Terza Repubblica francese: differenze tra le versioni
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{{Stato storico
|nomeCorrente = Terza repubblica<br />''Troisième République''
|nomeCompleto = Repubblica francese
|nomeUfficiale = ''République française''
|linkBandiera = Flag_of_France_(1794–1958).svg
|paginaBandiera = Bandiera della Francia
|linkStemma = Middle coat of arms of the French Republic (1905–1953).svg
|paginaStemma = Stemma della Francia
|linkLocalizzazione = France 1939.svg
|linkMappa = French Republic 1939.svg
|didascalia = Territorio della Terza Repubblica nel 1939.
|inno = ''[[La Marsigliese]]''<br />[[File:La Marseillaise (1907).oga]]
|motto = ''Liberté, Egalité, Fraternité''
|lingua ufficiale =
|lingua = [[lingua francese|Francese]]
|capitale principale = [[Parigi]]
|capitaleAbitanti = 2.447.957 / 1891<ref>Popolazione ufficiale di Parigi, da ''Almanach de Gotha 1897'', Justus Perthes, Gotha, 1896, p.883.</ref> 2.888.110 / 1911<ref>Popolazione ufficiale di Parigi, da ''Almanach de Gotha 1913'', Justus Perthes, Gotha, 1912, p.871.</ref>
|capitaleAbitantiAnno =
|altre capitali = [[Versailles (comune)|Versailles]] (1871-1879)
|dipendenze = {{bandiera|FRA Imp Col}} [[Impero coloniale francese]]
|forma di stato = [[Repubblica]]
|governo = [[Repubblica parlamentare]] (''de iure'')<br />[[Repubblica semipresidenziale]] (''de facto'')<ref>Nonostante uno dei ministri portasse inizialmente il titolo, semi-ufficiale, di ''Vicepresidente del Consiglio dei ministri'', e dal [[1876]] di ''Presidente del Consiglio dei ministri'', era in realtà il Presidente della Repubblica che presiedeva i consigli dei ministri e guidava il governo. Non si può però parlare di un vero [[Repubblica semipresidenziale|semipresidenzialismo]] in quanto il Capo dello Stato era eletto dal Parlamento e non dal popolo.</ref>
|titolo capi di stato = Presidenti della Repubblica
|elenco capi di stato = Vedi [[Presidenti della Repubblica francese#Terza Repubblica (1871-1940)|lista]]
|titolo capi di governo = Presidenti del Consiglio
|elenco capi di governo = Vedi [[Capi di governo della Francia#Presidenti del Consiglio della Terza repubblica|lista]]
|organi deliberativi = [[Assemblea Nazionale (Francia)|Assemblea Nazionale]] comprendente [[Senato]] e [[Assemblea nazionale (Francia)|Camera dei Deputati]]
|inizio = ''de facto'' 4 settembre [[1870]]
|primo capo di stato = il governo provvisorio di [[Louis-Jules Trochu]], ufficialmente il 30 gennaio 1875 con il presidente [[Patrice de Mac-Mahon]]
|evento iniziale = Sconfitta francese nella [[guerra franco-prussiana]]
|fine = 10 luglio [[1940]]
|ultimo capo di stato = [[Albert Lebrun]]
|evento finale = Sconfitta francese nella [[campagna di Francia]] del 1940
|area geografica = Europa, Africa, Asia, America del Sud, Oceania
|territorio originale = Francia
|superficie massima = 550.986 km²
|periodo massima espansione = periodo 1919-1940<ref>Superficie della Francia metropolitana, da ''Geografia Universale'', UTET, Torino, 1940, Vol. II, Tomo I, p. 288.</ref>.
|popolazione = 38.343.192 nel 1891<ref>Popolazione ufficiale della Francia metropolitana, da ''Almanach de Gotha 1897'', Justus Perthes, Gotha, 1896, p. 881.</ref>;<br />39.601.599
|periodo popolazione = 1911<ref>Popolazione ufficiale della Francia metropolitana, da ''Almanach de Gotha 1913'', Justus Perthes, Gotha, 1912, p. 871.</ref>.
|moneta = [[Franco francese]]
|risorse =
|produzioni =
|commerci con = [[Regno Unito]], [[Belgio]], [[Impero tedesco|Germania]], [[Stati Uniti d'America]], ecc. nel 1895<ref>In ordine di volume d'affari (importazioni più esportazioni). Da: ''Almanach de Gotha 1897'', Justus Perthes, Gotha, 1896, p. 888.</ref>.
|esportazioni = Tessuti di lana, tessuti di seta, vino, pelli, "articoli di Parigi", ecc. nel 1895<ref name="Justus Perthes 1896, p. 889">In ordine di importanza. Da: ''Almanach de Gotha 1897'', Justus Perthes, Gotha, 1896, p. 889.</ref>; anche ''[[Biancheria intima|lingerie]]'', prodotti chimici, automobili nel 1911<ref>''Almanach de Gotha 1913'', Justus Perthes, Gotha, 1912, p. 875.</ref>.
|importazioni = Lana, seta, vino, caffè, cotone, carbone, pelli, cereali, ecc. nel 1895<ref name="Justus Perthes 1896, p. 889"/>.
|tld =
|telefono =
|targa =
|religioni preminenti = [[Chiesa cattolica|Cattolicesimo]]
|religione di stato =
|altre religioni = [[Ebraismo]]
|classi sociali = borghesia, nobiltà, proletariato.
|stato precedente = {{bandiera|FRA 1852-1870}} [[Secondo Impero francese]]
|stato successivo = {{FRALib}}<br />{{FRAVichy}}<br />{{bandiera|DEU 1933-1945}} [[Amministrazione militare della Francia]]<br />{{bandiera|DEU 1933-1945}} [[Amministrazione militare del Belgio e della Francia del nord]]<br />{{Bandiera|ITA 1861-1946}} [[Occupazione italiana della Francia meridionale|Amministrazione militare italiana della Francia]]
|portale =
|stato attuale = {{FRA}}
}}
La '''Terza Repubblica
La politica interna della Terza Repubblica fu caratterizzata da governi molto instabili, a causa di maggioranze divise o poco superiori di numero alle opposizioni. Il disorientamento per la grave sconfitta subita e l'instabilità politica favorirono vari scandali finanziari ([[Scandalo di Panama|Panama]], Stavisky, ecc) ed episodi di [[antisemitismo]] come l'[[affare Dreyfus]].
Il forte [[nazionalismo]] di alcuni ambienti militari alimentò inoltre scontri istituzionali che portarono a situazioni vicine al colpo di Stato (come per il caso [[Georges Boulanger|Boulanger]] o per le ripercussioni dell'affare Dreyfus). Non mancarono, tuttavia, vaste riforme sociali, alcune di stampo [[Anticlericalismo|anticlericale]]<ref>Philip Nord, ''The Republican Moment'' (Cambridge, MA, 1995), capitoli 1, 4, e 5.</ref>, attuate soprattutto dalla [[Repubblicani opportunisti|Sinistra]].
La politica estera fu caratterizzata dall'espansionismo coloniale ([[Africa]] e [[Indocina francese|Indocina]]), dal sentimento di rivalsa nei confronti della [[Impero tedesco|Germania]] ([[revanscismo]]) e da un isolamento che perdurò fino a quando [[Impero russo|Russia]] e [[Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda|Regno Unito]] non riscontrarono nella Germania un pericolo maggiore della Francia.
Attaccata dalla Germania nella [[prima guerra mondiale]], la Terza Repubblica vide nella vittoria del [[1918]] il suo momento di maggiore prestigio, ma anche l'inizio di un processo che la condurrà, nel [[1940]], alla sua fine.
== Gli inizi (1870-1871) ==
=== La sconfitta del Secondo Impero con la Prussia ===
[[File:Neuville défense de la porte de Longboyau img 1960-rama.jpg|thumb|upright=1|left|Un episodio dell'[[Assedio di Parigi (1870)|Assedio di Parigi]] della [[Guerra franco-prussiana]]. Dalla sconfitta del [[Secondo Impero francese|Secondo Impero]] nacque la Terza Repubblica.<ref>''La [[Battaglia di Buzenval]]'', dipinto di Alphonse-Marie-Adolphe de Neuville (1836-1885).</ref>]]
[[File:France Chambre des deputes 1871.png|thumb|upright=1|left|Il primo parlamento della Terza Repubblica (1871) era costituito prevalentemente da monarchici.]]
Iniziata il 19 luglio [[1870]], la [[guerra franco-prussiana]] si risolse in pochi mesi con la sconfitta del [[Secondo Impero francese]].
La notizia della [[Battaglia di Sedan|disfatta di Sedan]] e della cattura di [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]] si diffuse a [[Parigi]] il 3 settembre 1870. Il giorno dopo l'[[Orleanismo|orleanista]] [[Adolphe Thiers]] fallì un tentativo di prendere il potere appoggiato dal [[Parlamento]] e, in seguito a diverse trattative fra le forze politiche, lo stesso 4 settembre si costituì a Parigi un governo di difesa nazionale che avrebbe dovuto gestire le fasi finali della guerra e il vuoto di potere lasciato dalla cattura dell'imperatore. Di questo governo, guidato dal generale [[Louis-Jules Trochu]], facevano parte [[Léon Gambetta]] (Interni), Jules Favre (Esteri), [[Adolphe Crémieux]] (Giustizia) e [[Ernest Picard]] (Finanze).<ref>{{Cita|Barjot|pp. 341-342}}.</ref>
L'[[esercito prussiano]] terminò l'accerchiamento di Parigi il 19 settembre, quando alcuni elementi del governo erano già riparati a [[Tours]], seguiti poi da Gambetta, che abbandonò la [[Parigi|capitale]] in [[mongolfiera]] il 7 ottobre. Di fronte all'impossibilità di rompere l'accerchiamento prussiano, dopo un [[referendum]] che ne consolidò l'autorità a Parigi, il governo di Difesa nazionale si rassegnò a firmare il 28 gennaio [[1871]] un [[armistizio]] con il nemico. Non contento e deciso a trattare con un governo legittimo, il primo ministro prussiano [[Otto von Bismarck]] impose ai francesi l'elezione di un'[[Assemblea nazionale (Francia)|Assemblea nazionale]]. Le votazioni si svolsero l'8 febbraio e il risultato fu a favore della destra conservatrice e [[Monarchia|monarchica]].<ref>{{Cita|Barjot|pp. 343-345}}.</ref>
Il nuovo parlamento si riunì a [[Bordeaux]] il 12 febbraio 1871 e cinque giorni dopo elesse Thiers “capo del potere esecutivo della Repubblica francese”. Il 1º marzo l'Assemblea confermò i preliminari della pace con la [[Prussia]] con 546 voti contro 107: la Francia cedeva al neocostituito [[Impero tedesco]] l'[[Alsazia]] e la [[Lorena (regione francese)|Lorena]], impegnandosi a pagare un'indennità di 5 miliardi di franchi.<ref>{{Cita|Barjot|p. 346}}.</ref>
=== La Comune ===
{{vedi anche|Comune di Parigi (1871)}}
La profonda crisi sociale e politica derivante dalla sconfitta fece ben presto sentire i suoi effetti. Quando il governo, il 18 marzo [[1871]], tentò di prendere il controllo dei cannoni del terrapieno di [[Montmartre]] scoppiò una sommossa e il governo [[Adolphe Thiers|Thiers]], formato da [[Repubblicanesimo|repubblicani]] moderati e [[Orleanismo|orleanisti]], si rifugiò a [[Versailles]]. Per colmare il vuoto politico venne eletta a Parigi un'assemblea comunale formata da [[Socialismo|socialisti]], la “[[Comune di Parigi (1871)|Comune]]”, che tenne sedute per 54 giorni e si propose di combattere il governo conservatore di Versailles.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 348-349}}.</ref>
Con l'ingresso dell'esercito di Thiers a Parigi, il 21 maggio 1871, cominciò una lotta sanguinosa di una settimana che si concluse con la disfatta dei socialisti. Ciò portò alle elezioni successive del 2 luglio e ad una vittoria dei moderati rappresentati dai repubblicani uniti.
== La nascita formale della Repubblica (1871-1879) ==
[[File:France 1899.jpg|thumb|upright=1|left|La Francia fra il 1871 e il 1919, priva dell'[[Alsazia-Lorena]].]]
Ancora sospeso il Paese fra una piena [[repubblica]] e aspirazioni di restaurazione monarchica, il 31 agosto [[1871]], venne approvata la legge che assegnava al Presidente del Consiglio [[Adolphe Thiers]] anche il titolo di Presidente della Repubblica. Egli iniziò grazie a una politica rassicurante ad ottenere prestiti e a raggiungere l'accordo di evacuazione prussiana dal territorio francese. Il 13 novembre [[1872]] si pronunciò chiaramente per una Repubblica che fosse conservatrice, ma subì poi una sconfitta elettorale a Parigi che compromise la sua posizione e il 24 maggio [[1873]] venne rovesciato in parlamento per 16 voti, consentendo lo stesso giorno al [[Legittimismo|legittimista]] [[Patrice de Mac-Mahon]] di diventare il secondo presidente della Terza Repubblica.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 351-355}}.</ref>
La politica di Mac-Mahon fu incentrata sull'ordine morale e sul ruolo centrale delle classi dirigenti e della [[Chiesa cattolica]]. Nel novembre 1873 i suoi poteri furono prolungati di sette anni, mentre i successi elettorali dei repubblicani e dei [[Bonapartismo|bonapartisti]] favorirono, grazie a [[Léon Gambetta|Gambetta]], un accordo fra le forze parlamentari per cui (anche se per un solo voto) il 30 gennaio [[1875]] si insediò ufficialmente la Repubblica. Da questo momento vennero emanate le [[Costituzione|leggi costituzionali]]: sul [[Senato]] (24 febbraio), sull'organizzazione dei poteri pubblici (25 febbraio) e sui rapporti tra i poteri pubblici (16 luglio).<ref>{{Cita|Barjot|pp. 355-357}}.</ref>
L'anno dopo, nel [[1876]], le elezioni legislative furono vinte dai repubblicani mettendo in crisi la posizione di Mac-Mahon, soprattutto dal giorno in cui, il 4 maggio [[1877]], Gambetta pronunciò un discorso alla [[Camera bassa|Camera]] in cui accusò: «Il [[clericalismo]]? Ecco il nemico!». Mac-Mahon fece dapprima alcuni tentativi di resistenza (sciogliendo la [[Camera bassa|Camera dei Deputati]]) poi, dopo un'ulteriore vittoria elettorale del repubblicani (ottobre 1877), finì per accettare l'interpretazione parlamentare della [[Costituzione]] del 1875. I repubblicani continuarono a rafforzarsi e nel gennaio 1879 ottennero la maggioranza anche al Senato. Mac-Mahon, privato del suo ultimo punto di forza, si dimise il 30 dello stesso mese e fu sostituito dal repubblicano [[Jules Grévy]] che il 4 febbraio nominò [[William Waddington]] capo del governo. La Repubblica era definitivamente instaurata.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 359-362}}.</ref>
== Le grandi riforme (1879-1885) ==
Le istituzioni repubblicane furono confermate dalle elezioni legislative dell'agosto-settembre [[1881]] che videro una larga vittoria sia dell'Unione repubblicana che della Sinistra repubblicana. Grazie anche a questi successi il Presidente [[Jules Grévy|Grévy]] e quello che sarà il suo più autorevole Presidente del Consiglio, [[Jules Ferry]], diedero vita a una serie di importanti riforme. Dapprima solo simboliche: ritorno delle Camere parlamentari a Parigi (1879), acquisizione della ''[[La Marsigliese|Marsigliese]]'' come [[inno nazionale]] (1880) e del 14 luglio come [[festa nazionale]], [[amnistia]] per i condannati della [[Comune di Parigi (1871)|Comune]].<br />
Successivamente, nell'ambito di una politica volta alla difesa dei [[diritti umani]] e dell'[[anticlericalismo]], venne autorizzata la libertà di riunioni pubbliche (1881), la [[libertà di stampa]] (1881) e la [[Sindacato|libertà sindacale]] (1884), fu decisa l'espulsione dei [[Compagnia di Gesù|Gesuiti]] e la dispersione delle [[Congregazione religiosa|congregazioni]] maschili non autorizzate.<br />
Si avviò inoltre una riforma scolastica che separò l'insegnamento religioso da quello delle altre materie, e si stabilì la gratuità (1881) e l'obbligo dell'insegnamento primario (1882). Fu sancita la [[laicità|laicizzazione]] degli ospedali e fu ripristinato il [[divorzio]] (1884).<ref>{{Cita|Barjot|pp. 368-371}}.</ref>
== La crisi boulangista (1885-1889) ==
{{vedi anche|Georges Boulanger}}
[[File:Georges Boulanger Nadar.jpg|thumb|upright=0.8|[[Georges Boulanger]]]]
Nel dicembre [[1885]] il Presidente [[Jules Grévy|Grévy]] fu rieletto e a gennaio, volendo tener conto dell'aumento del numero dei deputati [[Radicalismo|radicali]] e di estrema sinistra, diede l'incarico di capo del governo al repubblicano moderato [[Charles de Freycinet]] e, successivamente, a [[René Goblet]]. In entrambe le compagini compariva il generale [[Georges Boulanger]] come Ministro della Guerra.
Costui, apprezzato anche dai radicali per aver dichiarato in occasione di uno [[sciopero]] di [[Miniera|minatori]] che l'[[esercito]] non era al servizio della [[borghesia]], si trovò al centro di una crisi internazionale con la [[Impero tedesco|Germania]]. Nell'aprile [[1887]], infatti, dopo che il commissario di polizia di Pagny-sur-Moselle (allora al confine con la Germania) fu arrestato da agenti tedeschi in territorio francese, Boulanger propose l'invio di un ''[[ultimatum]]'' a Berlino. Il governo risolse diplomaticamente la questione ma diede l'impressione che i repubblicani non avrebbero mai potuto gestire la rivincita contro l'[[Impero tedesco]].<br />
Così, per eliminare dalla scena politica il generale, a maggio, il governo Goblet fu fatto cadere e sostituito da un nuovo esecutivo, capeggiato da [[Maurice Rouvier]], che non comprendeva più Boulanger.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 374-375}}.</ref>
Intorno a Boulanger andava montando però una febbre nazionalistica che sembrò ad un certo momento travolgere le istituzioni, proprio dopo che il Presidente Grévy, nel dicembre 1887, era stato costretto a dimettersi per uno scandalo familiare. Né il suo successore, [[Marie François Sadi Carnot|Sadi Carnot]], sembrò saper gestire meglio la situazione. Boulanger, intanto, dopo aver perso l'appoggio sia dei monarchici che dei radicali (marzo 1888) fu minacciato di essere processato per attentato alla sicurezza dello Stato e fuggì in [[Belgio]],<ref>{{Cita|Barjot|pp. 376-378}}.</ref> dove, dopo essere stato processato e condannato in contumacia, si ucciderà nel [[1891]].
== Lo scandalo del Canale di Panama (1889-1894) ==
{{vedi anche|Scandalo di Panama}}
Durante il decennio 1890-1900 i repubblicani ebbero l'abilità di consolidare l'alleanza con i radicali. Questa stabilità permise di condurre una politica economica fondata sul rafforzamento del [[protezionismo]]. Nel [[1892]], tuttavia, i radicali abbandonarono il primo ministro [[Charles de Freycinet|Freycinet]], accusato di essere troppo vicino ai [[Chiesa cattolica|cattolici]], aprendo la strada a [[Émile Loubet|Loubet]], che, nominato Presidente del Consiglio, promise di rispondere alle aspettative dei radicali.
Ma uno scandalo doveva ancora una volta rimescolare le carte in campo. Nel [[1888]] la compagnia francese che si stava occupando, con diverse e gravi difficoltà, dell'apertura del [[Canale di Panama]] comprò l'appoggio di alcuni deputati per essere autorizzata a emettere un [[prestito obbligazionario]], ciò che non impedì il suo [[Fallimento (diritto)|fallimento]] nel [[1889]]. Nel novembre [[1892]] il giornalista Édouard Drumont (1844-1917) e il giornale boulangista ''La Cocarde'' aprirono una campagna violentissima contro i deputati corrotti e contro il governo sullo sfondo di un acceso [[antisemitismo]].<br />
Lo scandalo rivelò al pubblico collusioni tra il mondo degli affari e la politica, provocando col tempo un ricambio generazionale della classe politica e l'ascesa di [[Charles Dupuy]], Presidente del Consiglio nell'aprile [[1893]]. L'acquisita stabilità delle istituzioni repubblicane, inoltre, portò a pensare a una moderazione nella politica sociale e a una pacificazione in campo religioso.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 387-389}}.</ref>
== Il Caso Dreyfus (1894-1902) ==
{{vedi anche|Affare Dreyfus|J'accuse}}
[[File:Petit Journal 18980710.jpg|thumb|left|upright=0.8|''Le Petit Journal'' del 10 luglio 1898 ironizza sul caos generato dall'affare Dreyfus]]
L'[[antisemitismo]] che aveva contraddistinto la campagna giornalistica contro i deputati corrotti del [[Canale di Panama]] esplose, rafforzato da una componente [[Nazionalismo|nazionalista]] e di [[revanscismo]], in occasione del cosiddetto [[Affare Dreyfus]].
Il 15 ottobre [[1894]] un [[Ufficiale (forze armate)|ufficiale]] [[Ebrei|ebreo]] dell'[[Armée de terre|esercito francese]] di origine [[alsazia]]na (e quindi di una terra per metà tedesca e non più francese), [[Alfred Dreyfus]], fu arrestato con l'accusa di [[Tradimento (reato)|tradimento]]. Benché l'ufficiale negasse ogni accusa, venne sbrigativamente processato e condannato, il 22 dicembre 1894, all'[[ergastolo]]. La stampa antisemita esaltò l'episodio in chiave nazionalistica.<br />
Nel marzo del [[1896]], però, il [[colonnello]] Marie-Georges Picquart (1854-1914) scoprì che il documento sul quale si fondava la sentenza di condanna era un falso. Il colonnello informò i suoi superiori, che lo ignorarono con l'intenzione di difendere la sentenza e, dopo avergli intimato di tacere, lo trasferirono in [[Tunisia]].<br />
Per evitare ulteriori mosse di Picquart, nel novembre 1896 si produssero nuove false prove contro Dreyfus (il “falso Henry”), ma nel giugno dell'anno dopo Picquart riuscì a diffondere la notizia di poter provare la totale innocenza di Dreyfus. La stampa allora cominciò a far intendere che alte cariche dello Stato dubitavano della colpevolezza del condannato.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 390-393}}.</ref>
=== Le ripercussioni e il tentativo di colpo di Stato ===
{{vedi anche|Tentativo di colpo di Stato del 23 febbraio 1899 in Francia}}
[[File:Alfred Dreyfus, Vanity Fair, 1899-09-07.jpg|thumb|upright=0.8|[[Alfred Dreyfus]] durante il processo a suo carico ritratto in un'illustrazione dell'epoca]]
Da quel momento la [[Affare Dreyfus|vicenda]] tornò ad appassionare i francesi, che si divisero fra coloro che cercavano di difendere la verità, considerandola più importante di qualsiasi altra cosa, e coloro che consideravano la [[ragion di Stato]] più importante dell'interesse particolare di un individuo, seppure innocente.<br />
L'11 gennaio [[1898]], intanto, il tribunale assolveva [[Ferdinand Walsin Esterhazy]], l'autore del primo falso. Lo scrittore [[Émile Zola]] pubblicò allora sul giornale ''L'Aurore'' del repubblicano radicale [[Georges Clemenceau]] il celebre articolo intitolato ''[[J'accuse]]'', con il quale, rivolgendosi al Presidente della Repubblica [[Félix Faure]], denunciava le irregolarità e le illegalità del [[Affare Dreyfus|caso Dreyfus]].<br />
Per tutta risposta, Zola venne condannato all'esilio, fatto che scatenò la piazza, mentre i giornali ''L'Aurore'' e ''La Petite République'' di [[Jean Jaurès]] si schieravano a difesa di Dreyfus. Contro quest'ultimo, in una campagna di stampa antisemita si segnalò invece [[Henri Rochefort]], che scriveva su ''L'Intransigeant'' e, della stessa parte, era anche ''La Croix'', che divulgò la falsa notizia di un complotto ebraico mirante a logorare la Francia con tutti i mezzi, compresi quelli [[Normazione|legislativi]].<ref>{{Cita|Barjot|pp. 393-394}}.</ref>
Nonostante ciò, la posizione degli “antidreyfussiani” andò aggravandosi: il 30 agosto 1898 l'autore del secondo falso, Hubert Henry (1846-1898), confessò il suo reato e si suicidò il giorno dopo. Il 3 settembre, il Ministro della Guerra Jacques Marie Eugène Godefroy Cavaignac (1853-1905) diede le dimissioni, mentre l'alto comando rifiutava ancora la revisione del processo Dreyfus.<br />
Inaspritosi il clima sociale, le agitazioni culminarono quando, il 23 febbraio [[1899]], qualche giorno dopo la morte improvvisa del Presidente Faure, il nazionalista Paul Déroulède (1846-1914) tentò, con l'appoggio di sue formazioni politiche, di forzare la mano ad un generale e [[Tentativo di colpo di Stato del 23 febbraio 1899 in Francia|tentare un colpo di Stato]]. L'azione, che aveva come obiettivo l'instaurazione di un regime forte, fu malpreparata e fallì miseramente.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 394-395}}.</ref>
A questo punto la posizione di Dreyfus cominciò ad essere rivista. Nello stesso 1899 la pena dall'ergastolo e [[deportazione]] fu ridotta a dieci anni di [[reclusione]], ma solo nel [[1906]] l'ufficiale ebreo fu completamente riabilitato. Le conseguenze politiche immediate del caso Dreyfus furono l'unione delle sinistre, il rafforzamento dei radicali e la ripresa della politica anticlericale.
== La politica radicale (1902-1909) ==
{{vedi anche|Separazione tra Stato e Chiesa}}
[[File:Achille Lemot-Combes-1902.jpg|thumb|upright=0.8|[[Émile Combes]] visto dal giornale cattolico ''Le Pèlerin'' il 27 luglio 1902]]
La principale reazione al caso Dreyfus fu la costituzione del cosiddetto “Blocco delle sinistre”, che andava dai [[Socialismo|socialisti]], fra i quali si distingueva sempre più [[Jean Jaurès]], fino a una parte dei [[Repubblicanesimo|repubblicani]] moderati. Tale grande formazione politica nell'aprile-maggio [[1902]] vinse le elezioni, ma tra i 350 seggi conquistati oltre duecento andarono ai radicali. Ciò portò il Presidente della Repubblica in carica, [[Émile Loubet]], a formare un governo capeggiato da [[Émile Combes]]: [[Agnosticismo|agnostico]], [[Massoneria|massone]], radicale e [[Anticlericalismo|anticlericale]].<ref>{{Cita|Barjot|pp. 396, 399-401}}.</ref>
Le misure contro la [[Chiesa cattolica|Chiesa]] non si fecero attendere. Nel giugno del 1902 furono chiuse 125 scuole religiose non autorizzate, nel [[1903]] furono respinte tutte le richieste di autorizzazione e nel [[1904]] fu vietato l'insegnamento per dieci anni ai [[Congregazione|congregazionisti]]. Il 30 luglio 1904, inoltre, a seguito delle proteste di [[Papa Pio X]], la Francia rompeva le relazioni diplomatiche con la [[Santa Sede]].<ref>{{Cita|Barjot|pp. 401-402}}.</ref>
Il 18 gennaio [[1905]] Combes fu tuttavia costretto a dimettersi per un caso di collusione fra massoneria ed esercito. Fu sostituito dal suo Ministro delle Finanze [[Maurice Rouvier]] che, tenendo conto delle rivendicazioni del clero, fece votare una legge (luglio-dicembre 1905) per la [[Libertà religiosa|libertà di coscienza religiosa]] ma che non prevedeva sovvenzioni ad alcun [[culto]]. Secondo la legge, inoltre, i beni ecclesiastici sarebbero stati devoluti ad associazioni culturali che avrebbero dovuto conformarsi alle regole del culto del quale si proponevano di amministrare i beni.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 402-403}}.</ref>
A seguito di questa legge, il [[Stato Pontificio|Vaticano]] condannò con un'[[enciclica]] il governo francese (11 febbraio 1906), per cui il [[clero]] si rifiutò di collaborare. Alcuni [[Sacerdote|sacerdoti]] chiusero le loro [[Chiesa (architettura)|chiese]] e l'amministrazione fu costretta ad usare la forza per inventariare i beni e devolverli alle associazioni culturali. All'inizio di marzo, negli scontri, ci fu un morto nel nordest del paese e questo portò alle dimissioni del governo Rouvier.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 403-404}}.</ref>
Con le elezioni del [[1906]], tuttavia, si ebbe un'altra grande vittoria delle sinistre e dei radicali in particolare, che conquistarono 115 seggi (su 400 delle sinistre). [[Georges Clemenceau]], repubblicano e radicale, formò il suo governo il 25 ottobre con sette radicali su dodici ministri, scegliendo Picquart, colui che aveva scoperto la falsità delle accuse a [[Affare Dreyfus|Dreyfus]], come Ministro della Guerra. Questo governo, fortemente impegnato a contrastare una serie di agitazioni sociali, riuscì comunque a far votare il finanziamento delle [[Ferrovia|ferrovie]] dell'ovest, in procinto di fallire, oltre all'obbligatorietà del riposo settimanale.<ref>{{Cita|Barjot|p. 406}}.</ref>
== Il patriottismo (1909-1914) ==
[[File:Aristide Briand 03.jpg|thumb|left|upright=0.8|[[Aristide Briand]] traghettò la politica francese dal [[radicalismo]] al [[patriottismo]].]]
[[File:Poincare larger.jpg|thumb|upright=0.8|Il Presidente [[Raymond Poincaré]]. Il suo patriottismo gli fece ottenere i voti della destra.]]
Logorato da tre anni di difficoltà politiche, il governo [[Georges Clemenceau|Clemenceau]] cadde nel luglio [[1909]]. Gli succedettero una serie di governi, undici in cinque anni, di cui quattro furono presieduti da [[Aristide Briand]], presente quale ministro quasi sempre anche negli altri. Il repubblicano-socialista Briand fu l'uomo del compromesso in un momento in cui, tramontata la lotta al clero e alla nobiltà, stavano scomparendo i riferimenti politici del passato. I socialisti che avevano aderito all'[[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|Internazionale]] passarono ad un'aperta opposizione, mentre i radicali si divisero fra sostenitori dei socialisti e sostenitori dei repubblicani.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 406-408}}.</ref>
Politico deciso, Briand non esitò, nell'ottobre [[1910]], a disperdere uno sciopero delle ferrovie con l'intervento dell'esercito, in un contesto politico caratterizzato dalla crescita del pericolo tedesco. L'elemento politico più importante del periodo rimaneva infatti il [[patriottismo]]. Tale fenomeno si espresse in occasione dell'ambiguo compromesso franco-tedesco del 1911 che mise fine alla [[Crisi di Agadir]] e che portò alla caduta del governo di [[Joseph Caillaux]]. Il patriottismo fu anche la causa, nel gennaio [[1913]], dell'elezione a Presidente della Repubblica di [[Raymond Poincaré]], pur sempre repubblicano e laico, ma anche sostenitore della Francia, ciò che gli fece ottenere i voti della destra.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 409-410}}.</ref>
Caduto il governo Briand nel marzo 1913, ne seguì uno, per la prima volta dal [[1899]], presieduto da un esponente di centrodestra, [[Louis Barthou]]. L'alleanza delle varie formazioni di centro portò all'approvazione della legge di [[Servizio militare|ferma obbligatoria]] per l'esercito di tre anni. Con le elezioni del [[1914]] si rivelò tuttavia maggioritaria quella parte della sinistra che sosteneva sia la legge dei tre anni sia la laicità dello Stato. Il Presidente Poincaré affidò allora, il 13 giugno 1914, il governo al repubblicano-socialista [[René Viviani]], l'uomo che affronterà la prova della [[crisi di luglio]] e lo scoppio della [[prima guerra mondiale]].<ref>{{Cita|Barjot|pp. 410-411}}.</ref>
== La politica estera fino alla prima guerra mondiale ==
Con la sconfitta nella [[guerra franco-prussiana]] del 1870-71 la Francia perse la supremazia in Europa a vantaggio della Germania. La Terza Repubblica era indebolita ma già dal [[1875]] si registrò una ripresa economica che limitò il vantaggio dell'industria tedesca.
=== Tunisia e Indocina (1881-1885) ===
{{vedi anche|Schiaffo di Tunisi|Indocina francese}}
[[File:Admiral Courbet in Hue.jpg|thumb|upright=1.3|I francesi incontrano il principe di Annam a [[Huế]]. Nel 1884 l'odierno [[Vietnam]] centro-settentrionale divenne [[protettorato]] francese.]]
A favore e come conseguenza di questa ripresa economica, dal [[1879]] la Francia si impegnò in un'azione di [[Impero coloniale francese|espansione coloniale]] senza precedenti. La necessità di avere sbocchi commerciali e la possibilità di elargire prestiti furono gli argomenti decisivi, oltre al nazionalismo, a favore della [[Colonialismo|politica coloniale]].<ref>{{Cita|Barjot|p. 442}}.</ref>
La prima acquisizione di rilievo fu la [[Tunisia]], limitrofa all'[[Algeria]] già colonia francese. Approfittando della buona fede dei deputati che credevano in un'azione di polizia, nell'aprile [[1881]] il governo di [[Jules Ferry]] fece occupare quella che era ufficialmente una provincia [[Impero ottomano|ottomana]] ma che aveva acquisito un'[[indipendenza]] quasi totale. Il 12 maggio il governatore locale riconobbe con il Trattato del Bardo il [[protettorato]] della Francia. Conseguenza principale dell'avvenimento fu l'avvicinamento politico dell'Italia, antagonista della Francia nel Mediterraneo, a Germania e [[Impero austro-ungarico|Austria]]. Ciò che portò alla formazione della [[Triplice alleanza (1882)|Triplice alleanza]].
La successiva impresa coloniale di Ferry fu la ripresa del progetto della conquista in [[Asia]] dell'impero di Annam. Quest'ultimo comprendeva approssimativamente l'odierno [[Vietnam]], esclusa la [[Cocincina]] già colonia francese assieme alla [[Cambogia]]. Spinto da interessi economici che prevedevano una via commerciale per la [[Cina]] meridionale, Ferry fra il dicembre [[1883]] e il giugno [[1884]] conquistando il [[Tonchino]] riuscì a fare dell'Annam un protettorato formando l'[[Indocina francese]]. Subito dopo fu respinta una reazione militare della Cina che il 4 aprile [[1885]] fu costretta a firmare la rinuncia all'Annam.<br />
Anche la Gran Bretagna dopo aver conquistato l'Alta Birmania, finì per concludere un accordo con la Francia sulla [[Indocina|regione]] nel [[1896]].<ref name =Barjot-446-447>{{Cita|Barjot|pp. 446-447}}.</ref>
=== L'espansione in Africa e la crisi di Fascioda (1881-1899) ===
{{vedi anche|Guerra franco-hova|Africa Occidentale Francese|Crisi di Fascioda}}
[[File:LaGuerreAMadagascar.jpg|thumb|upright=0.8|Un manifesto analogo del 1895 sulla conquista del Madagascar.]]
[[File:LeCommandantMarchand.jpg|thumb|left|upright=0.8|Il manifesto di una pubblicazione a fascicoli sulla spedizione di [[Jean-Baptiste Marchand]] che portò alla crisi di Fascioda.]]
Ancora il Presidente del Consiglio [[Jules Ferry]], per assicurarsi una base strategica sulla rotta dell'[[Indocina francese]], negli anni [[1883]]-[[1884]] inviò una spedizione che occupò vari punti sulle coste del [[Madagascar]].<br />
Dieci anni dopo, Il 27 ottobre [[1894]], gli aristocratici locali “Hova” dichiararono la [[guerra santa]] alla Francia che rispose un mese dopo con l'invio di un corpo di spedizione di 15.000 uomini. Questo contingente, in condizioni difficili, riuscì a conquistare la capitale [[Antananarivo]] il 30 settembre [[1895]] e a fare del Madagascar un [[protettorato]].<ref>{{Cita|Barjot|p. 449}}.</ref>
Negli stessi anni, in concorrenza con la Gran Bretagna, la Francia occupava progressivamente nell'[[Africa occidentale]] la valle del medio corso del [[Niger (fiume)|fiume Niger]], fino a raggiungere [[Timbuctù]] nel [[1893]]. Già dieci anni prima aveva preso possesso dei 600 km di costa della [[Costa d'Avorio]] il cui protettorato fu instaurato nel [[1889]].<br />
Ancora in Africa occidentale, nel gennaio 1894 dopo due campagne militari, fu conquistato il Dahomey (attuale [[Benin]]) verso il corso inferiore del Niger, raggiunto a [[Nikki (Benin)|Nikki]] il 5 novembre dello stesso anno. Ne derivò una grave tensione con la Gran Bretagna che rientrò solo il 14 giugno [[1898]] con la firma di una convenzione anglo-francese: la Repubblica mantenne Nikki, ma fu la Gran Bretagna a vedersi confermata i territori più ricchi e popolosi.<ref name =Barjot-446-447 /><ref>{{Cita|Wesseling|pp. 288-289, 296, 299}}.</ref>
Dal [[1880]] la Francia aveva comunque notevolmente ingrandito i suoi possedimenti in Africa occidentale che, partiti da qualche colonia costiera, si estendevano nel [[1899]] fino al [[Ciad (lago)|Lago Ciad]], nel cuore del [[Africa|continente]].<ref>{{Cita|Wesseling|p. 248}}.</ref>
A questo punto, i francesi avrebbero potuto congiungere in Africa i possedimenti sull'[[Oceano Atlantico|Atlantico]] con la colonia isolata di [[Gibuti]], sul [[Mar Rosso]]. Tale collegamento Ovest-Est contrastava però con un'analoga iniziativa che gli inglesi volevano intraprendere in direzione Sud-Nord, allo scopo di collegare i loro [[Colonia del Capo|possedimenti sudafricani]] con il loro [[protettorato]] dell'[[Egitto]].<br />
Ne nacque una [[Crisi di Fascioda|crisi internazionale]] che prese il nome dal villaggio del [[Sudan]] (Fascioda) dove le direttrici di marcia delle due potenze si incontrarono. Nel 1898 l'intransigenza del Ministro degli esteri francese [[Gabriel Hanotaux]] e quella del Primo ministro inglese [[Robert Gascoyne-Cecil, III marchese di Salisbury|Salisbury]] portò le due nazioni sull'orlo della guerra. Tuttavia [[Théophile Delcassé]], che sostituì Hanotaux lo stesso 1898, finì col cedere, facendo abbandonare alla Francia le sue pretese sul bacino del [[Nilo]].
=== La fine dell'isolamento (1896-1906) ===
{{vedi anche|Alleanza franco-russa|Entente cordiale}}
[[File:Delcasse LCCN2014685739.jpg|thumb|upright=0.8|Il Ministro [[Théophile Delcassé|Delcassé]], protagonista dell{{'}}''[[Entente cordiale]]'' e della [[Crisi di Tangeri]].]]
Artefice del crollo e dell'isolamento della Francia negli anni seguenti la sconfitta della [[guerra franco-prussiana]] fu in gran parte [[Otto von Bismarck|Bismarck]]. Costui, in disaccordo con il nuovo imperatore [[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]], fu allontanato dal potere nel marzo del [[1890]]. Si aprirono così per la Terza Repubblica nuove opportunità.
La conseguenza immediata della caduta di Bismarck fu il mancato rinnovo tra Germania e [[Impero russo|Russia]] del [[Trattato di controassicurazione]]. Per cui la Francia, approfittando delle difficoltà finanziarie della Russia, il 18 agosto [[1892]] riuscì a strapparle un primo accordo militare antitedesco. Con tale intesa, convertita il 4 gennaio [[1894]] in una vera e propria [[Alleanza franco-russa|alleanza]], la Terza Repubblica otteneva il suo primo successo diplomatico dopo il [[1871]], rompendo il suo isolamento.
Successivamente al riavvicinamento franco-russo si registrò un notevole miglioramento dei rapporti anche tra Francia e Italia (la quale continuava a far parte della Triplice alleanza). Tuttavia, la svolta decisiva si compì con l'antico nemico: la Gran Bretagna con la quale, risolte le ultime questioni coloniali, l'8 aprile [[1904]] fu siglata l{{'}}''[[Entente cordiale]]''. Artefice francese del trattato fu il Ministro degli Esteri [[Revanscismo|revanscista]] [[Théophile Delcassé]].
=== Le crisi marocchine e la Triplice intesa (1906-1914) ===
{{vedi anche|Crisi di Tangeri|Crisi di Agadir|Triplice intesa}}
[[File:Africa1910s.jpg|thumb|upright=0.8|left|L'[[Africa]] dopo la [[Crisi di Agadir]]. In verde i possedimenti della Francia.]]
L'''[[Entente cordiale]]'' prevedeva il consenso del [[Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda|Regno Unito]] alla Francia di includere nella sua sfera d'influenza il [[Marocco]]. Consenso che diedero anche l'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] e la [[Spagna]], ma non la Germania che, alle prime pressioni francesi sul [[sultano|sultanato]] nordafricano, si dichiarò contraria. Ciò causò, nel [[1906]], in un momento in cui la [[Impero russo|Russia]] era in grave difficoltà per la sconfitta nella [[guerra russo-giapponese]], una crisi tra Francia e Germania: la cosiddetta [[crisi di Tangeri]], che si risolse con il cedimento del governo francese di [[Maurice Rouvier]]. Parigi acconsentì, infatti, a dirimere la questione con una conferenza internazionale e il ministro degli esteri [[Théophile Delcassé]], acceso sostenitore della linea dura contro la Germania, fu costretto a dimettersi.
La [[Conferenza di Algeciras|conferenza sul Marocco]] che si tenne ad [[Algeciras]] (Spagna) nel 1906, sancì, tuttavia una vittoria politica della Francia che riuscì a fare alcuni passi nella direzione della [[colonia (insediamento)|colonizzazione]] del Marocco. Quando però nel [[1911]], a seguito di una rivolta locale, il governo francese di [[Ernest Monis]] fece occupare [[Fès]], Parigi si trovò a dover gestire una nuova crisi con Berlino: la [[Crisi di Agadir]]. Di fronte alla discesa in campo della Gran Bretagna questa volta ad arretrare fu la Germania che, in cambio di alcuni territori in [[Africa occidentale]], cedette sul Marocco, divenuto a tutti gli effetti francese nel [[1912]] ([[trattato di Fez]]).
Il compromesso con la Germania non trovò d'accordo il ministro degli esteri francese [[Justin Germain Casimir de Selves|Justin de Selves]] (1848-1934) e i sostenitori della linea dura dell'esercito. A consentire le trattative era stato invece il Presidente del Consiglio [[Joseph Caillaux]] che, di fronte alle proteste dei nazionalisti, dovette dimettersi.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 410, 440}}.</ref>
La [[Crisi di Tangeri|seconda crisi marocchina]] portò ad un rafforzamento dell'amicizia con la Gran Bretagna che nel frattempo, nel [[1907]], aveva concluso un [[accordo anglo-russo per l'Asia|accordo con la Russia]] creando, seppure implicitamente, la [[Triplice intesa]].
== La prima guerra mondiale e Versailles (1914-1919) ==
[[File:Western front 1915-16.jpg|thumb|upright=1.2|Il fronte della guerra di posizione fra il 1915 e il 1916 in Francia. A sinistra: [[Parigi]].]]
Innescata la [[crisi di luglio]] dall'[[attentato di Sarajevo]], la Francia mobilitò il suo esercito il 2 agosto [[1914]] e il 3 agosto la Germania le dichiarò guerra. Il 4 il presidente della Repubblica [[Raymond Poincaré|Poincaré]], in un messaggio al Parlamento dichiarò che la Francia «sarà eroicamente difesa da tutti i suoi figli di cui nulla potrà spezzare, davanti al nemico, l'"Unione sacra”».<br />
Tale espressione sarà utilizzata anche per denominare la grande coalizione politica che il 26 agosto costituirà la nuova formazione del governo [[René Viviani|Viviani]] composto a maggioranza da radicali e allargato a [[Socialismo|socialisti]] e ai [[Repubblicanesimo|repubblicani]] [[Alexandre Millerand]] (Guerra), [[Aristide Briand]] (Finanze) e [[Alexandre Ribot]] (Giustizia). Della compagine solo la destra cattolica rimarrà esclusa.<ref>{{Cita|Sirinelli|p. 12}}.</ref>
=== Le operazioni belliche fino al 1917 ===
{{vedi anche|Fronte occidentale (prima guerra mondiale)}}
[[File:River Crossing NGM-v31-p338.jpg|upright=1.2|thumb|left|Riserve francesi passano un corso d'acqua sulla strada per [[Battaglia di Verdun|Verdun]] (1916)]]
Dopo il fallimento della grande offensiva tedesca prevista dal [[piano Schlieffen]] e la vittoria francese nella [[prima battaglia della Marna]], dalla fine del 1914 iniziò sul [[fronte occidentale (1914-1918)|fronte occidentale]] la lunga, logorante e sanguinosa [[guerra di trincea]]. Il generale francese [[Joseph Joffre]], comandante in capo dell'esercito, convinto di poter sbloccare la situazione e liberare i territori occupati dai tedeschi, lanciò una serie di offensive tra febbraio e ottobre 1915 che ottennero scarsissimi risultati e che causarono quasi 350 000 morti solo tra i francesi.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 18, 22}}.</ref> Sviluppi si ebbero invece nel 1915 dal punto di vista diplomatico: a fianco della [[Triplice intesa]] era infatti scesa in campo l'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] che aveva abbandonato la [[Triplice alleanza (1882)|Triplice alleanza]].
Nel [[1916]] gli equilibri militari rimasero stabili e un'offensiva tedesca venne arginata dai francesi a [[Battaglia di Verdun|Verdun]] grazie all'abilità logistica del generale [[Philippe Pétain]]. Durante questa [[Battaglia di Verdun|grande battaglia]] (durata in tutte le sue fasi quasi 10 mesi) la [[Battaglia della Somme|controffensiva anglo-francese della Somme]] (luglio-novembre) portò ugualmente a scarsi risultati, con perdite enormi. Alla fine del 1916, quindi, non si era ottenuto alcun risultato militare significativo.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 23-24}}.</ref>
Il successore di Joffre, [[Robert Georges Nivelle]], nel [[1917]] organizzò un'altra offensiva ([[seconda battaglia dell'Aisne]]) che fallì completamente e il 15 maggio fu sollevato dall'incarico e a sua volta sostituito da Pétain. Questa ennesima carneficina portò nell'esercito francese gravi incidenti. In 66 [[Divisione (unità militare)|divisioni]] su 110 si verificarono episodi più o meno gravi di ammutinamento. La repressione dei comandanti fu immediata benché su 629 condanne a morte solo di 50 si ha certezza dell'esecuzione.
A Pétain fu affidato quindi il compito di far fronte alle ribellioni. Egli migliorò i turni, curò l'alimentazione e l'approvvigionamento e, soprattutto, abbandonò i tentativi di sfondamento frontale. Alla fine di ottobre del 1917 le truppe francesi risultarono vittoriose a [[La Malmaison]] dove Pétain utilizzò con perizia i [[Carro armato|carri armati]] e quasi bilanciò la sconfitta iniziale di Nivelle.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 24-27}}.</ref> Intanto gli [[Stati Uniti d'America]] erano entrati in guerra a fianco dell'[[Triplice intesa|Intesa]] (aprile 1917); per quanto il loro ingresso non compensò, almeno nei primi mesi, il crollo dell'esercito russo causato dalla [[Rivoluzione russa|rivoluzione]].
=== Il fronte interno ===
Sul [[fronte interno]], nel [[1917]], a fianco di numerosi [[Sciopero|scioperi]] di natura [[Salario|salariale]] si sviluppò una corrente [[Pacifismo|pacifista]] il cui scopo era quello di trattare in qualche modo una pace con la Germania, ma i pochi tentativi diplomatici intrapresi non ebbero esito. Nuovo impulso al [[pacifismo]] fu dato dalla [[Rivoluzione russa]] alla quale guardavano con simpatia i [[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|socialisti]]. In questo contesto si susseguirono alcune crisi governative che portarono, alla fine, ad un governo di [[Georges Clemenceau]] (14 novembre 1917). Il nuovo esecutivo era sostenuto dalla destra, dal centro e dal centro-sinistra. I primi atti governativi riguardarono misure contro il [[disfattismo]], mentre a gennaio del [[1918]] veniva arrestato l'ex primo ministro [[Joseph Caillaux|Caillaux]] con l'accusa di aver servito gli interessi del nemico.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 27-30}}.</ref>
=== La vittoria e la pace di Versailles ===
{{vedi anche|Trattato di Versailles}}
[[File:William Orpen - The Signing of Peace in the Hall of Mirrors.jpg|thumb|upright=1.3|Il momento della firma della pace del delegato tedesco (di spalle) Johannes Bell (1868-1949) a [[Reggia di Versailles|Versailles]]. Al centro, con i baffi bianchi, [[Georges Clemenceau]] fra [[Thomas Woodrow Wilson|Wilson]] e [[David Lloyd George|Lloyd George]].<ref>Dipinto di William Orpen (1878-1931).</ref>]]
Intensificatosi l'arrivo dei soldati americani in Europa nel primo semestre del [[1918]], il comandante in capo, generale [[Ferdinand Foch]], di fronte ad un'offensiva tedesca iniziata a luglio, contrattaccò ([[seconda battaglia della Marna]]) e respinse le truppe nemiche. Da quel momento gli alleati, contando ormai su un milione di soldati americani, iniziarono una lenta, metodica e inarrestabile avanzata verso la Germania. Fin quando, dopo una [[Repubblica di Weimar#Rivoluzione controllata: la fondazione della Repubblica (1918-1919)|rivoluzione popolare]] che a [[Berlino]] rovesciò il regime di [[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]], l'11 novembre 1918, nei pressi di [[Compiègne]] venne firmato l'[[Armistizio di Compiègne|armistizio]].
La Conferenza di pace si aprì il 18 gennaio [[1919]] a [[Versailles]]. [[Georges Clemenceau|Clemenceau]] si trovò di volta in volta impegnato in discussioni sulla sorte della Germania con i suoi alleati: il presidente statunitense [[Thomas Woodrow Wilson|Wilson]], il primo ministro britannico [[David Lloyd George|Lloyd George]] e il presidente del Consiglio italiano [[Vittorio Emanuele Orlando|Orlando]].
Fatto salvo il ritorno dell'[[Alsazia-Lorena]] alla Francia, Clemenceau propose per motivi di sicurezza l'occupazione di tutta la [[Renania]], dove sarebbero stati creati uno o più stati autonomi. Dopo vari colloqui si raggiunse il compromesso di un'occupazione della [[Renania|regione tedesca]] per quindici anni. Rinunciando all'idea degli Stati renani, Clemenceau chiese l'annessione alla Francia di una [[Territorio del bacino della Saar|parte della Saar]] per la quale, alla fine, fu deciso di creare un protettorato di quindici anni sotto l'egida della [[Società delle Nazioni]]. Sul pagamento delle riparazioni di guerra da addebitare alla Germania il Presidente del Consiglio francese fu invece intransigente. Il trattato di pace fu firmato dai tedeschi il 28 giugno 1919.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 35-36}}.</ref>
== Lo spostamento a destra dell'asse politico (1919-1931) ==
[[File:Western Germany 1923 de.png|thumb|left|upright=0.8|Le zone di occupazione militare alleata in [[Repubblica di Weimar|Germania]] alla fine del 1923. In blu la zona francese, in verde la [[Territorio del bacino della Saar|Saar]].]]
Il 16 novembre [[1919]] le elezioni legislative portarono ad un parlamento senza una chiara maggioranza ma con un leggero vantaggio della destra. I governi che si susseguirono invece facevano parte del cosiddetto “Blocco nazionale”, una coalizione di centro. La politica interna dal 1919 al [[1924]] fu dominata da questo contrasto di fondo, nel quale i governi, grazie all'appoggio dei radicali, evitarono l'appoggio della destra le cui convinzioni [[laicità|laiche]] e [[Repubblicanesimo|repubblicane]] rimanevano poco chiare.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 47, 49-52}}.</ref>
Tenendo presente i due problemi della sicurezza nazionale nei confronti della Germania e le riparazioni di guerra che questa aveva l'obbligo di pagare, i governi del Blocco nazionale esitarono sull'atteggiamento da adottare. Il primo ministro [[Aristide Briand|Briand]], dopo aver fatto occupare [[Düsseldorf]] sulla riva destra del [[Reno]] nel marzo del [[1921]], verso la fine dell'anno pensò a una soluzione negoziata del problema delle riparazioni, ciò che provocò la sua caduta. Il suo successore, [[Raymond Poincaré|Poincaré]], deciso invece ad ottenere i risarcimenti, fece occupare “come pegno” nel gennaio [[1923]] la zona industriale tedesca della [[Regione della Ruhr|Ruhr]]. L'azione fece sorgere notevoli perplessità su un'eventuale risposta aggressiva della Germania. Così che quando Poincaré si fece convincere dagli ex alleati sulla fattibilità di un piano per i pagamenti tedeschi ([[Piano Dawes]]), il sollievo fu generale.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 53-54}}.</ref>
=== Il fallimento del “Cartello delle sinistre” ===
In politica interna, favorito da un nuovo sistema elettorale, nel maggio del [[1924]], il cosiddetto “Cartello delle sinistre” ottenne una vittoria illusoria date le divisioni interne. Si aprì così un altro periodo di instabilità politica che vide l'elezione a presidente della Repubblica di [[Gaston Doumergue]] (al posto del candidato delle sinistre [[Paul Painlevé]]) e della nomina a presidente del Consiglio di [[Édouard Herriot]], che formò un governo composto da [[Repubblicanesimo|repubblicani]], radicali e sostenuto dai [[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|socialisti]]. L'esecutivo iniziò subito una politica [[Anticlericalismo|anticlericale]] (abolizione dell'[[ambasciata]] francese in [[Stato Pontificio|Vaticano]], applicazione della legge del 1901 contro le congregazioni religiose, ecc.) ampiamente contrastata dai cattolici che si riunirono in potenti associazioni. Il governo vide, tuttavia, la sua fine con le rivelazioni della Banca di Francia (10 aprile 1925) sugli anticipi concessi al Ministero delle Finanze per un ammontare ben superiore al limite legale concesso.<br />
Il successore di Herriot, [[Paul Painlevé|Painlevé]], ridusse le intenzioni anticlericali adottando una linea più centrista che non evitò ulteriori crisi di governo sui problemi finanziari. Di fronte, infine, alla politica dei socialisti ancora legata ad aspirazioni rivoluzionarie, l'esperienza del “Cartello delle sinistre” si esaurì nell'estate del 1926, quando fece posto ad un'alleanza di centro.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 55-61}}.</ref>
=== L“Unità nazionale” e i governi di centro-destra ===
[[File:Bundesarchiv Bild 102-05349, Paris, Wahlplakate.jpg|thumb|upright=1.3|Propaganda politica a Parigi per le elezioni del 1928]]
L'ex presidente della Repubblica [[Raymond Poincaré]] nel luglio del [[1926]] accettò per la terza volta il mandato di presidente del Consiglio. Il suo governo, denominato di “Unità nazionale”, comprendeva [[Repubblicanesimo|repubblicani]], radicali, moderati e anche un esponente di destra. Votato da una fortissima maggioranza, riscontrava l'opposizione dei [[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|socialisti]] e dei [[Partito Comunista Francese|comunisti]].
Il problema più importante che l'esecutivo dovette affrontare e risolvere fu la definizione del valore del [[Franco francese|Franco]] la cui quotazione ufficiale non teneva conto del suo deprezzamento rispetto all'anteguerra. Contro coloro che avevano intenzione di rivalutare ulteriormente la [[valuta]], Poincaré, in considerazione del rincaro dei prodotti nazionali che in tal caso ne sarebbe derivato, fece promulgare la legge monetaria del 25 giugno [[1928]]. L'operazione, che si sviluppò fino al [[1929]], svalutò il Franco dell'80% e, seppure con limitazioni, ristabilì la sua convertibilità in [[oro]].<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 62-63}}.</ref>
Indebolito il governo dalle elezioni del 1928 (maggioranza di centro-destra con 37 indipendenti) e dall'abbandono dei radicali che non si riconoscevano più nella politica poco [[anticlericalismo|anticlericale]] di Poincaré, quest'ultimo diede le dimissioni nell'estate del 1929. Dopo alcuni altri tentativi non riusciti di far sopravvivere l'” Unità nazionale”, fino alla fine della [[legislatura]] del [[1931]], i governi saranno dominati dal centro-destra con [[André Tardieu]] e [[Pierre Laval]]. Tali esecutivi consentiranno, sulla scia dei governi precedenti, la gratuità dell'insegnamento, che fu portato alle scuole secondarie, l'adozione definitiva nel [[1930]] della [[previdenza sociale]] (su progetto di Poincaré) e alcune iniziative in materia economica (1931) a favore dell'[[agricoltura]].<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 64-68}}.</ref>
== La crisi economica e della società (1932-1935) ==
{{vedi anche|Grande depressione}}
[[File:Hymans-Lebrun-Sorbonne-exposition-1937.JPG|thumb|upright=1.3|[[Albert Lebrun]], al centro, fu capo di Stato dal 1932 al 1940 e fu l'ultimo presidente della Terza Repubblica.]]
Probabilmente fu la debole diffusione internazionale delle [[Impresa|imprese]] francesi a spiegare l'entrata tardiva della Terza Repubblica nella grave crisi economica sviluppatasi dopo il “[[martedì nero]]” del 29 ottobre [[1929]] (data del crollo dei valori alla [[Borsa valori|Borsa]] di [[New York]]). La depressione infatti fu avvertita in Francia a partire dall'inizio del [[1932]] e il [[Deficit|deficit di bilancio]] che comportò si ripercosse sull'andamento della vita politica e sociale.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 79-80, 86}}.</ref>
Durante lo stesso 1932 le elezioni determinarono una netta vittoria delle sinistre e il Presidente della Repubblica di centro-destra, [[Albert Lebrun]], incaricò [[Édouard Herriot|Herriot]] di formare il nuovo governo che dovette subito affrontare l'ostilità dei [[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|socialisti]]. Fino al gennaio [[1934]] ogni tentativo di creare un governo stabile fallì, mentre diverse organizzazioni di massa si andavano costituendo per contestare non solo il modo di governare il Paese, ma anche il sistema stesso.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 87-88}}.</ref>
=== Lo scandalo Stavisky e i moti del 6 febbraio 1934 ===
La scintilla delle proteste si accese con il cosiddetto “Scandalo Stavisky” dal nome del fondatore del ''Crédit municipal'' di [[Bayonne]], Serge Alexandre Stavisky (1886-1934). Costui, beneficiario di una truffa su una sottoscrizione di buoni fruttiferi basata sullo [[Schema Ponzi]], intascò illegalmente una forte somma e, qualche minuto prima di essere arrestato, l'8 gennaio del [[1934]] si uccise. La stampa avanzò forti dubbi sul suicidio, rivelando un'inspiegabile indulgenza da parte della giustizia che non aveva mai dato seguito alle denunce fatte contro Stavisky. Si faceva presente inoltre che il giudice che aveva lasciato Stavisky impunito era il cognato di [[Camille Chautemps]], presidente del Consiglio e radicale.<ref>{{Cita|Sirinelli|p. 96}}.</ref>
Nella società e negli ambienti politici le destre gridarono allo scandalo e il 28 gennaio 1934 Chautemps si dimise. Il Presidente [[Albert Lebrun|Lebrun]] lo sostituì prontamente con [[Édouard Daladier]] il quale fece trasferire il questore di Parigi di cui era nota la simpatia per le organizzazioni di destra che, allarmate, indissero una grande manifestazione per il 6 febbraio a Parigi. La [[Protesta di Parigi|protesta]] divenne però una marcia, alla cui testa c'erano elementi dell{{'}}''[[Action française]]'', pericolosamente diretta alla sede del governo. Quel giorno le forze dell'ordine, in parte schierate a difesa della [[Camera bassa|Camera dei deputati]], furono aggredite e spararono sui dimostranti. Il bilancio degli scontri fu di 15 morti e 1.435 feriti.<ref>Il testo Sirinelli, Vandenbussche, Vavasseur-Desperriers, ''Storia della Francia nel Novecento'', Bologna, 2003, alla p. 98 riporta: «Il significato dei moti del 6 febbraio non è totalmente chiaro. Il carattere apparentemente disorganizzato delle diverse iniziative sembra escludere l'ipotesi di un complotto organizzato per far cadere il regime [...] Si tratterebbe allora di una manovra politica tesa a ottenere, attraverso la pressione della piazza, le dimissioni del presidente del Consiglio e la formazione di una nuova maggioranza parlamentare». Tuttavia, [[Peppino Ortoleva]], [[Marco Revelli]], ''L'età contemporanea. Il novecento e il mondo attuale'', Milano, Bruno Mondadori, 2011, alle pp. 334-335 scrivono: A Parigi, il 6 febbraio [...] un grosso corteo sfilò per le strade puntando sul palazzo del governo con l'obbiettivo dichiarato di porre fine al regime parlamentare. Lo guidavano i dirigenti dell{{'}}''Action française'', intenzionati a provocare un clima insurrezionale e a porre le condizioni di un vero e proprio ''coup d'etat''.</ref> Lo stesso 6 febbraio la [[Camera bassa|Camera]] accordava comunque la fiducia al governo di Daladier che il giorno dopo, temendo forse nuovi scontri, dava a sua volta le dimissioni.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 96-99}}.</ref>
Le conseguenze della rivolta, dopo un nuovo periodo di instabilità governativa, consistettero in una svolta della politica delle sinistre. Il [[Partito Comunista Francese]], nella persona del suo leader [[Maurice Thorez]], decise di abbandonare la politica di opposizione frontale e di giungere con i [[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|socialisti]] e i radicali ad un'alleanza [[Antifascismo|antifascista]] (nelle vicine [[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] e [[Germania nazista|Germania]] il potere era nelle mani di [[Partito Nazionale Fascista|fascisti]] e [[Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori|nazisti]]). Il 14 luglio [[1935]], un immenso corteo di mezzo milione di persone (al quale parteciparono anche Daladier e Thorez), a rappresentanza di tutte le anime della [[Sinistra (politica)|sinistra]], sfilò a Parigi aprendo una nuova fase che avrebbe portato alla costituzione del “[[Fronte popolare (Francia)|Fronte Popolare]]”.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 101-104}}.</ref>
== La vittoria della sinistra unita (1936-1937) ==
{{vedi anche|Fronte popolare (Francia)}}
[[File:France Chambre des deputes 1936.png|thumb|upright=1.3|La composizione della Camera dei deputati dopo le elezioni del 1936]]
La grande vittoria del [[Fronte popolare (Francia)|Fronte Popolare]] alle elezioni della [[Camera bassa|Camera dei deputati]] del maggio [[1936]] fu preceduta da un'ondata di [[Sciopero|scioperi]] che venne interpretata dalla stampa di [[Destra (politica)|destra]] come una forma di [[soviet]]izzazione del Paese.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 105-108}}.</ref>
Il 6 giugno 1936, il Presidente della Repubblica [[Albert Lebrun|Lebrun]] chiamò il socialista [[Léon Blum]] a formare il nuovo governo che risultò composto da [[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|socialisti]] (Finanze, Economia, Agricoltura, Interno) e da radicali (Guerra, Aeronautica, Affari Esteri). L'esecutivo affrontò immediatamente l'emergenza degli scioperi nel ruolo di arbitro (per la prima volta nella storia della Repubblica) consentendo l'accordo fra [[Impresa|imprese]] e [[sindacato|sindacati]].<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 108-110}}.</ref>
Le riforme intraprese dalla maggioranza iniziarono con la legge che istituì 15 giorni di ferie annuali pagate (11 giugno 1936) e con quella che limitò a 40 le ore settimanali lavorative (12 giugno). Proseguirono con la Banca di Francia il cui Consiglio degli [[Azione (finanza)|azionisti]] fu sostituito con un Consiglio di personalità nominate dallo Stato (24 luglio); con la creazione di un Ente per la definizione del prezzo del [[Triticum|grano]]; e con la [[Espropriazione per pubblica utilità|nazionalizzazione]] delle industrie [[Bellicismo|belliche]].<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 110-112}}.</ref>
Dal mese di settembre, tuttavia, sorsero numerose difficoltà sulla gestione economica alle quali si aggiunse un acuirsi della lotta politica accompagnata da una violentissima campagna di stampa della destra. Nell'agosto del 1936 il Ministro degli Interni [[Roger Salengro]] fu accusato di aver disertato la [[prima guerra mondiale|Grande guerra]] e, benché scagionato, il 17 novembre si uccise.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 114, 118}}.</ref>
Su due importanti problemi la coalizione si indebolì fatalmente: il comportamento da attuare di fronte alla [[Guerra civile spagnola]] e il mantenimento dell'ordine. Sul primo problema, per non incrinare i rapporti con la Gran Bretagna che aveva deciso il non intervento, anche il governo francese decise, il 2 agosto 1936, di attuare una politica di non ingerenza attirandosi le ire dei [[Partito Comunista Francese|comunisti]] che avrebbero voluto aiutare apertamente il [[Fronte Popolare (Spagna)|Fronte Popolare spagnolo]]. Sul secondo problema i radicali, la cui base elettorale era costituita dalla classe media, ebbe difficoltà a proseguire un percorso politico con i comunisti. Nella primavera del [[1937]] il radicale [[Édouard Daladier|Daladier]] sostenne il ritorno all'ordine e il rilancio della produzione dando il via, nel giugno dello stesso anno, alla caduta del governo Blum.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 119-120}}.</ref>
== La crisi e la seconda guerra mondiale (1938-1940) ==
=== La crisi internazionale ===
{{vedi anche|Conferenza di Monaco}}
[[File:Bundesarchiv Bild 183-1982-1020-502, Münchener Abkommen, Hitler und Daladier.jpg|thumb|left|upright=0.8|[[Édouard Daladier|Daladier]], a sinistra, con [[Adolf Hitler|Hitler]] il 29 settembre 1938 a Monaco di Baviera]]
[[File:Bundesarchiv Bild 183-H13009, Münchener Abkommen, Abreise Daladier.jpg|thumb|upright=1.3|[[Édouard Daladier|Daladier]] in partenza da Monaco, il 30 settembre 1938]]
Dopo un'impasse politica e la fugace esperienza di un secondo governo [[Léon Blum|Blum]], [[Édouard Daladier|Daladier]] riuscì a formare un esecutivo il 10 aprile 1938 dominato dai radicali ma allargato sia ai socialisti indipendenti sia al centro-destra. Con una forte maggioranza, alla fine di settembre, Daladier partecipò a [[Monaco di Baviera|Monaco]] alla [[Conferenza di Monaco|conferenza internazionale]] che mise fine alla grave crisi politica tra Germania e [[Prima Repubblica cecoslovacca|Cecoslovacchia]]. Contrariamente al suo collega britannico [[Neville Chamberlain|Chamberlain]], Daladier considerò il successo della conferenza un semplice “rinvio” della guerra. Viceversa i risultati di Monaco furono accolti con grande soddisfazione sia dalla stampa sia dal Parlamento che ratificò l'accordo il 4 ottobre [[1938]] con 535 voti contro 75 (73 dei quali comunisti). Il 15 marzo dell'anno dopo, violando i patti, [[Adolf Hitler|Hitler]] occuperà la Cecoslovacchia.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 122-123, 128}}.</ref>
Sul fronte interno, intanto, Daladier, approfittando della rottura con i [[Partito Comunista Francese|comunisti]], aveva puntato a una restaurazione [[Liberalismo|liberale]]. Il 13 novembre 1938 la legge delle 40 ore venne corretta in modo da consentire una settimana lavorativa di 48 ore.<br />
Era tuttavia la politica estera a tenere vivo l'interesse della Francia. Dopo l'occupazione tedesca della Cecoslovacchia, il 18 marzo 1939, Francia e Gran Bretagna si schierarono a difesa di [[Seconda Repubblica di Polonia|Polonia]], [[Regno di Romania|Romania]] e [[Regno di Grecia|Grecia]], mentre Daladier otteneva dal Parlamento l'autorizzazione a prendere per decreto legge tutte le misure necessarie alla difesa del Paese.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 123, 128-129}}.</ref>
=== L'inizio della guerra ===
{{vedi anche|Finta guerra}}
Avviate delle complicate trattative per un'alleanza con l'[[Unione Sovietica]], quest'ultima, il 23 agosto [[1939]], preferiva un [[Patto Molotov-Ribbentrop|accordo con la Germania]] per la spartizione della [[Seconda Repubblica di Polonia|Polonia]]. Il 1º settembre iniziava l'[[Campagna di Polonia|invasione tedesca della Polonia]], due giorni dopo la Francia entrava in guerra con la Germania.
Il 13 settembre [[Édouard Daladier|Daladier]] assunse anche la carica di Ministro degli Esteri benché la composizione politica del governo non mutò per il rifiuto dei [[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|socialisti]] di entrarvi. L'” Unione sacra” che si era formata durante la [[prima guerra mondiale]] non si realizzò, né Daladier riuscì a dare un preciso indirizzo alla compagine governativa; invogliato, in questo, dalla dottrina militare francese che era principalmente difensiva.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 133-134}}.</ref>
Durante questa fase attendista, chiamata la “[[strana guerra]]” o la “finta guerra”, la vita politica fu dominata da un'offensiva contro il [[Partito Comunista Francese|Partito Comunista]] che fu sciolto il 26 settembre 1939 per prevenire eventuali azioni di elementi simpatizzanti dell'[[Patto Molotov-Ribbentrop|accordo russo-tedesco]].<br />
Nello stesso tempo alcune personalità politiche si dichiararono favorevoli a una pace di compromesso o, come [[Pierre Laval]], ad un riavvicinamento all'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] (alleata della Germania ma non ancora in guerra). La maggioranza del parlamento viceversa auspicava una guerra più attiva e Daladier diede le dimissioni, sostituito dall'esponente di centro-destra [[Paul Reynaud]]. Costui, il 28 marzo [[1940]], firmò con la Gran Bretagna un accordo che escludeva qualunque ipotesi di pace separata con la Germania e si impegnava nella [[Operazione Wilfred|spedizione di Narvik]], in [[Norvegia]], che si rivelerà una sconfitta proprio nei giorni del crollo dell'esercito francese in patria.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 136-137}}.</ref>
=== L'invasione nazista ===
{{vedi anche|Campagna di Francia|Fall Gelb}}
[[File:1940-Fall Gelb.jpg|thumb|upright=1.3|Le manovre dell'esercito anglo-francese (in azzurro) e di quello tedesco (linee tratteggiate rosse) durante la [[campagna di Francia]]]]
All'alba del 10 maggio [[1940]] i tedeschi presero l'iniziativa e attaccarono il [[Belgio]] e i [[Paesi Bassi]] con una manovra di aggiramento della [[Linea Maginot|linea difensiva]] al confine francese analoga a quella del [[1914]]. La Francia, per prevenire l'invasione del proprio territorio fece entrare l'esercito in Belgio dove, il 14 maggio, riuscì a fatica a contenere l'avanzata tedesca. Si trattava di una trappola. Attuando il cosiddetto [[piano Manstein]], noto anche come piano ''Sichelschnitt'' (“Colpo di falce”), le forze corazzate tedesche stavano penetrando più a Sud nella foresta delle [[Ardenne]], ritenuta invalicabile dai francesi, e il 15 maggio [[battaglia della Mosa|sfondavano sulla linea della Mosa]]. Con una manovra da est verso ovest simile a una mezzaluna, i tedeschi dalle Ardenne raggiunsero [[la Manica]] il 20 maggio dividendo in due l'esercito nemico. Il 28 l'accerchiamento delle armate anglo-francesi in Belgio era completo.
Il comandante in capo dell'esercito [[Maxime Weygand]] riuscì a formare con le forze rimanenti in Francia una linea difensiva che venne sfondata sulla [[Somme (fiume)|Somme]] il 5 giugno e più a Est, sull'[[Aisne (fiume)|Aisne]], il 9. Cinque giorni dopo, completamente sbandato ciò che rimaneva dell'esercito francese, i tedeschi conquistavano Parigi. il 10 giugno intanto anche l'Italia aveva dichiarato guerra alla Francia.
=== La fine della Terza Repubblica ===
{{vedi anche|Secondo armistizio di Compiègne}}
[[File:Bundesarchiv Bild 183-H28708, Paris, Eifelturm, Besuch Adolf Hitler.jpg|thumb|left|upright=0.8|[[Adolf Hitler|Hitler]] a Parigi. Con la sconfitta francese del 1940 terminò la storia della Terza Repubblica.]]
Le forze politiche francesi, indecise su come affrontare la catastrofe, optarono per la richiesta di un armistizio. [[Paul Reynaud|Reynaud]] si dimise e il presidente [[Albert Lebrun|Lebrun]] lo sostituì il 16 giugno [[1940]] con il maresciallo [[Philippe Pétain|Pétain]]: il 22 fu firmata la [[Secondo armistizio di Compiègne|resa]]. Il generale [[Charles de Gaulle]] non era riuscito a far valere la tesi del ripiegamento in Nord Africa benché sostenuto dal Primo Ministro britannico [[Winston Churchill|Churchill]]. Egli fu battuto da Pétain e Weygand che sostenevano di non poter abbandonare i francesi al nemico senza alcuna garanzia politica; ciò che, secondo loro, avrebbe potuto portare al caos e perfino alla “[[soviet]]izzazione” del Paese.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 142-143}}.</ref>
==== Il governo di Vichy ====
[[File:France map Lambert-93 with regions and departments-occupation-it.svg|thumb|upright=1.3|La zona nord-atlantica della Francia occupata dai tedeschi, e quella meridionale, governata da Vichy]]
L'[[Secondo armistizio di Compiègne|armistizio]] disarmò la Francia che dovette smobilitare l'esercito e vedere il proprio territorio in parte occupato dalle truppe tedesche.
Il trattato di resa divise la Francia in due parti: quella settentrionale, denominata ''Zone occupée'', occupata dall'esercito tedesco, e quella meridionale, chiamata ''Zone libre'', rimase amministrata dal neonato governo, insieme alle [[Impero coloniale francese|colonie africane]].
Subito dopo seguì la rottura drammatica con la Gran Bretagna che, nel timore che la flotta francese del [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] si unisse a quella tedesca, il 3 luglio 1940 fece bombardare dalla [[Royal Navy]] le unità francesi a [[Mers-el-Kébir]], in [[Algeria]] ([[Distruzione della flotta francese a Mers-el-Kébir|operazione Catapult]]). L'azione provocò l'affondamento di tre navi da battaglia e di altre unità minori oltre alla morte di 1300 francesi.
Pétain aveva intanto nominato vicepresidente del Consiglio [[Pierre Laval|Laval]]. Su proposta di quest'ultimo, con il governo trasferito nella città termale di [[Vichy]], il 10 luglio, a camere unificate, circa 700 parlamentari su 932 (molti si erano resi irreperibili o erano stati dichiarati fuorilegge come comunisti) votarono un progetto di riforma costituzionale che avrebbe trasferito anche i poteri del capo dello Stato a Pétain. I parlamentari a favore furono 569, 20 si astennero e 80 votarono contro (fra cui [[Léon Blum]]). Più che alla paura, la maggioranza dei parlamentari cedette al timore di un annullamento dell'armistizio e ad un profondo senso di colpa per gli errori commessi. La Terza Repubblica era giunta al termine, nasceva il [[Governo di Vichy]].<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 146-148}}.</ref>
== Istituzioni ==
La Repubblica fu proclamata il 4 settembre [[1870]], ma si dovette aspettare fino al voto dell'Assemblea Nazionale del 30 gennaio [[1875]] a favore della proclamazione della Repubblica e il successivo 24 febbraio [[1875]] per avere una [[costituzione]]. Solo all'ora ci fu l'ufficializzazione di una nuova forma istituzionale rispetto al [[Secondo Impero francese|Secondo Impero]]. Il [[Parlamento]] o [[Assemblea Nazionale (Francia)|Assemblea Nazionale]] comprendeva due [[Camera (politica)|Camere]] che si riunivano congiuntamente una volta l'anno.<ref name="Justus Perthes 1896, p. 853">''Almanach de Gotha 1897'', Justus Perthes, Gotha, 1896, p. 853.</ref>
La [[Camera alta]], il [[Senato]], si componeva di 300 membri di almeno 40 anni d'età. I senatori rimanevano in carica per nove anni ed erano eletti dalle commissioni speciali dei [[Dipartimenti della Francia|dipartimenti]] e delle [[Impero coloniale francese|colonie]]. La [[Camera bassa]], ovvero la Camera dei Deputati, era composta da 584 membri (1 deputato ogni 70.000 abitanti) eletti secondo gli [[arrondissement dipartimentali della Francia|''arrondissement'']] per quattro anni a [[suffragio]] diretto e [[Suffragio universale|universale]]. Nessuno poteva essere eletto membro del [[Parlamento]] se non aveva ottemperato agli obblighi del servizio militare attivo. Erano elettori tutti i cittadini maschi di almeno 21 anni di età e potevano essere eletti deputati tutti i cittadini maschi di almeno 25 anni di età. Il [[Presidente della Repubblica francese|presidente della Repubblica]] veniva eletto dall'Assemblea Nazionale riunita a Camere congiunte a maggioranza assoluta e rimaneva in carica per sette anni.<ref name="Justus Perthes 1896, p. 853"/>
== Note ==
{{Note strette}}
== Bibliografia ==
* {{Cita libro|autore= Dominique Barjot, Jeann-Pierre Chaline, André Encravé |titolo= Storia della Francia nell'Ottocento|città=Bologna|editore=Il Mulino|anno=2003|isbn=88-15-09396-6|cid= Barjot}} Edizione originale (in francese): ''La France au XIX siècle 1814-1914'', Paris, 2001.
* {{Cita libro|autore= Jean François Sirinelli, Robert Vandenbussche, Jean Vavasseur-Desperriers |titolo= Storia della Francia nel Novecento|città=Bologna|editore=Il Mulino|anno=2003|isbn=88-15-08849-0|cid= Sirinelli}} Edizione originale (in francese): ''La France de 1914 à nos jours'', Paris, 2000.
* {{Cita libro|autore= Henri Wesseling|titolo= La spartizione dell'Africa 1880-1914|città=Milano|editore=Corbaccio|anno=2001|isbn=88-7972-380-4|cid=Wesseling}} Edizione originale (in olandese): ''Verdeel en heers. De deling van Africa, 1880-1914'', Amsterdam, 1991.
* Matteo Lamacchia'', Cesare contro Dio: la separazione tra Stato e Chiesa in Francia all'epoca dei ministeri radicali della Terza Repubblica. Contributo per un consapevole revisionismo critico'', in «Nova Historica», Anno 16, numero 63, 2017, Casa Editrice Pagine, pp. 85-134, {{ISSN|1972-0467}}.
== Voci correlate ==
*[[Belle Époque]]
*[[Impressionismo]]
*[[Art Nouveau]]
*[[Prima Repubblica francese]]
*[[Seconda Repubblica francese]]
*[[Quarta Repubblica francese]]
*[[Quinta Repubblica francese]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
== Collegamenti esterni ==
*{{Collegamenti esterni}}
*{{GREC}}
{{Storia della Francia}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|storia|francia}}
[[Categoria:Stati costituiti negli anni 1870]]
[[Categoria:Stati dissolti negli anni 1940]]
[[Categoria:Terza Repubblica francese| ]]
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