Italia libera: differenze tra le versioni
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|Tipo =
|Affiliazione =
|Fondatore = [[Randolfo Pacciardi]]
|Scopo = Associazione dei combattenti democratici e repubblicani della
|Naz sede = ITA 1861-1946▼
▲|Scopo = Associazione dei combattenti democratici e repubblicani della I Guerra mondiale in opposizione al fascismo
▲|Naz sede = ITA
|Sede = Roma
|Link sede =
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|Area =
|Carica =
|Naz presidente = ITA 1861-1946
|Presidente =
|Direttore =
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|Motto =
}}
[[File:Randolfo_Pacciardi_(2).jpg|thumb|upright=1.2|Randolfo Pacciardi]]▼
'''Italia Libera'''
==Storia==
Il progetto, sostenuto dall'intero [[Partito Repubblicano Italiano|Partito Repubblicano]] ma, in particolare, dal deputato [[Giovanni Conti (politico)|Giovanni Conti]], si proponeva di riunire tutti
Di questa insofferenza nei confronti dell'ANC si rese portavoce anche la [[Medaglia d'oro al valor militare|Medaglia d'oro]] [[Raffaele Rossetti]], autore dell'affondamento della corazzata ''[[SMS Viribus Unitis|Viribus Unitis]]''<ref>[http://www.marina.difesa.it/storia/galleria/viribus.asp Fotografie con commenti della Marina Militare]</ref>, ammiraglia della Marina austriaca<ref>[http://www.worldwar1.com/sfvu.htm Assault on the Viribus Unitis (in inglese)]</ref>, nel porto di [[Pola]]<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 4</ref>. Rossetti dopo essere entrato nel Partito Repubblicano, aderì subito con entusiasmo al progetto.
All'associazione, furono cooptati tutti gli ex-combattenti iscritti al [[Partito Repubblicano Italiano]]. Tra costoro, oltre a Pacciardi, Conti e Rossetti, i maggiori esponenti furono [[Fernando Schiavetti]], [[Cino Macrelli]], [[Mario Bergamo|Mario]] e [[Guido Bergamo]], [[Gigino Battisti]], [[Vincenzo Baldazzi]] e [[Alfredo Morea]]. Aderì in blocco anche la federazione sarda dell'ANC, controllata da [[Emilio Lussu]] e il gruppo fiorentino dei liberalsocialisti comprendenti [[Carlo Rosselli]], [[Piero Calamandrei]], [[Ernesto Rossi]] e [[Nello Traquandi]]. Membri di prestigio dell'associazione furono anche i nipoti di [[Giuseppe Garibaldi]], [[Peppino Garibaldi|Peppino]], [[Ricciotti Garibaldi jr|Ricciotti]] e [[Sante Garibaldi|Sante]].
L'associazione si dotò quasi subito di una testata giornalistica quindicinale: [[L'Italia libera]]. Dopo una serie di numeri unici, il periodico uscì regolarmente a partire dal 1
Il programma di ''Italia libera'', inizialmente, riproponeva quello approvato dall'ANC nel congresso costitutivo del 1919. L'intento era di ribadire l'avvicinamento dell'ANC al [[fascismo]] con il progressivo distacco da quegli ideali che invece ''Italia Libera'' avrebbe continuato a perseguire. Si chiedeva, cioè, un riesame dello [[Statuto albertino]] (naturalmente, in senso repubblicano, pur senza esprimerlo esplicitamente), l'abolizione del [[Senato del Regno
Nello stesso tempo ''Italia Libera'' volle riconoscersi nei concetti della [[Gabriele
L'allineamento dell'ANC al fascismo, in effetti, era ormai reale, tanto che, il 21 gennaio [[1924]], essa decretò l'espulsione di tutti i combattenti iscritti anche ad ''Italia Libera''.
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Rossetti, infatti, secondo un'interpretazione spirituale dell'[[mazzinianesimo|ideologia mazziniana]], riteneva che l'associazione si doveva porre in una posizione di serena attesa della coscienza popolare che, dietro l'esempio dei migliori, spazzasse via autonomamente il fascismo<ref name=conv/>.
Pacciardi, invece, propugnava un'opposizione attiva al fascismo, essendo del parere che, in qualsiasi caso, un atteggiamento passivo avrebbe immancabilmente portato alla sconfitta. Un'ulteriore fonte di imbarazzo era l'innegabile dipendenza dal PRI dei vertici dell'associazione; il
Tali contraddizioni si manifestarono ben presto in occasione delle [[Elezioni politiche italiane del 1924|elezioni politiche del 1924]]. Rossetti, infatti, di fronte all'ingiustizia della [[Legge Acerbo|legge elettorale maggioritaria]] adottata dal fascismo, sostenne l'astensionismo. Pacciardi invece diede l'indicazione agli iscritti di partecipare alle elezioni, scegliendo tra tutti i partiti di opposizione tranne i cattolici e i massimalisti (in pratica, un ventaglio comprendente i repubblicani, il [[Partito Socialista Unitario (1922)|PSU]], i liberaldemocratici di [[Giovanni Amendola|Amendola]] e gli ultimi [[Partito Radicale Italiano|radicali]]).
Le elezioni si svolsero il 6 aprile 1924 in un clima di intimidazioni (un candidato socialista fu ucciso, diversi candidati di sinistra furono feriti, ovunque furono impediti i comizi, bruciati i giornali, impedita l'affissione dei manifesti anche attaccando le tipografie) e con brogli anche superiori alla già alta media dell'Italia pre-fascista.
Dopo il [[delitto Matteotti]], nel giugno 1924, l'associazione, in accordo con il partito repubblicano, fece la precisa scelta di aderire e sostenere attivamente la [[Secessione dell'Aventino]]. ''Italia Libera'' si pose quindi all'avanguardia dello schieramento di opposizione e, nella seconda metà del 1924, raggiunse la sua massima espansione e il maggior peso politico. All'associazione si accostarono anche chi non rivestiva formalmente la qualifica di ex-combattente. Furono ammessi anche i socialisti massimalisti e vi si infiltrarono elementi del [[Partito Comunista d'Italia]]<ref name=sec>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 63-68</ref>.
I suoi gruppi territoriali toccarono il numero di 150, gli iscritti a 15.000, oltre ad alcune migliaia di militanti non iscritti. Il 1
Tra il mese di luglio e di agosto del 1924, un settore di ''Italia Libera'' ([[Alfredo Morea]], [[Peppino Garibaldi]] e suo nipote Decio Canzio) si batté per imprimere ai gruppi territoriali dell'associazione un'organizzazione militare capace di preparare e guidare un'azione insurrezionale contro il fascismo. Una circolare interna in tal senso fu distribuita da Decio Canzio. Essa cadde nelle mani della polizia fascista e fu pubblicata dal periodico [[Nazionalismo italiano|nazionalista]] ''[[L'Idea Nazionale]]'' che accusò ''Italia Libera'' di sovversivismo<ref>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 87-90</ref>.
Canzio fu costretto a dimettersi ma le sue dimissioni furono respinte all'unanimità dal gruppo milanese dell'associazione. Così, nella seconda metà di agosto, i dirigenti di ''Italia Libera'' concordarono di trasformare l'associazione in una specie di “braccio armato” della secessione aventiniana. L'operatività di tale linea fu segnalata al Ministero dell'Interno dai prefetti di [[Napoli]]<ref>ACS, ''Min. Interno, Dir. Gen. PS, Div. Affari gen. Ris.'' (1925), b. 84b, fasc. ''Napoli''</ref> e di [[Verona]]<ref>ACS, ''Min. Interno, Dir. Gen. PS, Div. Affari gen. Ris.''' (1925), b. 84b, fasc. ''Verona''</ref>.
Inizialmente, la linea insurrezionale a carattere militare fu condivisa dal leader dell'Aventino [[Giovanni Amendola]] che, tra l'agosto e l'ottobre 1924 costituì clandestinamente a Roma un primo nucleo armato denominato “Amici del Popolo” composto da alcune migliaia di uomini<ref>Luciano Zani, ''cit.'', pp. 93-94</ref>. In una relazione al Comitato esecutivo dell'[[Internazionale Comunista]], l'8 ottobre 1924, [[Palmiro Togliatti]] stimò in 7.000 uomini i componenti di tale nucleo romano, sostenendo che circa 4.000 fossero controllati dai comunisti<ref>Palmiro Togliatti, ''Opere'', vol. I, Roma, 1967, pp. 836-837</ref>. Negli ultimi due mesi del 1924, però, Amendola decise di abbandonare la linea insurrezionale.
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A tale scopo, Ricciotti Garibaldi ottenne finanziamenti da parte della [[massoneria]] internazionale e dal Partito socialista cecoslovacco. I collegamenti tra le Legioni garibaldine francesi e i gruppi di ''Italia Libera'' è dimostrata da un rapporto del capo della polizia fascista, secondo cui Zaniboni, nell'estate del 1924, si sarebbe recato a [[Parigi]] per incassare un finanziamento di 300.000 franchi a nome del Partito socialista cecoslovacco<ref>ACS, ''Min. Interno, Dir. Gen. PS, Div. Affari gen. Ris''. (1925), b. 109, fasc. ''Avanguardie garibaldine''</ref>.
Tuttavia, la circostanza che la quasi totalità dei combattenti di ''Italia Libera'' fosse di orientamento repubblicano portava in sé una contraddizione: il progetto insurrezionale armato, qualora fosse riuscito a rovesciare il fascismo si sarebbe dovuto rivolgere al re perché riportasse l'ordine democratico secondo l'ordinamento costituzionale vigente (monarchico). Diversamente, avrebbe dovuto investire la stessa [[Casa Savoia|monarchia]] alla quale erano fedeli le [[Forze armate italiane|Forze armate]]. Il
Per questo, anche il gruppo dirigente di ''Italia Libera'', negli ultimi mesi del 1924, decise di appoggiare la linea attendista della secessione aventiniana, limitandosi a porre come obiettivo della propria azione l'approvazione di una nuova [[costituzione]] da parte di un'Assemblea eletta a suffragio universale, senza precisare la forma istituzionale da perseguire<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 103</ref>.
L'adesione a tale linea della maggior parte degli iscritti fu palese il 4 novembre 1924, in occasione delle celebrazioni della [[Vittoria (Italia)|Vittoria]]. ''Italia Libera'' partecipò autonomamente alle manifestazioni e subì l'attacco degli squadristi senza rispondere alla violenza. Gli incidenti più gravi si ebbero a [[Roma]], in [[Piazza del Popolo (Roma)|Piazza del popolo]] dove si erano radunati circa 2000 combattenti guidati da Pacciardi, Battisti, Peppino e Sante Garibaldi<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 102</ref>. L'attacco degli squadristi ai reduci della [[
Il timore che [[Vittorio Emanuele III]] potesse prendere in considerazione il suo licenziamento, spinse [[Benito Mussolini|Mussolini]] a pronunciare il [[Discorso di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925|Discorso del 3 gennaio 1925]]<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 111</ref>..
''Italia Libera'' fu tra le primissime organizzazioni ad essere sciolta. Già il 6 gennaio successivo, il Ministro dell'Interno poté dichiarare che 120 gruppi di ''Italia Libera'' erano stati sciolti, 111 suoi aderenti erano stati arrestati ed erano state effettuate 625 perquisizioni domiciliari<ref>A. Aquarone, ''L'organizzazione dello Stato totalitario'', Torino, 1965, p. 48 e ss.</ref>. L'ultimo numero della testata “L'Italia Libera” era stato pubblicato il 28 dicembre 1924<ref>Luciano Zani, ''cit.'', p. 109</ref>.
== Avvenimenti successivi ==
[[File:Rosselli 2.jpg|thumb|Alcuni componenti del gruppo fiorentino di ''Italia libera'' nel [[1925]]: [[Nello Traquandi]], [[Tommaso Ramorino]], [[Carlo Rosselli]], [[Ernesto Rossi]], [[Luigi Emery]], [[Nello Rosselli]].]]
Con l'adozione delle [[leggi fascistissime|leggi eccezionali]] che sancirono l'introduzione della dittatura (1926), Pacciardi fu assegnato al confino per cinque anni<ref>Commissione di Roma, ordinanza del 16.12.1926 contro Randolfo Pacciardi e altri ("Noti antifascisti, militanti del Partito repubblicano"). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1325-1326</ref>. Per sfuggire all'arresto espatriò prima in Svizzera, poi in Francia. Con lo scoppio della [[Guerra civile spagnola]] guidò il [[Battaglione Garibaldi]], formato da volontari italiani antifascisti, a sostegno della [[Seconda repubblica spagnola|repubblica spagnola]] contro i [[Franchismo|franchisti]] (1936-1937). Rientrato in Francia, fu costretto a emigrare nuovamente, negli [[Stati Uniti]], a seguito dell'occupazione tedesca (1940). Fu autorizzato a tornare in Italia soltanto dopo la [[liberazione di Roma]] (giugno 1944).
Raffaele Rossetti subì l'aggressione da parte delle [[squadre d'azione]] fasciste (13 giugno 1925) e poi espatriò in Francia.
Anche Fernando Schiavetti fu esule prima a [[Marsiglia]] (1926) e poi a [[Zurigo]]. Già segretario del PRI (1920-1922), durante l'esilio si avvicinò a [[Giustizia e Libertà]] di Carlo Rosselli. Nel dopoguerra entrò nel [[Partito d'Azione]], come la maggior parte dei GL, e fu eletto deputato. Alla dissoluzione del PdAz entrò nel [[Partito Socialista Italiano]]. Giovanni Conti, invece, restò in Italia - sorvegliato speciale - ed ebbe più volte il suo studio legale distrutto dai fascisti.
Il gruppo fiorentino proseguì nella sua attività di propaganda antifascista con il foglio ''[[Non Mollare]]'', fino a ottobre 1925. Carlo Rosselli fu arrestato alla fine del 1926 per aver favorito l'espatrio in Svizzera del leader socialista [[Filippo Turati]]. Fu detenuto nelle carceri di [[Como]] e poi inviato al confino<ref>Cfr. Commissione di Milano, ordinanza del 15.12.1926 contro Carlo Rosselli (“Intensa attività antifascista; tra gli ideatori del giornale clandestino ''[[Non Mollare]]'' uscito a Firenze nel 1925; favoreggiamento nell'espatrio di Turati e Pertini”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. III, p. 238</ref> di [[Isola di Lipari|Lipari]]. Il 27 luglio [[1929]] Rosselli evase dall'isola, insieme con [[Francesco Fausto Nitti]] ed [[Emilio Lussu]], con un motoscafo diretto in [[Tunisia]], da cui poi
Ernesto Rossi fu dirigente del nucleo clandestino milanese di "[[Giustizia e Libertà]]". Fu arrestato solo il 30 ottobre 1930.<ref name=":0">{{Cita news|nome2=|autore=Antonio Carioto|titolo=Ada, l’altra metà di Ernesto Rossi Un amore consacrato dalla galera|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=4 febbraio 2016|p=39}}</ref> Gli furono inflitti venti anni di carcere dal [[Tribunale Speciale]], dei quali nove scontati nelle "patrie galere" e quattro al confino<ref>Commissione di Roma, ordinanza del 6.11.1939 contro Ernesto Rossi e altri (“Dirigenti di "Giustizia e Libertà", dopo aver scontata la condanna inflitta loro dal TS, vengono confinati”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1437</ref> nell'isola di [[Ventotene (isola)|Ventotene]]. Nell'isola tirrenica, con [[Altiero Spinelli]] ed [[Eugenio Colorni]] si fece portatore delle idee federaliste europee che nel 1941 furono raccolte nel [[Manifesto di Ventotene]]. Entrato nel [[Partito d'Azione]], fu sottosegretario alla Ricostruzione (1945). Fu poi tra i fondatori del [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]] ma rifiutando di occupare incarichi di direzione.▼
Prima dell'evasione da Lipari, insieme a Carlo Rosselli, Emilio Lussu vi stava scontando cinque anni di confino. Giunto a Parigi, partecipò anch'egli alla fondazione di Giustizia e Libertà. Alla morte di Rosselli ne divenne l'uomo politico di riferimento. Rientrato in Italia dopo il [[Caduta del fascismo|25 luglio 1943]] fu fautore della confluenza di GL nel partito d'Azione. Partecipò alla [[Mancata difesa di Roma|difesa di Roma]] del 10 settembre 1943. Fu per breve tempo ministro della Repubblica Italiana. Allo scioglimento del PdAz entrò nel Partito Socialista. Infine prese parte alla scissione socialista che dette vita al [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria|Partito Socialista di Unità Proletaria]] (1963).▼
▲Prima dell'evasione da Lipari, insieme a Carlo Rosselli, Emilio Lussu vi stava scontando cinque anni di confino. Giunto a Parigi, partecipò anch'egli alla fondazione di Giustizia e Libertà. Alla morte di Rosselli ne divenne l'uomo politico di riferimento. Rientrato in Italia dopo il [[Caduta del fascismo|25 luglio 1943]] fu fautore della confluenza di GL nel partito d'Azione. Partecipò alla [[Mancata difesa di Roma|difesa di Roma]] del 10 settembre 1943. Fu per breve tempo ministro della Repubblica Italiana. Allo scioglimento del PdAz entrò nel Partito Socialista. Infine prese parte alla scissione socialista che dette vita al [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1964)|Partito Socialista di Unità Proletaria]] (1963).
▲Ernesto Rossi fu dirigente del nucleo clandestino milanese di "[[Giustizia e Libertà]]". Fu arrestato solo il 30 ottobre 1930.<ref name=":0">{{Cita news|nome2=|autore=Antonio Carioto|titolo=Ada, l’altra metà di Ernesto Rossi Un amore consacrato dalla galera|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=4 febbraio 2016|p=39}}</ref> Gli furono inflitti venti anni di carcere dal [[Tribunale Speciale]], dei quali nove scontati nelle "patrie galere" e quattro al confino<ref>Commissione di Roma, ordinanza del 6.11.1939 contro Ernesto Rossi e altri (“Dirigenti di "Giustizia e Libertà", dopo aver scontata la condanna inflitta loro dal TS, vengono confinati”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1437</ref> nell'isola di [[Ventotene]]. Nell'isola tirrenica, con [[Altiero Spinelli]] ed [[Eugenio Colorni]] si fece portatore delle idee federaliste europee che nel 1941 furono raccolte nel [[Manifesto di Ventotene]]. Entrato nel [[Partito d'Azione]], fu sottosegretario alla Ricostruzione (1945). Fu poi tra i fondatori del [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]] ma rifiutando di occupare incarichi di direzione.
Tito Zaniboni organizzò un fallito attentato a Benito Mussolini il 4 novembre 1925. Arrestato, fu condannato a trent'anni di reclusione. Fu scarcerato l'8 settembre 1943. Nel febbraio 1944, il maresciallo [[Pietro Badoglio]] gli affidò l'incarico di alto commissario "per l'epurazione nazionale dal fascismo". A metà maggio rassegnò le dimissioni. Nel [[Governo Badoglio II|secondo Governo Badoglio]] fu poi nominato alto commissario per i profughi e i reduci.
[[Peppino Garibaldi|Peppino]], [[Ricciotti Garibaldi jr|Ricciotti]] e [[Sante Garibaldi]] si trasferirono in Francia nel 1925 e proseguirono nell'organizzazione di una legione garibaldina. In seguito Ricciotti entrò in contatto con il vice questore Francesco La Polla, il quale reclutò lui e il fratello Peppino come agenti del [[Governo Mussolini|governo fascista]]<ref>{{cita|Fucci, Le polizie di Mussolini|p. 33
== Pubblicazioni omonime ==
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