Quattro giornate di Napoli: differenze tra le versioni

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|Comandante1 = • Antonio Tarsia in Curia<br /><small>([[Vomero]])</small><br />• [[Giovanni Abbate]]<br /><small>([[Vomero]])</small><br />• [[Ermete Bonomi (partigiano)|Ermete Bonomi]]<br /><small>([[Materdei]])</small><br />• [[Carmine Musella]]<br /><small>([[Avvocata (Napoli)|Avvocata]])</small><br />• [[Carlo Bianco (partigiano)|Carlo Bianco]]<br />• [[Aurelio Spoto]]<br /><small>([[Capodimonte (Napoli)|Capodimonte]])</small><br />• [[Stefano Fadda]]<br /><small>([[Chiaia]])</small><br />• [[Francesco Cibarelli]]<br />• [[Amedeo Manzo]]<br />• [[Francesco Bilardo]]<br /><small>([[Via Duomo (Napoli)|Via Duomo]])</small><br />• [[Gennaro Zengo]]<br /><small>([[Corso Giuseppe Garibaldi (Napoli)|Corso Garibaldi]])</small><br />• [[Francesco Amicarelli]]<br /><small>([[Piazza Giuseppe Mazzini (Napoli)|Piazza Mazzini]])</small><br />• [[Mario Orbitello]]<br /><small>([[Montecalvario]])</small><br />• [[Salvatore Amato]]<br /><small>([[Museo archeologico nazionale di Napoli|Museo]])</small><br />• [[Alberto Agresti]]<br /><small>([[Via Caracciolo]], [[Posillipo]])</small><br />• [[Raffaele Viglione]]<br /><small>([[Piazza Carlo III (Napoli)|Piazza Carlo III]])</small><br />• [[Tito Murolo]]<br /><small>([[Vasto (Napoli)|Vasto]])</small><ref>[[Corrado Barbagallo]], ''"Napoli contro il terrore nazista"'', [[Casa editrice Maone]], [[Napoli]], [[1944]]</ref>
|Comandante2 = {{simbolo|War Ensign of Germany (1938–1945).svg}} [[Walter Scholl]]<br /><small>(Comandante della Piazza Militare di [[Napoli]])</small><br />{{simbolo|War flag of the Italian Social Republic.svg}} [[Domenico Tilena]]<br /><small>(Federale fascista Provinciale di [[Napoli]])</small>
|Effettivi1 = circa 30.000{{formatnum:30000}}{{Senza fonte}}
|Effettivi2 = circa 8.000{{formatnum:8000}}{{Senza fonte}}
|Perdite1 = 663 morti<br />162 feriti<br /><small>(di cui 75 invalidi permanenti)</small>
|Perdite2 = 54 - 96 morti
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{{Citazione|Dopo Napoli la parola d'ordine dell'insurrezione finale acquistò un senso e un valore e fu allora la direttiva di marcia per la parte più audace della [[Resistenza italiana]]|[[Luigi Longo]]<ref>[[Luigi Longo]], ''Un Popolo alla macchia'', [[Editori Riuniti]], [[Roma]], [[1974]], ISBN 978-88-359-0605-6, pag. 102</ref>}}
 
Le '''quattro giornate di Napoli''' furono un'[[insurrezione]] popolare con la quale, tra il 27 e il 30 settembre [[1943]] durante la [[seconda guerra mondiale]], la popolazione civile e militari fedeli al [[Regno del Sud]] riuscirono a liberare la città di [[Napoli]] dall'[[Occupazione tedesca dell'Italia|occupazione delle forze tedesche]] della [[Wehrmacht]].
 
Il moto valse alla città il conferimento della [[medaglia d'oro al valor militare]] e consentì alle [[Alleati della seconda guerra mondiale|forze Alleate]], al loro ingresso a Napoli il 1º ottobre [[1943]], di trovare la città già libera dai tedeschi, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi abitanti ormai esasperati e ridotti allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima tra le grandi città europee a insorgere contro l'occupazione tedesca, per giunta con successo.<ref>{{pdf}} [http://www.senato.it/documenti/repository/leggi_e_documenti/raccoltenormative/27%20-%20Consulta%20Nazionale/Commissioni%20Riunite/Finanze%20e%20tes.-Ricostruz.%20lav.pubbl.%20e%20comun/07%20marzo%201946.pdf Senato.it - Resoconto sommario della seduta del 7 marzo 1946, pag.336] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140408040932/http://www.senato.it/documenti/repository/leggi_e_documenti/raccoltenormative/27%20-%20Consulta%20Nazionale/Commissioni%20Riunite/Finanze%20e%20tes.-Ricostruz.%20lav.pubbl.%20e%20comun/07%20marzo%201946.pdf |data=8 aprile 2014 }}</ref>
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|11/09/1943
| style="white-space: nowrap;" | [[Rimorchiatore]] di salvataggio d'alto mare || ''Ciclope''|| || 1.070{{formatnum:1070}} [[tonnellata|t]] || Auto-affondato in porto
|-
|11/09/1943
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|11/09/1943
| [[Torpediniera]] || [[Partenope (torpediniera)|''Partenope'']] || [[Classe Spica (torpediniera)#Unit.C3.A0 tipo Alcione|"Spica" - serie "Alcione"]] || 1.050{{formatnum:1050}} t || In riparazione al bacino di carenaggio, catturata e danneggiata nel porto di [[Castellammare di Stabia]]
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|11-23/09/1943
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In città il Comando Militare Germanico fece affiggere un nuovo proclama:
 
{{citazione|Al decreto per il servizio obbligatorio di lavoro hanno risposto in quattro sezioni della città complessivamente circa 150 persone, mentre secondo lo stato civile avrebbero dovuto presentarsi oltre 30.000{{formatnum:30000}} persone.<br />
Da ciò risulta il sabotaggio che viene praticato contro gli ordini delle Forze Armate Germaniche e del Ministero degli Interni Italiano.<br />
Incominciando da domani, per mezzo di ronde militari, farò fermare gli inadempienti. Coloro che non presentandosi sono contravvenuti agli ordini pubblicati, saranno dalle ronde senza indugio fucilati.<br />
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Al terzo giorno di feroci scontri per le vie di Napoli, l'organizzazione dell'insurrezione rimaneva ancora lasciata ai singoli capipopolo di quartiere, mancando del tutto i contatti con le ancora embrionali forze strutturate dell'[[antifascismo]] come il Fronte Nazionale (diretta emanazione del [[CLN]]) costituitosi a Roma solo quindici giorni prima e ancora privo di qualsiasi contatto significativo.
 
Andavano intanto emergendo figure locali che si distinsero nelle operazioni nei vari quartieri della città, tra le donne (le prime a insorgere già dal 23 settembre) si ricorda [[Maddalena Cerasuolo]]. Nel quartiere San Giovanni invece diedero coraggiosamente battaglia i cosiddetti "[[Femminiello|femminielli]]". Tra coloro che presero il comando, il professore [[Antonio Tarsia in Curia]] ([[Vomero]]), il tenente colonnello [[Ermete Bonomi]] (Materdei), in collaborazione con il comandante di distaccamento [[Carlo Cerasuolo]], padre di [[Maddalena Cerasuolo|Maddalena]], il capitano [[Carmine Musella]] (Avvocata), [[Carlo Bianco]], il medico [[Aurelio Spoto]] (Capodimonte), il capitano [[Stefano Fadda]] ([[Chiaia]]), il capitano [[Francesco Cibarelli]], Amedeo Manzo, Francesco Bilardo (Duomo), Gennaro Zenga (Corso Garibaldi), il maggiore Francesco Amicarelli (piazza Mazzini), il capitano Mario Orbitello ([[Montecalvario]]), il maggiore Salvatore Amato (Museo), il tenente Alberto Agresti (via Caracciolo, Posillipo), Raffaele Viglione (via Sant'Anastasio) e l'impiegato Tito Murolo (Vasto); mentre tra i giovani si distinse [[Adolfo Pansini]]<ref>Adolfo Pansini non aveva ancora diciassette anni quando iniziò la pubblicazione di un giornaletto antifascista, a cui collaborarono pochi coraggiosi amici. Scoperti dopo circa un anno, i ragazzi pagarono con otto mesi di carcere. Il 30 settembre Adolfo Pansini, unitosi al gruppo di Enzo Stimolo, partecipò all'assalto allo stadio vomerese (oggi "[[Stadio Arturo Collana|Arturo Collana]]"). Adolfo e un altro partigiano tagliarono i cavi telefonici che correvano lungo la masseria Pezzalonga per impedire alle truppe naziste di chiamare rinforzi. In seguito, insieme ad altri partigiani, riuscì a liberare i prigionieri nello stadio, sacrificando la propria vita. {{Cita web |url=http://win.liceopansini.it/adolfopansiniinediti.htm |titolo=Copia archiviata |accesso=27 settembre 2009 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071102154421/http://win.liceopansini.it/adolfopansiniinediti.htm |urlmorto=sì }}</ref>, studente del liceo vomerese Sannazaro.
 
Nella piazza Giuseppe Mazzini, presso l'edificio Scolastico «[[Vincenzo Cuoco]]», i tedeschi attaccarono in forze e non più di 50 ribelli tentarono strenuamente di opporsi ma dovettero subire il pesante bilancio di 12 morti e oltre 15 feriti.
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[[File:Quattrogiornate.jpg|thumb|Festeggiamenti dopo la liberazione della città]]
 
Il 1º ottobre [[1943]] alle 9:30 ile primiprime carri[[autoblindo|autoblinde]] armati([[AEC AlleatiMk III|Associated Equipment Company (AEC) Armoured Car "Mark III" (Mk III)]] e [[Humber (autoblindo)|Humber Armoured Car "Mark IV" (Mk IV)]]) britanniche dei Reparti Esploranti del [[1st King's Dragoon Guards]] entrarono in città mentre alla fine della stessa giornata, il comando tedesco in [[Italia]], per bocca del feldmaresciallo [[Albert Kesselring]], dichiarò la ritirata conclusa con successo.
 
Il bilancio degli scontri durante le "quattro giornate" non è concorde nelle cifre; secondo alcuni autori, nelle settantasei ore di combattimenti morirono 168 militari e partigiani e 159 cittadini; secondo la Commissione ministeriale per il riconoscimento partigiano le vittime furono 155 ma dai registri del [[Cimitero di Poggioreale]] risulterebbero 562 morti.
 
È da notare che la gran parte dei combattimenti si ebberoebbe esclusivamente tra italiani e tedeschi. A differenza di altri episodi della [[Resistenza italiana|Resistenza]], furono infatti relativamente rari gli scontri con fascisti italiani, che probabilmente non avevano avuto il tempo di riorganizzarsi efficacemente dopo l'8 settembre (la [[Repubblica Sociale Italiana]] era stata proclamata il giorno 23, ovvero solo quattro giorni prima dello scoppio della rivolta).
 
Oltre l'importantissimo risultato morale e politico dell'insurrezione, le quattro giornate di Napoli ebbero senz'altro il merito di impedire che i tedeschi potessero organizzare una resistenza in città o che, come [[Adolf Hitler]] aveva chiesto, Napoli fosse ridotta «in cenere e fango» prima della ritirata.<ref>[http://www.anpibrindisi.it/archivio-storico/linsurrezione-di-napoli-e-la-resistenza del mezzogiorno L'insurrezione di Napoli e la resistenza del Mezzogiorno]</ref> Parimenti fu evitato che il piano di deportazione di massa organizzato dal colonnello Scholl avesse successo. Nel breve periodo di occupazione tedesca, ci furono circa 4&nbsp;000 deportati. A ciò si giunse non soltanto grazie ai 1&nbsp;589 combattenti ufficialmente riconosciuti, ma anche per la resistenza civile e non violenta di tanti napoletani, in primis le donne, operai, «femminielli», preti, «scugnizzi» (10% circa degli insorti), studenti, professori, medici e vigili del fuoco.
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Nel quartiere [[Poggioreale (Napoli)|Poggioreale]], in via Marino Freccia, è presente la scuola "Quattro Giornate". La galleria che collega [[Piedigrotta]] a [[Fuorigrotta]], aperta nel [[1884]] per sostituire l'antico percorso per la [[crypta Neapolitana]] e ampliata nel [[1940]] assumendo la denominazione fascista di ''Galleria IX Maggio'' (giorno della proclamazione dell'Impero), fu chiamata a partire dal 6 luglio [[1945]] ''galleria delle Quattro Giornate''.<ref>Gianni Infusino, ''Le nuove strade di Napoli: saggio di toponomastica storica'', Gallina Editore, 1987</ref>
 
Lapidi commemorative si trovano in via Belvedere (masseria Pagliarone) ed in via Giacomo Puccini ([[Liceo ginnasio statale Jacopo Sannazaro|Liceo Jacopo Sannazaro]]) al Vomero; in via don [[Luigi Sturzo]] (masseria Pezzalonga) all'[[Arenella (Napoli)|Arenella]]; all'ingresso del [[Palazzo della Borsa (Napoli)|Palazzo della Borsa]] in [[Piazza Giovanni Bovio (Napoli)|piazza Bovio]]; in via Marchese Campodisola; presso il [[Bosco di Capodimonte]]; in [[via Santa Teresa degli Scalzi]]; sul [[ponte della Sanità]] (dedicato a [[Maddalena Cerasuolo]], medaglia di bronzo al valor militare); in via Nazionale 33, accanto all'ingresso della [[Chiesa dell'Immacolata e Sant'Anna al Vasto]].
 
Un monumento «allo ''scugnizzo''», figura simbolo dell'insurrezione, sorge invece alla [[Riviera di Chiaia]], in [[Piazza della Repubblica (Napoli)|piazza della Repubblica]]. Fu progettato dallo scultore [[Marino Mazzacurati]] nel [[1963]], e consiste in una statua di pietra che ritrae gli scugnizzi su ognuno dei quattro lati.
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* [[Eugenio Frezzotti]] (maresciallo maggiore dei Carabinieri)
* [[Carmine Muselli]]
* [[Antonio Paolillo]] (tenente del 40º Reggimento Fanteria, per i fatti d'arme dell'11 settembre 1943)
* [[Domenico Scognamiglio]]
* [[Ciro Vasaturo]]
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*''Il Muro di Napoli''<ref>{{Cita web |url=https://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/09/30/news/_il_muro_di_napoli_dalla_letteratura_al_palco-176973072/ |titolo=Copia archiviata |accesso=27 giugno 2019 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190627112057/https://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/09/30/news/_il_muro_di_napoli_dalla_letteratura_al_palco-176973072/ |urlmorto=no }}</ref> di Giovanni Calvino e Giovanni Parisi ([[2017]])
* ''Meravigliosa memoria''<ref>{{Cita web|url=https://www.corriere.it/cultura/19_agosto_24/premio-quara-2019-vince-davide-finizio-racconto-6c24a4fa-c664-11e9-91fb-bbcdf5d9284a.shtml|titolo=Premio La Quara 2019: vince Davide Di Finizio|autore=DAVIDE DI FINIZIO|sito=Corriere della Sera|data=24 agosto 2019|accesso=20 settembre 2020}}</ref> di Davide Di Finizio (2019)
* ''La grande sete'' di Erica Cassano (Garzanti 2025)
 
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