Convivenza (antica Roma): differenze tra le versioni

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{{QuoteCitazione|A L. Bruttio Acuto, liberto del centurione Giusto della V legione, la compagna (''contubernalis'') Maura ha fatto erigere questo monumento con la figlia Nepelene|Pietra tombale, [[Colonia (Germania)|Colonia]], [[I secolo d.C.]], «CIL», XII, 12059}}
 
La '''convivenza tra un uomo e una donna nell'antica Roma''' era considerata una pratica normale, al di fuori di ogni [[giudizio morale]] negativo o di riprovazione sociale per una scelta di vita in comune ritenuta non diversa dal [[matrimonio romano|matrimonio]], se non per gli aspetti giuridici.
 
I romani usavano due termini per indicare la convivenza:
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==La convivenza dei liberti==
Oltre che per scelta personale, la forma della convivenza era dettata anche da una serie di circostanze ostative del matrimonio legale: ad esempio, nei primi secoli dell'[[Impero romano|Impero]] i [[legionario romano|legionari]] in servizio attivo non potevano sposarsi dovendo dedicarsi interamente alall'esercito<ref>DC, LX, 24, 3; ''Dig.'', XXIV, I, 60, 2</ref> mentre era loro consentito convivere con una ''concubina'' o ''focaria'' (da ''focus'', focolare) governante<ref>''Cod. Iust.'', V, 16, 2</ref>
 
Anche ai membri del [[senato romano|senato]] era proibito contrarre matrimoni con [[liberto|liberti]]<ref>''Dig.'', XXIII, 2, 44</ref> ma potevano adottare come altri la convivenza che però comportava la conseguenza che i figli nati dall'unione sarebbero stati considerati illegittimi e quindi in una condizione sociale disagiata.
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==La convivenza degli schiavi e dei liberti==
Gli schiavi non potevano sposarsi ed era spesso il loro stesso padrone che predisponeva per loro un'unione in ''contubernium'' poiché questi legami familiari generavano maggiore lealtà e laboriosità in chi aveva una famiglia da salvaguardare.
 
Questo valeva soprattutto per quegli schiavi che avessero funzioni di responsabilità ad esempio in un podere ai quali, gli scrittori di faccende agrarie, consigliavano ai padroni di assegnare una donna «che sia adatta a loro e possa dare anche una mano»<ref>Colum., I, 18, 5; Varro, ''R.R.'', I, 17</ref>
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I figli nati dalla convivenza tra schiavi entravano a far parte come ''vernae'' (schiavi nati in casa) della proprietà del padrone e, come membri della stessa ''familia'', potevano sperare di non essere divisi né venduti o lasciati in eredità separatamente, anche se non vi erano leggi precise che stabilissero questo come un loro diritto.<ref>''Dig.'', XXXII, 1, 42, 2</ref>
 
Il ''contubernium'' nato in schiavitù poteva continuare anche nella condizione di liberti, e se i conviventi fossero divenuti entrambi liberi, si poteva trasformare in un matrimonio legale. Cosa che accadeva di frequente nel caso di un liberto che s'impegnasse a rendere libera la sua ''conturbenalis'', come aveva fatto un ospite alla [[Cena Trimalchionis|cena di Trimalchione]], che ostentava ilrivendica fattoorgogliosamente di aver acquistato la libertà prima per sé e poi {{QuoteCitazione|per la mia compagna, affinché nessuno si asciughi più le mani con i capelli di lei|Petr., 57, 6}}
 
==La convivenza obbligata==
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*K. W. Weeber, ''Vita quotidiana nell'antica Roma'', Newton Comptom Editori, 2003
*R. Friedl, ''Der Konkubinat im kaiserzeitl. Rom'', Stuttgart 1996
*S. Treggiari, ''Concubinae'', in «PBSR» 49, 1981, p.&nbsp;59 sgg; Id, ''Conturbenales'', in «CIL. VI, Phoenix» 35, 1981, pp.&nbsp;42 sgg.
*B. Rawson, ''Roman concubinage and other de facto marriages'' in «TAPhA» 104, 1974, pp 279 sgg.
*Pomeroy, ''Frauenleben'', pp.&nbsp;298 sgg.
*G. R. Watson, ''The Roman soldier'', London 1969, pp.&nbsp;133 sgg.
*J. Plassard, ''Le concubinat romain sous le Haut Empire'', Toulouse, 1921
*P. M. Meyer, ''Der Rominische Konkubinat'', Leipzig 1895
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*[[Matrimonio romano (diritto)]]
*[[Divorzio romano]]
*[[Familia]]
 
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== Collegamenti esterni ==
*[{{cita web|http://www.italiadonna.it/public/010522.htm |Usi e costumi nella Roma antica]}}
*[{{cita web|http://www.archeoempoli.it/anticaroma.htm |Aspetti della quotidianità romana]}}
 
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