Giovanni Brusca: differenze tra le versioni
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Capo del [[Famiglia di San Giuseppe Jato|mandamento di San Giuseppe Jato]] ed esponente di spicco dei [[Clan dei Corleonesi|Corleonesi]], è stato condannato per oltre un centinaio di omicidi, tra cui quello tristemente celebre di [[Omicidio di Giuseppe Di Matteo|Giuseppe Di Matteo]] (figlio del pentito [[Santino Di Matteo]]), strangolato e sciolto nell'acido quando aveva 15 anni, e per la [[strage di Capaci]], in cui morirono il giudice [[Giovanni Falcone]], la moglie [[Francesca Morvillo]] e i tre agenti di scorta, [[Antonio Montinaro]], [[Rocco Dicillo]] e [[Vito Schifani]], nella quale Brusca ricoprì un ruolo fondamentale, in quanto fu l'uomo che materialmente spinse il tasto del radiocomando a distanza che fece esplodere il [[Trinitrotoluene|tritolo]] piazzato in un canale di scolo sotto l'autostrada<ref name=":1">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/03/29/ora-brusca-dice-esitai-uccidere-falcone.html|titolo=ORA BRUSCA DICE: ESITAI A UCCIDERE FALCONE - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=29 marzo 1997|lingua=it|accesso=23 maggio 2021}}</ref>.
Arrestato il 20 maggio [[1996]], nel [[2000]] gli viene riconosciuto lo status di [[Collaboratore di giustizia (Italia)|collaboratore di giustizia]]. Il 31 maggio [[2021]] Brusca, dopo aver trascorso 25 anni in carcere, è stato liberato per aver scontato la sua pena, rimanendo sottoposto alla [[libertà vigilata]] per ulteriori 4 anni, secondo quanto stabilito dalla [[Corte d'appello di Milano]]<ref>{{Cita news|autore=[[Lirio Abbate]]|url=https://espresso.repubblica.it/attualita/2021/05/31/news/torna_libero_l_ex_boss_giovanni_brusca-303661635/?ref=RHTP-BH-I0-P1-S1-T1|titolo=Torna libero l’ex boss Giovanni Brusca|pubblicazione=[[L'Espresso]]|data=31 maggio 2021|lingua=it|accesso=1º giugno 2021|urlarchivio=https://archive.
== Biografia ==
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Brusca diresse poi tutta la fase esecutiva del suo delitto più famoso, la [[strage di Capaci]], dal reperimento dell'esplosivo fino alla deflagrazione dell'ordigno che uccise il giudice [[Giovanni Falcone]], la moglie e gli uomini della scorta<ref name=":1" />. Brusca, come dichiarerà lui stesso, si ritiene uno dei mandanti della [[strage di via D'Amelio]] pur non avendo partecipato alla fase organizzativa poiché era stato inviato da Riina nel [[Provincia di Trapani|trapanese]] per appianare delle divergenze sorte tra le famiglie di quella provincia.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Capaci| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | p=103| ISBN=9788822720573 }}</ref>
Il collaboratore di giustizia calabrese [[Franco Pino]] ai magistrati rivelò che all'indomani delle stragi di Capaci e di via D'Amelio i maggiori esponenti della [['ndrangheta]] parteciparono a una riunione a [[Nicotera|Nicotera Marina]] per discutere di una proposta di [[Cosa nostra]], comunicata da Giovanni Brusca: creare un fronte unico per una strategia della tensione che avrebbe previsto attentati e omicidi in Calabria e in regioni del Nord e "specificatamente si parlava di assaltare caserme nei paesi dove c’erano cinque o sei carabinieri, piccole stazioni. Io non diedi adesione alla richiesta dei siciliani. Se la Calabria ‘ndranghetista avesse aderito apertamente ci saremmo dovuti stare anche noi. Se [['Ndrina Mancuso|Luigi Mancuso]] mi avesse detto "[['Ndrina Piromalli|Piromalli]] e [['Ndrina Pesce|Pesce]] aderiscono", io avrei aderito anche a malincuore"<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=L'arresto e il carcere al 41bis| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | pp=379-382| ISBN=9788822720573 }}</ref>.
Nel settembre di quell'anno lo stesso Brusca partecipò all'omicidio del potente esattore [[Ignazio Salvo]], il quale si era dimostrato incapace di modificare le sentenze sfavorevoli a Cosa Nostra<ref>{{Cita web|url=http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2004/11/10/Cronaca/MAFIA-CHI-ERANO-I-CUGINI-NINO-E-IGNAZIO-SALVO-2_121512.php#|titolo=MAFIA: CHI ERANO I CUGINI NINO E IGNAZIO SALVO (2)|sito=www1.adnkronos.com|accesso=2021-05-30}}</ref>; inoltre, tra ottobre e novembre, Brusca incaricò Santo Mazzei (mafioso di [[Catania]]) di collocare un proiettile d'artiglieria nel [[Giardino di Boboli]] a [[Firenze]] al fine di creare allarme sociale e condizionare le istituzioni nella prospettiva di benefici per i detenuti in regime carcerario di cui all'[[articolo 41 bis]]<ref>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/17LatrattativaGioeBelliniproiettileBoboli.pdf|titolo=La trattativa tra Gioè-Bellini/Il proiettile nel Giardino di Boboli - Sentenza del processo di 1º grado per le stragi del 1993|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131110201622/http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/17LatrattativaGioeBelliniproiettileBoboli.pdf|dataarchivio=10 novembre 2013}}</ref>; nello stesso periodo Brusca stava pianificando attentati contro l'allora
Dopo l'arresto di Riina nel gennaio del [[1993]], Brusca fu favorevole alla continuazione della strategia degli [[Bombe del 1992-1993|attentati dinamitardi]], insieme ai boss [[Leoluca Bagarella]], [[Matteo Messina Denaro]] e ai fratelli Filippo e [[Giuseppe Graviano]]<ref>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/19Lastrategiamafiosa.pdf|titolo=Le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia - Atti del processo di 1º grado per le stragi del 1993|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131227233619/http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/19Lastrategiamafiosa.pdf|dataarchivio=27 dicembre 2013|urlmorto=sì}}</ref><ref>[http://www.antimafiaduemila.com/200805105104/articoli-arretrati/i-pentiti-del-terzo-millennio.html I pentiti del terzo millennio] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131019072600/http://www.antimafiaduemila.com/200805105104/articoli-arretrati/i-pentiti-del-terzo-millennio.html|data=19 ottobre 2013}} Antimafiaduemila.com</ref>, i quali pianificarono anche il sequestro del piccolo [[Omicidio di Giuseppe Di Matteo|Giuseppe Di Matteo]] come ritorsione verso il padre [[Santino Di Matteo|Santino]], divenuto collaboratore di giustizia<ref>{{Cita web|url=https://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/11/07/news/il_pm_in_aula_accusa_i_boss_il_piccolo_di_matteo_fu_torturato-24579083/|titolo=Il pm in aula accusa i boss"Il piccolo Di Matteo fu torturato"|sito=la Repubblica|data=7 novembre 2011
=== L'arresto ===
[[File:Giovanni Brusca arresto 1996.jpg|thumb|Giovanni Brusca viene tratto in arresto, il 20 maggio 1996]]
Il 12 gennaio [[1996]], seguendo le indicazioni del collaboratore di giustizia Tony Calvaruso (ex braccio destro di [[Leoluca Bagarella]]), gli inquirenti arrivarono ad una villa a [[Borgo Molara]], dove Brusca si nascondeva insieme alla compagna Rosaria Cristiano e al figlioletto Davide di 5 anni, che però riuscirono a fuggire prima dell'irruzione delle forze dell'ordine<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/01/14/il-superboss-sfugge-agli-agenti.html|titolo=E IL SUPERBOSS SFUGGE AGLI AGENTI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-30}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1996/01/13/Altro/I-FATTI-DEL-GIORNO-3A-EDIZIONE-4-LA-CRONACA_183500.php#|titolo=I FATTI DEL GIORNO. 3/A EDIZIONE (4): LA CRONACA|sito=www1.adnkronos.com|accesso=2021-05-30}}</ref>. Nel febbraio successivo, due fedelissimi di Brusca, [[Giuseppe Monticciolo]] e [[Vincenzo Chiodo]], vennero arrestati e decisero subito di collaborare con la giustizia: fecero infatti scoprire il casolare-bunker in contrada Giambascio a [[San Giuseppe Jato]], dove un mese prima era stato ucciso e sciolto nell'acido il piccolo [[Giuseppe Di Matteo]] e lì venne trovato un vero e proprio arsenale a disposizione di Brusca (dieci [[Missile|missili]], un [[lanciamissili]], 10 [[bazooka]], 50 [[AK-47|kalashnikov]], 400 kg di esplosivo, 10 bombe anticarro, un [[lanciagranate]], 7 [[Fucile mitragliatore|fucili mitragliatori]], 35 [[Pistola|pistole]], [[Giubbotto antiproiettile|giubbotti antiproiettile]] ed ordigni esplosivi già confezionati).<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/02/28/missili-lanciarazzi-nell-arsenale-della-mafia.html|titolo=MISSILI E LANCIARAZZI NELL' ARSENALE DELLA MAFIA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-30}}</ref>
Monticciolo e Chiodo diedero indicazioni utili sui possibili nascondigli di Brusca, cui seguì il ritrovamento di un’agenda con codici e numeri di telefono trovata addosso al latitante Salvatore Cucuzza, reggente del [[Mandamento (cosa nostra)|mandamento]] di [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/06/un-boss-arrestato-palermo.html|titolo=UN BOSS ARRESTATO A PALERMO - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref><ref name=":5" />: dopo vari pedinamenti e intercettazioni basati su tali informazioni<ref name=":7">{{Cita web|url=https://www.adnkronos.com/savina-il-superpoliziotto-che-prese-brusca-cosi-collaboro-oggi-concordo-con-maria-falcone_EbbwPtUhw0qn61C0m8Paz|titolo=Savina, il superpoliziotto che prese Brusca: "Così collaborò, oggi concordo con Maria Falcone"|autore=mrtrepetto|sito=Adnkronos|data=2021-06-01|accesso=2021-06-01}}</ref>, Brusca fu infine arrestato il 20 maggio [[1996]] in via Papillon, [[Cannatello|contrada Cannatello]] (frazione balneare di [[Agrigento]]), dove un fiancheggiatore gli aveva messo a disposizione un villino, in cui abitava anche il fratello [[Enzo Salvatore Brusca|Enzo Salvatore]] insieme alla moglie<ref name=":5">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/22/brusca-tradito-dalle-sue-donne.html|titolo=BRUSCA '
L'operazione venne coordinata dal questore di Palermo [[Arnaldo La Barbera]] e condotta dagli uomini della [[Squadra mobile|Squadra Mobile]] palermitana guidati dal commissario [[Luigi Savina]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/26/cosi-regna-aglieri-nuovo-padrino.html|titolo='
L'azione fu molto movimentata e nello stesso tempo velocissima, tanto che alcuni vicini di casa dirimpettai, accorsi alle finestre per il trambusto udito, alla vista di questi agenti non in divisa, armati di mitra, che indossavano il "[[Passamontagna|mephisto]]" nero, abbassarono terrorizzati le tapparelle delle proprie finestre, uscendo da casa solamente il giorno dopo. Nella casa vennero trovati anche decine e decine di [[Pizzino (termine dialettale)|''pizzini'']] scritti da imprenditori e commercianti che chiedevano la clemenza del boss<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/24/la-catena-di-sant-antonio-del.html|titolo=LA '
I fratelli Brusca vennero scortati in manette da un convoglio di poliziotti fino alla [[Questura]] di Palermo, dove gli agenti con il volto coperto dal [[passamontagna]] arrivarono con le mitragliatrici alzate tra la folla di curiosi e giornalisti e si abbandonarono a suoni di [[clacson]] ed urla di gioia per la riuscita dell'operazione, immagini che vennero trasmesse da tutte le televisioni nazionali e internazionali e che provocarono numerose polemiche<ref name=":3">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/21/catturato-brusca-belva-di-cosa-nostra.html|titolo=CATTURATO BRUSCA, BELVA DI COSA NOSTRA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-24}}</ref><ref name=":4">{{Cita web|url=https://www.corriere.it/foto-gallery/cronache/16_maggio_19/20-anni-fa-arresto-boss-mafioso-giovanni-brusca-84925542-1dc9-11e6-aeb1-6bab54555d1d.shtml|titolo=Mafia, vent'anni fa l'arresto del boss Giovanni Brusca: da Capaci al pentimento|autore=Leda Balzarotti e Barbara Miccolupi|sito=Corriere della Sera|data=2016-05-20|accesso=2021-05-31}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/23/poliziotti-non-ci-stanno-palermo.html|titolo=I POLIZIOTTI NON CI STANNO '
=== La collaborazione con la giustizia ===
Brusca decise di collaborare e l’intenzione di voltare le spalle a Cosa Nostra arrivò il 23 maggio, nel giorno del quarto anniversario della strage di Capaci, quando il PM [[Alfonso Sabella]] ricevette una telefonata in codice da un dirigente del Gruppo Operativo Mobile<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Le chiavi delle manette| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | p=111| ISBN=9788822720573 }}</ref>. A giugno, a circa un mese dall'arresto, Brusca iniziò a rendere dichiarazioni ai magistrati delle Procure di [[Palermo]], [[Caltanissetta]] e [[Firenze]]; a raccogliere le sue prime dichiarazioni furono Savina e Sanfilippo i quali per non dare nell'occhio entrarono nel carcere dell'Ucciardone dentro al bagagliaio di una macchina mentre il suo primo interrogatorio con i magistrati (il PM [[Alfonso Sabella]], il procuratore [[Giancarlo Caselli]], l’aggiunto [[Guido Lo Forte]], il questore [[Arnaldo La Barbera]]) e i due poliziotti venne allestito in un ufficio delle Poste. Brusca raccontò episodi dettagliati relativi a gente come [[Pietro Aglieri]], [[Nino Giuffrè]], [[Carlo Greco]] e [[Salvatore Di Gangi]], tutti uomini legati a [[Bernardo Provenzano]], mentre sui fedelissimi di [[Totò Riina]], del quale è stato uno dei più devoti seguaci, non disse nulla. Grazie alle sue indicazioni Greco verrà arrestato mentre Di Gangi riuscirà a scappare poco prima del blitz<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Il doppio gioco| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 |
Nel [[2000]] Brusca (fino ad allora considerato dalla giustizia solo un "dichiarante") riuscì ad ottenere lo ''status'' di "[[Collaboratore di giustizia (Italia)|collaboratore di giustizia]]", che gli consentì di lasciare il regime carcerario duro previsto dall'[[articolo 41-bis]] e di godere dei benefici previsti dalla legge, compreso un sussidio di {{formatnum:500000}} [[Lira italiana|lire]] al mese per sé e per i componenti della sua famiglia<ref name=":6" />.
Durante la sua collaborazione, Brusca ha ammesso di aver eseguito o ordinato oltre 150 omicidi e di non ricordarsi nemmeno di tutte le sue vittime<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/cronaca/2021/06/01/news/quando_u_verru_disse_di_se_sono_un_animale_ho_ucciso_150_persone_non_so_i_nomi_di_tutti_-303731967/|titolo=Quando Brusca, "u verru". disse di sé: "Sono un animale, ho ucciso 150 persone, non so i nomi di tutti"|sito=la Repubblica|data=2021-06-01|accesso=2021-06-01}}</ref>. Al [[processo Andreotti]], negò di aver saputo dell'incontro tra Riina e il politico democristiano riferito da [[Baldassare Di Maggio]] (dove avvenne il famoso "bacio"), circostanza invece confermata dal fratello Enzo<ref name=":8">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/07/30/uccidevamo-suoi-rivali-ma-poi-andreotti-ci.html|titolo='UCCIDEVAMO I SUOI RIVALI MA POI ANDREOTTI CI TRADI' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-06-01}}</ref>. Fu inoltre il primo collaboratore di giustizia a parlare del cosiddetto "[[papello]]", un foglio con l'elenco di richieste che Riina avanzò allo Stato dopo le stragi<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/07/30/il-papello-di-riina-per-trattare-con.html|titolo=IL 'PAPELLO' DI RIINA PER TRATTARE CON LO STATO - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-06-01}}</ref><ref name=":8" />. Il 3 maggio [[2011]] a Firenze durante un’udienza del processo sulle [[Bombe del 1992-1993|stragi]] Brusca sostenne che Riina gli disse che era stato avviato un dialogo a distanza con [[Nicola Mancino]], all’epoca dei fatti ministro dell’Interno: “''Non mi disse il tramite ma il committente finale e mi fece il nome di Mancino''”; questa tesi fu respinta seccamente da Mancino. Brusca sostenne inoltre che mentre Riina e [[Vito Ciancimino]] erano impegnati su un fronte, lui lavorava su un’altra sponda nella speranza di ottenere dei vantaggi per un gruppo di boss detenuti tra i quali suo padre Bernardo e [[Luciano Liggio]]: il suo interlocutore sarebbe stato [[Paolo Bellini]], personaggio legato ad ambienti neofascisti, ma la storia sarebbe andata per le lunghe e l’unica trattativa rimasta in piedi sarebbe stata quella tra lo Stato e Riina. Inoltre Brusca sarebbe stato mobilitato per eliminare [[Pietro Grasso]], già giudice a latere nel [[Maxiprocesso di Palermo|Maxiprocesso]], ma davanti all’abitazione della suocera dove si sarebbe dovuto colpire c’era una banca il cui sistema di allarme avrebbe potuto disturbare il funzionamento del telecomando da utilizzare per l’esplosione e così il piano fu accantonato.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=La trattativa| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 |
Nel corso dei vari processi, Brusca ha pubblicamente chiesto perdono ai familiari delle sue vittime<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/07/15/brusca-ai-di-matteo-perdonatemi.html|titolo=BRUSCA AI DI MATTEO: 'PERDONATEMI' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-06-02}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.lasicilia.it/news/cronaca/421107/quando-giovanni-brusca-chiese-scusa-a-tutte-le-vittime-della-mafia.html|titolo=Quando Giovanni Brusca chiese «scusa a tutte le vittime della mafia»|accesso=2021-06-02}}</ref>. Nel [[1998]], durante un confronto nell'udienza del processo "Borsellino bis", [[Santino Di Matteo]] scagliò un microfono contro Brusca e gli urlò: "''Animale, non sei degno di stare in quest'aula, ti dovrei staccare la testa!"<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/online/fatti/brusc/brusc/brusc.html|titolo=la Repubblica/fatti: Di Matteo assale Brusca: 'Animale, ti stacco la testa'|accesso=2021-06-02}}</ref>.''
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L'autorizzazione suscitò diverse polemiche da parte dell'opinione pubblica. Brusca perse tuttavia il diritto alle uscite dal carcere nello stesso anno, a causa dell'uso di un telefono cellulare, in aperta violazione alle norme sui benefici carcerari.<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/2004/j/sezioni/cronaca/bruscafuori/avuti/avuti.html|titolo=L'avvocato del boss pentito "Brusca ha avuto 9 permessi " |editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=31 ottobre 2004|citazione=[[Luigi Li Gotti]]: "La prima licenza tra il 2002 e il 2003"|accesso=8 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20041130002244/https://www.repubblica.it/2004/j/sezioni/cronaca/bruscafuori/avuti/avuti.html|dataarchivio=30 novembre 2004|urlmorto=no}}</ref>
Nel [[2010]] ricevette, in carcere, un'accusa di riciclaggio, di intestazione fittizia di beni e di tentata estorsione. Il 17 settembre di quell'anno i carabinieri del Gruppo di Monreale, per ordine della Procura di Palermo, effettuarono una perquisizione nella sua cella e, in contemporanea, anche nelle abitazioni di suoi familiari, confiscando a Brusca una parte del suo patrimonio che, secondo gli inquirenti, avrebbe continuato a gestire dal carcere.<ref>{{Cita web|url=https://palermo.repubblica.it/cronaca/2010/09/17/news/il_pentito_brusca_indagato_per_riciclaggio_dal_carcere_gestisce_un_tesoro_nascosto-7155731/|titolo=Il pentito Brusca indagato per riciclaggio "Dal carcere gestisce un tesoro nascosto"|autore=[[Salvo Palazzolo]] |editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=17 settembre 2010|accesso=8 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101102074908/https://palermo.repubblica.it/cronaca/2010/09/17/news/il_pentito_brusca_indagato_per_riciclaggio_dal_carcere_gestisce_un_tesoro_nascosto-7155731/|dataarchivio=2 novembre 2010|urlmorto=no}}</ref> Brusca avrebbe cercato di recuperare soldi di un vecchio investimento immobiliare a Palermo con una lettera dai toni mafiosi inviata alla moglie di un ex fiancheggiatore. Nel registro degli indagati finì anche sua moglie Rosaria Cristiano accusata di riciclaggio: nella sua abitazione in località segreta i militari trovarono 188.000 euro in contanti che sarebbero stati il frutto di attività economiche o della gestione di immobili di cui il pentito non ha mai parlato. Nel luglio del [[2014]] il giudice monocratico della seconda sezione del Tribunale di Palermo respinse la tesi della Procura che aveva chiesto la condanna a un anno di carcere e assolse Brusca dall’accusa di violenza privata per aver tentato di riprendersi con le minacce parte del patrimonio intestato a due coniugi di [[Altofonte]] che aveva usato come prestanome.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Zone d’ombra| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 |
L'8 agosto [[2015]] i giudici della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo accolgono la richiesta della Procura distrettuale disponendo il sequestro di beni intestati ai prestanome del pentito ma a lui finanziariamente riconducibili. In realtà Brusca si è smascherato da solo con una lettera inviata a un imprenditore in cui ammetteva di «aver omesso spudoratamente di riferire di quei beni ai giudici».<ref>{{Cita web|url=http://www.ilgiornale.it/news/politica/smascherato-pentito-brusca-ecco-tesoro-nascosto-ai-pm-1159330.html|titolo=Smascherato il pentito Brusca: ecco il tesoro nascosto ai pm|autore=Simone Di Meo|editore=[[il Giornale]]|data=8 agosto 2015|accesso=8 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150811013100/http://www.ilgiornale.it/news/politica/smascherato-pentito-brusca-ecco-tesoro-nascosto-ai-pm-1159330.html|dataarchivio=11 agosto 2015|urlmorto=no}}</ref>
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Nel [[2016]] interviene l'assoluzione definitiva nel processo, il reato di estorsione viene derubricato in tentativo di violenza privata, mentre la questione relativa all'intestazione fittizia di beni era andata prescritta e all'ex boss furono restituiti {{formatnum:200000}} euro che gli erano stati sequestrati. Successivamente i permessi premio vennero ripristinati, permettendogli di trascorrere in media cinque giorni al mese fuori dal carcere.
Per gli ultimi mesi dell’anno 2016 Brusca è tornato a casa in stato di libertà godendo di un permesso premio, sotto la sorveglianza del Gruppo Operativo Mobile della polizia penitenziaria. Rientrato nel [[carcere di Rebibbia]] l’8 gennaio per partecipare in videoconferenza all’udienza del [[processo sulla trattativa Stato-mafia]] nella doppia veste di testimone e imputato. La notizia del permesso premio creò non poco scompiglio, ma Brusca replicò duramente alle polemiche tramite i suoi avvocati sostenendo: “''Sono cambiato, sono una persona diversa. Non sono più il crudele uomo di mafia di vent’anni fa''.” E inoltre i permessi ottenuti “''sono regolari e disciplinati dall’ordinamento penitenziario''.” Il cambiamento radicale interiore oltreché estetico (dimagrì di almeno venti chili e perse quasi tutti i capelli) sarebbe arrivato grazie a un isolamento lunghissimo - quasi vent’anni - e alla passione per le letture e lo studio della Storia contemporanea. L’avvocato della famiglia Di Matteo e Tina Montinaro, vedova del capo scorta di Falcone morto anch’egli a Capaci, manifestarono il loro disappunto riguardo al pentimento e alla concessione del permesso premio. L’ex PM [[Antonio Ingroia]] avanzò dei dubbi sull’atteggiamento tenuto da Brusca: “''Non ha raccontato tutta la verità su come si svolsero i fatti nel “dietro le quinte” della stagione delle stragi e della trattativa; ci sono delle zone d’ombra nelle sue dichiarazioni''”.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Il ritorno in libertà| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 |
Brusca ha quindi più volte richiesto gli arresti domiciliari, senza successo.<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/cronaca/2019/10/07/news/mafia_giovanni_brusca_chiede_di_nuovo_i_domiciliari_e_la_procura_nazionale_antimafia_e_ravveduto_-237881149/|titolo=Mafia, Giovanni Brusca resta in carcere. La Cassazione boccia la richiesta dei domiciliari|autore=|editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=8 ottobre 2019|citazione=[[Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo|La Procura Nazionale Antimafia]] aveva invece dato parere favorevole: "Si è ravveduto". La reazione di Maria Falcone: "Inaccettabile la concessione di sconti ulteriori a chi si è macchiato di delitti tanto efferati. [[Pietro Grasso|Grasso]]: "Ha rotto i legami con Cosa nostra e aiutato a scoprire la verità"|accesso=8 ottobre 2019||urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191010065326/https://www.repubblica.it/cronaca/2019/10/07/news/mafia_giovanni_brusca_chiede_di_nuovo_i_domiciliari_e_la_procura_nazionale_antimafia_e_ravveduto_-237881149/|dataarchivio=10 ottobre 2019|urlmorto=no}}</ref>
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=== La scarcerazione ===
Il 31 maggio [[2021]], dopo 25 anni di reclusione, Brusca viene rilasciato dal carcere di Rebibbia per termine della pena, con 45 giorni di anticipo rispetto alla scadenza della condanna;<ref>{{Cita web|url=https://www.ilmessaggero.it/italia/giovanni_brusca_pentito_mafia_scarcerato_toto_riina_cosa_nostra_ultime_notizie_oggi-5994529.html|titolo=Mafia, il pentito Giovanni Brusca scarcerato dopo 25 anni: è il boss responsabile della strage di Capaci|data=1 giugno 2021}}</ref> rimarrà comunque in libertà vigilata per altri 4 anni e vivrà sotto protezione.<ref>[https://www.lastampa.it/cronaca/2021/05/31/news/mafia-dopo-25-anni-il-pentito-brusca-lascia-il-carcere-1.40337422 Quattro anni di libertà vigilata per Brusca]</ref>
Nel luglio del [[2022]] il Tribunale di Palermo ritiene che Brusca sia socialmente pericoloso e gli conferisce lo ''status'' di sorvegliato speciale, imponendogli l'obbligo di firma ed il divieto di uscire la sera ed incontrare pregiudicati.<ref name="ilfattoquotidiano.it" /> == Condanne ==
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== Bibliografia ==
*{{Cita libro|autore=[[Giovanni Bianconi (giornalista)|Giovanni Bianconi]]|autore2=[[Gaetano Savatteri]]|titolo=L'attentatuni: storia di sbirri e mafiosi|anno=1998|editore=[[Baldini & Castoldi]]|cid=Bianconi e Savatteri}}
* {{Cita libro|autore=[[Saverio Lodato]]|titolo=Ho ucciso Giovanni Falcone. La confessione di Giovanni Brusca|anno=1999|città=Milano|cid=Lodato e Giovanni Brusca|ISBN=ISBN 88-04-45048-7}}
* {{cita libro|autore=[[Alfonso Sabella]]|titolo=Cacciatore di mafiosi|editore=Mondadori|città=Milano|anno=2008|ISBN=978-88-04-57715-7|cid=Alfonso Sabella, 2008}}
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== Voci correlate ==
* [[Mafia]]
* [[Cosa nostra
* [[Trattativa Stato-mafia]]
* [[Omicidio di Giuseppe Di Matteo]]
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