione| Attraverso queste strade passava un traffico sempre crescente, non soltanto di truppe e funzionari, ma di commercianti, mercanzie e perfino di turisti. Lo scambio di merci fra le varie province si era sviluppato rapidamente, e presto raggiunse una scala senza precedenti nella storia, che non si ripeté fino a pochi secoli fa. I metalli estratti nelle regioni montagnose dell'Europa occidentale, pelli, panni e bestiame dai distretti pastorali della Britannia, Spagna e dai mercati del Mar Nero, vino ed olio dalla Provenza e dall'Aquitania, legname, pece e cera dalla Russia meridionale e dal nord dell'Anatolia, frutta secca dalla Siria, marmo dai litorali egei e - il più importante di tutti - grano dai distretti dell'Africa del nord, dell'Egitto e della valle del Danubio per i bisogni delle grandi città; tutti questi prodotti, sotto l'influenza di un sistema altamente organizzato di trasporto e vendita, si muovevano liberamente da un angolo all'altro dell'Impero.|H. St. L. B. Moss, ''The Birth of the Middle Ages'' p 1.}}
 
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{{vedi anche|Religione romana}}
 
La crisi della religione romana, intesa come [[politeismo]] [[antica Grecia|greco]]-[[civiltà romana|romano]], intensificò i suoi effetti in età [[Impero romano|imperiale]]. Questo politeismo non pretendeva che gli abitanti dell'Impero fossero obbligati a venerare esclusivamente il [[pantheon]] degli [[divinità romane|dèi romani]]. Fin dai tempi di Giulio Cesare e dei suoi rapporti coicon i culti druidici dei Galli, al tempo della Conquista della Gallia, l'amministrazione romana era solitamente tollerante in campo religioso, per cui vi fu spazio per culti provinciali e anche stranieri. Unica condizione era che non mettessero in pericolo l'unità imperiale. Fu così che, soprattutto da Oriente, si riversarono sull'Occidente romano e quindi sull'[[Italia romana|Italia]] e [[Roma (città antica)|Roma]] una notevole quantità di [[Religioni misteriche|culti misterici]],<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 27.</ref> quali quelli di [[Cibele]] (la "Grande Madre" dalla [[Frigia]]), [[El-Gabal]] (da [[Emesa]], a cui fu devoto lo stesso imperatore [[Eliogabalo]]), [[Iside]] e [[Osiride]] (dall'[[Egitto (provincia romana)|Egitto]]), [[Mitra (divinità)|Mitra]] (dalla [[Persia]]), quest'ultimo che raccolse numerosi seguaci negli [[castrum|accampamenti]] [[esercito romano|militari]] e nel quale si ravvisava l'invitto dio della luce, il ''[[Sol invictus]]''<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 28.</ref> (che ebbe tra i seguaci gli imperatori [[Aureliano]], [[Marco Aurelio Probo|Probo]], [[Diocleziano]] e lo stesso [[Costantino I]]<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 31.</ref>).
 
Secondo una interpretazione storica che pone attenzione alla reazione psicologica delle popolazioni rispetto alla fede religiosa, colcon il tempo le nuove religioni assunsero sempre più importanza per le loro caratteristiche [[escatologia|escatologiche]] e [[soterica|soteriologiche]] in risposta alle insorgenti esigenze della religiosità dell'individuo, al quale la vecchia religione non offriva che riti vuoti di significato. Sempre secondo questa interpretazione storica la critica alla religione tradizionale veniva anche dalle correnti [[filosofia|filosofiche]] dell'[[Ellenismo]], che fornivano risposte intorno a temi propri della sfera religiosa, come la concezione dell'anima e la natura degli dèi.
Nella congerie [[sincretismo|sincretistica]] dell'impero del [[III secolo]], permeata da dottrine [[neoplatonismo|neoplatoniche]] ([[Plotino]]), [[gnosticismo|gnostiche]], [[Orfismo|orfiche]] e misteriche ([[misteri eleusini]] che trovò seguaci prima in [[Adriano]] e poi in [[Gallieno]]<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 30.</ref>), fece la sua comparsa il [[Cristianesimo]]. La religione cristiana, opponendosi al potere [[Tetrarchia di Diocleziano|tetrarchico]] che pretendeva che [[culto imperiale|tutti i sudditi riconoscessero nell'imperatore il loro "signore e dio"]] (''dominus et deus''),<ref>Aurelio Vittore, ''Caesares'', 39.2-4; Eutropio, IX, 26; [[Eumenio]], ''[[Panegyrici latini]]'', V, 11; [[Lattanzio]], ''[[De mortibus persecutorum]]'', 8 e 52.3; [https://www.archive.org/stream/xiipanegyricila02baehgoog/xiipanegyricila02baehgoog_djvu.txt Panegyrici latini, II, XI, 20].</ref> subì [[Persecuzione di Diocleziano|pesanti persecuzioni]] al tempo di [[Diocleziano]] (dal [[303]]), generando nuove tensioni sociali. Il rifiuto del culto pubblico e del conseguente sacrificio all'imperatore (con conseguente rifiuto del servizio militare e degli impieghi pubblici) minava così, fin dalle fondamenta, l'ordinamento politico-religioso romano.<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, pp. 36-38.</ref> Del resto la "minoranza cristiana", secondo alcune stime di storici moderni, al tempo della giovinezza di Costantino (fine del III secolo), poteva già contare su 7-15 milioni di fedeli su una popolazione complessiva di 50 milioni. Fu il peggiore errore commesso da Diocleziano nei vent'anni del suo governo, trucidando inutilmente migliaia di innocenti.<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 41.</ref> Secondo un'altra interpretazione storica che non vede la religione come un compartimento stagno rispetto al resto dell'evoluzione storica, ma come un fattore importante di tutto il contesto sociale antico, i cambiamenti religiosi del terzo secolo furono fra i più importanti, se non i più importanti, quali motore di cambiamento e quindi conseguentemente di crisi del mondo romano.
 
Le campagne militari contro i Parti combattute dagli Imperatori erano dettate da esigenze strategiche di controllo dell'area e anche da esigenze politiche, per perpetuare l'affermazione del potere imperiale romano. Ma erano anche l'inseguimento della scia di Alessandro Magno, che potremmo dire quasi la totalità degli Imperatori ebbero a modello; il sovrano macedone proprio combattendo contro i Persiani era diventato un mito quasi al pari di Ercole e gli Imperatori Romani intendevano emularlo. Alessandro Magno aveva sempre unito le funzioni militari a quelle religiose e sacerdotali officiando personalmente i riti. Ben lontani dalla idea del sovrano macedone di una fusione di popoli, Roma inseguiva nell'area una politica di potenza, molto dispendiosa e infruttuosa, come manifestarono le [[Guerre romano-partiche]].
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Le legioni fedeli al successore dei Severi, [[Massimino il Trace]], stanziate nei confini più occidentali, sul Reno e sul Danubio non seguivano a quel tempo il culto solare, mentre sicuramente era già presente una forte componente barbarica in quegli eserciti, i quali preferivano dunque la politica tollerante e con termine moderno diremmo affine all'[[agnosticismo]] degli imperatori del secolo precedente, ovvero quello del [[Principato adottivo]]. Massimino il Trace perse la guerra e la vita contro [[Gordiano I]] e [[Gordiano II]], i quali avevano i comandi e l'appoggio dell'Africa romana regione di provenienza di [[Settimio Severo]], ove il culto del Dio solare era invece già diffuso. Sotto il loro discendente [[Gordiano III]] il problema dei barbari sui confini si fece molto più pressante che in passato, esigendo dunque eserciti fedeli e coesi. Sia [[Filippo l'Arabo]] che il suo successore [[Decio]] sono generali dell'esercito di Gordiano III, fedeli al dio solare, che pur non pretendendo esclusiva devozione, e quindi non configurandosi come un [[monoteismo]], prendeva senz'altro il primo posto nel Pantheon dell'Impero Romano. È significativo che proprio sotto Decio cominciarono le persecuzioni contro il [[cristianesimo]].
 
Mentre il cristianesimo si stava diffondendo, alla morte di Decio si verificarono due anni di anarchia militare e solo nel [[253]] salì al trono [[Gallieno]]. Avvenne sotto di lui il distacco dell'[[Impero delle Gallie]], che può essere interpretato come la resistenza contro il diffondersi del culto solare delle legioni stanziate ai confini nord, come già era accaduto con Massimino il Trace. Mentre il distacco del [[Regno di Palmira]] oltre alle vicende della guerra contro i Parti risiede proprio nel rapporto fra culto solare e funzione dell'Imperatore come sacerdote tramite fra il Dio e i soldati e il resto dell'Impero. [[Emesa]], oggi Homs, in Siria, fu la città sacra al culto di El-Gabal, da cui provenivano le sacerdotesse mogli, suocere figlie e cognate di Settimio Severo, che ebbero un ruolo determinate durante tutti i quasi quaranta anni di perdurare della dinastia. È significativo che la regina di Palmira [[Zenobia]], giunta a controllare tutto il vicino Oriente Romano, avuta notizia dell'arrivo di [[Aureliano]] si recasse propria a Emesa a cercare sia i rinforzi militari che la benedizione divina. Venne tuttavia sconfitta da [[Aureliano]], il quale si accreditò così come re-sacerdote e unico tramite fra il Dio e gli uomini. L'anno successivo riuscì a riunificare completamente l'Impero sconfiggendo anche gli Imperatori del secessionista [[Imperium Galliarum]] nel quale pure si era ormai diffuso il culto. A Roma [[Aureliano]] continuò a sostenere il culto del [[Sol Invictus]] e sembra che sotto di lui si iniziasse a festeggiarne il compleanno il 25 dicembre di ogni anno.
 
Diocleziano salì al trono imperiale nove anni dopo la morte di Aureliano, durante i quali si susseguirono scontri fra imperatori eletti dalle proprie legioni e incursioni barbare. L'impero era fiaccato religiosamente oltre che militarmente. Nel 287 circa Diocleziano assunse il titolo di Iovius, [[Massimiano]] che aveva il titolo di [[cesare]] quello di Herculius. Il titolo doveva probabilmente richiamare alcune caratteristiche del sovrano da cui era usato: a Diocleziano, associato a Giove, era riservato il ruolo principale di pianificare e comandare; Massimiano, assimilato ad Ercole, avrebbe avuto il ruolo di eseguire "eroicamente" le disposizioni del collega. Malgrado queste connotazioni religiose, gli imperatori non erano "divinità", in accordo con le caratteristiche del culto imperiale romano, sebbene potessero essere salutati come tali nei panegirici imperiali; erano invece visti come rappresentanti delle divinità, sacerdoti e vicari incaricati di eseguire la loro volontà sulla terra. Diocleziano proseguì l'opera di [[Settimio Severo]], volta a elevare la dignità imperiale al di sopra del livello umano e della tradizione romana come da impulso della propria moglie, la sacerdotessa di El-Gabal [[Giulia Domna]].
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[[File:Rome antique (larousse modf).jpg|thumb|upright=1.4|[[Roma (città antica)|Roma]] e il perimetro delle [[mura aureliane]] a difesa della capitale dell'[[Impero romano]].]]
 
L'insicurezza del territorio comportò anche un cambiamento nel carattere delle città: queste si erano ovunque sviluppate nei primi due secoli dell'impero e non avevano particolari esigenze difensive, mentre a partire dal III secolo iniziò il cambiamento graduale e discontinuo che avrebbe portato dalle grandi città aperte dell'antichità, alle più piccole città cinte da mura, comuni nel [[medioevo]]. Particolarmente significativa fu la nuova [[Mura aureliane|cinta muraria]] che l'imperatore [[Aureliano]] fece costruire intorno alla stessa [[Roma (città antica)|Roma]], che dopo molti secoli era nuovamente minacciata dalle incursioni dei barbari. La costruzione delle [[Mura Aureliane|mura]] iniziò probabilmente nel [[271]] e si concluse dopo soli due anni, anche se la definitiva rifinitura avvenne verso il [[280]], sotto l'imperatore [[Marco Aurelio Probo|Probo]]. Il progetto era improntato sulla massima velocità di realizzazione e semplicità strutturale, oltre, ovviamente, ad una garanzia di protezione e sicurezza. Queste caratteristiche fanno pensare che un ruolo non secondario, almeno nella progettazione, sia stato rivestito da esperti militari. E d'altra parte, poiché all'epoca gli unici nemici che potevano rappresentare qualche pericolo non erano in grado di compiere molto più che qualche razzia, un muro con robuste porte ed un camminamento di ronda poteva ritenersi sufficiente. Comunque, nessun nemico assediò le mura prima dell'anno [[408]].
 
La stessa diminuzione del commercio indirizzava inoltre le città verso un sempre crescente isolamento. I grandi centri videro diminuire la propria popolazione: molti grandi proprietari si erano spostati nei loro possedimenti in campagna, diventati in larga misura autosufficienti e che tendevano a sfuggire al controllo dell'autorità centrale; la crisi aveva attratto, come si è visto, verso questi nuovi centri economici anche coloro che precedentemente trovavano la propria sussistenza nell'economia cittadina. La pressione fiscale aveva inoltre quasi del tutto cancellato quel ceto di funzionari cittadini, i [[Decurione|decurioni]], che ne garantivano l'amministrazione ed il legame con Roma.
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=== Riforma tetrarchica di Diocleziano ===
{{vedi anche|Tetrarchia di Diocleziano}}
[[File:Venice – The Tetrarchs 03.jpg|thumb|[[Monumento ai Tetrarchi|I tetrarchi]], una scultura di porfido saccheggiata a [[Bisanzio]] nel [[1204]] ([[Basilica di San Marco (Venezia)|Basilica di San Marco]] a [[Venezia]])]]
Con la morte dell'imperatore [[Numeriano]] nel novembre del [[284]] (a cui il padre [[Marco Aurelio Caro|Caro]] aveva affidato l'Oriente romano), ed il successivo rifiuto delle truppe orientali di riconoscere in [[Marco Aurelio Carino|Carino]] (il primogenito di Caro) il naturale successore, fu elevato alla porpora imperiale [[Diocleziano]], validissimo generale. La guerra civile che ne scaturì vide in un primo momento prevalere Carino sulle armate [[Pannonia (provincia romana)|pannoniche]] dell'usurpatore [[Giuliano (usurpatore)|Giuliano]], ede in seguito la sconfitta delle sue armate ad opera di [[Diocleziano]] sul [[Battaglia del fiume Margus|fiume Margus]], nei pressi dell'antica città e [[castrum|fortezza legionaria]] di [[Singidunum]]. Carino trovò la morte, a causa di una congiura dei suoi stessi generali (primavera del [[285]]).<ref>Grant, p. 261.</ref>
 
Ottenuto il potere, nel novembre del [[285]] Diocleziano nominò suo vice ([[Cesare (titolo)|cesare]]) un valente ufficiale, [[Massimiano|Marco Aurelio Valerio Massimiano]], che pochi mesi più tardi elevò al rango di [[Augusto (titolo)|augusto]] (1º aprile [[286]]): formò così una diarchia, nella quale i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'Impero e la responsabilità della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.<ref name="Grant265">Grant, p. 265.</ref><ref>Scarre, p. 197-198.</ref>
 
Data la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte interne e lungo i confini, nel [[293]] si procedette a un'ulteriore divisione territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nominò come suo Cesare per l'Oriente [[Galerio]], mentre Massimiano fece lo stesso con [[Costanzo Cloro]] per l'Occidente.<ref>Cameron, p. 46.</ref>
 
Le riforme volute da [[Diocleziano]] e i successi militari ottenuti, consentirono di ridare pace e sicurezza all'impero, che continuò in Occidente per altri due secoli e ancora per un millennio in Oriente. La [[Tetrarchia di Diocleziano|tetrarchia]] tentò di introdurre un sistema di successione al trono imperiale che evitasse le lotte per la successione: vennero creati quattro imperatori, due "augusti" e due "cesari", destinati a succedere ai primi come augusti e a scegliere quindi a loro volta i propri successori nominando dei nuovi cesari. La suddivisione dell'impero e lo spostamento delle sedi imperiali, trasferite da [[Roma]] in centri più vicini ai confini da difendere, e la riorganizzazione dell'esercito resero più efficaci le difese.
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{{div col}}
*[[Ammiano Marcellino]], ''Res Gestae'', libro XXVII [http://www.thelatinlibrary.com/ammianus.html QUI].
*[[Aurelio Vittore]], ''[[Epitome de Caesaribus]]'' e ''De Vita et Moribus Imperatorum Romanorum'' [http://www.thelatinlibrary.com/victor.html QUI].
*[[Corpus Inscriptionum Latinarum]].
*[[Cassio Dione Cocceiano|Dione]], ''[[Storia romana (Cassio Dione)|Storia romana]]'', LXXVII [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Cassius_Dio/home.html QUI].
*[[Publio Erennio Dessippo|Dessippo]] ''Scythica'', frammenti 6 e 7.
*[[Erodiano]], ''[[Storia dell'Imperoimpero dopo Marco Aurelio]]''.
*[[Eutropio]], ''[[Breviarium ab Urbe condita]]'', IX [http://www.thelatinlibrary.com/eutropius.html QUI].
*[[Giordane]], ''[[De origine actibusque Getarum]]''.
*[[Giorgio Sincello]], ''Selezione di cronografia''.
*[[Gregorio di Tours]], ''Storia[[Historia dei FranchiFrancorum]]'', libro II.
*[[Historia Augusta]], da ''Caracalla'' a ''Diocleziano''.
*[[Panegyrici latini]], II-VII [https://www.archive.org/details/xiipanegyricila02baehgoog QUI].
*[[Paolo Orosio|Orosio]], ''[[Historiarum adversus paganos libri septem]]'', libro 7 [http://www.thelatinlibrary.com/orosius.html QUI].
*[[Procopio di Cesarea]], ''Guerre:[[Storia persiana,delle vandalica e goticaguerre]]'', I.
*[[Roman Imperial Coinage]]:
**volume 4a: ''da [[Pertinace]] a [[Geta]] et [[Caracalla]] (193 – 217)'', di [[Harold Mattingly|H. Mattingly]], [[Edward Allen Sydenham|E.A. Sydenham]], Londra, 1936;
Riga 333 ⟶ 332:
*{{cita libro | cognome=Vari | nome=Autori | titolo=L'«inflazione » nel quarto secolo d. C. | editore=atti dell'incontro di studio Roma 1988 | città=Roma | anno=1993 }}
*{{cita libro | cognome=Barnes | nome=Timothy | titolo=Constantine and Eusebius | url=https://archive.org/details/constantineeuseb0000barn | editore=MA Harvard University Press | città=Cambridge | anno=1981 | lingua=inglese | isbn=978-0-674-16531-1 }}
*{{cita libro | cognome=Barnes | nome=Timothy | titolo=The New Empire of Diocletian and Constantine | url=https://archive.org/details/newempireofdiocl0000barn | editore=MA Harvard University Press | città=Cambridge | anno=1982 | lingua=inglese | isbn=0-7837-2221-4 }}
*Gian Guido Belloni, ''La moneta romana'', Ed.Carocci, Roma 2004, ISBN 88-430-2105-2
*{{cita libro | cognome=Beyer | nome=Jeorgios Martin | titolo=Gregorios Thaumaturgos und die pontischen Beutezuge der Boran und Goten im 3.Jh.n.Chr. |editore=in 18th International Congress of Roman Frontier Studies, a cura di P.Freeman, J.Bennett, Z.T.Fiema e B.Hoffmann | città=Oxford | anno=2002 | lingua=tedesco }}
*{{cita libro | cognome=Bowman | nome=Alan K. | titolo=Diocletian and the First Tetrarchy | editore=The Cambridge Ancient History, Volume XII: The Crisis of Empire, a cura di Alan Bowman, Averil Cameron, e Peter Garnsey | città=Cambridge | anno=2005 | lingua=inglese | isbn=0-521-30199-8 }}
*{{cita libro | cognome=Cameron | nome=Averil | wkautore=Averil Cameron | titolo=Il tardo impero romano | città=Milano | anno=1995 | lingua=inglese | isbn=88-15-04887-1 }}
*{{cita libro | cognome=Carrié | nome=Jean-Michel |titolo=Eserciti e strategie |editore=in Storia dei Greci e dei Romani, vol.18, La Roma tardo-antica, per una preistoria dell'idea di Europa | città=Milano | anno=2008 }}
*{{cita libro | cognome=Corbier | nome=Mireille | titolo=Svalutazioni, inflazione e circolazione monetaria nel III secolo, Società romana e impero tardoantico, I : Istituzioni, ceti, economie | editore=a cura di A. Giardina | città=Roma-Bari |anno=1986 }}
*{{cita libro | cognome=Corradi | nome=Giuseppe | titolo=Gli imperatori romani | città=Torino | anno=1994 | isbn=88-7819-224-4 }}
*{{cita libro | cognome=Crees | nome=James | titolo=The Reign of the Emperor Probus | città=Londra | anno=2005 | lingua=inglese | isbn=1-4021-9698-9 }}
*{{cita libro | cognome=Dobiaš | nome=Giuseppe | titolo=Il limes romano nelle terre della Repubblica Cecoslovacca, vol.VIII | editore=Istituto Studi Romani | città=Roma | anno=1938 }}
* {{cita libro |autore=Richard Duncan-Jones|titolo=Money and Government in the Roman Empire |url=https://archive.org/details/moneygovernmenti0000dunc|anno=1994|lingua=inglese|cid=Duncan-Jones 1994}}
*{{cita libro | cognome=Duval | nome=Noel |wkautore=Noel Noël Duval |titolo=Sirmium ville impériale ou capitale? | editore=«CCAB» 26 | anno=1979 | lingua=francese }}
*{{cita libro | cognome=González| nome=Julio Rodríguez | titolo=Historia de las legiones Romanas | città=Madrid | anno=2003 | lingua=es}}
*{{cita libro | cognome=Grant |nome=Michel | titolo=Gli imperatori romani, storia e segreti | città=Roma | anno=1984 | lingua=inglese | isbn=88-541-0202-4 }}
*{{cita libro | cognome=Jackson | nome=Robert B. | titolo=At empire's edge. Exploring Rome's egyptian frontier | url=https://archive.org/details/atempiresedgeexp0000jack | editore=Yale Univ.Press | città=New Haven & Londra | anno=2002 | lingua=inglese | isbn=0-300-08856-6 }}
* {{Cita libro|autore=Eberhard Horst|titolo=Costantino il Grande|città=Milano |editore=Bompiani|anno=1987|cid=Horst 1987|isbn=978-88-452-6026-1|lingua=italiano}}
*{{cita libro | cognome=Jones | nome=Arnold Hugh Martin | titolo=The Later Roman Empire: 284-602 | città=Baltimora | anno=1986 | lingua=inglese | isbn=0-8018-3285-3 }}
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*{{cita libro | cognome=Cervo | nome=Guido | wkautore=Guido Cervo | titolo=Il legato romano | città=Casale Monferrato | anno=2002 | isbn=88-384-7061-8 }} (la [[Gallia]] ai tempi dell'imperatore [[Marco Aurelio Probo]] dal 275 in poi).
*{{cita libro | cognome=Cervo | nome=Guido | wkautore=Guido Cervo | titolo=La legione invincibile | url=https://archive.org/details/lalegioneinvinci0000cerv | città=Casale Monferrato | anno=2003 | isbn= 88-384-7063-4 }}
*{{cita libro | cognome=Cervo | nome=Guido | wkautore=Guido Cervo | titolo=L'onore di Roma | url=https://archive.org/details/lonorediromaroma0000cerv | città=Casale Monferrato | anno=2004 | isbn=88-384-8183-0 }}
*{{cita libro | cognome=Sidebottom | nome=Harry | wkautore=Harry Sidebottom | titolo=Il Guerriero di Roma. Fuoco ad Oriente | editore=Newton Compton | città=Roma | anno=2009 | isbn=978-88-541-1700-6 }} Primo [[romanzo storico]] della saga ambientata nell'Oriente romano durante le campagne di Sapore I degli anni [[255]]-[[256]].
*{{cita libro | cognome=Sidebottom | nome=Harry | wkautore=Harry Sidebottom | titolo=Il Re dei Re | editore=Newton Compton | città=Roma | anno=2010 | isbn=978-88-541-1657-3 }} Secondo romanzo storico della saga, ambientato nel [[256]]-[[260]].
*{{cita libro | cognome=Sidebottom | nome=Harry | wkautore=Harry Sidebottom | titolo=Il Guerriero di Roma. Sole bianco | editore=Newton Compton Editori | anno=2011 | isbn=978-88-541-2815-6 }} Terzo romanzo storico della saga.
{{div col end}}