Eneide: differenze tra le versioni
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{{citazione|Fatevi da parte, scrittori romani, e anche voi, greci:<br />sta nascendo qualcosa di più grande dell'Iliade.|Properzio, ''[[Elegie (Properzio)|Elegie]]'', II, 34, 65-66<ref>Già [[Elio Donato]] nella sua ''Vita Vergilii'' (Ernst Diehl (a cura di), ''De Vita Vergilianae und Ihre Antiken Quellen'', Bonn, 1911, p. 31) citava il famoso distico properziano: «Aeneidos vixdum coeptae tanta extitit fama, ut Sextus Propertius non dubitaverit sic praedicare: "Credite, Romani scriptores, credite Grai: / nescio quid maius nascitur Iliade"».</ref>|Cedite Romani scriptores, cedite Grai:<br /> Nescio quid maius nascitur Iliade.|lingua=la}}
L{{'}}'''''Eneide''''' ({{latino|Aeneis}}) è un [[poema epico]] della [[cultura latina]] scritto dal poeta [[Publio Virgilio Marone]]. Virgilio cominciò a delinearne la struttura
Narra la leggendaria storia dell'eroe troiano [[Enea]] (figlio di [[Anchise]] e della dea [[Venere (mitologia)|Venere]]) che riuscì a fuggire dopo la caduta della città di Troia, e che viaggiò per il [[Mediterraneo]] fino ad approdare dapprima nella grande città di [[Argos Hippium|Arpi]] e successivamente nel [[Lazio]], diventando il progenitore del popolo [[Roma (città antica)|romano]]. Alla morte di Virgilio il poema, scritto in [[Esametro dattilico|esametri dattilici]] e composto da dodici libri per un totale di 9896 versi, rimase privo degli ultimi ritocchi e revisioni dell'autore, testimoniate da 58 esametri incompleti (chiamati ''tibicines'', puntelli); perciò nel suo testamento il poeta fece richiesta di farlo bruciare, nel caso in cui non fosse riuscito a completarlo, ma gli amici [[Vario Rufo]] e [[Plozio Tucca]], non rispettando le volontà del defunto, salvaguardarono il manoscritto dell'opera e, successivamente, l'imperatore [[Ottaviano Augusto]] ordinò di pubblicarlo così com'era stato lasciato.
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dell{{'}}''Iliade'' (la guerra). L'ordine delle vicende, rispetto ad Omero, viene rovesciato e l'avventura viene trattata prima della guerra. Col suo modello Virgilio instaura un rapporto di raffinata competizione innovativa. Il viaggio di Ulisse era un viaggio di ritorno, quello di Enea è un viaggio di rifondazione proiettato verso l'ignoto; la guerra nell{{'}}''Iliade'' era una guerra di distruzione, quella di Enea è rivolta alla costruzione di una nuova città e di una nuova civiltà; l{{'}}''Iliade'' si concludeva con la disfatta troiana, l{{'}}''Eneide'' termina con la vittoria del troiano Enea, che risarcisce il suo popolo della patria perduta.
== Trama ==
=== Il viaggio verso l'Italia (libri I-VI) === ==== Libro I ====
{{vedi anche|Proemio dell'Eneide}}
[[File:Dosso Dossi 001.jpg|thumb|upright=1.3|Dosso Dossi, ''[[Enea e Acate sulla costa libica]]'' (1520 circa; Washington, [[National Gallery of Art]]).]]
Alla maniera omerica, la narrazione, preceduta da un [[proemio]], comincia "''[[in medias res]]''", presentando la flotta troiana nel [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] mentre naviga guidata da Enea alla volta dell'Italia dove spera di trovare una seconda patria.
{{q|Canto le armi e l'uomo che per primo da Troia<br>▼
venne in Italia profugo per volere del Fato,<br>▼
▲Canto le armi e l'uomo che per primo da Troia
sui lidi di Lavinio. A lungo travagliato e su terra<br>▼
e su mare dalla potenza divina, a causa dell'ira tenace della crudele Giunone,<br>▼
▲venne in Italia profugo per volere del Fato,
molto soffrì anche in guerra: finché fondò una città,<br>▼
e istituì nel Lazio i Penati di Troia,<br>▼
▲sui lidi di Lavinio. A lungo travagliato e su terra
origine gloriosa per la razza latina e albana, e per le mura della superba Roma.<br>▼
O Musa, raccontami tu le ragioni di tanto doloroso penare: raccontami l'offesa,<br>▼
▲e su mare dalla potenza divina, a causa dell'ira tenace della crudele Giunone,
per la propria pietà a soffrire così, a superare tali<br>▼
▲molto soffrì anche in guerra: finché fondò una città,
fatiche. Di tanta ira sono capaci i Celesti?}}▼
▲e istituì nel Lazio i Penati di Troia,
▲origine gloriosa per la razza latina e albana, e per le mura della superba Roma.
▲O Musa, raccontami tu le ragioni di tanto doloroso penare: raccontami l'offesa,
▲il rancore per cui la regina del cielo costrinse un uomo famoso
▲per la propria pietà a soffrire così, a superare tali
▲fatiche. Di tanta ira sono capaci i Celesti?
Dopo quattro versi di cui gli studiosi, sia antichi sia moderni, hanno ampiamente dibattuto la paternità virgiliana,<ref>"''Ille ego, qui quondam gracili modulatus avena<br>carmen, et egressus silvis vicina coegi<br>ut quamvis avido parerent arva colono,<br>gratum opus agricolis, at nunc horrentia Martis''<br>arma virumque cano..."<br>La maggior parte dei poeti antichi indica come l{{'}}''incipit'' del poema fosse ''Arma virumque cano'', ma i quattro versi precedenti esistevano già al tempo di [[Svetonio]] e furono difesi dai commentatori tardo-antichi [[Elio Donato|Donato]], [[Servio Mario Onorato|Servio]] e [[Prisciano]]. Gli studiosi odierni generalmente li considerano spuri. Cfr. comunque Luca Mondin, [https://www.openstarts.units.it/server/api/core/bitstreams/0522ddc3-5c2c-4aef-8627-aa4c8aad7311/content ''Ipotesi sopra il falso proemio dell'Eneide''], con la bibliografia ivi citata.</ref> nel proemio Virgilio dichiara l'argomento del suo poema (''Arma virumque cano…'', "Canto le armi e l'uomo…") con un'invocazione alla [[Muse (mitologia)|Musa]] (''Musa, mihi causas memora…'', "O Musa, ricordami le cause…"). Di seguito, spiega l'origine del conflitto più importante della trama, ovvero il rancore di [[Giunone]] nei confronti dei Troiani. Questo tipo di [[incipit]] mantiene lo stile di quelli dei [[poemi omerici]], tranne per il fatto che Virgilio prima dichiara il tema del poema, e poi invoca la Musa, mentre in Omero è l'inverso ('Armi canto e l'uomo...', dove le armi richiamano l{{'}}''Iliade'', mentre l'uomo riecheggia l{{'}}''Odissea'').
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[[Nettuno (divinità)|Nettuno]] se ne accorge e, nonostante non sia neppure lui amico dei Troiani, si infuria per l'intrusione di altri nei suoi domini; spinto anche dal rispetto per il valore di Enea, interviene placando i venti e calmando le acque (come un uomo saggio placa una sommossa). La flotta riesce così ad ancorare sulla costa d'[[Africa]], in [[Libia]], nei pressi di una nuova città che sta venendo costruita, Cartagine. Preoccupata per la sorte del figlio, Venere intercede a suo favore presso [[Giove (divinità)|Giove]]. Questi la rassicura dicendole che, ottenuta la benevolenza di Giunone, l'eroe vedrà premiati i suoi sforzi, con la prima profezia dell{{'}}''Eneide'' (Enea governerà tre anni, il figlio Ascanio Julio trenta, e i suoi discendenti, fino a [[Romolo e Remo]], per trecento; inoltre, la sua stirpe dominerà il mondo e non avrà mai fine). Quindi il re degli dei invia [[Mercurio (divinità)|Mercurio]] a [[Cartagine]], col compito di predisporre i Cartaginesi a una favorevole accoglienza di Enea e i compagni superstiti. Nel frattempo Venere, assunte le sembianze di una giovane cacciatrice, molto somigliante alla dea [[Diana]], si manifesta al figlio per spiegargli la vicenda della città, fondata dai [[Fenici]] emigrati dalla propria terra al seguito della regina di [[Tiro (città antica)|Tiro]], [[Didone]], fuggita dopo che il fratello [[Pigmalione di Tiro|Pigmalione]] le aveva ucciso il marito [[Sicheo]] per impadronirsi del regno. Enea si reca dunque fiducioso in quella città, ricevendo ottima accoglienza dalla regina, poiché anch'ella ha patito dolori. Venere, temendo le insidie di Giunone, ordina al figlio [[Cupido]], dio dell'amore, di prendere il posto di [[Ascanio]], il figlio di Enea, assumendone le sembianze, affinché, toccando il cuore della regina, questa si innamori dell'eroe. Didone così offre un importante banchetto ai [[Troiani (popolo)|Troiani]] e invita Enea a narrare in quella sede le sue traversie.
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|1-7
|Protasi
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==== Libro II ====
[[File:Aeneas' Flight from Troy by Federico Barocci.jpg|thumb|upright=1.6|''[[Fuga di Enea da Troia]]'' (1598), olio su tela di [[Federico Barocci]] (Roma, [[Galleria Borghese]]).]]
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Usciti nottetempo dal cavallo, i guerrieri greci avevano cominciato a mettere Troia a ferro e fuoco. Enea, svegliato all'improvviso dal fantasma di [[Ettore (mitologia)|Ettore]], aveva visto con orrore che cosa stava succedendo alla sua amata città natale. Radunati alcuni guerrieri, tentò di organizzare la difesa dalla città: il principe frigio [[Corebo (Eneide)|Corebo]] si unì al gruppo, ma cadde ucciso da [[Peneleo]] nel tentativo di salvare [[Cassandra (mitologia)|Cassandra]], la figlia di Priamo di cui era innamorato, dalle grinfie dei greci. Il capo troiano assistette anche alla barbara uccisione del re [[Priamo]] da parte di [[Pirro Neottolemo]], il figlio di Achille. Allontanatosi dai luoghi più pericolosi, Enea si imbatté nella bella [[Elena (mitologia)|Elena]], causa prima di tutta quella rovina e fu preso dal desiderio di ucciderla, ma venne fermato dalla madre [[Venere (divinità)|Venere]], che gli disse che la caduta di Troia era voluta dagli dei, e gli consigliò invece di fuggire e di uscire dalla città insieme alla sua famiglia. Egli aveva quindi capito che i suoi parenti stavano correndo un grave pericolo ed era corso da loro. Enea racconta quindi la sua fuga col figlio [[Iulo]] sul cui capo era comparso un prodigio luminoso e il vecchio padre [[Anchise]] caricato sulle proprie spalle, mentre sua moglie [[Creusa (figlia di Priamo)|Creusa]] non era riuscita a rimanere assieme con loro ed era perita nella catastrofe generale: apparve come ombra a Enea che la cercava, raccomandandogli di vigilare sempre sul loro figlioletto.
''Sinossi con numero dei versi''▼
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|1-13
|Enea comincia il racconto
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==== Libro III ====
[[File:Stories From Virgil, with Twenty Illustrations from Pinelli's Designs - Harpies.jpg|thumb|''Enea e le Arpie'', incisione di [[Bartolomeo Pinelli]] ([[anni 1880]]).]]
Enea racconta come, dopo aver radunato molti altri sopravvissuti (troiani e loro alleati) avesse costruito una flotta di navi: con queste era approdato in varie zone del Mediterraneo, tra le quali il Chersoneso Tracico e l'isola di [[Delo]]. Durante la prima tappa è significativo l'incontro con un cespuglio sanguinante, contenente "l'anima insepolta" di [[Polidoro (figlio di Ecuba)|Polidoro]] (il figlio di [[Priamo]] e di [[Ecuba]]), fatto uccidere dall'avido Polimestore, il quale voleva impossessarsi delle sue ricchezze. Enea ordinò ai suoi compagni di provvedere alla tumulazione per il principe troiano, permettendogli così di poter accedere finalmente all'Ade. Nella seconda, invece, Enea chiese all'oracolo di Apollo quale fosse la nuova terra dove avrebbe dovuto portare i superstiti Troiani. Apollo rispose: "Cercate l'antica madre; qui la stirpe d'Enea dominerà su tutte le terre e su tutti i discendenti" (lat. "... antiquam exquirite matrem. Hic domus Aeneae cunctis dominabitur oris et nati natorum et qui nascentur ab illis"). Anchise, il padre di Enea, credette che la terra d'origine dei Troiani fosse l'isola di Creta, da dove sarebbe partito il capostipite Teucro: i Troiani con i loro capi vi si recano e fondano una città; ma qui gli dei [[Penati]] di Troia apparvero in sogno all'eroe spiegandogli che l'"antica madre" non era Creta, ma la (misteriosa) città di Corythus in Italia (variamente identificata con diverse città etrusche; l'identificazione con Cortona risale a Silio Italico, 4.718-21 e 5.123): "lì nacque Dardano da cui deriva la nostra stirpe" (vv. 161-171).
Enea approdò poi nelle isole [[Strofadi]] dove venne perseguitato dalle [[Arpie]] che le abitavano. Qui l'Arpia Celeno gli profetizzò che sarebbe arrivato in Italia ma per la fame avrebbe dovuto mangiare anche le "mense". Un altro luogo dove poi s'era recato Enea era stato [[Butroto]] nell'[[Epiro]] (nell'odierna [[Albania]]), una città costruita da profughi a somiglianza di Troia. Qui aveva incontrato [[Andromaca]], moglie di [[Ettore (mitologia)|Ettore]], che aveva ancora una volta pianto con lui per aver perduto il suo eroico marito e il suo figlio adorato, [[Astianatte]]. Enea incontrò anche il nuovo sposo della donna, [[Eleno]] figlio di Priamo, dotato del dono della profezia. Per suo tramite, Enea ebbe conferma che doveva recarsi in Italia. Eleno gli consigliò anche di recarsi a [[Cuma]] dalla famosa [[Sibilla Cumana|Sibilla]]. Enea aveva così lasciato Butroto rimettendosi in mare. Superate le insidiose [[Scilla (mostro)|Scilla]] e [[Cariddi]] e sbarcato con la flotta in [[Sicilia]], scampò con i suoi uomini ad un attacco del [[ciclope (mitologia)|ciclope]] [[Polifemo]], salvando anche [[Achemenide (Eneide)|Achemenide]], un superstite compagno di Ulisse. Ripreso il mare, nel corso della navigazione, Enea e i suoi giunsero a Drepano (l'odierna [[Trapani]]), dove morì Anchise stremato da tanti viaggi. Stavano dirigendosi verso il Lazio quando Giunone fece scatenare la tempesta che li avrebbe poi portati a Cartagine.
''Sinossi con numero dei versi''▼
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|1-12
|Partenza degli esuli
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==== Libro IV ====
[[File:Vergilius vat 41.jpg|thumb|''Morte di Didone'', miniatura del [[Virgilio vaticano]], V secolo.]]
[[Didone]], regina di Cartagine, si rivolge alla sorella [[Anna#Il nome nelle arti|Anna]], ammettendo i sentimenti per [[Enea]], che ha riacceso l'antica fiamma d'amore ("[[Agnosco veteris vestigia flammae]]"), il solo per cui violerebbe la promessa di fedeltà eterna fatta sulla tomba del marito [[Sicheo]]. Anna riesce a persuaderla: la sorella è infatti sola e ancora giovane, non ha prole e ha troppi nemici intorno. Il sostegno di un guerriero come Enea può servire molto a una città ancora debole come Cartagine. Didone allora non sente più remore e, date le parole di Anna, lascia che la passione amorosa per Enea la pervada completamente. Immolata una giovenca al tempio, la regina riconduce Enea nelle mura. È notte. Giunone allora propone a [[Venere (divinità)|Venere]] di combinare tra i due giovani il matrimonio. Venere, che intuisce il disegno di sviare Enea dall'[[Italia]], accetta, pur facendo presente a Giunone la probabile avversità del [[Fato]]. L'indomani stesso, Didone ed Enea partono a caccia, ma una tempesta li sconvolge: si rifugiano così in una spelonca, consacrando il rito imeneo. La [[Fama (mitologia)|Fama]], mostro alato, avverte del connubio [[Iarba]], pretendente respinto di [[Didone]] e re dei [[Getuli]], che invoca [[Giove (divinità)|Giove]]. Il padre degli dei invia il suo messaggero [[Mercurio (divinità)|Mercurio]] a ricordare a Enea la fama e la gloria che attendono la sua discendenza. Enea allora chiama i suoi compagni, arma la flotta e si appresta a partire, pensando al modo più agevole di comunicare la decisione a Didone. Ma la regina, già informata dalla Fama, corre infuriata da Enea, biasimandolo di aver cercato di ingannarla e ricordandogli del loro amore e della benevolenza con cui l'aveva accolto, rinfacciandogli poi di non avere neppure coronato il loro sentimento con un figlio. Enea, pur riconoscendole i meriti, spiega che non può rimanere, perché è obbligato e continuamente sollecitato dagli dei e dall'ombra del defunto padre [[Anchise]] a cercare l'Italia (''Italiam non sponte sequor'', v. 361). Ritornato alla flotta, rimane impassibile alla rinnovata richiesta di trattenersi mossa da Anna e alle maledizioni di Didone, che è perseguitata dal dolore con continue visioni maligne. Riferita la decisione di dedicarsi alle arti magiche per alleviare tante pene, la regina ordina quindi alla sorella di mettere al rogo tutti i ricordi e le armi del naufrago nella sua casa e invoca gli dei. Così, nella notte, mentre la regina escogita il modo e il momento del suicidio per porre fine a tanti affanni, Enea, avvertito in sonno, fugge immediatamente da quella terra. All'aurora, con la vista del porto vuoto, Didone invoca gli dei contro Enea, maledicendolo e augurandogli sventure, persecuzioni e guerra eterna tra i loro popoli. Giunta sulla pira funeraria, si trafigge con la spada di Enea, mentre le ancelle e la sorella invocano disperate il suo nome. Giunone poi invia Iride a sciogliere la regina dal suo corpo e a recidere il capello biondo della sua vita. Voltandosi indietro dal ponte della sua nave, Enea vede il fumo della pira di Didone e ne comprende chiaramente il significato: tuttavia il richiamo del destino è più forte e la flotta troiana fa vela verso l'Italia.
''Sinossi con numero dei versi''▼
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|1-55
|L’amore di Didone avvampa; colloquio con la sorella Anna, la quale le consiglia di sposare Enea, anche per il bene di Cartagine
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|584-671
|Sorge l’alba; Didone scorge le vele in lontananza e si dispera, maledicendo il viaggio e il futuro dei Troiani; fa chiamare Anna dalla nutrice di Sicheo; si
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|672-705
|Disperazione di Anna
|}
==== Libro V ====
[[File:Aeneas and His Companions Sacrifice to the Gods before the Tomb of his Father, Anchises, in Sicily (Aeneid, Book V) MET ES1357.jpg|thumb|Miniatura dal quinto libro dell{{'}}''Eneide'', con Enea e i suoi compagni presso la tomba di Anchise.]]
[[Enea]] con le navi tiene deciso la rotta, ma il cielo è pieno di enormi nubi minacciose, che danno presagio di un oscuro temporale. [[Palinuro (Eneide)|Palinuro]], il timoniere della nave di Enea, è spaventato e teme che la flotta non riesca ad arrivare in Italia. Accorgendosi che la tempesta sta portando le navi verso le coste sicule, Enea decide di approdarvi. I troiani sbarcano presso [[Eryx (Sicilia)|Erice]] dove il re [[Aceste]] lietamente li accoglie e offre il suo aiuto.
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Venere, preoccupata, si rivolge a [[Nettuno (divinità)|Nettuno]], riferendogli dell'implacabile ira di Giunone, che tanto assilla suo figlio nonostante le molteplici vendette già attuate e affidandogli la salvezza delle navi troiane sino al Tevere. Il dio l'asseconda, preannunciandole la morte di uno solo tra i compagni di Enea. Venere si rallegra.
''Sinossi con numero dei versi''▼
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|1-41
|Navigazione troiana; tempesta in seguito alla quale le navi approdano in Sicilia, accolte da Aceste
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|}
==== Libro VI ====
[[File:Gerard de lairesse, enea e la sibilla cumana, 1670.jpg|thumb|[[Gerard de Lairesse]], ''Enea e la Sibilla Cumana'', (1670; Maastricht, [[Bonnefantenmuseum]]).]]
Enea e i suoi compagni sbarcano a [[Cuma]], in [[Campania]], dove l'eroe, memore dei consigli di Eleno, si reca nel tempio di [[Apollo]]. La somma sacerdotessa di [[Apollo]], la [[Sibilla Cumana|Sibilla]] Deifobe, figlia di Glauco, invasata dal dio durante il vaticinio, gli rivela che riuscirà ad arrivare nel Lazio, ma per ottenere la nuova patria dovrà affrontare odi e guerre, essendo inviso a Giunone: ella profetizza anche la comparsa di un nuovo Achille (che si rivelerà poi Turno). Su sua richiesta, la Sibilla guida Enea nel regno del dio [[Ade (divinità)|Ade]], ovvero l'[[Aldilà]] secondo la [[religione greca]] e romana. Prima di entrare nell'Ade vero e proprio Enea deve procurarsi nel bosco un ramo d'oro da offrire a [[Proserpina]]; l'eroe e la Sibilla devono passare quindi su una delle due rive del fiume [[Acheronte]], attraversando la zona dove vagano senza pace tutte le anime dei morti rimasti insepolti, e qui incontrano [[Palinuro (Eneide)|Palinuro]], che narra del suo assassinio e del suo corpo lasciato insepolto dai Lucani (''Nunc me fluctus habet versantque in litore venti''). Supplica poi Enea di cercare i suoi resti o di aiutarlo ad attraversare il fiume: la [[Sibilla]] gli dice che è inutile sperare di mutare i fati divini con la preghiera (''desine fata deum flecti sperare precando''); poi, per mitigare l'amarezza del pilota, gli rivela che presto avrà comunque un suo tumulo sepolcrale (che ''darà pace alle sue ossa'' e consentirà finalmente alla sua ombra di varcare il fiume infernale). [[Caronte (mitologia)|Caronte]], lo [[psicopompo]] dell'Ade, ostacola il loro ingresso a bordo della sua barca, sostenendo che i vivi finora traghettati sono stati per lui grave fonte di problemi. Quando però gli mostrano il [[ramo d'oro]], chiave degli inferi che portano con loro, acconsente a trasportarli. Dopo aver superato l'ostacolo di [[Cerbero]], Enea e la sacerdotessa incontrano prima le anime di molti troiani caduti in guerra, come [[Medonte (Iliade)|Medonte]], poi quelle dei suicidi per amore (nei campi del pianto, ''lugentes campi''): tra queste v'è anche Didone, che reagisce gelidamente al passaggio di Enea, il quale scoppia in un pianto disperato. Giunti alla diramazione tra la via per il [[Tartaro (mitologia)|Tartaro]] e quella per i [[Campi Elisi]], incontrano l'ombra del poeta [[Museo (autore mitico)|Museo]], che porta Enea da Anchise: Enea tenta invano di abbracciare il padre per tre volte. Anchise spiega dunque ad Enea la dottrina di cicli e rinascite che sostiene l'universo, e gli mostra le ombre dei grandi uomini che rinasceranno nella città che Enea stesso con la propria discendenza contribuirà a fondare, ovvero i grandi personaggi di Roma, come [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]] e [[Quinto Fabio Massimo Verrucoso|Fabio Massimo]]: molti popoli - afferma Anchise in un noto passo - otterranno gloria nelle belle arti, nella scienza o nel foro, ma i Romani governeranno il mondo con la sapienza delle leggi, perdonando i vinti e annientando solo chi si opporrà: ''Tu regere imperio populos, Romane, memento / (hae tibi erunt artes) pacique imponere morem / parcere subiectis et debellare superbos'' (''Aen''. VI, 851-53). Dopo che Anchise ha profetizzato la prematura morte del nipote di [[Augusto]], [[Marco Claudio Marcello (nipote di Augusto)|Marcello]], Enea e la [[Sibilla]] risalgono nel mondo dei vivi, passando per la [[Porte del Sonno|porta dei sogni]].
''Sinossi con numero dei versi''▼
{| class="wikitable"
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|1-13
|Arrivo a Cuma; Enea cerca la Sibilla
Riga 427 ⟶ 424:
|}
=== La guerra latina (libri VII-XII) ===
{{Vedi anche|Guerra latina (Eneide)}}
=== Libro VII ===▼
▲==== Libro VII ====
[[File:Bol-aeneas.jpg|thumb|upright=1.4|''[[Enea alla corte del re Latino]]'' (1661-1663 circa), olio su tela di [[Ferdinand Bol]] (Amsterdam, [[Rijksmuseum]]).]]
I troiani salpano da Cuma e giungono in un porto della Campania situato a Nord, qui muore [[Caieta]], la nutrice di Enea, nell'Esperia. Stanchissimi e affamati (tanto da mangiare le ''mense'', piatti di focaccia dura, proprio come avevano previsto le arpie), sbarcano alla foce del [[Tevere]]; Enea decide quindi di inviare un ambasciatore di nome Ilioneo al re del luogo, [[Re Latino|Latino]].
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In ogni caso Latino si mostra favorevole ad accogliere i Troiani perché suo padre, il dio italico [[Fauno]], gli ha preannunciato che l'unione di uno straniero con sua figlia [[Lavinia (mitologia)|Lavinia]] avrebbe generato una stirpe eroica e gloriosa: per questo motivo il re aveva in precedenza rifiutato di concedere Lavinia in moglie al giovane re dei [[Rutuli]], [[Turno]], anche lui semidio (in quanto figlio della ninfa Venilia): la volontà degli dei si era manifestata anche attraverso prodigi. La piega che gli eventi stanno prendendo non piace a Giunone che con l'aiuto di [[Aletto]], una delle [[Erinni|Furie]], rende geloso Turno e spinge la moglie del re, Amata, a fuggire nei boschi con la figlia e a fomentare l'odio verso gli stranieri nella popolazione locale. L'uccisione del giovane valletto latino [[Almone (Eneide)|Almone]], colpito alla gola da una freccia durante una rissa fra Troiani e Italici provocata dalla Furia, scatena la guerra: Turno, nonostante il parere contrario di Latino, raduna un esercito da inviare contro i Troiani. Il suo alleato principale è [[Mezenzio]], il re etrusco di Cere, cacciato dai sudditi per la sua crudeltà: vi sono poi, tra gli altri, [[Clauso]], principe dei [[Sabini]], alla testa di un corpo militare particolarmente imponente; i due semidei italici [[Ceculo]] e [[Messapo]], figli rispettivamente di Vulcano e Nettuno; [[Ufente (Eneide)|Ufente]], capo degli [[Equi]]; [[Umbrone]], condottiero dei [[Marsi]] e noto serparo; [[Virbio (figlio di Ippolito)|Virbio]], giovane re di Aricia e nipote di [[Teseo]]; la vergine guerriera [[Camilla (Eneide)|Camilla]], regina dei [[Volsci]].
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|1-7
|Sepoltura di Caieta; Enea riparte
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|}
==== Libro VIII ====
[[File:Giovanni Battista Tiepolo, Italian (active Venice, Udine, Würzburg, and Madrid) - Sketch for "Venus and Vulcan" - Google Art Project.jpg|miniatura|''[[Venere nella grotta di Vulcano chiede le armi di Enea]]'', dipinto di [[Giambattista Tiepolo|G. B. Tiepolo]] (1765-1770; Filadelfia, [[Philadelphia Museum of Art|Museum of Art]]).]]
Mentre guarda le truppe nemiche che si radunano sulla sponda opposta del Tevere, Enea cade addormentato e in sogno gli appare il dio del fiume [[Tiberino]] che, dopo avergli annunciato che lì suo figlio Ascanio fonderà una città di nome [[Alba Longa|Alba]], gli suggerisce di allearsi con [[Evandro (Pallante)|Evandro]], principe di una cittadina del [[Palatino]]. Il giorno successivo Enea risale il fiume ed entra nella città. Qui il figlio di Evandro, [[Pallante (Evandro)|Pallante]], lo riceve benevolmente. Enea, parlando al re, gli ricorda il comune antenato dei loro due popoli [[Atlante (mitologia)|Atlante]], e gli chiede aiuto. Evandro risponde che [[Tarconte]], capo di tutti gli [[Etruschi]], ha riunito i reggitori delle varie città, coi loro eserciti, per condurre una guerra proprio contro Turno e Mezenzio, ma affiderebbe volentieri il comando delle operazioni a Enea. Il capo troiano accetta e si dirige immediatamente verso "le spiagge del re etrusco"; Tarconte lo riceve nel proprio "campo" federale che si trova presso il bosco del dio Silvano. In quei pressi Venere consegna a Enea armi divine e soprattutto uno [[Scudo di Enea|scudo]] opera di Vulcano, su cui sono rappresentate scene della futura storia di Roma, dalla nascita di [[Romolo e Remo]] al trionfo di Augusto dopo la vittoria di Azio.
''Sinossi con numero dei versi''▼
{| class="wikitable"
|-
|1-17
|I Laziali si muovono
Riga 526 ⟶ 527:
|}
==== Libro IX ====
[[File:Vergilius Vaticanus f71r - Les Vaisseaux changés en nymphes.jpg|thumb|Miniatura con l'episodio delle navi troiane trasformate in ninfe.]]
Mentre Enea si trova in Etruria, presso Tarconte, la dea Iride va ad avvisare Turno che "Enea è giunto fino alla lontana città di Corito (Tarquinia) e sta assumendo il comando della banda degli agresti Etruschi confederati" (IX,9). Turno allora, approfittando dell'assenza di Enea, sferra un assalto contro l'accampamento troiano, ma i Troiani riescono a resistere. Turno vuole bruciare le loro navi, ma grande è il suo stupore quando vede emergere, nel posto dove esse si trovavano, una moltitudine di [[Nereidi|Ninfe]]. Capisce allora che non è il momento di attaccare i Troiani, perché significherebbe inimicarsi gli dei. Dà quindi ordine di porre assedio al campo troiano a quattordici giovani condottieri del suo esercito (ciascuno dei quali è alla testa di un contingente composto da altri cento giovani) e agli uomini di Messapo.
Nella stessa notte, gli inseparabili amici [[Eurialo e Niso]] si propongono di raggiungere Enea attraversando le linee nemiche. Entrano nel campo dei Rutuli, che trovano tutti addormentati, e decidono di farne strage. A iniziarla è Niso che armato di spada colpisce un alleato molto caro a Turno, ovvero il
Usciti dall'accampamento dei Rutuli, Eurialo e Niso vengono intercettati da un gruppo di cavalieri italici guidati da [[Volcente]] e costretti a nascondersi: Volcente cattura Eurialo e lo uccide, sicché Niso viene allo scoperto per vendicare l'amico e si scaglia contro il suo assassino, riuscendo a ucciderlo, ma muore subito dopo, trafitto dalle armi degli uomini di Volcente.
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Turno, infuriato per l'incursione compiuta da Eurialo e Niso, attacca nuovamente il campo dei Troiani. Ascanio si rende autore del suo primo atto d'eroismo militare trafiggendo mortalmente [[Numano]], il cognato di Turno. Questi furibondo distrugge la palizzata, uccidendo i due giganteschi fratelli [[Pandaro e Bizia]]. Il re rutulo entra quindi nel campo nemico e fa strage di troiani in fuga: solo l'eroico [[Linceo (Eneide)|Linceo]] cerca di assalire Turno con la spada snudata ma, prevenutolo, il [[Rutuli|Rutulo]] gli fa volare via di spada la testa con l'elmo mandando a giacere il busto a terra; rimbrottati dai loro capi i Troiani assalgono [[Turno]] che viene circondato dalle lance ed è costretto a tuffarsi nel Tevere per mettersi in salvo (in seguito ritornerà dai suoi compagni trasportato dalla corrente).
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|1-24
|Giunone manda Iride presso Turno per esortarlo ad attaccare il campo troiano.
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==== Libro X ====
[[File:Stories From Virgil, with Twenty Illustrations from Pinelli's Designs - Aeneas and the body of Lausus.jpg|thumb|''[[Enea col cadavere di Lauso]]'', incisione di [[Bartolomeo Pinelli]].]]
Nel frattempo sull'[[Olimpo (mitologia)|Olimpo]] è in atto un duro scontro tra gli dei: Giove è irritato per lo scoppio della guerra, Giunone addossa la colpa ai Troiani e Venere implora Giove di non abbandonarli proprio mentre sono circondati da forze molto più numerose delle loro.
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Enea, infuriato per la morte del suo amico e alleato, lo vendica scagliandosi sui nemici e facendone scempio: innanzitutto cattura vivi otto giovani per immolarli sulla pira che arderà Pallante; poi abbatte Mago ed altri guerrieri tra cui Ceculo (il semidio figlio di Vulcano), Umbrone, Anxure al quale tronca una mano, e pure un sacerdote di [[Apollo]] e di [[Diana]], figlio di tale Emone. Quindi affronta il giovane etrusco [[Tarquito]], schierato con [[Mezenzio]] e anch'egli semidio, e con la spada gli spicca via la testa dal busto, facendo infine rotolare i resti del nemico, grondanti di sangue, nella foce del [[Tevere]]. Le schiere italiche fuggono terrorizzate, ma Enea prosegue con la carneficina: cadono due fedelissimi di Turno, [[Anteo (Eneide)|Anteo]] e [[Luca (Eneide)|Luca]], poi [[Numa (Eneide)|Numa]] e anche [[Camerte]], il biondo signore di [[Amyclae]], nonché figlio di [[Volcente]]. Enea uccide inoltre una coppia di fratelli che avevano osato sfidarlo dal carro insultandolo, Lucago e Ligeri, colpendo il primo all'inguine con la lancia scagliata e buttandolo giù dal carro, mentre all'altro apre il petto con la spada. I Rutuli sono così costretti ad allentare l'assedio al campo dei Troiani, che finalmente possono intervenire al fianco di Enea; belle prove vengono offerte da [[Salio]], il giovane sicano di origini greche unitosi a Enea e ai suoi uomini, destinato però a soccombere per mano dell'italico Nealce.
Intanto Giunone, temendo per la sorte di Turno, è riuscita ad allontanare il re rutulo dal campo di battaglia. Enea può così affrontare il tiranno etrusco Mezenzio, che sta facendo a sua volta strage di Troiani, ferendolo con la lancia all'inguine;
Mezenzio inveisce per la morte del figlio
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|1-117
|Giove convoca un [[concilio divino]] e rimprovera gli altri dèi per aver scatenato la guerra; Venere si lamenta del comportamento di Giunone e prega che venga salvato almeno Ascanio; Giunone si adira; Giove si limita a dire che non interverrà
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==== Libro XI ====
[[File:Wenceslas Hollar - King Latinus in council (State 2).jpg|thumb|''Il concilio di Latino'', incisione di [[Wenceslaus Hollar]].]]
Dopo le celebrazioni per la vittoria su Mezenzio, Enea riporta il corpo di Pallante nella sua città per le esequie, e il padre Evandro chiede che sia vendicato. Enea cerca, intanto, accordi anche con [[Arpi]] la grande città fondata da [[Diomede]] ai piedi del [[Gargano]]. Il re Latino chiede una tregua ai Troiani e si giunge ad un accordo in base al quale vengono decisi dodici giorni di sospensione delle ostilità, per consentire lo svolgimento dei riti funebri di tutti i caduti. Enea, che rispetta Latino memore del fatto che gli avesse offerto la mano della figlia, propone di porre fine alla guerra e di risolvere la questione con un duello tra lui e Turno. Il rutulo rifiuta però la proposta, e dunque il conflitto riprende. Tarconte assale il giovane tiburtino [[Venulo]] che viene ucciso dopo aver cercato disperatamente di resistere; in aiuto delle forze latine interviene la cavalleria dei [[Volsci]] guidata dalla guerriera [[Camilla (Eneide)|Camilla]]. Nel corso dei combattimenti il giovane etrusco [[Arunte (Eneide)|Arunte]] insidia la vergine che compie stragi, e, dopo averla vista inseguire il troiano Cloreo che attirava l'attenzione per gli ornamenti d'oro, scaglia l'asta e la coglie in pieno petto; Camilla muore, dopo aver inviato la compagna Acca ad avvisare Turno. La dea [[Diana]] allora la vendica facendo uccidere Arunte dalla ninfa Opi. L'esercito italico è costretto a ritirarsi lasciando Enea padrone del campo.
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|1-99
|Sorge l’alba; offerta agli dei da parte di Enea, che poi ordina di seppellire i morti; Enea manda il corpo di Pallante a Evandro con solennità
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==== Libro XII ====
[[File:Aeneas and Turnus.jpg|thumb|''Il duello di Enea e Turno'', olio su tela di [[Luca Giordano]] (1688; Firenze, [[Palazzo Corsini al Parione]]).]]
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Enea, scagliata una lancia contro Turno, vince lo scontro ferendo gravemente il nemico: poi sguaina la spada affilata da entrambe le parti e con essa muove verso lo sconfitto, ma si arresta quando Turno lo implora di rendere il suo corpo al padre [[Dauno]] ("Tu puoi usar la tua sorte. Ma se del misero padre un pensiero può ancora toccarti, ti prego [...], pietà della vecchiezza di Dauno e, sia pur corpo privo di vita, se questo ti piace, rendimi ai miei. Hai vinto [...]. Di più non voglia il tuo odio").<ref>{{Cita libro|autore = Rosa Calzecchi Onesti|titolo = Eneide|anno = 1967|editore = Einaudi|città = Torino}}</ref> Quando però vede su di lui il "balteo", cinturone che Turno aveva strappato a Pallante dopo averlo ucciso, la pietà viene meno e prevale la vendetta. Enea affonda la spada nel petto di Turno - che muore emettendo l'anima con un rantolo atroce.
Così ha termine, un po' bruscamente, il poema; manca la parte dove Enea sposa Lavinia e si riappacifica con gli [[Italici]], i quali permetteranno quindi ai Troiani di poter finalmente stabilirsi nel [[Lazio]] e trascorrere la loro esistenza nella nuova terra<ref> A questo proposito è da ricordare il ''[[Supplementum Aeneidos]]'', altrimenti detto ''Liber XIII Aeneidos'', poemetto dell'umanista [[Maffeo Vegio]] da [[Lodi]] in seicentotrenta esametri latini che si propone di concludere il poema rimasto incompiuto alla morte di [[Virgilio]]. Fu completato nel 1428 e pubblicato a [[Venezia]], per le cure di [[Adamo di Ambergau]], nel 1471.</ref><ref>Nelle ''Metamorfosi'' di Ovidio, Enea non solo uccide Turno ma arriva a distruggere Ardea, la capitale del regno dei Rutuli. Secondo altri autori, Enea, dopo la morte di [[Turno]], combatté contro gli [[Etruschi]] stessi per cacciarli via dalla sua terra, dopo che essi gli ebbero chiesto con la prepotenza di stare con lui definitivamente. Lavinia darà ad Enea un altro figlio, Enea Silvio, scatenando l'invidia di Ascanio, che fonderà [[Alba Longa]]. Un giorno, improvvisamente, Enea scomparve, portato dalla madre sull'[[Olimpo (Grecia)|Olimpo]], per poi venire onorato dai suoi discendenti, i [[Civiltà romana|Romani]], che come un [[Dio]] lo chiameranno per sempre con il nome di "Giove Indigete"; la città di [[Roma]], fondata nel 753 a.C., sorgerà sul Palatino per opera di [[Romolo]], figlio di [[Rea Silvia]], discendente di Enea.</ref>
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|1-106
|Turno s’infiamma nel vedere i Latini disfatti; dialogo tra Turno, Latino e Amata; Turno si arma
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A partire dal settimo libro l'antagonista principale di Enea è Turno, il giovane re dei Rutuli, promesso sposo di Lavinia, a tratti feroce in guerra, ma mai presentato come figura negativa. Turno è anch'egli un uomo animato da profonda religiosità, tratta con grande rispetto i genitori della promessa sposa e lo si vede spesso in ansia per la sorte del proprio popolo: l'unico suo tratto poco nobile è una certa tendenza all'ostentazione. Agli antipodi di Enea sta semmai il maggior alleato di Turno, [[Mezenzio]], per il suo spregio verso dei e nemici: tuttavia la morte di suo figlio Lauso rivelerà anche in quest'uomo apparentemente insensibile alcuni tratti di insospettata umanità.
L{{'}}''Eneide'' è anche il poema degli eroi giovanissimi, strappati troppo presto alla vita per colpa della guerra: il poeta mette sempre in risalto le loro uccisioni, siano essi di parte troiana e filotroiana ([[Eurialo e Niso]], [[Corebo (Eneide)|Corebo]], [[Pallante (Evandro)|Pallante]], [[Salio]], tra i tanti) o italica ([[Camilla (Eneide)|Camilla]], [[Umbrone]], [[
== Ambienti ==
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Il poema è stato composto in un periodo in cui a Roma stavano avvenendo grandi cambiamenti politici e sociali: la [[Repubblica romana|Repubblica]] era caduta, la guerra civile aveva squassato la società e l'inaspettato ritorno ad un periodo di pace e prosperità, dopo parecchi anni durante i quali aveva regnato il caos, stava considerevolmente mutando il modo di rapportarsi alle tradizionali categorie sociali e consuetudini culturali. Per reagire a questo fenomeno, l'imperatore [[Augusto]] stava tentando di riportare la società verso i valori morali tradizionali di Roma e si ritiene che la composizione dell{{'}}''Eneide'' sia specchio di questo intento. Enea infatti è tratteggiato come un uomo devoto, leale verso la sua gente e attento alla crescita di essa, piuttosto che preoccupato dei propri interessi. Egli ha iniziato un percorso che porterà alla fondazione ed alla gloria di Roma.
Con l{{'}}''Eneide'', inoltre, si tenta di legittimare l'autorità di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] e, per estensione, di suo figlio adottivo Augusto e dei discendenti, dato che discendevano dalla [[Gens Iulia]], l'antica gens di [[Enea]]. Quando Enea compie il proprio viaggio nel mondo sotterraneo dei morti riceve una profezia riguardo alla futura grandezza dei suoi imperiali discendenti. Più in là avrà in dono da [[Vulcano (divinità)|Vulcano]] un'armatura e delle armi, tra le quali uno scudo decorato con immagini dei personaggi che daranno lustro a Roma, primo fra tutti Augusto. Alcune anticipazioni si riscontrano poi in senso onomastico, soprattutto nei personaggi secondari: il miglior amico di [[Ascanio]], Ati, è l'avo di Azia, madre di [[Ottaviano Augusto]]; dai quattro luogotenenti troiani di Enea che partecipano alla gara navale, Cloanto, Mnesteo, Gia e Sergesto, traggono la loro origine altrettante famiglie romane (i Cluenzi, i Memmi, la ''gens'' Gegania e i Sergi);<ref>Il poeta stesso lo dice espressamente per tre di questi personaggi, precisamente Cloanto, Mnesteo e Sergesto.</ref> in campo italico il principe sabino [[Clauso]] diventerà il progenitore della ''gens'' Claudia (destinata a fondersi con quella Iulia tramite il matrimonio che unirà [[Livia Drusilla]] ad Augusto), mentre non lasciano figli, ma sono destinati anch'essi a entrare in qualche modo nella storicità per il perpetuarsi della memoria dei loro nomi, Remo, [[Lamiro e Lamo|Lamiro, Lamo]], Serrano - i quattro giovani rutuli decapitati nel sonno da Niso - con Remo fratello di Romolo, la
Si può inoltre rivolgere l'attenzione al rapporto tra Troiani e Greci che si riscontra all'interno dell{{'}}''Eneide''. I Troiani secondo il poema furono gli antenati dei Romani, mentre gli eserciti greci, che avevano assediato e saccheggiato Troia, erano i loro nemici: tuttavia, all'epoca in cui l{{'}}''Eneide'' è stata scritta, i Greci facevano parte dell'[[Impero romano]] e, pur essendo un popolo rispettato e considerato per la sua cultura e civiltà, erano di fatto un popolo sottomesso. Virgilio risolve questo problema sostenendo che i Greci avevano battuto i Troiani solo grazie
== Temi trattati nel poema ==
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== Lo stile ==
L{{'}}''Eneide'', come gli altri [[Poema epico|poemi epici]] classici, è scritta in [[esametro|esametri dattilici]], il che significa che ogni verso ha sei [[Piede (poesia)|piedi]] composti da [[dattilo (metrica)|dattili]] e [[spondeo|spondei]]. La [[metrica]] del poema ricopre la stessa funzione delle rime usate dai poeti moderni: è un modo per rendere la composizione più gradevole all'ascolto. Virgilio fa inoltre ampio uso di
== Il tempo nell{{'}}''Eneide'' ==
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[[File:Pur_01_dore.jpg|thumb|Illustrazione di Gustave Doré per il primo canto del ''Purgatorio'' con Virgilio e Dante.]]
L'Eneide è la fonte che ha maggiormente influito sulla composizione della ''[[Divina Commedia]]'' di [[Dante Alighieri]]. Il Sommo Poeta dichiara, fin dal primo canto dell'[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]], il proprio debito letterario e stilistico verso Virgilio e la sua opera:
{{citazione|Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore,<br>tu se' solo colui da cu'io tolsi<br>lo bello stilo che m'ha fatto onore.
Nell'opera dantesca Virgilio è lo [[psicopompo]] del poeta fiorentino nel suo viaggio ultraterreno, per tutto l'Inferno e buona parte del Purgatorio: ciò non deve stupire dato che Dante conosceva approfonditamente l'intera Eneide:
{{citazione|…e così 'l canta<br>l'alta mia tragedìa in alcun loco:<br>ben lo sai tu che la sai tutta quanta.
Nel [[Limbo]], Virgilio è accolto onorevolmente dalla scuola dei poeti ([[Omero]], [[Ovidio]], [[Marco Anneo Lucano|Lucano]] e [[Orazio]]):
{{citazione|"Onorate l'altissimo poeta;<br>l'ombra sua torna, ch'era dipartita".
Nell'isola del Purgatorio, Dante e Virgilio incontrano l'anima del [[trovatore]] [[Sordello da Goito]] che, dopo aver riconosciuto Virgilio, si inchina, lo abbraccia, e lo riconosce come padre di quella lingua che, partendo dal [[lingua latina|latino]] avrebbe poi dato vita all'[[lingua italiana|italiano]]:
{{citazione|"O gloria di Latin", disse, "per cui<br>mostrò ciò che potea la lingua nostra…"
Salendo il Purgatorio, Dante e Virgilio incontrano l'anima di [[Publio Papinio Stazio]], la cui ''[[Tebaide (Stazio)|Tebaide]]'' è anch'essa una fonte importante della ''Divina Commedia''. Prima ancora di apprendere l'identità degli interlocutori, Stazio riconosce nell'opera di Virgilio un importante testo di riferimento:
{{citazione|Al mio ardor fuor seme le faville,<br>che mi scaldar, de la divina fiamma<br>onde sono allumati più di mille;<br>de l’Eneïda dico, la qual mamma<br>fummi, e fummi nutrice, poetando:<br>sanz’essa non fermai peso di dramma
Nella ''Divina Commedia'', i riferimenti ai personaggi, ai luoghi, agli episodi dell'Eneide sono innumerevoli, tra cui: [[Enea]], [[Turno]], [[Eurialo e Niso]], [[Camilla (Eneide)|Camilla]], [[Latino (mitologia)|Latino]], [[Lavinia (mitologia)|Lavinia]], [[Pentesilea]], [[Caronte (mitologia)|Caronte]], [[Minosse]], [[Elena (mitologia)|Elena]], [[Didone]], [[Sicheo]], [[Cerbero]], [[Flegias]], le [[Arpie]], il [[Minotauro]], [[Pasifae]], [[Teseo]], le [[Gorgoni]], [[Medusa (mitologia)|Medusa]] e le [[Erinni]], i [[Centauri]] (e.g. [[Chirone]], [[Nesso (mitologia)|Nesso]]), [[Caco (mitologia)|Caco]], [[Ercole]], [[Gerione (mitologia)|Gerione]], [[Manto]], [[Tiresia]], [[Calcante]], [[Euripilo (Eneide)|Euripilo]], [[Diomede]], [[Ulisse]], [[Penelope]], [[Circe]], i [[Giganti (mitologia greca)|Giganti]] (e.g. [[Briareo]], [[Tizio]], [[Tifone (mitologia)|Tifo]]), [[Sinone]], [[Ecuba]], [[Antenore]], [[Rifeo]]; l'[[Acheronte]], lo [[Stige]], il [[Flegetonte]], il [[Cocito]], il [[Lete (fiume dell'oblio)|Lete]]. L'episodio di [[Pier delle Vigne]], trasformato in [[prunus|pruno]], è in parte calcato su quello di [[Polidoro (figlio di Ecuba)|Polidoro]], figlio di [[Priamo]] ed [[Ecuba]], fatto uccidere proditoriamente da [[Polimestore]]; l'umile [[juncus|giunco]] che cresce sulle rive del Purgatorio ricorda il [[ramo d'oro]] raccolto da Enea (entrambi, una volta strappati, ricrescono istantaneamente sempre uguali); come Enea a [[Troia]] cerca invano di abbracciare tre volte lo spirito della moglie [[Creusa (figlia di Priamo)|Creusa]], e nei [[Campi Elisi]] tre volte cerca invano di abbracciare il padre [[Anchise]], e prima di lui Ulisse, discendendo nell'[[Erebo]], tre volte aveva cercato invano di abbracciare la madre [[Anticlea]], così Dante per tre volte cerca invano di abbracciare l'anima penitente di [[Casella (Divina Commedia)|Casella]]<ref>E nella ''[[Gerusalemme liberata]]'' di [[Torquato Tasso]], per tre volte [[Tancredi di Galilea|Tancredi]] afferra l'amata [[Clorinda (personaggio)|Clorinda]], credendola un guerriero nemico, ma per tre volte questa si divincolerà, prima di venire tragicamente uccisa
== Edizioni critiche dell{{'}}''Eneide'' più recenti ==
Riga 843 ⟶ 848:
* [[Stefano Bonfanti]], Milano, Editoriale Del Drago, 1992 (traduzione in endecasillabi sciolti)
* [[Giuseppe Maria Bozzoli]], Cremona, 1782-83
* [[Antonio Buccelleni]], Brescia, F. Apollonio 1852
* [[Girolamo Luigi Calvi]], Milano, Tipografia Ronchetti e Ferreri, 1846.
* [[Rosa Calzecchi Onesti]], Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1962 (traduzione in prosa); Torino, Einaudi, 1967 (traduzione in versi)
Riga 904 ⟶ 910:
* [[Henry Owgan]]
* [[Sarah Ruden]]
* [[Edward Fairfax Taylor]]
* [[David West (traduttore)|David West]]
* [[Theodore Chickering Williams]]
Riga 953 ⟶ 960:
* Philip R. Hardie, ''Virgil's 'Aeneid': Cosmos and Imperium'', ISBN 0-19-814036-3.
* [[Richard Heinze]], ''Virgil's Epic Technique'', traduzione inglese di Hazel & David Harvey e Fred Robinson. Berkeley: The University of California Press, 1993 ISBN 0-520-06444-5.
* [[Philippe Heuzé]], ''L'image du corps dans l'oeuvre de Virgile'', Roma, École Française de Rome 1985, cm.17x24, pp.VIII,675, br.con bandelle, cop.fig. Collection de l'Ecole Française de Rome, 86.
* W. R. Johnson, ''Darkness Visible: A Study of Vergil's Aeneid'', ISBN 0-520-02942-9
* [[Yoneko Nurtantio]], ''Le silence dans l'Énéide'', Brussels: EME & InterCommunications, 2014 {{ISBN|978-2-8066-2928-9}}.
* [[Brooks Otis]], ''Virgil: A Study in Civilized Poetry'', Oxford, 1964.
* [[Kenneth Quinn]], ''Virgil's Aeneid: A Critical Description'', Londra, 1968.
Riga 964 ⟶ 971:
* [[Francesco Birardi]], ''[[La grande missione di Enea]]'', racconti del ciclo troiano per la gioventù, Le Monnier, 1954.
* [[Guido da Pisa]], ''I fatti di Enea'' , sezione dell'opera in prosa ''Il Fiore d'Italia''.
* [[Charles Henry Hanson]], ''The Wanderings of Aeneas and the Founding of Rome'', romanzo per ragazzi, T. Nelson, 1884.
* [[Giovanni Battista Lalli]], ''Eneide travestita'', versione burlesca del poema, in ottave.
* [[Penelope Lively]], ''In Search of a Homeland; The Story of The Aeneid'' , romanzo per ragazzi, 2001.
* [[Marilù Oliva]], ''L'Eneide di Didone'', Solferino, 2022
* [[Roberto Piumini]], ''Cuore d'eroe. La storia di Enea'', romanzo per ragazzi, Nuove Edizioni Romane, 2012.
* [[Antonio Spinosa]] (con [[Carmine Mastroianni]]), ''La grande storia dell'Eneide'', Mondadori, 2005.
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