Vincenzo Monti: differenze tra le versioni
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|Attività3 = traduttore
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|Nazionalità = italiano
|Immagine = VincenzoMonti.jpg
|Didascalia = [[Andrea Appiani]]
|DimImmagine = 210
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Viene comunemente ritenuto l'esponente per eccellenza del [[Neoclassicismo|Neoclassicismo italiano]], sebbene la sua produzione abbia conosciuto stili mutevoli e sia stata a tratti addirittura vicina alla sensibilità [[Romanticismo|romantica]]. Principalmente ricordato per la notissima [[Iliade (Monti)|traduzione dell
== Biografia ==
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=== I primi anni ===
Monti
[[File:15 Via delle Scienze.jpg|thumb|verticale=0.7|Casa dove visse a Ferrara, in [[via delle Scienze]]
{{Citazione|La dittatura è passata ai miei fratelli, che hanno intenzione risoluta di levarmi da Ferrara...<br />Signor Maestro, ... se ella scopre per accidente un nicchio, io sono in caso d'entrarvi dentro<br />a piè pari, e in qualità di quel che si vuole, e presso chiunque.|Lettera a Girolamo Ferri, 1773}}
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Si intravedono subito alcuni elementi chiave della sua personalità, fra cui la tendenza ad accomodarsi a diversi fini a seconda delle esigenze personali. Soprattutto per questo approfondì gli [[studi biblici]], emergenti nella prima parte della sua produzione.
Dimostrò comunque un talento sorprendente e precoce per le lettere
Esordì con componimenti di vario tipo, tra cui si possono ricordare i sonetti ''Il matrimonio alla moda'' e ''Il ratto di Orizia'', debitori di [[Giuseppe Parini|Parini]] il primo, di [[Giuliano Cassiani]] (e del suo ''Ratto di Proserpina'') il secondo, in conformità ai fermenti arcadici del periodo. Copiosa fu ai primordi anche la produzione latina, che delizierà [[Niccolò Tommaseo]].
Poté pubblicare l'anno successivo il suo primo libro, ''La visione di Ezechiello'' (in onore di don [[Francesco Filippo Giannotti]], [[arcivescovo]] di [[Minerbio]], che aveva visto predicare a Ferrara), impostato sul modello [[Alfonso Varano|varaniano]] delle ''[[Visioni sacre e morali]]'', che godeva di molta fortuna all'epoca, specialmente nell'''entourage'' arcadico.<ref>Enrico Bevilacqua, ''Vincenzo Monti'', Firenze, Le Monnier, 1928, p.15</ref> Di stesso stampo sono altre due ''Visioni'' coeve, dedicate ancora ad alti prelati.
Sin dall'inizio si manifesta una tendenza spesso ricorrente nel Monti: la rielaborazione di modelli precedenti. Il poeta non inventa nulla di nuovo, ma nuovo è il modo in cui fonde assieme le fonti, creando così uno stile affatto peculiare. Qui ovviamente è l'Arcadia a dominare (e il suo stile non abbandonerà mai l'ala dell'Accademia)
Nel [[1777]] entrò anche nell'[[Accademia degli Agiati]] di [[Rovereto]] con il nome di ''Archia''.<ref>Bustico, cit. supra, p.11.</ref>
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Il 26 maggio [[1778]], al seguito del legato pontificio a Ferrara - il cardinale [[Scipione Borghese (1734-1782)|Scipione Borghese]] - si recò a [[Roma]], per cercare gloria e fuggire l'angustia di un mondo divenutogli troppo stretto, e vi ottenne l'appoggio del celebre [[archeologo]] [[Ennio Quirino Visconti]], cui dedicò l'anno seguente un saggio di poesie dall'influsso [[Metastasio|metastasiano]] (si consideri solo il titolo dell'ultimo componimento, ''Giunone placata'', che ricorda la ''[[Didone abbandonata]]''). Vide la luce, nello stesso anno del ''Saggio'', anche la ''Prosopopea di Pericle'', poema d'occasione suggerito a Monti da Visconti, in seguito al ritrovamento in marzo, in una villa di [[Tivoli]], di un'erma del [[Pericle|condottiero ateniese]]. Tutto ciò funse da pretesto per glorificare l'età presente, considerata superiore a quella classica.
Le opere di questo periodo sono fortemente influenzate dalla necessità di emanciparsi economicamente dalla famiglia
Per qualche mese, tuttavia, la produzione poetica fu trascurabile
==== L'ingresso nella corte papale ====
[[File:Pompeo Batoni - Ritratto di Papa Pio VI (National Gallery of Ireland).jpg|thumb|left|upright=0.7|Pio VI ritratto da [[Pompeo Batoni]]]]
Nel 1781 il
Un cardinale francese, nel frattempo, gli commissionò, dietro lauta ricompensa, l'ennesima prestazione d'occasione; si tratta di due [[Cantata|cantate]] in onore del [[Delfino di Francia]] (una delle quali musicata dal [[Domenico Cimarosa|Cimarosa]]) che era appena venuto alla luce, [[Luigi Giuseppe di Borbone-Francia|Luigi Giuseppe]].
Infausto nelle intenzioni e nell'esito fu ''Il Pellegrino Apostolico'' (1782), in cui con tono enfatico, in due canti, celebrò il successo della visita papale a [[Vienna]], dove Pio VI incontrò l'ostile [[Giuseppe II d'Asburgo-Lorena|Giuseppe II]], nella speranza di giungere ad una conciliazione. Il poema celebra il successo della spedizione, ma in realtà ben presto la visita si rivelò un fallimento e valse anche molte critiche al vescovo di Roma.
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==== I ''Pensieri d'amore'', un'apertura romantica? ====
Il suo stile abbandonò la fredda adulazione con gli endecasillabi sciolti ''Al principe Sigismondo Chigi''
Il modello delle due opere è da ricercare senz'altro nel ''[[Werther (opera)|Werther]]'', che Monti lesse nell'anonima traduzione francese, e con cui condivideva il nome della protagonista femminile. I ''Pensieri d'amore'' adottano uno stile più malinconico e sincero
{{Citazione|Alta è la notte, ed in profonda calma<br />dorme il mondo sepolto,<br />...Io balzo fuori dalle piume, e guardo;<br />e traverso alle nubi, che del vento<br />squarcia e sospinge l'iracondo soffio,<br />veggo del ciel per gl'interrotti campi<br />qua e là deserte scintillar le stelle.<br />Oh vaghe stelle!...|''Pensieri d'amore'', VIII, 124-132}}
==== Ritorno al
[[File:Testa di Feronia - museo civico Pio Capponi di Terracina.jpg|thumb|upright=0.7|Testa di Feronia. Reperto datato ultimo quarto del II secolo a.C. e originario di Punta di Leano, [[Terracina]]]]
Tuttavia è ancora presto, la sua poesia rimane nel solco della tradizione arcadica e in sintonia con la lezione degli [[Illuminismo|illuministi]]. Monti continua a frequentare l'[[Accademia dell'Arcadia|Accademia]]
[[File:Early flight 02562u (2).jpg|thumb|left|upright=0.7|Prima dimostrazione pubblica del volo ad [[Annonay]], 4 giugno [[1783]], ad opera dei [[fratelli Montgolfier]]]]
Nel 1784 cominciò a metter mano a un testo sul quale sarebbe ritornato per tutta la vita, senza mai riuscire a completarlo. Si tratta
====La parentesi tragica====
[[File:VAlfieriFabre.jpg|thumb|left|upright=0.7|Vittorio Alfieri in un ritratto di [[François-Xavier Fabre|Fabre]]]]
Tra il maggio del [[1781]] e quello del [[1783]] [[Vittorio Alfieri]] trascorse il suo secondo soggiorno romano
In questo modo nacque l'''[[Aristodemo (Monti)|Aristodemo]]'', storia dei tormenti di un padre che ha ucciso la figlia per ambizione. La fonte è classica: ci narra la storia in poche righe il greco [[Pausania il Periegeta|Pausania]], e l'argomento era già stato messo in tragedia nel secolo precedente da [[Carlo de' Dottori]]
L'opera, rappresentata il 16 gennaio [[1787]] al [[
Nell'''Aristodemo'' il rimorso è il vero protagonista del testo, in un'atmosfera a metà strada tra il ''[[Il racconto d'inverno|Racconto d'inverno]]'' e ''[[Delitto e castigo]]'' (seppur non allo stesso livello di ''pathos'' e di introspezione psicologica, perché Monti è sempre più leggero, anche quando è solenne)
Fu durante una rappresentazione privata dell'opera, nel 1786, che il poeta si invaghì della sedicenne [[Teresa Pichler]], che aveva recitato assieme a lui. Questo fu il preludio alle nozze di cinque anni più tardi.<ref>Bevilacqua, p.168</ref>
Sull'onda del successo scrisse ancora due tragedie, una modesta, ''Galeotto Manfredi'' (1787), e una di maggior spessore, ''Caio Gracco'', che ebbe una gestazione più lunga (1788-1800). La commissione del ''Galeotto'' fu assegnata al poeta da Costanza Falconieri, che desiderava una vicenda "domestica". La trama è tratta dalle ''Istorie Fiorentine'' del [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], dove si narra di come la moglie di Galeotto, signore di [[Faenza]], e figlia di Bentivoglio, signore di Bologna - corrispondente nella realtà a [[Francesca Bentivoglio]] e portata sulla scena con il nome di Matilde -, avesse ordito e portato a compimento nel [[1488]] un complotto per uccidere il consorte, «o per gelosia, o per essere male dal marito trattata, o per sua cattiva natura».<ref>''Le Istorie Fiorentine di Niccolò Machiavelli'', Firenze, Felice Le Monnier, 1843, p. 396 (VIII, 1488).</ref> Monti, nell
In una tessitura che richiama un po' troppo da vicino l'''[[Otello]]'' [[William Shakespeare|shakespeariano]], Monti non manca di fare polemica, nascondendosi nel personaggio del fido Ubaldo, cui fa da contraltare il traditore Zambrino, sotto le cui spoglie si cela Lattanzi, rivale del poeta. Nonostante ci siano quindi accenti veritieri, l'opera non riscosse successo e il poeta stesso la definì mediocre.<ref>Veneri, p. 45</ref>
Il ''Caio Gracco'', di cui [[Plutarco]] è la fonte principale, riscosse grandi apprezzamenti nella prima milanese del [[1802]], ma già nel 1788 mostrò i primi fermenti giacobini del poeta, poi temporaneamente rinnegati, mentre la [[Rivoluzione francese]] era nell'aria. Si notano però anche tendenze patriottiche, nel riconoscimento della comune origine italica, in un anticipo risorgimentale.
==== L'ode introduttiva all'''Aminta'' ====
Nell'aprile 1788 ci fu una nuova collaborazione con [[Giovanni Battista Bodoni|Bodoni]], che voleva ristampare l'[[Aminta (Tasso)|''Aminta'']] di [[Torquato Tasso]] in occasione delle nozze della figlia ultimogenita della marchesa [[Anna Malaspina della Bastia]], Giuseppa Amalia, con il conte Artaserse Bajardi di [[Parma]] (av. 1765-1812). Bodoni chiese al Monti alcuni versi di dedica dell'opera. Nacque così l'ode ''Alla marchesa Anna Malaspina della Bastia'', dove, oltre alle virtù di bellezza e ingegno della nobildonna, si celebrano i meriti della famiglia [[Malaspina]], che ospitò l'esule
==== Monti reazionario, la ''Bassvilliana'' ====
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Il 3 luglio 1791 sposò [[Teresa Pichler|Teresa Pikler]] (Roma, 3 giugno 1769 - Milano, 19 maggio 1834), o meglio Pichler<ref>Rodolfo Renier, in ''Fanfulla della domenica'', n. del 15 novembre 1903</ref> figlia di [[Giovanni Pichler]] ([[1734]]-[[1791]]) famoso intagliatore di gemme della città, ma oriundo tirolese, e di Antonia Selli, romana. La celebrazione fu sobria, lontana dai clamori della ribalta, e si tenne nella chiesa di san Lorenzo in Lucina. Dal matrimonio nacquero due figli, [[Costanza Monti|Costanza]]<ref>Così chiamata in onore della protettrice montiana</ref>, che poi sposerà il conte [[Giulio Perticari]] e coltiverà le lettere entrando anche in Arcadia,<ref>Con il nome di Telesilla Meonia; di grande ingegno e cultura, scrisse anche un poemetto in ottava rima, ''L'origine della rosa'', che tanto rese fiero il padre, come si evince dalle lettere al Perticari e al Lampredi</ref> e Giovan Francesco (1794-1796), ma quest'ultimo morirà in tenera età. Alla moglie rimase profondamente fedele per il resto dei suoi giorni.
Nel 1793 due artisti [[lione]]si furono arrestati
Il modello della ''Bassvilliana'', scritta in terzine e in terza rima, è certamente [[Dante Alighieri|dantesco]], ma non manca l'influenza, a livello schematico, della ''Messiade'' di [[Friedrich Gottlieb Klopstock|Klopstock]], che in quegli anni aveva anche pensato di tradurre dal francese (essendo privo di conoscenze del tedesco).<ref>Bevilacqua, p. 46</ref> Nel nostro «lungo e sproporzionato poema»,<ref>Arturo Pompeati, ''Vincenzo Monti'', Bologna, Zanichelli, 1928</ref> un angelo preleva a Roma l'anima del Bassville appena spirato e la porta in terra di Francia, mostrandole i disastri causati dalla Rivoluzione, e provocandone un pianto dirotto alla vista dell'uccisione di [[Luigi XVI]] (21 gennaio 1793).
[[File:
Vengono attaccati gli illuministi più famosi, le cui ombre appaiono come avversari ([[Voltaire]], [[Diderot]], [[Rousseau]], [[d'Holbach]], [[Pierre Bayle|Bayle]]...) mentre il re, raffigurato come un santo martire, concede il perdono a Basseville. Il poema piacque al mondo cattolico [[Reazione (politica)|reazionario]] e [[Controrivoluzione|controrivoluzionario]]. Monti tuttavia, probabilmente già dubbioso e incline a cambiare il proprio pensiero (come avrebbe fatto appena due anni dopo), si fermò al quarto Canto, e passò alla composizione di un'opera più incline ai suoi favoleggiamenti mitici, ''La Musogonia'' (1793-1797, in ottave), lasciata anch'essa a metà e foriera di spunti per le opere non lontane di [[Manzoni]] (''Urania'') e [[Ugo Foscolo|Foscolo]] (''Le Grazie'').
Indicativa è la chiusa del poema, modificata più volte, indirizzata prima a [[Francesco II d'Asburgo-Lorena|Francesco II d'Austria]] e poi a [[Napoleone]], cui si chiede di intercedere per l'Italia. Monti non ebbe mai tentennamenti nel proprio attaccamento alla patria, anche se si volse a diversi "protettori" a seconda dei momenti storici.[[File:Marmont.jpg|thumb|left|upright=0.7|Il Maresciallo Auguste de Marmont]]
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In questo periodo Monti subì attacchi da più parti. Il 13 febbraio [[1798]] [[Giuseppe Lattanzi (patriota e scrittore)|Giuseppe Lattanzi]], poeta romano e suo nemico giurato da tempo, aveva sottoposto al Gran Consiglio una legge secondo cui non avrebbe potuto ricoprire cariche pubbliche chi avesse pubblicato opere antirivoluzionarie dopo il settembre 1792, il che avrebbe precluso ogni carriera diplomatica all'autore della ''Bassvilliana''. La legge fu approvata, ma per fortuna del Monti rimase lettera morta, e questi poté quindi diventare addetto alla Segreteria del Direttorio al dipartimento dell'Estero e dell'Interno della Cisalpina.<ref>Veneri, p.77</ref> Siccome le invettive contro Monti continuavano, intervenne nella diatriba Foscolo, con uno scritto in sua difesa.<ref>Bevilacqua, p.163; è ''L'Esame su le accuse contro Vincenzo Monti'', in cui, oltre a difendere il cantore, si scaglia aspramente contro i detrattori</ref> Anche per opera dell'Appiani e di altri, la contesa si sedò infine nel giro di qualche mese.
[[File:Ritratto di Vincenzo Monti.jpg|thumb|200px|[[Litografia]] del 1864 ritraente Vincenzo Monti]]
Per tutta la vita il carattere di Monti fu assai bilioso, ed egli si impegnò in innumerevoli contese letterarie, salvo spesso riconciliarsi con i suoi avversari, secondo il suo ormai ben noto carattere, e secondo l'autodefinizione di ''Irasci celerem, tamen ut placabilis essem''
Tra tutti, il bersaglio preferito fu [[Francesco Gianni]], ma non si dimentichino [[Saverio Bettinelli]] e altri il cui nome resiste oggi solo grazie a queste beghe di basso livello. Sarebbe stato assai più saggio, disse Pietro Giordani, tacere, lasciando così cadere nell'oblio avversari che tentavano solo di godere di una fama altrimenti impossibile. Ma Monti era «un idrofobo — bofonchiava, il 7 agosto 1816, un Angelo Anelli da Desenzano — bisogna compiangerlo, stargli lontano, e quando si accosta per mordere, difendersi, per non essere offesi, a spada tratta»,<ref>Cesare Cantù, ''Biografia di Vincenzo Monti'', Torino, Utet, 1861, p.120</ref> e più di tutti lo stroncò [[Vincenzo Cuoco]], che, nel suo ''Platone in Italia'', lo definì divorato dalla bile.<ref>L'intero brano del Cuoco contro Nicorio [i.e. V. Monti], contenuto solo in alcuni esemplari dell'opera, è riportato in: [[Guido Bustico]], ''Bibliografia di Vincenzo Monti'', Firenze, Olschki, 1924, p.133.</ref>
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Quando Napoleone riprese il controllo della Cisalpina, Monti si lasciò andare ad una canzonetta entusiasta, preludio a un prossimo ritorno in Italia e sincero giubilo per le sorti dell'amata patria: si tratta di ''Per la liberazione dell'Italia'', uno dei suoi componimenti più popolari.
Dopo la [[battaglia di Marengo]], del 14 giugno [[1800]] Monti si vide infine premiato, e Napoleone ne fece il proprio aedo, il proprio poeta di corte, assegnandogli anche la [[Cattedra (università)|cattedra]] di Eloquenza presso l'[[Università degli Studi di Pavia]], che il 25 giugno 1800 fece riaprire dopo la chiusura imposta dagli Austro-Russi. Monti inizierà l'insegnamento solo nel 1802, in quanto decise di rimanere ancora qualche mese in Francia, dove completò l'ultima tragedia, il ''Caio Gracco'', e dove terminò la traduzione de ''La pucelle d'Orléans'' di [[Voltaire]].
==== All'Università di Pavia ====
[[File:Vincenzo Monti targa.jpg|miniatura|destra|Lapide al'interno dell'ateneo]]
[[File:Palazzo centrale dell'Università di Pavia (Corso Strada Nuova).jpg|thumb|left|upright=0.8|L'[[Università di Pavia]] dove Monti insegnò tra il 1802 e il 1804]]
Nel [[1802]] Monti si insedia all'Università degli Studi di Pavia con la prolusione del 24 marzo, e vi tiene lezioni tra il 1802 e il novembre 1804, ricevendo in seguito la nomina di poeta del governo italico. In questo periodo delle lezioni pavesi Monti si discosta nettamente dai giovanili ardori per i moderni di marca illuminista. Nelle sue lezioni la capacità di "invenzione", in pratica l'originalità, è accordata solo agli antichi. Il "progresso" concerne le sole scienze; nella poesia non si ha progresso, semmai "regresso" poiché i suoi elementi furono già interamente scoperti dagli antichi.
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[[File:Madamedestael.jpg|thumb|upright=0.7|Madame de Staël]]
Alla fine del [[1804]] il Nostro fece una nuova importante conoscenza. Il 30 dicembre giunse a Milano [[Madame de Staël]], accompagnata dai tre figli e dal loro precettore, [[Friedrich Schlegel]]. Mandato un invito a Monti, si conobbero il giorno dopo
Dopo che [[Napoleone]] s'incoronò [[Regno d'Italia (1805-1814)|Re d'Italia]] nel 1805 Monti divenne ''Istoriografo del Regno'' e poeta ufficiale di corte, percependo 6000 zecchini annui. Fu anche insignito della [[Legion d'Onore]].<ref>Veneri, p.85</ref> Compose molte opere inneggianti a Bonaparte, alle sue vittorie e alla sua politica. L'incoronazione fu il motivo de ''Il beneficio'' (1805), commissionato dal governo e sorta di investitura a poeta cortigiano, in cui richiama dall'oltretomba lo spirito di alcuni grandi italiani (tra questi Dante) che individuano nel nuovo re l'unica salvezza. Bodoni ne curò quattro edizioni a spese del governo, fra cui una ''in folio''.
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Il poema rimane un abbozzo, e sembra quasi un'accozzaglia di cose che gravitano attorno ad un intreccio amoroso che poco aveva a che spartire con l'intenzione dell'opera.<ref name="Zumbini">Zumbini, p.145</ref> Tuttavia, come sempre, si possono cogliere pregi in singoli passaggi, e la variazione di metro dimostra una volta di più come Monti fosse "davvero il Signore d'ogni metro e d'ogni forma".<ref name="Zumbini"/> Del resto, l'opera piacque a Napoleone, che solo si dolse di non comprendere appieno la lingua italiana per gustarne le meraviglie poetiche.<ref>Bertoldi, p.382,</ref>
Nel 1782 fu iniziato in [[Massoneria
Quando Napoleone vendicò in [[Prussia]] le sconfitte contro [[Federico II di Prussia|Federico II]], il poeta diede alla luce il breve componimento ''La spada di Federico II'', dove, nel rispetto del vinto sovrano ma sempre nell'adulazione esagerata di Napoleone, il Còrso impugna la spada del nemico e la porta in patria per consegnarla al [[Hôtel des Invalides|Palazzo degli Invalidi]].
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I migliori risultati poetici del Monti sono in realtà costituiti dalle traduzioni, laddove non è frenato dall'esigenza di celebrare o adulare smodatamente, sicché può liberamente mettere in mostra il suo talento dialettico e formale, la sua eleganza compositiva: tra il 1798 e 1799, in una fase di profondo distacco dal suo passato papalino, cura la traduzione in ottave dell'irriverente poema satirico di [[Voltaire]] ''[[La Pulzella d'Orléans (poema)|La Pucelle d'Orléans]]'', sulle vicende di [[Giovanna d'Arco]], in chiave sorprendentemente comica e piena di ritmo (il lavoro sarà poi pubblicato postumo nel 1878).
Un'altra prova di virtuosismo è costituita dalla versione delle ''Satire'' di [[Persio]] (1803), ma è la traduzione dell{{'}}''[[Iliade]]'' in endecasillabi sciolti, terminata e pubblicata nel 1810, il suo vero capolavoro. [[File:Aulus Persius Flaccus.jpeg|thumb|left|upright=0.7|Tradusse anche le ''Satire'' di [[Persio]], qui ritratto]]
Sin dai primi anni il testo fu per Monti un'ossessione, e già molto tempo addietro, tra il [[1788]] e il [[1790]], aveva fatto una traduzione di alcuni canti.<ref>Leone Vicchi, ''Vincenzo Monti. Le lettere e la politica in Italia dal 1750 al 1830. (Decennio 1781-1790)'', Faenza, P. Conti, 1883, p. 506.</ref> Originariamente, aveva adottato l'ottava, che utilizzò per recitare i canti I e VIII in Arcadia,<ref>Muscetta, cit., p.XXVIII</ref> ma nel [[1806]] optò definitivamente per l'endecasillabo sciolto,<ref>Veneri, p.101</ref> in cui, come detto, fu eseguita la traduzione completa.
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Si è molto discusso su quali siano stati i modelli, ma pare che a predominare sia stata la versione latina di [[Raimondo Cunich]], e che una loro importanza abbiano rivestito quelle di [[Anton Maria Salvini]] e [[Melchiorre Cesarotti]].<ref>Veneri p.102; per Cunich cfr. Lettera di V.M. a U.Foscolo del 15 aprile 1807. Nello stesso anno M. inviava a Foscolo la traduzione del Canto I, che quest'ultimo unì alla propria nel celebre ''Esperimento di traduzione dell'Iliade'' (1807)</ref>
Il Monti diede alla luce, vivente, altre tre edizioni, nel
Negli ultimi anni tradusse anche, per necessità economiche, frammenti dal ''Filottete'' [[sofocle]]o, [[esametri]] latini dell'amico [[Dionigi Strocchi]] e parti della ''Tunisiade'' del prelato [[ungheria|ungherese]] [[Giovanni Ladislao Pyrker]].<ref>Per l'opera di Pyrker si valse della collaborazione di [[Andrea Maffei (poeta)|Andrea Maffei]], suo estimatore e imitatore nei versi che scrisse.</ref>
==== Gli ultimi anni ====
Il 23 gennaio
[[File:Pörträt Kaiser Franz I von Österreich.jpg|thumb|190px|''Ritratto dell'imperatore Francesco I d'Asburgo-Lorena con le vesti dell'[[Ordine del Toson d'oro]]'' di [[Joseph Kreutzinger]] ([[Museo di Salisburgo]]). Monti divenne sostenitore degli austriaci dopo la fine dell'epoca napoleonica.]]
Dopo la sconfitta di Napoleone, Monti non si fece scrupoli nel dedicare pari lodi al nuovo sovrano, l'imperatore d'[[Impero
Il Monti di questi anni rivendica il merito di una "
[[File:00 Busto e teca con il cuore di Vincenzo Monti, con dedica. Biblioteca Ariostea, Ferrara.jpg|thumb|Busto e teca con il cuore di Vincenzo Monti conservati nella [[Biblioteca comunale Ariostea|Biblioteca Ariostea]], accanto al [[Tomba di Ludovico Ariosto|mausoleo di Ludovico Ariosto]], a Ferrara.]]▼
Nella lettera dice anche che due ostacoli lo disturbano: la parte scientifica, per la quale ha bisogno che "altri gli forniscano il materiale", e il suo riconoscersi come personaggio fondamentale per la letteratura di allora, e quindi la prospettiva di ritrovarsi a parlare di sé stesso nella prefazione (non volendosi dare meriti altrui ma nemmeno omettere ciò di cui si crede meritevole). Importante è la parola "Riforma", che veniva utilizzata in origine per il [[Neoclassicismo]]; ma Monti fa partire questa riforma dal 1793 (il Neoclassicismo nasce secondo [[Giosuè Carducci|Carducci]] con la [[Trattato di Aquisgrana (1748)|pace di Aquisgrana]] nel [[1748]] e per gli studiosi più recenti con le scoperte di [[Pompei]] e gli scritti di [[Winckelmann]]) e la fa concludere al più tardi nel 1812; la descrive come riforma esclusivamente letteraria e quindi in niente debitrice a Winckelmann, alle arti, all'[[archeologia]].▼
▲Nella lettera dice anche che due ostacoli lo disturbano: la parte scientifica, per la quale ha bisogno che "altri gli forniscano il materiale", e il suo riconoscersi come personaggio fondamentale per la letteratura di allora, e quindi la prospettiva di ritrovarsi a parlare di sé stesso nella prefazione (non volendosi dare meriti altrui ma nemmeno omettere ciò di cui si crede meritevole). Importante è la parola "Riforma", che veniva utilizzata in origine per il [[Neoclassicismo]]; ma Monti fa partire questa riforma dal 1793 (il Neoclassicismo nasce secondo [[Giosuè Carducci|Carducci]] con la [[Trattato di Aquisgrana (1748)|pace di Aquisgrana]] nel [[1748]] e per gli studiosi più recenti con le scoperte di [[Scavi di Pompei|Pompei]] e gli scritti di [[Winckelmann]]) e la fa concludere al più tardi nel 1812; la descrive come riforma esclusivamente letteraria e quindi in niente debitrice a Winckelmann, alle arti, all'[[archeologia]].
▲[[File:00 Busto e teca con il cuore di Vincenzo Monti, con dedica. Biblioteca Ariostea, Ferrara.jpg|thumb|left|200px|Busto e teca con il cuore di Vincenzo Monti conservati nella [[Biblioteca comunale Ariostea|Biblioteca Ariostea]], accanto al [[Tomba di Ludovico Ariosto|mausoleo di Ludovico Ariosto]], a Ferrara.]]
"Riforma" è una [[parole d'autore|parola d'autore]]. Questo convalida le tesi di Carducci, sul fatto che quello che noi chiamiamo Neoclassicismo si occupasse non della vecchia letteratura (De Sanctis) ma della nuova letteratura. Monti vede il futuro nel passato: per lui il poeta più attuale è Dante. Spezza così il primato petrarchesco di allora in favore di Dante che era considerato duro, aspro, talvolta sgradevole, affiancandovi [[Omero]], "il più grande dei poeti".
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Quattro anni più tardi compose un inno a lode di Francesco, ''Invito a Pallade''.
Nel [[1822]] morì il genero Giulio Perticari, che il poeta considerava come un figlio nonostante un precedente litigio, e a questo dolore si unì la diffamazione cui la figlia Costanza andò incontro, accusata di aver trascurato il marito o addirittura di averlo ucciso. Alcune voci pretesero addirittura l'esistenza di una complicità del padre nel presunto complotto. Addolorata, Costanza tornò a vivere con i genitori.
Nel [[1825]] la "tenera amica"<ref>Lettera di V.M. ad [[Antonio Papadopoli]] del 30 agosto 1825</ref> [[Antonietta Costa]], marchesa genovese, chiese a Monti un componimento in occasione delle nozze del figlio Bartolomeo con la marchesa Maria Francesca Durazzo. Da ciò nacque il ''Sermone sulla mitologia'', poemetto in sciolti, feroce invettiva contro le manifestazioni orride e macabre del [[romanticismo]] nordico, colpevole di aver scalzato gli dèi dalla poesia. In particolare depreca la traduzione della ''[[Lenore]]'' di [[Gottfried August Bürger]] fatta da [[Giovanni Berchet]] e il ritorno in auge dei temi [[
Come si può facilmente immaginare, l'opera non lasciò indifferenti
Può apparire quindi sorprendente che il vecchio Monti si dimostri ancora così chiuso al gusto romantico, dopo certe virate del passato e della stessa senilità, ma intelligentemente [[Cesare Cantù]] dimostrò come fossero qui colpite solo le manifestazioni macabre del Romanticismo (nonostante il montiano ''Aristodemo'' che ricordava direttamente [[Edward Young]]), antitetiche alla concezione "diurna e solare" della poesia montiana.▼
▲Può apparire quindi sorprendente che il vecchio Monti si dimostri ancora così chiuso al gusto romantico, dopo certe virate del passato e della stessa senilità, ma intelligentemente [[Cesare Cantù]] dimostrò come fossero qui colpite solo le manifestazioni macabre del Romanticismo, antitetiche alla concezione "diurna e solare" della poesia montiana.
Nello stesso anno vibrò di sincera gioia nel celebrare le nozze delle due ultime figlie di [[Gian Giacomo Trivulzio]], Elena e Vittoria, cui dedicò l'idillio ''Le nozze di [[Cadmo]] ed [[Armonia (divinità)|Ermione]]'', dove, alla presenza degli Dèi, esclusa [[Giunone]], si esaltano i protagonisti e con essi la scrittura, di cui [[Cadmo]], il mitico fondatore di [[Tebe (città greca antica)|Tebe]], si dice fosse stato l'inventore.
[[File:Filippo Agricola - Constance Monti Perticari.jpg|thumb|left|upright=0.7|Il ritratto di Costanza Monti Perticari dipinto da Filippo Agricola]]
Contemporaneamente, Monti scriveva anche canzoni più intime e familiari, come il dolcissimo sonetto ''Per un dipinto dell'Agricola'', dedicato alla figlia Costanza, che era stata ritratta dal [[Filippo Agricola|pittore]], o come la [[Canzone leopardiana|canzone libera]] ''Pel giorno onomastico della mia donna Teresa Pikler'', composta tra il settembre e l'ottobre del 1826. Qui, la moglie e la figlia vengono definite solo conforto alla vecchiaia del poeta, e solo motivo di dispiacere per il prossimo abbandono di un mondo che riserva solo sofferenze. Era come se "la vecchiezza, non che inaridisse la vena dell'affetto, anzi le fece più abbondante. Così, negli ultimi anni del suo vivere, egli era l'aquila che, stanca di tanti arditissimi voli, stanca di alzar le penne fino al sole o di mescersi coi nembi e le procelle, ritornava al nido per riposarvisi, chiudendo le grandi ali sul capo dei suoi cari". Nell'opera Monti ripercorre anche la propria vicenda letteraria e umana.<ref>Zumbini, p.250</ref>
Si schierò quindi in difesa dell'uso in letteratura della mitologia e della tradizione classica, ma al tempo stesso mantenne buoni rapporti con gli esponenti delle nuove tendenze romantiche e nel [[1827]] espresse giudizi entusiastici sulla lettura dei ''[[Promessi Sposi]]''. Si inserì nella disputa sulla questione della lingua, ponendosi su posizioni fortemente avverse al padre [[Antonio Cesari]] e ai [[Purismo (letteratura)|puristi]], sminuendo il [[XIV secolo|Trecento]] per passare in rassegna tutti gli uomini di cultura del [[XVIII secolo|Settecento]].<ref>Muscetta, p.XLV-I</ref> In questa linea si situano i sette volumi
Negli ultimi anni di vita, a partire dal 1816 e fino alla morte, ritornò sul poema in tre canti in endecasillabi sciolti ''La Feroniade'', iniziato già nel periodo romano per esaltare i progetti di bonifica delle paludi pontine, e ora ripreso con ossessiva cura formale, ma comunque non concluso e stampato postumo nel [[1832]]. ''La Feroniade'' è anche un modo di affermare una sua estraneità alla storia e al presente, proprio da parte di uno scrittore che aveva costruito la sua carriera sulla partecipazione della letteratura alle trasformazioni politiche.
[[File:8310 Milano - Via Verdi - Casa di Vincenzo Monti - Foto G. Dall'Orto - 14-Apr-2007.jpg|thumb
Monti perse gradualmente l'uso della vista e dell'udito, e nell'aprile del 1826 subì un attacco di [[ictus]] con [[emiplegia]] che paralizzò la parte sinistra della sua persona. L'attacco si ripeté nel maggio 1827, e l'agonia dell'ultimo anno fu alleviata, oltre che dai cari, anche dalle visite di [[Alessandro Manzoni]].<ref>Veneri, pp.116-120</ref>
Chiesti i sacramenti, morì in pace. Così Paride Zajotti ci narra il suo ultimo momento di vita, il 13 ottobre 1828, a Milano:
{{Citazione|La mattina del 13 a sette ore e qualche minuto il Monti mandò senz'affanno un facile sospiro, e chinò lievemente la testa; tutti stavano immoti e tacevano: un grido della figlia ruppe quel tetro silenzio. Vincenzo Monti era passato.}}
[[File:Tragedie di Vincenzo Monti.tif|miniatura|''Tragedie di Vincenzo Monti'', 1816. Da [[Biblioteca europea di informazione e cultura|BEIC]], biblitoeca digitale]]▼
La [[Casa Monti|casa natale]] di [[Alfonsine]], in [[Romagna]], è divenuta un [[casa museo|museo]].<ref>{{Cita web|url=http://www.casemuseoromagna.it/index.php?id=7|titolo=La Casa Museo di Vincenzo Monti|editore=Coordinamento Case Museo dei Poeti e degli Scrittori di Romagna|accesso=2024-08-01|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230621105458/http://www.casemuseoromagna.it/index.php?id=7|urlmorto=no}}</ref>
▲[[File:Tragedie di Vincenzo Monti.tif|miniatura|''Tragedie di Vincenzo Monti'', 1816. Da [[Biblioteca europea di informazione e cultura|BEIC]],
È stato intitolato a suo nome il noto [[Liceo Ginnasio Statale Vincenzo Monti|Liceo classico]] di [[Cesena]].
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In seguito, all'interno di una critica spesso discorde, si sono levate, a lode convinta del poeta, le voci di [[Niccolò Tommaseo|Tommaseo]] (che definì "immortali" i ''Pensieri d'amore''<ref>Niccolò Tommaseo, ''Dizionario Estetico'', Firenze, Le Monnier, p.692; «I brevi sciolti, amorosi, di dodici o venti versi, che nel fervore della passione sfuggirono al Monti, resteranno, io credo, immortali»</ref>
) e di [[Giosuè Carducci]], che apprezzò in particolar modo i temi classicheggianti e il linguaggio arcadico. Carducci curò, tra il 1858 e il 1885, varie edizioni delle poesie montiane, e sul suo esempio lo studioso reggiano [[Alfonso Bertoldi]], allievo di Carducci all'[[Università di Bologna|Ateneo bolognese]], diede alla luce, anche in collaborazione con [[Giuseppe Mazzatinti]], due edizioni delle poesie e una, monumentale e completa, dell{{'}}''Epistolario'', comprendente lettere scritte tra il 1771 e il 1828.<ref>Alfonso Bertoldi e Giuseppe Mazzatinti (a cura di), ''Lettere inedite e sparse di Vincenzo Monti'', Vol I: 1771-1807, L. Roux e c., Torino - Roma 1893; Vol. II: 1808-1828, Roux Frassati e c., Torino 1896; Alfonso Bertoldi (a cura di), ''Epistolario di Vincenzo Monti'', Firenze, Sansoni, sei volumi tra 1928 e 1931</ref> Bertoldi fu il primo a restituirci nella loro interezza i carteggi del poeta. Inoltre, con la cura propria della critica [[positivista]], diede notizie molto precise sulle varie opere, anteponendo a ciascuna un cappello introduttivo in cui, oltre all'occasione che aveva generato il componimento specifico, forniva un breve quadro della situazione storica.<ref>Vedere la presentazione di Bruno Maier in Vincenzo Monti, ''Poesie'' (a cura di A.Bertoldi), Firenze, Sansoni, 1957</ref> Il lavoro bertoldiano è stato il modello degli studi del secolo successivo.<ref>[[Bruno Maier]], in op.cit.</ref> Si è vista una particolare fioritura delle opere critiche negli anni a cavallo del 1930, per celebrare il centenario della morte di Monti.
[[File:Abbondio Sangiorgio (1798-1879) Busto di Vincenzo Monti (1833) di trequarti.jpg|thumb|[[Abbondio Sangiorgio]], Busto di Vincenzo Monti (1833)]]
==Opere principali==
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== Collegamenti esterni ==
* Edizione Nazionale delle Opere di Vincenzo Monti - https://www.vincenzomonti.org/<nowiki/>{{Collegamenti esterni}}
* {{Treccani|vincenzo-monti_(Enciclopedia-Dantesca)|MONTI, Vincenzo|autore=Febo Allevi}}
* {{Treccani|vincenzo-monti_(Enciclopedia-dell'Italiano)|MONTI, Vincenzo|autore=Maria Maddalena Lombardi}}
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{{Portale|biografie|letteratura|teatro}}
[[Categoria:Vincenzo Monti| ]]
[[Categoria:Accademici dell'Arcadia]]
[[Categoria:Accademici italiani del XIX secolo]]▼
[[Categoria:Drammaturghi italiani del XVIII secolo]]
[[Categoria:Drammaturghi italiani del XIX secolo]]
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[[Categoria:Sepolti nel cimitero di San Gregorio]]
[[Categoria:Neoclassicismo]]
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