Giansenismo: differenze tra le versioni

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{{F|cattolicesimo|luglio 2014|}}[[File:Cornelius Jansen.jpg|thumb|Cornelis Jansen ([[Giansenio]]), [[Diocesi di Ypres|vescovo di Ypres]], autore dell{{'}}''Augustinus'' e padre del giansenismo.]]
Il '''Giansenismo''' è una dottrina elaborata da [[Giansenio]] nel [[XVII secolo]], la quale fu condannata come [[eresia|eretica]] dalla [[Chiesa Cattolica]] prima da un decreto del [[Santo Uffizio]] del [[1641]], poi con molti documenti fra cui la [[bolla pontificia|bolla]] ''In eminenti'' di [[Papa Urbano VIII|Urbano VIII]] del [[1642]], con la bolla di [[Papa Innocenzo X|Innocenzo X]] ''Cum Occasione'', del [[1653]] in cui furono raccolte 5 proposizioni ritenute riassuntive del libro di Giansenio "Augustinus", ma che i giansenisti ritenevano non corrispondenti in realtà col suo pensiero,con le bolle ''Ad sanctam beati Petri sedem'' del [[1656]] e ''Regiminis Apostolici'' del [[1664]] di [[Papa Alessandro VII|Alessandro VII]].
 
Il '''giansenismo''' fu un movimento religioso, filosofico e politico che proponeva un'interpretazione del [[chiesa cattolica|cattolicesimo]] sulla base della [[teologia]] elaborata nel [[XVII secolo]] da [[Giansenio]].
La risposta cattolica a tale dottrina e spiritualità venne anche con il [[culto]] del [[Sacro Cuore di Gesù]], il quale riportò l'attenzione dei cristiani sull'importanza dell'umanità di [[Cristo]] e sulla misericordia del Signore. Tale culto giunse alla sua forma attuale grazie a [[Margherita Maria Alacoque|Santa Margherita Maria Alacoque]], [[monaca]] di [[clausura]] [[Francia|francese]] del convento della [[visitandine|Visitazione]] di [[Paray-le-Monial]], negli anni a partire dal [[1673]] la quale supportò le proprie indicazioni su questa devozione testimoniando alcune apparizioni di Cristo. Tale culto fu inviso ai giansenisti, i quali si consideravano vicini allo spirito originario del Cristianesimo, e in generale ai loro sostenitori, spesso colti ed eruditi, perché fu ritenuto una stravagante novità.
 
L'impianto di base del giansenismo si fonda sull'idea che l'essere umano nasca essenzialmente [[caduta dell'uomo|corrotto]] e, quindi, inevitabilmente destinato a commettere il [[male]].
== Dottrina ==
Senza la [[grazia (teologia)|grazia divina]], l'uomo non può far altro che [[Peccato|peccare]] e disobbedire alla [[volontà di Dio]]; ciononostante, alcuni esseri umani sono predestinati alla [[Soteriologia|salvezza]], mentre altri non lo sono<ref>{{Treccani}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/letteratura-francese/il_seicento_/a2_tra_barocco_e_classicismo/Approfondimenti/Il-giansenismo.html|titolo=Il giansenismo: Approfondimenti - StudiaFacile {{!}} Sapere.it|sito=www.sapere.it|data=2020-10-24|lingua=it|accesso=2024-02-20}}</ref> ([[doppia predestinazione]]).
 
Con tale teologia, Giansenio intendeva ricondurre il cattolicesimo a quella che egli riteneva la dottrina originaria di [[Agostino d'Ippona]], in contrapposizione al [[molinismo]] (corrente teologica che prende il nome dal [[gesuiti|gesuita]] [[spagna|spagnolo]] [[Luis de Molina]]), allora prevalente, che concepiva la salvezza come sempre possibile per ogni essere umano dotato di buona volontà.
La dottrina del giansenismo ritiene che l'uomo sia corrotto dalla [[concupiscenza]] e quindi destinato a fare il [[male]].
 
Il giansenismo fu un fenomeno estremamente complesso: partito da un problema eminentemente teologico, entrò ben presto in campo [[teologia morale|etico]], assunse posizioni [[ecclesiologia|ecclesiologiche]] estremiste e si mosse anche come una specie di [[partito politico]]; influenzò, infine, pratiche di religiosità popolare.
Questa corruzione viene trasmessa ereditariamente.
 
Il movimento giansenista accompagnò la storia della [[Francia]] lungo tutta l'epoca dell'[[ancien Régime]] e conobbe anche un'importante ramificazione [[italia]]na nel [[XVIII secolo|Sette]]-[[XIX secolo|Ottocento]], di impronta [[giurisdizionalismo|giurisdizionalista]] e riformatrice.
Senza la grazia di [[Dio]], l'uomo non può far altro che [[peccato|peccare]] e disobbedire alla sua volontà.
 
La [[Chiesa cattolica|Chiesa cattolico-romana]] condannò il giansenismo come [[eresia|eretico]] e vicino al [[protestantesimo]], in quanto negherebbe il [[libero arbitrio]] di fronte al peccato e alla [[Grazia (teologia)|grazia divina]], e suggerirebbe l'idea di una salvezza predestinata. Il giansenismo fu quindi condannato dapprima dalla [[Congregazione dell'Indice dei libri proibiti|Congregazione dell'Indice]] nel 1641, poi con successive lettere pontificie, tra cui le [[bolla pontificia|bolle]] ''In eminenti'' (1642), ''[[Cum occasione]]'' (1653), ''Ad sacram beati Petri sedem'' (1656), ''Regiminis Apostolici'' (1664) e ''[[Unigenitus Dei Filius]]'' (1713).
Dio, all'atto della [[creazione]], aveva dotato l'uomo della ''grazia sufficiente'' ma questi l'aveva persa con il [[peccato originale]]. Allora Dio ha deciso di donare, attraverso la morte e resurrezione di [[Cristo]], una ''grazia efficace'' agli uomini da lui [[predestinazione|predestinati]], resi giusti dalla [[fede]] e dalle opere.
 
== Sintesi dottrinale ==
Per quanto riguarda il rapporto fra la grazia divina e il [[libero arbitrio]] dell'[[persona umana|uomo]], argomento su cui all'epoca di disputava aspramente, il Giansenismo, influenzato dal [[Baianismo]] (dottrina di Baio, cioè [[Michel de Bay]]) cercava una via equidistante fra il [[cattolicesimo]] e il [[protestantesimo]], asserendo che, con il conferimento della grazia, questa si compenetra alla volontà, la quale non è più umana ma diventa divina.
Il rigido pensiero [[Agostino d'Ippona|agostiniano]] di [[Giansenio]], il programma di profonda [[spiritualità]] di [[Port-Royal des Champs]], il [[rigorismo]] [[teologia morale|etico]] di [[Jean Duvergier de Hauranne|Saint-Cyran]] e [[Antoine Arnauld (teologo)|Antoine Arnauld]], il [[gallicanesimo]] e [[richerismo]] di [[Pasquier Quesnel]] e la ribellione politica degli "appellanti" contro la ''[[Unigenitus Dei Filius]]'', ci restituiscono il quadro di un giansenismo da vedere come un fenomeno assai complesso.
 
Tra le varie tendenze e manifestazioni storiche del giansenismo
La [[teologia]] giansenista si riflette in una [[morale]] austera e rigorosa.
{{citazione|esiste comunque un ''minimum'' unificante:
*la concezione di un cristianesimo profondamente esigente, che dovrebbe essere vissuto senza compromessi né concessioni,
*una coscienza intensa dei diritti della persona e soprattutto del pensiero individuale, di fronte all'[[assolutismo]] dell'autorità: è una reazione personalista ad opporre Saint-Cyran al sistema politico-religioso di Richelieu, a comandare il silenzio rispettoso di Arnauld riguardo alla decisione papale sulla "questione di fatto", a provocare la rivolta degli "appellanti" contro una bolla ai loro occhi totalmente erronea.|{{cita|Cognet|pp. 124-125}} }}
 
Le idee teologiche principali del giansenismo si possono ricondurre a tre aspetti principali:<ref>{{cita|Martina|pp. 154-156}}.</ref>
== Storia ==
# un aspetto [[teologia dogmatica|dogmatico]], il cui maggior rappresentante fu Giansenio,
Il fondatore della dottrina giansenista è considerato [[Giansenio]] (Cornelius Otto Jansen, [[1585]] - [[1638]]), [[Teologia|teologo]] [[Olanda|olandese]] e vescovo. Il primo propagatore del Giansenismo non fu tuttavia Giansenio, il quale non pubblicò quanto aveva elaborato, ma un suo amico e collaboratore: [[Jean Du Vergier de Hauranne]]. Costui si avvalse della sua posizione di [[abate]] di Saint Cyran per divulgare questa dottrina a partire dal [[1640]]. Queste dottrine vennero diffuse anche nel monastero femminile benedettino di Port-Royal, che divenne un segno evidente della lotta della Chiesa Cattolica contro il Giansenismo: nell'arco di alcuni decenni ne furono chiuse alcune sedi, tra cui quella di Parigi, poi le monache furono distribuite in altri monasteri e infine fu distrutto nel [[1710]] per ordine di [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]].
# un aspetto [[teologia morale|morale]], con il suo maggior esponente in Antoine Arnauld,
# un aspetto [[ecclesiologia|ecclesiologico]]-[[Disciplina della Chiesa|disciplinare]], che si sviluppa già a partire da Saint-Cyran.
 
=== Aspetto dogmatico ===
La Chiesa Cattolica, infatti, riconobbe l'[[eresia]] fin dal [[1641]] e si mise subito all'opera per contrastarla.
Impersonato da Giansenio e sostanzialmente a lui limitato, durerà nella coscienza dei giansenisti fino ad Arnauld (con la distinzione tra "questione di diritto e questione di fatto"), quindi per poco più di dieci anni dopo la pubblicazione dell{{'}}''Augustinus''.
Il Giansenismo influenzò in varia misura molti filosofi e intellettuali: si pensi a [[Blaise Pascal]] o ad [[Alessandro Manzoni]]. Nel [[1713]] [[papa Clemente XI]] intervenne per condannare un'opera di [[Pasquier Quesnel]], commento giansenista del [[Nuovo Testamento]]. In questo frangente si ebbe il dissenso di parte del [[clero]] francese che riteneva che il [[papa]], insieme alle teorie eretiche, avesse condannato anche affermazioni ortodosse. Questo episodio, comunque, non è da ritenersi tanto una difesa del giansenismo ma un momento del [[Gallicanesimo]], cioè la pretesa di autonomia della chiesa francese. In [[Francia]], infatti, il Giansenismo si estinse verso la metà del [[XIX secolo]].
 
Semplificandone la visione [[Soteriologia|soteriologica]], possiamo dire che il giansenismo ritiene che Dio non intervenga per cambiare questo mondo, dominato dall'ingiustizia e dal peccato, ma prepari piuttosto per il credente un premio nell'aldilà. Come ogni [[cattolicesimo|cattolico]], anche Giansenio crede che la corruzione sia stata originata dal [[peccato originale]] e venga trasmessa ereditariamente, ma nella prospettiva giansenista la [[caduta dell'uomo]] è talmente distruttiva che l'essere umano non ha più alcun [[libero arbitrio]], e senza la [[grazia (teologia)|grazia divina]] non potrebbe far altro che [[peccato|peccare]] e disobbedire alla volontà di Dio: la "grazia sufficiente" di cui Dio aveva dotato l'uomo all'atto della [[creazione (teologia)|creazione]] è ormai completamente perduta. Attraverso la morte in croce di [[Gesù Cristo]], però, Dio concede una "grazia efficace" ad alcuni uomini da lui [[predestinazione|predestinati]], resi giusti dalla loro [[fede]] e dalle opere che la grazia stessa consente loro di realizzare.
In [[Italia]] ebbe un influenza limitata, fatta salva l'opera del [[vescovo]] di [[Pistoia]] e [[Prato]] [[Scipione de' Ricci]], che riuscì ad influenzare il clero e i politici toscani, soprattutto il granduca [[Pietro Leopoldo]]. Questo vescovo riformatore fu inviso agli aretini del “[[Viva Maria]]”, che durante la loro insurrezione lo imprigionarono.
 
Per quanto riguarda il rapporto fra la grazia divina e il libero arbitrio dell'uomo, argomento su cui all'epoca si disputava aspramente, il giansenismo, influenzato anche dalla dottrina di [[Michele Baio]], cercava una via equidistante fra [[cattolicesimo]] e [[protestantesimo]], asserendo che, con il conferimento della grazia, questa si compenetra alla volontà umana che si conforma così anche alla volontà divina.
All'inizio del [[XVIII secolo]] alcuni giansenisti in fuga dalla Francia si rifugiarono in [[Olanda]]. Lì, a [[Utrecht]], fondarono una [[diocesi]] che, attraverso varie vicissitudini, fu il nucleo delle attuali chiese Vecchio-Cattoliche o [[Chiese sinodali|Sinodali]], soprattutto olandesi, che si riconoscono nella [[Convenzione di Utrecht]], risalente al [[1952]].
 
=== Aspetto morale ===
[[Categoria:Cristianesimo]]
È la diretta conseguenza della prospettiva dogmatica, anche se appare già con Saint-Cyran (sostenitore del [[Penitenza (sacramento)#Pentimento, confessione, ravvedimento|contrizionismo]]) ancora prima della pubblicazione dell{{'}}''Augustinus''. Si svilupperà poi con Arnauld, diventerà eclatante con Pascal, e perdurerà come carattere [[rigorismo|rigorista]] fino agli ultimi sviluppi del giansenismo. Come osservava [[Giacomo Martina]],
[[Categoria:Eresie]]
{{citazione|[Tra l'aspetto dogmatico e quello morale del giansenismo] c'è una connessione più psicologica e storica che logica: di fronte a un Dio arbitro assoluto della nostra sorte, che elegge a suo piacere un piccolo numero di eletti, e muore solo per essi, l'atteggiamento più spontaneo non è l'amore, ma il timore.|{{cita|Martina|p. 155}} }}
Questo rigorismo verrà poi assunto dai giansenisti anche come fondamento per il loro attacco contro i [[Gesuiti]] (i quali erano, da parte loro, antigiansenisti dichiarati): il giansenismo accuserà con durezza i teologi gesuiti per il loro [[lassismo]] e per le [[probabilismo#Probabilismo etico|posizioni probabiliste]] in ambito etico.
 
=== Aspetto ecclesiologico-disciplinare ===
[[de:Jansenismus]]
Il giansenismo, nel particolare contesto in cui sorse, assunse anche un'esplicita connotazione di opposizione all'autorità del [[papa]].
[[en:Jansenism]]
 
[[es:Jansenismo]]
Per [[Jean Duvergier de Hauranne|Saint-Cyran]], l'[[agostinismo]] era stato uno strumento per la riforma della [[Chiesa (comunità)|Chiesa]]. Tuttavia, l'opposizione da parte dei Gesuiti, fortemente centralizzati e appoggiati da Roma, e la persecuzione che il [[assolutismo monarchico|regime assolutistico]] scatenerà - di concerto con il papa - contro il giansenismo spingeranno i giansenisti su una posizione fortemente anti-romana. Quando [[Fénelon]] li attaccherà addirittura in nome dell'[[infallibilità papale|infallibilità pontificia]], l'atteggiamento dei giansenisti si sposterà ancora di più su posizioni antipapali. Con [[Pasquier Quesnel]] e poi nell'opposizione alla [[costituzione apostolica]] ''[[Unigenitus Dei Filius|Unigenitus]]'', infine, l'autorità del papa verrà messa in discussione non più sui fatti, ma anche sui principi di fede.
[[fr:Jansénisme]]
 
[[ja:&#12472;&#12515;&#12531;&#12475;&#12491;&#12473;&#12512;]]
Questo aspetto ecclesiologico, in senso riformatore e fortemente segnato da tendenze [[giurisdizionalismo|giurisdizionaliste]], caratterizzerà anche il giansenismo "d'esportazione", soprattutto in Italia.
[[eo:Jansenismo]]
 
[[nl:Jansenisme]]
=== Altre sfaccettature del giansenismo ===
[[no:Jansenisme]]
* In ambito [[pedagogia|pedagogico]], [[Jean Delumeau]] ha messo in evidenza la forte preoccupazione dei giansenisti per l'istruzione popolare:
{{citazione|Quesnel affermò che il deposito della fede sta nel corpo intero della Chiesa, il che implica che la lettura della [[Bibbia|Sacra Scrittura]] è per tutti, che «la Bibbia è il latte del cristiano» e dunque che «è molto pericoloso volerlo [[svezzamento|svezzare]]». Il gruppo di Port-Royal, in cui era molto viva la preoccupazione dell'istruzione e dell'educazione - pensiamo alle ''Petites écoles'' - non la pensava diversamente. Fu così che nacque la pubblicazione, nel [[1667]], del ''Nouveau Testament de Mons'', la cui vigorosa e rigorosa versione era dovuta a [[Louis-Isaac Lemaistre de Sacy|Sacy]], [[Pierre Nicole|Nicole]] e Arnauld; ad essa seguì poi la grande Bibbia in francese, cominciata da Sacy nel [[1672]] e pubblicata nel [[1696]].|{{cita|Delumeau|pp. 154-155}} }}
 
* Il giansenismo, come si è detto, si caratterizza anche come ideologia politica. Questa elaborazione teorica inizia con lo stesso Giansenio e il suo ''Mars Gallicus'', un intervento a difesa della purezza della fede compromessa dagli intrighi di [[Armand-Jean du Plessis de Richelieu|Richelieu]]. A poco a poco, questa contrapposizione con l'[[ancien Régime]] da teologica si fa più esplicitamente politica: al di là delle vicissitudini della congiuntura politica esisteva tra teologia giansenista e [[ragion di Stato]] una fondamentale incompatibilità.<ref>{{cita|Delumeau|p. 156}}.</ref>
* Nell'ambito dello sviluppo storico culturale, il giansenismo si pone in una posizione paradossale. Da una parte, in quanto movimento "anti-[[umanesimo|umanista]]",<ref>{{citazione|Attaccandosi allo stretto teocentrismo agostiniano, il gruppo giansenista andava controcorrente rispetto alle tendenze nate nel [[Rinascimento]].|{{cita|Cognet|p. 125}} }}</ref> il giansenismo è una forza decisamente [[conservatorismo|conservatrice]]. Ma proprio per questo, paradossalmente appunto, il giansenismo diventa una forza "[[età moderna|moderna]]", per la sua rivendicazione contro la ragion di Stato e l'argomento di autorità.<ref>{{citazione|Religione del rigore e dell'assoluto [...] il giansenismo contribuisce a preparare la via alla coscienza moderna [...] nel vasto movimento sociologico che doveva provocare l'abbattimento dell'[[ancien Régime]].|{{cita|Cognet|p. 124}} }}</ref>
 
== Genesi, sviluppo e declino del giansenismo in Francia ==
=== La controversia sulla grazia ===
I dibattiti sul tema della [[Grazia (teologia)|grazia]] avevano attraversato per secoli la [[teologia]] [[cristianesimo|cristiana]], ed erano stati aperti soprattutto dalle riflessioni di [[Agostino d'Ippona]].
 
Il lungo contrasto con i [[pelagianesimo|pelagiani]], che esaltavano la libertà umana e le sue possibilità di salvezza, aveva portato Agostino a farsi "campione" dell'assoluta e libera grazia di Dio. Ciò, naturalmente, lo spinse a diminuire il valore del [[libero arbitrio]] dopo la cosiddetta [[caduta dell'uomo|caduta di Adamo]], così da rendere l'essere umano, senza la grazia, incapace di alcun bene. Per Agostino, poi, la grazia divina è ''gratis data'', cioè donata in modo assolutamente gratuito, quindi non prevedibile né tantomeno meritabile. Il primo e il secondo pensiero di Agostino salvano ancora il libero arbitrio umano ritenendo la grazia come donata a tutti ma rispettosa dell'eventuale rifiuto umano. Invece il suo terzo pensiero, maturato in anzianità, restringe il dono della grazia a coloro che Dio, liberamente e segretamente, ha scelto e [[predestinazione|predestinato]]. A questo pensiero pose rimedio [[Bernardo di Chiaravalle]], che, nel suo trattato [[iarchive:delliberoarbitri00bern|De Gratia et libero arbitrio]], risolve il problema ribadendo e perfezionando il pensiero del primo e secondo Agostino: che cioè ogni uomo è predestinato da Dio alla salvezza ma tutto risiede nella accettazione da parte dell'uomo di questa predestinazione di Dio, da intendersi come offerta e non imposizione. Bernardo parla di ''consensio'', accoglimento, della proposta divina della grazia, che è universale e non riservata ai predestinati. Bernardo rifiuta sostanzialmente come eretica la predestinazione riservata a taluni e con essa pertanto anche il pensiero del terzo Agostino. Per Bernardo la cosiddetta gratia irresistibilis non esiste. Non perché Dio non possa, ma perché non vuole forzare l'uomo, in quanto lo ha destinato alla ''deificatio'', alla divinizzazione, e pertanto non intende assolutamente sottrargli la maggiore caratteristica divina che è appunto la libera volontà.
 
La Chiesa tuttavia, pur appoggiando pienamente il pensiero di Bernardo (ereditato da [[Bonaventura da Bagnoregio]] e poi dai [[Compagnia di Gesù|Gesuiti]]), non procedette mai a dichiarare esplicitamente eretico il terzo Agostino, contrariamente a quanto aveva fatto per la teoria dell'[[apocatastasi]] di [[Origene]]. La Chiesa peferì sempre limitarsi a condannare chi, come i protestanti e appunto i giansenisti, si rifaceva al terzo Agostino, ma senza mai pronunciarsi chiaramente sul pensiero ispiratore. Dal canto loro, i protestanti hanno sempre replicato alle condanne della Chiesa che essi si sono semplicemente ispirati al terzo Agostino, e puntano il dito sul fatto che la Chiesa non lo abbia mai condannato. Anche in epoca contemporanea si sono avuti teologi agostiniani, come padre [[Agostino Trapè]], che hanno dichiarato ortodosso il pensiero del terzo Agostino e ribadito come ammissibile anche per la chiesa cattolica l'esistenza della [[grazia irresistibile]] e cioè che esistano predestinati alla salvezza (ai quali Dio darebbe grazia sufficiente a salvarsi) e non predestinati (ai quali Dio NON darebbe la detta grazia e che perciò si dannerebbero): "Non già che Dio induca gli uomini a credere contro il loro volere, ma opera in modo che il non volere si muti in volere: «non ut homines, quod fieri non potest, nolentes credant, sed ut volentes ex nolentibus fiant»<ref>{{Cita web|url=http://www.agostinotrape.it/scritti/a_proposito_di_predestinazione/testo_interno.htm|titolo=A proposito di predestinazione: S. Agostino e i suoi critici moderni|sito=www.agostinotrape.it|accesso=2025-08-26}}</ref>.
 
Agostino e Bernardo avevano goduto di un immenso credito nel [[Medioevo]], ma il teologo domenicano [[Tommaso d'Aquino]], avverso alla teologia di Bernardo, riuscì a farlo cadere nel dimenticatoio, malgrado il teologo francescano [[Bonaventura da Bagnoregio]] ne avesse ereditato e sposato pienamente il pensiero. Tommaso, parlando della grazia, partì dall'autorità del terzo Agostino, e i suoi sforzi di conciliare quella dottrina con la sua [[metafisica]] e soprattutto di salvare lo spazio della libertà umana, non arrivarono tuttavia a negare la grazia irresistibile.
 
Anche [[Martin Lutero]] e [[Giovanni Calvino]] si richiamavano, per quanto riguardava la [[giustificazione (teologia)|giustificazione]], ad Agostino, trovando consonante con la propria affermazione del [[cinque sola|''sola fide et sola gratia'']] la centralità della grazia nella teologia del convertito di Ippona. L'enorme accento posto sulla caduta dell'essere umano (soprattutto in Calvino, che nega completamente il libero arbitrio per effetto del [[peccato originale]]) tende evidentemente ad esaltare la grandezza dell'opera redentiva di [[Gesù Cristo]], così come la rigida [[doppia predestinazione]] da parte di Dio tende ad eliminare ogni apporto umano alla libera volontà di Dio, cui l'uomo può solo aderire con l'abbandono di una fede totale.
 
Il [[Concilio di Trento]] si attenne alla teologia medievale, evitando di entrare in merito alla questione, e limitandosi a ribadire in maniera generica due punti fermi: la libertà di Dio (dichiarando la necessità della grazia divina) e - nello stesso tempo - la libertà dell'uomo (quindi l'esistenza e la realtà del libero arbitrio). La loro conciliazione spettava alle diverse scuole [[teologia|teologiche]].
{{citazione|''Necessità della grazia: ''<br>Se qualcuno ha affermato che l'essere umano potrebbe, senza una previa ispirazione ed aiuto dello Spirito santo, credere, sperare ed amare, o pentirsi come si conviene, cosicché gli venisse conferita la grazia della giustificazione, sia anàtema.<br> <br>'' Libero arbitrio: ''<br>Se qualcuno ha affermato che il libero arbitrio dell'essere umano, mosso e stimolato da Dio, non coopera in nessun modo con quel Dio che lo muove e lo stimola perché si disponga e si prepari ad ottenere la grazia della giustificazione; e che egli non potrebbe dissentire, se lo volesse, ma che, come un qualcosa di inanimato, non opera in nessun modo e si comporta del tutto passivamente, sia anàtema.|[[Concilio di Trento]], sessione VI, 13 gennaio 1547, ''Canoni sulla dottrina della giustificazione'', [[Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum|DS]] 1554-1555|''[Can. 3:]''<br>Si quis dixerit, sine praeveniente Spiritus sancti inspiratione atque eius adiutorio hominem credere, sperare et diligere, aut paenitere posse, sicut oportet, ut ei iustificationis gratia conferatur, anatema sit.<br> <br> <br>''[Can. 4:]''<br>Si quis dixerit, liberum hominis arbitrium a Deo motum et excitatum nihil cooperari assentiendo Deo excitanti atque vocanti, quo ad obtinendam iustificationis gratiam se disponat ac praeparet, neque posse dissentire, si velit, sed velut inanime quoddam nihil omnino agere mereque passive se habere, anatema sit.|lingua=la}}
 
A [[Lovanio]], dopo il [[1550]], fu professore [[Michele Baio]]: specialista di [[patristica]], Baio ambiva a trattare i problemi relativi alla grazia soltanto con il linguaggio dei [[Padri della Chiesa]], senza ricorrere alla [[teologia scolastica]]. Ben presto lo si accusò di insegnare tesi molto vicine a quelle di Lutero e Calvino: di negare il carattere soprannaturale della condizione originale dell'uomo nel [[paradiso terrestre]] e perciò di dedurne la corruzione totale dell'uomo dopo il peccato originale e l'impossibilità di resistere alla grazia. Negando il libero arbitrio, Baio avrebbe perciò favorito il [[calvinismo]]. Le tesi di Baio furono condannate nel [[1567]] da [[papa Pio V]] e poi ancora da [[papa Gregorio XIII]] nel [[1580]].<ref>Il dibattito sulla grazia non solo non si concluse con la censura di Baio, ma vide l'apertura di un'ulteriore questione, su come andasse interpretato il testo della [[bolla papale|bolla]] ''Ex omnibus afflictionibus'' di Pio V:
{{citazione|Dopo che queste opinioni sono state ponderate davanti a Noi con un accurato esame, benché alcune in qualche modo possano essere sostenute, con rigore e nel senso proprio delle parole inteso dai loro assertori, con la nostra autorità noi le condanniamo, isoliamo e aboliamo, rispettivamente come eretiche, erronee, sospette, avventate, scandalose e capaci di far danno alle orecchie devote, insieme con qualsiasi cosa sia stata formulata, a parole o per iscritto, sopra di esse.|[[Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum|DS]] 1980|Quas quidem sententias stricto coram nobis examine ponderatas, quamquam nonnullae aliquo pacto sustineri possent in rigore et proprio verborum sensu ab assertoribus intento hereticas, erroneas, suspectas, temerarias, scandalosas et in pias aures offensionem immittentes respective, ac quaecumque super iis verbo scriptoque emissa, praesentium auctoritate damnamus, circumscribimus et abolemus.|lingua=la}}
La questione ermeneutica venne chiamata "del comma pïano", cioè 'della [[virgola]] di [papa] Pio': se si mette la virgola dopo ''sustineri possent'' ('possano essere sostenute'), il testo significa che le affermazioni di Baio, per quanto ''in sé'' potrebbero anche essere ortodosse, nel senso offerto da Baio sono eretiche; se invece si mette la virgola dopo ''ab assertoribus intento'' ('inteso dai loro assertori'), significherebbe che alcune proposizioni di Baio, proprio nel senso da lui inteso, possono essere ortodosse.</ref>
 
Alla fine del [[XVI secolo|Cinquecento]] scoppiò un'altra polemica tra [[Domenicani]] e [[Gesuiti]] a proposito del teologo gesuita [[Luis de Molina]] e di un suo testo del [[1588]], ''De concordia liberi arbitrii cum divinae gratiae donis''. Molina proponeva la teoria della "grazia sufficiente" al posto della "grazia efficace": la grazia di Dio dà all'uomo tutto ciò che è necessario per compiere il bene, ma non può produrre effetto se non è accettata dal libero arbitrio. La posizione molinistica era rilevante anche nel contesto della pratica di [[proselitismo]] gesuita, tesa a incoraggiare l'ingresso del maggior numero di persone nel seno della Chiesa.
 
I Domenicani, che vedevano intaccata l'autorità di Tommaso d'Aquino, reagirono con violenza; ne nacque una pesante disputa, tra questi ultimi, che ponevano l'accento sulla grazia divina (ma si trovarono addirittura accusati di [[calvinismo]]), e i Gesuiti, che accentuavano il libero consenso dell'uomo (ma venivano accusati dai loro avversari di [[semipelagianesimo]]). La Santa Sede avocò a sé la questione: venne insediata la "Commissione ''de auxiliis''" ([[1598]]-[[1607]]), ma sebbene la gran parte dei consultori fosse sulla linea di Agostino e Tommaso (o comunque fosse contraria al [[molinismo]]), per non contrastare i gesuiti si giunse a una soluzione compromissoria: venne proibito ai teologi di trattare la questione del rapporto tra grazia e libero arbitrio. La Compagnia di Gesù, in effetti, si era quasi universalmente compromessa nella difesa di Molina, e una condanna di Molina avrebbe rischiato di indebolire considerevolmente il prestigio dei Gesuiti, che rendevano alla Santa Sede - soprattutto in campo politico - immensi servizi.<ref>{{cita|Cognet|p. 15}}.</ref>. Il decreto di proibizione, emesso da [[papa Paolo V]] nel 1607 e rinnovato nel [[1625]], era peraltro formulato in modo molto vago, senza sanzioni penali,<ref>{{cita|Ceyssens 1957|pp. XVIII-XIX|Ceyssens57}}.</ref> tanto che cadde presto in oblio: di fatto, esso sarebbe stato tirato fuori dai Gesuiti soltanto in occasione della pubblicazione dell{{'}}''Augustinus'' di Giansenio.
{{Approfondimento
|larghezza=350px
|titolo=Schema cronologico del giansenismo francese
|contenuto=
[[File:La déroute janséniste Jean Garnier 09443.jpg|center|340px|Stampa da un almanacco gesuita: "La sconfitta e la confusione dei giansenisti, o trionfo di Molina su sant'Agostino"]]
'''Prima fase (teologica)'''<br>
1635 - ''Mars Gallicus''<br>
1638 - morte di Giansenio<br>
1640 - pubblicazione dell{{'}}''Augustinus''<br>
1642 - bolla ''In eminenti''<br>
1643 - Morte di Saint-Cyran; ''De la fréquent communion'' di Arnauld<br>
1656 - bolla ''Ad sacram''<br>
1657 - ''Le provinciali'' di Pascal<br>
1661 - imposizione del "Formulario" antigiansenista da parte di Luigi XIV<br>
1665 - ribellione dei quattro vescovi<br>
1669 - "pace clementina"
 
'''Seconda fase (politica)'''<br>
1679 - ripresa delle ostilità da parte di Luigi XIV contro Port-Royal<br>
1685 - inizio dell'amicizia tra Arnauld e Quesnel<br>
1701 - "Caso di coscienza"<br>
1703 - arresto di Quesnel<br>
1709 - distruzione di Port-Royal<br>
1713 - bolla ''Unigenitus''<br>
1717 - appello ad un concilio contro la ''Unigenitus''<br>
1730 - la ''Unigenitus'' legge dello Stato<br>
1754 - morte dell'ultimo vescovo giansenista
}}
 
=== Contesto politico ===
Il giansenismo nacque in [[Francia]] al tempo della [[guerra dei trent'anni]]. In quel periodo la scena politica era dominata dal cardinal [[Armand-Jean du Plessis de Richelieu]].
 
Al momento della sua ascesa politica ([[1624]]), Richelieu si era appoggiato al cosiddetto [[Compagnia del Santo Sacramento|"partito devoto"]], che aveva grande fortuna presso la corte della [[reggenza|reggente]] [[Maria de' Medici]]. Inizialmente Richelieu era stato appoggiato soprattutto dal cardinal [[Pierre de Bérulle]], leader dei "devoti". In seguito, le posizioni di Richelieu e del "partito devoto" si divaricarono: per quest'ultimo, la politica doveva essere sempre e comunque subordinata alla religione; per Richelieu, al contrario, l'obiettivo più importante era il predominio europeo della [[Regno di Francia|monarchia francese]]. Nel [[1626]]-[[1627]], per esempio, nel regolare la [[Guerra di Valtellina|questione della Valtellina]] con la [[Pace di Monzón]], il partito devoto favoriva gli [[Regno di Spagna|Spagnoli]], mentre Richelieu era favorevole a un'alleanza con la [[Germania]] [[protestantesimo|protestante]] pur di ridimensionare il potere - ormai notevole - della Spagna; da questo scontro derivò il declino e la disgrazia politica del de Bérulle, che sarebbe poi morto nel [[1629]].
 
Nel [[1634]], per motivi squisitamente politici, Richelieu fece [[Dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio|dichiarare nullo]] il matrimonio di [[Gastone d'Orléans (1608-1660)|Gaston d'Orléans]], fratello del re [[Luigi XIII di Francia|Luigi XIII]], con [[Margherita di Lorena]]. Richelieu ottenne l'annullamento di quel matrimonio da parte del [[Parlamento francese (Ancien Régime)|Parlamento francese]] e dell'[[Assemblea del clero francese]]: anche se la [[Santa Sede|curia romana]] aveva evitato accuratamente di intromettersi, il partito devoto si era opposto con fermezza.
 
Proprio contro Richelieu, nel [[1635]] Giansenio scaglierà il suo ''Mars Gallicus'', un pesante e violento [[pamphlet]] contro la politica del cardinale e la sua alleanza con i protestanti di Germania.<ref>{{cita|Cognet|p. 27}}.</ref>
 
=== La spiritualità cattolica nella Francia del XVII secolo; la proposta spirituale di Saint-Cyran (1581-1643) ===
{{vedi anche|Jean Duvergier de Hauranne}}
La nascita del giansenismo si colloca nel contesto della [[Controriforma]] (la Francia aveva accolto i [[Concilio di Trento|decreti tridentini]] soltanto nel [[1615]]). Nella prima metà del XVII secolo si assiste in Francia e in [[Belgio]]
* ad uno sviluppo degli [[studi biblici]], che porterà anche a nuove edizioni della [[Bibbia]],
* alla pubblicazione di nuove edizioni dei [[Padri della Chiesa]], ad opera dei [[Congregazione di San Mauro|Maurini]] e in particolare di [[Jean Mabillon]],
* ad un riesame critico dell'[[agiografia]], sotto la guida del gesuita [[Jean Bolland]] e dei suoi collaboratori,
* ad un globale rinnovamento degli [[Ordine religioso|ordini religiosi]] e alla nascita di nuove [[Società di vita apostolica|compagnie]] di [[presbitero#Inquadramento giuridico nella Chiesa cattolica romana contemporanea|preti secolari]] (come l'[[Oratorio di Gesù e Maria Immacolata di Francia|Oratorio]] del [[Pierre de Bérulle|cardinal Pierre de Bérulle]] o la [[Congregazione della missione]] di san [[Vincenzo de' Paoli|Vincent de Paul]]), caratterizzate dall'assenza di [[voti religiosi]], dall'apostolato diretto e dalla dipendenza dai [[vescovo|vescovi]] [[diocesi|diocesani]].
 
Pierre de Bérulle, pur essendo anche un uomo politico,
{{citazione|è il grande uomo dell'ambiente devoto, e la sua spiritualità personale, centrata sul mistero dell'[[Incarnazione]], è tutta impregnata di [[Agostino d'Ippona|sant'Agostino]]. Ma l'[[Agostinismo#Teologia agostiniana|agostinismo]] di Bérulle, eminentemente pratico, si situa soltanto sul piano della pietà. [...] Partendo dai principi agostiniani, si sforzava soprattutto di condurre le anime ad un'attitudine di umile dipendenza verso Dio loro creatore e Gesù loro redentore, al fine - sull'esempio di Agostino - di elevare la gloria del Creatore sull'abbassamento e le miserie della creatura.|{{cita|Cognet|p. 21}} }}
 
[[File:Jean Duvergier de Hauranne.jpg|thumb|upright=1.4|Jean-Ambroise Duvergier de Hauranne, abate di Saint-Cyran]]
[[Jean Duvergier de Hauranne|Jean Duvergier de Hauranne, ''abbé de Saint-Cyran'']], era un amico di Giansenio, con il quale aveva studiato per cinque anni, dal [[1611]] al [[1616]]. Convertitosi ad una vita [[presbitero|presbiterale]] più autentica grazie all'incontro con de Bérulle nel [[1618]], alla morte di quest'ultimo divenne il punto di riferimento del [[Compagnia del Santo Sacramento|"partito devoto"]]. Dal punto di vista spirituale, Saint-Cyran
{{citazione|non poteva ammettere che una vita cristiana potesse essere fatta di continue alternanze tra lo stato di grazia e il peccato, e riteneva abusiva la pratica troppo facile dei sacramenti della [[penitenza (sacramento)|penitenza]] e dell'[[eucaristia]], allora corrente. Così egli chiedeva ai suoi [[direttore spirituale|diretti]] di convertirsi autenticamente, di entrare in una vita nuova attraverso un "rinnovamento". Per provocare lo choc psicologico necessario per questa rottura con il passato, il diretto doveva passare attraverso lo stato intermedio di [[Penitenza (sacramento)#Storia|penitente]]: gli si rinviava l'[[assoluzione (religione)|assoluzione]] di alcune settimane, durante le quali egli si privava dell'eucaristia.|{{cita|Cognet|pp. 25-26}} }}
 
Alla luce di questa prassi nella [[cura d'anime]], sembra ormai certo che Saint-Cyran non debba essere indebitamente schiacciato sulla teologia giansenistica, ma vada piuttosto ricollocato nella grande corrente della [[riforma cattolica]] francese:
{{citazione|[Giansenio e Saint-Cyran] sono entrambi discepoli del [[Agostino d'Ippona|vescovo di Ippona]], ma, rappresentanti di due famiglie di spirito opposte, essi non lo leggevano allo stesso modo. Intellettuale, Giansenio vi cerca la soluzione scientifica del problema preciso di cui egli considerava l'attualità accademica. Duvergier, al contrario, ha delle preoccupazioni pratiche; esse restano d'altronde assai vaghe: il ritorno alla spiritualità agostiniana era ai suoi occhi il mezzo per far rifiorire nel XVII secolo la Chiesa primitiva.|{{cita|Orcibal|p. 46}} }}
 
Saint-Cyran entrò in un rapporto di profonda amicizia con la famiglia Arnauld: madre [[Angélique Arnauld]], riformatrice dell'[[abbazia]] [[Monache cistercensi|cistercense]] di [[Port-Royal des Champs|Port-Royal]], si sottopose alla direzione spirituale di Saint-Cyran, con il quale sperimentò questa tecnica del "rinnovamento".
 
Port-Royal divenne presto un punto di attrazione anche per il mondo politico (risale al [[1635]], per esempio, la conversione di [[Antoine Le Maistre]], nipote di madre Angélique, giovane e brillante avvocato). Molti convertiti del "bel mondo" si ritiravano a Port-Royal senza diventare né preti né [[religioso (cristianesimo)|religiosi]] (i "solitari di Port-Royal"), e Saint-Cyran venne accusato di sottrarre forze preziose alla vita pubblica. Il clima peggiorò ulteriormente quando Giansenio, notoriamente amico di Saint-Cyran, pubblicò il ''Mars Gallicus'' e attaccò violentemente Richelieu.
 
Nel [[1638]] Saint-Cyran venne arrestato con un pretesto<ref>Gli venne attribuita la paternità di un'operetta in cui si attaccavano in modo radicale gli ordini religiosi, e in particolare la [[Compagnia di Gesù]]; il testo era invece opera dell'[[Oratorio di Gesù e Maria Immacolata di Francia|oratoriano]] [[Claude Séguenot]].</ref> e internato nel [[castello di Vincennes]]. La prima intenzione di Richelieu era quella di intentargli un processo per [[eresia]]. Le sue carte vennero esaminate, i suoi discepoli e le persone che lo avevano frequentato furono minuziosamente interrogate, ma questa inchiesta non portò nulla di utilizzabile.<ref>{{cita|Cognet|p. 29}}.</ref> Saint-Cyran venne allora messo sotto processo canonico per una questione teologica: la sua posizione a sostegno della [[Penitenza (sacramento)#Pentimento, confessione, ravvedimento|necessità della contrizione]] per la salvezza del credente (Richelieu sosteneva invece la sufficienza dell{{'}}''attrizione''). Sottoposto ad un interminabile processo, Saint-Cyran passò in reclusione quasi tutto il resto della sua vita: sopravvisse a Richelieu, dopo la morte del quale (nel [[1642]]) tornò in libertà per qualche mese, prima di morire anche lui.
 
=== Giansenio (1585-1638) ===
{{vedi anche|Giansenio}}
[[File:H. Augustinus met brandend hart Titelpagina voor Cornelius Jansenius, Augustinus, Leuven, 1640, RP-P-OB-6932.jpg|thumb|upright=1.4|Frontespizio dell{{'}}''Augustinus'', edizione del [[1640]]]]
 
Nella discussione teologica sui rapporti tra [[libero arbitrio|libertà dell'uomo]] e [[grazia (teologia)|grazia divina]], intervenne anche il professore di [[Bibbia|Sacra Scrittura]] dell'[[Vecchia università di Lovanio|università di Lovanio]], il [[fiamminghi|fiammingo]] [[Giansenio|Cornelis Jansen]].
 
Dopo aver compiuto gli studi teologici all'università di Lovanio, Giansenio aveva proseguito la sua carriera universitaria arrivando appunto ad ottenere, nel [[1630]], la cattedra di [[Sacra Scrittura]].
 
Già dal [[1621]] Giansenio aveva cominciato a leggere in modo sistematico tutte le opere di [[Agostino d'Ippona]], maturando il progetto di un'opera sulla sua teoria della grazia. Era nato così l{{'}}''Augustinus'', iniziato di fatto nel [[1627]] e concluso nel [[1638]], appena prima che Giansenio morisse di [[peste bubbonica|peste]].
{{citazione|Per testamento, Giansenio sottometteva la propria opera al giudizio della [[Santa Sede]], ritenendo però che non fosse possibile apportarvi grandi cambiamenti, e affidava la cura della pubblicazione postuma a due amici di Lovanio.|{{cita|Cognet|p. 31}} }}
 
L{{'}}''Augustinus'' venne effettivamente pubblicato due anni dopo, nel [[1640]].
 
Si tratta di un'opera enorme (più di 1300 pagine ''[[in folio]]'', su due colonne), in tre volumi:
# nel primo, Giansenio riassume le posizioni dei [[pelagiani]] e dei [[Semipelagianesimo|semipelagiani]];
# nel secondo, Giansenio affronta prima di tutto (''Liber proëmialis'') il rapporto tra filosofia e teologia, opponendosi ai metodi [[razionalismo|razionalisti]] della [[teologia scolastica]] e rivendicando l'autorità di Agostino sui problemi relativi alla grazia; Giansenio riflette poi sullo stato della [[caduta dell'uomo|natura decaduta dell'uomo]]: dopo il [[peccato originale]] l'essere umano è stato corrotto intimamente, e non gli è rimasta altra libertà che per il male; per Giansenio, d'altronde, uno stato di "natura pura" non esiste, perché fin dalla [[Creazione (teologia)|creazione]] l'essere umano era stato elevato a una vocazione soprannaturale, perduta la quale ormai non può fare altro che peccare;
# nel terzo, Giansenio espone la sua concezione della grazia di [[Gesù Cristo]] [[redenzione (cristianesimo)|redentore]], l'unica che può guarire la natura decaduta: la grazia è assolutamente necessaria e raggiunge infallibilmente il proprio effetto, ed è ''gratis data'', cioè concessa da Dio in virtù di una sua decisione del tutto libera; se Dio dona la sua grazia, il suo amore trionfa, mentre senza la grazia l'uomo decaduto obbedisce solo all'amore per sé stesso.
 
Per Giansenio, l'ipotesi teologica della "grazia necessaria ''gratis data''" non comporta, però, un annullamento della [[libertà]] dell'essere umano. Dal punto di vista di Giansenio, infatti, la libertà non suppone assenza di necessità, ma soltanto assenza di costrizione: per meritare o non meritare non è necessario cioè essere liberi da necessità (cioè da una determinazione intrinseca), ma soltanto liberi da costrizione. L'effetto della grazia non dipende dunque dal libero arbitrio, ed ogni grazia ottiene necessariamente il suo effetto.
 
Dal momento che nessuno poteva mettere in dubbio l'autorità decisiva di sant'Agostino, l'opera si presentava come un capolavoro incomparabile, capace di risolvere definitivamente la questione del rapporto tra grazia e libertà umana, che da così lungo tempo aveva tenuto i teologi in sospeso. Frutto di più di vent'anni di studio delle fonti, seguiva un metodo che sembrava irrefutabile. Nel dibattito teologico, l'autore teneva una certa imparzialità, non apprezzando né i metodi né le conclusioni delle due scuole in opposizione: rigettandole entrambe, sembrava formulare la vera intenzione di Agostino, e di conseguenza della Chiesa stessa.<ref>{{cita|Ceyssens 1957|p. XIV|Ceyssens57}}.</ref>
 
=== Il primo intervento della Santa Sede: la bolla ''In eminenti'' ===
La pubblicazione dell{{'}}''Augustinus'' suscitò una ridda di reazioni, soprattutto per opera dei [[Gesuiti]], che già avevano cercato di impedire la pubblicazione del libro.<ref>{{cita|Cognet|p. 31}}.</ref> Essi, infatti, avevano elaborato una concezione della grazia divina antitetica alle conclusioni cui sembrava giungere Giansenio, e si erano impegnati in una difesa ad oltranza di colui che era stato il loro principale teologo su tale argomento, [[Luis de Molina]].
 
Tra l'[[Nunziatura apostolica#Altri titoli|internunzio]] [[Georgius Pauli-Stravius]] e il cardinal [[Francesco Barberini (cardinale 1623)|Francesco Barberini]] a Roma si escogitò di tirare in ballo il decreto (ormai dimenticato) del 1607-1625, che imponeva ai teologi il silenzio sul tema dei rapporti tra grazia divina e libertà umana. La tattica, tuttavia, non ebbe l'effetto di bloccare la pubblicazione e la distribuzione del libro di Giansenio, perché gli editori professarono la propria ignoranza invincibile (il decreto del 1625 non era stato diffuso nella [[cristianità]], ma esposto soltanto a Roma) e rivendicarono che - in caso di sequestro del materiale - il loro danno economico sarebbe stato sproporzionato, a fronte degli ingenti capitali già impiegati per la pubblicazione.
{{citazione|Non avendo potuto salvare in altro modo l'onore dei loro teologi, i Gesuiti cambiarono tattica: non si posero più come campioni del [[molinismo]], ma come difensori della fede cattolica, e tentarono di presentare Giansenio come un eretico e un eresiarca, peggiore di [[Lutero]] e di [[Giovanni Calvino|Calvino]].|{{cita|Ceyssens 1957|p. XXIX|Ceyssens57}} }}
 
I Gesuiti decisero di preparare delle liste di proposizioni tratte dal libro di Giansenio, che poi fecero sottoscrivere ad [[anglicanesimo|anglicani]] e [[calvinismo|calvinisti]], per usarle poi contro Giansenio.<ref>{{citazione|Il padre Knott ''(provinciale dei Gesuiti inglesi)'' ha in animo di fare in modo che le università e gli uomini dotti d'Inghilterra sottoscrivano come loro propri alcuni articoli di Giansenio.|Lettera di Ferdinando del Plano [[Compagnia di Gesù|SJ]] a Jean de Tollenaere SJ; {{cita|Ceyssens 1957|doc. 45}}}}</ref> Si organizzò così una vera e propria "rete" antigiansenistica:{{citazione|I professori gesuiti del Collegio di Lovanio fornivano gli scritti polemici, in genere anonimi o pseudonimi. [...] Nei diversi Paesi, soprattutto nelle capitali, essi trovarono dei confratelli devoti per ricevere e diffondere gli scritti e per offrire memoriali alle teste coronate|{{cita|Ceyssens 1974|p. 14|Ceyssens74}} }}
Iniziò quindi un "assedio" a Roma: diversi corrispondenti belgi si rivolsero ai loro riferimenti romani, sviluppando a turno alcuni temi scelti e concordati, con il fine della condanna dottrinale dell{{'}}''Augustinus''.<ref>{{cita|Ceyssens 1957|p. XXIX|Ceyssens57}}.</ref>
 
In Francia alcuni dottori della [[Sorbona]] si schierarono a favore delle tesi espresse nell'opera di Giansenio; allo stesso modo, l{{'}}''Augustinus'' beneficiò delle approvazioni di molti Oratoriani, Domenicani e altri religiosi. Di contro, l'ostilità di Richelieu all{{'}}''Augustinus'' era scontata: egli non aveva perdonato a Giansenio il suo ''Mars Gallicus'', e oltretutto nutriva una simpatia personale per il [[molinismo]].
 
La [[Santa Sede]] nel tentativo di impedire che la disputa si aggravasse, intervenne direttamente tramite il [[nunziatura apostolica|nunzio]] a [[Colonia (Germania)|Colonia]], [[Fabio Chigi]]. [[Urbano VIII]] incaricò il [[Sant'Uffizio]] di preparare un altro decreto per condannare tutte le opere pubblicate nella disputa sul tema della grazia, in quanto violavano il decreto di [[papa Paolo V]] del 1607.
 
Nel [[1641]] un decreto della [[Congregazione dell'Indice dei libri proibiti]], che condannava l'opera di Giansenio, ma imponeva anche il silenzio ai Gesuiti, fu inviato al nunzio Chigi, che lo fece affiggere nei luoghi pubblici. Gli amici di Giansenio a Lovanio tardarono a sottomettersi.
 
Inoltre, venne sottoposto a esame l{{'}}''Augustinus'', ma la mole del libro non permetteva un esame rapido. Solo il 13 giugno [[1643]] la [[bolla pontificia|bolla]] ''In eminenti'' venne spedita a Chigi e agli altri nunzi: in essa veniva condannato l{{'}}''Augustinus'' in quanto conteneva proposizioni già condannate in precedenti documenti di [[Pio V]] e [[Gregorio XIII]].
 
A causa delle diverse resistenze che suscitò, solo alla fine del [[1651]] la bolla era stata pubblicata in tutte le diocesi e i volumi dell{{'}}''Augustinus'' erano ormai tutti ritirati dalla vendita. La questione sembrava chiusa; in realtà la lotta era appena iniziata, anche se già si profilava la costante: il giansenismo fu sempre un movimento di sconfitti.
 
=== L'assenso di Saint-Cyran all{{'}}''Augustinus'' ===
La polemica si inasprì in Francia quando si seppe che [[Jean Duvergier de Hauranne]], [[abate]] commendatario di Saint-Cyran, rinchiuso in prigione con l'accusa di eresia, proprio in prigione aveva letto l{{'}}''Augustinus'' di Giansenio. Alla morte del suo persecutore, il cardinal Richelieu, Saint-Cyran poté uscire di prigione, e confermò di avere riconosciuto nell'opera di Giansenio l'autentica dottrina di [[Agostino d'Ippona]]. Saint-Cyran godette ben poco di quella libertà, perché morì anch'egli, nell'ottobre [[1643]]; le sue idee e la sua influenza, tuttavia, trovarono dei validi continuatori in [[Antoine Arnauld (teologo)|Antoine]] e [[Angélique Arnauld]].
 
=== Antoine Arnauld (1612-1694) ===
{{vedi anche|Antoine Arnauld (teologo)}}
[[File:Antoine Arnauld.jpg|thumb|upright=1.4|Antoine Arnauld]]
Nel [[1643]], dunque, morirono sia Richelieu, sia [[Jean Duvergier de Hauranne|Saint-Cyran]]. Il ruolo di Richelieu sarebbe stato presto assunto dal [[Giulio Mazzarino|cardinal Mazzarino]], mentre l'eredità di Saint-Cyran venne raccolta da [[Antoine Arnauld (teologo)|Antoine Arnauld]], fratello minore di [[Angélique Arnauld|madre Angélique]], e discepolo e amico dello stesso Saint-Cyran.
 
Figlio di Antoine (il Vecchio), Arnauld aveva studiato diritto e teologia. Ordinato [[presbitero|prete]] e scelto come confessore del monastero di [[Port-Royal des Champs|Port Royal]] (dove era abbadessa la sorella, Angélique), fu il più grande continuatore della prassi di riforma spirituale di Saint-Cyran e il propugnatore delle idee teologiche di Giansenio. Tra le sue molte opere, bisogna segnalare, infatti, un{{'}}''Apologie pour Saint-Cyran'' (ancora del [[1639]]) e un{{'}}''Apologie pour Jansénius'' (del 1643, quando ormai il gruppo giansenista, che aveva trovato in Arnauld il proprio punto di riferimento, cercava di opporsi all'applicazione della bolla ''In eminenti'').
 
L'opera di Arnauld che suscitò più scalpore, tuttavia, fu ''De la fréquente communion'' (sempre del 1643). In essa affrontava il tema della partecipazione all'[[eucaristia]]:
#le condizioni richieste per ricevere la comunione,
#il rinvio della comunione anche dopo aver ricevuto l'assoluzione, quando si sia commesso un [[peccato mortale]],
#il rinvio o la rarefazione della comunione anche come pratica per avere più fervore in caso di tiepidezza spirituale.
 
Arnauld affermava un principio che ebbe larga diffusione fino all'[[XIX secolo|Ottocento]]: la comunione è un sacramento al quale sono invitati i santi, non un rimedio che non smuove i tiepidi dalla loro rilassatezza spirituale; per Arnauld, l'eccessiva frequenza alla comunione era causa di gravi danni spirituali, di cui i Gesuiti - con la loro pastorale [[Sistema morale#Il lassismo|lassista]] - erano responsabili.
 
La pubblicazione del libro fu un successo, ma sollevò una tempesta di reazioni. Il volume fu portato a Roma, ma inizialmente non ottenne nessuna condanna.
 
=== Il secondo intervento della Santa Sede: la bolla ''Cum occasione'' e la sua ricezione in Francia ===
{{vedi anche|Cum occasione}}
In Francia, negli anni quaranta del [[XVII secolo]], infuriava la polemica intorno all{{'}}''Augustinus'' di Giansenio e ai trattati di [[Antoine Arnauld (teologo)|Arnauld]], con diverse pubblicazioni. Il [[cardinal Mazzarino]], ormai dominatore della scena politica, si orientò in senso antigiansenista. Nel [[1649]] il ''syndic''<ref>Il "sindaco" nella [[Francia]] di ''[[ancien Régime]]'' era una persona incaricata di curare gli interessi di una corporazione professionale; in questo caso, tutelava la comunità dei professori dell'Università parigina.</ref> della facoltà di Teologia della [[Sorbona]] propose di far esaminare alla Facoltà alcune proposizioni o articoli che diceva di aver trovato esposti in alcune tesi di [[baccellierato]] causavano i maggiori disordini e precisamente:<ref>{{cita|Cognet|p. 50}}.</ref>
# alcuni comandamenti di Dio sono impossibili anche agli uomini giusti che vogliono e si sforzano di eseguirli secondo le proprie capacità, qualora ad essi manchi la [[Grazia (teologia)|grazia]] che renda loro possibile l'osservarli;
# nello stato di natura decaduta, non si resiste mai alla grazia interiore che viene da Dio;
# per meritare nello stato di natura decaduta non è necessario che ci sia nell'uomo una libertà che sia esente da necessità; è abbastanza che ci sia una libertà esente da costrizione;
# è eretica, perché [[semipelagianesimo|semipelagiana]], l'affermazione dell'esistenza di una grazia sufficiente tale che la volontà dell'uomo possa o resistervi o obbedirvi;
# è semipelagiano affermare che Cristo è morto per tutti gli uomini, senza eccettuarne neppure uno;
# le azioni degli infedeli sono tutte quante peccati;
# il sentimento della Chiesa in passato è stato che la penitenza sacramentale segreta non fosse sufficiente per i peccati nascosti.
 
Durante l'[[assemblea del clero francese]] del [[1650]], quasi ottanta vescovi sottoscrissero una lettera che chiedeva l'intervento del papa sulle proposizioni della [[Sorbona]]. [[Innocenzo X]] preparò così una speciale commissione per studiare le proposizioni. Il lavoro durò due anni: il 9 giugno [[1653]] era pronta la bolla ''[[Cum occasione]]'', nella quale le prime cinque proposizioni erano condannate, le prime quattro come eretiche e la quinta come "falsa in senso eretico". La bolla, pur senza dirlo, affermava implicitamente che le proposizioni si trovavano nell{{'}}''Augustinus''; in realtà, però, soltanto la prima proposizione si trova integralmente e negli stessi termini nell'opera di Giansenio.
 
I Gesuiti, in particolare il padre [[François Annat]] (confessore di [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]]), cercarono di trarre il massimo dalla vittoria conseguita con la ''Cum occasione'': Annat, in un trattato, sostenne che le cinque proposizioni condannate erano contenute testualmente nell{{'}}''Augustinus''. Arnauld rispose prontamente:
* solo la prima delle cinque proposizioni era riportata quasi testualmente dall'opera di Giansenio, ma lì si trovava in un contesto che la rendeva ortodossa;
* le altre quattro erano delle sintesi generiche del pensiero di Giansenio (anzi, Arnauld trasse dall{{'}}Augustinus altre cinque proposizioni nettamente contrarie alle tesi condannate);
* quindi il papa aveva condannato giustamente le cinque proposizioni, perché in sé erano eretiche ("di diritto"), ma esse non erano contenute "di fatto" nell'opera di Giansenio, oppure non lo erano in senso eretico.
Arnauld introduceva così la famosa distinzione tra la ''quaestio juris'' ('questione di diritto') e la ''quaestio facti'' ('questione di fatto'): un conto era dire che le cinque proposizioni fossero eretiche, e un conto era affermare che tale eresia si trovasse nell{{'}}''Augustinus''. In altri termini, la Chiesa può condannare infallibilmente soltanto delle dottrine in astratto, ma non può pretendere di interpretare la dottrina concreta di un individuo. Di fronte alla condanna di dottrine astratte, il fedele deve accettare la decisione della Chiesa, ma nel caso della condanna di un singolo individuo, il fedele è tenuto soltanto a mantenere un rispettoso silenzio (ossia, a non insegnare pubblicamente quelle dottrine).
 
Sul piano delle idee il dibattito teologico stava cominciando ad arenarsi e a segnare il passo. Anche i numerosi libelli antigiansenisti del momento si portavano soprattutto sul piano politico, e accusavano i giansenisti di complotto contro il [[re di Francia]]: la tattica consisteva nell'eccitare Mazzarino e la corte contro i giansenisti.<ref>{{cita|Cognet|p. 65}}.</ref>
 
La controversia sembrava non avere termine. Lo stesso Luigi XIV intervenne per far pubblicare la bolla pontificia in tutto il suo regno; la dura opposizione dei giansenisti, tuttavia, obbligò il re ad indire un'assemblea di vescovi a Parigi, la quale giunse alla conclusione che la ''Cum occasione'' aveva condannato le cinque proposizioni ritenendole di Giansenio e nel senso di Giansenio. Una lettera in questo senso fu scritta al papa e una circolare fu indirizzata ai vescovi del regno. [[Innocenzo X]] confermò con un [[breve apostolico]] le decisioni del clero francese. La bolla ''Cum occasione'' e il breve papale furono inviati a tutti i vescovi francesi perché li sottoscrivessero e li mettessero in esecuzione.
 
Intanto alcuni polemisti colsero l'occasione della bolla per pubblicare diversi libri e ''pamphlet'', spesso di tono ingiurioso contro i giansenisti. Nella disputa si sentì in dovere di intervenire anche il filosofo [[Blaise Pascal]], la cui sorella era monaca a [[Port-Royal des Champs|Port Royal]].
 
=== Pascal (1623-1662) ===
{{vedi anche|Blaise Pascal}}
Blaise Pascal, uomo di scienza, si era convertito a una pratica più autentica del [[cattolicesimo]] e si era avvicinato all'ambiente di [[Port-Royal des Champs|Port-Royal]] (dove era [[monaca]] sua sorella [[Jacqueline Pascal|Jacqueline]]), pur senza diventare uno dei "solitari".
 
Su invito di Arnauld, Pascal scrisse ''[[Le provinciali]]''; si tratta di diciotto lettere anonime, scritte tra grandi difficoltà e peripezie, su materiale fornitogli da Arnauld e [[Pierre Nicole]] (teologo di Port-Royal), tra il 23 gennaio 1656 e il 24 marzo 1657. Pascal immagina di scrivere da Parigi ad un amico che abita in provincia, per tenerlo al corrente delle discussioni in corso alla [[Sorbona]]:
*I-V: il processo di censura contro Arnauld alla Sorbona;
*VI-X: passaggio al contrattacco e discredito dei Gesuiti nel campo della morale;
*XI-XVI: confutazione dei Gesuiti (che nel frattempo hanno iniziato la pubblicazione delle loro risposte alle accuse dell'autore);
*XVII-XVIII: difesa positiva dell'ortodossia di Giansenio e della correttezza della distinzione tra "questione di diritto" e "questione di fatto".
''Le provinciali'' sono note soprattutto per l'impressionante denuncia della morale [[lassismo|lassista]] dominante in quel periodo. Non si trattava di esagerazioni: la documentazione di Pascal era precisa, e circa due terzi delle affermazioni che egli denuncia sarebbero state più tardi condannate da [[Alessandro VII]] e da [[Innocenzo XI]].
 
Anche per il loro indubitabile valore letterario, ''Le provinciali'' conobbero un grande successo di pubblico:
{{citazione|Arnauld e Nicole non erano a loro agio se non con i teologi, i quali parlavano il loro linguaggio: i loro scritti troppo tecnici non avevano presa sulla gente comune.<br>Inevitabilmente, l'opinione pubblica che essi avevano voluto raggiungere diventava loro sfavorevole.<br>È allora che un soccorso quasi insperato venne loro da un giovane mondano recentemente convertito, conosciuto fino ad allora per i suoi lavori scientifici: Blaise Pascal. [...] La controversia passava dalla Sorbona ai salotti. [...] Le Provinciali costituiscono un utilizzo della stampa clandestina sulla quale la tradizione ci ha conservato curiosi aneddoti: inchieste poliziesche, perquisizioni presso i tipografi, arresti, niente manca al quadro, ma niente d'altra parte impedisce la vasta diffusione delle piccole lettere. Le piccole ''brochures'' [[in quarto]] circolavano di mano in mano, e il pubblico si interrogava sulla loro provenienza.|{{cita|Cognet|pp. 69-70}} }}
 
L'effetto, ai fini della lotta giansenista, fu quello di irritare ancora di più gli avversari, e soprattutto Mazzarino, il quale nel [[1656]] sarebbe riuscito ad ottenere da Roma una nuova bolla, ''Ad sacram'', in cui le cinque proposizioni erano condannate come appartenenti di fatto a Giansenio. Un'altra sconfitta per i giansenisti.
 
=== I "Formulari" e l{{'}}''Ad sacram'' ===
Nel [[1655]] si era riunita la sessione ordinaria dell'assemblea del clero francese, che aveva ritenuto necessario prendere conoscenza della questione dell{{'}}''Augustinus''. Dopo vivaci discussioni, l'assemblea aveva votato una risoluzione nella quale riconosceva che nelle cinque proposizioni era enunciata la dottrina di Giansenio, contenuta nel suo libro, e non la dottrina di [[sant'Agostino]]. Si scrisse al papa e a tutti i prelati del regno per far eseguire le decisioni di condanna; la lettera scritta ai prelati era accompagnata da un formulario che doveva essere sottoscritto, un formulario di sottomissione alla bolla e al breve papale, e di condanna personale delle proposizioni di Giansenio.
 
[[Papa Alessandro VII]] decise di pubblicare a sua volta la [[costituzione apostolica]] ''Ad sacram Petri sedem'' (ottobre [[1656]]), per confermare la presenza delle cinque proposizioni nell{{'}}''Augustinus''. Il documento pontificio fu approvato dall'assemblea del clero francese e venne accompagnato da un altro formulario di sottomissione.
 
Papa, re e vescovi sembravano dunque uniti contro il giansenismo; i teologi, tuttavia, continuavano nella loro lotta. Ad ogni modo, la pubblicazione dell{{'}}''Ad sacram'' fu seguita da un periodo di relativa tregua.
 
=== La "pace clementina" ===
Nel [[1661]], alla morte di [[Giulio Mazzarino]], [[Luigi XIV]] prese personalmente la direzione del governo.
{{citazione|Assai ostile al giansenismo, sul cui [[lealismo]] monarchico gli sembrava di dover perlomeno dubitare, e in cui vedeva parecchi [[repubblicanesimo|repubblicani]], Luigi XIV credeva che in esso vi fossero i germi di una nuova [[Fronda (movimento)|Fronda]]; senza volerlo, andava imponendo, conformemente alla sua attitudine, la propria visuale quasi unicamente politica del problema. [...] solo [[Port-Royal des Champs|Port-Royal]] resisteva, come ultimo bastione all'[[assolutismo monarchico|assolutismo]] di Luigi XIV, e ormai, sotto l'impulso di Mazzarino che Luigi XIV aveva proseguito fedelmente, la lotta contro il giansenismo e Port-Royal diventerà una direzione fondamentale della politica monarchica, mentre - per un contraccolpo abbastanza prevedibile - i centri tradizionali di opposizione all'assolutismo, la [[Nobiltà di toga|''noblesse de robe'']] e i [[Parlamento francese (Ancien Régime)|Parlamenti]], scivoleranno verso il giansenismo.|{{cita|Cognet|pp. 76.48}} }}
 
Luigi XIV impose la sottoscrizione del "formulario" antigiansenista a tutti i vescovi, le scuole e i [[religioso (cristianesimo)|religiosi]]. [[Antoine Arnauld (teologo)|Antoine Arnauld]] accettò di firmare, accettando la condanna delle cinque proposizioni ("di diritto"), ma ribadendo che esse non si trovavano nell{{'}}''Augustinus'' ("di fatto").
 
Non tutti, però, furono d'accordo nel firmare il formulario imposto. Il dramma fu particolarmente acuto a Port-Royal, dove le monache, impossibilitate a fuggire dalla [[clausura religiosa|clausura]], senza conoscenze teologiche sufficienti a reggere il dibattito, legate comunque a [[Giansenio]] per il tramite della venerata memoria di [[Jean Duvergier de Hauranne|Saint-Cyran]], continuarono a rifiutarsi di firmare.
Fra le monache, si ricorda in particolare [[Jacqueline Pascal]], sorella di [[Blaise Pascal]], che scrisse ad [[Antoine Arnauld (teologo)|Antoine Arnauld]] una lettera in cui si trova la famosa frase: ''«Puisque les évêques ont des courages de filles, les filles doivent avoir des courages d’évêques»'' (''«Poiché i vescovi hanno un coraggio da ragazza, le ragazze devono avere un coraggio da vescovo»'')<ref>A. McKenna et J. Lesaulnier (dir.), Dictionnaire de Port-Royal, Paris : H. Champion, 2004, p. 789-791. (art. de Ph. Sellier).</ref>
 
Il nuovo [[arcidiocesi di Parigi|arcivescovo di Parigi]], [[Hardouin de Péréfixe de Beaumont]] (già precettore di Luigi XIV), dimostrando notevole superficialità in campo teologico, escogitò un'artificiosa soluzione, chiedendo di firmare i formulari con un assenso di "fede divina" per la questione di diritto e un assenso di "fede umana" per la questione di fatto. Pesantemente [[satira|satireggiato]] per questa trovata, Péréfixe reagì in modo violento: fece deportare da Port-Royal dodici religiose non firmatarie e fece imprigionare ''in loco'' le altre, affidando il monastero a sei [[visitandine]] e a ufficiali del re.
 
Anche quattro vescovi francesi si rifiutarono di sottoscrivere il formulario che proveniva da Parigi e prepararono dei formulari per le loro diocesi, nei quali prevedevano la distinzione tra "diritto" e "fatto". In particolare, il [[diocesi di Alet|vescovo di Alet]], [[Nicolas Pavillon]] (sostenitore del [[gallicanesimo]]) rimproverò al re di lasciarsi ingannare combattendo un'eresia immaginaria. Da Parigi si chiese la deposizione dei quattro vescovi da parte di Roma, ma la Santa Sede evitò di farlo, per non urtare la sensibilità gallicana.
 
Il punto debole della tattica di Luigi XIV era il fatto di richiedere la sottoscrizione di un formulario proveniente dall'assemblea del clero, che perciò non aveva quella forza vincolante necessaria; si chiese perciò l'intervento del papa, con un suo formulario che sarebbe stato certamente più vincolante. [[Papa Alessandro VII]] redasse allora la bolla ''Regiminis apostolicis'' (febbraio [[1665]]), con un formulario identico nel senso a quello dell'assemblea, ma più breve. Nuove opposizioni francesi obbligarono il papa a convocare una nuova commissione di studio; questa volta ben diciannove vescovi francesi si dichiararono contrari a un nuovo intervento diretto del papa.
 
Il nuovo papa, [[Papa Clemente IX|Clemente IX]], si mostrò più moderato nel voler la sottomissione dei vescovi ribelli: era disposto ad accontentarsi della sottoscrizione dei formulari, senza restrizioni o interpretazioni. Alla fine i vescovi ribelli e lo stesso Antoine Arnauld firmarono e sottoscrissero il formulario e la bolla di Alessandro VII, in cui il papa consentiva tacitamente che le firme venissero fatte con la riserva della distinzione tra questione di diritto e questione di fatto.
 
Clemente IX accettò con sollievo la sottoscrizione del formulario. Luigi XIV proibì le pubblicazioni sulle questioni controverse e l'uso dei termini "giansenisti" ed "eretici". Rimaneva però un pesante dubbio sulla sincerità delle sottoscrizioni. Nel febbraio [[1669]] anche le ultime religiose di Port-Royal firmarono. Finalmente, dopo decenni di controversie , si arrivò a una pace, la cosiddetta "pace clementina", sebbene le divergenze perdurassero e Roma fosse ancora diffidente.
 
La "pace clementina" segnò, nella storia del giansenismo, un tornante decisivo, non solamente perché essa impose il silenzio alle controversie per circa trentacinque anni, fino all'aurora del [[XVIII secolo]], ma soprattutto perché con essa si chiudeva il periodo del giansenismo propriamente religioso. Infatti, questo lungo movimento di idee trovava qui una soluzione provvisoria e puramente politica, che sul piano intellettuale non risolveva niente. Insomma, non era che una tregua artificiale, imposta in ultima analisi dall'autorità regale e mantenuta da essa: dal momento in cui questa autorità si sarebbe indebolita, la lotta sarebbe ricominciata, ma sul terreno principalmente politico: il conflitto assunse infatti tutto un altro aspetto, e il "secondo Giansenismo" fu politico, gallicano e parlamentare. Esso avrebbe finito per costituire un vero e proprio partito, che a poco a poco si levava contro l'assolutismo monarchico, e che ormai non aveva più granché da vedere con Giansenio.<ref>{{cita|Cognet|pp. 83-84}}.</ref>
 
Nel [[1679]], alla morte della [[Anna Genoveffa di Borbone-Condé|duchessa di Longueville]], protettrice di Port-Royal a corte, Luigi XIV si accanì nuovamente contro il monastero cistercense: espulse da Port-Royal le collegiali e le novizie e impedì di accettarne di nuove, condannando così il monastero all'estinzione. Dopo dieci anni, la fragile "pace clementina" era già finita.
 
=== Pasquier Quesnel (1634-1719) ===
{{vedi anche|Pasquier Quesnel}}
Nel [[1685]] l'erudito [[Oratorio di Gesù e Maria Immacolata di Francia|oratoriano]] [[Pasquier Quesnel]] a Bruxelles aveva conosciuto [[Antoine Arnauld (teologo)|Antoine Arnauld]], che si era rifugiato nella città belga, e ne era diventato fedele compagno.
 
Quesnel scrisse un trattato, ''Tradition de l'église romaine sur la prédestination des saints et sur la grâce efficace'' ([[1687]]-[[1690]]). In realtà Quesnel non era strettamente giansenista, perché cercava piuttosto di conciliare [[Agostino d'Ippona]] con [[Tommaso d'Aquino]] e, comunque, non aveva grande stima per Giansenio. È un fatto curioso, perché i pochi teologi che in epoca successiva avrebbero continuato ad occuparsi di questi problemi videro nelle idee di Quesnel la quintessenza della posizione giansenista.<ref>{{cita|Cognet|p. 90}}.</ref> Più che giansenista, Quesnel era un [[gallicanesimo|gallicano]], seguace delle idee di [[Edmond Richer]],<ref>Edmond Richer ([[1560]]-[[1631]]) fu l'autore di un famoso opuscolo, ''De ecclesiastica et politica potestate'', in cui affermava che (cfr. {{cita|Cognet in Jedin ed.|p. 68|Jedin}})
* la Chiesa ha soltanto un potere spirituale e deve assoggettarsi, per la sfera temporale, al governo civile;
* il papa ha un potere esecutivo su tutta la Chiesa, ma l'autorità legislativa universale appartiene al [[Concilio ecumenico]], mentre l'infallibilità appartiene al consenso di tutta la Chiesa;
* la soglia della [[Collegialità episcopale|collegialità]] andrebbe "abbassata" a tutti i livelli ecclesiastici: la diocesi dovrebbe essere guidata da un consiglio di [[presbitero|preti]], la parrocchia da un consiglio di [[laicato|laici]].</ref> e soprattutto era un uomo politico.
 
Nel [[1692]] Quesnel pubblicò il ''Nouveau Testament en français avec des réflexions morales sur chaque verset'' (1692), che riscosse grande successo e fu approvato anche dall'[[Arcidiocesi di Parigi|arcivescovo di Parigi]] [[Louis-Antoine de Noailles]].
 
Nel [[1704]] intervenne nella questione anche [[Fénelon]], autorevole arcivescovo antigiansenista, molto legato ai Gesuiti. Fénelon portò il confronto su un piano apertamente [[ecclesiologia|ecclesiologico]]: egli affermò che la Chiesa aveva tutto il diritto di pronunciarsi sull'ortodossia oggettiva di un'opera come l{{'}}''Augustinus'', senza tenere conto delle intenzioni dell'autore; per giustificare questo suo punto di vista e dare un fondamento alla sua dottrina, Fénelon affermava fortemente l'infallibilità della Chiesa anche su fatti dogmatici non rivelati. Approfittando delle sue eccellenti relazioni con il nuovo [[papa Clemente XI]], Fénelon avrebbe voluto far definire questo punto dalla Santa Sede, ma anche a Roma numerosi teologi e cardinali si mostrarono nettamente contrari.<ref>{{cita|Cognet|p. 95}}.</ref>
 
Anche per impulso di Fénelon, con il [[breve apostolico]] ''Universi dominici gregis'' (luglio [[1708]]) papa Clemente XI condannò il libro come rinnovatore della dottrina giansenistica, vietandone la stampa. In Francia, tuttavia, il breve non ebbe nessun effetto (sia il papa sia Luigi XIV erano impegnati nella [[guerra di successione spagnola]]), tanto che nel [[1710]] uscì una seconda edizione delle ''Réflexions morales''. Lo stesso episcopato francese era diviso, e Quesnel poteva godere dell'appoggio dell'arcivescovo stesso di Parigi, Noailles.
 
=== La polemica sul ''Caso di coscienza'' ===
All'inizio del [[XVIII secolo|Settecento]] la controversia teologica sul giansenismo si era riaccesa anche attorno all'opuscolo anonimo ''Un caso di coscienza'', che sollevava il problema della liceità del "silenzio ossequioso": si poteva dare l'[[assoluzione (religione)|assoluzione sacramentale]] ad un ecclesiastico che accettava solo esternamente l'interpretazione che la Chiesa cattolico-romana dava delle proposizioni "tratte" dall{{'}}''Augustinus'' di Giansenio, ma in coscienza non poteva andare - appunto - oltre il "silenzio ossequioso" di fronte all'effettiva condanna del giansenismo?
 
Un parroco sottopose l'opuscolo alla [[Sorbona]], che inizialmente rispose affermativamente al quesito contenuto. Dopo che esso venne però esaminato dal [[Sant'Uffizio]], con il [[breve apostolico]] ''Cum nuper'' (del febbraio [[1703]]) [[papa Clemente XI]] lo condannò, vietandone la lettura e la stampa. La [[gallicanesimo|polemica gallicana]] costrinse il re [[Luigi XIV]] a chiedere al papa di emanare una nuova [[bolla pontificia|bolla]] di condanna del giansenismo: il 16 luglio [[1705]] Clemente XI emanò la ''Vineam Domini'', che respingeva la teoria del "silenzio ossequioso", considerata un cavillo formalista, e rivendicava alla Chiesa cattolico-romana il diritto di condannare le dottrine eretiche e anche gli uomini concrete che le difendevano.
 
In Francia la resistenza ai nuovi interventi papali fu viva, soprattutto a [[Port-Royal des Champs|Port-Royal]], che fu dapprima colpito da [[interdetto]], poi definitivamente chiuso, occupato militarmente, e raso al suolo nel [[1709]].
 
=== La bolla ''Unigenitus'' (1713) e la repressione finale del giansenismo ===
{{vedi anche|Unigenitus Dei Filius}}
Nel novembre del [[1711]] il re Luigi XIV, bisognoso di unità politica nel [[regno di Francia]], sollecitò dal papa una nuova bolla (rispettosa però delle [[libertà gallicane]]), che egli stesso si impegnava a far pubblicare. L'8 settembre [[1713]] uscì la bolla ''[[Unigenitus Dei Filius]]'', che condannava 101 proposizioni estratte dalle ''Réflexions'' di Quesnel. La scelta e il raggruppamento di queste proposizioni tendevano visibilmente a farne una sorta di ''summa'' di tutto quello che si considerava come dottrina giansenista, anche se alcune proposizioni condannate manifestavano piuttosto il [[gallicanesimo]] di Quesnel [...] e molte erano formule correntemente ammesse tra gli agostinisti, anche non giansenisti.<ref>{{cita|Cognet|p. 99}}.</ref>
 
In Francia, tuttavia, le cose non andarono come il re desiderava. L'episcopato rimase diviso; l'arcivescovo Noailles e altri quarantotto prelati si rifiutarono di accettare semplicemente e immediatamente la bolla di [[Clemente XI]], e nemmeno accettarono di partecipare a un sinodo nazionale per confermarla.
 
La bolla era stata previamente concordata tra la [[Curia romana]] e la corte francese, ed era chiaro che faceva comodo al re [[assolutismo monarchico|assolutista]], desideroso di una maggiore compattezza dello Stato. Per reazione, l'opposizione anche (o soprattutto) politica alla monarchia si concentrò sul rifiuto della bolla papale.
{{citazione|Gli accettanti la bolla avevano una larga maggioranza, ma non era per niente l'unanimità che Luigi XIV aveva promesso al papa. D'altra parte, l'opposizione non era meno violenta tra il clero di second'ordine e anche fra i laici. Essa provocò un vero diluvio di scritti di ogni dimensione: più di 180 titoli per il solo 1714, soprattutto i famosi "''Hexapla'' o sei colonne sulla costituzione ''Unigenitus''", che mettevano le proposizioni condannate in parallelo con la Scrittura e la tradizione|{{cita|Cognet|p. 102}} }}
[[File:Convulsions.png|thumb|upright=1.4|Incisione con alcune sedute di ''secours'' in gruppi tardo-giansenisti]]
[[File:Secours au battoir.png|thumb|upright=1.4|Altra scena di ''secours'']]
L'opposizione, questa volta, si attestò sulla linea di principio: la bolla ''Unigenitus'' era erronea, e non in una questione "di fatto" (dal momento che condannava delle frasi che certamente erano quelle di Quesnel), ma in una questione "di diritto", perché incriminava delle formule che erano quelle della pura tradizione agostinista.<ref>{{cita|Cognet|p. 102}}.</ref>
 
L'opposizione, anche in conseguenza delle precedenti prese di posizione di Fénelon e sulla scorta di Quesnel, assunse una chiara coloritura richerista, pretendendo che non solo i vescovi, ma anche i preti e il popolo potessero giudicare una posizione dottrinale del papa.
 
Nel frattempo morì Luigi XIV e il debole periodo di reggenza che ne seguì fu tutto a vantaggio degli oppositori. Nel [[1717]] quattro vescovi, tra i quali Noailles, deposero alla Sorbona un atto notarile nel quale si appellavano, contro la bolla ''Unigenitus'', ad un [[concilio ecumenico|concilio generale]]. Le adesioni all'appello si moltiplicarono, fino a raggiungere circa 3.000 membri del clero (su un totale di 100.000).
 
Ormai la Francia era divisa in due: gli appellanti e coloro che avevano accettato la bolla ''Unigenitus''. La confusione era giunta al parossismo.
 
Davanti alla possibilità di uno [[scisma]], nel [[1718]] Clemente XI, con la bolla ''Pastoralis officii'', [[scomunica]]va tutti gli appellanti e confermò tutti i documenti già promulgati contro il giansenismo, ma la scomunica non fu accettata dal parlamento francese. Con la morte di Quesnel nel [[1719]] e di Noailles nel [[1729]], il giansenismo francese perse definitivamente vigore. La fine del giansenismo avvenne dunque per via politica, con la repressione violenta dell'opposizione alla ''Unigenitus'' da parte della monarchia:
* nel [[1723]] il reggente [[Filippo II di Borbone-Orléans]] inflisse la prigione e l'esilio ai recalcitranti,
* nel [[1730]] il nuovo arcivescovo di Parigi [[Charles-Gaspard-Guillaume de Vintimille du Luc|Vintimille]] fece riconoscere la ''Unigenitus'' come legge dello Stato, facendo escludere dai concorsi ai [[beneficio ecclesiastico|benefici ecclesiastici]] i ribelli: a questo punto il giansenismo era messo ai margini della Chiesa e della società francese,
* nel [[1754]] [[Luigi XV]] impose il silenzio definitivo ai due partiti (''lex de silentio'').
Così, a poco a poco, si spegneva il giansenismo francese: di anno in anno il partito giansenista vedeva diminuire i propri militanti, il cui numero si assottigliava per le defezioni e i decessi. Con [[Charles-Daniel-Gabriel de Pestel de Lévi de Thubieres de Caylus|Charles de Caylus]], [[diocesi di Auxerre|vescovo di Auxerre]], scompariva nel 1754 l'ultimo membro dell'episcopato francese apertamente giansenista.<ref>{{cita|Cognet|p. 111}}.</ref>
 
Gli ultimi anni del giansenismo francese furono invece contrassegnati dalla ricerca di segni divini a sostegno di una causa ormai umanamente disperata. In questo contesto di giansenismo decadente sorse il fenomeno del ''[[Convulsionari|mouvement convulsionnaire]]'', caratterizzato dall'applicazione reciproca di crudeli penitenze tra i membri di gruppi giansenisti: dai ''petits secours'', come ricevere colpi di frusta, ai ''grands secours'', come il farsi trafiggere con chiodi o spade, farsi sospendere alle pareti o addirittura farsi crocifiggere. {{citazione|Se si deve credere ai documenti pervenutici, queste sedute di sadismo erano spesso accompagnate da sorprendenti prodigi, come insensibilità o invulnerabilità|{{cita|Cognet|p. 115}} }}
 
=== La devozione al Sacro Cuore come strategia antigiansenista ===
La risposta cattolica a tale dottrina e spiritualità venne anche con il [[culto]] del [[Sacro Cuore di Gesù]], il quale riportò l'attenzione dei cristiani sull'importanza dell'umanità di [[Cristo]] e sulla misericordia del Signore. Tale culto giunse alla sua forma attuale grazie a santa [[Margherita Maria Alacoque]], [[Monachesimo|monaca]] di [[Regola di clausura|clausura]] [[Francia|francese]] del convento della [[Ordine della Visitazione di Santa Maria|Visitazione]] di [[Paray-le-Monial]], negli anni a partire dal [[1673]] la quale supportò le proprie indicazioni su questa devozione testimoniando alcune apparizioni di Cristo. Tale culto fu inviso ai giansenisti, i quali si consideravano vicini allo spirito originario del [[cristianesimo]], e in generale ai loro sostenitori, spesso colti ed eruditi, che la ritenevano una stravagante novità. Il [[Compagnia di Gesù|gesuita]] [[Claudio de La Colombière]], [[direttore spirituale]] della Alacoque, profondamente convinto dell'autenticità delle apparizioni, difese la monaca anche di fronte alla sua [[Diocesi|Chiesa locale]], che giudicava le apparizioni come fantasie mistiche.
 
Nel [[1750]], il vescovo napoletano [[Alfonso Maria de' Liguori]] (poi [[canonizzazione|canonizzato]] e proclamato [[dottore della Chiesa]]) pubblicò ''[[Le glorie di Maria]]'': in quest'opera, invece, è la devozione [[Maria madre di Gesù|mariana]] ad essere utilizzata in aperta polemica con il giansenismo.
 
== Il giansenismo in Italia ==
Il giansenismo, come si è visto, in Francia era connesso in modo particolare sia con il [[gallicanesimo]] sia con le esigenze di riforma della [[Chiesa (comunità)|Chiesa]]. Questi stessi due aspetti - un profondo legame tra Chiesa e Stato e un programma "[[razionalismo|razionale]]" di riforma - caratterizzarono anche la diffusione del giansenismo stesso nella penisola italiana durante il [[XVIII secolo|Settecento]].
 
In realtà, non erano mancati alcuni contatti tra i giansenisti francesi e simpatizzanti italiani già nel [[XVII secolo|secolo precedente]]: tra Francia e Italia furono frequenti, in particolare, gli scambi di opinioni, di opere e di riviste (''Les nouvelles ecclésiastiques'', ''Il giornale antigesuita'', etc.) riguardanti la questione giansenista.
{{citazione|La fortuna di queste opere non derivò solamente dalle idee [[Port-Royal des Champs|portorealiste]], ma soprattutto dal fatto che rispondevano alla richiesta di una produzione [[cura pastorale|pastoralmente]] qualificata.|{{cita|Mezzadri|p. 413}} }}
 
Fu però lungo il XVIII secolo che il giansenismo si diffuse in modo particolare in Italia, in un complesso intersecarsi di diverse istanze e correnti di pensiero: [[illuminismo]], [[giurisdizionalismo]], [[gallicanesimo]] e [[febronianesimo]], e naturalmente l'applicazione di una [[riforma cattolica]] che rimaneva ancora ben lontana da quanto era stato auspicato dal [[concilio di Trento]].
 
Il giansenismo italiano conobbe almeno tre momenti:
#nella prima metà del secolo, un '''movimento riformatore "moderato"''', che partiva da un dibattito culturale e da ricerche erudite; di questo momento è altamente significativa l'esperienza di [[Ludovico Antonio Muratori]]. I precedenti di questa svolta culturale possono essere rintracciati nel periodo compreso tra la fine del Seicento e i primi decenni del secolo seguente: i conflitti giurisdizionalisti promossi da [[Vittorio Amedeo II di Savoia]] e dagli imperatori di [[Asburgo d'Austria|Casa d'Austria]] ebbero infatti conseguenze importanti. Pur limitati negli effetti politici immediati, questi scontri tra sovrani e papato avevano infatti favorito e stimolato la nascente erudizione italiana, che proprio in quell'occasione aveva trovato un terreno adatto ad affinare tecniche e metodi d'indagine; anche dopo che si esaurì il momento della polemica giurisdizionalista, non venne meno l'interesse per la ricerca erudita tra i colti sostenitori del giansenismo italiano.<ref>{{cita|Donati|pp. 79-80}}.</ref>
#nella seconda metà del secolo, un '''movimento apertamente contestatore''' in campo ecclesiastico, che invocava l'intervento statale nel governo ecclesiastico. Esempi eclatanti di questa contestazione furono [[Pietro Tamburini]] e soprattutto il [[sinodo di Pistoia]] del [[1786]].
#alla fine del secolo, l'iscrizione definitiva delle istanze gianseniste nella '''riorganizzazione operata dal [[dispotismo illuminato]]''', con il conseguente spegnimento e svuotamento del loro primitivo valore.<ref>Ad esempio, alcuni momenti-chiave della riorganizzazione ecclesiastica nella [[Lombardia austriaca]] furono nel [[1765]] l'istituzione della Giunta Economale per i problemi ecclesiastici, nel [[1781]] la soppressione di tutti gli Ordini contemplativi e nel [[1783]] l'apertura dei [[seminario|Seminari Generali]].</ref>
{{citazione|Nel campo religioso l'imperatore [[Giuseppe II d'Austria]] trova chi è disposto a seguirlo: i giansenisti, attivi e intraprendenti in Italia ancor più che nella loro patria di origine, la Francia. Se il profondo spirito religioso che anima i giansenisti appare in contrasto con il [[razionalismo]] del secolo, numerosi punti di contatto li spingono ad allearsi all'[[Illuminismo]] nella sua battaglia contro la [[Santa Sede|Chiesa di Roma]]: vogliono un ritorno alla primitiva semplicità cristiana, combattono l'autorità del papa e l'onnipotenza del clero.|{{cita|Valsecchi|p. 210}} }}
 
=== Ludovico Antonio Muratori (1672-1750) ===
{{vedi anche|Ludovico Antonio Muratori}}
[[File:Lodovico Antonio Muratori.jpg|thumb|Ludovico Antonio Muratori]]
[[Presbitero]] [[Modena|modenese]], è noto per la sua opera di erudizione storica, ma costituisce anche il "portabandiera" della prima generazione di riformatori ecclesiastici [[XVIII secolo]], esponenti di un giansenismo "moderato".
 
Dottore all'[[Biblioteca Ambrosiana|Ambrosiana]] di [[Milano]], Muratori cominciò la propria carriera pubblicando alcuni lavori di erudizione. Richiamato a Modena come archivista del [[Ducato di Modena e Reggio|Duca]], intervenne nella polemica tra [[Sacro Romano Impero]] e [[Santa Sede]] per i diritti sul feudo di [[Comacchio]] (un tipico scontro [[giurisdizionalismo|giurisdizionalista]]), pubblicando la ''Piena esposizione dei diritti imperiali ed [[estensi]]'' e le ''Antichità estensi ed italiche''. Questa ricerca segnò per Muratori un momento fondamentale, perché gli permise di affrontare il problema delle donazioni (vere o, più spesso, presunte) fatte al [[papa]] soprattutto dai [[Franchi]], della formazione dello [[Stato della Chiesa]] e, ancora più a fondo, dello stesso [[potere temporale]] della [[Chiesa cattolica|Chiesa cattolico-romana]]. Naturalmente, tutto questo portava Muratori in un campo quanto mai delicato, e difatti egli fu sospettato e accusato di essere il continuatore di antichi eretici: [[Lutero]], i [[Historia Ecclesiae Christi|Centuriatori di Magdeburgo]], i giansenisti. In realtà, Muratori era in perfetta buona fede, ma soprattutto era un ricercatore libero nelle conclusioni storiche cui giungeva.
 
Un'altra esperienza importante per Muratori, che segnò tutta la sua vita, fu l'incontro con il [[Compagnia di Gesù|gesuita]] (e questo dimostra che non ci stiamo muovendo in un contesto di giansenismo radicale, che non avrebbe mai mostrato simpatia per un gesuita) [[Paolo Segneri|Paolo Ségneri]]: partecipando alle "[[missioni al popolo]]" predicate dal Ségneri, intrattenendo con lui corrispondenza e amicizia, Muratori si sentì spinto a dedicarsi alla [[cura pastorale]]. Nel [[1716]] ottenne la [[prevosto|prepositura]] di [[Chiesa di Santa Maria della Pomposa|Santa Maria della Pomposa]] a Modena e nel [[1723]], per la fondazione di una "[[Confraternita (Chiesa cattolica)|Confraternita]] della carità cristiana", compose il trattato ''Della carità cristiana''.
 
In questi testi, Muratori rivela un vago orientamento giansenista, esplicitato per esempio nella sua considerazione circa la «natura dell'uomo sì debole e corrotta e cotanto inclinata sin dalle fasce alla malizia e al male», presente nella lettera autobiografica a Giovanni Artico, [[Porcia (famiglia)|conte di Porcía]].<ref>{{cita libro|nome=Ludovico Antonio|cognome=Muratori|wkautore=Ludovico Antonio Muratori|opera=Dal Muratori al Cesarotti|volume=1|titolo=Opere di Lodovico Antonio Muratori|città=Milano|anno=1964|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana|p=36}}</ref>
 
Anche durante gli anni dedicati al ministero in parrocchia, Muratori continuò - con un incredibile accumulo di lavoro - la sua ricerca erudita, pubblicando 27 volumi [[in folio]] dei ''[[Rerum Italicarum scriptores]]'' e i sei volumi delle ''Antiquitates Italicae Medii Aevi'', ma occupandosi anche di riforma ecclesiastica, per esempio con il suo trattato ''Della regolata devotione de' cristiani'' ([[1747]]). Verso la fine della sua vita proseguì la pubblicazione, iniziata dall'[[Confederazione dell'oratorio di San Filippo Neri|oratoriano]] [[Giuseppe Bianchini]], degli antichi [[sacramentario|sacramentari]] [[Diocesi di Roma|romani]].
 
È significativo che lo sbocco dell'esperienza riformatrice del Muratori sia quasi giurisdizionalista: egli concluse le sue fatiche, prima della morte, con un trattato ''[[Della pubblica felicità]]'' ([[1749]]), dedicato all'[[Arcidiocesi di Salisburgo|arcivescovo-principe di Salisburgo]] [[Andreas Jakob von Dietrichstein]].
{{citazione|I riformatori "moderati" come il Muratori [...] si trovavano di fronte ad un'alternativa: o limitare rigorosamente alla sfera [[devozione|devozionale]] i propri suggerimenti e le proprie critiche, oppure imboccare senza remore la strada dell'analisi politico-sociale. Era tuttavia evidente che, una volta scelta questa seconda via, le eventuali proposte "regolatrici" non avrebbero più potuto essere indirizzate soltanto alla gerarchia ecclesiastica, ma avrebbero dovuto chiamare in causa i governi "civili" degli Stati. Un erudito come il Muratori, prete e bibliotecario del Duca di Modena, fu cosciente di questo nodo, e seppure vecchio, non tentò di sottrarsi all'alternativa: la via da lui prescelta fu la seconda.|{{cita|Donati|p. 82}} }}
 
=== Il sinodo di Pistoia (1786) ===
{{vedi anche|Sinodo di Pistoia}}
[[File:Incisione del 1786, sinodo diocesano in Pistoia (seminario vescovile).jpg|upright=1.6|thumb|Una sessione del sinodo di Pistoia]]
Quando [[Leopoldo II d'Asburgo-Lorena|Pietro Leopoldo di Lorena]] divenne [[Sovrani di Toscana#Granduchi di Toscana, 1569-1801|Granduca di Toscana]], avviò un'opera di riforma generale di uno Stato rimasto assai arretrato sotto gli ultimi [[Medici]], e in particolare una riforma della [[Chiesa (comunità)|Chiesa]] secondo i principi del [[giurisdizionalismo]] e del [[dispotismo illuminato]] (''[[exequatur]]'' e ''[[placet]]'', [[soppressione degli ordini religiosi]], riforma del [[clero]]).
 
In questa sua opera di riforma, Pietro Leopoldo incontrò il giansenismo italiano, rappresentato soprattutto dal [[Diocesi di Pistoia|vescovo di Pistoia e Prato]] [[Scipione de' Ricci]].
*Nel [[1782]] Ricci scrisse una lettera pastorale contro la [[devozione]] al [[Sacro Cuore di Gesù]] e disponendo vari interventi in campo [[liturgia|liturgico]];
*nel [[1785]] fece preparare un documento di riforma in 57 punti, che il Granduca poi inviò a tutti i vescovi della Toscana;
*nel [[1786]], finalmente, si celebrò un importante [[Sinodo di Pistoia|sinodo diocesano a Pistoia]], sinodo che doveva costituire il modello e l'anticipazione (insieme a quelli che si sarebbero dovuti tenere nelle altre diocesi rette da vescovi giansenisti, ma che di fatto non si celebrarono mai) di un previsto [[Concilio]] nazionale per la riforma della Chiesa: il sinodo, composto di "padri sinodali" ([[presbitero|preti]] impegnati nella [[cura d'anime]]) e di "consacerdoti" (preti senza cura d'anime) deliberava su materiali preparati da [[Pietro Tamburini]] e [[Vincenzo Palmieri]];
*nel [[1787]] il [[concilio]] dei vescovi toscani si oppose a Ricci, poiché l'[[Arcidiocesi di Firenze|arcivescovo di Firenze]] [[Antonio Martini]] e altri "moderati" rigettarono le soluzioni radicali proposte dal sinodo di Pistoia;
*il 28 agosto [[1794]], infine, con la [[bolla papale|bolla]] ''[[Auctorem Fidei]]'' giunse la condanna di molte proposizioni del sinodo di Pistoia da parte del [[papa Pio VI]].
 
Tra le proposte di riforma ecclesiastica che Scipione de' Ricci e il sinodo di Pistoia avevano avanzato, si possono ricordare la celebrazione di sinodi diocesani ogni due anni (sulla linea di quanto era stato disposto dal [[concilio di Trento]] e di fatto non era mai stato messo in pratica), la revisione dei [[libro liturgico|libri liturgici]] con l'eliminazione di tutti gli elementi leggendari o legati a superstizioni, l'abolizione di tutti i titoli ecclesiastici oltre a quelli di [[vescovo]], [[canonico]] del [[capitolo (cristianesimo)|capitolo della Cattedrale]] e [[parroco]], l'individuazione di «un metodo uniforme di studi ecclesiastici, tanto nei [[seminario|seminari]], accademie ecclesiastiche ed università che nei [[convento|conventi]] dei [[religioso (cristianesimo)|regolari]], secondo la dottrina di [[Agostino d'Ippona|sant'Agostino]]».
{{citazione|XXVII - Sarebbe opportuno che [...] si proibissero nelle domeniche e feste solenni le feste in onore dei santi. Potrebbero proibirsi le parature, la quantità inutile dei lumi, la musica tanto vocale che istrumentale ad eccezione del canto corale e dell'organo, che in chiesa non si ammettessero le donne in abiti indecenti, che non vi si celebrasse che una sola [[messa]] per volta e che queste siano distribuite in ore fisse per il maggior comodo del popolo.<br>XXVIII - Converrebbe che i vescovi si prendessero cura di rivedere tutte le [[reliquia|reliquie]] delle chiese delle loro diocesi, togliendo tutte quelle la di cui autentica fosse per qualche titolo sospetta. [...] Nell'altar maggiore della chiesa, dove dee conservarsi il [[Santissimo Sacramento]], dovrebbe togliersi ogni quadro di santi, e non lasciarsi che una croce.<br>XXXVIII - Eccettuate le processioni del [[Corpus Domini]] e delle [[rogazioni]], stabilite da un rispettabile uso, fuori dalla chiesa, e di quelle della [[domenica delle Palme]], del [[Altare della reposizione|santo sepolcro]] e della [[Candelora|Purificazione]] in chiesa, sembra che tutte le altre potrebbero abolirsi; ed assolutamente conviene abolire quelle che si fanno per visitare qualche madonna o altre immagini, e che ad altro non portano che a fare dei pranzi o delle adunate indecenti.<br>LIV - Per porre i parroci anco meno dotti in stato di esercitar bene il loro ministero, potrebbe essere utile il far tradurre e stampar libri che più potessero venire ad essi di guida e d'istruzione, e distribuirgliene gratis: [...] un esemplare della [[Bibbia|sacra scrittura]] tradotta in [[lingua italiana|volgare]] dall'arcivescovo di Firenze Martini, o quella tradotta dal francese da [[Louis-Isaac Lemaistre de Sacy|Sacy]], [...] il rituale d'Alet ''(del vescovo giansenista [[Claude Pavillon]])'', le riflessioni sul vecchio e Nuovo Testamento di [[Pasquier Quesnel|Quesnel]], un esemplare dell'opera "Della regolata divozione" di [[Ludovico Antonio Muratori|Muratori]], il corso della teologia morale del professor [[Pietro Tamburini|Tamburini]], [...] i discorsi della storia ecclesiastica di [[Claude Fleury|Fleury]].|Puncta ecclesiastica ab archiduce concepta, atque ad omnes Hetruriae episcopos per enciclicam epistulam transmessa, 1785}}
 
=== Altre influenze gianseniste nella penisola italiana ===
Influenze gianseniste, perseguitate dal cardinale [[Fabrizio Ruffo]], emersero nel clero napoletano che aderiva alla [[repubblica partenopea]],<ref>{{cita|De Giovanni}}.</ref> le cui connessioni con il [[regalismo]] [[borbone di Napoli|borbonico]] non sono state ancora del tutto chiarite. Fra i giansenisti che operarono a Napoli si ricorda [[Vincenzo Troisi]].
 
Il giansenismo era molto diffuso anche in [[Liguria]] e i genitori di [[Giuseppe Mazzini]], [[Giacomo Mazzini|Giacomo]] e [[Maria Drago]], erano stati educati in famiglie ferventemente gianseniste.
 
In [[Lombardia]] e in particolare nel bresciano il giansenismo ebbe i suoi esponenti nell'abate [[Giuseppe Zola (teologo)|Giuseppe Zola]] e nel già citato Pietro Tamburini. A [[Brescia]] verso la metà del Settecento aveva insegnato il famoso prete giansenista [[Somaschi|somasco]] [[Giuseppe Maria Pujati]], che ebbe una fortissima influenza sul clero della [[diocesi di Brescia]]. Del giansenismo bresciano furono principali esponenti, oltre a Zola e Tamburini, [[Giovanni Battista Guadagnini (teologo)|Giovanni Battista Guadagnini]], arciprete di [[Cividate Camuno]] e [[Gianbattista Rodella]], segretario del conte [[Filippo Mazzucchelli]]. Il giansenismo ebbe un ruolo importante anche nella formazione e nella religiosità di [[Alessandro Manzoni]], che scrisse le sue ''Osservazioni sulla morale cattolica'' dietro richiesta del vescovo di Pavia, il giansenista [[Luigi Tosi (vescovo)|Luigi Tosi]].
{{vedi anche|Alessandro Manzoni#Il ruolo della Provvidenza e il giansenismo}}
 
== Il giansenismo nei Paesi Bassi ==
All'inizio del [[XVIII secolo]] alcuni giansenisti in fuga dalla Francia si rifugiarono nei [[Paesi Bassi]]. Lì furono accolti dalla Chiesa locale, all'epoca in controversia con [[Roma]] proprio per via delle simpatie gianseniste di alcuni suoi precedenti vescovi; uno di questi vescovi, [[Petrus Codde]], sarà anche processato per giansenismo a Roma (contro i privilegi che la stessa [[Santa Sede]] aveva concesso all'[[Arcivescovo]] di [[Utrecht]]), risultando innocente ma venendo comunque deposto dal [[papa]]. L'aiuto fornito ai giansenisti francesi fece sì che la chiesa nazionale dei Paesi Bassi venisse con essi identificata (pur essendo questa identità destituita di fondamento), e che questo equivoco si trascinasse per secoli.
 
Nel [[1724]], tuttavia, non si poté evitare lo [[scisma di Utrecht|scisma]]: il [[Capitolo (cristianesimo)#Capitolo dei canonici|capitolo]] di [[Utrecht]], dopo aver costretto il vicario apostolico de Cock ad andarsene, nominò di propria iniziativa, senza autorizzazione da Roma, un proprio arcivescovo ([[Cornelius van Steenoven]]), che ricevette la consacrazione episcopale dal vescovo missionario francese [[Dominique Marie Varlet]], [[sospensione a divinis|sospeso ''a divinis'']].
{{vedi anche|Vetero-cattolicesimo}}
 
== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
=== Fonti ===
* {{cita libro|cognome=Ceyssens|nome=Lucien|titolo=Sources relatives aux débuts du Jansénisme et de l'Antijansénisme : 1640-1643|città=Louvain|editore=Bibliotheque de l'Université|anno=1957|collana=Bibliothèque de la Revue d'histoire ecclésiastique|volume=31|lingua=fr|cid=Ceyssens57}}
* {{cita libro|cognome=Ceyssens|nome=Lucien|titolo=La première bulle contre Jansénius : sources relatives à son histoire, 1644-1653|altri=avec la collaboration d'Aimé Legrand|città=Bruxelles, Rome|editore=Institut historique belge de Rome|anno=1961-1962|lingua=fr}}
* {{cita libro|cognome=Ceyssens|nome=Lucien|titolo=La fin de la première période du Jansénisme : Sources des années 1654-1660|altri=avec la collabor. du Chan. A. Legrand|città=Bruxelles, Rome|editore=Institut historique belge de Rome|anno=1963-1965|lingua=fr}}
* {{cita libro|cognome=Ceyssens|nome=Lucien|autore2=Sylvestre de Munter|titolo=La seconde période du Jansénisme|città=Bruxelles, Rome|editore=Institut historique belge de Rome|anno=1968-1974|lingua=fr}}
* {{cita libro|cognome=Ceyssens|nome=Lucien|titolo=Sources relatives à l'histoire du Jansénisme et de l'Antijansénisme des annés 1661-1672|altri=avec la collabor. de Silvestre de Munter; publié avec le concours du Fonds Albert de Meyer|città=Louvain|editore=Bibliothèque de l'Université|anno=1968|collana=Bibliothèque de la Revue d'histoire ecclésiastique|volume=45|lingua=fr}}
* {{cita libro|cognome=Ceyssens|nome=Lucien|autore2=Sylvestre de Munter|titolo=Sources relatives à l'histoire du Jansénisme et de l'antijansénisme des annes 1677-1679|città=Louvain|editore=Bibliothèque de l'Université|anno=1974|collana=Bibliothèque de la Revue d'histoire ecclésiastique|volume=59|lingua=fr|cid=Ceyssens74}}
* {{cita libro|titolo=Catechismi giansenisti|curatore=Gianfranco Morra|città=Forlì|editore=Edizioni di Ethica|anno=1968}} <small>Contiene, in trad. italiana: ''Petit catéchisme'', di [[Jean Duvergier de Hauranne]]; ''Catéchisme de la grâce'', di [[Mathieu Feydeau]]; ''Instruction sur la grâce selon l'Ecriture et les Pères'' e ''Instruction par demandes et par réponses touchant l'accord de la grâce avec la liberté'', di [[Antoine Arnauld (teologo)|Antoine Arnauld]].</small>
 
=== Studi ===
* {{cita libro|nome=Arturo Carlo|cognome=Jemolo|wkautore=Arturo Carlo Jemolo|titolo=Il Giansenismo in Italia prima della rivoluzione|editore=Laterza|città=Bari|anno=1928}}
* {{cita pubblicazione|cognome=De Giovanni|nome=G.M.|titolo=Il giansenismo a Napoli nel sec. XVIII|rivista=Asprenas|volume=1|anno=1954|pp=35-ss|cid=De Giovanni}}
* {{cita libro|nome=Jean|cognome=Orcibal|titolo=Saint-Cyran et le Jansénisme|città=Paris|editore=Ed. du Seuil|anno=1961|collana=Maîtres spirituels|volume=25|lingua=fr|cid=Orcibal}}
* {{cita libro|cognome=Valsecchi|nome=Franco|wkautore=Franco Valsecchi|capitolo=Dispotismo illuminato|titolo=Nuove questioni di storia del Risorgimento e dell'unità d'Italia|volume=1|città=Milano|editore=Marzorati|anno=1961|pp=189-240|cid=Valsecchi}}
* {{cita libro|nome=Luigi|cognome=Mezzadri|capitolo=Orientamenti per una rilettura delle polemiche giansenistiche nel secolo XVII|pp=585-591|volume=19.1|titolo=Le lotte politiche e dottrinali nei secoli 17. e 18. : 1648-1789|curatore=Edmond Préclin|curatore2=Eugène Jarry|altri=ed. italiana a cura di Luigi Mezzadri, trad. di Remigio Petrecchia|città=Torino|editore=S.A.I.E.|anno=1974|opera=Storia della Chiesa cominciata da Agostino Fliche e Vittorio Martin e continuata da Giovanni Battista Duroselle ed Eugenio Jarry}}
* {{cita libro|nome=Luigi|cognome=Mezzadri|capitolo=Il giansenismo in Italia|pp=408-426|volume=19.1|titolo=Le lotte politiche e dottrinali nei secoli 17. e 18. : 1648-1789|curatore=Edmond Préclin|curatore2=Eugène Jarry|altri=ed. italiana a cura di Luigi Mezzadri, trad. di Remigio Petrecchia|città=Torino|editore=S.A.I.E.|anno=1974|opera=Storia della Chiesa cominciata da Agostino Fliche e Vittorio Martin e continuata da Giovanni Battista Duroselle ed Eugenio Jarry|cid=Mezzadri}}
* {{cita libro|titolo=Actes du colloque sur le jansénisme : Rome, 2 et 3 novembre 1973|curatore=Academia Belgica|città=Louvain|editore=Publications Universitaires, Editions Nauwelaerts|anno=1977|collana=Bibliothèque de la Revue d'histoire ecclésiastique|volume=64|lingua=fr}}
* {{cita libro|cognome=Lubac|nome=Henri de|wkautore=Henri de Lubac|titolo=Agostinismo e teologia moderna|città=Milano|editore=Jaca book|anno=1978|volume=12|opera=Opera omnia|altri=ed. italiana a cura di Elio Guerriero, trad. di Giovanni Benedetti|capitolo=II-III: Giansenio}}
* {{cita libro|cognome=Tüchle|nome=Hermann|volume=3|titolo=La Riforma e la Controriforma|edizione=2|editore=Marietti|anno=1981|opera=Nuova storia della Chiesa|pp=298-309.404-407}}
* {{cita libro|cognome=Marcocchi|nome=Massimo|titolo=La spiritualità tra giansenismo e quietismo nella Francia del Seicento|città=Roma|editore=Studium|anno=1983|collana=La spiritualità cristiana, 15|isbn=88-382-3479-5}}
* {{cita libro|cognome=Cognet|nome=Louis|titolo=Le Jansénisme|edizione=5|città=Paris|editore=Presses universitaires de France|anno=1985|collana=Que sais-je?|volume=960|lingua=fr|cid=Cognet}}
* {{cita libro|volume=7|titolo=La Chiesa nell'epoca dell'assolutismo e dell'illuminismo: egemonia francese, giansenismo, missioni (17.-18. sec.)|autore=Louis Cognet|altri=prefazione all'ed. italiana di Massimo Marcocchi, traduzione di Giorgio Butterini ... [et al.], aggiornamento bibliografico di Paola Vismara|edizione=2|città=Milano|editore=Jaca book|anno=1987|isbn=88-16-30037-X|opera=Storia della Chiesa|curatore=[[Hubert Jedin]]|pp=28-66|cid=Jedin}}
* {{cita libro|nome=Jean Robert|cognome=Armogathe|capitolo=Il giansenismo prima del 1648|pp=502-512|volume=18.2|titolo=La Chiesa nell'età dell'assolutismo confessionale. Dal Concilio di Trento alla pace di Westfalia (1563-1648)|curatore=Luigi Mezzadri|città=Cinisello Balsamo|editore=Edizioni Paoline|anno=1988|opera=Storia della Chiesa cominciata da Agostino Fliche e Vittorio Martin e continuata da Giovanni Battista Duroselle ed Eugenio Jarry|cid=Armogathe}}
* {{cita libro|cognome=Martina|nome=Giacomo|titolo=L'eta dell'assolutismo|wkautore=Giacomo Martina|edizione=7|volume=2|città=Brescia|editore=Morcelliana|anno=1989|pp=147-185|isbn=88-372-1006-X|opera=La Chiesa nell'età dell'assolutismo, del liberalismo, del totalitarismo|cid=Martina}}
* {{cita libro|autore=Guillaume de Bertier de Sauvigny|autore2=Joseph Hajjar|volume=4|titolo=Secolo dei Lumi, Rivoluzioni, Restaurazioni|edizione=2|editore=Marietti|anno=1989|opera=Nuova storia della Chiesa|pp=98-108}}
* {{cita libro|cognome=Delumeau|nome=Jean|wkautore=Jean Delumeau|titolo=Il cattolicesimo dal 16. al 18. secolo|altri=ed. italiana a cura di Mario Bendiscioli|città=Milano|editore=Mursia|anno=1989|pp=139-170|cid=Delumeau}}
* {{cita libro|nome=Claudio|cognome=Donati|wkautore=Claudio Donati|capitolo=Mondo nobiliare e orientamenti politici e culturali nella Brescia del tardo Settecento|titolo=Pietro Tamburini e il giansenismo lombardo|curatore=Paolo Corsini|curatore2=Daniele Montanari|città=Brescia|editore=Morcelliana|anno=1993|pp=63-84|cid=Donati}}
 
== Voci correlate ==
* [[Giansenio]]
* [[Jean Duvergier de Hauranne]] (''Saint-Cyran'')
* [[Antoine Arnauld (teologo)]]
* [[Blaise Pascal]]
* [[Port-Royal des Champs]]
* [[Quietismo]]
* [[Scisma di Utrecht]]
* [[Scipione de' Ricci]]
* [[Sinodo di Pistoia]]
* [[Alessandro Manzoni]]
* [[Michele Baio]]
 
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{cita web|http://www.eresie.it/it/Riforma.htm|Giansenio e il giansenismo}}
* {{cita web | 1 = http://carabelta.free.fr/letter/manzoni.php | 2 = Precisazioni sul giansenismo manzoniano | accesso = 20 marzo 2007 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20070224113005/http://carabelta.free.fr/letter/manzoni.php | dataarchivio = 24 febbraio 2007 | urlmorto = sì }}
 
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