Terza Repubblica francese: differenze tra le versioni
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== La nascita formale della Repubblica (1871-1879) ==
[[File:France 1899.jpg|thumb|upright=
Ancora sospeso il Paese fra una piena [[repubblica]] e aspirazioni di restaurazione monarchica, il 31 agosto [[1871]], venne approvata la legge che assegnava al Presidente del Consiglio [[Adolphe Thiers]] anche il titolo di Presidente della Repubblica. Egli iniziò grazie a una politica rassicurante ad ottenere prestiti e a raggiungere l'accordo di evacuazione prussiana dal territorio francese. Il 13 novembre [[1872]] si pronunciò chiaramente per una Repubblica che fosse conservatrice, ma subì poi una sconfitta elettorale a Parigi che compromise la sua posizione e il 24 maggio [[1873]] venne rovesciato in parlamento per 16 voti, consentendo lo stesso giorno al [[Legittimismo|legittimista]] [[Patrice de Mac-Mahon]] di diventare il secondo presidente della Terza Repubblica.<ref>{{Cita|Barjot|pp. 351-355}}.</ref>
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=== La fine dell'isolamento (1896-1906) ===
{{vedi anche|Alleanza franco-russa|Entente cordiale}}
[[File:Delcasse LCCN2014685739
Artefice del crollo e dell'isolamento della Francia negli anni seguenti la sconfitta della [[guerra franco-prussiana]] fu in gran parte [[Otto von Bismarck|Bismarck]]. Costui, in disaccordo con il nuovo imperatore [[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]], fu allontanato dal potere nel marzo del [[1890]]. Si aprirono così per la Terza Repubblica nuove opportunità.
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{{vedi anche|Crisi di Tangeri|Crisi di Agadir|Triplice intesa}}
[[File:Africa1910s.jpg|thumb|upright=0.8|left|L'[[Africa]] dopo la [[Crisi di Agadir]]. In verde i possedimenti della Francia.]]
L'''[[Entente cordiale]]'' prevedeva il consenso
La [[Conferenza di Algeciras|
Il compromesso con la Germania non trovò d'accordo il
La [[Crisi di Tangeri|seconda crisi marocchina]] portò ad un rafforzamento dell'amicizia con la Gran Bretagna che nel frattempo, nel [[1907]], aveva concluso un [[accordo anglo-russo per l'Asia|accordo con la Russia]] creando, seppure implicitamente, la [[Triplice intesa]].
== La prima guerra mondiale e Versailles (1914-1919) ==
[[File:Western front 1915-16.jpg|thumb|upright=1.
Innescata la [[
Tale espressione sarà utilizzata anche per denominare la grande coalizione politica che il 26 agosto costituirà la nuova formazione del governo [[René Viviani|Viviani]] composto a maggioranza da radicali e allargato a [[Socialismo|socialisti]] e ai [[Repubblicanesimo|repubblicani]] [[Alexandre Millerand]] (Guerra), [[Aristide Briand]] (Finanze) e [[Alexandre Ribot]] (Giustizia). Della compagine solo la destra cattolica rimarrà esclusa.<ref>{{Cita|Sirinelli|p. 12}}.</ref>
=== Le operazioni belliche fino al 1917 ===
{{vedi anche|Fronte occidentale (prima guerra mondiale)}}
[[File:River Crossing NGM-v31-p338.jpg|upright=1.
Dopo il fallimento della grande offensiva tedesca prevista dal [[piano Schlieffen]] e la vittoria francese nella [[prima battaglia della Marna]], dalla fine del 1914 iniziò sul [[fronte occidentale (1914-1918)|fronte occidentale]] la lunga, logorante e sanguinosa [[guerra di trincea]]. Il generale francese [[Joseph Joffre]], comandante in capo dell'esercito, convinto di poter sbloccare la situazione e liberare i territori occupati dai tedeschi, lanciò una serie di offensive tra febbraio e ottobre 1915 che ottennero scarsissimi risultati e che causarono quasi 350 000 morti solo tra i francesi.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 18, 22}}.</ref> Sviluppi si ebbero invece nel 1915 dal punto di vista diplomatico: a fianco della [[Triplice intesa]] era infatti scesa in campo l'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] che aveva abbandonato la [[Triplice alleanza (1882)|Triplice alleanza]].
Nel [[1916]] gli equilibri militari rimasero stabili e un'offensiva tedesca venne arginata dai francesi a [[Battaglia di Verdun|Verdun]] grazie all'abilità logistica del generale [[Philippe Pétain]]. Durante questa [[Battaglia di Verdun|grande battaglia]] (durata in tutte le sue fasi quasi 10 mesi) la [[Battaglia della Somme|controffensiva anglo-francese della Somme]] (luglio-novembre) portò ugualmente a scarsi risultati, con perdite enormi. Alla fine del 1916, quindi, non si era ottenuto alcun risultato militare significativo.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 23-24}}.</ref>
Il successore di Joffre, [[Robert Georges Nivelle]], nel [[1917]] organizzò un'altra offensiva ([[
A Pétain fu affidato quindi il compito di far fronte alle ribellioni. Egli migliorò i turni, curò l'alimentazione e l'approvvigionamento e, soprattutto, abbandonò i tentativi di sfondamento frontale. Alla fine di ottobre del 1917 le truppe francesi risultarono vittoriose a [[La Malmaison]] dove Pétain utilizzò con perizia i [[Carro armato|carri armati]] e quasi bilanciò la sconfitta iniziale di Nivelle.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 24-27}}.</ref> Intanto gli [[Stati Uniti d'America]] erano entrati in guerra a fianco dell'[[Triplice intesa|Intesa]] (aprile 1917); per quanto il loro ingresso non compensò, almeno nei primi mesi, il crollo dell'esercito russo causato dalla [[Rivoluzione russa|rivoluzione]].
=== Il fronte interno ===
Sul [[fronte interno]], nel [[1917]], a fianco di numerosi [[Sciopero|scioperi]] di natura [[Salario|salariale]] si sviluppò una corrente [[Pacifismo|pacifista]] il cui scopo era quello di trattare in qualche modo una pace con la Germania, ma i pochi tentativi diplomatici intrapresi non ebbero esito. Nuovo impulso al [[pacifismo]] fu dato dalla [[Rivoluzione russa]] alla quale guardavano con simpatia i [[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|socialisti]]. In questo contesto si susseguirono alcune crisi governative che portarono, alla fine, ad un governo di [[Georges Clemenceau]] (14 novembre 1917). Il nuovo esecutivo era sostenuto dalla destra, dal centro e dal centro-sinistra. I primi atti governativi riguardarono misure contro il [[disfattismo]], mentre a gennaio del [[1918]] veniva arrestato l'ex
=== La vittoria e la pace di Versailles ===
{{vedi anche|Trattato di Versailles}}
[[File:William Orpen - The Signing of Peace in the Hall of Mirrors.jpg|thumb|upright=1.3|Il momento della firma della pace del delegato tedesco (di spalle) Johannes Bell (1868-1949) a [[Reggia di Versailles|Versailles]]. Al centro, con i baffi bianchi, [[Georges Clemenceau]] fra [[Thomas Woodrow Wilson|Wilson]] e [[David Lloyd George|Lloyd George]].<ref>Dipinto di William Orpen (1878-1931).</ref>]]
Intensificatosi l'arrivo dei soldati americani in Europa nel primo semestre del [[1918]], il comandante in capo, generale [[Ferdinand Foch]], di fronte ad un'offensiva tedesca iniziata a luglio, contrattaccò ([[
La Conferenza di pace si aprì il 18 gennaio [[1919]] a [[Versailles]]. [[Georges Clemenceau|Clemenceau]] si trovò di volta in volta impegnato in discussioni sulla sorte della Germania con i suoi alleati: il
Fatto salvo il ritorno dell'[[Alsazia-Lorena]] alla Francia, Clemenceau propose per motivi di sicurezza l'occupazione di tutta la [[Renania]], dove sarebbero stati creati uno o più stati autonomi. Dopo vari colloqui si raggiunse il compromesso di un'occupazione della [[Renania|regione tedesca]] per quindici anni. Rinunciando all'idea degli Stati renani, Clemenceau chiese l'annessione alla Francia di una [[Territorio del bacino della Saar|parte della Saar]] per la quale, alla fine, fu deciso di creare un protettorato di quindici anni sotto l'egida della [[Società delle Nazioni]]. Sul pagamento delle riparazioni di guerra da addebitare alla Germania il Presidente del Consiglio francese fu invece intransigente. Il trattato di pace fu firmato dai tedeschi il 28 giugno 1919.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 35-36}}.</ref>
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Il 16 novembre [[1919]] le elezioni legislative portarono ad un parlamento senza una chiara maggioranza ma con un leggero vantaggio della destra. I governi che si susseguirono invece facevano parte del cosiddetto “Blocco nazionale”, una coalizione di centro. La politica interna dal 1919 al [[1924]] fu dominata da questo contrasto di fondo, nel quale i governi, grazie all'appoggio dei radicali, evitarono l'appoggio della destra le cui convinzioni [[laicità|laiche]] e [[Repubblicanesimo|repubblicane]] rimanevano poco chiare.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 47, 49-52}}.</ref>
Tenendo presente i due problemi della sicurezza nazionale nei confronti della Germania e le riparazioni di guerra che questa aveva l'obbligo di pagare, i governi del Blocco nazionale esitarono sull'atteggiamento da adottare. Il
=== Il fallimento del “Cartello delle sinistre” ===
In politica interna, favorito da un nuovo sistema elettorale, nel maggio del [[1924]], il cosiddetto “Cartello delle sinistre” ottenne una vittoria illusoria date le divisioni interne. Si aprì così un altro periodo di instabilità politica che vide l'elezione a
Il successore di Herriot, [[Paul Painlevé|Painlevé]], ridusse le intenzioni anticlericali adottando una linea più centrista che non evitò ulteriori crisi di governo sui problemi finanziari. Di fronte, infine, alla politica dei socialisti ancora legata ad aspirazioni rivoluzionarie, l'esperienza del “Cartello delle sinistre” si esaurì nell'estate del 1926, quando fece posto ad un'alleanza di centro.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 55-61}}.</ref>
=== L“Unità nazionale” e i governi di centro-destra ===
[[File:Bundesarchiv Bild 102-05349, Paris, Wahlplakate.jpg|thumb|upright=1.3|Propaganda politica a Parigi per le elezioni del 1928]]
L'ex
Il problema più importante che l'esecutivo dovette affrontare e risolvere fu la definizione del valore del [[Franco francese|Franco]] la cui quotazione ufficiale non teneva conto del suo deprezzamento rispetto all'anteguerra. Contro coloro che avevano intenzione di rivalutare ulteriormente la [[valuta]], Poincaré, in considerazione del rincaro dei prodotti nazionali che in tal caso ne sarebbe derivato, fece promulgare la legge monetaria del 25 giugno [[1928]]. L'operazione, che si sviluppò fino al [[1929]], svalutò il Franco dell'80% e, seppure con limitazioni, ristabilì la sua convertibilità in [[oro]].<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 62-63}}.</ref>
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La scintilla delle proteste si accese con il cosiddetto “Scandalo Stavisky” dal nome del fondatore del ''Crédit municipal'' di [[Bayonne]], Serge Alexandre Stavisky (1886-1934). Costui, beneficiario di una truffa su una sottoscrizione di buoni fruttiferi basata sullo [[Schema Ponzi]], intascò illegalmente una forte somma e, qualche minuto prima di essere arrestato, l'8 gennaio del [[1934]] si uccise. La stampa avanzò forti dubbi sul suicidio, rivelando un'inspiegabile indulgenza da parte della giustizia che non aveva mai dato seguito alle denunce fatte contro Stavisky. Si faceva presente inoltre che il giudice che aveva lasciato Stavisky impunito era il cognato di [[Camille Chautemps]], presidente del Consiglio e radicale.<ref>{{Cita|Sirinelli|p. 96}}.</ref>
Nella società e negli ambienti politici le destre gridarono allo scandalo e il 28 gennaio 1934 Chautemps si dimise. Il Presidente [[Albert Lebrun|Lebrun]] lo sostituì prontamente con [[Édouard Daladier]] il quale fece trasferire il questore di Parigi di cui era nota la simpatia per le organizzazioni di destra che, allarmate, indissero una grande manifestazione per il 6 febbraio a Parigi. La [[Protesta di Parigi|protesta]] divenne però una marcia, alla cui testa c'erano elementi dell{{'}}''[[Action française]]'', pericolosamente diretta alla sede del governo. Quel giorno le forze dell'ordine, in parte schierate a difesa della [[Camera bassa|Camera dei deputati]], furono aggredite e spararono sui dimostranti. Il bilancio degli scontri fu di 15 morti e 1.435 feriti.<ref>Il testo Sirinelli, Vandenbussche, Vavasseur-Desperriers, ''Storia della Francia nel Novecento'', Bologna, 2003, alla p. 98 riporta: «Il significato dei moti del 6 febbraio non è totalmente chiaro. Il carattere apparentemente disorganizzato delle diverse iniziative sembra escludere l'ipotesi di un complotto organizzato per far cadere il regime [...] Si tratterebbe allora di una manovra politica tesa a ottenere, attraverso la pressione della piazza, le dimissioni del presidente del Consiglio e la formazione di una nuova maggioranza parlamentare». Tuttavia, [[Peppino Ortoleva]], [[Marco Revelli]], ''L'età contemporanea. Il novecento e il mondo attuale'', Milano, Bruno Mondadori, 2011, alle pp. 334-335 scrivono: A Parigi, il 6 febbraio [...] un grosso corteo sfilò per le strade puntando sul palazzo del governo con l'obbiettivo dichiarato di porre fine al regime parlamentare. Lo guidavano i dirigenti dell{{'}}''Action française'', intenzionati a provocare un clima insurrezionale e a porre le condizioni di un vero e proprio ''coup d'etat''.</ref> Lo stesso 6 febbraio la [[Camera bassa|Camera]] accordava comunque la fiducia al governo di Daladier che il giorno dopo, temendo forse nuovi scontri, dava a sua volta le dimissioni.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 96-99}}.</ref>
Le conseguenze della rivolta, dopo un nuovo periodo di instabilità governativa, consistettero in una svolta della politica delle sinistre. Il [[Partito Comunista Francese]], nella persona del suo leader [[Maurice Thorez]], decise di abbandonare la politica di opposizione frontale e di giungere con i [[Sezione Francese dell'Internazionale Operaia|socialisti]] e i radicali ad un'alleanza [[Antifascismo|antifascista]] (nelle vicine [[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] e [[Germania nazista|Germania]] il potere era nelle mani di [[Partito Nazionale Fascista|fascisti]] e [[Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori|nazisti]]). Il 14 luglio [[1935]], un immenso corteo di mezzo milione di persone (al quale parteciparono anche Daladier e Thorez), a rappresentanza di tutte le anime della [[Sinistra (politica)|sinistra]], sfilò a Parigi aprendo una nuova fase che avrebbe portato alla costituzione del “[[Fronte popolare (Francia)|Fronte Popolare]]”.<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 101-104}}.</ref>
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=== L'invasione nazista ===
{{vedi anche|Campagna di Francia|Fall Gelb}}
[[File:1940-Fall Gelb.jpg|thumb|upright=1.3|Le manovre dell'esercito anglo-francese (in azzurro) e di quello tedesco (linee tratteggiate rosse) durante la [[
All'alba del 10 maggio [[1940]] i tedeschi presero l'iniziativa e attaccarono il [[Belgio]] e i [[Paesi Bassi]] con una manovra di aggiramento della [[Linea Maginot|linea difensiva]] al confine francese analoga a quella del [[1914]]. La Francia, per prevenire l'invasione del proprio territorio fece entrare l'esercito in Belgio dove, il 14 maggio, riuscì a fatica a contenere l'avanzata tedesca. Si trattava di una trappola. Attuando il cosiddetto [[piano Manstein]], noto anche come piano ''Sichelschnitt'' (“Colpo di falce”), le forze corazzate tedesche stavano penetrando più a Sud nella foresta delle [[Ardenne]], ritenuta invalicabile dai francesi, e il 15 maggio [[battaglia della Mosa|sfondavano sulla linea della Mosa]]. Con una manovra da est verso ovest simile a una mezzaluna, i tedeschi dalle Ardenne raggiunsero [[la Manica]] il 20 maggio dividendo in due l'esercito nemico. Il 28 l'accerchiamento delle armate anglo-francesi in Belgio era completo.
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Il trattato di resa divise la Francia in due parti: quella settentrionale, denominata ''Zone occupée'', occupata dall'esercito tedesco, e quella meridionale, chiamata ''Zone libre'', rimase amministrata dal neonato governo, insieme alle [[Impero coloniale francese|colonie africane]].
Subito dopo seguì la rottura drammatica con la Gran Bretagna che, nel timore che la flotta francese del [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] si unisse a quella tedesca, il 3 luglio 1940 fece bombardare dalla [[Royal Navy]] le unità francesi a [[Mers-el-Kébir]], in [[Algeria]] ([[Distruzione della flotta francese a Mers-el-Kébir|
Pétain aveva intanto nominato vicepresidente del Consiglio [[Pierre Laval|Laval]]. Su proposta di quest'ultimo, con il governo trasferito nella città termale di [[Vichy]], il 10 luglio, a camere unificate, circa 700 parlamentari su 932 (molti si erano resi irreperibili o erano stati dichiarati fuorilegge come comunisti) votarono un progetto di riforma costituzionale che avrebbe trasferito anche i poteri del capo dello Stato a Pétain. I parlamentari a favore furono 569, 20 si astennero e 80 votarono contro (fra cui [[Léon Blum]]). Più che alla paura, la maggioranza dei parlamentari cedette al timore di un annullamento dell'armistizio e ad un profondo senso di colpa per gli errori commessi. La Terza Repubblica era giunta al termine, nasceva il [[Governo di Vichy]].<ref>{{Cita|Sirinelli|pp. 146-148}}.</ref>
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La Repubblica fu proclamata il 4 settembre [[1870]], ma si dovette aspettare fino al voto dell'Assemblea Nazionale del 30 gennaio [[1875]] a favore della proclamazione della Repubblica e il successivo 24 febbraio [[1875]] per avere una [[costituzione]]. Solo all'ora ci fu l'ufficializzazione di una nuova forma istituzionale rispetto al [[Secondo Impero francese|Secondo Impero]]. Il [[Parlamento]] o [[Assemblea Nazionale (Francia)|Assemblea Nazionale]] comprendeva due [[Camera (politica)|Camere]] che si riunivano congiuntamente una volta l'anno.<ref name="Justus Perthes 1896, p. 853">''Almanach de Gotha 1897'', Justus Perthes, Gotha, 1896, p. 853.</ref>
La [[Camera alta]], il [[Senato]], si componeva di 300 membri di almeno 40 anni d'età. I senatori rimanevano in carica per nove anni ed erano eletti dalle commissioni speciali dei [[Dipartimenti della Francia|dipartimenti]] e delle [[Impero coloniale francese|colonie]]. La [[Camera bassa]], ovvero la Camera dei Deputati, era composta da 584 membri (1 deputato ogni 70.000 abitanti) eletti secondo gli [[arrondissement dipartimentali della Francia|''arrondissement'']] per quattro anni a [[suffragio]] diretto e [[Suffragio universale|universale]]. Nessuno poteva essere eletto membro del [[Parlamento]] se non aveva ottemperato agli obblighi del servizio militare attivo. Erano elettori tutti i cittadini maschi di almeno 21 anni di età e potevano essere eletti deputati tutti i cittadini maschi di almeno 25 anni di età. Il [[Presidente della Repubblica francese|
== Note ==
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