Giovanni Gentile: differenze tra le versioni

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{{citazione|Era un omone che ispirava grande simpatia; con la pancia incontenibile, i bei capelli brizzolati sopra un faccione rosso acceso, di carnale cordialità. Tutto fuorché un filosofo: così mi apparve, benché fossi pieno di entusiasmo per i suoi ''Discorsi di religione'', freschi di lettura. Bonario, familiare (paternalista), mi fece l'impressione di un vigoroso massaro siciliano, che fonda la sua autorità sull'indiscusso ruolo di patriarca. [...]|[[Geno Pampaloni]], ''Fedele alle amicizie'', 1984<ref>Cit. di Geno Pampaloni tratta da Nicola Abbagnano, ''Ricordi di un filosofo'', a cura di Marcello Staglieno, § III, p. 26, Milano, Rizzoli, 1990.</ref>}}
=== Gli studi e la carriera accademica ===
Ottavo di dieci figli, Gentile nasce nel 1875 a [[Castelvetrano]], nel [[provincia di Trapani|Trapanese]], da Giovanni Gentile ''senior'', farmacista, e Teresa Curti, figlia di un notaio. Frequenta il [[liceo Ximenes|ginnasio/liceo "Ximenes"]] a [[Trapani]]. Vince quindi il concorso per quattro posti di interno della [[Scuola Normale Superiore|Scuola Normale Superiore di Pisa]], dove si iscrive alla [[Facoltà universitaria|facoltà]] di [[Lettere e Filosofia|lettere e filosofia]]: qui ha come maestri, tra gli altri, [[Alessandro D'Ancona]], professore di letteratura, legato al metodo storico, al positivismo e di idee liberali, [[Amedeo Crivellucci]], professore di storia, e [[Donato Jaja]], professore di filosofia, hegeliano seguace di [[Bertrando Spaventa|Spaventa]].
 
Dopo la [[laurea]] nel 1897, con massimo dei voti e ottenimento del diritto di pubblicazione della tesi, e un corso di perfezionamento a [[Firenze]], Gentile ottiene una cattedra in filosofia presso il [[convitto nazionale Mario Pagano]] di [[Campobasso]]. Nel 1900 si sposta al liceo Vittorio Emanuele di [[Napoli]]. Nel 1901 sposa Erminia Nudi, conosciuta a Campobasso: dal loro matrimonio nasceranno Teresa (1902), [[Federico Gentile|Federico]] (1904), i gemelli Gaetano e [[Giovanni Gentile (fisico)|Giovanni junior]] (1906), Benedetto (1908) e Fortunato (1910).
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È stato professore ordinario di storia della filosofia all'Università di Palermo (27 marzo 1910), professore ordinario di filosofia teoretica all'[[Università di Pisa]] (9 agosto 1914), professore ordinario di storia della filosofia all'[[La Sapienza|Università di Roma]] (11 novembre 1917), professore ordinario di filosofia teoretica all'Università di Roma (1926), commissario della Scuola Normale Superiore di Pisa (1928-1932), direttore della Scuola Normale superiore di Pisa (1932-1943) e vicepresidente dell'[[Università Bocconi]] di Milano (1934-1944).
 
Durante gli studi a [[Pisa]] incontra [[Benedetto Croce]] con cui intratterrà un carteggio continuo dal 1896 al 1923: argomenti trattati dapprima la storia e la letteratura, poi la filosofia. Uniti dall'idealismo (su cui avevano comunque idee diverse), contrastarono assieme il [[positivismo]] e le degenerazioni, a loro dire, dell'università italiana. Insieme fondano nel 1903 la rivista ''[[La Critica]]'', per contribuire, in base alle loro idee, al rinnovamento della cultura italiana: Croce si occupa di letteratura e di storia, Gentile, invece, si dedica alla storia della filosofia. In quegli anni Gentile non ha ancora sviluppato il proprio sistema filosofico. L'attualismo avrà configurazione sistematica solo alle soglie della prima guerra mondiale.

Sarà inoltre dal 1915 che Gentile divenne membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione, fino al 1919.
 
=== Il primo dopoguerra e l'adesione al fascismo ===
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Nell'immediato dopoguerra partecipa attivamente al dibattito politico e culturale. Nel 1919 è, insieme a [[Luigi Einaudi]] e [[Gioacchino Volpe]], tra i firmatari del manifesto del [[Gruppo Nazionale Liberale]] romano, che, insieme ad altri gruppi nazionalisti e di ex combattenti forma l'[[Alleanza Nazionale per le elezioni politiche]], il cui programma politico prevede la rivendicazione di uno «Stato forte», anche se provvisto di larghe autonomie regionali e comunali, capace di combattere la metastasi burocratica, i [[Protezionismo|protezionismi]], le aperture democratiche alla [[Francesco Saverio Nitti|Nitti]], rivelatosi «inetto a tutelare i supremi interessi della Nazione, incapace di cogliere e tanto meno interpretare i sentimenti più schietti e nobili».<ref>Cit. dal manifesto in [[Eugenio Di Rienzo]], ''Storia d'Italia e identità nazionale. Dalla Grande Guerra alla Repubblica'', Firenze, Le Lettere, 2006, pp. 71-72.</ref>
 
Nel 1920 fonda il ''[[Giornale critico della filosofia italiana]]''. Sempre nel 1920 diviene consigliere comunale di [[Roma]], mentre l'anno successivo viene nominato anche assessore supplente alla X Ripartizione, A.B.A., ovvero alle Antichità e alle belle Arti, sempre didel [[municipio di Roma]].<ref>Cfr. Vito de Luca, ''Un consigliere comunale di nome Giovanni Gentile. Attività amministrativa a Roma e linguaggio politico (1920-1922)'', "Nuova Storia contemporanea", a. XVIII, n. 6, 2014, pagg. 95-120. Dello stesso autore, cfr. "Giovanni Gentile. Al di là di destra e sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell'assessore e del ministro (1920-19249)", Chieti, Solfanelli, 2017, pp. 464.</ref>. Nel 1922 diviene socio dell'[[Accademia dei Lincei]]. Fino al 1922 Gentile non mostra particolare interesse nei confronti del [[fascismo]]. Fu solo allora che prese posizione in merito, dichiarando di vedere in Mussolini un difensore del [[liberalismo]] [[Risorgimento|risorgimentale]] nel quale si riconosceva:
{{citazione|Mi son dovuto persuadere che il [[liberalismo]], com'io l'intendo e come lo intendevano gli uomini della gloriosa [[Destra storica|Destra]] che guidò l'[[Italia]] del [[Risorgimento]], il liberalismo della libertà nella legge e perciò nello Stato forte e nello Stato concepito come una realtà etica, non è oggi rappresentato in Italia dai liberali, che sono più o meno apertamente contro di Lei, ma per l'appunto, da Lei.<ref>{{cita web|url=http://www.lovatti.eu/st/gentile.htm|titolo=Lettera a Mussolini in occasione dell'adesione al partito fascista|data=31 maggio 1923}}</ref>|Da una lettera del 31 maggio [[1923]] rivolta a [[Benito Mussolini]], cit. in G. Gentile, ''La riforma della scuola in Italia'', Firenze, Le Lettere, 1989, pp. 94-95}}
Il 31 ottobre, all'insediamento del regime viene nominato da [[Mussolini]] [[Ministri della pubblica istruzione del Regno d'Italia|ministro della pubblica istruzione]] (1922-1924, per dimissioni volontarie), attuando nel 1923 la [[riforma Gentile]], fortemente innovativa rispetto alla precedente riforma basata sulla [[legge Casati]] di più di sessant'anni prima (1859). Durante il suo ministero si rende responsabile di vari casi di persecuzione politica di insegnanti o funzionari antifascisti, sotto forma sia di licenziamenti o prepensionamenti di tipo discriminatorio<ref>{{Cita|Boatti 2010|p. 21}}.</ref>, sia di ispezioni ministeriali e provvedimenti disciplinari contro persone politicamente non allineate col governo<ref>{{Cita|Franzinelli 2021|p. 59}}.</ref>. Rancori personali, oltre che motivi politici, sono alla base dell'accanita persecuzione cui Gentile sottopone l'archeologo [[Vittorio Spinazzola (archeologo)|Vittorio Spinazzola]], la cui carriera ne esce distrutta.<ref>{{Cita|Franzinelli 2021|pp. 59-67}}.</ref>.
 
Il 5 novembre 1922 diviene senatore del Regno<ref>[http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/6c48e5794fc641b0c125711400382de0/042456ea674ec8a74125646f005c1b04?OpenDocument Scheda senatore GENTILE Giovanni.<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Nel 1923 Gentile si iscrive al [[Partito Nazionale Fascista]] (PNF) con l'intento di fornire un programma ideologico e culturale.
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In virtù della sua appartenenza organica al regime, Gentile consegue un forte arricchimento in termini economici e già all'inizio degli anni trenta la sua famiglia si attesta su un tenore di vita parecchio elevato<ref>{{Cita|Franzinelli 2021|pp. 159-61}}.</ref>. Gentile realizza anche un notevole accumulo di cariche culturali, accademiche e politiche<ref>{{Cita|Franzinelli 2021|p. 165}}.</ref>, grazie alle quali esercita durante tutto il ventennio fascista un forte influsso sulla cultura italiana, specialmente nel settore amministrativo e scolastico.
[[File:Gentile e Mussolini esaminano i primi volumi della Treccani.jpg|thumb|left|Gentile e Benito Mussolini mentre esaminano i primi volumi dell'[[Enciclopedia Italiana]]]]
È il direttore scientifico dell'[[Enciclopedia Italiana]] dell'[[Istituto Treccani]] dal 1925 al 1938, e vicepresidente di tale istituto dal 1938, dove accolse numerosi "collaboratori non fascisti" come il socialista [[Rodolfo Mondolfo]]<ref name=autogenerato2>{{cita|Paolo Simoncelli|p. 41}}.</ref>. A Gentile si devono in gran parte il livello culturale e l'ampiezza della visione dell'opera: invitò infatti «a collaborare alla nuova impresa {{formatnum:3266}} studiosi, di diverso orientamento»<ref name="Benedetti41"/>, poiché «nell'opera si doveva coinvolgere tutta la migliore cultura nazionale, compresi molti studiosi [[ebrei]] o notoriamente [[antifascisti]], che ebbero spesso da tale lavoro il loro unico sostentamento».<ref name="Benedetti41">Amedeo Benedetti, "L'Enciclopedia Italiana Treccani e la sua biblioteca", ''Biblioteche Oggi'', Milano, n. 8, ottobre 2005, p. 41.</ref> Egli riesce in tal modo a mantenere una relativa autonomia, nella redazione dell'enciclopedia, dalle interferenze del [[regime fascista]].

La collaborazione di antifascisti all'enciclopedia suscita critiche fra le gerarchie, cui Gentile risponde rassicurando Mussolini in una lettera del luglio 1933, in cui scrive fra l'altro che ai non iscritti al Partito Nazionale Fascista «non è dato di inserire di proprio una sola parola nel testo della ''Enciclopedia''», e che «nessun collaboratore, in nessuna materia, ha mano libera; e tutti gli articoli sono soggetti a rigorosa revisione»<ref>Lettera di Giovanni Gentile a Benito Mussolini, 8 luglio 1933, citata in {{Cita|Franzinelli 2021|pp. 153-4}}.</ref>. Tutte le voci dell'enciclopedia che riguardano il fascismo sono sottoposte all'approvazione preventiva di Mussolini<ref>{{Cita|Franzinelli 2021|pp. 154-5}}.</ref>. La voce sulla dottrina del fascismo, la cui prima parte è in realtà scritta da Gentile, viene firmata dal solo Mussolini<ref>{{Cita|Franzinelli 2021|p. 155}}.</ref>. Il dittatore, costantemente informato dell'andamento dei lavori, legge in bozza i lemmi di suo interesse e talora suggerisce modifiche<ref>{{Cita|Franzinelli 2021|p. 158}}.</ref>.
 
Nel 1928 Gentile diventa regio commissario della Scuola Normale Superiore di Pisa, e nel 1932 direttore. Nel 1930 diventa vicepresidente dell'[[Università Bocconi]]. Nel 1932 diventa Socio Nazionale della [[Accademia dei Lincei|Reale Accademia Nazionale dei Lincei]]. Lo stesso anno inaugura l'[[Istituto Italiano di Studi Germanici]], di cui diviene presidente nel 1934. Nel 1933 inaugura e diviene presidente dell'[[Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente]]. Nel 1934 inaugura a [[Genova]] l'[[Istituto mazziniano]]. Fu direttore della ''[[Nuova Antologia]]'' e accolse "collaboratori non fascisti" come il socialista [[Rodolfo Mondolfo]]<ref name="autogenerato2" />. Nel 1937 diventa regio commissario, nel 1938 presidente del [[Centro nazionale di studi manzoniani]] e nel 1941 è presidente della [[Domus Galilaeana]] a Pisa.
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====Rapporti con la cultura cattolica====
Non mancano comunque i dissensi col regime: in particolare il suo influsso all'interno del regime subisce un duro colpo nel 1929, alla firma dei [[Patti Lateranensi]] tra [[Chiesa cattolica]] e Stato Italiano: sebbene Gentile riconosca il [[cattolicesimo]] come forma storica della [[spiritualità]] italiana,<ref name=religione>EgliCome lui stesso affermava: «Io sono cristiano. Sono cristiano perché credo nella religione dello spirito. Ma voglio subito aggiungere, a scanso di equivoco: io sono cattolico. E non da oggi. Cattolico a rigore, sono dal giugno del 1875, ossia da quando sono al mondo» (G. Gentile, da una conferenza tenuta a Firenze il 9 febbraio 1943, cit. in [https://books.google.it/books?id=EPEWEAAAQBAJ&pg=PT178PT140#v=onepage&q&f=false ''Ritrovare Dio: scritti sulla religione'', pag. 178140], Roma, Mediterranee, 2021).</ref> ritiene di non poter accettare uno Stato non laico. Questo evento segna una svolta nel suo impegno politico militante; è inoltre contrario all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole medie e superiori, mentre riteneva giusto - avendolo inserito nella sua riforma - quello nelle scuole elementari, in quanto lo riteneva una preparazione alla filosofia adatta ai bambini.
 
Nel 1934 il [[Sant'Uffizio]] mette all'indice le opere di Gentile e di Croce, a causa del loro riconoscimento, nel solco dell'idealismo, del cristianesimo cattolico come mera "forma dello [[spirito (filosofia)|spirito]]", ma considerato inferiore alla filosofia, come Gentile spiega nel discorso del 1943 ''La mia religione'', in cui vi sono anche alcune velate critiche al [[papato]] storico, ispirate da [[Dante]], [[Vincenzo Gioberti|Gioberti]] e [[Alessandro Manzoni|Manzoni]].<ref>{{cita web|url=https://paolodarpini.blogspot.it/2014/04/la-religione-cattolica-di-giovanni.html|titolo=Testo qui |lingua= |data= |accesso= }}</ref>
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Nel 1936 ha luogo una polemica contro il nuovo ministro dell'Educazione Nazionale [[Cesare Maria De Vecchi]], che Gentile accusa di «inquinare la cultura nazionale».<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/de-vecchi-cesare-maria_%28Dizionario-Biografico%29/ «De Vecchi, Cesare Maria», Treccani].</ref>
 
Gentile, personalmente, non condivise le [[leggi razziali fasciste|leggi razziali]] del 1938, come si evince da un carteggio con [[Benvenuto Donati]] durato per tutto il periodo tra il 1920 eed il 1943. Benché sia stato indicato da taluni<ref>[http://www.experiences.it/primopiano/filosofia/primopiano_n2_filosofia.htm ''La scelta di campo di Gentile''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150924004841/http://www.experiences.it/primopiano/filosofia/primopiano_n2_filosofia.htm |data=24 settembre 2015 }}</ref> come uno dei firmatari del [[Manifesto della razza]], si tratta di una diceria, in quanto Gentile non lo firmò mai, come dimostrato dallo studioso [[Paolo Simoncelli]].<ref>{{cita web|url=http://www.opinione.it/cultura/2013/03/30/bertoncini_cultura-30-03.aspx|autore=Marco Bertoncini|titolo=Giovanni Gentile, la razza e le bufale|pubblicazione=l'Opinione|data=30 marzo 2013}}</ref><ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/2013/febbraio/19/Gentile_critico_pubblico_antisemitismo_del_co_0_20130219_a7b02436-7a5d-11e2-b3a3-7419af1c9f94.shtml|autore=Paolo Mieli|titolo=Gentile criticò in pubblico l'antisemitismo del regime. Uno sforzo vano}}</ref>
 
Soprattutto dopo la promulgazione delle leggi razziali in Italia, si susseguirono gli interventi di Gentile a favore di colleghi ebrei come Mondolfo<ref>{{cita|Paolo Simoncelli|p. 43}}.</ref>, [[Gino Arias]]<ref>{{cita|Paolo Simoncelli|p. 40}}.</ref> e [[Arnaldo Momigliano]]<ref>{{cita|Paolo Simoncelli|p. 34}}.</ref>.
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[[File:Il discorso agli Italiani del 24 giugno 1943 Giovanni Gentile.jpg|thumb|"Il discorso agli Italiani" del 24 giugno 1943]]
 
Gli ultimi interventi politici sono rappresentati da due conferenze nel 1943. Nella prima, tenuta il 9 febbraio a Firenze, dal titolo ''La mia religione'', in cui dichiarò di essere cristiano e cattolico, sebbene credente nello [[Laicismo|Stato laico]].<ref name=religione/>
 
Nella seconda, molto più importante, tenuta il 24 giugno su proposta di [[Carlo Scorza]]<ref>{{cita|Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo|p. 13}}.</ref>, nuovo segretario nazionale del PNF al [[Campidoglio]] a [[Roma]], dal titolo ''Discorso agli Italiani'', esortò all'unità nazionale, in un momento difficile della guerra. Dopo questi interventi si ritirò a [[Troghi]]<ref>{{Cita web|url=http://books.google.it/books?id=KaHCNhRhCuAC&printsec=frontcover&source=gbs_v2_summary_r&cad=0|titolo="Giovanni Gentile" di Gabriele Turi (p. 501)|editore=Google libri}}</ref> (FI), dove scrisse la sua ultima opera, uscita postuma, ''[[Genesi e struttura della società]]'', nella quale recuperò l'antico interesse per la filosofia politica<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-gentile_(Il_Contributo_italiano_alla_storia_del_Pensiero:_Filosofia)/ Giovanni Gentile in “Il Contributo italiano alla storia del Pensiero – Filosofia” – Treccani<!-- Titolo generato automaticamente -->].</ref>, e nel quale teorizzò "l'Umanesimo del lavoro".
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È questo per lui il «principio di tutto l'idealismo moderno»,{{citazione|del [[pensiero]] che non presuppone nulla perché [[assoluto]], e crea tutto. Non presuppone neppure il soggetto, come suo antecedente, ma è il [[soggetto (filosofia)|soggetto]], come scoprì [[Cartesio|Descartes]], distruggendo la vecchia distinzione di sostanza e attributo. Non ci sono io, e il mio pensiero, ma [[io (filosofia)|io]] sono il mio pensiero, che non è un essere, e tanto meno qualcosa, ma un processo, ''il'' processo.|G. Gentile, articolo dell'11 dicembre 1913 su ''[[La Voce (periodico)|La Voce]]'' in risposta a B. Croce}}
[[File:Giovanni Gentile.jpg|thumb|Giovanni Gentile nel periodo in cui era ministro]]
Il Pensiero è dunque attività perenne in cui all'origine non c'è distinzione tra [[soggetto (filosofia)|soggetto]] e [[oggetto (filosofia)|oggetto]]. Gentile avversa pertanto ogni [[dualismo]] e [[Naturalismo (filosofia)|naturalismo]] rivendicando l'unità di natura e spirito ([[monismo]]), cioè di [[spirito (filosofia)|spirito]] e [[materia (filosofia)|materia]], all'interno della [[coscienza (filosofia)|coscienza]] pensante, assieme al primato gnoseologico eed ontologico di questa. La coscienza è vista come sintesi di soggetto e oggetto, sintesi di un atto in cui il primo (il soggetto) pone il secondo ([[autoconcetto]]). Non hanno quindi senso orientamenti solo [[spiritualismo|spiritualisti]] o solo [[materialismo|materialisti]], come non ne ha la divisione netta tra spirito e materia del [[platonismo]], in quanto la realtà è [[Uno (filosofia)|Una]]: qui è evidente l'influsso del [[panteismo]] [[rinascimento|rinascimentale]] e dell'[[immanente|immanentismo]], più che dell'[[hegelismo]].<ref name=fusaro>{{cita web|url=http://www.filosofico.net/gentile105.htm|curatore=[[Diego Fusaro]]|titolo=Giovanni Gentile}}</ref>
Di [[Hegel]], a differenza di [[Benedetto Croce]], fautore dello ''[[storicismo]] assoluto'' o ''idealismo storicista'' per cui tutta la realtà è [[storia]] in divenire (e non [[atto (filosofia)|atto]] statico in senso [[Aristotele|aristotelico]]), Gentile non apprezza tanto l'orizzonte storicista quanto l'impianto idealistico basato sulla coscienza, che pone quest'ultima a fondamento del reale. Anche secondo Gentile vi è un errore, in Hegel, nella costruzione della [[dialettica]], ma in modo diverso dal giudizio di Croce: Hegel l'avrebbe infatti formulata come contrapposizione fra una tesi e un'antitesi concepiti come dei «pensati» (tipici del pensiero determinato delle scienze),<ref name=fusaro/> anziché come momenti di un medesimo atto pensante, finendo per giungere a un risultato ritenuto definitivo, situato al culmine dello sviluppo dello Spirito, mentre per Gentile il [[divenire]] non è mai concluso, essendo fuori dal [[tempo]].<ref>Lo stesso Croce avrebbe avuto il torto, secondo Gentile, di porre una «logica del fatto» al posto della logica attuale dello Spirito, basandola sulla [[dialettica dei distinti|distinzione delle forme]] dello Spirito ([[arte]], [[filosofia]], [[economia]] ed [[etica]]), che essendo «distinte» sono astrazioni avulse dalla vita spirituale, di cui compromettono l'[[Uno (filosofia)|unità]] (cfr. [http://www.giutor.com/sdf/cont/Decimo/X.9.html Neo-idealismo e neo-realismo: pensiero pensante e pensiero pensato] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170920044239/http://www.giutor.com/sdf/cont/Decimo/X.9.html |date=20 settembre 2017 }}).</ref>
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L'[[attualismo (filosofia)|attualismo]] di Gentile si esprime dunque in questa riforma della dialettica hegeliana, con l'introduzione della teoria dell'atto puro e l'esplicazione del rapporto tra «logica del pensiero pensante» e la «logica del pensiero pensato»:<ref>[http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=684&Guid=b4c605a1fd3740c0a09cb9a13bb3d10a Sull'importanza della riforma della dialettica idealista di matrice hegeliana in Gentile, si veda quest'intervista a Gennaro Sasso] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110520042523/http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=684&Guid=b4c605a1fd3740c0a09cb9a13bb3d10a |date=20 maggio 2011 }}. L'intervista è compresa nell'Enciclopedia Multimediale delle Scienza Filosofiche.</ref> la prima è una logica concreta, filosofica e dialettica, la seconda una logica formale ed erronea.<ref name=fusaro/>
 
Recuperando [[Johann Gottlieb Fichte|Fichte]], il filosofo afferma che lo spirito è fondante in quanto unità di coscienza eed autocoscienza, pensiero in atto; l'atto del pensiero pensante, o «atto puro», è il principio e la forma della realtà diveniente. Questa dialettica dell'atto puro si attua nell'opposizione tra la soggettività rappresentata dall'[[arte]] (tesi) e l'oggettività rappresentata dalla [[religione]] (antitesi) cui fa da soluzione la [[filosofia]] (sintesi).<ref name=fusaro/>
 
Particolare attenzione è dedicata al tema della soggettività dell'[[arte]] e al suo rapporto colla religione e la filosofia, ovvero l'intera vita dello spirito; se da un lato l'arte è il prodotto di un sentimento soggettivo, dall'altro essa è un atto sintetico che coglie tutti i momenti della vita dello spirito, acquistando dunque alcuni caratteri del discorso razionale.<ref name=fusaro/>
 
Sviluppando fino in fondo l'hegelismo di [[Bertrando Spaventa]], l'[[attualismo (filosofia)|attualismo]] gentiliano, per il quale ogni realtà esiste solo nell'[[atto (filosofia)|atto]] che la pensa, è stato interpretato come un [[idealismo soggettivo]] (una forma di [[soggettivismo]]), sebbene il suo autore tendesse a respingere tale definizione,<ref>Bruno Minozzi, ''Saggio di una teoria dell'essere come presenza pura'', pag. 114, Il Mulino, 1960.</ref> non essendo quell'atto preceduto né dal soggetto né tantomeno dall'oggetto, bensì coincidente con l'[[Idea]] stessa, e a differenza di Fichte, [[Immanenza|immanente]] all'esperienza proprio perché creatore dell'esperienza.<ref>Gentile cioè contestava a Fichte la [[trascendenza]] dell'[[Io (filosofia)|Io assoluto]] rispetto al non-io, e di restare così in un [[dualismo]] che non viene mai superato dall'[[attualismo (filosofia)|attualità]] del pensiero, ma solo da un agire pratico dilatato all'infinito, fermo alla contrapposizione fra teoria e prassi, per la quale Fichte «s'irretisce in un idealismo soggettivo in cui invano l'Io si sforza di uscire da sé» (Giovanni Gentile, ''Discorsi di religione'', pp. 53-55, Firenze, Sansoni, 1935).</ref><br/>Esso si pone così come sintesi e massimo punto di approdo delle tradizioni [[kantismo|kantiana]] eed [[neohegelismo|hegeliana]], che avevano segnato peraltro la [[filosofia italiana|filosofia risorgimentale]] dell'[[filosofia del XIX secolo|Ottocento]].<ref>{{cita pubblicazione|url=https://cab.unime.it/journals/index.php/PI/article/download/1862/1482|titolo=Le prolusioni di Gentile|autore=Francesca Rizzo|rivista=Il Pensiero Italiano. Rivista di Studi Filosofici|vol=1|anno=2017|numero=2|DOI=10.6092/2532-6864/2017.2.1-25}}</ref>
 
== Pensiero politico ==
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Egli, in quanto ideologo, sostiene che il fascismo si dovesse istituzionalizzare: ciò avverrà nei fatti attraverso l'istituzione del [[Gran Consiglio del Fascismo]].<ref name=dot/> Il [[fascismo]] si deve inoltre far assorbire dall'italianità (e non il contrario): il fine è che nella società non vi siano più contraddizioni, nessuna differenza tra [[cultura italiana]] e [[cultura fascista]].<ref name=man/>
 
Bisogna arrivare a una comunità omogenea e compatta anche in ambito lavorativo: attraverso l'istituzione della corporazione, la quale deve sanare la frattura sindacati-datori di lavoro tramite la [[collaborazione di classe]]; anche qui egli riprende le teorie mazziniane, oltre che il [[distributismo]].<ref name=dot/>

Il [[corporativismo]] (di cui le estreme realizzazioni saranno la [[democrazia organica]] e la [[socializzazione dell'economia]], progettate nella RSI) permetterà di giungere a uno stato di fatto in cui i problemi economici si risolveranno all'interno della corporazione stessa, senza provocare fratture all'interno della società, ed evitando la [[lotta di classe]], grazie alla [[terza via (fascismo)|terza via fascista]].<ref name=dot/>
 
Negli ultimi anni di vita Gentile sostenne, opponendosi all'ala estrema e intransigente del fascismo, l'idea di una riconciliazione, la più ampia possibile, di tutti gli italiani, sia fascisti sia antifascisti: pur riconoscendosi nella RSI, invitò pubblicamente il "popolo sano" ad ascoltare "la voce della Patria", esortandolo alla pacificazione e aad evitare una "[[Guerra civile in Italia (1943-1945)|lotta fratricida]]"<ref>Giovanni Gentile, "Ricostruire" in Corriere della Sera, 28 dicembre 1943.</ref>, di cui comunque non vedrà la fine.
 
Il gentilismo fu, a ogni modo, una delle principali correnti culturali del regime fascista, assieme al [[fascismo di sinistra]] "[[rivoluzione fascista|rivoluzionario]]" e [[Fascismo intransigente|intransigente]] ([[Curzio Malaparte|Malaparte]], [[Mino Maccari|Maccari]], [[Giuseppe Bottai|Bottai]], [[Filippo Tommaso Marinetti|Marinetti]], [[Roberto Farinacci|Farinacci]]), al [[fascismo clericale]], alla [[mistica fascista]] ([[Niccolò Giani|Giani]], [[Arnaldo Mussolini]]) e al [[neoghibellinismo]] [[religione romana|paganeggiante]] ([[Julius Evola]]).
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Il [[dualismo]] scolaro-maestro deve risolversi in [[uno (filosofia)|unità]] attraverso la comune partecipazione alla vita dello spirito che tramite la cultura muove l'educatore verso l'educando e lo riassorbe nell'universalità dell'atto spirituale. «Il maestro è il sacerdote, l'interprete, il ministro dell'[[divinità|essere divino]], dello ''spirito''».<ref name=peda/>
 
Il maestro incarna lo spirito stesso, l'allievo deve allora entrare in sintonia nell'ascolto col maestro, proprio per partecipare anche lui dell'attuarsi dello spirito, per farsi libero e autonomo, eed in questa relazione arriva ad auto-educarsi, facendo del tutto propri i grandi contenuti presentati.<ref name=peda/>
 
Questi concetti ispirano la riforma scolastica del 1923, attuata da Gentile in veste di ministro della [[pubblica istruzione]], anche se solo una parte furono applicati secondo i suoi desideri. Altri principi della filosofia di Gentile presenti nella riforma scolastica sono in particolare la concezione della scuola come membro fondamentale dello [[Stato]] (viene infatti istituito un esame di Stato che sancisce la fine di ogni ciclo scolastico, anche se gli studi sono effettuati in un istituto privato) e il predominio delle discipline del gruppo umanistico-filologico.<ref name=peda/>
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* {{fr}}Charles Alunni, ''Ansichten auf Italien oder der umstrittene Historismus'', in ''Streuung und Bindung über Orte und Sprachen der Philosophie'', Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 1987.
* {{fr}}Charles Alunni, ''Heidegger, la piste italienne'', Paris, in ''Libération'', (en collaboration avec Catherine Paoletti pour l'interview de Ernesto Grassi), 3 mars 1988.
* {{fr}}Charles Alunni, ''Giovanni Gentile - Martin Heidegger. Note sur un point de (non) ‘traduction'traduction''', Paris, ''Cahier nº 6 du Collège International de Philosophie'', Éd. Osiris, pp.&nbsp;7–12, 1988.
* {{fr}}Charles Alunni, ''Archéobibliographie. Eugenio Garin'', Paris, ''Préfaces'', nº 18, pp.&nbsp;96–11, 1990.
* {{fr}}Charles Alunni, ''Giovanni Gentile'', ''Ernesto Grassi'' & ''Bertrando Spaventa'', Paris, ''Dictionnaire des Auteurs Laffont-Bompiani'', Robert Laffont, p.&nbsp;1193, pp.&nbsp;1300–1301 & p.&nbsp;3034, 1993.