Conventio ad excludendum: differenze tra le versioni
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'''Conventio ad excludendum''' è una [[locuzione latina]] con la quale s'intende definire un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine l'esclusione di una determinata parte terza da certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione.
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L'espressione, usata nel linguaggio politico italiano, fu coniata negli [[anni 1970|anni settanta]] dal giurista e politico [[Leopoldo Elia]], con riferimento al rifiuto di molte forze politiche – sostanzialmente di quelle che avrebbero poi costituito il [[pentapartito]] ([[Democrazia Cristiana|DC]], [[Partito Socialista Italiano|PSI]], [[PSDI]], [[Partito Liberale Italiano|PLI]] e [[Partito Repubblicano Italiano|PRI]]) – di includere il [[Partito Comunista Italiano|partito comunista]] in una coalizione di governo. Queste forze temevano il legame tra il PCI e l'[[Unione Sovietica]] e i [[patto di Varsavia|paesi satelliti]], retti tutti su economie pianificate di stampo socialista.▼
Tale periodo di "[[quarantena]]" si concluse parzialmente, dopo le elezioni amministrative del [[1975]] e le successive elezioni politiche del [[1976]], col [[Governo Andreotti III]] (noto come "governo della non-sfiducia"), salvo poi riprendere dopo la morte di [[Aldo Moro]]. Per tutta la durata della [[Prima Repubblica (Italia)|prima repubblica]] nessun governo ebbe ministri o sottosegretari del PCI, i cui rappresentanti entrarono per la prima volta ufficialmente in un governo col [[Governo Prodi I]], nel 1996 quando il PCI si era già trasformato in [[Partito Democratico della Sinistra]].▼
{{Doppia immagine|2=DC Party Logo (1968-1992).svg|3=150|4=Logo Partito Comunista Italiano.svg|5=177|6=Simboli della [[Democrazia Cristiana]] (a sinistra) e del [[Partito Comunista Italiano]] (a destra)}}
▲L'espressione, usata nel linguaggio politico italiano, fu coniata negli [[anni 1970|anni settanta]] dal giurista e politico [[Leopoldo Elia]], con riferimento al rifiuto di molte forze politiche – sostanzialmente di quelle che avrebbero poi costituito il [[pentapartito]] ([[Democrazia Cristiana|DC]], [[Partito Socialista Italiano|PSI]], [[PSDI]], [[Partito Liberale Italiano|PLI]] e [[Partito Repubblicano Italiano|PRI]]) – di includere il [[Partito Comunista Italiano|
▲Tale periodo di "[[quarantena]]" si concluse parzialmente con il [[compromesso storico]], in particolare dopo le elezioni amministrative del [[1975]] e le successive elezioni politiche del [[1976]], col [[Governo Andreotti III]] (noto come "governo della non-sfiducia"), salvo poi riprendere dopo la morte di [[Aldo Moro]]. Per tutta la durata della [[Prima Repubblica (Italia)|prima repubblica]] a partire dal [[Governo De Gasperi III]] nessun governo ebbe ministri o sottosegretari del PCI, i cui rappresentanti entrarono per la prima volta ufficialmente in un governo col [[Governo Prodi I]]
Commentando l'[[autobiografia]] di [[Giorgio Napolitano]], la giornalista [[Barbara Spinelli]] sostiene che la ''conventio ad excludendum'' sarebbe stata, in buona parte, una ''conventio ad auto-excludendum'' (per dirla scherzosamente in forma pseudolatina), giacché sarebbe stato lo stesso PCI a non volere scegliere una strada [[Riformismo|riformista]] e a non volersi separare pienamente dall'Unione Sovietica.<ref>''[http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=40&ID_articolo=23&ID_sezione=55&sezione= La questione comunista] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080928081712/http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=40&ID_articolo=23&ID_sezione=55&sezione= |data=28 settembre 2008 }}'', articolo di [[Barbara Spinelli]] su [[La Stampa]].it del 14 maggio 2006. La frase di Napolitano da cui la giornalista prende spunto è la seguente: ''"«Naturalmente era facile denunciare come causa della "democrazia bloccata" il permanere di una ''conventio ad excludendum'' nei confronti del Pci. Ma per quanto si potesse bollare questa preclusione come arbitraria, [...] sarebbe stato ormai necessario riconoscerne il fondamento nel persistente ancoraggio [...] al campo ideologico e internazionale guidato dall'Unione Sovietica»".''</ref>▼
Di fatto dunque i governi della prima repubblica ebbero come perno la Democrazia Cristiana, risultante sempre il partito di maggioranza relativa in tutte le elezioni politiche nazionali, e che ebbe sempre un suo esponente come presidente del consiglio fino al [[Governo Spadolini I]] nel giugno 1981. Questo peculiare assetto politico è stato definito ''[[Prima Repubblica (Italia)#La democrazia "bloccata"|democrazia bloccata]]''.<ref>{{Cita web|url=https://www.laleggepertutti.it/dizionario-giuridico/conventio-ad-excludendum|titolo=Conventio ad excludendum|sito=La Legge per Tutti|accesso=2023-10-20}}</ref>
▲==Il caso del MSI==
Un altro tipo di ''conventio ad excludendum'', di segno opposto, nella politica nazionale italiana riguardò il [[Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale|Movimento Sociale Italiano]], escluso per decenni non solo dall'accesso al governo, ma spesso anche da qualunque tipo di collaborazione o dialogo con le altre forze politiche, a causa del riferimento ideologico di questo partito al disciolto [[Partito Nazionale Fascista|Partito Fascista]]. In questo caso, il tacito accordo di esclusione era formalizzato nell'espressione [[arco costituzionale]], che includeva tutte le forze (PCI compreso) che avevano partecipato alla [[Resistenza italiana|Resistenza]] [[antifascismo|antifascista]] e alla stesura della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]], e teneva fuori i [[neofascismo|neofascisti]].▼
▲Commentando l'[[autobiografia]] di [[Giorgio Napolitano]], la giornalista [[Barbara Spinelli]] sostiene che la ''conventio ad excludendum'' sarebbe stata, in buona parte, una ''conventio ad auto-excludendum'' (per dirla scherzosamente in forma pseudolatina), giacché sarebbe stato lo stesso PCI a non volere scegliere una strada [[Riformismo|riformista]] e a non volersi separare pienamente dall'Unione Sovietica.<ref>
=== Il caso del MSI ===
▲Un altro
In questo caso, il tacito accordo di esclusione era formalizzato nell'espressione ''[[arco costituzionale]]'', che includeva tutte le forze (PCI compreso) che avevano partecipato alla [[Resistenza italiana|Resistenza]] [[antifascismo|antifascista]] e alla stesura della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]], e teneva fuori i [[neofascismo|neofascisti]].
==''Conventio ad tacendum''==
Molto simile al precedente è il caso indicato da un'altra formula latina: ''conventio ad tacendum''. La locuzione indica un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine il tacere su una particolare circostanza, dato o realtà.
Assume spesso funzioni di autodifesa: una minoranza, per esempio, evita di sottolineare o decide di tacere gli aspetti di diversità rispetto alla maggioranza, allo scopo di non suscitare sospetti o risentimenti. Può
Nella storia, si trovano anche esempi in campo politico: nella [[Spagna franchista|Spagna]] di [[Francisco Franco]], per esempio, era un titolo di merito per una persona o un'azienda il fatto di essere italiana, almeno fino al [[1943]]; dopo, era più opportuno evitare di citare questa circostanza, che sarebbe risultata più di svantaggio che di vantaggio. In Italia, invece, dopo la [[seconda guerra mondiale]], per alcuni decenni fu particolarmente colpita da questa "esclusione di menzione" la città di [[Forlì]], che, essendo stata la "città del Duce", era percepita come uno dei simboli del passato regime [[fascismo|fascista]]: in sostanza, tutte le volte che non fosse proprio inevitabile citarla, Forlì non doveva essere nemmeno nominata<ref>
La ''conventio ad tacendum'', come si vede, può presentare, ma solo per alcuni aspetti, qualche somiglianza con la ''[[damnatio memoriae]]'', ma se ne distingue per il fatto che può essere spesso volontariamente accettata, o perfino voluta, da coloro stessi a cui si applica.
=== Differenza con l'[[omertà]] ===
Sebbene la conventio ad tacendum e l’omertà condividano l’elemento del silenzio, esse si distinguono sia per contesto che per finalità. La conventio ad tacendum è una prassi informale – ma consapevole e funzionale – che si attua principalmente nelle dinamiche istituzionali, politiche o mediatiche, allo scopo di evitare l’esposizione di fatti politicamente scomodi o destabilizzanti. Al contrario, l’omertà è una regola di comportamento tipica delle organizzazioni mafiose o para-mafiose, che impone il silenzio per proteggere il sistema criminale e i suoi membri da indagini, sanzioni o vendette, anche con minacce o violenza.
La conventio ad tacendum si configura dunque come una forma di autocensura collettiva o sistemica, spesso per motivi di opportunità politica o istituzionale, mentre l’omertà è una forma di complicità attiva nel crimine, sostenuta da meccanismi coercitivi. Entrambe possono assumere una dimensione culturale o strutturale, ma l’omertà ha quasi sempre una componente intimidatoria, che manca nella conventio, la quale opera su base consensuale o per convenienza.
{{cn|Pratiche simili alla conventio ad tacendum sono state osservate anche in altri ambiti, come nel giornalismo politico e nell'ambiente giudiziario, laddove si preferisce tacere su condotte di colleghi per preservare l'immagine dell’istituzione, senza arrivare alle soglie della complicità penale.}}
==Note==
<references />
{{Portale|lingua latina|politica}}
[[Categoria:Politica d'Italia]]
[[Categoria:
[[Categoria:Partito Comunista Italiano]]
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