Discesa di Carlo VIII in Italia: differenze tra le versioni

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[[File:Arms of the house of Este (5).svg|20px|border]] [[Ducato di Ferrara]] (ufficialmente neutrale)
|Schieramento2 = '''[[1494]]''':<br />
[[File:Bandera de Nápoles - Trastámara.svg|20px|border]] [[Regno di Napoli]]<br />[[File:Siñal d'AragónVexillum2.svg|20px|border]] [[RegnoStato d'AragonaPontificio]]<br />
<hr/>'''[[1495]]'''<br /> Lega Santa:<br />[[File:Vexillum2.svg|20px|border]] [[Stato Pontificio]]<br />[[File:Flag of the Republic of Venice.svg|20px|border]] [[Repubblica di Venezia]]<br />[[File:Mantua Flag 1328-1575.jpg|20px|border]] [[Marchesato di Mantova]] <br />[[File:Flag of the Duchy of Milan.png|20px|border]] [[Ducato di Milano]]<br />• [[File:Flag of the Duchy of Milan.png|15px|border]] [[File:Bandiera di Genova (3-2).svg|15px|border]] <small>[[Repubblica di Genova|Genova]]</small><br/>[[File:Bandera de Nápoles - Trastámara.svg|20px|border]] [[Regno di Napoli]]<br/>[[File:Siñal d'Aragón.svg|20px|border]] [[Regno d'Aragona]]
|Comandante1 = {{simbolo|Bannière de France style 1500.svg}} [[Carlo VIII di Francia]]<br/>
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== Antefatti ==
=== Mire di Carlo sul Regno di Napoli ===
Il poco più che ventenne re di Francia [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]], attraverso la nonna paterna, [[Maria d'Angiò]] (1404-1463), rivendicava un lontano diritto ereditario alla corona del [[Regno di Napoli]]. Nel 1492 indirizzò le risorse cisalpine verso la conquista di quel reame, incoraggiato da [[Ludovico Sforza]], detto Il Moro, all'epoca [[Ducato di Bari|duca di Bari]], e sollecitato dai suoi consiglieri, [[Guillaume Briçonnet]] e de Vers. Anche il Principe di Salerno, [[Antonello Sanseverino]], riparato in Francia dal 1486 dopo la [[congiura dei Baroni]], spingeva Carlo a rivendicare il regno di Napoli.<ref>{{cita|Sanudo|p. 23}}.</ref>
La riconquista del regno più grande della Penisola, già governato dalla Casata degli [[Angioini]] (dal 1282 al 1442), non comprendeva, nei progetti di Carlo, anche la Sicilia. Quest'ultimo fatto depone a favore della tesi secondo la quale Carlo VIII non intendesse accrescere semplicemente i domini della sua Casata, ambizione comune a molte case regnanti di area [[mitteleuropea]] o [[anglosassoni|anglosassone]], ma farne piuttosto la base di partenza per quelle [[Crociate]] la cui eco era stata rinvigorita dalla cacciata degli [[arabi]] dall'ultimo possedimento spagnolo, il [[Regno di Granada]] ([[1492]]). Il progetto politico della ''Res Publica Christiana Pro Recuperanda Terra Sancta'' aveva ancora presa nelle aristocrazie europee, nonostante le otto Crociate che miravano a realizzarlo si fossero alla fine risolte in un disastro.
 
=== Il controllo di Ludovico il Moro sul Ducato di Milano ===
 
[[Casus belli]] del conflitto fu la rivalità sorta tra la duchessa di Bari, [[Beatrice d'Este]], moglie di Ludovico, e la duchessa di Milano, [[Isabella d'Aragona (1470-1524)|Isabella d'Aragona]], moglie di [[Gian Galeazzo Maria Sforza|Gian Galeazzo]], che aspiravano ambedue al controllo del ducato di Milano e al titolo ereditario per i propri figli: fin dal 1480 Ludovico Sforza governava quel ducato in qualità di reggente del piccolo nipote Gian Galeazzo, non essendo dunque duca di diritto, ma solo ''de facto''. La situazione si mantenne tranquilla fino al 1489, quando ebbero effetto le nozze tra Gian Galeazzo e Isabella d'Aragona, nipote di re [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante]] di Napoli in quanto figlia di [[Alfonso II di Napoli|Alfonso]], [[duca di Calabria]]. Isabella si rese subito conto che tutto il potere era ridotto nelle mani di Ludovico e soffriva per l'inettitudine del marito, svogliato e totalmente disinteressato al governo; nondimeno sopportò in silenzio fino a quando, nel gennaio 1491, Ludovico non prese in moglie Beatrice d'Este, figlia del duca di Ferrara [[Ercole I d'Este]] e cugina di Isabella per parte materna. Giovane determinata e ambiziosa, Beatrice fu ben presto associata dal marito al governo dello stato, né Isabella, "rabiosa et disperata de invidia", poté sopportare di vedersi superata in tutti gli onori dalla cugina.<ref name=":3" />[[File:Grandi_Casate_Italiane_nel_1499.png|sinistra|miniatura|L'Italia rinascimentale prima e dopo la prima invasione Francese. La linea tratteggiata in giallo rappresenta il confine tra [[Stato Pontificio#Il Patrimonium Sancti Petri|Patrimonio di San Pietro]] e [[Sacro Romano Impero Germanico]]. Delle casate regnanti in Italia, quella Aragonese costituiva un ramo cadetto della monarchia Spagnola.]]
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Nel maggio Ludovico inviò la moglie Beatrice quale sua ambasciatrice a Venezia e comunicò alla Signoria, per tramite di lei, certe sue pratiche segrete con l'imperatore [[Massimiliano I d'Asburgo]] per l'ottenimento dell'investitura al ducato di Milano, nonché la notizia segretissima appena comunicatagli che [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]], firmata la pace con l'imperatore, era risoluto a compiere la sua impresa contro il regno di Napoli e a nominare Ludovico capo e conduttore di detta impresa.<ref>Die Beziehungen der Mediceer zu Frankreich, während der Jahre 1434-1490, in ihrem Zusammenhang mit den allgemeinen Verhältnissen Italiens, di B. Buser, 1879, pp. 540-543.</ref> Si trattava dell'annuncio ufficiale e definitivo.<ref>{{Cita|Biancardi|pp. 254-256}}.</ref> I coniugi desideravano dunque conoscere il parere della Signoria a questo riguardo, e ne chiedevano indirettamente l'appoggio, forse sperando così di evitare una discesa dei francesi in Italia.<ref>Giovanni Soranzo, ''Una missione segreta a Venezia di Beatrice d'Este'', in ''Rendiconti dell'Istituto lombardo'', classe di lettere e scienze morali e storiche, 94, 2 [1960], pp. 467-478.</ref> I veneziani risposero che quanto riferito era assai grave e si limitarono a vaghe rassicurazioni, tenendosi fuori da queste manovre.<ref name=":42">{{Cita libro|autore=Samuele Romanin|titolo=Strenna Italiana|url=https://books.google.it/books?id=K9VUAAAAcAAJ&pg=PA131&dq|pp=137-139|volume=19}} {{Cita|Biancardi|p. 256}}.</ref> A dispetto della richiesta segretezza, il Senato s'affrettò a comunicare le rivelazioni della duchessa al re di Napoli, sollecitandolo alla pace col Papa.<ref>{{Cita libro|autore=[[Samuele Romanin]]|titolo=Storia documentata di Venezia|url=https://www.google.it/books/edition/Storia_documentata_di_Venezia_di_S_Roman/0l4JE_LSM5AC?hl=it&gbpv=0|anno=1856|editore=tipografia di Pietro Naratovich|pp=23-25|cid=Romanin}} Histoire de Charles VIII, roi de France, d'apre̲s des documents diplomatiques, Volume 1, Claude Joseph de Cherrier, Didier, 1870, pp. 356-357.</ref>
 
Tornato a Milano da Ferrara (dove si era abboccato col suocero), Ludovico scoprì che durante la loro assenza Isabella aveva congiurato con [[Boccolino di Guzzone|Boccalino Guzzoni da Osmo]], condottiero napoletano assai vicino al duca di Calabria, per togliergli lo Stato e uccidere lui, la moglie e i figli. Boccalino fu arrestato, torturato e impiccato,<ref>Vita e fatti di Boccolino Guzzoni da Osimo capitano di ventura del secolo XV: narrati con documenti inediti ed editi rarissimi, Giosuè Cecconi, Rossi, 1889, pp. 156-160.</ref> mentre Isabella ricevette un rimprovero da parte dell'ambasciatore napoletano.<ref>Guido Lopez, ''Moro! Moro! Storie del Ducato Sforzesco'', Camunia, 1992, pp. 205-207.</ref> Il [[Guicciardini]] parlò a questo punto di un certo viaggio progettato da re Ferrante verso Genova e poi Milano, dove avrebbe dovuto incontrare Ludovico e Beatrice per persuaderli alla pace e ricondurre a Napoli Isabella, ma infermatosi proprio in quei giorni, morì il 25 gennaio 1494, secondo alcuni più di dispiacere che di malattia.<ref>{{Cita|Dina|p. 344}}.</ref> Asceso al trono, Alfonso III accolse le preghiere della figlia Isabella e occupò, come primo atto di ostilità, la città di [[Bari]]. Da ciò derivò la reazione di Ludovico che, per rispondere alle sue minacce, lasciò mano libera al monarca francese di scendere in Italia.<ref name="Corio, p. 1057">{{Cita|Corio|p. 1057}}.</ref>
 
La riconquista del regno più grande della Penisola, già governato dalla Casata degli [[Angioini]] (dal 1282 al 1442), non comprendeva, nei progetti di Carlo, anche la Sicilia. Quest'ultimo fatto depone a favore della tesi secondo la quale Carlo VIII non intendesse accrescere semplicemente i domini della sua Casata, ambizione comune a molte case regnanti di area [[mitteleuropea]] o [[anglosassoni|anglosassone]], ma farne piuttosto la base di partenza per quelle [[Crociate]] la cui eco era stata rinvigorita dalla cacciata degli [[arabi]] dall'ultimo possedimento spagnolo, il [[Regno di Granada]] ([[1492]]). Il progetto politico della ''Res Publica Christiana Pro Recuperanda Terra Sancta'' aveva ancora presa nelle aristocrazie europee, nonostante le otto Crociate che miravano a realizzarlo si fossero alla fine risolte in un disastro.
 
== Prima fase ==
 
[[File:Charles VIII (KHM Vienne).jpg|sinistra|miniatura|[[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]] re di Francia. Copia del XVI secolo da un originale perduto.]]
Nell'aprile 1494 Ludovico Sforza inviò a [[Lione]] il genero e capitano generale [[Galeazzo Sanseverino]], col compito di prendere gli ultimi accordi e di accompagnare il re nel corso del suo viaggio.<ref>François Tommy Perrens, Histoire de Florence depuis la domination des Médicis jusqu'à la chute de la république (1434-1531), pp. 47-48; {{Cita|Sanudo|pp. 48-49}}.</ref>
{{Citazione|Mentre che io canto, o Iddio redentore,<br />
 
Vedo la Italia tutta a fiama e a foco<br />
Per questi Galli, che con gran valore<br />
Vengon per disertar non so che loco [...]|[[Matteo Maria Boiardo]], [[Orlando Innamorato]], Libro terzo, Canto IX, Ottava 26.}}
 
=== La discesa didell'avanguaria Carlofrancese VIIIguidata da Luigi d'Orléans ===
Nell'aprile 1494 Ludovico Sforza inviò a [[Lione]] il genero e capitano generale [[Galeazzo Sanseverino]], col compito di prendere gli ultimi accordi e di accompagnare il re nel corso del suo viaggio.<ref>François Tommy Perrens, Histoire de Florence depuis la domination des Médicis jusqu'à la chute de la république (1434-1531), pp. 47-48; {{Cita|Sanudo|pp. 48-49}}.</ref> Carlo si fece precedere in Italia dal cugino [[Luigi XII di Francia|Luigi d'Orléans]], che nel luglio giunse nei territori del ducato di Milano con le avanguardie dell'esercito francese, benevolmente accolto a [[Vigevano]] dai duchi di Bari [[Ludovico il Moro|Ludovico Sforza]] e [[Beatrice d'Este]], quindi si acquartierò nel proprio feudo d'[[Asti]]. Intanto c'erano già molti malcontenti, e non si capiva la ragione di questa guerra, talché era nato un motto: ''el non è'' [non c'è] ''ni savio ni matto che intendi la guerra dil nonantaquattro.''<ref>{{Cita|Sanudo|p. 71}}.</ref>
[[File:Charles VIII (KHM Vienne).jpg|sinistra|miniatura|[[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]] re di Francia. Copia del XVI secolo da un originale perduto.]]
Nell'aprile 1494 Ludovico Sforza inviò a [[Lione]] il genero e capitano generale [[Galeazzo Sanseverino]], col compito di prendere gli ultimi accordi e di accompagnare il re nel corso del suo viaggio.<ref>François Tommy Perrens, Histoire de Florence depuis la domination des Médicis jusqu'à la chute de la république (1434-1531), pp. 47-48; {{Cita|Sanudo|pp. 48-49}}.</ref> Carlo si fece precedere in Italia dal cugino [[Luigi XII di Francia|Luigi d'Orléans]], che nel luglio giunse nei territori del ducato di Milano con le avanguardie dell'esercito francese, benevolmente accolto a [[Vigevano]] dai duchi di Bari [[Ludovico il Moro|Ludovico Sforza]] e [[Beatrice d'Este]], quindi si acquartierò nel proprio feudo d'Asti. Intanto c'erano già molti malcontenti, e non si capiva la ragione di questa guerra, talché era nato un motto: ''el non è'' [non c'è] ''ni savio ni matto che intendi la guerra dil nonantaquattro.''<ref>{{Cita|Sanudo|p. 71}}.</ref>
 
Carlo VIII era consapevole che il suo esercito, inoltrandosi nella lunga penisola italiana alla volta di Napoli, necessitava di un aiuto navale che gli assicurasse un supporto logistico dal mare. La manovra aragonese era invece proprio quella d'impedirgli libertà di manovra nel Tirreno; già nel mese di luglio una flotta napoletana bombarda la genovese [[Battaglia di Portovenere|Portovenere]] cercando inutilmente d'impadronirsi della base.
Soltanto il 3 settembre [[1494]] re Carlo mosse verso l'Italia attraverso il [[Monginevro]], con un esercito di circa {{formatnum:30000}} effettivi, dei quali {{formatnum:5000}} erano [[mercenari svizzeri]], dotato di un'artiglieria moderna. Giunto in Piemonte venne accolto festosamente dai duchi di [[Ducato di Savoia|Savoia]], per poi raggiungere il cugino nella controllata [[Contea di Asti (età moderna)|Contea di Asti]].
 
==== Prima battaglia di Rapallo ====
{{Vedi anche|Battaglia di Rapallo (1494)}}
Carlo VIII era consapevole che il suo esercito, inoltrandosi nella lunga penisola italiana alla volta di Napoli, necessitava di un aiuto navale che gli assicurasse un supporto logistico dal mare. La manovra aragonese era invece proprio quella d'impedirgli libertà di manovra nel Tirreno; già nel mese di luglio una flotta napoletana bombarda la genovese [[Portovenere]] cercando inutilmente d'impadronirsi della base.
 
Il 5 settembre 1494, la città di [[Rapallo]] in Liguria venne raggiunta dalla flotta navale aragonese che vi sbarcò {{formatnum:4000}} soldati napoletani comandati da [[Giulio Orsini]], [[Ibleto Fieschi|Obietto Fieschi]] e Fregosino Campofregoso: l'intenzione era di sollevare la popolazione rapallese contro [[Genova]] che in quel tempo era soggetta alla signoria sforzesca.
 
Tre giorni dopo, giunse in città un esercito francese comandato da [[Luigi XII di Francia|Luigi d'Orléans]], composto da soldati francesi, da {{formatnum:3000}} mercenari svizzeri e da contingenti milanesi. Gli Svizzeri attaccarono i Napoletani ma la maggior parte dei combattimenti coinvolse Milanesi e Napoletani. L'artiglieria francese concentrando poi il tiro sugli Aragonesi li sconfisse, costringendoli a fuggire o ad arrendersi. L'Orsini e il Campofregoso furono fatti prigionieri. Gli Svizzeri fecero massacro anche di coloro che intendevano arrendersi e persino dei feriti, saccheggiando poi la città di Rapallo. Questa battaglia annientò la flotta napoletana e aprì la via della Liguria e del centro Italia all'esercito di Carlo VIII.
 
==== Accampamento di Carlo VIII ad Asti ====
 
Soltanto il 3 settembre [[1494]] re Carlo mosse verso l'Italia attraverso il [[Monginevro]], con un esercito di circa {{formatnum:30000}} effettivi, dei quali {{formatnum:5000}} erano [[mercenari svizzeri]], dotato di un'artiglieria moderna. Giunto in Piemonte venne accolto festosamente dai duchi di [[Ducato di Savoia|Savoia]], per poi raggiungere il cugino nella controllata [[Contea di Asti (età moderna)|Contea di Asti]].
 
L'esercito francese si accampò ad [[Asti]] l'11 settembre, dove Carlo VIII ricevette l'omaggio dei suoi sostenitori: primi fra tutti il duca Ludovico Sforza con la moglie Beatrice d'Este, che era incinta, e il suocero [[Ercole d'Este]], duca di [[Ferrara]]. Egli richiamò subito ad Asti da Genova il cugino Luigi d'Orleans, il quale giunse il 15 settembre.<ref name=":6">{{Cita|Sanudo|pp. 85-90}}.</ref> La duchessa aveva condotto con sé le ottanta più belle dame di Milano: il re, come già il cugino d'Orléans, volle baciarle tutte sulla bocca, a cominciare dalla stessa Beatrice e da [[Bianca Giovanna Sforza]], giovanissima figlia del Moro, quindi s'intrattenne a vederle ballare. Con alcune di quelle dame egli prese poi piacere, offrendo loro in cambio degli anellini d'oro.<ref name="Malaguzzi Valeri, p. 48 e 564">{{Cita|Malaguzzi Valeri|p. 48 e 564}}.</ref><ref name=":15">{{Cita|Biancardi|pp. 386-393}}.</ref>
 
[[File:Miniatura_di_Beatrice_d'Este_(1475-1497).jpg|sinistra|miniatura|[[Beatrice d'Este]] all'età di 18 anni (1494).]]
Il 13 settembre la duchessa [[Beatrice d'Este|Beatrice]] aveva ordinato una splendida festa per compiacerlo, ma in quello stesso giorno Carlo cadde gravemente ammalato e Ludovico ne approfittò per rimandare la moglie nel loro castello di [[Annone di Brianza|Annone]],<ref name=":6" /> forse perché geloso dei corteggiamenti del [[Bertrando di Beauvau|barone di Beauvau]] nei suoi confronti.<ref>{{Cita|Maulde|83 e 84}}; {{Cita|Sanudo|pp. 87 e 90}}.</ref> L'[[archiatra]] milanese [[Ambrogio da Rosate]], venuto a curare il re, gli diagnosticò il [[vaiolo]], ma si trattava forse piuttosto di una prima manifestazione della [[sifilide]], di cui il re fu affetto in seguito e i cui sintomi potevano facilmente essere scambiati per vaiolo.<ref>''Ambrogio Varese: un rosatese alla corte di Ludovico il Moro'', Alberto M. Cuomo, Amministrazione comunale di Rosate, 1987.</ref> Per questo evento la stessa prosecuzione della guerra fu messa in dubbio: molti membri del seguito del re desideravano ritornare in Francia. L'indisposizione tuttavia fu di breve durata: già il 21 settembre re Carlo si levò dal letto, e Luigi d'Orleans cadde viceversa ammalato di [[Malaria|doppia febbre quartana]].<ref name=":6" /><ref name=":15" />
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Partito da Asti, Carlo si recò a [[Casale Monferrato|Casale]] su invito del marchese [[Guglielmo IX del Monferrato|Guglielmo IX di Monferrato]], desideroso di conoscere la di lui madre [[Maria Branković (1466-1495)|Maria]], che si diceva una bellissima donna.<ref name=":6" /> Di lì passò nei territori del ducato di Milano e per vari giorni fu ospitato a [[Vigevano]] dai duchi di Bari. Ludovico tollerò senza opporsi che il re si impossessasse del castello, pretendendo le chiavi di ogni porta, sebbene i francesi si comportassero "molto bestialmente et con gran superbia", sia ammazzando e ferendo gli italiani, e addirittura cacciandone alcuni di casa a bastonate, sia dando luogo a risse mortali fra loro stessi all'interno degli alloggiamenti. L'ambasciatore estense [[Giacomo Trotti]] li definiva "insolenti, bestiali et superbi".<ref>Archivio storico per le province napoletane, Volume 4, 1879, pp. 787 e 789.</ref>
 
=== Morte di Gian Galeazzo Sforza ===
[[File:L'incontro_di_Carlo_VIII_e_Gian_Galeazzo_Sforza_a_Pavia_nel_1494,_Pelagio_Pelagi.jpeg|miniatura|L'incontro di Carlo VIII e [[Gian Galeazzo Maria Sforza|Gian Galeazzo Sforza]] a Pavia nel 1494, [[Pelagio Palagi]]. Davanti al letto del marito morente, la duchessa Isabella supplica in ginocchio il sovrano [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]] di non voler proseguire la guerra contro [[Alfonso II di Napoli|Alfonso]] suo padre e gli affida il figlioletto [[Francesco Maria Sforza|Francesco]]. Accanto al re, con viso losco, sta il duca Ludovico, presunto responsabile dell'avvelenamento.]]
Il re si recò quindi a [[Pavia]], dove volle incontrare il duca [[Gian Galeazzo Sforza]] moribondo in letto. La moglie [[Isabella d'Aragona (1470-1524)|Isabella d'Aragona]] dapprima rifiutò con assoluto rigore d'incontrare il re, minacciando il [[suicidio]] con un coltello di fronte agli allibiti Ludovico Sforza e Galeazzo Sanseverino, nel caso in cui l'avessero voluta costringere, dicendo: "prima mi amazerò mi medesima, che mai vadi a la sua presentia de chi va a la ruina dil Re mio padre!";<ref name=":7">{{Cita|Sanudo|p. 672}}.</ref> in un secondo momento si recò di sua spontanea volontà nella camera del marito, si gettò in ginocchio ai piedi di re Carlo e, mostrandogli il figliolo [[Francesco Maria Sforza|Francesco Maria]], unico erede maschio, lo scongiurò di proteggere la sua famiglia dalle mire di Ludovico Sforza e di rinunciare alla conquista del regno di suo padre, il tutto alla presenza dello stesso Ludovico. Il re si commosse per quella scena, e promise di proteggerne il figlio, ma rispose che non avrebbe potuto interrompere una guerra ormai incominciata.<ref>{{Cita|Dina|pp. 350-352}}.</ref>
 
Da Pavia, il 17 ottobre Carlo partì con tutto l'esercito alla volta di [[Piacenza]], accompagnato da Ludovico.<ref name=":7" /> Militavano già tra i francesi, per parte lombarda, i due rinomati condottieri [[Gianfrancesco Sanseverino d'Aragona|Gian Francesco]] e [[Gaspare Sanseverino|Fracasso Sanseverino]], ma Carlo volle avere ugualmente con sé anche il loro fratello [[Galeazzo Sanseverino|Galeazzo]] che, oltre a essere fine cortigiano, gli era garante delle intenzioni del Moro. Il 21 ottobre, aggravatosi, Gian Galeazzo Sforza morì, secondo alcuni avvelenato dallo zio, secondo altri per debolezza intrinseca, per gli eccessi e per disturbi di stomaco che si trascinava fin dall'adolescenza. Ludovico ricevette la notizia immediatamente e quel giorno stesso partì di corsa da Piacenza, raggiungendo nel giro di pochissime ore Milano, dove riuscì a farsi proclamare duca al posto del piccolo Francesco Maria.<ref name=":10">{{Cita|Sanudo|pp. 100-105}}.</ref> Tre giorni dopo, il 25, ripartì per Piacenza insieme alla moglie Beatrice, ormai al sesto mese di gravidanza, e raggiunse il re che si era nel mentre spostato a [[Fornovo di Taro|Fornovo]], accompagnandolo fino in Toscana. Tuttavia la loro permanenza presso l'esercito francese fu breve poiché, sdegnato dall'alterigia del re, che non gli mostrava il rispetto dovuto, Ludovico deliberò il 13 novembre di tornare a Milano.<ref name=":10" /> In questo frangente maturò in sostanza la decisione, messa in atto pochi mesi dopo, di staccarsi dall'alleanza del re per formare una lega antifrancese.<ref>{{Cita|Biancardi|p. 469}}.</ref>
[[File:L'incontro_di_Carlo_VIII_e_Gian_Galeazzo_Sforza_a_Pavia_nel_1494,_Pelagio_Pelagi.jpeg|miniatura|L'incontro di Carlo VIII e [[Gian Galeazzo Maria Sforza|Gian Galeazzo Sforza]] a Pavia nel 1494, [[Pelagio Palagi]]. Davanti al letto del marito morente, la duchessa Isabella supplica in ginocchio il sovrano [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]] di non voler proseguire la guerra contro [[Alfonso II di Napoli|Alfonso]] suo padre e gli affida il figlioletto [[Francesco Maria Sforza|Francesco]]. Accanto al re, con viso losco, sta il duca Ludovico, presunto responsabile dell'avvelenamento.]]
 
=== Discesa in Toscana ===
Il re di Napoli Alfonso d'Aragona affidò il comando generale dell'esercito napoletano al figlio [[Ferdinando II di Napoli|Ferrandino]], duca di Calabria, che, per quanto giovane, era dotato di eccezionali qualità sia belliche che politiche. Questi nel settembre-ottobre sostò con le truppe in Romagna, dove ricercò - con espedienti non meno seduttivi che politici - l'alleanza di [[Caterina Sforza]], signora di [[Forlì]] e [[Imola]], essendo lo stato di costei luogo importante di transito verso Napoli.<ref name=":02">{{Cita libro|autore=conte Pier Desiderio Pasolini|titolo=Caterina Sforza|url=https://archive.org/details/caterinasforza00pasouoft|anno=1913}}</ref>
 
==== Il sacco di Mordano ====
{{Vedi anche|Sacco di Mordano}}
Ferrandino sfidò più volte apertamente i francesi a venire alle mani, o in duello singolo o con tutto l'esercito, ma questi non vollero mai accettare battaglia né campale né singola, sicché gli scontri constarono di sole scaramucce.<ref>{{Cita|Sanudo|p. 77}}.</ref><ref name=":12">{{Cita libro|autore=Benedetto Croce|titolo=Storie e leggende napoletane|anno=1990|editore=Gli Adelphi|pp=157-179}}</ref> Nel frattempo i francesi andavano accrescendosi di numero e decisero di attirare il duca di Calabria in una trappola: tra il 20 e il 21 ottobre attorno alla cittadina di [[Mordano]] si radunarono tra i quattordicimila ai sedicimila francesi per cingerla d'assedio. Caterina chiese il soccorso dei napoletani per difenderla, ma Ferrandino, disponendo di molti meno uomini e prevedendo una sconfitta, su consiglio dei propri generali decise di non rispondere alle richieste di aiuto della contessa. Ne seguì una [[Sacco di Mordano|strage]] di civili solo in parte mitigata dalle premure del capitano [[Gaspare Sanseverino|Fracasso]].<ref>Bernardino Zambotti, Diario Ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in Giuseppe Pardi (a cura di), Rerum italicarum scriptores, p. 236.</ref> Caterina, adiratissima, passò dalla parte dei francesi, rompendo l'alleanza coi napoletani; pertanto Ferrandino lasciò [[Faenza]] per dirigersi verso [[Cesena]]. Stando ai cronisti coevi, il sacco non avvenne per negligenza di Ferrandino, ma per una sua effettiva impossibilità di sconfiggere i francesi, fortificati in "boni bastioni".<ref>{{Cita libro|titolo=Raccolta di cronisti e documenti storici lombardi inediti, vol. 1, Cronaca di Antonio Grumello Pavese|editore=Giuseppe Muller|p=5}}</ref> Egli lasciò comunque presso i forlivesi il ricordo di sé come capitano onorato, onesto e rispettoso dei civili.<ref name=":02" />
 
=== Passaggio in Toscana ===
Carlo, dapprima intenzionato a percorrere la via Emilia fino alla Romagna, mutò proposito e, dopo una tappa a [[Piacenza]], si diresse verso [[Firenze]]. La città era tradizionalmente filofrancese, ma la politica incerta del suo signore, [[Piero di Lorenzo de' Medici]], figlio di [[Lorenzo il Magnifico]], l'aveva schierata in difesa degli [[Aragonesi]] di [[Napoli]].
 
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Tornato a Firenze l'8 novembre, Piero ne fu costretto a fuggire dai fiorentini, che approfittarono di accusarlo di atteggiamento vile e servile e proclamarono la Repubblica. Allo stesso tempo i fiorentini agevolarono l'invasione di Carlo VIII, considerandolo restauratore della loro libertà e riformatore della Chiesa (il cui [[Papa Alessandro VI]], salito al soglio pontificio il 26 agosto 1492, era considerato indegno dal [[Savonarola]]).
Il 9 novembre [[Pisa]] cacciò i fiorentini e si rese [[Seconda Repubblica Pisana|indipendente]].
 
In Firenze però sorse subito un contrasto quando il liberatore Carlo pretese da Firenze un'ingente donazione di denaro che il governo fiorentino rifiutò. Alla minaccia del re francese di ordinare con le trombe il saccheggio della città il gonfaloniere [[Pier Capponi]] rispose che Firenze avrebbe risposto suonando a distesa le campane cittadine per chiamare il popolo a resistere. Alla pericolosa minaccia di una sommossa il re preferì proseguire verso Roma.
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Per evitarne un'ulteriore permanenza in città, il 6 gennaio 1495 Alessandro VI accolse Carlo VIII e ne autorizzò il passaggio negli Stati pontifici verso [[Napoli]], affiancandogli come cardinale legato il figlio [[Cesare Borgia]]. Carlo VIII assediò ed espugnò il castello di [[Monte San Giovanni Campano|Monte San Giovanni]], trucidando 700 abitanti, e [[Tuscania]] ([[Viterbo]]), distruggendone due terzieri e uccidendone 800 abitanti.<ref>L'amante del papa, [[Giulia Farnese]], moglie del suo alleato [[Orsino Orsini (nobile)|Orsino Orsini]], e la suocera, [[Adriana Mila]], in viaggio da [[Bassanello]] verso il [[Vaticano]], caddero prigioniere dei soldati francesi. Carlo le usò come merce di scambio: le donne vennero liberate nel giro di un mese e l'esercito francese poté entrare sfilando in [[Roma]].</ref>
 
==== Abdicazione di Alfonso II ====
[[File:Ferrandino_d'Aragona.jpeg|miniatura|Presunto ritratto di re Ferrandino.|sinistra]]
Con l'avvicinarsi delle truppe nemiche, il re di Napoli [[Alfonso II di Napoli|Alfonso II]], conoscendo di essere profondamente odiato dal popolo napoletano per le proprie angherie e dalla nobiltà per le uccisioni perpetrate a seguito della [[congiura dei baroni]], pensò di assicurare maggiore stabilità al trono e alla discendenza abdicando in favore del giovane Ferrandino, viceversa amatissimo per le proprie virtù sia dal popolo sia dalla nobiltà, ed egli ritirarsi a vita monastica presso il monastero di Mazzara in [[Sicilia]]. Questa decisione sarebbe stata maturata a seguito dell'apparizione del fantasma del padre Ferrante I a un suo medico, al quale il defunto re avrebbe detto di abbandonare ogni speranza, perché la casa d'Aragona era destinata a estinguersi per l'enormità dei propri peccati.<ref name=":12" /><ref>Vite de' re di Napoli con lo stato delle scienze, delle arti, della navigazione, del commercio e degli spettacoli sotto ciascuno sovrano per Niccolo Morelli, 1849, p. 205.</ref>
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{{Vedi anche|Battaglia di Seminara (1495)}}
Nel maggio una pesante sconfitta navale ad opera della flotta genovese ([[Battaglia di Rapallo (1495)|seconda battaglia di Rapallo]]) privò quasi totalmente Carlo del supporto navale necessario al trasporto delle pesanti artiglierie e alla logistica dell'esercito. Nello stesso mese il re di Francia, in seguito alle pulsioni filo-aragonesi del popolo napoletano e all'avanzare delle armate di Ferrandino nel Regno, comprese la necessità di lasciare Napoli e si avviò per rientrare in patria.
Ferrandino si unì a suo cugino, [[Ferdinando II d'Aragona]], [[re di Sicilia]] e [[Spagna]], che gli offrì assistenza nella riconquista del Regno.<ref>Nicolle, ''Fornovo'', 7-11.; Prescott, ''Reign of Ferdinand and Isabella'', 265-6.</ref> Il 24 maggio il generale spagnoloaragonese [[Gonzalo Fernández de Córdoba]] giunse al [[porto di Messina]] con un piccolo esercito composto da 600 lancieri della cavalleria spagnola e {{formatnum:1500}} fanti, solo per scoprire che Ferrandino era già passato in [[Calabria]] con l'esercito, portando con sé la flotta dell'ammiraglio Requesens, e aveva rioccupato [[Reggio Calabria|Reggio]]. Anche da Córdoba passò in Calabria due giorni dopo.<ref>{{en}} [[William H. Prescott]]. ''History of the Reign of Ferdinand and Isabella, the Catholic, of Spain.'' Volume II. London: Bradbury and Evans, 1854, p. 272.</ref>
[[File:Adriano fiorentino, medaglia di ferdinando d'aragona principe di capua.JPG|sinistra|miniatura|Medaglia raffigurante Ferrandino duca di Calabria, [[Adriano Fiorentino]], 1494 circa.]]
Il re condusse l'esercito alleato fuori dall'abitato di [[Seminara]] il 28 giugno e prese posizione lungo un torrente. Inizialmente il [[Battaglia di Seminara (1495)|combattimento]] volse a favore degli alleati e Ferrandino combatté con grande valore, tanto che "parea fosse risuscitato quillo grande [[Ettore (mitologia)|Ettore]] de Troia",<ref>Archivio storico per le province napoletane, Volume 53, 1928, p. 147.</ref> però la milizia calabrese, presa dal panico, tornò indietro; sebbene Ferrandino tentasse di arrestare la loro fuga, i calabresi in ritirata furono attaccati dai ''gendarmi'' franco-svizzeri che erano riusciti ad attraversare il corso d'acqua trionfando.<ref>{{en}} [[William H. Prescott]]. ''History of the Reign of Ferdinand and Isabella, the Catholic, of Spain.'' Volume II. London: Bradbury and Evans, 1854, p. 277.</ref> La situazione divenne presto disperata per le forze alleate: il re, facilmente riconosciuto dal lussuoso abbigliamento, fu duramente attaccato, disarcionato e minacciato dalle forze nemiche e sfuggì solo grazie al sacrificio di [[Giovanni di Capua]], fratello del Conte di Altavilla, che gli cedette la propria cavalcatura.<ref name="Francesco Guicciardini">{{Cita|Francesco Guicciardini|p. 226}}.</ref><ref>{{Cita|Sigismondo Conti|p. 153}}.
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=== La pace di Vercelli ===
È nota come pace di Vercelli poiché i capitoli furono firmati a [[Vercelli]], dove si trovava il re, ma fu in verità discussa nel [[Assedio di Novara (1495)|campo di Novara]]: per parte francese intervennero come oratori [[Filippo de Commynes|Filippo di Comines]], il presidente di Ganay e Morvilliers balivo di Amiens; per parte degli alleati un inviato del re dei Romani, l'ambasciatore di Spagna Juan Claver, il marchese Francesco Gonzaga, i provveditori [[Melchiorre Trevisan]] e Luca Pisani con l'ambasciatore veneziano, Ludovico Sforza con la moglie Beatrice e infine un ambasciatore del duca di Ferrara. Le trattative durarono più di quindici giorni e l'accordo fu firmato il 9 ottobre. Fu stabilito un salvacondotto per il duca d'Orleans, che fu tratto da Novara e andò a Vercelli, nonostante l'opposizione di quest'ultimo, che non voleva la pace. Anche il duca Ercole d'Este sembrava del medesimo parere: egli mandò, a detta del Comines, il conte [[Albertino V Boschetti|Albertino Boschetti]] a Vercelli, con la scusa di chiedere il salvacondotto per il marchese di Mantova e altri che dovevano venire a discutere la pace. Ricevuto dal re, il conte gli suggerì invece di resistere, «dicendo che tutto il campo era in grande paura e che presto se ne sarebbero andati». A dispetto dei molti pareri discordi, i francesi accettarono la pace per necessità, per mancanza di denaro e per altre ragioni, pur essendo consapevoli che avrebbe avuto breve durata. Ai veneziani furono poi concessi due mesi di tempo per accettare la pace, ma essi la rifiutarono.<ref>{{Cita libro|autore=[[Filippo di Commynes]]|traduttore=Maria Clotilde Daviso di Charvensod|titolo=Memorie|anno=1960|editore=Giulio Einaudi|pp=507-517}}</ref>
 
Il Monarca francese si ritirò in Francia passando attraverso la Lombardia: negli anni seguenti meditò una nuova campagna in Italia, ma la prematura morte per aver battuto la testa contro una porta gli impedì di attuarla. Il duca d'Orleans, dal canto suo, non smise un istante di minacciare una seconda spedizione contro il ducato di Milano, che fu in allarme fin dal 1496. La cosa ebbe seguito però solamente nel 1499, con la [[Guerra d'Italia del 1499-1504|seconda discesa dei francesi in Italia]], quando egli divenne re col nome di [[Luigi XII di Francia|Luigi XII]], e Ludovico Sforza si ritrovò senza più alleati.
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* {{Cita libro|autore=René Maulde-La-Clavière|titolo=Histoire de Loius XII: ptie. Louis d'Orléans.|url=https://books.google.it/books?id=yzteAAAAIAAJ&pg=PA53&dq|volume=3|cid=Maulde}}
* {{cita libro|autore=Marco Pellegrini|titolo=Le guerre d'Italia : (1494-1530)|città=Bologna|editore=Il mulino|anno=2009|isbn=978-88-15-13046-4|cid=Pellegrini, 2009}}
* {{Cita libro|autore=Marino Sanuto|wkautore=Marin Sanudo il Giovane|titolo=La spedizione di Carlo VIII in Italia|url=https://archive.org/details/laspedizionedic00sanugoog/page/n5/mode/2up|curatore=[[Rinaldo Fulin]]|città=Venezia|editore=Tipografia del Commercio di Marco Visentini|anno=1883|cid=Sanudo}}
* {{Cita libro|editore= fo impressa per me Christoforo Cremonese|nome= [[Giorgio Summaripa]]|titolo= Chronica vulgare in terza rima de le cose geste nel Regno Napoletano|città= Nel alma citate de Vinesia|accesso= 22 aprile 2015|data= 1496|url= https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=940696&search_terms=DTL5}}
*{{Cita libro|autore=Bernardino Zambotti|curatore=Giuseppe Pardi|titolo=Diario ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504|editore=Zanichelli|città=Bologna|anno=1937|opera=Rerum Italicarum scriptores ordinata da Ludovico Antonio Muratori|cid=Zambotti}}