Germano Nicolini: differenze tra le versioni
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{{Bio
|Nome = Germano
|Cognome = Nicolini
|PostCognomeVirgola = conosciuto con il soprannome di '''comandante Diavolo'''<ref name=ondarock>{{Cita web |url = http://www.ondarock.it/pietremiliari_ita/csi_lineagotica.htm|titolo = Csi – Linea gotica |autore = Lorenzo Salzano |sito = ondarock.it |data = 12 aprile 2009|accesso = 25 ottobre 2016}}</ref> o semplicemente '''Diavolo'''<ref name=europeo>{{Cita pubblicazione |titolo = Due inutili colpi di pistola|autore = Tommaso Besozzi|rivista = [[L'Europeo]] |numero = 7 |anno = 1949}} Citato in {{Cita libro |titolo = Impuniti: Quando la giustizia è complice |autore = AA. VV. |url = https://books.google.it/books?id=OMD13n-D4kYC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|editore = L'Europeo|anno = 2011 |pp = [https://books.google.it/books?id=OMD13n-D4kYC&pg=PT6#v=onepage&q&f=false 6–10]|ISBN = 978-88-7632-140-5|accesso = 19 ottobre 2016|cid=impuniti}}</ref>, o anche '''''Diével''''' in [[dialetto reggiano]]<ref name=italiagialloenera>{{Cita libro |titolo = Italia giallo e nera |autore = Emanuele Boccianti |autore2= Sabrina Ramacci|altri = prefazione di Massimo Lugli |url = https://books.google.it/books?id=DPy7uHe50wIC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false |editore = Newton Compton |città = Roma|anno = 2013 |p = [https://books.google.it/books?id=DPy7uHe50wIC&pg=PT95#v=onepage&q&f=false 95]|ISBN = 978-88-541-5324-0|accesso = 16 ottobre 2016 }}</ref><ref>{{Cita web|url = http://www.anpibrescia.it/public/wp/2012/05/02/salo-6-maggio-2012-incontro-pubblico-con-il-partigiano-germano-nicolini-el-dievel/|titolo = Salò, 6 maggio 2012: incontro pubblico con il partigiano Germano Nicolini ("El Dievel")|sito = anpibrescia.it|data = 2 maggio 2012 |accesso = 9 ottobre 2010}}</ref>
|Sesso = M
|LuogoNascita = Fabbrico
|GiornoMeseNascita = 26 novembre
|AnnoNascita = 1919
|LuogoMorte = Correggio
|LuogoMorteLink = Correggio (Italia)
|GiornoMeseMorte = 24 ottobre
|AnnoMorte = 2020
|NoteMorte = <ref>[https://www.corriere.it/cronache/20_ottobre_25/resistenza-morto-germano-nicolini-comandante-diavolo-aveva-100-anni-10ee8c78-1699-11eb-b530-8ca6e758b252.shtml Morto Germano Nicolini, il «comandante Diavolo» della Resistenza e simbolo della riconciliazione] "corriere.it", "25 ottobre 2020"</ref>
|Epoca = 1900
|Attività = partigiano
|Nazionalità = italiano
|Immagine = Germano Nicolini (Diavolo).jpg
|Didascalia = Germano Nicolini nel 2010 con la [[medaglia d'argento al valore militare]]
}}
Figura storica del [[comunismo|movimento comunista]] in [[Emilia]] e partigiano decorato con medaglia d'argento, fu tra i protagonisti della [[Resistenza italiana]]<ref name=referendum>{{Cita web |url = http://www.corriere.it/politica/16_maggio_23/si-referendum-partigiano-diavolo-costituzione-deve-velocizzarsi-ma-non-sono-renziano-f7f96406-2055-11e6-9888-7852d885e0fc.shtml|titolo = Il Sì al referendum del partigiano «Diavolo»: la Costituzione deve velocizzarsi. «Ma non sono renziano»|autore = Fabrizio Caccia |sito = [[Corriere della Sera]]|data = 22 maggio 2016|accesso = 9 ottobre 2010 |urlmorto = no}}</ref> e divenne sindaco di Correggio dopo la [[seconda guerra mondiale]]. Nel 1947 venne accusato ingiustamente dell'omicidio di don [[Umberto Pessina]] e fu condannato a 22 anni di carcere (di cui ne scontò 10 grazie a un indulto). Fu scagionato in modo definitivo solamente nel 1994.<ref name=anpi>{{Cita web
|url = http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2485/germano-nicolini|titolo = Germano Nicolini|sito = [[ANPI]]|data = 26 settembre 2010|accesso = 9 ottobre 2010|urlmorto = no}}</ref>
== Biografia ==
=== La formazione e la partecipazione alla guerra di Resistenza ===
Germano Nicolini nacque a Fabbrico, nella [[provincia di Reggio nell'Emilia]], il 26 novembre 1919,<ref name=medagliaargento>{{cita web|url=http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario;jsessionid=7A8OZhtZKJmZxZU2IBwTsw__.ntc-as4-guri2b?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1997-07-08&atto.codiceRedazionale=097A5343&elenco30giorni=false|titolo=Ricompensa al valore militare per attività partigiana|editore=[[Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana]]|data=8 luglio 1997|accesso=9 ottobre 2016}}</ref> da una numerosa famiglia contadina di formazione [[Cattolicesimo|cattolica]]. Iniziò, ma poi interruppe per malattia, gli studi classici presso il [[liceo statale Rinaldo Corso]] di Correggio<ref>{{Cita libro|autore=Germano Nicolini|autore2=Massimo Storchi|titolo=Noi sognavamo un mondo diverso: Le speranze del comandante Diavolo|annooriginale=2013|editore=Imprimatur|ISBN=978-8897949107}}</ref>, conseguendo in seguito un diploma in ragioneria e iscrivendosi quindi all'[[Università commerciale Luigi Bocconi]] di Milano. Durante la Seconda guerra mondiale divenne ufficiale del 3º Reggimento carri.<ref name=anpi/>
Fatto prigioniero l'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|8 settembre 1943]] dai tedeschi nei pressi di [[Tivoli]], dove l'unità carrista era stata distaccata nella difesa di [[Roma]], riuscì a darsi alla fuga<ref name=ilgiornale/> e a rientrare in Emilia, dove confluì nella [[Resistenza italiana]] diventando comandante del terzo battaglione della [[77ª Brigata SAP "Fratelli Manfredi"]]<ref name=anpi/><ref name=gazzettareggio/>, composto da 900 uomini<ref name=vanityfair/>. Durante questo periodo acquisì i soprannomi di ''Demos'', poi ''Giorgio'' e infine ''Diavolo'',<ref name=anpi/> datogli per una fuga rocambolesca dai tedeschi<ref name=referendum/><ref name=ilgiornale/><ref name=repubblica91>{{Cita news|autore=Pietro Visconti|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/09/11/ho-ucciso-io-don-pessina.html|titolo = "Ho ucciso io don Pessina" |pubblicazione = [[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]] |data = 11 settembre 1991|accesso = 24 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref>; egli stesso ha in seguito raccontato: «Ero in bicicletta, disarmato, in una zona che credevo sicura. I tedeschi sbucarono da un argine. Mi buttai giù e corsi zigzagando tra gli alberi, mentre quelli sparavano all'impazzata. Da una finestra due sorelle, nostre staffette, esclamarono: "''L'è propria al dievel''"<ref>Traducibile dal [[dialetto reggiano]] come: "È proprio il diavolo".</ref>».
Durante la guerra partecipò a tredici scontri a fuoco e a due combattimenti in campo aperto, la [[Battaglia di Fabbrico]] e quella di Fosdondo (frazione di Correggio, dove invece perì, fra gli altri, [[Luciano Tondelli]]), contro i nazifascisti, riportando due ferite.<ref name=anpi/> Dopo la liberazione venne nominato comandante della piazza di Correggio, quindi ufficiale addetto ai rapporti tra il governatorato e le amministrazioni comunali della bassa reggiana dal governatore americano Adam Jannette.<ref name=ilgiornale/> Si distinse anche per l'equilibrio e la difesa di prigionieri fascisti appartenenti alla [[Repubblica Sociale Italiana]], evitando in più occasioni – come testimoniarono al processo di [[Perugia]] del [[1947]] alcuni di essi – tentativi di giustizia sommaria.<ref name=vanityfair>{{Cita web |url = http://www.vanityfair.it/news/italia/13/04/25/25-aprile-partigiano-diavolo-germano-nicolini-storia-intervista|titolo = Il partigiano Diavolo, che sognava un mondo diverso |autore = Domenico Coviello |sito = [[Vanity Fair (rivista italiana)|Vanity Fair]]|data = 25 aprile 2013 |accesso = 9 ottobre 2010 |urlmorto = no}}</ref>
Fu anche responsabile partigiano del carcere di Correggio e in tale ruolo, il 27 aprile 1945, respinse il primo di due assalti alla prigione da parte dei partigiani, i quali, senza un mandato del [[Comitato di liberazione nazionale]], volevano prelevare sette [[Repubblica Sociale Italiana|repubblichini]]; per questo un capo militare della Resistenza lo minacciò giurandogli: «Un giorno ci sarà una pallottola anche per te!».<ref name="vanityfair" /><ref>L'episodio è descritto da [[Giampaolo Pansa]] nel suo saggio ''[[Il sangue dei vinti]]'' (2003).</ref>
Segretario dell'[[Associazione Nazionale Partigiani d'Italia]] (ANPI) di Correggio, si distinse nell'immediato dopoguerra come pioniere della riconciliazione nazionale aprendo una mensa del reduce cui potevano accedere partigiani ed ex-fascisti che non si erano macchiati di crimini. Alla domanda: «Rifarebbe oggi ciò che fece allora?», Nicolini rispose: «Certo che lo rifarei, perché non ho nulla di cui pentirmi o vergognarmi, avendo sempre fatto il partigiano nel più assoluto rispetto delle norme internazionali di guerra, come da [[Convenzione di Ginevra|trattato di Ginevra]]».<ref>Dall'intervista contenuta nel libro ''Volti di libertà. Partigiani che raccontano la Resistenza'' di Alessandro e Denis Fontanes.</ref>
Il suo contributo alla lotta resistenziale è sintetizzato nella scheda n.10591 del Comitato Provinciale ANPI di Reggio Emilia, stilata nell'immediato dopoguerra, nella quale oltre ai riferimenti anagrafici, alla posizione militare, al periodo di attività partigiana, ai luoghi dove ha operato, alla appartenenza alla 77ª Brigata SAP, alla posizione di Commandante, alle azioni di combattimento viene riportata la specifica di "perseguitato dai nazi-fascisti". Significative sono le note sintetiche che esprimono il giudizio: « Partigiano. Elemento di punta. Dotato di un coraggio e di un'audacia da vero ardito. Trascinatore con l'esempio.Ottimo, ottimo, ottimo ».<ref>{{Cita libro|autore=Massimo Storchi|autore2=Fausto Nicolini|titolo=Cent'anni di rettitudine|anno=2023|editore=Gaspari Editore|pp=17-18}}</ref>
Alle [[Elezioni amministrative in Italia del 1946|elezioni amministrative del marzo 1946]] fu eletto nel Consiglio comunale di Correggio con la lista del [[Partito Comunista Italiano]]: a fine dicembre dello stesso anno, dopo le dimissioni del Sindaco Arrigo Guerrieri, divenne primo cittadino,<ref>''Nessuno vuole la verità'', Dea Cagna 1993</ref> ricevendo anche i voti di tre consiglieri dell'opposizione [[Democrazia Cristiana|democristiana]],<ref name=italiagialloenera/><ref name=anpi/><ref name=ilgiornale/> in una zona e in un periodo ancora turbati dalle vendette e dai delitti di stampo politico. Fondendo gli ideali comunisti con quelli cattolici,<ref name=anpi/><ref name=gazzettareggio/><ref name=vanityfair/> si impegnò principalmente per la popolazione più bisognosa e per gli ex combattenti della guerra.<ref name=anpi/>
=== L'assassinio di Umberto Pessina ===
[[File:Nicolini Germano "Diavolo".jpg|thumb|Germano Nicolini "Diavolo"]]
Il 18 giugno 1946 nei pressi della parrocchia di San Martino Piccolo, una frazione di Correggio, venne ucciso sulla porta della canonica con due colpi di pistola don Umberto Pessina.<ref name=italiagialloenera/><ref name=ilgiornale>{{Cita web |url = http://www.ilgiornale.it/news/storia-comandante-diavolo-47-anni-innocente-all-inferno-844731.html|titolo = Storia del Comandante Diavolo: 47 anni da innocente all'inferno |autore = Stefano Zurlo |sito = [[il Giornale]]|data =8 ottobre 2012|accesso = 9 ottobre 2010 |urlmorto = no}}</ref><ref name=impuniti4>{{Cita libro |titolo = Impuniti: Quando la giustizia è complice |autore = AA. VV. |url = https://books.google.it/books?id=OMD13n-D4kYC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|editore = L'Europeo|anno = 2011 |p = [https://books.google.it/books?id=OMD13n-D4kYC&pg=PT4#v=onepage&q&f=false 4]|ISBN = 978-88-7632-140-5|accesso = 19 ottobre 2016|cid=impuniti}}</ref><ref name=repubblica94>{{Cita news|autore = Alvaro Fiorucci|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/06/09/delitto-di-don-pessina-giustizia-45-anni.html |titolo = Delitto di don Pessina, giustizia 45 anni dopo |pubblicazione = la Repubblica |data = 9 giugno 1994|accesso = 9 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref> Dopo due arresti errati di persone che avevano avuto dei dissapori col prete,<ref name=europeo/> del delitto, che si unisce alle altre esecuzioni sommarie eseguite dopo la [[Guerra di liberazione italiana|liberazione]],<ref name=impuniti4/> vennero accusati Germano Nicolini, Ello Ferretti e Antonio Prodi (detto ''Negus'')<ref name=europeo/>, tre partigiani,<ref name=repubblica94/> i quali vennero arrestati nel 1947.<ref name=ilgiornale/> Nicolini venne arrestato il 14 marzo 1947, tre giorni prima della nascita della primogenita Riccarda. I sospetti si concentrarono su Nicolini in seguito alla rivelazione di una donna, Ida Lazzaretti,<ref name=agi92>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/7ef15f5bb00cef847b738eb385d0e4db_19920320_forse-ha-mentito-la-teste-chiave-dell-omicidio-don-pessina|titolo = Forse ha mentito la teste chiave dell'omicidio don Pessina|pubblicazione = [[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data = 20 marzo 1992|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.is/20161027160423/http://archivio.agi.it/articolo/7ef15f5bb00cef847b738eb385d0e4db_19920320_forse-ha-mentito-la-teste-chiave-dell-omicidio-don-pessina/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> che testimoniò di averlo sentito pronunciare la sera precedente il delitto le seguenti parole: «Quel prete bisogna subito toglierlo dal mondo».<ref name=europeo/> Nel 1992, quando venne riaperto il caso, la nipote di Lazzaretti affermò che la donna aveva confessato a suo figlio di avere mentito al processo, spinta a fare ciò dal cappellano dell'ospedale di Correggio,<ref>ANSA, 20 marzo 1992</ref> don Enzo Neviani, mediante una ricompensa economica.<ref name=agi92/><ref name=falsoteste>{{Cita news|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/03/21/spunta-un-falso-teste-nel-delitto-don.html|titolo = Spunta un falso teste nel delitto don Pessina |pubblicazione = la Repubblica |data = 21 marzo 1992|accesso = 25 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref>
Ma i veri responsabili erano Cesarino Catellani, Ero Righi e William Gaiti, anch'essi partigiani;<ref name=vanityfair/><ref name=repubblica94/> i primi due, nel gennaio 1948,<ref name=europeo/> un anno e mezzo dopo il delitto, dopo essere fuggiti in Jugoslavia<ref name=repubblica91/> confessarono addirittura spontaneamente il crimine, che commisero per errore,<ref name=europeo/> ma non furono creduti e vennero condannati per autocalunnia.<ref name=italiagialloenera/><ref name=ilgiornale/><ref name=repubblica94/> Le confessioni di Catellani e Righi vennero interpretate come un tentativo di salvare il sindaco di Correggio dall'accusa infamante di omicidio per ragioni di partito fissate da Ottavio Morgotti, segretario comunista di Correggio.<ref name=europeo/><ref name=repubblica91/> Il testimone chiave dell'accusa,<ref name=cossiga/> Antenore Valla, affermò più volte durante il processo che le proprie dichiarazioni gli erano state estorte e di esser stato torturato<ref name=italiagialloenera/> – mediante un cerchio metallico stretto attorno alla testa – dai [[carabinieri]]<ref name=impuniti4/> del [[Capitano (grado militare)|capitano]] Pasquale Vesce che, per la solerzia dimostrata nel risolvere il caso, ottenne dal Papa la commenda pontificia dell'[[Ordine di San Silvestro Papa]] e fu promosso generale.<ref name=ilgiornale/><ref name=gazzettareggio>{{Cita news|url = http://quotidianiespresso.repubblica.it/gazzettareggio/speciali/speciale20anni/1990/h5901.htm|titolo = Il "Diavolo" non dimentica|pubblicazione = [[Gazzetta di Reggio]] |accesso = 9 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref><ref>{{Cita news|autore=Vito D'Angelo|url=http://archiviostorico.corriere.it/1993/dicembre/08/Don_Pessina_giustizia_fatta_co_0_93120810234.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151024193600/http://archiviostorico.corriere.it/1993/dicembre/08/Don_Pessina_giustizia_fatta_co_0_93120810234.shtml|titolo=Don Pessina, giustizia è fatta|pubblicazione=Corriere della Sera|data=8 dicembre 1993|accesso=18 giugno 2014}}</ref> Valla era un ex partigiano e sperava di avere la libertà in cambio delle sue rivelazioni.<ref name=europeo/> Egli mentendo raccontò che lo stesso Prodi gli aveva confessato di avere ucciso don Pessina insieme a Ferretti, su ordine di Nicolini.<ref name=europeo/><ref name=agi93/>
Non venne dato il giusto valore alle testimonianze che asserivano che Nicolini giocava a bocce in un paese vicino.<ref name=ilgiornale/> Il 26 febbraio 1949 la Corte d'Assise di Perugia lo condannò come mandante<ref name=repubblica94/> di omicidio volontario premeditato a 22 anni di carcere<ref name=repubblica91/> e alla perdita di ogni diritto civile e militare<ref name=gazzettareggio/><ref name=ngv>{{Cita web |url = http://www.ngvision.org/mediabase/531|titolo = Il ritorno del diavolo|sito = ngvision.org|data = 14 dicembre 2005 |accesso = 9 ottobre 2010 |urlmorto = no}}</ref>; ne scontò effettivamente dieci – Ferretti e Prodi, condannati come esecutori, ne espiarono invece sette –<ref name=repubblica91/><ref name=repubblica94/><ref name=pansa/> grazie all'indulto per gli ex appartenenti alle formazioni partigiane, uscendo di prigione alla fine del 1956.<ref name=anpi/><ref name=ngv/> Inutilmente Nicolini cercò di dimostrare la sua innocenza.<ref name=anpi/> Nel 1990 il caso venne riaperto su invito dell'ex-deputato comunista [[Otello Montanari]],<ref name=italiagialloenera/> che incitò la popolazione, con un articolo ribattezzato ''[[Otello Montanari#Chi sa parli|Chi sa parli]]'', a rivelare informazioni riguardo ai delitti avvenuti nel [[Triangolo della morte (Emilia)|Triangolo della morte]] durante gli anni quaranta.<ref>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/57da4110b2318101bbc56a26d23c2428_19910910_reggio-emilia-ho-ucciso-don-pessina-confessa-gaiti|titolo = Reggio emilia: "ho ucciso don Pessina", confessa Gaiti|pubblicazione = [[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data = 10 settembre 1991|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.is/20161027160424/http://archivio.agi.it/articolo/57da4110b2318101bbc56a26d23c2428_19910910_reggio-emilia-ho-ucciso-don-pessina-confessa-gaiti/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> Il cosiddetto "terzo uomo" che era stato citato da diverse testimonianze all'epoca del delitto, William Gaiti, che a differenza di Righi e Catellani si era rifiutato di confessare e poi espatriare clandestinamente in [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]],<ref name=europeo/><ref name=repubblica91/> confessò il 10 settembre 1991 al procuratore di Reggio Emilia Elio Bevilacqua di aver preso parte all'omicidio insieme a Catellani e Righi<ref name=impuniti4/> e di avere sparato a don Pessina.<ref name="ilgiornale" /><ref name="repubblica94" /><ref name="agi94" /> I figli di Gaiti e Nicolini erano stretti amici e forse è stato proprio questo rapporto confidenziale a spingere il vero colpevole a confessare l'accaduto.<ref name="agifigli">{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/067d117dc630352222db04dfd48675f2_19910911_omicidio-don-pessina-parla-l-innocente-nicolini|titolo = Omicidio don Pessina: parla l'innocente Nicolini|pubblicazione = [[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data = 11 settembre 1991|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.is/20161027160420/http://archivio.agi.it/articolo/067d117dc630352222db04dfd48675f2_19910911_omicidio-don-pessina-parla-l-innocente-nicolini/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> Ferretti, Prodi e Nicolini furono definitivamente «assolti per non aver commesso il fatto» solamente l'8 giugno 1994<ref name="ilgiornale" /><ref name="agi94">{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/d78cb3cee98751c91d4c9c0c6247839c_19940608_processo-omicidio-don-pessina-assoluzione-ex-partigiani|titolo = Processo omicidio don Pessina: assoluzione ex partigiani|pubblicazione = AGI|data = 8 giugno 1994|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.is/20161027160442/http://archivio.agi.it/articolo/d78cb3cee98751c91d4c9c0c6247839c_19940608_processo-omicidio-don-pessina-assoluzione-ex-partigiani/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> (45 anni dopo il delitto)<ref name="gazzettareggio" /> quando, assistiti dagli avvocati [[Giuliano Pisapia]] e [[Dino Felisetti]], vennero scagionati nel processo di revisione dalla Corte d'appello di Perugia.<ref name="anpi" /><ref name="repubblica94" /><ref name="gazzettaGrasselli">{{Cita news|autore=Mauro Grasselli|url = http://quotidianiespresso.repubblica.it/gazzettareggio/speciali/speciale20anni/1994/h7501.htm|titolo = Tutti assolti, dopo 45 anni|pubblicazione =Gazzetta di Reggio|accesso = 25 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref> I veri responsabili dell'omicidio rimasero liberi e furono prosciolti il 7 dicembre 1993<ref name="gazzettaGrasselli" /> in applicazione dell'[[amnistia]] emanata dal [[Governo Pella]] nel [[1953]]<ref name="italiagialloenera" /> per tutti i reati politici (venne quindi esclusa la premeditazione dell'atto)<ref name="repubblica94" /><ref name="gazzettaGrasselli" /> commessi entro il 18 giugno [[1948]].<ref name="gazzettareggio" /> Furono stabiliti per Nicolini 2 miliardi e mezzo di [[Lira italiana|lire]] come risarcimento.<ref>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/42b94e3823e54bddbe448a3afd16578a_19960522_omicidio-don-pessina-per-ingiusto-carcere-risarcimento-1-5-mld|titolo = Omicidio don Pessina: per ingiusto carcere risarcimento 1.5 mld|pubblicazione = [[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data = 22 maggio 1996|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.is/20161027160442/http://archivio.agi.it/articolo/42b94e3823e54bddbe448a3afd16578a_19960522_omicidio-don-pessina-per-ingiusto-carcere-risarcimento-1-5-mld/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref>
=== Il processo ===
Il primo processo si svolse a Perugia nel 1947, spostato dalla sua sede naturale, Reggio Emilia, per ''legittima suspicione'' dopo pressioni del [[Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla|vescovo di Reggio]] su diversi ministri. Nicolini venne accusato di essere dapprima esecutore materiale del delitto, poi suo mandante.<ref name=anpi/> Prodi fece diverse confessioni, per poi ritrattare più volte quanto affermato.<ref name=europeo/> Tuttavia, il giudice ricavò numerosi dati da queste rivelazioni, tanto da identificare Nicolini come mandante dell'operazione, Ferretti come esecutore materiale e Prodi come suo complice.<ref name=europeo/>
Le interferenze esterne sui magistrati, la scomparsa di verbali, le firme sui verbali estorte con la violenza fisica e psicologica,<ref name=repubblica94voto>{{Cita news|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/06/09/delitto-di-don-pessina-giustizia-45-anni.html |titolo = "Faremo di tutto per assicurare il diritto di voto a Nicolini" |pubblicazione = la Repubblica |data = 10 giugno 1994|accesso = 9 ottobre 2016 |urlmorto = no }}</ref> le palesi contraddizioni, falsità, amnesie e reticenze di alcuni testimoni dell'accusa,<ref name=repubblica94voto/> la costante intimidazione dei testi della difesa, l'omissione e la falsità in atti d'ufficio da parte degli inquirenti, l'insabbiamento di prove fondamentali a favore dell'accusato (tra cui una fondamentale perizia dattiloscopica che venne poi eseguita dopo quasi mezzo secolo su Antenore Valla nel processo a carico di William Gaiti) dimostrano come la sentenza sarebbe stata fortemente influenzata.<ref name=ilgiornale/><ref name=vanityfair/><ref name=agi93>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/97f184a9d4cf5a9dec6e8f67749371ff_19931118_omicidio-don-pessina-interrogatori-e-perizie|titolo = Omicidio don Pessina: interrogatori e perizie|pubblicazione = AGI|data = 18 novembre 1993|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.is/20161027160416/http://archivio.agi.it/articolo/97f184a9d4cf5a9dec6e8f67749371ff_19931118_omicidio-don-pessina-interrogatori-e-perizie/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref> Le diverse anomalie che caratterizzarono il processo sono rintracciabili negli atti giudiziari, in gran parte pubblicati nel memoriale di Nicolini ''Nessuno vuole la verità''<ref name=agi94/>.
Valla, testimone chiave dell'accusa,<ref name=cossiga/> non poteva essere attendibile, trovandosi il giorno del delitto in [[Francia]], incarcerato a [[Grenoble]] per espatrio clandestino con il falso nome di Sandro Tontolini.<ref name=ilgiornale/><ref name=agi93/> La conferma veniva dalla perizia sulle impronte digitali contenute nel cartellino segnaletico della polizia francese e da una serie di documenti di associazioni e istituzioni francesi. La perizia dattiloscopica che confermava inequivocabilmente che Valla e Tontolini erano la stessa persona, effettuata da un esperto della Criminalpol e prodotta dalla difesa del Nicolini, non venne ritenuta attendibile dalla Corte e fu quindi respinta<ref name=ilgiornale/> anche a seguito dei riscontri del capitano Vesce, incaricato di un supplemento di indagini. Eppure a distanza di 46 anni la perizia venne nuovamente eseguita (essendo all'epoca Valla ancora vivente) durante il processo a William Gaiti, confermando quanto già era noto nel 1947 alla difesa dell'imputato e colpevolmente ignorato dalla Corte.<ref name=agi93/> Nel processo di revisione emerse un particolare clamoroso: l'allora Vescovo [[Beniamino Socche|Socche]] era stato informato da un sacerdote, Don Alfredo Zavaroni, che il Valla era effettivamente in possesso di una carta di identità intestata a Tontolini Sandro, che era stato ospitato dalla famiglia Giovannetti, che era espatriato in Francia perché ricercato e rientrato a Fosdondo a metà luglio. Questo clamoroso documento, reperito nell'Archivio della Curia vescovile di Reggio, era stato pubblicato da uno storico cattolico reggiano in un libro nel 1993<ref>{{Cita libro|titolo=Sandro Spreafico - I cattolici reggiani dallo stato totalitario alla democrazia: la resistenza come problema. Vol. 5 - Tomo - 1993}}</ref> e non sfuggì alla attenzione della stampa locale<ref>{{Cita news|autore=M. Scullin|titolo=Scrissero a Socche: quel Tontolini è Valla. Il clamoroso documento nell'epistolario inedito. La lettera che avrebbe potuto salvare Nicolini.|pubblicazione=Resto del Carlino - Reggio Emilia|data=17 dicembre 1993}}</ref>. Una rivelazione per certi versi clamorosa che verrà ripresa dettagliatamente nella sentenza di revisione della Corte di Appello di Perugia dell'8 giugno 1994.
La [[Corte d'appello]] di Perugia nella sentenza di assoluzione scrive: «Pertanto la Corte ritiene, in conformità a quanto sostenuto dalla difesa del Nicolini, che una serie di fattori – indagini di polizia giudiziaria condotte con metodi non del tutto ortodossi; lacune e insufficienze istruttorie; una sorta di "ragion di Stato di partito" che ebbe ad ispirare il comportamento di alcuni uomini del PCI; una pressante quanto legittima domanda di giustizia da parte del clero locale, estrinsecatasi però in iniziative al limite dell'interferenza; interventi di autorità non istituzionali e comunque processualmente non competenti – abbia fatto sì che la legittima esigenza di individuare e punire gli autori del grave quanto gratuito fatto di sangue si risolvesse, oggettivamente, in una sorta di ricerca del colpevole a tutti i costi, dando luogo ad un grave errore giudiziario, al quale la Corte ha ritenuto ora di dovere porre riparo assolvendo ampiamente gli imputati e restituendoli alla loro dignità di innocenti».<ref name=ilgiornale/><ref>{{Cita pubblicazione|titolo = Germano Nicolini. La dignità di un uomo|autore = Salvatore Fangareggi|rivista = Ricerche storiche|numero = 74-75|editore = Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia|città = Reggio Emilia|anno = 1994|mese = dicembre|pp = 49-50|url = http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|accesso = 9 ottobre 2010|urlmorto = sì|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20150402103601/http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs74-75OCRlow28620119445.pdf|dataarchivio = 2 aprile 2015}}</ref>
Se il vescovo Beniamino Socche influenzò pesantemente le indagini indirizzando il capitano Vesce verso l'obiettivo Nicolini<ref name=italiagialloenera/><ref name=agifigli/> e partecipando attivamente nelle diverse fasi giudiziarie, se gli inquirenti si applicarono con grande determinazione nel costruire i capi accusatori rivelatisi poi totalmente privi di fondamento, se la Corte di Perugia si dimostrò pregiudizialmente molto orientata alla condanna, un altro rilevante e fondamentale protagonista di questa ingiustizia fu sicuramente il Partito Comunista Italiano,<ref name=vanityfair/> che, come venne poi dimostrato, era ai suoi vertici provinciali e poi nazionali ben consapevole dell'innocenza di Nicolini ma lo sacrificò cinicamente in nome di una "ragione politica" aberrante, col fine di renderlo un capro espiatorio per i delitti del dopoguerra.<ref name=gazzettareggio/><ref name=pansa>{{Cita libro |titolo = Il sangue dei vinti |autore = Giampaolo Pansa |wkautore = Giampaolo Pansa |url = https://books.google.it/books?id=EV4hbNxa_-4C&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|editore = Pickwick |città = |p = [https://books.google.it/books?id=EV4hbNxa_-4C&pg=PT240#v=onepage&q&f=false 240]|accesso = 26 ottobre 2016 }}</ref><ref name=agifigli/> Lo stesso partito che gli propose di espatriare clandestinamente in [[Cecoslovacchia]] (cosa che Nicolini rifiuterà sdegnosamente accettando il carcere pur di conservare il diritto di chiedere la revisione del processo) lo isolerà e lo terrà ai margini alla sua uscita dal carcere e fino in ultimo, almeno in una parte dei suoi dirigenti, solleciterà per il "bene del partito" una sorta di omertà tra i tanti militanti che sapevano.<ref name=gazzettareggio/> La posizione venne evidenziata con chiarezza dalla difesa di Nicolini durante la revisione del processo nel 1994 anche attraverso atti e documenti; Nicolini definì tale atteggiamento come «lo [[stalinismo]] aberrante del PCI». Nicolini risultava scomodo al partito per la sua fede cattolica e avverso alla Chiesa perché comunista.<ref name=italiagialloenera/>
Durante il periodo del carcere (Reggio Emilia, Perugia, Ancona, S. Giminiano) è degno di nota un carteggio intercorso con Alcide Cervi, il padre dei sette [[fratelli Cervi]] fucilati dai fascisti, di cui alcune lettere sono conservate nell'archivio di Istoreco Reggio Emilia e una è stata pubblicata.<ref>{{Cita libro|autore=T. Rovatti|autore2=A. Santagata|cognome3=G. Vecchio|titolo=Fratelli Cervi. La storia e la memoria|anno=2024|editore=Viella editore|p=310-311}}</ref>
Nicolini è stato inoltre ascoltato dal procuratore Luigi De Ficchy in merito all'[[apparato paramilitare del PCI]], anche definito ''Gladio rossa'', di cui avrebbero fatto parte numerosi ex partigiani responsabili degli omicidi avvenuti nel cosiddetto [[Triangolo della morte (Emilia)|Triangolo rosso]] durante gli anni quaranta.<ref name=gladiorossa/> Nicolini si è però dichiarato estraneo a ogni connessione con la presunta struttura paramilitare.<ref name=gladiorossa/>
[[File:Attestato cavaliere repubblica Nicolini Germano.jpg|thumb|Attestato Cavaliere della Repubblica]]
=== Dopo l'assoluzione ===
Il [[Presidente della Repubblica Italiana|Presidente della Repubblica]] [[Francesco Cossiga]], il giorno dopo la confessione di Gaiti, telefonò personalmente a Nicolini chiedendo scusa a nome dello Stato Italiano.<ref name=vanityfair/><ref name=cossiga>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/710788db14f358b39f62e55068ab7eea_19910911_il-presidente-della-repubblica-telefona-a-nicolini|titolo = Il presidente della repubblica telefona a Nicolini|pubblicazione = AGI|data = 11 settembre 1991|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.is/20161027160443/http://archivio.agi.it/articolo/710788db14f358b39f62e55068ab7eea_19910911_il-presidente-della-repubblica-telefona-a-nicolini/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref>
Nel novembre 2000 il [[Ministri per le politiche comunitarie della Repubblica Italiana|ministro per le politiche comunitarie]] [[Gianni Francesco Mattioli]] chiese pubblicamente perdono a Nicolini per l'operato di suo padre Pietro, [[pubblico ministero]] al processo di Perugia del 1947.<ref name=gazzettareggio/><ref name=impuniti4/> In un'intervista<ref>Pubblicata nel ''[[Resto del Carlino]]'', 28 novembre 2000.</ref> affermò: «Si voleva far condannare Nicolini che essendo cattolico e comunista, non piaceva alla gerarchia cattolica né ai vertici comunisti. Credo che [mio padre] se fosse stato vivo quando si appresero le ''manomissioni del materiale inquisitorio'', avrebbe sofferto grandemente. Aveva molto rispetto per Germano Nicolini, al contrario della corte». Mattioli ricordò che all'epoca monsignor Socche si era presentato due volte a casa loro per chiedere al padre la condanna di Nicolini.<ref name=gazzettareggio/>
Nel marzo 1997 è stata conferita a Germano Nicolini la [[medaglia d'argento al valore militare]] per attività partigiana,<ref name=medagliaargento/> ricevuta effettivamente in una cerimonia il 4 novembre; pochi giorni prima Nicolini aveva nuovamente ottenuto i gradi di [[capitano]] revocati dopo la condanna.<ref name=gladiorossa>{{Cita news|url = http://archivio.agi.it/articolo/261594bfd5b1ae93da1a9ce1cab347af_19971104_4-novembre-medaglia-d-argento-a-germano-nicolini-diavolo|titolo = 4 novembre: medaglia d'argento a Germano Nicolini "diavolo"|pubblicazione = [[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data = 4 novembre 1997|accesso = 8 febbraio 2022|urlarchivio = https://archive.is/20161027160418/http://archivio.agi.it/articolo/261594bfd5b1ae93da1a9ce1cab347af_19971104_4-novembre-medaglia-d-argento-a-germano-nicolini-diavolo/|dataarchivio = 27 ottobre 2016}}</ref>
Il 25 aprile 2017, a 97 anni, Nicolini partecipò a Carpi alla cerimonia pubblica ufficiale del 72º anniversario della Liberazione, con un intervento dal palco del teatro comunale alla presenza del Presidente della Repubblica [[Sergio Mattarella]].<ref>{{Cita news|autore=Serena Albrizzi|titolo=Nicolini sul palco con Mattarella|pubblicazione=Gazzetta di Reggio|data=27 aprile 2017}}</ref>
=== Morte ===
Muore nella sua casa di Correggio il 24 ottobre 2020, all'età di 100 anni.<ref>{{Cita web|url=https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/emilia-romagna/resistenza-morto-germano-nicolini-era-il-comandante-diavolo_24625115-202002a.shtml|accesso=2020-10-25}}</ref> Nella sua ultima intervista il 25 aprile del 2020 aveva affermato in relazione alla pandemia COVID ed alle analogie con la Resistenza: "L'importante è che, anche da una tragica vicenda come questa, impariamo a migliorarci, come persone, come comunità e come nazioni. La democrazia non è una conquista certa per sempre, va coltivata e devono esserne sostenuti i principi, giorno dopo giorno, non solo negli enunciati ma anche e soprattutto nei comportamenti e nel rispetto di quei valori che ci hanno consentito di conquistarla 75 anni fa".<ref>{{Cita web|url=https://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2020/10/25/resistenza-e-morto-il-comandante-diavolo_db45e87f-8241-4568-9876-04fc67f286d0.html|titolo=Resistenza: è morto il comandante Diavolo}}</ref>
== Vita privata ==
Sposato con Viarda, ebbe due figli: Riccarda, nata quattro giorni dopo l'arresto, e Fausto, nato nel 1958.
Riccarda morì prematuramente nel 2007, quando aveva appena compiuto 60 anni:<ref name=vanityfair/> militante del Pci poi dei Ds, aveva ricoperto incarichi politici e amministrativi in sede locale e regionale, e fu dirigente cooperativo; dopo essere stata alto funzionario della Regione Emilia-Romagna, fu eletta consigliere regionale nel 1980, assessore ai Servizi Sociali dal 1982 al 1987 e assessore alla Sanità dal 1987 al 1990.<ref>Adnkronos, 26 Marzo 2007</ref> Nell'ospedale civile “San Sebastiano” di Correggio le è stato intitolato un padiglione.
Fausto invece, medico pediatra, dal 2010 è stato direttore generale prima dell'Ausl poi dell'arcispedale "Santa Maria Nuova" di Reggio, e dal 2017 al 2020 dell'azienda unica nata dalla loro fusione.<ref>Ansa, 30 Giugno 2017</ref>
== Nella cultura di massa ==
===Musica===
La sua storia è stata ripresa più volte in ambito musicale. Il [[Consorzio Suonatori Indipendenti]] lo cita in ''Linea Gotica'', canzone presente nell'[[Linea Gotica (album)|album omonimo]] e nella quale viene nominato anche un altro personaggio simbolo della lotta antifascista, [[Giuseppe Dossetti]].<ref name=ondarock/> I [[Modena City Ramblers]] gli hanno dedicato la canzone ''Al Dievel'',<ref>{{Cita web |url = https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=3423|titolo = Al Dievel (La marcia del Diavolo)|accesso = 25 ottobre 2016|sito=antiwarsongs.org}}</ref> che compare in una prima versione nell'album ''[[La grande famiglia (album)|La grande famiglia]]'' e in una seconda versione modificata, contenuta nell'album ''[[Appunti partigiani]]'', in cui interviene come voce narrante lo stesso Nicolini, che corregge una frase non veritieria presente nella canzone originale<ref name=ngv/>. A quest'ultimo disco è allegato un testo di [[Luciano Ligabue]], concittadino di Nicolini, intitolato ''Il diavolo''.<ref name=vanityfair/>
===Cinema e tv===
Nicolini compare nel documentario ''Partigiani'' (1997) di [[Davide Ferrario (regista)|Davide Ferrario]] e [[Guido Chiesa]], dove sono state raccolte le testimonianze sulla guerra partigiana. La vicenda giudiziaria di Germano Nicolini viene raccontata da Davide Ferrario e [[Daniele Vicari]] nel documentario ''Comunisti'' del 1998. Sempre alla vicenda della morte di don Umberto Pessina è stata dedicata, all'epoca della riapertura del caso giudiziario, una puntata della trasmissione televisiva ''[[Telefono giallo]]'' di [[Corrado Augias]].<ref name=falsoteste/>
La testimonianza di Nicolini è presente inoltre in ''[[Materiale resistente#Il documentario|Materiale resistente]]'', documentario del 1995 diretto e girato da [[Davide Ferrario (regista)|Davide Ferrario]] e [[Guido Chiesa]], allegato a un disco che contiene rifacimenti di numerose canzoni famose proprie della [[Resistenza italiana|Resistenza]] e del movimento antifascista. L'opera trae spunto dal [[Materiale resistente#Il concerto|concerto]] di Correggio del 25 aprile [[1995]],<ref>{{Cita web |url = http://guidochiesa.net/filmografia/materiale-resistente/ |titolo = Materiale resistente|accesso = 25 ottobre 2016|sito=guidochiesa.net}}</ref> cui diede il suo contributo lo stesso Nicolini. Agli spettatori del concerto che lo accolsero sulle note di ''[[Bella Ciao]]'', il comandante Diavolo disse:<ref>Il discorso integrale è contenuto nel documentario ''Materiale resistente''.</ref>
{{Citazione| Io sono una persona del popolo molto modesta, che ha fatto solo il suo dovere di italiano. Io credo che voi con questo canto, con questo vostro entusiasmo giovanile che mi riporta a cinquant'anni fa quando anch'io avevo 25 anni; io credo che voi abbiate voluto ricordare tutti i partigiani, non solo della mia zona, i 70 caduti in combattimento, ma tutti i partigiani d'Italia [...]. Io non sono un cultore della musica moderna, non sono neanche – permettetemi l'espressione – un esegeta, cioè non riesco a capirla in tutta la sua profondità. Sento comunque che parte dall'animo e sento che voi oggi traducete nella musica, nell'entusiasmo, nella passione, nelle sofferenze e nello spirito di lotta dei partigiani quello che noi siamo stati! Io ho avuto il modo, amico e compagno, di cantare quando ero in carcere ricordando coloro che mi davano la forza di resistere, perché sapevo di essere un partigiano pulito ed onesto che meritava il rispetto del Paese e non la carcerazione. La forza di resistere mi è venuta dal fatto che mi sentivo sempre l'uomo partigiano che combatteva per una causa giusta che non era terminata il 25 aprile, perché noi abbiamo combattuto per un'Italia diversa! }}
===Libri===
Nel 2011 compare un suo contributo nel libro di [[Luciana Castellina]] dal titolo ''Ribelliamoci'' assieme ad altri co-autori tra i quali don [[Andrea Gallo]], [[Margherita Hack]], Gianfranco Mascia, Tino Tellini, [[Marco Travaglio]] ed [[Enrico Vaime]].<ref>{{Cita libro|autore=Luciana Castellina|titolo=Ribelliamoci|anno=2011|editore=Aliberti editore|pp=66-68}}</ref>
Negli ultimi anni Nicolini si è dedicato a incontrare giovani provenienti da diverse regioni italiane, sia in ambito scolastico o associativo, sia ricevendoli a domicilio. I temi principalmente affrontati erano la Resistenza, la sua storia e i suoi valori, la [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione italiana]] e la difesa dei suoi principi fondanti, i valori etici e sociali delle comunità aperte, il ruolo fondamentale della politica e dei partiti nella convivenza civile e democratica. Due sono in particolare le testimonianze materiali di questo impegno: il libro-intervista ''Noi sognavamo un mondo diverso'' (2012), scritto con lo storico Massimo Storchi, e la video-testimonianza ''Non camminiamo da soli'' (2015). A Germano Nicolini è dedicata la prima intervista nel libro ''Noi partigiani'' di [[Gad Lerner]], edito da Feltrinelli nel febbraio 2020.
Anche dopo la morte numerose opere hanno continuato ad alimentare la memoria dell'eroe partigiano con una narrazione storica a volte in parte romanzata, ma sempre ispirata a fatti realmente accaduti.
Nel libro ''Una bella resistenza'' di Daniele Aristarco al Comandante Diavolo viene dedicato un capitolo dal titolo omonimo.<ref>{{Cita libro|autore=Daniele Aristarco|titolo=Una bella resistenza|data=2023|editore=Mondadori|pp=102-126}}</ref>
Allo stesso modo i Modena City Ramblers nel libro ''Nati per la libertà'' lo inseriscono tra i protagonisti del racconto ''Una cena da re'', ispirato a un episodio accaduto davvero durante un incontro conviviale con il cosiddetto "Re di Maggio" [[Umberto II]], luogotenente del Regno, in visita a Correggio.<ref>{{Cita libro|autore=Modena City Ramblers|titolo=Nati per la libertà|anno=2025|editore=La nave di Teseo|p=200-216}}</ref> Infine la vita del comandante partigiano ha ispirato un ''graphic novel'' dal titolo ''Ne è valsa la pena'' contenente oltre al fumetto numerosi elementi iconografici e la prefazione di [[Walter Veltroni]].<ref>{{Cita libro|autore=M. Aldrighi|autore2=C. Galli|autore3=A Bugiù|titolo=Ne è valsa la pena|anno=2023|editore=Ottocervo}}</ref>
== Onorificenze ==
{{Onorificenze
|immagine=Valor militare silver medal BAR.svg
|nome_onorificenza = Medaglia d'argento al valore militare
|collegamento_onorificenza=Ricompense al valor militare
|motivazione= Ufficiale dell'Esercito, dopo l'8 settembre 1943, fuggiva dalla cattura ed entrava in formazione partigiana, a difesa della Patria invasa. Durante il lungo periodo di appartenenza alle formazioni e nelle numerose azioni di combattimento dimostrava brillanti doti di organizzatore e di comandante, sprezzante di ogni pericolo. La sua opera è stata giudicata cospicua, perché svolta in difficili condizioni, in zona di pianura costantemente controllata dal nemico. Considerato uno dei migliori combattenti della resistenza reggiana.
|data=25 marzo 1997<ref name=medagliaargento/>}}
{{Onorificenze
|immagine=ITA OMRI 2001 Cav BAR.svg
|nome_onorificenza=Cavaliere della Repubblica Italiana
|collegamento_onorificenza=Ordine al merito della Repubblica italiana
|motivazione=
|data=[[Roma]], 5 ottobre 2020
}}
* Civica Benemerenza della Città di Correggio, Comune di Correggio, 27 settembre 2013<ref>{{Cita pubblicazione|titolo=Il tributo di Correggio al partigiano "Diavolo"|rivista=Gazzetta di Reggio|volume=28 settembre 2013}}</ref>
* Benemerito d'Onore del Bicentenario del Tricolore: « Comandante partigiano, giovane Sindaco di Correggio Emilia, promotore insieme a Cesare Campioli, ad altri Sindaci, ai parlamentari Giuseppe Dossetti, Nilde Iotti, Alberto Simonini del 150° del Tricolore il 7 gennaio 1947, alla presenza di Enrico De Nicola. » Associazione nazionale Comitato Primo Tricolore, Reggio Emilia, 6-7 gennaio 1996 in Roma, Campidoglio
* Medaglia della Liberazione del Ministero della Difesa, Roma, 25 aprile 2016
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
* ''[[s:Donne e Uomini della Resistenza/Germano Nicolini|Germano Nicolini]]'' in [[ANPI]], ''[https://it.wikisource.org/wiki/Donne_e_Uomini_della_Resistenza Donne e Uomini della Resistenza]'', 2014.
* Germano Nicolini, ''Nessuno vuole la verità - il processo Don Pessina'', prefazione di [[Gian Domenico Pisapia]], Dea Cagna editrice, Reggio Emilia 1993.
* Massimo Storchi, ''Combattere si può vincere bisogna. La scelta della violenza fra Resistenza e dopoguerra (Reggio Emilia, 1943-1946)'', Venezia, Marsilio, 1998.
* [[Enzo Collotti]] (a cura di), Renato Sandri (a cura di), [[Frediano Sessi]] (a cura di), ''Dizionario della Resistenza'', Torino, Einaudi, 2000, pp. 889–890.
* Frediano Sessi, ''Nome di battaglia: Diavolo. L'omicidio don Pessina e la persecuzione giudiziaria contro il partigiano Germano Nicolini'', Venezia, Marsilio, 2000.
* Germano Nicolini con Massimo Storchi, ''Noi sognavamo un mondo diverso. Le speranze del comandante Diavolo'', Imprimatur, Reggio Emilia 2013.
* [[Antonio Bernardi (politico)|Antonio Bernardi]], ''Il “Diavolo”, il Vescovo, il Carabiniere - Reggio Emilia, un difficile dopoguerra'', Consulta Librieprogetti, Reggio Emilia 2016.
* Marcello Flores, Mimmo Franzinelli ''Storia della Resistenza'' Edizioni Laterza, 2019.
* Gad Lerner, Laura Gnocchi, ''Noi partigiani'' Edizioni Feltrinelli, 2020.
* Fausto Nicolini, Massimo Storchi, ''Cent'anni di rettitudine. La storia del Comandante Diavolo e del processo don Pessina'', prefazione di [[Giuliano Pisapia]], Gaspari Editore, Udine 2023.
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
{{Sindaco
|città = Correggio
|cittàlink = Correggio (Italia)
|stemma = Correggio (Italia)-Stemma.svg
|precedente = Arrigo Guerrieri
|successivo = Rodolfo Zanichelli
|periodo = 1946–1947
}}
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{{Portale|biografie|seconda guerra mondiale}}
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