Crisi del III secolo: differenze tra le versioni

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[[File:Aurelian Walls Rome 2011 1.jpg|thumb|upright=1.5|Lato meridionale della [[mura Aureliane]], di cui si dotò [[Roma (città antica)|Roma]] in seguito alla profonda crisi del III secolo in cui versò l'[[Impero romano]].]]
La '''crisi del terzo secolo ''' (nota anche come periodo dell'"Anarchia militare") è il nome comunemente usato per un epoca della storia dell'[[impero romano]] tra il [[235]] ed il [[284]], durante il quale si ebbero simultaneamente situazioni estremamente problematiche in diversi campi e che si possono riassumere nell'aumentata pressione militare sui confini, spesso accompagnata da secessioni e disordini interni, e nella crisi del tradizionale sistema economico.
Con l'espressione '''crisi del [[III secolo]]''' ci si riferisce a un'epoca della storia dell'[[impero romano]] compresa all'incirca tra il 235 e il 284, ovvero tra il termine della [[dinastia dei Severi]] e l'ascesa al potere di [[Diocleziano]].
 
Durante tale crisi si manifestarono simultaneamente situazioni estremamente problematiche su diversi fronti: dall'aumento della pressione nemica sui confini (con le [[invasioni barbariche del III secolo]]), spesso accompagnata da [[Indipendentismo|secessioni]] (come nel caso dell'[[Impero delle Gallie]] e del [[Regno di Palmira]]) e disordini interni (il che comporterà riforme strutturali della tradizionale unità militare romana, la [[legione romana|legione]]), la crisi del tradizionale [[economia dell'Impero romano|sistema economico]] e, soprattutto, una grave instabilità politica (la cosiddetta "[[anarchia militare]]").
I cambiamenti nelle istituzioni, nella società, nella vita economica e, di conseguenza anche nel modo di pensare e nella religione furono così profondi e fondamentali, che la "crisi del terzo secolo" è sempre più vista come lo spartiacque che contrassegna la differenza fra il [[mondo classico]] e quello della [[Tardo antico|tarda antichità]], che già porta in sé i germi del [[Medioevo]].
 
La causa principale della crisi può essere ricercata nella fine dell'idea di impero tipica delle dinastie [[dinastia giulio-claudia|giulio-claudia]] ed [[dinastia degli Antonini|antonina]], basata sulla collaborazione tra l'[[Imperatore romano|imperatore]], il potere militare e le forze politico-economiche interne. Nei primi due secoli dell'Impero la contrapposizione tra autorità politica e potere militare si era mantenuta, anche se pericolosamente (guerre civili), all'interno di un certo equilibrio, garantito anche dalle enormi ricchezze che affluivano allo Stato e ai privati tramite le campagne di conquista.
Durante i circa 50 anni della crisi più di una ventina di imperatori si succedettero sul trono, regnando a volte contemporaneamente su parti diverse del territorio. Si trattava in genere di comandanti militari che venivano proclamati imperatori dalle proprie legioni e riuscivano a mantenere il potere per una media di due o tre anni, prima di essere a loro volta assassinati dal loro successore.
 
Nel [[III secolo]], però, tutte le energie dello [[Stato]] venivano spese non per ampliare, ma per difendere i confini dalle [[invasioni barbariche]]. Con l'esaurirsi della spinta espansiva delle conquiste, il peso economico e l'energia politica delle legioni finirono dunque per riversarsi all'interno dell'Impero invece che all'esterno, con il risultato che l'esercito, che era stato il fattore principale della potenza economica, finì per diventare un peso sempre più schiacciante, mentre la sua prepotenza politica diventava una fonte permanente di anarchia. La cosa più sorprendente di questa gravissima crisi è che l'Impero sia riuscito a superarla.
La crisi si arrestò solo con una serie di [[Imperatori_romani#Gli_imperatori della crisi del III secolo|imperatori]] militari che riunificarono l'impero e ne difesero efficacemente i confini, e con le drastiche misure imposte da [[Diocleziano]] nel [[284]], che permisero la prosecuzione dell'impero per quasi altri due secoli, come "tardo impero romano".
 
== Contesto storico ==
{{vedi anche|Dinastia dei Severi}}
[[File:Severan dynasty family tree.jpg|thumb|upright=1.4|left|Albero genealogico dei Severi.]]
 
Già nel 192, con la fine della [[dinastia degli Antonini]], l'[[Impero romano]] concludeva un periodo universalmente riconosciuto come prospero e ricco. Alla scomparsa di [[Commodo]] (ucciso da una [[congiura]]) si aprì un periodo di instabilità politica che causò una [[guerra civile romana (193-197)|guerra civile durata cinque anni]], dal 193 al 197, con scontri tra legioni acquartierate in diverse regioni dell'Impero, ciascuna delle quali sosteneva il proprio generale.
==La crisi militare==
 
Ebbe la meglio [[Settimio Severo]], governatore della [[Pannonia (provincia romana)|Pannonia]] e originario della [[Tripolitania]], che pose le basi per il successivo sistema [[autocrazia|autocratico]] fondato sugli [[anarchia militare|imperatori militari]]:<ref name="Horst1987p20">E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 20.</ref> favorì infatti gli ufficiali delle armate legionarie a discapito della classe senatoria e insediò una [[legione romana|legione]] ad [[Albano Laziale]], a dispetto della tradizione che voleva l'Italia libera dagli eserciti. Con le confische di beni appartenenti ai suoi avversari politici, rimpolpò la cassa imperiale detta ''[[Fiscus Caesaris|fiscus]]'', ben differenziata dalla cassa statale (l{{'}}''erarius''), che doveva coprire i costi della complessa e articolata macchina burocratica e amministrativa dell'impero. Diede impulso agli studi di diritto e nominò il più importante giurista del tempo, [[Papiniano]], ''Praefectus urbi'', con poteri di polizia e repressione criminale su [[Roma]]. Con Settimio Severo si accentuò inoltre il culto dell'imperatore, basato su un'idea di sacralità della monarchia, che aveva origine dalle regioni orientali, [[Egitto]] in testa, e dalla [[Grecia]] di [[Alessandro Magno]].
Il periodo si considera iniziare nel 235, quando l'imperatore [[Alessandro Severo]] fu assassinato dai soldati durante una campagna contro i [[Sassanidi]] in [[Persia]]. La pressione dei barbari alle frontiere e dei Sassanidi in Oriente, si era intensificata e molti degli imperatori che venivano via via proclamati dalle legioni, non riuscirono neanche a mettere piede a Roma, né tanto meno a mettere mano a riforme interne durante i loro brevissimi regni, perché permanentemente occupati nelle lotte contro altri pretendenti al trono imperiale o a difesa del territorio contro i nemici esterni
 
Fu così che Settimio Severo adottò il titolo di ''Dominus ac Deus'', al posto di quello di ''princeps'' (che sottintendeva la condivisione del potere con il [[Senato]]<ref>Franco Cardini, cit., pag. 24.</ref>), e regolò i meccanismi di successione assegnandosi il titolo di ''[[Augusto (titolo)|Augustus]]'', e usando quello di ''[[Cesare (titolo)|Caesar]]'' per il suo successore designato. Sua moglie [[Giulia Domna]], di origine [[siria]]ca, promosse attivamente l'arrivo a Roma di culti monoteistici solari, che sottolineavano l'analogia tra ordine imperiale e ordine cosmico.
Il punto più basso si raggiunse nel [[260]], quando l'imperatore [[Valeriano]], sconfitto in battaglia, fu preso prigioniero dai Sassanidi e morì in cattività senza che fosse possibile intraprendere una spedizione per liberarlo.
 
Il nuovo ordine promosso da Settimio Severo si scontrò presto con i problemi derivati dallo scoppio di nuove guerre. Già l'imperatore [[Caracalla]] dovette guerreggiare contro i [[Parti]], a oriente, e i [[Marcomanni]], lungo il confine renano-danubiano, peggiorando notevolmente le finanze statali. Per risolvere le difficoltà si fecero delle scelte che alla lunga si rivelarono dannose: l'arruolamento sempre più massiccio degli stessi germani nell'esercito e, dalla fine del II secolo, la diminuzione del metallo prezioso nelle monete, che causò [[inflazione]].
La vittoria di [[Claudio II il Gotico|Claudio il Gotico]] contro i [[Goti]] nella battaglia di Naisso del [[268]], fu una significativa svolta nella crisi. Con lui e il suo successore [[Aureliano]] ([[270]]-[[275]]) furono ripresi l'[[impero delle Gallie]] e il regno di [[Palmira]]: l'impero romano era nuovamente riunito e le truppe di frontiera di nuovo al loro posto.
 
Nel 212-213 Caracalla promulgò la ''[[Constitutio Antoniniana]]'', con la quale estendeva la [[cittadinanza romana]] a tutti gli individui liberi dell'impero, un atto di difficile interpretazione, anche perché non ci è giunto il suo testo originale. In genere si è sottolineata la volontà di abbattere le barriere tra centro e periferia, ma, grazie anche alla scoperta di un frammento nella biblioteca di [[Gießen]], si è supposto fosse un provvedimento di portata più ridotta, legato soprattutto alle ''élite'' ed escludente le popolazioni che volontariamente si erano assoggettate a Roma (i ''dediticii''), infatti all'epoca del provvedimento non abbiamo notizie di alcuno scalpore, quindi non fu probabilmente una rivoluzione. L'Editto, pur con tutti i suoi limiti, presentò tuttavia dei caratteri altamente innovativi destinati ad avere una profonda ripercussione sui futuri assetti sociali ed economici dell'Impero.
==La crisi delle istituzioni tradizionali==
 
Il provvedimento ebbe infatti riflessi nell'economia erariale, perché estendeva il sistema fiscale ai nuovi cittadini e aumentava la decentralizzazione del potere: il fulcro ormai si stava spostando da Roma e dalle province di tradizionale appannaggio senatorio a quelle più decentrate, dove maggiore era la presenza degli eserciti. Nel 217 [[Macrino]], prefetto del pretorio, eliminò Caracalla. Il suo regno durò solo quattordici mesi. Fu infatti spodestato da [[Eliogabalo]], autore di una discussa riforma religiosa e assassinato da una [[pretoriani|guardia pretoriana]] (222). Gli successe il cugino [[Severo Alessandro]], ucciso nel 235 da una rivolta dei soldati lungo il confine renano. Si assisteva quindi a una sempre più chiara tendenza di dominio dell'esercito nel processo di scelta e acclamazione dell'imperatore.
A causa della sempre maggiore importanza assunta dalle [[Legione romana|legioni]] che dovevano difendere l'impero, il [[Senato (storia romana)|Senato]] di Roma aveva progressivamente perso il proprio potere ed aveva finito con l'essere escluso dal comando militare: gli imperatori non provenivano più dai suoi ranghi ma erano i generali che avevano fatto carriera nell'esercito ed erano stati proclamati dai soldati, ottenendo il potere dopo aver combattuto contro altri comandanti.
 
==La Analisi della crisi economica==
I cambiamenti nelle istituzioni, nella società, nella vita economica e, di conseguenza anche nel modo di pensare e nella religione furono così profondi e fondamentali, che la "crisi del III secolo" è sempre più vista come lo spartiacque che contrassegna la differenza fra il mondo classico e quello della [[Tardo antico|tarda antichità]], che già porta in sé i germi del [[Medioevo]].
 
Durante i circa 50 anni della crisi più di una ventina di imperatori si succedettero sul trono, regnando a volte contemporaneamente su parti diverse del territorio. Si trattava in genere di comandanti militari che venivano proclamati imperatori dalle proprie legioni e riuscivano a mantenere il potere per una media di due o tre anni, prima di essere a loro volta assassinati dal loro successore.
L'economia dell'impero romano nei primi due secoli si era basata sulla conquista militare di nuovi territori e sullo sfruttamento [[Schiavitù|schiavistico]] delle campagne: in mancanza di nuove conquiste e dei bottini di guerra le spese dello stato, sempre più impellenti per poter far fronte alle pressioni esterne, furono coperte con un progressivo aumento delle [[Tassa|tassazioni]], proprio quando la diminuzione del numero di schiavi minava le possibilità economiche dei cittadini. La pressione fiscale divenne insostenibili per molti piccoli proprietari, costretti a indebitarsi e quindi a vendere le proprie terre, per andare a lavorare in condizioni di semischiavitù sotto i grandi proprietari ([[colonato]]). Per questo fenomeno e per il calo demografico determinato dalle perdite umane nei numerosi conflitti, molte terre furono abbandonate e cessarono di essere produttive. Le difficoltà di comunicazione in seguito ai numerosi conflitti avevano in diversi casi reso indispensabile la riscossione diretta delle tasse da parte dello stesso esercito, causando abusi e trasformandosi a volte in un vero e proprio diritto di saccheggio.
 
La crisi si arrestò solo con una serie di [[Imperatori romani|imperatori]] che provenivano dai ranghi militari e dalla provincia della [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]]<ref>«L'Illiria era la Prussia dell'Impero romano. Le popolazioni illiriche coltivavano una lunga tradizione militare e avevano, inoltre, maturato una profonda deferenza verso una civiltà e un mito, quello di Roma, che non era il loro, ma che esse avevano assimilato fino a farlo proprio, considerandosene orgogliosi custodi. Proprio da questi contadini-soldati fu salvato l'impero. L'Illiria era la prova migliore della capacità di Roma di suscitare il carattere romano nelle popolazioni vinte. L'Illiria romanizzata non produceva soltanto buoni soldati, ma anche ottimi generali» (Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004, p. 98).</ref>, i quali grazie alla loro abilità militare riuscirono a riunificare l'Impero e a difenderne efficacemente i confini, e con la drastica riforma imposta da [[Diocleziano]] nel 284, che permise la prosecuzione dell'Impero per quasi altri due secoli come "tardo impero romano".
La crisi era aggravata dall'[[iperinflazione]] causata da anni di [[svalutazione]] della [[moneta]]. Questa si era resa necessaria già sotto gli imperatori della dinastia dei Severi, che per far fronte alle necessità militari avevano ampliato l'esercito di un quarto e raddoppiata la paga base. Gli imperatori successivi, il cui potere dipendeva interamente dall'esercito, erano costretti a continue nuove emissioni per pagare i soldati ed effettuare i tradizionali donativi: il metallo effettivamente presente nelle monete si ridusse progressivamente, pur conservando queste lo stesso valore teorico. Ciò ebbe l'effetto prevedibile di causare un'inflazione galoppante e quando Diocleziano arrivò al potere il sistema monetario a era quasi al collasso: persino lo stato pretendeva il pagamento delle tasse in natura invece che in moneta e il [[denario]], la tradizionale moneta d'argento, usata per più di 300 anni era poco apprezzata.
 
=== Crisi politico-militare ===
==La crisi commerciale==
[[File:Barbarian invasions from 3rd century.png|thumb|upright=1.5|Le [[invasioni barbariche del III secolo]].]]
[[File:Bishapur (Iran) Sassanid Period.JPG|thumb|Rilievo a [[Bishapur]] celebrante la vittoria di [[Sapore I]] sui Romani: [[Gordiano III]] è calpestato dal cavallo del re sasanide<ref>Gordiano aveva infatti perso la vita in una campagna contro Sapore (244), in circostanze peraltro non chiare: i rilievi e le epigrafi sassanidi rappresentano una battaglia vittoriosa in cui Gordiano perse la vita. Le fonti romane, invece, non menzionano questo scontro.</ref>, [[Filippo l'Arabo]] è in ginocchio davanti Sapore e tratta la resa. L'imperatore [[Valeriano]], catturato dalle [[esercito sasanide|armate sasanidi]] nel 260, è invece tenuto prigioniero da Sapore.<ref name="southern240">{{cita|Southern|p. 240}}.</ref>]]
 
Il periodo si considera iniziare nel 235, quando l'imperatore [[Alessandro Severo]] fu assassinato dai soldati durante una campagna contro gli [[Alemanni|Alamanni]] lungo il [[limes romano|fronte settentrionale]], al ritorno dal fronte orientale dopo tre anni di campagne contro i [[Sasanidi]] della [[Persia]]. La pressione dei barbari lungo le frontiere settentrionali e quella, contemporanea, dei [[Campagne mesopotamiche di Ardashir I|Sasanidi in Oriente]], si erano non solo intensificate, ma avevano diffuso la sensazione che l'impero fosse totalmente accerchiato dai nemici.<ref name="Rémondon74">Rémondon, p. 74.</ref> Si rivelavano ormai inefficaci gli strumenti della diplomazia tradizionale, usati fin dai tempi di [[Augusto]] e basati sulla minaccia dell'uso della forza e sulla fomentazione di dissidi interni alle diverse tribù ostili per tenerle impegnate le une contro le altre.
Lo storico Henry Moss descrive la situazione dei trasporti e della rete commerciale dell'impero come si presentava prima della crisi:
 
Si rendeva necessario ricorrere immediatamente alla forza, schierando armate tatticamente superiori e capaci di intercettare il più rapidamente possibile ogni possibile via di invasione dei barbari; la strategia era però resa difficoltosa dal dover presidiare immensi tratti di frontiera con contingenti militari per lo più scarsi.<ref name="Williams23">Stephen Williams, ''Diocleziano. Un autocrate riformatore'', p. 23.</ref> Molti degli imperatori che vennero via via proclamati dalle legioni nell'arco di venticinque anni non riuscirono neppure a metter piede a Roma, né tanto meno, durante i loro brevissimi regni, a intraprendere riforme interne, poiché permanentemente occupati a difendere il trono imperiale dagli altri pretendenti e il territorio dai nemici esterni.
{{quote| Attraverso queste strade passava un traffico sempre crescente, non soltanto di truppe e funzionari, ma di commercianti, mercanzie e perfino di turisti. Lo scambio di merci fra le varie provincie si era sviluppato rapidamente, e presto raggiunse una scala senza precedenti nella storia, che non si ripeté fino a pochi secoli fa. I metalli estratti nelle regioni montagnose dell'Europa occidentale, pelli, panni e bestiame dai distretti pastorali della Britannia, Spagna e dai mercati del Mar Nero, vino ed olio dalla Provenza e dall'Aquitania, legname, pece e cera dalla Russia meridionale e dal nord dell'Anatolia, frutta secca dalla Siria, marmo dai litorali egei e - il più importante di tutti - grano dai distretti dell'Africa del nord, dell'Egitto e della valle del Danubio per i bisogni delle grandi città; tutti questi prodotti, sotto l'influenza di un sistema altamente organizzato di trasporto e vendita, si muovevano liberamente da un angolo all'altro dell'Impero.|H. St. L. B. Moss, ''The Birth of the Middle Ages'' p 1.}}
 
Queste difficoltà costrinsero l'imperatore [[Valeriano]] (253-260), a spartire con il figlio [[Gallieno]] (253-268) l'amministrazione dello Stato romano, affidando a quest'ultimo la parte occidentale e riservando per sé quella orientale, come in passato era già avvenuto con [[Marco Aurelio]] e [[Lucio Vero]] (161-169).<ref>Edward Gibbon, ''Declino e caduta dell'impero romano'', p. 113-114; Watson, p. 25 e 33; Chris Scarre, ''Chronicle of the roman emperors'', p. 174-175.</ref><ref name="Grant229">Grant, p. 229.</ref> Il [[Campagne siriano-mesopotamiche di Sapore I|punto più basso si raggiunse]] nel 260, quando Valeriano fu [[battaglia di Edessa|sconfitto in battaglia]] e preso prigioniero dai Sasanidi, morendo in prigionia senza che fosse possibile intraprendere una spedizione militare per liberarlo.
Con la crisi del terzo secolo, tuttavia, questa ampia rete commerciale fu rotta. L'agitazione civile e i conflitti la resero non più sufficientemente sicura per permettere ai commercianti di viaggiare come prima e la crisi monetaria rese gli scambi molto difficili. Ciò produsse profondi cambiamenti che proseguirono quindi fino alla situazione [[Medioevo|medioevale]]. I grandi latifondisti, non più in grado di esportare con successo i loro raccolti sulle lunghe distanze, cominciarono a produrre cibi per la sussistenza e per il baratto locale. Piuttosto che importare i prodotti, cominciarono a produrre molti beni localmente, spesso sulle loro stesse proprietà di campagna, dove tendevano a rifugiarsi per sfuggire alle imposizioni dello stato a carico dei cittadini. Nacque in tal modo una "economia domestica" autosufficiente che sarebbe diventata ordinaria nei secoli successivi, raggiungendo la sua forma finale in età medioevale.
 
Come conseguenza di questa grave sconfitta l'impero subì una scissione in tre parti per quasi quindici anni, che però ne permisero la sopravvivenza: ad Occidente l'[[Impero delle Gallie]], retto dagli usurpatori come [[Postumo]] (260-268),<ref>Eutropio, ''Breviarium ab urbe condita'', 9.9; ''Historia Augusta'' - ''Due Gallieni'', 4.5.</ref> [[Leliano]] (268), [[Marco Aurelio Mario]] (268-269), [[Marco Piavonio Vittorino|Vittorino]] (269-271), [[Domiziano II]] (271) e [[Tetrico]] (271-274); mentre a Oriente il [[Regno di Palmira]], dove si alternarono prima [[Settimio Odenato]], nominato da Gallieno ''corrector totius Orientis'', dal 262, poi il figlio [[Vaballato]] insieme alla madre [[Zenobia]] fino al 272.<ref name=Rémondon82>Rémondon, p. 82.</ref> Scrive [[Eutropio]]:
==La crisi sociale==
{{Citazione|Avendo così [[Gallieno]] abbandonato lo Stato, l'Impero romano fu salvato in Occidente da Postumo ed in Oriente da [[Odenato]].|Eutropio, ''[[Breviarium ab Urbe condita]]'', 9, 11.}}
[[File:Sir Edward Poynter, Zenobia Captive 1878.jpg|left|thumb|245x245px|[[zenobia|Zenobia di Palmira]] fu dal 267 al 272 prima ed unica regina di Palmira. Trasformò il suo Stato in una monarchia indipendente ([[Regno di Palmira]]), si sottrasse al controllo di [[Roma]], si autoproclamò ''Augusta'', attribuendosi il titolo divino "Discendente di Cleopatra".]]
 
Gli "imperatori delle Gallie" non solo formarono un proprio [[Senato romano|Senato]] presso il loro maggiore centro di ''[[Augusta Treverorum]]'' e attribuirono i classici titoli di [[console romano|console]], [[Pontefice massimo (storia romana)|Pontefice massimo]] o [[tribuno della plebe]] ai loro magistrati nel nome di ''Roma aeterna'',<ref>Mazzarino, p. 543.</ref> ma assunsero anche la normale titolatura imperiale, coniando monete presso la zecca di [[Lione|Lugdunum]], aspirando all'unità con Roma e, cosa ben più importante, non pensando mai di marciare contro gli imperatori cosiddetti "legittimi" (come Gallieno, [[Claudio il Gotico]], [[Quintillo]] o [[Aureliano]]), che regnavano su Roma (vale a dire coloro che governavano l'Italia, le province africane occidentali fino alla [[Tripolitania]], le province danubiane e dell'area [[Penisola balcanica|balcaniche]]). Essi, al contrario, sentivano di dover difendere i [[limes romano#Da Adriano a Gallieno (117-268)|confini renani ed il litorale gallico]] dagli attacchi delle popolazioni [[germani]]che di [[Franchi]], [[Sassoni]] ed [[Alemanni]]. L{{'}}''Imperium Galliarum'' risultò, pertanto, una delle tre aree territoriali che permise di conservare a Roma la sua parte occidentale.<ref name=Rémondon82 />[[File:Impero romano 260.png|thumb|upright=1.4|L'[[Impero romano]] degli imperatori “legittimi” al centro, con l'[[Impero delle Gallie]] ad Occidente, il [[Regno di Palmira]] a Oriente, all'apice del periodo dell{{'}}''Anarchia militare'' (260-274).]]
La crisi economica aveva comportato una diversa suddivisione della società: dalle tre classi tradizionali dei senatori, dei cavalieri e dei [[Plebeo|plebei]]: senatori e cavalieri (grandi proprietari terrieri e militari, che disponevano della proprietà terriera e delle riserve di monete d'oro) erano confluiti nella classe privilegiata degli ''honestiores'', mentre artigiani e piccoli commercianti, toccati dalle difficoltà economiche e dalla svalutazione della moneta d'argento, erano confluiti nella classe degli ''humiliores'' che andava man mano perdendo i propri diritti. Benché anche nei secoli precedenti erano presenti profonde diseguaglianze economiche tra la popolazione dell'Impero, la peculiarità della crisi sociale del III secolo risiede nella legittimazione giuridica di questa situazione: pene diverse erano previste per ''honestiores'' e ''humiliores'', e le possibilità di scalata sociale erano fortemente ridotte rispetto a prima.
 
E se da un lato l'[[impero romano]] sembra abbia attraversato, sotto Gallieno uno dei periodi più "bui" della sua storia, questo imperatore rappresentò il punto di svolta nel tragico periodo della crisi del III secolo, che era seguito alla [[dinastia dei Severi]]. Non è un caso che proprio Gallieno sia stato il primo a regnare per quindici anni (sette con il padre ed otto da solo), cosa assai rara se si considera il primo periodo dell'anarchia militare (dal 235 al 253). Era, infatti, dai tempi di [[Settimio Severo]] (193-211) che un Imperatore romano non regnava tanto a lungo.
Sempre più spesso gli humiliores rinunciavano volontariamente per affidarsi alla protezione dei grandi proprietari terrieri ed evitare inoltre l'arruolamento forzoso nell'esercito. I piccoli artigiani e i commercianti liberi delle città, cominciarono a spostarsi verso le grandi proprietà della campagna, alla ricerca di cibo e di protezione. Molti di questi ex abitanti della città, così come molti piccoli coltivatori, furono costretti a rinunciare ai diritti basilari per ricevere la protezione dai grandi proprietari terrieri. Diventarono così una classe di cittadini semi-liberi noti come ''coloni '', legati alla terra e, grazie alle successive riforme imperiali, la loro posizione divenne ereditaria. Ciò fornì un primo modello per la [[servitù della gleba]], che avrebbe costituito la base della [[Feudalesimo|società feudale]] medioevale.
 
La vittoria di [[Claudio II il Gotico|Claudio il Gotico]] contro i [[Goti]] nella [[battaglia di Naisso]] del 268 fu una significativa svolta nella crisi. Con lui e il suo successore [[Aureliano]] (270-275) furono ripresi l'[[impero delle Gallie]] e il [[regno di Palmira]], che si erano staccati dall'Impero durante il Principato di [[Gallieno]]: l'impero romano era nuovamente riunito e le truppe di frontiera di nuovo al loro posto.<ref>Giuseppe Corradi, ''Gli imperatori romani'', p. 62.</ref><ref>Mazzarino, 568.</ref>
==La crisi urbana==
 
In conclusione, la crisi politico-militare fu caratterizzata almeno da tre conflitti: quello esterno, innescato dalle invasioni barbariche; quello interno, tra l'aristocrazia senatoria ed i comandanti militari; e quello nelle file dell'esercito tra generali, imperatori ed usurpatori.
L'insicurezza del territorio comportò anche un cambiamento nel carattere delle città: queste si erano ovunque sviluppate nei primi due secoli dell'impero e non avevano particolari esigenze difensive, mentre a partire dal III secolo si iniziò il cambiamento graduale e discontinuo che avrebbe portato dalle grandi città aperte dell'antichità alle più piccole città cinte da mura, comuni nel [[medioevo]]. Particolarmente significativa fu la nuova [[Mura aureliane|cinta muraria]] che l'imperatore [[Aureliano]] fece costruire intorno alla stessa [[Roma]], che dopo molti secoli era nuovamente minacciata dalle incursioni dei barbari. La stessa diminuzione del commercio indirizzava inoltre le città verso un sempre crescente isolamento.
 
L'[[anarchia militare]] durata 50 anni dimostrò la maggiore importanza dell'elemento militare che doveva difendere l'Impero rispetto al Senato che aveva ormai perso non solo autorità, ma anche autorevolezza. Gli imperatori ormai non provenivano più dai ranghi del Senato, ma erano i generali che avevano fatto carriera nell'esercito ed erano stati proclamati dai soldati, ottenendo il potere dopo aver combattuto contro altri comandanti. Con la riforma dell'esercito operata da [[Gallieno]] (260-268) il [[Senato (storia romana)|Senato]] di Roma finì per essere escluso non solo sostanzialmente, ma anche ufficialmente dal comando militare, in quanto l'imperatore decretò che le legioni potessero essere guidate anche da ''praefecti'' di rango [[ordine equestre|equestre]] (in precedenza il comando delle legioni era monopolio di ''legati'' di classe senatoria).
I grandi centri videro diminuire la propria popolazione: molti grandi proprietari si erano spostati nei loro possedimenti in campagna, diventati in larga misura autosufficienti e che tendevano a sfuggire al controllo dell'autorità centrale, e come si è visto, la crisi aveva attratto verso questi nuovi centri economici anche coloro che precedentemente trovavano la propria sussistenza nell'economia cittadina. La pressione fiscale aveva inoltre quasi del tutto cancellato quel ceto di funzionari cittadini, i [[Decurione|decurioni]], che ne garantivano l'amministrazione ed il legame a Roma.
 
=== Crisi demografica e territoriale ===
== Riforme di Diocleziano==
Dopo il primo assalto avvenuto durante l'epoca di [[Marco Aurelio]], un'altra pesantissima e ancor più devastante epidemia di peste colpì i territori dell'Impero nel ventennio 250-270. Si è calcolato che il morbo abbia mietuto milioni di vittime e che alla fine la popolazione dell'Impero fosse ridotta del 30 per cento, da 70 a 50 milioni di abitanti.<ref>Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004, p. 93.</ref> A tutto ciò si aggiunga che il prezzo da pagare per la sopravvivenza dell'Impero fu molto alto anche in termini territoriali. A partire infatti dal 260 gli Imperatori che si susseguirono dovettero abbandonare, in modo definitivo, i cosiddetti ''[[Agri decumates]]'' (sotto [[Gallieno]])<ref>Southern, p. 212-213.</ref> e l'intera provincia delle [[Dacia (provincia romana)|Tre Dacie]] (sotto [[Aureliano]], nel 271 circa),<ref>Southern, p. 226.</ref> oltre a perdere, seppure in via temporanea, la [[Mesopotamia (provincia romana)|provincia di Mesopotamia]], rioccupata solo con [[Galerio]] (verso la fine del III secolo).<ref>[[Agazia Scolastico]], ''Sul regno di Giustiniano'', IV, 24.3; {{cita|Grant|p. 231}}; ''[[Res gestae divi Saporis]]'', riga 25-34 da ''The American journal of Semitic languages and literatures'', University of Chicago, 1940, vol. 57-58, p. 379.</ref>
 
=== Crisi economica e commerciale ===
Le riforme volute da [[Diocleziano]] e i successi militari ottenuti, consentirono di ridare pace e sicurezza all'impero, che continuò in Occidente per altri due secoli e ancora per un millennio in Oriente. La [[tetrarchia]] tentò di introdurre un sistema di successione al trono imperiale che evitasse le lotte per la successione: vennero creati quattro imperatori, due augusti e due cesari, destinati a succedere ai primi come augusti e a scegliere quindi a loro volta i propri successori nominando dei nuovi cesari. La suddivisione dell'impero e lo spostamento delle sedi imperiali, trasferite da [[Roma]] in centri più vicini ai confini da difendere, e la riorganizzazione dell'esercito resero più efficaci le difese.
[[File:Edict on Maximum Prices Diocletian piece in Berlin.jpg|thumb|left|Lapide con parte del testo dell'[[editto sui prezzi massimi]] di [[Diocleziano]], al [[Pergamonmuseum]] di [[Berlino]].]]
 
L'economia dell'impero romano nei primi due secoli si era basata sulla conquista militare di nuovi territori e sullo sfruttamento [[Schiavitù|schiavistico]] delle campagne: in mancanza di nuove conquiste e dei bottini di guerra le spese dello Stato, sempre più impellenti per poter far fronte alle pressioni esterne, furono coperte con un progressivo aumento delle [[tassa]]zioni, proprio quando la diminuzione del numero di schiavi minava le possibilità economiche dei cittadini. Gradualmente la ricchezza, l'importanza politica, sociale, istituzionale e culturale si era livellata tra il centro e le province dell'Impero romano, sebbene con disparità ancora evidenti (in genere le province orientali erano economicamente più sviluppate di quelle occidentali). Per Roma e l'Italia questo ebbe conseguenze negative, poiché ivi la forza lavoro era costituita prevalentemente dagli [[Schiavitù nell'antica Roma|schiavi]], che venivano catturati durante le guerre. Sembra che se la situazione di pace dell'epoca degli Antonini avesse prodotto, per quanto riguarda la [[Roma (città antica)|Città eterna]] e molte regioni italiane, una crescita demografica di considerevoli proporzioni, nel contempo vi aveva causato un calo produttivo acuito da una sempre più agguerrita concorrenza delle province. Il reperimento di manodopera servile a basso costo, formata soprattutto da schiavi, non aveva fino ad allora rese necessarie particolari evoluzioni tecniche.
 
La pressione fiscale divenne insostenibile per molti piccoli proprietari, costretti a indebitarsi e quindi a vendere le proprie terre, per andare a lavorare in condizioni di semischiavitù sotto i grandi proprietari ([[colonato]]). Per questo fenomeno e per il calo demografico determinato dalle perdite umane nei numerosi conflitti, molte terre furono abbandonate e cessarono di essere produttive (fenomeno degli ''agri deserti'').<ref>Gli imperatori furono costretti, specialmente nelle province danubiane, a chiamare popolazioni barbariche per ripopolare le campagne.</ref> Le difficoltà di comunicazione in seguito ai numerosi conflitti avevano in diversi casi reso indispensabile la riscossione diretta delle tasse da parte dello stesso esercito, causando abusi e trasformandosi a volte in un vero e proprio diritto di saccheggio.
 
Lo spopolamento di intere regioni fu, inoltre, causato anche da elementi climatici e sociali: i contadini, infatti, non conoscevano la [[rotazione delle colture]] e via via che la terra diventava improduttiva si dovevano spostare verso altre aree. Si diffusero così i [[latifondo|latifondi]] scarsamente produttivi e il ceto dei contadini liberi si assottigliò, sostituito prima dagli schiavi e, successivamente, dai coloni affittuari. La scarsa capacità di acquisto delle classi subalterne impediva una qualsiasi crescita del mercato economico. Mancava inoltre qualsiasi politica di sussidi statali all'agricoltura e alle manifatture. Fin dalla riforma di Settimio Severo, i soldati romani vennero a costituire una casta (ereditaria) di privilegiati mentre gli altri, soprattutto gli agricoltori, si trovarono oberati da tasse. Di conseguenza in molti cercarono di abbandonare la terra per trasferirsi in città. Fin dalla fine del III secolo, e ancor più nel secolo successivo, lo Stato cercò di approntare una serie di meccanismi ed emanò alcune disposizioni legali tese a impedire l'abbandono della terra da parte dei contadini non proprietari che, a vario titolo, la coltivavano. Era nata la [[servitù della gleba]].
 
Mentre per questi fattori l'impero si andava gradualmente impoverendo, le situazioni ai confini si stavano facendo sempre più critiche, con richieste di tributi per sostenere la macchina militare che sempre con maggiori difficoltà venivano coperti. Le aree spopolate vennero in seguito concesse ad alcune popolazioni barbariche che per prime si stabilirono nell'Impero come ''[[Socii e Foederati|foederati]]''.
 
Le continue scorrerie da parte dei barbari nei vent'anni successivi alla fine della [[dinastia dei Severi]] avevano messo in ginocchio l'economia ed il commercio dell'[[Impero romano]]. Numerose fattorie e raccolti erano stati distrutti, se non dai barbari, da bande di briganti e dalle armate romane alla ricerca di sostentamento, durante le campagne militari combattute sia contro i nemici esterni, sia contro quelli interni ([[usurpatori romani|usurpatori]] alla porpora imperiale). La scarsità di cibo generava, inoltre, una domanda superiore all'offerta di derrate alimentari, con evidenti conseguenze [[Inflazione|inflazionistiche]] sui beni di prima necessità.<ref>Anche del 700-900% ({{cita|Ruffolo|p. 108).}}</ref> A tutto ciò si aggiungeva un costante reclutamento forzato di militari, a danno della manovalanza impiegata nelle campagne agricole, con conseguente abbandono di numerose fattorie e vaste aree di campi da coltivare. Questa impellente richiesta di soldati, a sua volta, aveva generato una implicita corsa al rialzo del prezzo per ottenere la porpora imperiale. Ogni nuovo imperatore o usurpatore era costretto, pertanto, ad offrire al proprio [[esercito romano|esercito]] crescenti donativi e paghe sempre più remunerative, con grave danno per l{{'}}''[[aerarium]]'' imperiale,<ref name="Horst1987p25">E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 25.</ref> spesso costretto a coprire queste spese straordinarie con la confisca di enormi patrimoni di cittadini privati, vittime in questi anni di [[proscrizione|proscrizioni]] "di parte".<ref>Alaric Watson, ''Aurelian and the Third Century'', p. 11-13.</ref>
 
La crisi era aggravata, inoltre, dall'[[iperinflazione]] causata da anni di [[svalutazione]] della [[moneta]].<ref>E. Horst (''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 25) calcola che, se ipotizziamo un indice dei prezzi pari a 100 punti all'inizio del II secolo, attorno alla sua metà (150-160) l'indice dei prezzi si attestò attorno ai 160 punti, avendo un'impennata all'avvento al potere di Diocleziano con 4.000 punti.</ref> Questa si era resa necessaria già sotto gli imperatori della dinastia dei Severi, che per far fronte alle necessità militari avevano ampliato l'esercito di un quarto e raddoppiata la paga base.<ref>Il bilancio militare all'inizio del III secolo era salito a tre miliardi di sesterzi, pari al 75% della spesa pubblica, che a sua volta contava per il 20% del Pil. ({{Cita|Ruffolo|p. 85}}).</ref> Le spese militari costituivano poi il 75% circa del bilancio totale statale, in quanto poca era la spesa "sociale", mentre tutto il resto era utilizzato in progetti di prestigiose costruzioni a [[Roma (città antica)|Roma]] e nelle [[province romane|province]]; a ciò si aggiungeva un sussidio in grano per coloro che risultavano disoccupati, oltre ad aiuti al proletariato di Roma (''[[congiaria]]'') e sussidi alle famiglie italiche (simile ai moderni [[assegni familiari]]) per incoraggiarle a generare più figli.<ref name="Duncan-Jones 1994 35">Duncan-Jones (1994), p. 35.</ref>
 
{| border=1 cellspacing=0 align=center style= "border-collapse: collapse; text-align:left; "
|- style= "background: #ABCDEF; text-align:center; "
! colspan = 6 |COSTO DELL'ESERCITO COME % SUL [[PIL]] DELL'IMPERO ROMANO
|- style= "background: #eee; text-align:center; vertical-align: top; "
! width="15%" | Data
! width="20%" | Impero popolazione
! width="15%" | Impero PIL<br />(milioni di ''denarii'')<sup>(a)</sup>
! width="20%" | [[Esercito romano|Effettivi esercito]]
! width="15%" | Costo dell'esercito<br />(milioni di ''denarii'')<sup>(a)</sup>
! width="15%" | Costo dell'esercito (% del PIL)
|-
|<div align="center">14</div>
|<div align="center">46 milioni<ref>CAH XI, p. 812</ref></div>
|<div align="center">5.000<ref>Scheidel & Friesen (2009), p. 7</ref></div>
|<div align="center">260.000</div>
|<div align="center">123<ref>Duncan-Jones (1994), p. 36</ref></div>
|<div align="center">'''2.5%'''</div>
|-
|<div align="center">150</div>
|<div align="center">61 milioni<ref name="CAH XI 814">CAH XI, p. 814</ref></div>
|<div align="center">6.800<sup>(b)</sup></div>
|<div align="center">383.000</div>
|<div align="center">194<sup>(c)</sup></div>
|<div align="center">'''2.9%'''</div>
|-
|<div align="center">215</div>
|<div align="center">50 milioni<sup>(d)</sup></div>
|<div align="center">5.435<sup>(b)</sup></div>
|<div align="center">442.000</div>
|<div align="center">223<sup>(c)</sup></div>
|'<div align="center">'''4.1%'''</div>
|- style= "background: #ABCDEF; text-align:center; "
|-
| colspan = 6 |<div style="font-size: smaller">
'''Note''':<br />
(a) Valore costante al 14 espresso in ''denarii'', slegato da aumenti della paga militare per compensare la svalutazione monetaria<br />
(b) nell'ipotesi di una crescita trascurabile del PIL pro capite (normale per un'economia agricola)<br />
(c) Duncan-Jones costi degli anni 14-84 costi, inflazionati dall'aumento dell'esercito, assumendo anche bonus pagati agli ausiliari dopo l'84<br />
(d) assumendo un declino del 22.5% nella popolazione, dovuto alla [[peste antonina]] degli anni 165-180 (media tra il 15-30%)<ref>Stathakopoulos (2007), 95</ref><br />
</div>
|}
 
Gli imperatori successivi, il cui potere dipendeva interamente dall'esercito, erano costretti a continue nuove emissioni per pagare i soldati ed effettuare i tradizionali donativi: il metallo effettivamente presente nelle monete si ridusse progressivamente, pur conservando queste lo stesso valore teorico. Ciò ebbe l'effetto prevedibile di causare un'inflazione galoppante e quando Diocleziano arrivò al potere il sistema monetario era quasi al collasso: persino lo Stato pretendeva il pagamento delle tasse in natura invece che in moneta e il [[denario]], la tradizionale moneta d'argento, usata per più di 300 anni, era poco apprezzata. Sappiamo infatti che, sotto [[Cesare]] ed [[Augusto]], il denario aveva un peso teorico di circa 1/84 di [[libbra]], ridotto da [[Nerone]] a 1/96 (pari ad una riduzione del peso della lega del 12,5%). Contemporaneamente, oltre alla riduzione del suo peso, vi era anche una riduzione del suo [[Titolo (numismatica)|titolo]] (% di argento presente nella lega), che passò dal 97-98% dell'epoca augustea al 93,5% (per una riduzione complessiva del solo argento del 16,5% ca).<ref>A.Savio, ''Monete romane'', pp. 171 e 329.</ref>
 
Il denario, infatti, continuò il suo declino durante tutto l'impero di [[Commodo]] e di [[Settimio Severo]], tanto da vedere ridotto il proprio ''titolo'' a meno del 50% di argento.<ref name="Savio184"/> Con la [[riforma monetaria di Caracalla]], venne introdotto, a fianco del [[denario]] e poi in sua sostituzione, l'[[antoniniano]] (all'inizio del 215), completamente d'argento, più grande del denario, e per differenziarlo da quest'ultimo presentava l'imperatore che indossava una [[corona radiata (impero romano)|corona radiata]] (non invece una [[corona d'alloro]], come sul denario), indicando così il suo valore doppio (come nel [[dupondio]], che valeva due [[asse (moneta)|assi]]).
 
Anche se di valore doppio del denario l'antoniniano non pesò mai più di 1,6 volte il peso del denario. Il denario continuò ad essere emesso accanto all'antoniniano, ma durante la metà del III secolo fu rapidamente svalutato per far fronte al permanente stato di guerra del periodo. Attorno al 250 conteneva ancora il 30-40% di argento, una decina d'anni più tardi ne conteneva solo il 5%, mentre il restante 95% era di rame.<ref name="Savio197">A.Savio, ''Monete romane'', p. 197.</ref> Vi è da aggiungere che se inizialmente il rapporto con l'[[aureo]] era di 25:1 (un aureo = 25 antoniniani) o forse di 50:1, al tempo di [[Aureliano]] giunse addirittura a 800:1.<ref name="Savio197"/>
 
{| border=1 cellspacing=0 align=center style= "border-collapse: collapse; text-align:left; "
|- style= "background: #ABCDEF; text-align:center; "
! colspan = 10 |Peso teorico dei Denari: da Cesare alla riforma di Aureliano (274)
|- style= "background: #eee; text-align:center; vertical-align: top; "
! width="10%" | [[Denario]]
! width="10%" | [[Cesare]]
! width="10%" | [[Augusto]]<br />(''post'' 2 a.C.)
! width="10%" | [[Nerone]]<br />(''post'' 64)
! width="10%" | [[Traiano]]
! width="10%" | [[Marco Aurelio]]<br />(''post'' 170)
! width="10%" | [[Commodo]]
! width="10%" | [[Settimio Severo]] (''post'' 197<ref name="Savio184">A.Savio, ''Monete romane'', p. 184.</ref>)
! width="10%" | [[Caracalla]]<br />(''post'' 215)
! width="10%" | [[Aureliano]]<br />(''post'' 274)
|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico (della [[Lega (metallurgia)|lega]]): in [[libbra|libbre]] (=327,168 grammi)
|<div align="center">1/84</div>
|<div align="center">1/84</div>
|<div align="center">1/96</div>
|<div align="center">1/99</div>
|<div align="center">1/100</div>
|<div align="center">1/111</div>
|<div align="center">1/111</div>
|<div align="center">1/105</div>
|<div align="center">1/126</div>
|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico (della [[Lega (metallurgia)|lega]]): in grammi
|<div align="center">3.895 grammi</div>
|<div align="center">3.895 grammi</div>
|<div align="center">3.408 grammi</div>
|<div align="center">3.305 grammi<ref name="Belloni258">Gian Guido Belloni, ''La moneta romana'', p.258.</ref></div>
|<div align="center">3.272 grammi</div>
|<div align="center">2.947 grammi<ref name="Belloni257">Gian Guido Belloni, ''La moneta romana'', p.257.</ref></div>
|<div align="center">2.947 grammi</div>
|<div align="center">3.116 grammi<ref name="Belloni261">Gian Guido Belloni, ''La moneta romana'', p.261.</ref></div>
|<div align="center">2.597 grammi<ref name="Savio200">A.Savio, ''Monete romane'', p. 200.</ref></div>
|- style= " vertical-align: top;"
|% del [[Titolo (numismatica)|titolo]] di solo [[argento]]:
|<div align="center">98%</div>
|<div align="center">97%</div>
|<div align="center">93,5%<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">89,0%<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">79,0%<ref name="TulaneUniversity">{{Cita web |url=http://www.tulane.edu/~august/handouts/601cprin.htm |titolo=Tulane University "Roman Currency of the Principate" |accesso=2 dicembre 2011 |dataarchivio=10 febbraio 2001 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20010210220413/http://www.tulane.edu/~august/handouts/601cprin.htm |urlmorto=sì }}</ref></div>
|<div align="center">73,5%<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">58%<ref name="Belloni260">Gian Guido Belloni, ''La moneta romana'', p.260.</ref></div>
|<div align="center">46%<ref name="Belloni261"/></div>
|<div align="center">2,5%<ref name="Savio200"/></div>
|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico ([[argento]]): in grammi
|<div align="center">3,817 grammi</div>
|<div align="center">3,778 grammi</div>
|<div align="center">3,186 grammi</div>
|<div align="center">2,941 grammi</div>
|<div align="center">2,570 grammi<ref name="TulaneUniversity"/></div>
|<div align="center">2.166 grammi</div>
|<div align="center">1.710 grammi</div>
|<div align="center">1,433 grammi</div>
|<div align="center">0,065 grammi</div>
|-
|}
 
Contemporaneamente l'[[aureo]], era passato nel tempo, da un peso teorico di 1/40 di [[libbra]] (epoca di [[Cesare]]) a 1/45 (sotto Nerone, con una svalutazione dell'11%) per raggiungere sotto Caracalla un peso di 1/50 di libbra (6,54 g). Nel corso poi di tutto il III secolo la svalutazione era continuata fino a [[Diocleziano]] (1/60 di libbra, pari a 5,45 grammi<ref name="Belloni265">Gian Guido Belloni, ''La moneta romana'', p.265.</ref>), seppure vi fosse stato un correttivo da parte di [[Aureliano]]<ref name="Savio206"/> il quale, attraverso la [[riforma monetaria di Aureliano|sua riforma]] del 274, aveva riportato il peso dell'[[aureo]] ad 1/50 di libbra.<ref name="Savio198"/> La corsa però alla svalutazione era continuata, tanto che al tempo di [[Marco Aurelio Caro]], il peso dell'aureo era stato ridotto fino ad 1/70 (come dimostra la lettera greca "O" stampata su alcune monete, equivalente al numero 70<ref>[[Roman Imperial Coinage|RIC]], V/2, 316 e 317.</ref>).<ref name="Savio206">Adriano Savio, ''Monete romane'', p.206.</ref>
 
{| border=1 cellspacing=0 align=center style= "border-collapse: collapse; text-align:left; "
|- style= "background: #ABCDEF; text-align:center; "
! colspan = 14 |Peso teorico degli Aurei: da Cesare alla riforma di Diocleziano (294-301)
|- style= "background: #eee; text-align:center; vertical-align: top; "
! width="8%" | [[Aureo]]
! width="7%" | [[Cesare]]
! width="7%" | [[Augusto]]<br />(''post'' 2 a.C.)
! width="7%" | [[Nerone]]<br />(''post'' 64)
! width="7%" | [[Domiziano]]<br />(82<ref name="Savio331">A.Savio, ''Monete romane'', p. 331.</ref>)
! width="7%" | Domiziano<br />(85<ref name="Savio331"/>)
! width="7%" | [[Traiano]]<ref name="Savio331"/>
! width="7%" | [[Settimio Severo]]<ref name="Savio331"/>
! width="7%" | [[Caracalla]]<br />(''ante'' 215)
! width="7%" | Caracalla<br />(''post'' 215)
! width="7%" | [[Aureliano]]<br />(''ante'' 274)
! width="7%" | Aureliano<br />(''post'' 274<ref name="Savio198">A.Savio, ''Monete romane'', p. 198.</ref>)
! width="7%" | [[Marco Aurelio Caro|Caro]]
! width="7%" | [[Diocleziano]]
 
|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico:<br />in libbre<br />(=327,168 grammi)
|<div align="center">1/40</div>
|<div align="center">1/42</div>
|<div align="center">1/45</div>
|<div align="center">(1/42.2)</div>
|<div align="center">(1/43.3)</div>
|<div align="center">(1/44.8)</div>
|<div align="center">(1/45.4)</div>
|<div align="center">(1/43.9)</div>
|<div align="center">1/50</div>
|<div align="center">1/60</div>
|<div align="center">1/50</div>
|<div align="center">1/70</div>
|<div align="center">1/60</div>
 
|- style= " vertical-align: top;"
|Peso teorico:<br />in grammi
|<div align="center">8.179 g </div>
|<div align="center">7.790 g </div>
|<div align="center">7.270 g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.750 g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.550 g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.300 g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.200 g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">7.450 g<ref name="Savio331"/></div>
|<div align="center">6.543 g </div>
|<div align="center">5.453 g </div>
|<div align="center">6.543 g </div>
|<div align="center">4.674 g </div>
|<div align="center">5.453 g </div>
|-
|}
 
A tutto ciò aggiungiamo che nei primi due secoli dell'età imperiale, l'acquisto di enormi quantità di prodotti di lusso provenienti dalle regioni asiatiche era stato regolato con monete, soprattutto d'argento (monete romane sono state trovate anche in regioni molto lontane), tanto che la continua fuoriuscita di metallo prezioso (non bilanciata dalla produzione delle miniere, visto che i giacimenti erano ormai in esaurimento dopo secoli di sfruttamento) finì per determinare nel Tardo Impero una rarefazione dell'oro e dell'argento all'interno dei confini imperiali, accelerando così la perversa spirale di diminuzione della quantità effettiva di metallo prezioso nelle monete coniate dai vari imperatori.<ref>Una libbra d'oro (circa 322 grammi), equivalente a 1125 denarii d'argento alla fine del II secolo, ne valeva 50 000 al tempo di Diocleziano (Arnaldo Momigliano, ''Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico'', Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1980, p. 637).</ref>
 
Inoltre l'instabilità politica ebbe pesantissimi effetti anche sui traffici commerciali. Ecco come lo storico Henry Moss descrive la situazione dei trasporti e della rete commerciale dell'Impero prima della crisi:
{{Citazione| Attraverso queste strade passava un traffico sempre crescente, non soltanto di truppe e funzionari, ma di commercianti, mercanzie e perfino di turisti. Lo scambio di merci fra le varie province si era sviluppato rapidamente, e presto raggiunse una scala senza precedenti nella storia, che non si ripeté fino a pochi secoli fa. I metalli estratti nelle regioni montagnose dell'Europa occidentale, pelli, panni e bestiame dai distretti pastorali della Britannia, Spagna e dai mercati del Mar Nero, vino ed olio dalla Provenza e dall'Aquitania, legname, pece e cera dalla Russia meridionale e dal nord dell'Anatolia, frutta secca dalla Siria, marmo dai litorali egei e - il più importante di tutti - grano dai distretti dell'Africa del nord, dell'Egitto e della valle del Danubio per i bisogni delle grandi città; tutti questi prodotti, sotto l'influenza di un sistema altamente organizzato di trasporto e vendita, si muovevano liberamente da un angolo all'altro dell'Impero.|H. St. L. B. Moss, ''The Birth of the Middle Ages'' p 1.}}
 
Con la crisi del III secolo questa ampia rete commerciale fu rotta. L'agitazione civile e i conflitti la resero non più sufficientemente sicura per permettere ai commercianti di viaggiare come prima e la crisi monetaria rese gli scambi molto difficili. Ciò produsse profondi cambiamenti che proseguirono fino all'età [[Medioevo|medioevale]]. I grandi latifondisti, non più in grado di esportare con successo i loro raccolti sulle lunghe distanze, cominciarono a produrre cibi per la sussistenza e per il baratto locale. Piuttosto che importare i prodotti, cominciarono a produrre molti beni localmente, spesso sulle loro stesse proprietà di campagna, dove tendevano a rifugiarsi per sfuggire alle imposizioni dello Stato a carico dei cittadini. Nacque in tal modo una "economia domestica" autosufficiente che sarebbe diventata ordinaria nei secoli successivi, raggiungendo la sua forma finale in età medioevale.
 
=== Crisi sociale ===
La crisi economica aveva comportato una diversa suddivisione della società: dalle tre classi tradizionali dei [[ordine senatorio|senatori]], dei [[ordine equestre|cavalieri]] e dei [[Plebeo|plebei]]: senatori e cavalieri (grandi proprietari terrieri e militari, che disponevano della proprietà terriera e delle riserve di monete d'oro) erano confluiti nella classe privilegiata degli ''[[honestiores]]'', mentre artigiani e piccoli commercianti, toccati dalle difficoltà economiche e dalla svalutazione della moneta d'argento, erano confluiti nella classe degli ''[[humiliores]]'' che andava man mano perdendo i propri diritti. Benché anche nei secoli precedenti fossero presenti profonde diseguaglianze economiche tra la popolazione dell'Impero, la peculiarità della crisi sociale del III secolo risiede nella legittimazione giuridica di questa situazione: pene diverse erano previste per ''honestiores'' e ''humiliores'', e le possibilità di scalata sociale erano fortemente ridotte.
 
Sempre più spesso gli ''humiliores'' rinunciavano volontariamente alle proprie libertà per affidarsi alla protezione dei grandi proprietari terrieri ed evitare inoltre l'arruolamento forzato nell'esercito. I piccoli artigiani e i commercianti liberi delle città, cominciarono a spostarsi verso le grandi proprietà della campagna, alla ricerca di cibo e di protezione. Molti di questi ex abitanti della città, così come molti piccoli coltivatori, furono costretti a rinunciare ai diritti basilari per ricevere la protezione dai grandi proprietari terrieri. Diventarono così una classe di cittadini semi-liberi noti come ''coloni '', legati alla terra e, grazie alle successive riforme imperiali, la loro posizione divenne ereditaria. Ciò fornì un primo modello per la [[servitù della gleba]], che avrebbe costituito la base della [[Feudalesimo|società feudale]] medioevale.
 
=== Crisi religiosa ===
{{vedi anche|Religione romana}}
 
La crisi della religione romana, intesa come [[politeismo]] [[antica Grecia|greco]]-[[civiltà romana|romano]], intensificò i suoi effetti in età [[Impero romano|imperiale]]. Questo politeismo non pretendeva che gli abitanti dell'Impero fossero obbligati a venerare esclusivamente il [[pantheon]] degli [[divinità romane|dèi romani]]. Fin dai tempi di Giulio Cesare e dei suoi rapporti con i culti druidici dei Galli, al tempo della Conquista della Gallia, l'amministrazione romana era solitamente tollerante in campo religioso, per cui vi fu spazio per culti provinciali e anche stranieri. Unica condizione era che non mettessero in pericolo l'unità imperiale. Fu così che, soprattutto da Oriente, si riversarono sull'Occidente romano e quindi sull'[[Italia romana|Italia]] e [[Roma (città antica)|Roma]] una notevole quantità di [[Religioni misteriche|culti misterici]],<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 27.</ref> quali quelli di [[Cibele]] (la "Grande Madre" dalla [[Frigia]]), [[El-Gabal]] (da [[Emesa]], a cui fu devoto lo stesso imperatore [[Eliogabalo]]), [[Iside]] e [[Osiride]] (dall'[[Egitto (provincia romana)|Egitto]]), [[Mitra (divinità)|Mitra]] (dalla [[Persia]]), quest'ultimo che raccolse numerosi seguaci negli [[castrum|accampamenti]] [[esercito romano|militari]] e nel quale si ravvisava l'invitto dio della luce, il ''[[Sol invictus]]''<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 28.</ref> (che ebbe tra i seguaci gli imperatori [[Aureliano]], [[Marco Aurelio Probo|Probo]], [[Diocleziano]] e lo stesso [[Costantino I]]<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 31.</ref>).
 
Secondo una interpretazione storica che pone attenzione alla reazione psicologica delle popolazioni rispetto alla fede religiosa, con il tempo le nuove religioni assunsero sempre più importanza per le loro caratteristiche [[escatologia|escatologiche]] e [[soterica|soteriologiche]] in risposta alle insorgenti esigenze della religiosità dell'individuo, al quale la vecchia religione non offriva che riti vuoti di significato. Sempre secondo questa interpretazione storica la critica alla religione tradizionale veniva anche dalle correnti [[filosofia|filosofiche]] dell'[[Ellenismo]], che fornivano risposte intorno a temi propri della sfera religiosa, come la concezione dell'anima e la natura degli dèi.
Nella congerie [[sincretismo|sincretistica]] dell'impero del [[III secolo]], permeata da dottrine [[neoplatonismo|neoplatoniche]] ([[Plotino]]), [[gnosticismo|gnostiche]], [[Orfismo|orfiche]] e misteriche ([[misteri eleusini]] che trovò seguaci prima in [[Adriano]] e poi in [[Gallieno]]<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 30.</ref>), fece la sua comparsa il [[Cristianesimo]]. La religione cristiana, opponendosi al potere [[Tetrarchia di Diocleziano|tetrarchico]] che pretendeva che [[culto imperiale|tutti i sudditi riconoscessero nell'imperatore il loro "signore e dio"]] (''dominus et deus''),<ref>Aurelio Vittore, ''Caesares'', 39.2-4; Eutropio, IX, 26; [[Eumenio]], ''[[Panegyrici latini]]'', V, 11; [[Lattanzio]], ''[[De mortibus persecutorum]]'', 8 e 52.3; [https://www.archive.org/stream/xiipanegyricila02baehgoog/xiipanegyricila02baehgoog_djvu.txt Panegyrici latini, II, XI, 20].</ref> subì [[Persecuzione di Diocleziano|pesanti persecuzioni]] al tempo di [[Diocleziano]] (dal 303), generando nuove tensioni sociali. Il rifiuto del culto pubblico e del conseguente sacrificio all'imperatore (con conseguente rifiuto del servizio militare e degli impieghi pubblici) minava così, fin dalle fondamenta, l'ordinamento politico-religioso romano.<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, pp. 36-38.</ref> Del resto la "minoranza cristiana", secondo alcune stime di storici moderni, al tempo della giovinezza di Costantino (fine del III secolo), poteva già contare su 7-15 milioni di fedeli su una popolazione complessiva di 50 milioni. Fu il peggiore errore commesso da Diocleziano nei vent'anni del suo governo, trucidando inutilmente migliaia di innocenti.<ref>E. Horst, ''Costantino il grande'', Milano 1987, p. 41.</ref> Secondo un'altra interpretazione storica che non vede la religione come un compartimento stagno rispetto al resto dell'evoluzione storica, ma come un fattore importante di tutto il contesto sociale antico, i cambiamenti religiosi del terzo secolo furono fra i più importanti, se non i più importanti, quali motore di cambiamento e quindi conseguentemente di crisi del mondo romano.
 
Le campagne militari contro i Parti combattute dagli Imperatori erano dettate da esigenze strategiche di controllo dell'area e anche da esigenze politiche, per perpetuare l'affermazione del potere imperiale romano. Ma erano anche l'inseguimento della scia di Alessandro Magno, che potremmo dire quasi la totalità degli Imperatori ebbero a modello; il sovrano macedone proprio combattendo contro i Persiani era diventato un mito quasi al pari di Ercole e gli Imperatori Romani intendevano emularlo. Alessandro Magno aveva sempre unito le funzioni militari a quelle religiose e sacerdotali officiando personalmente i riti. Ben lontani dalla idea del sovrano macedone di una fusione di popoli, Roma inseguiva nell'area una politica di potenza, molto dispendiosa e infruttuosa, come manifestarono le [[Guerre romano-partiche]].
 
Vittorioso contro i Parti risultò essere l'Imperatore [[Settimio Severo]] che divenne generale romano ma apparteneva a una famiglia di [[re]]-[[sacerdoti]] che risiedevano a [[Emesa]], città santa e capitale del culto del Dio solare [[El-Gabal]]. Saccheggiata [[Ctesifonte]], capitale dei Parti, Settimio Severo tornò a Roma, portando con sé la [[Legio II Parthica]], la seconda delle tre legioni che aveva formato in Siria ovvero: [[Legio I Parthica]], [[Legio II Parthica]] e [[Legio III Parthica]], fedeli a lui e al dio solare El-Gabal.
 
Durante il secolo d'oro del [[Principato adottivo]] il mondo romano aveva abbracciato le idee principali della [[filosofia greca]], non seguendo una particolare corrente, ma secondo l'[[eclettismo]], ovvero raccogliendo all'interno di essa alcune idee principali. Queste vedevano l'uomo al centro dell'universo secondo l'ideale della [[humanitas]] classica, conseguentemente giungeva a interrogarsi sul ruolo degli Dei negli affari umani e a mettere in dubbio la loro stessa esistenza. La [[dinastia dei Severi]] portò questo culto dall'Oriente fino a Roma, anche se si trattava dell'Imperatore che aveva vinto una guerra civilee sconfitto i Persiani emulando Alessandro Magno dovettero esservi delle resistenze. Prevedendole, o comunque per consolidare il proprio potere Settimio Severo portò con sé a Roma la II Legio Parthica, facendola risiedere nei [[Castra Albana]], sui [[Colli Albani]]. Da Roma il culto del Dio adorato dall'Imperatore e dai suoi soldati ebbe modo di diffondersi, specialmente nei ranghi dell'esercito, al comando del quale venivano scelti adoratori del Dio Solare che dal nome siriaco [[El-Gabal]] prese ben presto quello romanizzato di [[Sol Invictus]], il Sole invincibile, il cui primo adoratore, vicario e sacerdote era l'Imperatore stesso. Non tutte le legioni si convertirono al nuovo culto, e la discriminazione nella scelta dei comandi volta a escludere questi ultimi dovette alienare le simpatie di tutti costoro al giovane e ultimo discendente di Settimo Severo, [[Severo Alessandro]]. Questi venne assassinato dal suo successore, [[Massimino il Trace]] nel 235. Questo è l'anno in cui viene fatta iniziare di solito l'[[anarchia militare]]. Secondo questa interpretazione storica essa non fu altro che il ribellarsi di quella parte di società romana che non voleva soggiacere al culto solare orientale dopo trenta anni di dominio di questa.
 
Le legioni fedeli al successore dei Severi, [[Massimino il Trace]], stanziate nei confini più occidentali, sul Reno e sul Danubio non seguivano a quel tempo il culto solare, mentre sicuramente era già presente una forte componente barbarica in quegli eserciti, i quali preferivano dunque la politica tollerante e con termine moderno diremmo affine all'[[agnosticismo]] degli imperatori del secolo precedente, ovvero quello del [[Principato adottivo]]. Massimino il Trace perse la guerra e la vita contro [[Gordiano I]] e [[Gordiano II]], i quali avevano i comandi e l'appoggio dell'Africa romana regione di provenienza di [[Settimio Severo]], ove il culto del Dio solare era invece già diffuso. Sotto il loro discendente [[Gordiano III]] il problema dei barbari sui confini si fece molto più pressante che in passato, esigendo dunque eserciti fedeli e coesi. Sia [[Filippo l'Arabo]] che il suo successore [[Decio]] sono generali dell'esercito di Gordiano III, fedeli al dio solare, che pur non pretendendo esclusiva devozione, e quindi non configurandosi come un [[monoteismo]], prendeva senz'altro il primo posto nel Pantheon dell'Impero Romano. È significativo che proprio sotto Decio cominciarono le persecuzioni contro il [[cristianesimo]].
 
Mentre il cristianesimo si stava diffondendo, alla morte di Decio si verificarono due anni di anarchia militare e solo nel 253 salì al trono [[Gallieno]]. Avvenne sotto di lui il distacco dell'[[Impero delle Gallie]], che può essere interpretato come la resistenza contro il diffondersi del culto solare delle legioni stanziate ai confini nord, come già era accaduto con Massimino il Trace. Mentre il distacco del [[Regno di Palmira]] oltre alle vicende della guerra contro i Parti risiede proprio nel rapporto fra culto solare e funzione dell'Imperatore come sacerdote tramite fra il Dio e i soldati e il resto dell'Impero. [[Emesa]], oggi Homs, in Siria, fu la città sacra al culto di El-Gabal, da cui provenivano le sacerdotesse mogli, suocere figlie e cognate di Settimio Severo, che ebbero un ruolo determinate durante tutti i quasi quaranta anni di perdurare della dinastia. È significativo che la regina di Palmira [[Zenobia]], giunta a controllare tutto il vicino Oriente Romano, avuta notizia dell'arrivo di [[Aureliano]] si recasse propria a Emesa a cercare sia i rinforzi militari che la benedizione divina. Venne tuttavia sconfitta da [[Aureliano]], il quale si accreditò così come re-sacerdote e unico tramite fra il Dio e gli uomini. L'anno successivo riuscì a riunificare completamente l'Impero sconfiggendo anche gli Imperatori del secessionista [[Imperium Galliarum]] nel quale pure si era ormai diffuso il culto. A Roma [[Aureliano]] continuò a sostenere il culto del [[Sol Invictus]] e sembra che sotto di lui si iniziasse a festeggiarne il compleanno il 25 dicembre di ogni anno.
 
Diocleziano salì al trono imperiale nove anni dopo la morte di Aureliano, durante i quali si susseguirono scontri fra imperatori eletti dalle proprie legioni e incursioni barbare. L'impero era fiaccato religiosamente oltre che militarmente. Nel 287 circa Diocleziano assunse il titolo di Iovius, [[Massimiano]] che aveva il titolo di [[cesare]] quello di Herculius. Il titolo doveva probabilmente richiamare alcune caratteristiche del sovrano da cui era usato: a Diocleziano, associato a Giove, era riservato il ruolo principale di pianificare e comandare; Massimiano, assimilato ad Ercole, avrebbe avuto il ruolo di eseguire "eroicamente" le disposizioni del collega. Malgrado queste connotazioni religiose, gli imperatori non erano "divinità", in accordo con le caratteristiche del culto imperiale romano, sebbene potessero essere salutati come tali nei panegirici imperiali; erano invece visti come rappresentanti delle divinità, sacerdoti e vicari incaricati di eseguire la loro volontà sulla terra. Diocleziano proseguì l'opera di [[Settimio Severo]], volta a elevare la dignità imperiale al di sopra del livello umano e della tradizione romana come da impulso della propria moglie, la sacerdotessa di El-Gabal [[Giulia Domna]].
 
Vennero emanate leggi che rendevano l'Imperatore una figura ieratica e intoccabile. I Cristiani non potevano accettare che un uomo si elevasse da solo al rango di divinità, con un semplice atto di legge. L'intensa attività di persecuzione che ne seguì probabilmente ha un duplice profilo: ricompattare l'esercito, ormai quasi del tutto devoto al [[Sol Invictus]] contro un comune nemico ed evitare che nuove divisioni religiose fagocitassero le risorse dell'impero come nel secolo precedente. Il reato di lesa maestà comportò la pena di morte. Anche a coloro che circondavano l'imperatore fu attribuita una dignità sacrale: il palazzo divenne sacrum palatium e i consiglieri sacrum consistorium. Le riunioni fra l'Imperatore e il Senato romano, erano state, seppure senza riconoscimenti legali formali, il luogo del confronto fra la minoranza più ricca e potente dell'Impero, i Senatori, e il comandante delle truppe che quel potere assicurava. A seconda dell'Imperatore e del momento storico poteva esservi una netta preminenza dell'Imperatore, oppure il dialogo di un primus inter pares. Ma ora il sacrum consistorium, il consiglio del principe ove tutti dovevano restare ieraticamente fermi, nel rispetto di queste nuove qualificazioni monarchico-divine, con un preciso cerimoniale di corte che comprendeva le insegne e le vesti dell'imperatore fu il segnale del mutamento.
 
Al posto della solita porpora, Diocleziano indossò abiti di seta ricamati d'oro, calzature ricamate d'oro con pietre preziose. Il suo trono poi si elevava dal suolo del sacrum palatium di Nicomedia. Veniva venerato come un dio da parenti e dignitari attraverso la proschinesi, una forma di adorazione in ginocchio, ai piedi del sovrano, la stessa a essere già stata pretesa da Alessandro Magno una volta autoproclamatosi erede dei sovrani persiani. Questa sacralità della figura imperiale proseguirà anche nel [[IV secolo]] nonostante l'affermarsi del [[Cristianesimo]] e la conseguente definitiva rottura e dissoluzione dell'Impero e si trasferirà nei sovrani dell'[[Impero Bizantino]] a Oriente e nel [[Papa]] a Occidente.
 
=== Crisi urbana ===
[[File:Rome antique (larousse modf).jpg|thumb|upright=1.4|[[Roma (città antica)|Roma]] e il perimetro delle [[mura aureliane]] a difesa della capitale dell'[[Impero romano]].]]
 
L'insicurezza del territorio comportò anche un cambiamento nel carattere delle città: queste si erano ovunque sviluppate nei primi due secoli dell'impero e non avevano particolari esigenze difensive, mentre a partire dal III secolo iniziò il cambiamento graduale e discontinuo che avrebbe portato dalle grandi città aperte dell'antichità, alle più piccole città cinte da mura, comuni nel [[medioevo]]. Particolarmente significativa fu la nuova [[Mura aureliane|cinta muraria]] che l'imperatore [[Aureliano]] fece costruire intorno alla stessa [[Roma (città antica)|Roma]], che dopo molti secoli era nuovamente minacciata dalle incursioni dei barbari. La costruzione delle [[Mura Aureliane|mura]] iniziò probabilmente nel 271 e si concluse dopo soli due anni, anche se la definitiva rifinitura avvenne verso il 280, sotto l'imperatore [[Marco Aurelio Probo|Probo]]. Il progetto era improntato sulla massima velocità di realizzazione e semplicità strutturale, oltre, ovviamente, ad una garanzia di protezione e sicurezza. Queste caratteristiche fanno pensare che un ruolo non secondario, almeno nella progettazione, sia stato rivestito da esperti militari. E d'altra parte, poiché all'epoca gli unici nemici che potevano rappresentare qualche pericolo non erano in grado di compiere molto più che qualche razzia, un muro con robuste porte ed un camminamento di ronda poteva ritenersi sufficiente. Comunque nessun nemico assediò le mura prima dell'anno 408.
 
La stessa diminuzione del commercio indirizzava inoltre le città verso un sempre crescente isolamento. I grandi centri videro diminuire la propria popolazione: molti grandi proprietari si erano spostati nei loro possedimenti in campagna, diventati in larga misura autosufficienti e che tendevano a sfuggire al controllo dell'autorità centrale; la crisi aveva attratto, come si è visto, verso questi nuovi centri economici anche coloro che precedentemente trovavano la propria sussistenza nell'economia cittadina. La pressione fiscale aveva inoltre quasi del tutto cancellato quel ceto di funzionari cittadini, i [[Decurione|decurioni]], che ne garantivano l'amministrazione ed il legame con Roma.
 
== Conseguenze ==
=== Riforma tetrarchica di Diocleziano ===
{{vedi anche|Tetrarchia di Diocleziano}}
[[File:Venice – The Tetrarchs 03.jpg|thumb|[[Monumento ai Tetrarchi|I tetrarchi]], una scultura di porfido saccheggiata a [[Bisanzio]] nel 1204 ([[Basilica di San Marco (Venezia)|Basilica di San Marco]] a [[Venezia]])]]
Con la morte dell'imperatore [[Numeriano]] nel novembre del 284 (a cui il padre [[Marco Aurelio Caro|Caro]] aveva affidato l'Oriente romano), ed il successivo rifiuto delle truppe orientali di riconoscere in [[Marco Aurelio Carino|Carino]] (il primogenito di Caro) il naturale successore, fu elevato alla porpora imperiale [[Diocleziano]], validissimo generale. La guerra civile che ne scaturì vide in un primo momento prevalere Carino sulle armate [[Pannonia (provincia romana)|pannoniche]] dell'usurpatore [[Giuliano (usurpatore)|Giuliano]], e in seguito la sconfitta delle sue armate ad opera di [[Diocleziano]] sul [[Battaglia del fiume Margus|fiume Margus]], nei pressi dell'antica città e [[castrum|fortezza legionaria]] di [[Singidunum]]. Carino trovò la morte, a causa di una congiura dei suoi stessi generali (primavera del 285).<ref>Grant, p. 261.</ref>
 
Ottenuto il potere, nel novembre del 285 Diocleziano nominò suo vice ([[Cesare (titolo)|cesare]]) un valente ufficiale, [[Massimiano|Marco Aurelio Valerio Massimiano]], che pochi mesi più tardi elevò al rango di [[Augusto (titolo)|augusto]] (1º aprile 286): formò così una diarchia, nella quale i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'Impero e la responsabilità della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.<ref name="Grant265">Grant, p. 265.</ref><ref>Scarre, p. 197-198.</ref>
 
Data la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte interne e lungo i confini, nel 293 si procedette a un'ulteriore divisione territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nominò come suo Cesare per l'Oriente [[Galerio]], mentre Massimiano fece lo stesso con [[Costanzo Cloro]] per l'Occidente.<ref>Cameron, p. 46.</ref>
 
Le riforme volute da [[Diocleziano]] e i successi militari ottenuti, consentirono di ridare pace e sicurezza all'impero, che continuò in Occidente per altri due secoli e ancora per un millennio in Oriente. La [[Tetrarchia di Diocleziano|tetrarchia]] tentò di introdurre un sistema di successione al trono imperiale che evitasse le lotte per la successione: vennero creati quattro imperatori, due "augusti" e due "cesari", destinati a succedere ai primi come augusti e a scegliere quindi a loro volta i propri successori nominando dei nuovi cesari. La suddivisione dell'impero e lo spostamento delle sedi imperiali, trasferite da [[Roma]] in centri più vicini ai confini da difendere, e la riorganizzazione dell'esercito resero più efficaci le difese.
 
I provvedimenti adottati in campo economico presero atto delle trasformazioni avvenute e permisero di arrestare la crisi: il sistema fiscale fu razionalizzato eliminando antiche esenzioni e privilegi, l'amministrazione civile, a cui venne affidata la riscossione delle imposte, venne riorganizzata, con nuove suddivisioni amministrative, e nettamente separata da quella militare.
 
== Note ==
{{Vedi_anche|[[Tetrarchia]] e [[Diocleziano#La politica interna|Diocleziano]].}}
<references/>
 
== Bibliografia ==
;Fonti antiche
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*[[Ammiano Marcellino]], ''Res Gestae'', libro XXVII [http://www.thelatinlibrary.com/ammianus.html QUI].
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*[[Corpus Inscriptionum Latinarum]].
*[[Cassio Dione Cocceiano|Dione]], ''[[Storia romana (Cassio Dione)|Storia romana]]'', LXXVII [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Cassius_Dio/home.html QUI].
*[[Publio Erennio Dessippo|Dessippo]] ''Scythica'', frammenti 6 e 7.
*[[Erodiano]], ''[[Storia dell'impero dopo Marco Aurelio]]''.
*[[Eutropio]], ''[[Breviarium ab Urbe condita]]'', IX [http://www.thelatinlibrary.com/eutropius.html QUI].
*[[Giordane]], ''[[De origine actibusque Getarum]]''.
*[[Giorgio Sincello]], ''Selezione di cronografia''.
*[[Gregorio di Tours]], ''[[Historia Francorum]]'', libro II.
*[[Historia Augusta]], da ''Caracalla'' a ''Diocleziano''.
*[[Panegyrici latini]], II-VII [https://www.archive.org/details/xiipanegyricila02baehgoog QUI].
*[[Paolo Orosio|Orosio]], ''[[Historiarum adversus paganos libri septem]]'', libro 7 [http://www.thelatinlibrary.com/orosius.html QUI].
*[[Procopio di Cesarea]], ''[[Storia delle guerre]]'', I.
*[[Roman Imperial Coinage]]:
**volume 4a: ''da [[Pertinace]] a [[Geta]] et [[Caracalla]] (193 – 217)'', di [[Harold Mattingly|H. Mattingly]], [[Edward Allen Sydenham|E.A. Sydenham]], Londra, 1936;
**volume 4b: ''da [[Macrino]] a [[Pupieno]] (217 – 238)'', di H. Mattingly, E.A. Sydenham, C.H.V. Sutherland, Londra, 1930;
**volume 4c: ''da [[Gordiano III]] a [[Uranio Antonino]] (238 – 253)'', di H. Mattingly, E.A. Sydenham, C.H.V. Sutherland, Londra, 1949;
**volume 5a: ''da [[Valeriano]] a [[Floriano]] (253 – 276)'', di [[Percy H. Webb]], Londra, 1927;
**volume 5b: ''da [[Marco Aurelio Probo|Probo]] a [[Massimiano]] (276 – 310)'', di Percy H. Webb, Londra, 1933.
*[[Strabone]], ''[[Geografia (Strabone)|Geografia]]'' [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Strabo/home.html QUI].
*[[Tacito]], ''[[Historiae (Tacito)|Storie]]'', I [http://www.thelatinlibrary.com/tac.html QUI].
*[[Zosimo (storico)|Zosimo]], ''Storia nuova'', I.
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;Fonti storiografiche moderne
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*{{cita libro| cognome=Vari | nome=Autori | titolo=Roma e i Barbari, la nascita di un nuovo mondo | editore=catalogo della mostra di Palazzo Grassi a Venezia, a cura di Jean-Jacques Aillagon | città=Milano |anno=2008 | isbn=978-88-6130-647-9 }}
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*{{cita libro | cognome=Vari | nome=Autori | titolo=L'«inflazione » nel quarto secolo d. C. | editore=atti dell'incontro di studio Roma 1988 | città=Roma | anno=1993 }}
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*{{cita libro| cognome=Magie | nome=David | titolo=Roman Rule in Asia Minor to the End of the Third Century After Christ | città=Princeton | anno=1950 | lingua=inglese | isbn=0-405-07098-5 }}
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*{{cita libro | cognome=Mazzarino | nome=Santo | wkautore=Santo Mazzarino | titolo=L'impero romano | città=Bari | annooriginale=1973|anno = 2002| volume = 2|edizione = 14|isbn= 88-420-2401-5 }}
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*{{cita libro | cognome=Mommsen | nome=Theodor | wkautore=Theodor Mommsen | titolo=Römische Staatsrecht, vol.II | città=Leipzig | anno=1887 | lingua=tedesco }}
*{{cita libro | cognome=Oliva | nome=Pavel | titolo=Pannonia and the onset of crisis in the roman empire | città=Praga | anno=1962 | lingua=inglese }}
*{{cita libro | cognome=Popescu | nome=Grigore | titolo= Traiano ai confini dell'Impero |città= Milano | anno= 1998 |isbn=88-435-6676-8 }}
*{{cita libro | cognome=Rees | nome=Roger | titolo=Layers of Loyalty in Latin Panegyric: AD 289–307 | editore=Oxford University Press | città=New York | anno=2002 | lingua=inglese | isbn=0-19-924918-0 }}
*{{cita libro | cognome=Rémondon | nome=Roger | titolo=La crisi dell'impero romano, da Marco Aurelio ad Anastasio | città=Milano | anno=1975 }}
*{{cita libro | cognome=Room | nome=Adrian | titolo=Placenames of the World: Origins and Meanings of the Names for 6,600 Countries, Cities, Territories, Natural Features and Historic Sites | url=https://archive.org/details/placenamesofworl02edroom | editore=McFarland & Company, Inc. Publishers, Jefferson | città=North Carolina & London | anno=2005 | lingua=inglese | isbn=0-7864-2248-3 }}
*Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004.
*Adriano Savio, ''Monete romane'', Roma 2001. ISBN 88-7801-291-2
*{{cita libro | cognome=Scarre | nome=Chris | titolo=Chronicle of the roman emperors | città=New York | anno=1999 | lingua=inglese | isbn=0-500-05077-5 }}
*{{cita libro | cognome=Schönberger | nome=H. | titolo=The Roman Frontier in Germany: an Archaeological Survey, in Journal of Roman studies |città=Londra | anno=1969 | lingua=inglese }}
*{{cita libro | cognome=Sordi | nome= Marta | wkautore=Marta Sordi | titolo=Come Milano divenne capitale, in L'impero romano-cristiano: problemi politici, religiosi, culturali | editore=a cura di M. Sordi |città=Roma | anno=1991 }}
*{{cita libro | cognome=Southern | nome=Pat | titolo=The Roman Empire: from Severus to Constantine | città=Londra & New York | anno=2001 | lingua=inglese | isbn=0-415-23944-3 }}
*{{cita libro | cognome=Springer | nome=Matthias | titolo=Die angebliche Heeresreform des Kaisers Gallienus, Krise, Krisenbewusstsein, Krisenbewältigung. Ideologie und geistige Kultur im Imperium Romanum während des 3. Jahrhunderts | editore=Konferenzvorträge | città=Halle | anno=1988 | lingua=tedesco }}
*{{cita libro | cognome=Watson | nome=Alaric | titolo=Aurelian and the Third Century | città=Londra & New York | anno=1999 | lingua=inglese | isbn=0-415-30187-4 }}
*{{cita libro | cognome=Williams | nome=Stephen | titolo=Diocleziano. Un autocrate riformatore | città=Genova | anno=1995 | isbn=88-7545-659-3 }}
 
;Ulteriori approfondimenti storiografici
== Voci correlate ==
*D. van Berchem, ''Les routes et l'histoire'', 1982
*[[Impero Romano]]
*J.-P. Petit, ''Atlas des agglomérations secondaires de la Gaule Belgique et des Germanies'', 1994
*K. Kob, ''Out of Rome'', 1997
 
;Romanzi storici sul III secolo
==Collegamenti esterni==
*{{cita libro | cognome=Cervo | nome=Guido | wkautore=Guido Cervo | titolo=Il legato romano | città=Casale Monferrato | anno=2002 | isbn=88-384-7061-8 }} (la [[Gallia]] ai tempi dell'imperatore [[Marco Aurelio Probo]] dal 275 in poi).
[http://digilander.libero.it/tramonto193/ Il tramonto dell'impero]
*{{cita libro | cognome=Cervo | nome=Guido | wkautore=Guido Cervo | titolo=La legione invincibile | url=https://archive.org/details/lalegioneinvinci0000cerv | città=Casale Monferrato | anno=2003 | isbn= 88-384-7063-4 }}
*{{cita libro | cognome=Cervo | nome=Guido | wkautore=Guido Cervo | titolo=L'onore di Roma | url=https://archive.org/details/lonorediromaroma0000cerv | città=Casale Monferrato | anno=2004 | isbn=88-384-8183-0 }}
*{{cita libro | cognome=Sidebottom | nome=Harry | wkautore=Harry Sidebottom | titolo=Il Guerriero di Roma. Fuoco ad Oriente | editore=Newton Compton | città=Roma | anno=2009 | isbn=978-88-541-1700-6 }} Primo [[romanzo storico]] della saga ambientata nell'Oriente romano durante le campagne di Sapore I degli anni 255-256.
*{{cita libro | cognome=Sidebottom | nome=Harry | wkautore=Harry Sidebottom | titolo=Il Re dei Re | editore=Newton Compton | città=Roma | anno=2010 | isbn=978-88-541-1657-3 }} Secondo romanzo storico della saga, ambientato nel 256-260.
*{{cita libro | cognome=Sidebottom | nome=Harry | wkautore=Harry Sidebottom | titolo=Il Guerriero di Roma. Sole bianco | editore=Newton Compton Editori | anno=2011 | isbn=978-88-541-2815-6 }} Terzo romanzo storico della saga.
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