Apocope: differenze tra le versioni

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== L'apocope nell'italiano ==
Nell'[[Lingua italiana|italiano]] moderno esistono diverse [[Ossitonia|ossitone]], originate dal troncamento di vecchie forme [[Parossitonia|parossitone]] per effetto di un'[[aplologia]]; è il caso di parole di derivazione latina come: ''città(de)'', ''libertà(de)'', ''virtù(te)'', tutte parole che col tempo hanno perso la sillaba finale "-''de''" o "-''te''"<ref>In realtà le stesse forme in -''de'' derivano da una forma ancora più arcaica terminante in -''te'' per [[Sonorizzazione (fonologia)|sonorizzazione]] della [[/t/]] in [[/d/]], forma che a sua volta deriva dall'[[accusativo]] della [[terza declinazione latina]].</ref>, e che oggi vengono considerate vere e proprie forme "piene" e non "tronche", come invece erano considerate in passato, quando ancora si avvertiva la loro derivazione dalle forme allora avvertite come piene. Dette forme oggi resistono soltanto come varianti letterarie o poetiche, ma sono obsolete nell'uso quotidiano<ref>Elenco approssimativo delle forme ancora presenti nell'italiano terminanti ''{{cita testo|url=http://old.demauroparavia.it/@*tade|titolo=-tade}}'', ''{{cita testo|url=http://old.demauroparavia.it/@*tate|titolo=-tate}}'', ''{{cita testo|url=http://old.demauroparavia.it/@*tute|titolo=-tute}}'' ''{{cita testo|url=http://old.demauroparavia.it/@*tade|titolo=-tude}}'' dal ''DeMauro online''</ref>.
 
Parallela alla presenza di parole del cui processo di troncamento non si ha ormai più coscienza, esistono forme attuali di parole apocopate il cui status di forma "tronca" è invece avvertito del parlante, in opposizione alla forma intera del vocabolo originario che viene sentito come "pieno". È questo il caso di parole come ''fior(e)'', ''man(o)'', ''bel(lo)'', il cui uso è spesso guidato nella lingua da esigenze [[Eufonia|eufoniche]], ma anche in vere e proprie locuzioni fisse che si sono nel tempo consolidate:
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* '''po{{'}}''' per ''poco'';
* e ''a'' '''mo{{'}}''' ''di'' per ''modo''.
Fatti salvi i casi più rari riportati sotto, si tratta degli unici due casi di apocope in cui tutti i grammatici concordano nell'obbligatorietà dell'apostrofo; tuttavia non vi sarebbero reali necessità linguistiche in quanto non esistono nella lingua italiana altre parole omografe in grado di generare eventualmente confusione: le parole ''po'' e ''mo'' infatti non esistono se non come [[Sigla (linguistica)|sigle]] o [[Abbreviazione|abbreviazioni]], e l'unica occorrenza omografa di senso compiuto di ''[[Po]]'' indica chiaramente il suo statuto di [[nome proprio]] dalla maiuscola.
 
Più che un troncamento, '''ca{{'}}''', presente nella [[toponomastica]] e nei nomi dei palazzi storici dell'[[Italia settentrionale]], è una trascrizione scorretta di '''cà''', cioè ''casa'' nelle [[lingue gallo-italiche]] e [[Lingua veneta|veneta]]: l'apostrofo impropriamente sostituisce l'accento che dovrebbe sormontare la A maiuscola.
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* ''fe{{'}}'' (grafia corretta: ''fé'') "fede"<ref name="crusca"/>
* ''pie{{'}}'' (grafia corretta: ''piè'') "piede"<ref name="crusca"/>
La grafia ''qual'è'' (per ''qual è'') è considerata errata dalla maggior parte delle fonti sulla base del fatto che ''quale'' non richiede l'elisione, in quanto esiste la forma apocopata ''qual''; non mancano però i pareri contrari, che fanno notare come detta forma ''qual'' sia antiquata o rara. Unanime è invece il consenso sulla non accettabilità di ''tal'è'' (per ''tal è'').<ref name="qual">{{cita testo|url=http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=3779&ctg_id=44|titolo=Esatta grafia di ''qual è''|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080102111100/http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=3779&ctg_id=44}} sull'[[Accademia della crusca]]; {{cita testo|url=http://www.mauriziopistone.it/testi/discussioni/gramm01_qual.html|titolo=''Si scrive'' qual è ''o'' qual'è?}} trascrizione di un intervento di [[Luciano Satta]]</ref><ref>Le grafie ''qual'è'' e ''qual'era'' risultano comunque attestate in vari scrittori fino agli anni '60 del Novecento. L'uso di non adoperare l'apostrofo si è uniformato in questi casi solo dopo la pubblicazione, nel 1963, di un articolo di Alfonso Leone, dal titolo ''Elisione e troncamento'', nella rivista ''[[Lingua Nostra]]'' (pp. 24-27), che stabiliva la regola generale che si insegna nelle grammatiche e nelle scuole da quel momento in poi.</ref>
 
== Esempi di apocope in arabo, cinese e yoruba ==
La caduta di foni a fine parola, cioè l'apocope, si ritrova anche in [[Lingua araba|arabo]] prima di una pausa: durante la lettura del Corano o nella parlata colloquiale infatti le vocali che indicano il caso grammaticale cadono. Inoltre, nella desinenza femminile ''-at'' la consonante finale t non si pronuncia lasciando solo una /a/ breve; dal punto di vista grafico questa t muta è inoltre rappresentata da un grafema particolare, la [[Tāʾ marbūṭa|tā’ marbūṭa ة]], invece che dalla normale [[Tāʾ|tā’ ت]].
 
Nel cinese moderno standard o nella parlata mandarina slang (e quindi settentrionale), possono cadere alcune vocali a fine vocabolo, ad esempio in ''舒服'' ''shu4fu5shūfu'' ("comodo; sentirsi bene"), che può ridursi in ''shu4fshūf''.
 
Infine nella [[Lingua yoruba|lingua yoruba]], in cui le parole finiscono spesso in vocale, si assiste spesso, nella parlata corrente, a fenomeni di apocope (o, in base al parlante, di aferesi).
 
== Note ==