Germano Nicolini: differenze tra le versioni
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Fatto prigioniero l'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|8 settembre 1943]] dai tedeschi nei pressi di [[Tivoli]], dove l'unità carrista era stata distaccata nella difesa di [[Roma]], riuscì a darsi alla fuga<ref name=ilgiornale/> e a rientrare in Emilia, dove confluì nella [[Resistenza italiana]] diventando comandante del terzo battaglione della [[77ª Brigata SAP "Fratelli Manfredi"]]<ref name=anpi/><ref name=gazzettareggio/>, composto da 900 uomini<ref name=vanityfair/>. Durante questo periodo acquisì i soprannomi di ''Demos'', poi ''Giorgio'' e infine ''Diavolo'',<ref name=anpi/> datogli per una fuga rocambolesca dai tedeschi<ref name=referendum/><ref name=ilgiornale/><ref name=repubblica91>{{Cita news|autore=Pietro Visconti|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/09/11/ho-ucciso-io-don-pessina.html|titolo = "Ho ucciso io don Pessina" |pubblicazione = [[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]] |data = 11 settembre 1991|accesso = 24 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref>; egli stesso ha in seguito raccontato: «Ero in bicicletta, disarmato, in una zona che credevo sicura. I tedeschi sbucarono da un argine. Mi buttai giù e corsi zigzagando tra gli alberi, mentre quelli sparavano all'impazzata. Da una finestra due sorelle, nostre staffette, esclamarono: "''L'è propria al dievel''"<ref>Traducibile dal [[dialetto reggiano]] come: "È proprio il diavolo".</ref>».
Durante la guerra partecipò a tredici scontri a fuoco e a due
Fu anche responsabile partigiano del carcere di Correggio e in tale ruolo, il 27 aprile 1945, respinse il primo di due assalti alla prigione da parte dei partigiani, i quali, senza un mandato del [[Comitato di liberazione nazionale]], volevano prelevare sette [[Repubblica Sociale Italiana|repubblichini]]; per questo un capo militare della Resistenza lo minacciò giurandogli: «Un giorno ci sarà una pallottola anche per te!».<ref name="vanityfair" /><ref>L'episodio è descritto da [[Giampaolo Pansa]] nel suo saggio ''[[Il sangue dei vinti]]'' (2003).</ref>
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Segretario dell'[[Associazione Nazionale Partigiani d'Italia]] (ANPI) di Correggio, si distinse nell'immediato dopoguerra come pioniere della riconciliazione nazionale aprendo una mensa del reduce cui potevano accedere partigiani ed ex-fascisti che non si erano macchiati di crimini. Alla domanda: «Rifarebbe oggi ciò che fece allora?», Nicolini rispose: «Certo che lo rifarei, perché non ho nulla di cui pentirmi o vergognarmi, avendo sempre fatto il partigiano nel più assoluto rispetto delle norme internazionali di guerra, come da [[Convenzione di Ginevra|trattato di Ginevra]]».<ref>Dall'intervista contenuta nel libro ''Volti di libertà. Partigiani che raccontano la Resistenza'' di Alessandro e Denis Fontanes.</ref>
Il suo contributo alla lotta resistenziale è sintetizzato nella scheda n.10591 del Comitato Provinciale ANPI di Reggio Emilia, stilata nell'immediato dopoguerra, nella quale
Alle [[Elezioni amministrative in Italia del 1946|elezioni amministrative del marzo 1946]] fu eletto nel Consiglio comunale di Correggio con la lista del [[Partito Comunista Italiano]]: a fine dicembre dello stesso anno, dopo le dimissioni del Sindaco Arrigo Guerrieri, divenne primo cittadino,<ref>''Nessuno vuole la verità'', Dea Cagna 1993</ref> ricevendo anche i voti di tre consiglieri dell'opposizione [[Democrazia Cristiana|democristiana]],<ref name=italiagialloenera/><ref name=anpi/><ref name=ilgiornale/> in una zona e in un periodo ancora turbati dalle vendette e dai delitti di stampo politico. Fondendo gli ideali comunisti con quelli cattolici,<ref name=anpi/><ref name=gazzettareggio/><ref name=vanityfair/> si impegnò principalmente per la popolazione più bisognosa e per gli ex combattenti della guerra.<ref name=anpi/>
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Le interferenze esterne sui magistrati, la scomparsa di verbali, le firme sui verbali estorte con la violenza fisica e psicologica,<ref name=repubblica94voto>{{Cita news|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/06/09/delitto-di-don-pessina-giustizia-45-anni.html |titolo = "Faremo di tutto per assicurare il diritto di voto a Nicolini" |pubblicazione = la Repubblica |data = 10 giugno 1994|accesso = 9 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref> le palesi contraddizioni, falsità, amnesie e reticenze di alcuni testimoni dell'accusa,<ref name=repubblica94voto/> la costante intimidazione dei testi della difesa, l'omissione e la falsità in atti d'ufficio da parte degli inquirenti, l'insabbiamento di prove fondamentali a favore dell'accusato (tra cui una fondamentale perizia dattiloscopica che venne poi eseguita dopo quasi mezzo secolo su Antenore Valla nel processo a carico di William Gaiti) dimostrano come la sentenza sarebbe stata fortemente influenzata.<ref name=ilgiornale/><ref name=vanityfair/><ref name=agi93>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/97f184a9d4cf5a9dec6e8f67749371ff_19931118_omicidio-don-pessina-interrogatori-e-perizie|titolo = Omicidio don Pessina: interrogatori e perizie|pubblicazione = AGI|data = 18 novembre 1993|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.is/20161027160416/http://archivio.agi.it/articolo/97f184a9d4cf5a9dec6e8f67749371ff_19931118_omicidio-don-pessina-interrogatori-e-perizie/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> Le diverse anomalie che caratterizzarono il processo sono rintracciabili negli atti giudiziari, in gran parte pubblicati nel memoriale di Nicolini ''Nessuno vuole la verità''<ref name=agi94/>.
Valla, testimone chiave dell'accusa,<ref name=cossiga/> non poteva essere attendibile, trovandosi il giorno del delitto in [[Francia]], incarcerato a [[Grenoble]] per espatrio clandestino con il falso nome di Sandro Tontolini.<ref name=ilgiornale/><ref name=agi93/> La conferma veniva dalla perizia sulle impronte digitali contenute nel cartellino segnaletico della polizia francese e da una serie di documenti di associazioni e istituzioni francesi. La perizia dattiloscopica che confermava inequivocabilmente che Valla e Tontolini erano la stessa persona, effettuata da un esperto della Criminalpol e prodotta dalla difesa del Nicolini, non venne ritenuta attendibile dalla Corte e fu quindi respinta<ref name=ilgiornale/> anche a seguito dei riscontri del capitano Vesce, incaricato di un supplemento di indagini. Eppure a distanza di 46 anni la perizia venne nuovamente eseguita (essendo all'epoca Valla ancora vivente) durante il processo a William Gaiti, confermando quanto già era noto nel 1947 alla difesa dell'imputato e colpevolmente ignorato dalla Corte.<ref name=agi93/> Nel processo di revisione emerse un particolare clamoroso: l'allora Vescovo [[Beniamino Socche|Socche]] era stato informato da un sacerdote, Don Alfredo Zavaroni, che il Valla era effettivamente in possesso di una carta di identità intestata a Tontolini Sandro, che era stato ospitato dalla famiglia Giovannetti, che era espatriato in Francia perché ricercato e rientrato a Fosdondo a metà luglio. Questo clamoroso documento, reperito nell'Archivio della Curia vescovile di Reggio, era stato pubblicato da uno storico cattolico reggiano in un libro nel 1993
La [[Corte d'appello]] di Perugia nella sentenza di assoluzione scrive: «Pertanto la Corte ritiene, in conformità a quanto sostenuto dalla difesa del Nicolini, che una serie di fattori – indagini di polizia giudiziaria condotte con metodi non del tutto ortodossi; lacune e insufficienze istruttorie; una sorta di "ragion di Stato di partito" che ebbe ad ispirare il comportamento di alcuni uomini del PCI; una pressante quanto legittima domanda di giustizia da parte del clero locale, estrinsecatasi però in iniziative al limite dell'interferenza; interventi di autorità non istituzionali e comunque processualmente non competenti – abbia fatto sì che la legittima esigenza di individuare e punire gli autori del grave quanto gratuito fatto di sangue si risolvesse, oggettivamente, in una sorta di ricerca del colpevole a tutti i costi, dando luogo ad un grave errore giudiziario, al quale la Corte ha ritenuto ora di dovere porre riparo assolvendo ampiamente gli imputati e restituendoli alla loro dignità di innocenti».<ref name=ilgiornale/><ref>{{Cita pubblicazione|titolo = Germano Nicolini. La dignità di un uomo|autore = Salvatore Fangareggi|rivista = Ricerche storiche|numero = 74-75|editore = Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia|città = Reggio Emilia|anno = 1994|mese = dicembre|pp = 49-50|url = http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|accesso = 9 ottobre 2010|urlmorto = sì|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20150402103601/http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|dataarchivio = 2 aprile 2015}}</ref>
Se il vescovo
Durante il periodo del carcere (Reggio Emilia, Perugia, Ancona, S. Giminiano) è degno di nota un carteggio intercorso con Alcide Cervi, il padre dei sette [[fratelli Cervi]] fucilati dai fascisti, di cui alcune lettere sono conservate nell'archivio di Istoreco Reggio Emilia e una è stata pubblicata.<ref>{{Cita libro|autore=T. Rovatti|autore2=A. Santagata|cognome3=G. Vecchio|titolo=Fratelli Cervi. La storia e la memoria|anno=2024|editore=Viella editore|p=310-311}}</ref>
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=== Morte ===
Muore nella sua casa di Correggio il 24 ottobre 2020, all'età di 100 anni.<ref>{{Cita web|url=https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/emilia-romagna/resistenza-morto-germano-nicolini-era-il-comandante-diavolo_24625115-202002a.shtml|accesso=2020-10-25}}</ref> Nella sua ultima intervista il 25 aprile del 2020 aveva affermato in relazione alla pandemia COVID
== Vita privata ==
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Anche dopo la morte numerose opere hanno continuato ad alimentare la memoria dell'eroe partigiano con una narrazione storica a volte in parte romanzata, ma sempre ispirata a fatti realmente accaduti.
Nel libro ''Una bella resistenza'' di Daniele Aristarco al Comandante Diavolo viene dedicato un capitolo dal titolo omonimo.
Allo stesso modo i Modena City
== Onorificenze ==
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|nome_onorificenza = Medaglia d'argento al valore militare
|collegamento_onorificenza=Ricompense al valor militare
|motivazione=
|data=25 marzo 1997<ref name=medagliaargento/>}}
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