Discesa di Carlo VIII in Italia: differenze tra le versioni

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== Antefatti ==
=== Mire di Carlo sul Regno di Napoli ===
Il poco più che ventenne re di Francia [[Carlo VIII di Francia|Carlo VIII]], attraverso la nonna paterna, [[Maria d'Angiò]] (1404-1463), rivendicava un lontano diritto ereditario alla corona del [[Regno di Napoli]]. Nel 1492 indirizzò le risorse cisalpine verso la conquista di quel reame, incoraggiato da [[Ludovico Sforza]], detto Il Moro, all'epoca [[Ducato di Bari|duca di Bari]], e sollecitato dai suoi consiglieri, [[Guillaume Briçonnet]] e de Vers. Anche il Principe di Salerno, [[Antonello Sanseverino]], riparato in Francia dal 1486 dopo la [[congiura dei Baroni]], spingeva Carlo a rivendicare il regno di Napoli.<ref>{{cita|Sanudo|p. 23}}.</ref>
La riconquista del regno più grande della Penisola, già governato dalla Casata degli [[Angioini]] (dal 1282 al 1442), non comprendeva, nei progetti di Carlo, anche la Sicilia. Quest'ultimo fatto depone a favore della tesi secondo la quale Carlo VIII non intendesse accrescere semplicemente i domini della sua Casata, ambizione comune a molte case regnanti di area [[mitteleuropea]] o [[anglosassoni|anglosassone]], ma farne piuttosto la base di partenza per quelle [[Crociate]] la cui eco era stata rinvigorita dalla cacciata degli [[arabi]] dall'ultimo possedimento spagnolo, il [[Regno di Granada]] ([[1492]]). Il progetto politico della ''Res Publica Christiana Pro Recuperanda Terra Sancta'' aveva ancora presa nelle aristocrazie europee, nonostante le otto Crociate che miravano a realizzarlo si fossero alla fine risolte in un disastro.
 
=== Il controllo di Ludovico il Moro sul Ducato di Milano ===
 
[[Casus belli]] del conflitto fu la rivalità sorta tra la duchessa di Bari, [[Beatrice d'Este]], moglie di Ludovico, e la duchessa di Milano, [[Isabella d'Aragona (1470-1524)|Isabella d'Aragona]], moglie di [[Gian Galeazzo Maria Sforza|Gian Galeazzo]], che aspiravano ambedue al controllo del ducato di Milano e al titolo ereditario per i propri figli: fin dal 1480 Ludovico Sforza governava quel ducato in qualità di reggente del piccolo nipote Gian Galeazzo, non essendo dunque duca di diritto, ma solo ''de facto''. La situazione si mantenne tranquilla fino al 1489, quando ebbero effetto le nozze tra Gian Galeazzo e Isabella d'Aragona, nipote di re [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante]] di Napoli in quanto figlia di [[Alfonso II di Napoli|Alfonso]], [[duca di Calabria]]. Isabella si rese subito conto che tutto il potere era ridotto nelle mani di Ludovico e soffriva per l'inettitudine del marito, svogliato e totalmente disinteressato al governo; nondimeno sopportò in silenzio fino a quando, nel gennaio 1491, Ludovico non prese in moglie Beatrice d'Este, figlia del duca di Ferrara [[Ercole I d'Este]] e cugina di Isabella per parte materna. Giovane determinata e ambiziosa, Beatrice fu ben presto associata dal marito al governo dello stato, né Isabella, "rabiosa et disperata de invidia", poté sopportare di vedersi superata in tutti gli onori dalla cugina.<ref name=":3" />[[File:Grandi_Casate_Italiane_nel_1499.png|sinistra|miniatura|L'Italia rinascimentale prima e dopo la prima invasione Francese. La linea tratteggiata in giallo rappresenta il confine tra [[Stato Pontificio#Il Patrimonium Sancti Petri|Patrimonio di San Pietro]] e [[Sacro Romano Impero Germanico]]. Delle casate regnanti in Italia, quella Aragonese costituiva un ramo cadetto della monarchia Spagnola.]]
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Tornato a Milano da Ferrara (dove si era abboccato col suocero), Ludovico scoprì che durante la loro assenza Isabella aveva congiurato con [[Boccolino di Guzzone|Boccalino Guzzoni da Osmo]], condottiero napoletano assai vicino al duca di Calabria, per togliergli lo Stato e uccidere lui, la moglie e i figli. Boccalino fu arrestato, torturato e impiccato,<ref>Vita e fatti di Boccolino Guzzoni da Osimo capitano di ventura del secolo XV: narrati con documenti inediti ed editi rarissimi, Giosuè Cecconi, Rossi, 1889, pp. 156-160.</ref> mentre Isabella ricevette un rimprovero da parte dell'ambasciatore napoletano.<ref>Guido Lopez, ''Moro! Moro! Storie del Ducato Sforzesco'', Camunia, 1992, pp. 205-207.</ref> Il [[Guicciardini]] parlò a questo punto di un certo viaggio progettato da re Ferrante verso Genova e poi Milano, dove avrebbe dovuto incontrare Ludovico e Beatrice per persuaderli alla pace e ricondurre a Napoli Isabella, ma infermatosi proprio in quei giorni, morì il 25 gennaio 1494, secondo alcuni più di dispiacere che di malattia.<ref>{{Cita|Dina|p. 344}}.</ref> Asceso al trono, Alfonso II accolse le preghiere della figlia Isabella e occupò, come primo atto di ostilità, la città di [[Bari]]. Da ciò derivò la reazione di Ludovico che, per rispondere alle sue minacce, lasciò mano libera al monarca francese di scendere in Italia.<ref name="Corio, p. 1057">{{Cita|Corio|p. 1057}}.</ref>
 
La riconquista del regno più grande della Penisola, già governato dalla Casata degli [[Angioini]] (dal 1282 al 1442), non comprendeva, nei progetti di Carlo, anche la Sicilia. Quest'ultimo fatto depone a favore della tesi secondo la quale Carlo VIII non intendesse accrescere semplicemente i domini della sua Casata, ambizione comune a molte case regnanti di area [[mitteleuropea]] o [[anglosassoni|anglosassone]], ma farne piuttosto la base di partenza per quelle [[Crociate]] la cui eco era stata rinvigorita dalla cacciata degli [[arabi]] dall'ultimo possedimento spagnolo, il [[Regno di Granada]] ([[1492]]). Il progetto politico della ''Res Publica Christiana Pro Recuperanda Terra Sancta'' aveva ancora presa nelle aristocrazie europee, nonostante le otto Crociate che miravano a realizzarlo si fossero alla fine risolte in un disastro.
 
== Prima fase ==
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Ferrandino sfidò più volte apertamente i francesi a venire alle mani, o in duello singolo o con tutto l'esercito, ma questi non vollero mai accettare battaglia né campale né singola, sicché gli scontri constarono di sole scaramucce.<ref>{{Cita|Sanudo|p. 77}}.</ref><ref name=":12">{{Cita libro|autore=Benedetto Croce|titolo=Storie e leggende napoletane|anno=1990|editore=Gli Adelphi|pp=157-179}}</ref> Nel frattempo i francesi andavano accrescendosi di numero e decisero di attirare il duca di Calabria in una trappola: tra il 20 e il 21 ottobre attorno alla cittadina di [[Mordano]] si radunarono tra i quattordicimila ai sedicimila francesi per cingerla d'assedio. Caterina chiese il soccorso dei napoletani per difenderla, ma Ferrandino, disponendo di molti meno uomini e prevedendo una sconfitta, su consiglio dei propri generali decise di non rispondere alle richieste di aiuto della contessa. Ne seguì una [[Sacco di Mordano|strage]] di civili solo in parte mitigata dalle premure del capitano [[Gaspare Sanseverino|Fracasso]].<ref>Bernardino Zambotti, Diario Ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in Giuseppe Pardi (a cura di), Rerum italicarum scriptores, p. 236.</ref> Caterina, adiratissima, passò dalla parte dei francesi, rompendo l'alleanza coi napoletani; pertanto Ferrandino lasciò [[Faenza]] per dirigersi verso [[Cesena]]. Stando ai cronisti coevi, il sacco non avvenne per negligenza di Ferrandino, ma per una sua effettiva impossibilità di sconfiggere i francesi, fortificati in "boni bastioni".<ref>{{Cita libro|titolo=Raccolta di cronisti e documenti storici lombardi inediti, vol. 1, Cronaca di Antonio Grumello Pavese|editore=Giuseppe Muller|p=5}}</ref> Egli lasciò comunque presso i forlivesi il ricordo di sé come capitano onorato, onesto e rispettoso dei civili.<ref name=":02" />
 
=== Passaggio in Toscana ===
Carlo, dapprima intenzionato a percorrere la via Emilia fino alla Romagna, mutò proposito e, dopo una tappa a [[Piacenza]], si diresse verso [[Firenze]]. La città era tradizionalmente filofrancese, ma la politica incerta del suo signore, [[Piero di Lorenzo de' Medici]], figlio di [[Lorenzo il Magnifico]], l'aveva schierata in difesa degli [[Aragonesi]] di [[Napoli]].
 
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Tornato a Firenze l'8 novembre, Piero ne fu costretto a fuggire dai fiorentini, che approfittarono di accusarlo di atteggiamento vile e servile e proclamarono la Repubblica. Allo stesso tempo i fiorentini agevolarono l'invasione di Carlo VIII, considerandolo restauratore della loro libertà e riformatore della Chiesa (il cui [[Papa Alessandro VI]], salito al soglio pontificio il 26 agosto 1492, era considerato indegno dal [[Savonarola]]).
Il 9 novembre [[Pisa]] cacciò i fiorentini e si rese [[Seconda Repubblica Pisana|indipendente]].
 
In Firenze però sorse subito un contrasto quando il liberatore Carlo pretese da Firenze un'ingente donazione di denaro che il governo fiorentino rifiutò. Alla minaccia del re francese di ordinare con le trombe il saccheggio della città il gonfaloniere [[Pier Capponi]] rispose che Firenze avrebbe risposto suonando a distesa le campane cittadine per chiamare il popolo a resistere. Alla pericolosa minaccia di una sommossa il re preferì proseguire verso Roma.
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=== La pace di Vercelli ===
È nota come pace di Vercelli poiché i capitoli furono firmati a [[Vercelli]], dove si trovava il re, ma fu in verità discussa nel [[Assedio di Novara (1495)|campo di Novara]]: per parte francese intervennero come oratori [[Filippo de Commynes|Filippo di Comines]], il presidente di Ganay e Morvilliers balivo di Amiens; per parte degli alleati un inviato del re dei Romani, l'ambasciatore di Spagna Juan Claver, il marchese Francesco Gonzaga, i provveditori [[Melchiorre Trevisan]] e Luca Pisani con l'ambasciatore veneziano, Ludovico Sforza con la moglie Beatrice e infine un ambasciatore del duca di Ferrara. Le trattative durarono più di quindici giorni e l'accordo fu firmato il 9 ottobre. Fu stabilito un salvacondotto per il duca d'Orleans, che fu tratto da Novara e andò a Vercelli, nonostante l'opposizione di quest'ultimo, che non voleva la pace. Anche il duca Ercole d'Este sembrava del medesimo parere: egli mandò, a detta del Comines, il conte [[Albertino V Boschetti|Albertino Boschetti]] a Vercelli, con la scusa di chiedere il salvacondotto per il marchese di Mantova e altri che dovevano venire a discutere la pace. Ricevuto dal re, il conte gli suggerì invece di resistere, «dicendo che tutto il campo era in grande paura e che presto se ne sarebbero andati». A dispetto dei molti pareri discordi, i francesi accettarono la pace per necessità, per mancanza di denaro e per altre ragioni, pur essendo consapevoli che avrebbe avuto breve durata. Ai veneziani furono poi concessi due mesi di tempo per accettare la pace, ma essi la rifiutarono.<ref>{{Cita libro|autore=[[Filippo di Commynes]]|traduttore=Maria Clotilde Daviso di Charvensod|titolo=Memorie|anno=1960|editore=Giulio Einaudi|pp=507-517}}</ref>
 
Il Monarca francese si ritirò in Francia passando attraverso la Lombardia: negli anni seguenti meditò una nuova campagna in Italia, ma la prematura morte per aver battuto la testa contro una porta gli impedì di attuarla. Il duca d'Orleans, dal canto suo, non smise un istante di minacciare una seconda spedizione contro il ducato di Milano, che fu in allarme fin dal 1496. La cosa ebbe seguito però solamente nel 1499, con la [[Guerra d'Italia del 1499-1504|seconda discesa dei francesi in Italia]], quando egli divenne re col nome di [[Luigi XII di Francia|Luigi XII]], e Ludovico Sforza si ritrovò senza più alleati.
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* {{Cita libro|autore=René Maulde-La-Clavière|titolo=Histoire de Loius XII: ptie. Louis d'Orléans.|url=https://books.google.it/books?id=yzteAAAAIAAJ&pg=PA53&dq|volume=3|cid=Maulde}}
* {{cita libro|autore=Marco Pellegrini|titolo=Le guerre d'Italia : (1494-1530)|città=Bologna|editore=Il mulino|anno=2009|isbn=978-88-15-13046-4|cid=Pellegrini, 2009}}
* {{Cita libro|autore=Marino Sanuto|wkautore=Marin Sanudo il Giovane|titolo=La spedizione di Carlo VIII in Italia|url=https://archive.org/details/laspedizionedic00sanugoog/page/n5/mode/2up|curatore=[[Rinaldo Fulin]]|città=Venezia|editore=Tipografia del Commercio di Marco Visentini|anno=1883|cid=Sanudo}}
* {{Cita libro|editore= fo impressa per me Christoforo Cremonese|nome= [[Giorgio Summaripa]]|titolo= Chronica vulgare in terza rima de le cose geste nel Regno Napoletano|città= Nel alma citate de Vinesia|accesso= 22 aprile 2015|data= 1496|url= https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=940696&search_terms=DTL5}}
*{{Cita libro|autore=Bernardino Zambotti|curatore=Giuseppe Pardi|titolo=Diario ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504|editore=Zanichelli|città=Bologna|anno=1937|opera=Rerum Italicarum scriptores ordinata da Ludovico Antonio Muratori|cid=Zambotti}}