Linguistica romanza: differenze tra le versioni

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[[File:Romance Linguistic Area.png|thumb|Mappa in cui è evidenziata l'area romanza]]
La '''linguistica romanza''' è quella parte della [[linguistica]] che studia i cambiamenti a livello fonetico, morfologico, sintattico e lessicale che hanno portato dal [[lingua latina|latino]] alle moderne [[lingue romanze]].<ref>Lee,{{Cita Charmain;libro|cognome=Charmaine GalanoLee, Sabrina. 2005. ''Galano|titolo=Introduzione alla linguistica romanza''|url=https://www. worldcat.org/oclc/799607037|accesso=2019-12-16|data=2005|editore=Carocci, Roma.|OCLC=799607037|ISBN=88-430-3507-X}}</ref>
La linguistica romanza studia ogni versante delle lingue romanze: fonetica, morfologia, sintassi, lessicologia, dialettologia, sociolinguistica, pragmatica e le considera sia sotto l'aspetto sincronico, sia sotto l'aspetto diacronico.
 
== Storia della disciplina ==
 
Sin dal Medioevo risultano riflessioni sulle lingue romanze, come nel caso di [[Dante Alighieri]] concol lasuo sua operatrattato ''[[De vulgari eloquentia]]''. Nel Seicento e nel Settecento, in mancanza di un metodo valido per la classificazione delle lingue, ancora non si era stilata una lista completa della grande quantità di varietà europee appartenenti al gruppo di lingue romanze.
Tra il 1836 e il 1843 il linguista tedesco Friedrich Diez scrive la ''Grammatik der romanischen Sprachen'' (Grammatica delle lingue romanze) secondo il metodo comparativo della linguistica indoeuropea e, in seguito, nel 1853 pubblica ''Etymologisches Wörterbuch der romanischen Sprachen'' (Vocabolario etimologico delle lingue romanze).
Nel 1861, il linguista tedesco August Schleicher pubblica quella che è considerata la sua opera principale ''Compendium der vergleichenden Grammatik der indo-germanischen Sprachen'' (Compendio della grammatica comparativa delle lingue indoeuropee) in cui propone il primo albero genealogico della lingua indoeuropea.<ref>Varvaro 1968, pp.90-91</ref>
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[[File:AlberogenealSch.jpg]]
 
Dal metodo comparativo, dunque, si passa ada una descrizione in ordine cronologico per delineare i vari sistemi delle lingue derivate, a partire dalla ricostruzione delle fasi linguistiche scomparse.
Nel 1866-68, Hugo Schuchardt, allievo di Schleicher, pubblica ''Der Vokalismus des Vulgärlateins'' in cui spiega l'importanza degli “ipercorrettismi”<ref>Varvaro 1968, p. 93</ref>: se troviamo scritto ''hoctober'' al posto di ''october'', significa che uno scriba, insicuro di quali parole cominciassero con la lettera ''h'', nell'intenzione di essere corretto, sbagliava.
Vi sono innumerevoli deviazioni degli scritti più umili, in cui gli scriba trascrivevano i testi in modo errato. Le lingue romanze, non sono, quindi, derivate dagli scritti dei più eruditi, ma dal complesso delle forme del latino presenti nell'Impero Romano.
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Affiorò, così, un nuovo problema: l'esistenza o meno dei confini linguistici.
Il linguista svizzero Jules Gilliéron, allora, diede forma al primo atlante linguistico, l’''Atlas linguistique de la France'' (1902-1910) e pose le basi per una nuova disciplina: la [[geografia linguistica]].
Nella prima metà del Novecento, comincia ada imporsi la linguistica strutturale basata sugli studi di [[Ferdinand de Saussure]], che porta in secondo piano la linguistica romanza, ma quest'ultima era ormai ampiamente diffusa anche in Paesi non rientranti nell'area romanza.
 
== La base latina ==
 
Le lingue romanze o neolatine sono frutto di una somma di mutamenti che sono intervenuti nel tempo ede hanno determinato una tale differenza con la lingua d'origine (il latino) da non essere più riconosciuta dai parlanti come la stessa lingua.
L'area in cui ancora oggi si parlano viene chiamata [[Romània (filologia)|Romània]]. Il termine ''romanzo'' deriva dall'avverbio latino ROMANICE riferito al parlare in vernacolo (ROMANICE LOQUI). Da ROMANICE deriva la forma antico-francese ''romanz'', da cui l'italiano ''romanzo''.
 
=== Il latino nelle lingue indoeuropee ===
 
Se le lingue romanze derivano dal latino, il latino a sua volta fa parte della famiglia delle [[lingue indoeuropee]], una lingua di cui non si hanno tracce ma che è risultata l'unico modo per spiegare l'affinità fra un gruppo molto ampio di lingue, quali il latino, il greco, il tedesco, il russo, l'albanese, l'armeno, il persiano ede il sanscrito. Tali affinità furono dimostrate in base a rigorose corrispondenze fra morfemi e suoni. Si ipotizzò, quindi, che tutte queste lingue provenissero da un capostipite comune: l'indoeuropeo.
 
=== L'espansione del latino ===
 
Il periodo di espansione di Roma copre un arco di quasi quattro secoli. Cominciò con la sottomissione dell'Italia centro-meridionale verso il 272 a.C., per finire con la conquista della [[Dacia (regione storica)|Dacia]] (l'attuale [[Romania]]) nel 107 d.C. La data accettata per la caduta definitiva dell'[[Impero romano d'Occidente]] è il 476, quando [[Romolo Augusto]] fu deposto da Odoacre, re degli [[Eruli]]. Grazie all'espansione del dominio di Roma, avvenne la latinizzazione di territori immensi.
Originariamente, il latino era parlato solamente a Roma e nei dintorni della città; nel resto della penisola, erano usate altre lingue affini al latino, le lingue italiche (umbro, osco, siculo, venetico) ma vi era anche una forte presenza di altre varietà indoeuropee come il celtico, il greco, il messapico, ma anche lingue non indoeuropee: ligure, retico, etrusco, sicano, elimo, punico. Il processo di latinizzazione fu secolare e consistette, da una parte, nell'emigrazione in tutto l'Impero di parlanti nativi latini e dall'altra, nell'apprendimento delle altre popolazioni della lingua latina. In realtà, le popolazioni conquistate, non vennero indotte dai Romani ada imparare la loro lingua, non vi fu una cosciente politica linguistica; i Romani, infatti, consideravano la conoscenza del latino un privilegio, come la cittadinanza romana. Di eguale importanza, fu l'immissione dei mercati romani nei territori conquistati o da conquistare che contribuì a diffondere la lingua. Il prestigio del latino era indiscusso e, per le popolazioni conquistate, era un valore da non sottovalutare poiché era un parametro che permetteva l'integrazione con il popolo romano.
 
=== Il latino classico ede il latino volgare ===
 
Fin dall'Ottocento il metodo comparativo, fondato sul confronto fra le lingue romanze per cercare di ricostruire le forme linguistiche di base, ha messo in evidenza che molte forme oggi usate sono derivate dal latino, ma che questo latino non corrisponde al [[latino classico]].
 
Tradizionalmente gli studiosi di linguistica hanno chiamato quest'altro latino [[latino volgare]], un'espressione coniata verso il 1866-68 dal linguista tedesco [[Hugo Schuchardt]] e ricalcare l'espressione [[sermo vulgaris]]. Un termine concorrente, preferito in alcuni ambienti, è [[protoromanzo]].
Scuschardt fu il primo ada interessarsi maggiormente al latino parlato da popolo che a quello rigoroso della tradizione grammaticale. Con “latino volgare”, egli intendeva una varietà di livelli linguistici e dialetti di cui una persona si serviva in diverse circostanze, scegliendo il modo più appropriato di parlare a seconda della situazione. Le differenze tra le varietà sopra citate non sono individuabili sempre banalmente, soprattutto nella sintassi e nel lessico. L'opposizione è, invece, più marcata in morfologia e fonetica.
È grazie al Cristianesimo che si ha la valorizzazione delle forme volgari.
Successivamente, le invasioni germaniche eliminarono la differenza sociale e linguistica fra classi superiori e classi inferiori ede il latino venne circoscritto all'ambito culturale, quindi il parlato popolare, non più latino ma romanzo, ebbe la meglio.
Dunque, le differenziazioni dialettali del latino chiariscono che le differenze fra le lingue romanze risalgono già ai tempi dell'Impero romano.
 
In seguito, il romanista inglese Roger Wright (1982) ha osservato che l'espressione ''sermo vulgaris'' non si riferiva solo al ceto sociale più incolto, ma alla varietà parlata da tutti nella quotidianità ede in situazioni non formali. Da ciò si evince che non esistono due varietà linguistiche parallele (latino classico e latino volgare), ma un'unica varietà con livelli stilistici diversi.
 
== Dal latino alle lingue romanze: ipotesi ==
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* '''epoca''' della latinizzazione: nel 1884 [[Gustav Gröber]] ipotizza che la diversità delle lingue romanze sia collegata al periodo della latinizzazione in una determinata zona, ossia che dipenda dallo stadio di sviluppo del latino nel periodo considerato. Si sono riscontrati parecchi argomenti a sfavore di questa teoria: primo fra tutti è che questa presupponesse una forte differenziazione del latino imperiale stesso; inoltre, la latinizzazione è stato un processo secolare che, in alcuni casi, non era ancora terminato al momento del crollo dell'Impero romano, quindi è assai poco probabile che il latino di una provincia non del tutto latinizzata non subisse le influenze di altre lingue;
* '''opposizione''' tra occidente e oriente: nel 1936, il linguista tedesco [[Walther von Wartburg]] traccia un'opposizione fra Romània occidentale e Romània orientale romanizzate, rispettivamente, la prima dall'alto e la seconda dal basso. Nella zona occidentale, dunque, sarebbe arrivato il latino classico, mentre nella zona orientale quello volgare. Su questa bipartizione, si sarebbe sovrapposta, poi, l'influenza dei germanici che avrebbe prodotto risultati multipli. Questa teoria è molto generica e non risolve a fondo il problema;
*il '''latino medievale''': nel 1982, l'inglese [[Roger Wright]] formula una tesi secondo la quale è il latino medievale che deve essere studiato, non le lingue romanze. Secondo Wright, il latino medievale non è la continuazione diretta del latino scritto antico e questo perché all'epoca di Carlo Magno si scrivevano, in realtà, testi romanzi nascosti sotto una veste grafica latina creando un totale divario tra grafia e pronuncia. Questa teoria non spiega, però, in che modo la grafia latina potesse coprire sia la fonetica, sia la grammatica romanza, molto differenti da quella latina. Wright, inoltre, ipotizzando che il passaggio da latino a lingua romanza sarebbe avvenuto sotto la copertura di una grafia che non mutava insieme allacon la lingua, non può stabilire né il periodo del cambiamento né il motivo per cui il cambiamento è stato differente nelle le varie zone.
 
== Dal latino alle lingue romanze: mutamenti ==
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=== La scrittura ===
 
Il latino utilizzava un alfabeto composto da 23 lettere (A-a, B-b, C-c, D-d, E-e, F-f, G-g, H-h, iI-ı, K-k, L-l, M-m, N-n, O-o, P-p, Q-q, R-r, S-s, T-t, vV-u, X-x, Y-y, Z-z) con l'aggiunta di “w”W-w in area anglonormanna, poi adottata anche in ambito tedesco e slavo-occidentale, e che da lingua a lingua può avere e valore consonantico [v] e semiconsonantico [w], o un suono intermedio.
La lettera “v”V-u corrispondeva in origine alla vocale [u] e alla semiconsonante [w] e la “i”U-u corrispondevafu siaderivata alladalla vocaleforma [i]minuscola checarolina alladella semiconsonanteV-u, [j].nel Gli accenti risalgono all'''apex'' che i latini ponevano sulla vocale per indicare che era lunga;rinascimento, in tutte le lingue romanzeItalia, ad eccezione del francese, l'accento indica solomodificando la vocaleV-u tonicain e viene fissato solamente quando la posizione non è quella normale. Il franceseV-v, invece,e sidando servea dell'accentoquesta peril unvalore usoconsonantico diacritico[v] (ade esempioalla perU-u distinguerequello trasemiconsonantico [ew] ede vocalico [ɛu]).
La I-ı corrispondeva sia alla vocale [i] sia alla semiconsonante [j].
Gli accenti risalgono all'''apex'' che i latini ponevano sulla vocale per indicare che era lunga; in tutte le lingue romanze, con l'eccezione del francese, l'accento indica solo la vocale tonica e viene fissato solamente quando la posizione non è quella normale. Il francese, invece, si serve dell'accento per un uso diacritico, ad esempio per distinguere tra [ε], [e] ed [ɛ] (ciò avviene anche nelle messe per iscritto più coerenti delle lingue pugliesi, come campano, pugliese propriamente detto e abruzzese).
Oggi, tranne che nel turco, tutte le lingue che usano l'alfabeto latino scrivono sempre la I-ı e la J col punto, quando minuscole (i, j), un segno diacritico generalizzatosi in questa forma durante il medioevo, che non compare solo se sostituito da altri segni diacritici.
Nel turco esistono la I-ı e la İ-i, in quanto lettere distinte.
Nelle lingue romanze, la grafia rimase la stessa del latino ma, in alcuni casi, il cambiamento si ebbe a livello fonetico.
Il latino aveva solamente la “s” sorda, ma nelle lingue romanze era comparsa anche la corrispondente sonora [z] che si trovava solo all'interno della parola. La differenza, laddove specificata, si marcò usando “ss” per indicare la sorda.
I romani per scrivere le consonanti ''m'' ede ''n'' adottavano spesso un'abbreviazione: il titulus, un trattino posto sulla lettera precedente, ad esempio ad ''annus'' corrispondeva ''ãnus''. Nello spagnolo antico la doppia n era diventata [ɲ] e le grafie ''nn'' ede ''ñ'' indicavano la n palatale; dal XVI secolo in poi, invece, lo spagnolo adottò come forma generale la ñ.
Le consonanti “'''c'''” [k] e “'''g'''” [g] hanno avuto diversi sviluppi; la grafia “ci” o “ce”:
* in italiano e rumeno vale [tʃ];
* in francese, in spagnolo e in portoghese anticoantichi vale [ts];
* in francese e portoghese moderni vale [s];
* in spagnolo moderno vale [θ].
 
Per le velari palatali [k] e [g] davanti alle vocali “e” ede “i”, il francese e lo spagnolo hanno adottato la grafia “que”, “qui” e “gue”, “gui”.
La “'''x'''”, in latino, era letta [ks] e:
* il francese antico la usò come abbreviazione per ''us'' e ne resta ancora una traccia nei plurali in -''eux'' e -''aux'';
* nella penisola iberica e nel siciliano (e spesso nel pugliese) fu usata per esprimere il suono [ʃ];
* in sardo indica il suono [ʒ];
* in portoghese vale [ʃ], eccetto che in parole di origine straniera dove indica [ks].
In latino, la lettera "'''h'''" era aspirata se si trovava all'inizio della parola o in ''ph'', ''th'' e ''ch'' e muta se si trovava all'interno della parola<ref>http://www2.classics.unibo.it/Didattica/LatBC/Pronuncia.pdf</ref>. Nelle lingue romanze fu usata combinandola con altre lettere per indicare suoni estranei al latino:
* “dh” esprime la fricativa [ð];
* “sh” vale [ʃ] in occitano antico;
* “ch” in francese antico vale [tʃ] e poi [ʃ];
* il toscano e, in seguito, l'italiano, e il rumeno hanno assunto “ch” e gh" per esprimere, rispettivamente, [k] e [g] quando davanti ad "e" ed "i", in opposizione alle altre lingue romanze in cui esprimono rispettivamente le palatali [tʃ] e [dʒ].
Per esprimere le nuove affricate [ts] e [dz], l'italiano scelse la “z” per entrambe, le altre lingue romanze usarono, invece, “ts” e “tz”.
La mancata introduzione di nuovi simboli grafici attesta quanto sia conservatrice la scrittura; i mutamenti fonetici che sono stati apportati nel tempo e la mancata riproduzione di tali cambiamenti anche nella grafia hanno fatto sì che il divario fra grafia e pronuncia risultasse evidente soprattutto in lingue come il francese, dove la differenza è notevole.
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|}
 
Si ha anche “sistema romeno” ([[Penisola balcanica|Balcani]], [[Basilicata]] orientale)
 
{| class="wikitable" style="text-align:center;"
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| i||Ī
|-
!rowspan="23"|e
| Ǐ
|-
| Ē
|-
| ɛ || Ě
|-
!rowspan="2"| a
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|-
!rowspan="2"| ɔo
|-
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|}
 
Il criterio che ha caratterizzato il passaggio dal latino alle lingue romanze viene definito [https://appunti-linguistica.blogspot.com/2008/01/mutamento-linguistico-mutamento.html rifonologizzazione]. Tale principio consiste nella riorganizzazione del sistema vocalico: la capacità distintiva non è più data dalla quantità (lunghezza) vocalica, ma dalla qualità (timbro) che si manifesta attraverso [[Accentazione della lingua latina|l'accentuazione]].
Lo schema sopra riportato evidenzia la trasformazione delle vocali toniche,. perPer quanto riguarda le vocali atone, invece, il sistema si riduce a 5 soli foni (i, e, a, o, u) tramite la neutralizzazione in un unico fonema, detto arcifonema, rappresentato dalle vocali Ɛ>e ede Ɔ>o.
 
Le vocali toniche delle lingue romanze sono interessate, anche a seconda delle diverse aree, dal [[dittongo|dittongamento]] . In generale i tre dittonghi latini AE, OE, AU evolvono rispettivamente in ɛ, e, o; per cui avremo che ''caelum'' diventa ''cielo'', ''poena'' diventa ''pena'' e ''aurum'' diventa ''oro''.
L'italiano dittonga le vocali ɛ ede ɔ se si trovano in [[sillaba]] libera (dittongazione spontanea); per esempio dal latino ''fǒcu(m)'' si ha ''fuoco''.
Il francese dittonga vocali sia medio-basse chesia medio-alte, più precisamente sia ɛ ede ɔ, sia e ede o, in sillaba libera. Ad esempio, dal lat. ''habēre'', si è passato ad ''aveir'' e infine ad ''avoir''.
In [[castigliano]], il dittongamento avviene indifferentemente sia in sillaba libera, chesia in sillaba chiusa (dittongazione condizionata) ede interessa le vocali ɛ ede ɔ: ''fĕrrum'' diventa ''hierro'' e ''pŏrta'' diventa ''puerta''.
 
Nel passaggio al latino volgare si assiste anche all'eliminazione degli [[Iato|iati]], cioè delle strutture sillabiche caratterizzate da due [[Giustapposto|vocali giustapposte]].
La semplificazione di tali strutture avviene per mezzo delle [[semiconsonanti]] j (yod) e w, che hanno reso possibili evoluzioni come alěa>alia, vinea>vinia.
Dal latino alle lingue romanze è inoltre frequente la [[sincope (linguistica)|sincope]] delle vocali postoniche nelle parole sdrucciole, ovvero la caduta della vocale che segue quella accentata. Questa forma, per citarne un esempio, si ritrova già in Orazio, dove viene usato "soldu" (< "sólídum") > it. soldo.
 
=== Il sistema fonologico: consonanti ===
 
Per [http://www.treccani.it/vocabolario/consonantismo/ consonantismo] si intendono le modifiche del sistema consonantico di una determinata lingua nel corso del tempo ([[Diacronia]]). L'articolazione delle consonanti coinvolge maggiormente gli organi fonatori, rispetto alle vocali, e per questo si distinguono per il punto e il modo di articolazione e la presenza o meno di vibrazione delle [[Corde vocali|corde vocali]]. In latino le consonanti si distinguevano per il punto di articolazione in [[Consonante labiale|labiali]], [[Consonante labiovelare|labio-velari]], [[Consonante dentale|dentali]] [[Consonante velare|velari]], [[Consonante labiodentale|labio-dentali]] e la [[Consonante laringale|laringale]], invece per il modo di articolazione in [[Consonante occlusiva|occlusive]], [[Consonante fricativa|fricative]], [[Consonante nasale|nasali]], [[Consonante laterale|laterali]] e [[Consonante vibrante|vibranti]]. Nella tabella sono riportate le diverse consonanti latine:
 
{| class="wikitable"
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|-
! Nasali
| m || || n || || ||
|-
! Fricative
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L'elenco dei fonemi consonantici latini è più ridotto rispetto a quello romanzo.
Le consonanti latine nel corso del tempo sono cambiate: alcune sono '''scomparse''' come la KW e la GW che si sono ridotte ada un solo elemento [[Consonante velare|velare]] (per esempio ''quomodo''→ ''come'' in italiano) e -H che scompare in tutta la [[Romania (area linguistica)|Romània]], altre invece sono state '''introdotte''':
*[[Fricativa labiodentale sonora|fricativa sonora labiodentale]] V (per esempio da ''auis'' si passa a ''avis'')
*fonemi indicati con la grafia Z, ovvero la affricata dentale sorda (-ts) e sonora (dz)
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*i fonemi indicati con le grafie SC, SCI (ʃ) e J, ovvero le [[Fricativa palatale sorda|fricative palatali sorde e sonore]]
 
'''cambiamentoCambiamento consonaticonsonanti in posizione iniziale:'''
Lele consonanti in posizione iniziale nella maggior parte dei casi rimangono invariate. Sono resistenti quando seguite da [[vocale posteriore]](O-U), per esempio ''corpus'' rimane ''corpo'', invece quelle seguite da [[vocale anteriore]] (E-I) e talvolta la [[vocale centrale]] A (solo per il francese) tendono a [[Palatalizzazione|palatalizzare]], per esempio da ''gentem'' si passa a ''gente'' (dʒ). Altro caso di palatalizzazione si può trovare quando la J è a inizio parola, per esempio da ''iocum'' si passa a ''gioco'' oppure quando la D precede la J, per esempio da ''diurnum'' si passa a ''giorno''. In aggiunta, i nessi consonantici seguiti da L si conservano in [[Lingua francese|francese]], [[Lingua catalana|catalano]] e [[occitano]], invece palatizzano in [[Lingua italiana|italiano]], [[Lingua spagnola|spagnolo]] e [[Lingua portoghese|portoghese]], per esempio ''plenum'' si trasforma in ''pieno''.
'''
Le consonanti in posizione iniziale nella maggior parte dei casi rimangono invariate. Sono resistenti quando seguite da [[vocale posteriore]](O-U), per esempio ''corpus'' rimane ''corpo'', invece quelle seguite da [[vocale anteriore]] (E-I) e talvolta la [[vocale centrale]] A (solo per il francese) tendono a [[Palatalizzazione|palatalizzare]], per esempio da ''gentem'' si passa a ''gente'' (dʒ). Altro caso di palatalizzazione si può trovare quando la J è a inizio parola, per esempio da ''iocum'' si passa a ''gioco'' oppure quando la D precede la J, per esempio da ''diurnum'' si passa a ''giorno''. In aggiunta, i nessi consonantici seguiti da L si conservano in [[Lingua francese|francese]], [[Lingua catalana|catalano]] e [[occitano]], invece palatizzano in [[Lingua italiana|italiano]], [[Lingua spagnola|spagnolo]] e [[Lingua portoghese|portoghese]], per esempio ''plenum'' si trasforma in ''pieno''.
 
'''consonantiConsonanti in posizione finale''':
Lele consonanti finali, che già nel latino classico erano poco usate, sono le più deboli e perciò tendono a cadere:
''':
*-M serviva ada indicare gran parte degli [[Accusativo|accusativi singolari]], nonché alcune terminazioni verbali della 1ª persona singolare. Della –M non rimane alcuna traccia nelle parole di più sillabe, per esempio amicum diventa amico, invece nei monosillabi, se non scompare, viene sostituita dalla "n", soprattutto nella Romània occidentale.
Le consonanti finali, che già nel latino classico erano poco usate, sono le più deboli e perciò tendono a cadere:
*-T :si dilegua ma rimane come marchio della 3ª persona singolare dei verbi francesi, ma non si pronuncia.; in molte varianti del sardo rimane ed è pronunciata (tendente a /d/ o /r/ e seguita da vocale paragogica)
*-M serviva ad indicare gran parte degli [[Accusativo|accusativi singolari]], nonché alcune terminazioni verbali della 1ª persona singolare. Della –M non rimane alcuna traccia nelle parole di più sillabe, per esempio amicum diventa amico, invece nei monosillabi, se non scompare, viene sostituita dalla "n", soprattutto nella Romània occidentale.
*-T :si dilegua ma rimane come marchio della 3ª persona singolare dei verbi francesi, ma non si pronuncia.
*-S è ultima a cadere, perché aveva funzione grammaticale molto forte. La –S era usata in molti [[Nominativo|nominativi]] plurali e in tutti gli accusativi plurali, nonché nelle desinenze verbali della 2ª persona singolare e plurale. Nelle lingue romanze si conserva come marca del plurale e desinenza verbale solo in portoghese, spagnolo, catalano, occitano, francese, [[reto-romanzo]] e [[Lingua sarda|sardo]].
*A causa della caduta di alcune vocali finali di parola, dovuta all'evoluzione del sistema fonetico, si sono trovate al termine della parola le consonanti, che precedevano le vocali cadute, dette ''secondarie''. Quest'Queste ultime, essendo deboli, in un primo momento diventano sorde e poi si dileguano.
 
'''Altri cambiamenti consonantici''':
Lele consonanti sono influenzate anche da altri contesti fonetici, oltre che alla posizione iniziale e finale, e ne causano il loro cambiamento.
 
1) '''[[Lenizione|Lenizione]]''': con questo fenomeno le consonanti intervocaliche si indeboliscono, in particolare le occlusive. Quest'ultimo elemento ha interessato soprattutto la [[Penisola iberica|penisola iberica]], la Francia e l'Italia Settentrionale. Inoltre questo fenomeno non tocca le lingue orientali. La lenizione può verificarsi quando: la -s intervocalica passa a /z/, le consonanti doppie sorde diventano semplici (pp → p), le consonanti sorde diventano sonore (t → d; p → b), le consonanti occlusive sorde diventano sonore o si annullano (k → g, Ø).
 
2) '''[[Palatalizzazione]]''': questo fenomeno si ha quando il suono di una consonante si sposta dal [[Velo palatino|velo]] al [[Palato|palato]]. I vari fonemi che subiscono la palatalizzazione non sono uguali in tutte le lingue romanze, poiché già in latino questo procedimento iniziòincominciò ad affermarsi.
 
{| class="wikitable"
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*ns diventa s in specifici contesti, per esempio ''pensare'' si trasforma in ''pesare''
 
3)'''[http://www.treccani.it/enciclopedia/spirantizzazione_(Enciclopedia-dell'Italiano)/ SpiranizzazioneSpirantizzazione]''': fenomeno che porta i fonemi /b/ e /w/ del latino classico a passare in [[Latino volgare|latino volgare]] alla pronuncia fricativa labiale sonora . Questo fenomeno avviene in gran parte delle lingue romanze. Per esempio da ''habere'' si passa a ''avere'' oppure da ''caballum'' si passa a ''cavallo''.
 
=== Il sistema morfologico ===
 
I cambiamenti nel sistema morfologico interessano: la '''declinazione''', il '''genere''' e, il '''sistema verbale''', il '''sistema nominale''' e le '''parole indeclinabili'''.
# '''declinazione''': in latino ci sono cinque declinazioni, al plurale e al singolare, mentre nella maggior parte delle lingue romanze non si trovano declinazioni, ma si ha una forma per il plurale ede il singolare derivata frequentemente dall'accusativo latino. Una declinazione bicasuale, la si trova, invece, in epoca medievale, nel gallo-romanzo francese e nell'occitano con la distinzione fra caso retto, con funzione di soggetto e vocativo, e caso obliquo, comprendente tutte le altre funzioni. Nella seconda parte del medioevoMedioevo, anche il gallo-romanzo francese e l'occitano hanno eliminato la declinazione per usare, in gran parte, il caso obliquo.
# '''genere''': in latino, oltre al maschile ede al femminile, si trova anche il genere neutro, eliminato da tutte le lingue romanze adcon l'eccezione del romeno. Al singolare, il neutro latino spesso prevede la terminazione in ''-um'' sia al nominativo chesia all'accusativo (sempre uguali per il genere neutro), quindi, con la perdita della consonante finale, la forma va a coincidere con il maschile; al plurale, invece, i neutri sono marcati sempre dalla terminazione in ''-a'' e coincidono con il singolare femminile. In qualcheitaliano dialettoil dell'Italiagenere centraleneutro siè trovarimasto ancoracome qualchefossile traccialinguistico delin una serie di parole che, pur essendo maschili al singolare, hanno un plurale di genere femminile, erede dell’antico neutro in -a (ad esempio ciglio-ciglia, infattilenzuolo-lenzuola, uovo-uova). Ne restano delle tracce anche in qualche dialetto dell'Italia centrale, in cui si distinguono sostantivi terminanti in ''-u'' che in latino erano maschili e sostantivi terminanti in ''-o'' che in origine erano neutri.
#'''sistema verbale''': il sistema verbale nelle lingue romanze è molto diverso da quello del latino, anche se le due lingue coincidono per alcuni tratti, come per esempio il verbo coniugato. Per questo, si utilizzano desinenze diverse per esprimere le varie funzioni delle voci verbali. Tra i principali cambiamenti troviamo così [[Metaplasmo|metaplasmi]] di coniugazione: nel passaggio alle lingue romanze alcuni verbi possono cambiare coniugazione (''dicere''→''dire''), infatti le [[Coniugazione (linguistica)|coniugazioni]] in latino erano quattro: -are, -ēre, -ĕre, -ire e nelle lingue romanze diventano tre: -are, -ere, -ire (''cantare, habēre, vendĕre, dormire''). E'È importante evidenziare che alcune forme latine spariscono: i verbi [[Verbiverbi deponenti|deponenti]], ossia quei verbi che hanno forma passiva ma significato attivo, ad esempio ''sequor → *sequo → seguo'', il congiuntivo imperfetto e l'indicativo piuccheperfetto in quasi tutta la Romània, l'infinito perfetto e l'infinito passivo. Tra le forme che cambiano in modo radicale possiamo trovare il futuro e il condizionale. Il futuro presentava due forme: la prima veniva utilizzata per la 1ª-2ª coniugazione (''canta'''bo'''-habe'''bo'''''), ma poteva essere facilmente confusa con l'imperfetto, la seconda era usata per la 3ª-4ª (''vend'''am'''-aud'''iam''''') e poteva essere fraintesa con il congiuntivo. Per evitare errori le lingue romanze adottano strategie diverse: o l'utilizzo del presente con avverbio temporale oppure della [http://www.treccani.it/vocabolario/perifrasi/ perifrasi], come ''habeo cantare''. Con il passare del tempo ''habeo'' perde il suo significato [[Lessico|lessicale]] pieno e viene reinterpretato come morfema grammaticale. Si crea così una nuova forma verbale sintetica, per esempio ''canterò''. Il condizionale in latino si esprimeva attraverso il congiuntivo. Le lingue romanze creano quindi una nuova forma che segue lo stesso meccanismo del futuro, per esempio da ''cantare+*hebŭi'' si forma ''canterei''. C'è però da precisare che tra le forme verbali latine che sopravvivono alcune cambiano funzione: il congiuntivo ''[[Piuccheperfetto|piuccheperfetto]]'' assume le funzioni del congiuntivo imperfetto nelle lingue occidentali e nell'indicativo ''piuccheperfetto'' in romeno. Come il latino, anche le lingue romanze hanno forme irregolari dei verbi, ma non sempre i verbi irregolari della lingua dei romani sono gli stessi di quella romanza, come il verbo ''avere'' che tende a essere irregolare anche se deriva dal verbo ''habere''.
#'''sistema nominale''': Come ogni sistema nominale delle lingue romanze moderne, anche quello latino riguardava i sostantivi, gli aggettivi, i pronomi e i numerali. Ma le parole appartenenti a queste categorie nel sistema latino erano declinate, pertanto la parola assumeva un caso (funzione svolta dalla parola nella frase), un genere e un numero diverso a seconda della propria uscita: la [[Declinazione (linguistica)|declinazione]] era quindi determinante. Nello specifico il latino prevedeva sei casi: il nominativo (soggetto), il genitivo (complemento di specificazione), l'accusativo(complemento oggetto), il dativo (complemento di termine) il vocativo (indicante la persona o la cosa a cui ci si rivolge) e l'ablativo (complemento d'agente, origine, mezzo, modo, luogo). I sostantivi latini, pertanto, si dividevano in cinque declinazioni, ciascuna con forma singolare e plurale con specifiche desinenze a seconda dei casi.
#'''parole indeclinabili''': sono quelle parole che non hanno una forma flessiva e non hanno quindi bisogno di declinazioni; nonostante ciò hanno una funzione grammaticale. Questo gruppo comprende: [[Avverbio (lingua italiana)|avverbi]], [[Preposizione|preposizioni]] e [[Congiunzione (linguistica)|congiunzioni]]. Per quanto riguarda gli avverbi in latino si formavano aggiungendo -e per gli aggettivi di 1ª classe (per esempio ''certus→certe''), mentre con -iter per quelli della 2ª classe (per esempio fortis→fortiter). Un'altro modo per formare avverbi era usare l'aggettivo all'accusativo singolare del neutro. Quest'ultima forma si usa tutt'ora in romeno e nei dialetti italiani meridionali, invece le altre desinenze sono state sostituite dal suffisso tonico -mente, aggiunto all'aggettivo femminile, per esempio ''*lenta mente'' diventa ''lentamente'' in italiano. Altra categoria di parole indeclinabili sono le preposizioni: alcune sono sopravvissute nelle lingue romanze, come per esempio ''contra→contro, inter→tra, super→sopra, cum→con''. Altre invece si sono trasformate in avverbi come per esempio ''pos(t)=dietro, dopo →poi''; a sua volta qualche avverbio si è trasformato in preposizione, ad esempio ''su(r)sum=in su→su''. Ultima categoria è quella delle congiunzioni, le quali molte spariscono e quelle sopravvissute rimangono nella lingua parlata. Infatti si prediligevano forme [[Paratassi|paratattiche]], ovvero congiunzioni di coordinazione e non di subordinazione. Tra le forme che rimangono, possiamo trovare la congiunzione copulativa ''et''→''e'', la congiunzione negativa ''nec→né'', la disgiunzione ''aut→o'', la congiunzione avversativa ''magis→ma'' e in alcune aree ''per hoc→però'', la congiunzione temporale ''quando→quando'' e la congiunzione *''que''(derivato dalla fusione ''quo, quod, quid'') → ''che''.
Schema esplicativo dei tipi più frequenti.
Singolare
{| class="wikitable"
|-
| Nom.||rosa||lupus||dux||manus||res
|-
| Gen.||rosae||lupi||ducis||manus||rei
|-
| Dat.||rosae||lupo||duci||manui||rei
|-
| Acc.||rosam||lupum||ducem||manum||rem
|-
| Voc.||rosa||lupe||dux||manu||res
|-
| Abl.||rosa||lupo||duce||mano||re
|}
 
Plurale
{| class="wikitable"
|-
|Nom.||rosae||lupi||duces||manus||res
|-
|Gen.||rosarum||luporum||ducum||manuum||rerum
|-
|Dat.||rosis||lupis||ducibus||manibus||rebus
|-
|Acc.||rosas||lupos||duces||manus||res
|-
|Voc.||rosae||lupi||duces||manus||res
|-
|Abl.||rosis||lupis||ducibus||manibus||rebus
|}
 
A ciò si aggiungono le forme del neutro, appartenenti alla seconda, alla terza e alla quarta declinazione e limitate alla nominativo singolare e plurale e al vocativo e accusativo plurale.
Nel passaggio alle lingue romanze anche il sistema nominale segue la “ratio” della riduzione, della semplificazione. Si evidenziano, per questo, alcuni tra i principali cambiamenti:
*La riduzione delle declinazioni: da cinque passano a tre poiché già nel latino classico la quarta e la quinta erano considerate improduttive. Quel che rimane può essere quindi così riassunto:
 
1) Sostantivi femminili terminanti in -a (prima declinazione)
2) Sostantivi maschili terminanti in -o (seconda, terza e quarta declinazione)
3) Sostantivi maschili e femminili terminanti in -e ( terza declinazione)
*Il cambiamento di genere: la riduzione delle declinazioni ha inevitabilmente portato, per alcune parole, a un cambiamento di genere, al fine di farlo corrispondere alla forma. I nomi degli alberi, ad esempio, che in latino classico erano femminili (desinenza in -us), sono diventati maschili (pinus-->pino)
*La perdita del neutro: in generale i sostantivi neutri sono diventati maschili, ma durante il lungo processo di eliminazione alcuni plurali neutri in -A sono passati come femminili singolari di prima declinazione e hanno così creato una serie di doppioni, spesso di diverso significato: es: Foglio/foglia , Legno/legna
*La riduzione dei casi: contribuiscono a ciò la perdita di -M finale, già attestata nelle iscrizioni pompeiane, che rese identiche, nella prima e nella terza declinazione, la forma di ablativo e accusativo singolare, e la perdita della quantità vocalica che rese impossibile distinguere, nella prima declinazione, le forme del nominativo e dell'ablativo singolare della prima declinazione (Rosa, rosā).
*Il sistema casuale viene dunque sostituito (definitivamente tra il V-VII secolo) per evitare la ridondanza che questi cambiamenti avevano provocato nella lingua: a fronte di due casi non più distinguibili, e quindi di due sostantivi simili, la desinenza non era più rilevante. Era infatti sufficiente l'uso delle preposizioni, che rendevano il caso prevedibile.
*Il caso che sopravvive nelle lingue romanze è l'accusativo, da cui derivano i sostantivi delle stesse (Rosa<rosam, notte<noctem), in alcune aree, tuttavia, alcune forme del sistema casuale sopravvissero più a lungo: galloromanzo, francese, occitano e retoromanzo adottarono, nella fase medievale, un sistema di tipo bi-casuale che prevedeva unicamente un caso retto e uno obliquo. Sistema che il romeno, in quanto lingua conservatrice, utilizza ancora oggi.
#'''parole indeclinabili''': sono quelle parole che non hanno una forma flessiva e non hanno quindi bisogno di declinazioni; nonostante ciò hanno una funzione grammaticale. Questo gruppo comprende: [[Avverbio (lingua italiana)|avverbi]], [[Preposizione|preposizioni]] e [[Congiunzione (linguistica)|congiunzioni]]. Per quanto riguarda gli avverbi in latino si formavano aggiungendo -e per gli aggettivi di 1ª classe (per esempio ''certus→certe''), mentre con -iter per quelli della 2ª classe (per esempio fortis→fortiter). Un' altro modo per formare avverbi era usare l'aggettivo all'accusativo singolare del neutro. Quest'ultima forma si usa tutt'oratuttora in romeno e nei dialetti italiani meridionali, invece le altre desinenze sono state sostituite dal suffisso tonico -mente, aggiunto all'aggettivo femminile, per esempio ''*lenta mente'' diventa ''lentamente'' in italiano. Altra categoria di parole indeclinabili sono le preposizioni: alcune sono sopravvissute nelle lingue romanze, come per esempio ''contra→contro, inter→tra, super→sopra, cum→con''. Altre invece si sono trasformate in avverbi come per esempio ''pos(t)=dietro, dopo →poidietro→poi''; a sua volta qualche avverbio si è trasformato in preposizione, ad esempio ''su(r)sum=in su→su''. Ultima categoria è quella delle congiunzioni, le quali molte spariscono e quelle sopravvissute rimangono nella lingua parlata. InfattiSi siprediligevano prediligevanoinfatti forme [[Paratassi|paratattiche]], ovvero congiunzioni di coordinazione e non di subordinazione. Tra le forme che rimangono, possiamo trovare la congiunzione copulativa ''et''→''e'', la congiunzione negativa ''nec→né'', la disgiunzione ''aut→o'', la congiunzione avversativa ''magis→ma'' e in alcune aree ''per hoc→però'', la congiunzione temporale ''quando→quando'' e la congiunzione *''que'' (derivato dalla fusione ''quo, quod, quid'') ''che''.
 
=== Il sistema sintattico ===
Il [[Sintassi|sistema sintattico]] è molto vario, per questo è molto difficile studiarlo e dare delle regole universali. Nonostante ciò, si possono dare delle linee guida generali a partire dal latino fino alle lingue romanze.
*'''ordine della frase''': il latino è una lingua orientata a sinistra e l'ordine delle parole era [[Soggettosoggetto (linguistica)|soggetto]]-[[Oggettooggetto (linguistica)|oggetto]]-[[Verbo|verbo]] (SOV). Tuttavia quest'ordine non era obbligatorio, grazie alla presenza dei [[Declinazione (linguistica)|casi]]. Per esempio [[Virgilio]] scrisse: "''Tacita per amicae silentiae lunae''", ovvero "''per i taciti silenzi dell'amica luna''"; in questo caso l'autore divide il soggetto dal nome. Nel [[Latino tardo|latino tardo]] si tende a passare a un sistema soggetto-verbo-oggetto (SVO).
*'''subordinazione''': il sistema del latino classico era ricco di subordinazioni ([[Ipotassi|ipotassi]]), invece quello del latino volgare prediligeva per la [[Paratassi|paratassi]], cioè frasi brevi e riduzione di subordinazioni. In latino, inoltre, la preposizioneproposizione subordinatacompletiva era costruita con il soggetto in accusativo e il verbo all'infinito; nelle lingue romanze, questo tipo di costruzione è stata sostituita da ''quod'' seguito dal verbo in modo finito (esempio: le frasi italiane costruite con ''che'' + ''indicativo'' o ''congiuntivo'').
* '''articolo''' e '''dimostrativi''': nel sistema latino non c'è la presenza di articoli. Le lingue romanze, invece, posseggono tutte articoli sia ''definiti'' chesia ''indefiniti''. L'articolo determinativo romanzo proviene, quasi nella totalità dei casi, dalle forme del pronome dimostrativo latino ''ille'' (forme italiane: ''ille'' → il, ''illum'' → lo; ''illa'' → la; ''illi'' → i, gli; ''illae'' → le). C'è da aggiungere che vi sono alcune lingue romanze come le parlate relative all'[[Maiorca|isola di Maiorca,]], all'area della [[Guascogna]], e il Sardo che posseggono un articolo determinativo originato da ''ipse'' (''ipsum'' → so,''ipsa''→ sa), pertanto per parlare della casa i sardi diranno ''sa domu''. L'articolo indeterminativo, proviene, invece, da ''unu''. Unica eccezione è il rumeno, che presenta l'articolo determinativo [[Enclitico|enclitico]], per esempio ''il lupo'' si scrive ''lupul''. I [[Pronome dimostrativo|pronomi dimostrativi]] conservano il sistema a tre gradi di vicinanza (vicino al parlante, vicino all'interlocutore, lontano da entrambi) del latino solo in spagnolo, portoghese, catalano, sardo, toscano e alcuni dialetti dell'Italia meridionale, nonostante il secondo grado di vicinanza sia ancora raccomandabile nei registri più alti della lingua Italiana.
*'''pronomi personali atoni''': nel sistema latino il pronome rimandava a qualcosa già citato e la maggior parte delle volte si trovava a inizio frase. Con l'avvento delle lingue romanze si forma una doppia serie di pronomi, tonici e atoni, detti anche [[Clitico|clitici]] che quindi occupano un posto fisso nella frase e tendono a precedere le forme finite del verbo.
*'''posizione del soggetto''': come visto in precedenza, il sistema delle lingue romanze è SVO. Il soggetto, a differenza del latino, si trova a inizio frase, poiché dotato di maggior importanza. Questo processo non si trova in tutte le lingue romanze, ad esempio in italiano l'ordine è più libero e si possono avere frasi come "ieri è arrivato Pietro".
*'''l'interrogazione''': nel sistema latino per introdurre una frase interrogativa si utilizzavano morfemi come ''quis?'' (''chi?''), ''quid?'' (''che cosa?''), ''ubi?'' (''dove?'') oppure con il suffisso -''ne'' o -''nonne''. Nelle lingue romanze questo schema viene mantenuto, infatti molto spesso si usano i morfemi interrogativi come "''che''", "''che cosa''". In assenza di questi morfemi si ricorre all'inversione, come nella frase "è arrivato Pietro?"
*la '''negazione''': il latino e le lingue romanze presentano un analogo sistema di negazione e usano lo stesso termine : ''non'', per esempio ''non cantat'' corrisponde all'italiano ''non cantocanta''. Anche se il latino prevedeva la particella negativa dopo il verbo, con il tempo si è spostata davanti: questo è un segnale dell'avvicinarsi del latino alle lingue romanze.
 
===Il sistema lessicale===
 
Il [[lessico]] è la parte della lingua più esposta al cambiamento, alle influenze esterne e alle mode. A questo si intrecciano fattori psicologici e sociali che lo rendono non sistematico.
La base lessicale delle [[lingue romanze]] è il [[Lingua latina|latino]], che a sua volta proviene dall'[[IndoeuropeoLingua protoindoeuropea|indoeuropeo]], tuttavia la maggior parte delle parole diffusesi nelle lingue romanze deriva non dal latino classico, ma dal [[Latino volgare|latino volgare]], variazione di registro più informale.
 
La rapidità del cambiamento lessicale si denota ogni qualvolta una parola, dopo essere stata assunta da una lingua, cade in disuso perché sostituita da un altro termine.
Le ragioni di questa evoluzione sono differenti. In generale questo avviene quando un termine è [[Semantica|semanticamentesemantica]]mente più produttivo, ovvero quando sostituisce una parola, esprimendone meglio il significato o rendendo regolari le forme verbali che non lo sono.
Il cambiamento linguistico è costituito anche dalla creazione di nuove parole. Queste possono derivare da:
* la necessità di allargare o ridurre il significato di parole già esistenti (cambiamento semantico), come ''verde'' che oltre ada essere un aggettivo, passa ada indicare anche un ambiente naturale;
* [[prestiti linguistici]], come i più comuni anglicismi (ad esempio computer, laptop, thriller) che si sono più o meno adattati alla [[fonetica]] italiana. Questi possono essere calchi, ovvero traduzioni letterarie di una parola, oppure traduzioni parziali;
* prefissi e suffissi che modificano parole già esistenti dal punto di vista della connotazione o della [[categoria grammaticale]].
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Nella maggior parte dei casi, inoltre, i termini più marcati vengono sostituiti da quelli meno marcati; è il caso dei verbi ''fabulare'' e ''parabolare'' che indicavano il parlare in modo particolare e/o il raccontare delle storie, i quali passano a significare il generico ''parlare'', sostituendo cosi il ''loqui'' del latino classico.
Viceversa può capitare che un termine non marcato venga sostituito o perché caduto in disuso o perché soggetto ada un cambio di significato. Il termine ''domus'', ad esempio, scompare con il significato di ''casa'' e passa a significare solamente ''casa di Dio'', da cui ''duomo'', mentre per indicare la dimora si usa ''casa'' che si riferiva a capanna, casupola, termine con cui i contadini indicavano la propria dimora. In alcune varietà regionali invece permane ''domus'', in [[SardoLingua sarda|sardo]] ad esempio ''domu'' continua a significare ''casa''.
 
Va ricordato che l'evoluzione lessicale non è uguale in tutte le [[Area linguistica|aree]], ma varia da una all'altra sulla base della [[Teoria delle onde|teoria delle onde]].
 
Un termine può essere abbandonato per cambi fonetici: nel passaggio da un sistema all'altro i segmenti assumono diversi suoni e, conseguentemente, alcune parole si assimilano ad altre. Questo porta ada un'ambiguità nell'identificazione dei due termini e, per motivi pratici, alla scomparsa di una delle parole in questione. Esplicativo è il caso di ''auris'', che in latino significa "orecchia". Poiché in latino volgare il dittongo ''au''→''o'', da ''auris'' si è passati ada ''oris'', che si è poi evoluto in ''os'', indicante già "bocca" in latino classico. Per necessità si è quindi assunto il termine ''bucca'' (lat.volg.=guancia) per indicare appunto la bocca.
 
Parole nuove già in latino venivano create attraverso l'aggiunta di [[suffissi]] e [[Prefisso (linguistica)|prefissi]].
Spesso è da queste parole [[Affissazione|affissate]] che derivano gli odierni termini romanzi, ad esempio ''giorno'' deriva da ''diurnum'' e non dall'originale ''dies''.
*i '''prefissi''' latini corrispondono per lo più a [[preposizioni]] (ad, cum, de, ex, in, re) e si attaccano soprattutto ai verbi che poi li trasmettono a sostantivi e aggettivi. Un esempio rilevante può essere quello inerente ilal verbo ''flare'' al quale possono essere aggiunti i prefissi ''sub'' e ''cum'' creando rispettivamente i verbi ''subflare'' (soffiare) e ''cumflare'' (gonfiare).
*i '''suffissi''' hanno principalmente due funzioni: creare parole nuove per [[Suffisso di derivazione|derivazione]] oppure esprimere l'atteggiamento di chi parla. Si possono avere diverse tipologie di suffissi tra cui accrescitivi e peggiorativi, ma i più diffusi sono i [[Diminutivo|diminutivi]], che passando alle lingue romanze perdono il significato diminutivo creando una nuova parola. Questo fenomeno si riscontra anche nell{{' }}''[[Appendix Probi]]'', dove è riportato il seguente esempio: "''auris'' non ''oricola''", ada indicare come già nel latino volgare venissero preferite le parole derivanti dai diminutivi latini; infatti ''oricola'', da cui anche l'italiano ''orecchia'', proviene dal latino classico ''auriculum'', forma diminutiva di ''auris''.
 
Inoltre sono preferite, nell'evoluzione linguistica romanza, le parole più concrete e marcate. Ecco che il termine classico ''equus'' viene sostituito il volgare ''caballus'', e ''magnus'' viene abbandonato in favore di ''grandis''. Allo stesso modo passano anche le voci espressive, come le [[onomatopee]] (come ''cloppus'', che evolve in ''cibo'').
In questa prospettiva evoluzionistica si può notare un auna generale avversione al monosillabo tonico poiché troppo breve e inconsistente. A conseguenza di ciò le parole si ampliano o vengono sostituite da sinonimi più lunghi. Esemplificative sono le forme ''ver'' che diventa ''prima ver'' (primavera) e ''vir'' che viene sostituito con ''homo'' (uomo).
In generale si può comunque osservare che vengono preferite le parole più sociologicamente usate.
 
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=== Arabo ===
 
L'Impero Romano, grazie alla conquista di una striscia settentrionale di deserto, ebbe contatti lievi anche con la lingua araba. Quando gli arabi conquistarono la penisola iberica nel 711 e la Sicilia nell'827, però si venne a creare una Romània arabica costituita principalmente da Spagna e Sicilia tra le quali la città di Siviglia rimase sotto il dominio arabo per 536 anni e Palermo per quasi 250 anni; la popolazione di questi territori, arricchitainvasa da immigrati arabi e di altre province orientali, apprese e interiorizzò la lingua araba: in queste zone l'arabo è un vero e proprio sostrato della lingua romanza. Oltre ciò, sia il commercio, sia l'interesse per la cultura araba, determinarono un influsso di questa lingua nel romanzo. La Spagna possiede un elevatissimo numero di parole di origine araba come ''alcalde'' (sindaco) che proviene da ''al-qâdî'', ''arroz'' (riso) da ''ae-ruzz'', in Sicilia si trovano arabismi come ''[[Calatafimi Segesta|Calatafimi]]'' (forte di Eufemio), ''[[Buscemi]]'', ''[[Favara]]'', ''[[Marsala]]'' (porto di Alì).
 
=== Tedesco e inglese ===
 
Durante le invasioni, l'influenza germanica fu molto forte; lo è stata molto meno, invece, dal Medioevo in poi in cui le influenze si limitavano solamente alle zone limitrofe e ai dialetti. Le parole tedesche più comuni entrate a far parte del lessico delle lingue romanze sono: ''dollaro'' (da ''Thaler'' mutato in ''daaler'' dal neerlandese e cambiato in ''dollar'' negli USA), ''blitz'', ''panzer''. La lingua germanica che ha avuto più contatti con quelle romanze dal medioevo in poi è l'inglese<ref>Varvaro 2001, p. 178</ref>: anche se in epoca medievale era il francese a fare molti prestiti all'inglese, la situazione si inverte a partire dal XVIII secolo dove si contano già 123 anglicismi entrati a far parte nel lessico francese, che diverranno poi 578 nel XX secolo. Dal Settecento in poi, tutte le lingue romanze eccetto il romeno accoglieranno non pochi anglicismi, tanto che, oggigiorno è facile confondere parole in realtà latine, come ''item'' o ''media'', con parole inglesi. Al giorno d'oggi, solamente la Francia tenta di opporsi ada ulteriori insediamenti delle parole inglesi utilizzando i corrispondenti termini francesi. In Italia, uno studio prodotto su un campione di duecento aziende, rivela che, dal 2000 ada oggi, l'uso di termini inglesi nel settore finanziario è aumentato del 773%.<ref>[{{Cita web |url=http://www.agostiniassociati.it/UserFiles/File/CS_Agostini_Associati_itanglese.pdf |titolo=Comunicato Stampa Agostini Associati - Itanglese<!-- Titolo generato automaticamente -->] |accesso=9 luglio 2012 |dataarchivio=28 luglio 2021 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210728162311/http://www.agostiniassociati.it/UserFiles/File/CS_Agostini_Associati_itanglese.pdf |urlmorto=sì }}</ref>
 
== Note ==
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== Bibliografia ==
*{{Cita Varvaro, libro|autore=Alberto. 1968. ''Varvaro|titolo=Storia, problemi e metodi della linguistica romanza''. |annooriginale=1992|editore=Liguori|città=Napoli, Liguori.|ISBN=9788820706975}}
*{{Cita Varvaro, libro|autore=Alberto. 2001. ''Varvaro|titolo=Linguistica romanza. Corso introduttivo''. |dataoriginale=2001|editore=Liguori|città=Napoli, Liguori.|ISBN=9788820732714}}
*{{Cita libro|autore=Charmaine Lee|autore2=Sabrina Galano|titolo=Introduzione alla linguistica romanza|anno=2005|editore=Carocci|città=Roma|ISBN=9788843035076}}
* Lee, Charmaine. 2017. "Linguistica romanza. Nuova edizione". Roma, Carrocci editore.
*{{Cita libro|autore=Charmaine Lee|titolo=Linguistica romanza|annooriginale=2017|editore=Roma, Carocci editore|ISBN=9788843082759}}
*{{Cita Renzi, libro|autore=Lorenzo. AndreoseRenzi, Alvise. 2015 "Andreose|titolo=Manuale di linguistica e filologia romanza". Bologna, il|annooriginale=2015|editore=Il Mulino.|ISBN=9788815258861}}
*{{Cita libro|autore=Roger Wright|titolo=Late Latin and Early Romance in Spain and Carolingian France|annooriginale=1982|editore=Francis Cairns|città=Liverpool|ISBN=9780905205120}}
 
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