Italo Balbo: differenze tra le versioni

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| immagine = Italio Balbo in the mountains (cropped).jpg
| didascalia =
|carica2 carica = [[Governatori generali della Libia italiana|Governatore della Libia italiana]]
|carica = [[Ministri dell'aeronautica del Regno d'Italia|Ministro dell'aeronautica del Regno d'Italia]]
| mandatoinizio = 12 settembregennaio [[1929]]1934
| mandatofine = 628 novembregiugno [[1933]]1940
| predecessore = [[BenitoPietro MussoliniBadoglio]]<smallref>[[Tripolitania italiana|Tripolitania]]</ref><br />(ad[[Rodolfo interim)Graziani]]<ref>[[Cirenaica italiana|Cirenaica]]</smallref>
| successore = [[BenitoRodolfo MussoliniGraziani]]<small><br/>(ad interim)</small>
|carica carica2 = [[Ministri dell'aeronautica del Regno d'Italia|Ministro dell'aeronautica del Regno d'Italia]]
|primoministro = [[Benito Mussolini]]
| mandatoinizio2 = 12 gennaiosettembre [[1934]]1929
|carica2 = [[Governatori generali della Libia italiana|Governatore della Libia italiana]]
| mandatofine2 = 286 giugnonovembre [[1940]]1933
|mandatoinizio2 = 1° gennaio [[1934]]
|primoministro primoministro2 = [[Benito Mussolini]]
|mandatofine2 = 28 giugno [[1940]]
| predecessore2 = Benito Mussolini <small>(''ad interim'')</small>
|predecessore2 = [[Pietro Badoglio]] ''in [[Tripolitania italiana|Tripolitania]]''<br>[[Rodolfo Graziani]] ''in [[Cirenaica italiana|Cirenaica]]''
| successore2 = [[RodolfoBenito Mussolini <small>(''ad Graziani]]interim'')</small>
| carica3 = [[Sottosegretario di Stato]] al [[Ministero dell'aeronautica]]
| mandatoinizio3 = 6 novembre [[1926]]
| mandatofine3 = 12 settemnbre [[1929]]
|predecessore3 primoministro3 = [[AlbertoBenito BonzaniMussolini]]
|successore3 predecessore3 = [[RaffaelloAlberto RiccardiBonzani]]
| successore3 = [[Raffaello Riccardi]]
| carica4 = [[Sottosegretario di Stato]] al [[Ministero dell'Economiaeconomia Nazionalenazionale]]
| mandatoinizio4 = 31 ottobre [[1925]]
| mandatofine4 = 6 novembre [[1926]]
|predecessore4 = [[Giovanni Floriano Banelli]]
|successore4 primoministro4 = [[TommasoBenito BisiMussolini]]
| predecessore4 = [[Giovanni Floriano Banelli]]
|carica5 = [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Deputato del Regno d'Italia]]
| successore4 = [[Tommaso Bisi]]
|mandatoinizio5 = 31 ottobre [[1922]]
| carica5 = [[Camera dei deputati del RegnoConsigliere d'Italia|Deputatonazionale del Regno d'Italia]]
|mandatofine5 = 28 giugno [[1940]]
| mandatoinizio5 = 3123 ottobremarzo [[1922]]1939
|legislatura5 = [[XXVII legislatura del Regno d'Italia|XXVII]], [[XXVIII legislatura del Regno d'Italia|XXVIII]], [[XXIX legislatura del Regno d'Italia|XXIX]]
| mandatofine5 = 28 giugno [[1940]]
|gruppo parlamentare5 = [[Partito Nazionale Fascista|PNF]]
|carica6 legislatura5 = [[CameraXXX dei fasci e delle corporazioni|Consigliere nazionalelegislatura del Regno d'Italia|XXX]]
| gruppo parlamentare6parlamentare5 = Membri del Gran Consiglio del Fascismo
|mandatoinizio6 = 19 gennaio [[1939]]
| circoscrizione5 = Roma
|mandatofine6 = 28 giugno [[1940]]
|collegio6 collegio5 = Roma
|legislatura6 carica6 = [[XXX legislaturaDeputato del Regno d'Italia|XXX]]
|gruppo parlamentare6 = Membri del Gran Consiglio del Fascismo
| mandatoinizio6 = 1931 gennaioottobre [[1939]]1922
|circoscrizione6 = Roma
| mandatofine6 = 282 giugnomarzo [[1940]]1939
|collegio6 = Roma
|legislatura5 legislatura6 = [[XXVII legislatura del Regno d'Italia|XXVII]], [[XXVIII legislatura del Regno d'Italia|XXVIII]], [[XXIX legislatura del Regno d'Italia|XXIX]]
| partito = [[Partito Repubblicano Italiano]]<small><br/>(1912-1920)</small> <br> [[Partito Nazionale Fascista]]<small><br/>(1920-1940)</small>
| gruppo parlamentare5parlamentare6 = [[Partito Nazionale Fascista|PNF]]
| partito = [[Partito Repubblicano Italiano|PRI]] <small><br/>(1912-1920)</small> <br> />[[Partito Nazionale Fascista|PNF]] <small><br/>(1920-1940)</small>
| titolo di studio = Diploma in scienze politiche e sociali
| professione = Militare
| firmasito5 =
| sito5sito6 = {{Deputati Regno}}
| tipo nomina =
| incarichi =
| sito5 = {{Deputati Regno}}
| tipo nomina2 =
| incarichi2 =
}}
{{militare
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|Religione = [[Chiesa cattolica|cattolica]]
|Nazione_servita = {{Bandiera|ITA 1861-1946}} [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]
|Forza_armata = {{simbolo|Flag of Italy (1860).svg|21}} [[Regio Esercito]]<br />[[File:Flag of the Blackshirts.svg|21px]] [[Squadre d'azione]]<br />[[File:Flag of the Blackshirts.svg|21px]] [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|MVSN]]<br />{{simbolo|Lesser coat of arms of the Kingdom of Italy (1929-1943).svg|21}} [[Regia Aeronautica]]
|Arma =
|Corpo = [[Alpini]]<br />Armi aeronautiche
|Specialità = [[Arditi]]<br />[[Pilota militare|Pilota di caccia]]
|Unità = Battaglione Alpini "Val Fella"<br />Battaglione Alpini "Pieve di Cadore"
|Reparto =
|Anni_di_servizio = 1915 - 1918, 1928 - 1940
|Grado = [[Maresciallo dell'aria (Italia)|Maresciallo dell'aria]]
|Ferite =
|Comandanti = [[Luigi Cadorna]]<br />[[Armando Diaz]] <br />[[Benito Mussolini]]
|Guerre = [[Prima guerra mondiale]]<br />[[Guerra d'Etiopia]]<br />[[Seconda guerra mondiale]]
|Campagne = [[Fronte italiano (1915-1918)|Fronte italiano]]<br />[[Campagna del Nordafrica]]
|Battaglie = [[Battaglie dell'Isonzo]]<br />[[Battaglia di Caporetto]]<br />[[Seconda battaglia del monte Grappa]]<br />[[Battaglia di Vittorio Veneto]]
|Comandante_di = [[Regia Aeronautica]]<br />[[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale#Comandanti generali della Milizia|Comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale]]
|Decorazioni =
|Studi_militari =
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}}
 
Iscritto al [[Partito Nazionale Fascista]] dal 1920<ref>Mario Missori, ''Gerarchie e statuti del PNF'', Bonacci, Roma, 1986, paginap. 164</ref>, fu prima [[Squadrismo|squadrista]] e poi uno dei [[Quadrumvirato#Fascismo|quadrumviri]] della [[marcia su Roma]], diventando in seguito comandante generale della [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale]], quindi nel 1925 [[Sottosegretario di Stato#Italia|sottosegretario]] all'economia nazionale e poi alla [[Regia Aeronautica]]. Nel 1929 assunse l'incarico di [[ministero dell'aeronautica|ministro dell'aeronautica]], veste in cui promosse e guidò diverse [[crociera aerea|crociere aeree]] come la [[crociera aerea transatlantica Italia-Brasile]] e la [[crociera aerea del Decennale]]. Fu insignito del grado di [[Maresciallo dell'aria (Italia)|Maresciallo dell'aria]].
Considerato un potenziale rivale politico di [[Benito Mussolini]] a causa della grande popolarità raggiunta, Balbo fuVenne nominato nel 1934 [[governatore]] della [[Libia italiana|Libia]].
 
Allo scoppio della [[seconda guerra mondiale]] organizzò voli di guerra per catturare alcuni veicoli del [[Regno Unito]], e proprio durante il ritorno da uno di questi voli, il 28 giugno 1940, fu abbattuto per errore dalla [[Arma contraerea|contraerea]] italiana sopra [[Tobruch]].
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== Biografia ==
=== La formazione ===
[[File:Italo Balbo 18 anni.png|miniatura|sinistra|Italo Balbo a 18 anni a [[Lugo (Italia)|Lugo]], paese originario della famiglia della madre.]]
I suoi genitori furono Camillo Balbo e Malvina Zuffi, entrambi maestri elementari. Il padre era di origini [[piemonte]]si, mentre la madre era [[Romagna|romagnola]] (la sua famiglia era originaria di [[Lugo (Italia)|Lugo]]). Italo fu il quarto di cinque figli: Maria, [[Fausto Balbo|Fausto]] (nato nel 1885 e morto di malattia nel 1912, padre di [[Lino Balbo|Lino]]), Edmondo ed Egle.<ref>{{Cita|Rochat 1986|p. 4}}.</ref>
 
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Iscritto alle elementari a 5 anni, gli fu fatta saltare la classe quinta e poté iscriversi al ginnasio a soli 9 anni. Questa iscrizione, secondo la fonte citata, avvenne troppo presto e la sua giovane età gli fece incontrare molte difficoltà nella scuola media, tanto che dopo una serie di bocciature i genitori lo iscrissero, nel 1913, in un istituto di [[San Marino]].<ref group=nota>Indubbiamente troppo giovane, si apprestò ad una esperienza che si rivelò particolarmente difficile, costellata da una serie di pesanti insuccessi e di bocciature che....{{cita|A.Guarnieri|p. 25}}.</ref> Qui tentò di finire gli studi, ma non riuscì a ottenere il diploma liceale.<ref name="cita-A-Guarnieri-p25"/>
 
A Ferrara, in quegli anni, si fronteggiavano una classe contadina organizzata e animata da idee [[socialismo|socialiste]] da una parte, e un gruppo di proprietari terrieri su posizioni più conservatrici dall'altra. Si stima, da un censimento dell'inizio degli anni venti, che i braccianti impiegati in agricoltura fossero la metà di tutta la popolazione attiva. Questi lavoratori versavano quasi tutti in situazione di [[povertà]], e la proprietà terriera poteva facilmente sfruttare il loro lavoro per una paga minima.<ref>{{Cita|A.Guarnieri|p. 13}}.</ref>
 
Balbo intanto, prima dello scoppio della [[prima guerra mondiale]], era maggiormente interessato a partecipare alle discussioni tra [[Monarchia|monarchici]] e [[repubblica]]ni che si tenevano spesso al caffè Mozzi<ref>Oggi è il "caffè Europa".</ref>. Le sue posizioni politiche si avvicinarono per un certo periodo alle idee repubblicane e mazziniane, con inclinazione verso movimenti rivoluzionari di ispirazione sindacale. <ref group=nota>...pochi sono gli elementi certi, tra questi spicca [...] la condivisione, in età giovanile, delle idee mazziniane anche se [...] per un certo periodo si trovò vicino al sindacalismo rivoluzionario.{{cita|A.Guarnieri|p. 25}}.</ref> Tra gli articoli pubblicati in quel periodo, quello pubblicato sulla "Raffica" a difesa dell'amico giornalista e scrittore [[Romualdo Rossi]] il quale fondò la rivista "la Diana".
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A marzo del 1919 iniziò a studiare a [[Firenze]] presso l'Istituto di scienze sociali "[[Cesare Alfieri di Sostegno|Cesare Alfieri]]"<ref>{{Cita web|url=https://www.sba.unifi.it/p776.html|titolo=Carlo Alfieri di Sostegno e la Scuola di Scienze sociali di Firenze}}</ref>. Ancora studente si iscrisse all'Associazione Arditi, e cominciò l'attività giornalistica come direttore del settimanale militare ''[[L'Alpino]]'', da lui fondato con Aldo Lomasti ed Enrico Villa<ref name="bert73">{{Cita|Bertoldi 1994|p. 73}}.</ref> , fino al dicembre del 1919. Si diplomó all'Istituto "Cesare Alfieri"<ref group="nota">Nei suoi testi biografici Balbo viene indicato come "laureato". In realtà il titolo rilasciato dalla Scuola di scienze sociali da lui frequentata era il diploma, che veniva equiparato alla laurea in giurisprudenza esclusivamente in casi particolari (non il suo). Solo con la riforma Gentile dell'istruzione superiore, a partire dal 1923, l'Istituto – con alcune significative modifiche del suo Statuto attuate nel 1925 – entrerà in un ambito universitario rendendo possibile ottenere sia il diploma (corso triennale) che la laurea (corso quadriennale).
 
(rif.{{Cita pubblicazione|autore=Sandro Rogari|anno=2004|titolo=Il "Cesare Alfieri" da Istituto a Facoltà di Scienze Politiche|rivista=L’Università degli Studi di Firenze 1924-2004|città=Firenze|numero=|pp=677-739677–739|url=https://www.storiadifirenze.org/pdf_ex_eprints/27-Rogari_Cesare_Alfieri.pdf}})</ref> il 30 novembre 1920 con una tesi finale dal titolo: ''Il pensiero economico e sociale di Giuseppe Mazzini''. [[File:Italo Balbo e la contessina Florio.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Italo Balbo e la contessina Florio.]]
 
Nel frattempo [[Olao Gaggioli]], pure lui reduce della grande guerra, fondò a Ferrara il [[Partito Politico Futurista|Fascio futurista]] cittadino, non lontano, nel suo primo programma, dalle richieste socialiste. Gaggioli, probabilmente sostenuto in questo da [[Filippo Tommaso Marinetti|Marinetti]], inviò la richiesta di adesione del gruppo di Ferrara ai [[Fasci italiani di combattimento]] che si stavano riunendo a [[Milano]] in piazza San Sepolcro per volontà di [[Benito Mussolini|Mussolini]].<ref>{{Cita|A.Guarnieri|p. 14}}.</ref>
 
Le elezioni politiche del [[1919]] furono un successo per il [[Partito Socialista Italiano|Partito Socialista]] in [[Italia]], dando origine a quello che poi fu chiamato [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]]. Sia a [[Bologna]] che a Ferrara la vittoria socialista alle elezioni amministrative, e le ondate di scioperi e occupazioni che l'accompagnarono, destarono la preoccupazione della [[borghesia]] industriale e dei proprietari terrieri, che cominciarono ad appoggiare le azioni [[Squadrismo|squadriste]] contro gli scioperanti e i simpatizzanti socialisti<ref>Gaetano Salvemini, ''Le origini del fascismo in Italia. Lezioni di Harvard'', a cura di [[Roberto Vivarelli]], Feltrinelli, Milano 1979 (quarta edizione), pagg. 309-10. Il testo di Salvemini risale al 1943.</ref><ref>{{cita web|titolo=Il biennio "rosso"|url=http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo1b.htm |sito=storiaXXIsecolo.it|accesso=11 agosto 2019}}</ref> del nascente movimento fascista. Esso, infatti, aveva iniziato a perdere l'iniziale spirito ''futurista''<ref>{{Cita|A.Guarnieri|p. 15}}.</ref> a favore di un'ideologia più conservatrice.
 
Fu in quel clima che Balbo, terminati gli studi, tornò nella sua città natale ove, messosi alla ricerca di un impiego, gli fu offerta la segreteria del fascio ferrarese. Olao Gaggioli infatti si era dimesso per protesta (poco prima di uno [[Eccidio del Castello Estense (1920)|scontro]] fra militanti socialisti e fascisti presso il castello Estense), adducendo a motivazione che ormai gli agrari, i cattolici ed i liberali avevano snaturato il movimento, trasformandolo in un'organizzazione reazionaria finalizzata a mantenere la situazione di fatto, andando contro le richieste dei braccianti e dei proletari.<ref>{{Cita|A.Guarnieri|p. 16}}.</ref>
 
=== Il matrimonio e l'adesione alla massoneria ===
Intanto, nell'inverno del 1919 Balbo era stato presentato alla contessina Emanuela Florio (1901-1980), di [[San Daniele del Friuli]], con la quale nel 1924, alla morte del conte Florio, si sposò. Fin quando rimase in vita infatti, il conte Florio si oppose fermamente al matrimonio, nonostante gli incarichi di sempre maggiore prestigio che Balbo andava ricoprendo. Dal matrimonio nacquero tre figli (Giuliana nel 1926, Valeria nel 1928 e Paolo nel 1930).<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 76-7776–77}}.</ref>
 
Anni dopo, ormai [[governatore della Libia]], Balbo ebbe come amante l'attrice di teatro modenese [[Laura Adani]], conosciuta durante una ''tournée'' nella [[Colonia (diritto internazionale)|colonia]] italiana.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 142}}.</ref>
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[[File:Balbo Albini e Radaelli a Venezia 1921.jpg|miniatura|Balbo con la sua [[squadra d'azione]] a Venezia nel 1921 davanti alla [[Basilica di San Marco]] porta il cappello nero dei [[repubblicanesimo|repubblicani]]. Nella foto insieme a [[Ippolito Radaelli]] e [[Umberto Albini (politico)|Umberto Albini]]]]
 
Nel 1920, venticinquenne, Balbo aderì ai [[Fasci italiani di combattimento]]. Essendo stato [[Partito Repubblicano Italiano|repubblicano]], chiese al partito se potesse restarne ugualmente un iscritto, ma ricevuta una risposta negativa si accordò con i fascisti di Ferrara per uno stipendio mensile di {{formatnum:1500}} lire (pagato dai proprietari terrieri) e diventando segretario politico al posto di Gaggioli. Ottenne anche la promessa di un posto come ispettore di banca una volta conclusa la ''battaglia'' fascista.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 73-7573–75}}.</ref> Il 13 febbraio 1921 quindi Balbo divenne segretario del Fascio di Ferrara ed uno degli esponenti di spicco, oltre che organizzatore e comandante dello [[squadrismo]] agrario, riuscendo ad avere ai suoi ordini tutte le [[squadre d'azione]] dell'Emilia-Romagna.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 27-2927–29 e 74}}.</ref> In tal modo riuscì anche a mettere a frutto le sue esperienze di comando durante la prima guerra mondiale<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 75}}.</ref>. In questa veste organizzò una squadra d'azione denominata "Celibano"<ref>Nome derivante dalla storpiatura dialettale del suo drink preferito, il cherry-brandy conosciuto anche come ''Sangue Morlacco''</ref>. La sede era il Caffè Mozzi di Ferrara, soprannominato da Balbo e i suoi "sitùzz", ovvero piccolo posto, ''posticino''.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 28}}.</ref>
 
Il gruppo di Balbo, in parte finanziato dai proprietari terrieri locali<ref>{{cita|Franzinelli 2004|p. 69}}: «I Fasci di combattimento schierati contro leghe rosse e leghe bianche sollecitarono i finanziamenti privati, giustificati coi benefici arrecati dall'intervento repressivo delle squadre d'azione. Si istituì una tassazione parallela, col versamento regolare di somme commisurate all'estensione delle tenute».</ref><ref>{{cita|Carocci 1994|p. 17}}: «Nel 1921, mentre gli industriali puntavano non tanto sul fascismo quanto su Giolitti, gli agrari delle regioni settentrionali e i grandi proprietari di quelle centrali aderivano o appoggiavano in modo più univoco il fascismo».</ref>, contrastavafu iresponsabile di numerose spedizioni punitive contro socialisti, sindacalisti e cooperative contadine; tali atti di violenza, spesso brutali, furono strumentali all'ascesa del fascismo e contribuirono all'instaurazione del regime autoritario. Si indicava una giustificazione dei misfatti come contrasto ai disordini provocati durante il [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]] dagli scioperi e dal monopolio instaurato violentemente dalle leghe socialiste<ref>{{cita|Tamaro 1953|p. 113}}: «Nel febbraio 1920 nel Ferrarese sessantamila lavoratori incrociarono le braccia, abbandonarono i campi e le stalle, vigilarono con le squadre di guardie rosse in armi il lavoro dei proprietari ribelli e dei "crumiri", percossero quanti lavoravano, incendiarono le ville e i fienili di quelli che non poterono allontanare dal lavoro».</ref> attraverso spedizioni punitive, motivate con le aggressioni ai camerati<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 29}}.</ref>, che colpivano i [[Partito Socialista Italiano|social]]-[[Partito Comunista d'Italia|comunisti]]<ref>{{Cita|Reichardt 2009|}}.</ref> e le cooperative contadine delle province di [[Ravenna]], [[Modena]], [[Bologna]] ma anche [[Rovigo]], il [[Polesine]], Firenze e [[Venezia]]<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 29-3029–30}}.</ref>. Le leghe socialiste, sostengono più fonti fra cui il [[Giordano Bruno Guerri|Guerri]], detenevano un enorme potere, che permetteva loro di emarginare coloro che non aderivano, dirottando solo verso i propri affiliati i finanziamenti pubblici e facendosi rimborsare dalla comunità le spese elettorali.<ref>{{cita|Guerri 1995|p. 80}}: «Bisogna considerare che a Ferrara, come in molte altre zone dell'Italia centrale e settentrionale, vigeva già una forma di illegalità di segno opposto. Il Partito socialista aveva il pieno controllo del comune e la Camera del lavoro e le leghe contadine facevano il bello e il cattivo tempo: otteneva lavoro solo chi era gradito alle leghe, che decretavano una vera morte civile a chi non voleva aderire; posti che avrebbero dovuto essere assegnati per concorso venivano attribuiti a membri del partito; denaro spettante a orfani e vedove di guerra veniva versato agli uffici del lavoro; spese per la propaganda di partito venivano accollate all'amministrazione pubblica».</ref> Perennemente in [[camicia nera]], Balbo eraacquisì ilinfluenza massimosui propagandista di questo emblema del [[fascismo]], ottimo organizzatore, di grande fascino fisico, alto, magroprefetti e consulle iautorità capellilocali nerigrazie divisial nelpotere mezzoesercitato conattraverso duelo svolazzanti bande ai lati. Trattare alla pari con questorisquadrismo e prefetti a soli venticinque anni, avendone anche la meglio,sua loposizione resenel ambiziosopartito.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 13, 29 e 73-76}}.</ref>
 
Conquistò con i suoi uomini il [[Castello Estense]] di Ferrara obbligando il [[prefetto]] a finanziare alcune misure contro la [[disoccupazione]], ma l'apice dello squadrismo di Balbo venne raggiunto il 26 e 27 luglio 1922 con l'occupazione di [[Ravenna]]. Il 26 luglio i socialisti e i repubblicani locali avevano proclamato uno sciopero generale. Sin dal primo mattino scoppiarono degli scontri in Borgo San Biagio, uno dei quartieri popolari di Ravenna. Rimase ucciso Giovanni Balestrazzi, capo del sindacato autonomo fascista. Gli scontri tra le opposte fazioni si fecero sempre più violenti. La forza pubblica, che fino ad allora si era tenuta in disparte, aprì il fuoco, lasciando sul terreno nove morti e una trentina di feriti, in prevalenza militanti repubblicani e socialisti<ref>{{Cita libro|autore=Mimmo Franzinelli|titolo=Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista, 1919-1922|editore=Mondadori|città=Milano|anno=2003|isbn=88-04-51233-4}}</ref>.
 
Italo Balbo, chiamato da Ferrara dagli squadristi locali, giunse prima di sera a Ravenna e fece convergere sul capoluogo romagnolo migliaia di camicie nere. Dopo aver ottenuto una tregua con i repubblicani, la mattina del 27 luglio i fascisti si scontrarono duramente con socialisti, comunisti e anarchici, prevalendo. Nel tardo pomeriggio del 27 luglio i fascisti incendiarono l'Hotel Byron, sede delle cooperative socialiste. Poi, sotto la guida di Balbo, le camicie nere imbastirono quella che Mussolini chiamò una «colonna di fuoco», cioè una colonna di autocarri, messi a disposizione dietro minaccia dalla [[questura]], che il 29 luglio distrusse e incendiò numerose "case rosse" nelle province di Forlì e Ravenna. CompiaciutoTali eviolenze soddisfattorientrano nella strategia fascista di conquista del comportamentopotere tenutomediante dail'intimidazione suoipolitica uomini,e la repressione armata. Balbo completò la smobilitazione di Ravenna il mattino seguente.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 30-3130–31}}.</ref>
 
Nel tentativo di arginare le violenze squadriste, il Prefetto emanò un ordine con cui vietava il porto del [[manganello]]. Balbo armò i suoi uomini di [[stoccafisso|stoccafissi]] i quali, picchiati con energia sulla testa degli avversari, vi producevano gli stessi effetti; i "randelli" di fortuna facevano poi da piatto forte di grandi mangiate conviviali cui talvolta venivano invitate anche le stesse vittime.<ref>{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|autore2=Mario Cervi|titolo=L'Italia in Camicia Nera (1919 - 3 gennaio 1925)|editore=RCS Libri S.p.A.|p=89}}</ref><ref>{{Cita web|url = http://archiviostorico.gazzetta.it/1998/novembre/25/Italo_Balbo_imprese_degli_idrovolanti_ga_0_9811257886.shtml?refresh_ce-cp|titolo =Italo Balbo e le imprese degli idrovolanti da Orbetello a Chicago La mitica epopea delle ali d'Italia |autore =Aronne Anghileri |sito =gazzetta.it |editore = [[La Gazzetta dello Sport]]|data =25 novembre 1998 |cid =A.Anghileri |citazione =Ras di Ferrara, aveva guidato squadre di bravacci in camicia nera, li aveva convinti a non usare i manganelli proibiti dal prefetto, sostituendoli con lo stoccafisso |accesso = 8 aprile 2018}}</ref>
 
Nel maggio 1922 divenne membro della Direzione nazionale del PNF.
Nell'agosto del 1922 avvennero i [[Fatti di Parma]]: dopo l'occupazione militare di gran parte della città dell'[[Emilia]], conseguente al cosiddetto [[sciopero legalitario]] di inizio mese, circa diecimila uomini di fede fascista provenienti dalle province limitrofe tentarono la presa della città, in cui si trovavano asserragliati gli [[Arditi del Popolo]] e le [[formazioni di difesa proletaria]]. Il 5 agosto il governo proclamò lo [[stato d'assedio]] militare in diverse provincie del nord fra cui Parma<ref>{{Cita|Palazzino 2002|p. 75}}.</ref>. Il 6 agosto, Balbo, resosi conto dell'impossibilità di conquistare la città senza scontrarsi con l'esercito (su consiglio anche del capo della polizia locale, Lodomez.<ref>{{Cita|Francescangeli 2000|pp. 106-107106–107}}.</ref>), s'impegnò a ritirarsi dalla città a partire dalle ore 12:00 del giorno stesso. Alla fine si contarono quattro morti a [[Sala Baganza]] (due nelle file fasciste e due tra gli abitanti) e cinque morti a Parma, tutti abitanti del quartiere [[Oltretorrente]]. I cinque caduti fra le file delle formazioni di difesa proletaria furono: Ulisse Corazza, consigliere comunale del [[Partito Popolare Italiano (1919)|Partito Popolare Italiano]], Carluccio Mora, Giuseppe Mussini, Mario Tomba e il giovanissimo Gino Gazzola<ref>A esclusione del Corazza, nessuno di essi risultava aderente a partiti politici, mentre i due caduti a Sala Baganza, Onorato Buraldi e Camoens Rosa, erano apolitico il primo e sindacalista [[Filippo Corridoni|corridoniano]] il secondo.</ref>
[[File:1923mussolini.jpg|miniatura|Balbo (a sinistra) a fianco di [[Benito Mussolini]] in una foto del 1923.]]
 
=== Quadrumviro ===
Balbo venne designato da Mussolini [[Quadrumvirato#Fascismo|quadrumviro]] per prendere parte alla [[marcia su Roma]], e lo incaricò di scegliere gli altri due ([[Michele Bianchi]] era già stato scelto dalda DuceMussolini): Balbo sentì [[Cesare Maria De Vecchi]], che accettò subito, mentre per l'ultimo quadrumviro pensò ad [[Attilio Teruzzi]], poi scartato perché già vicesegretario del PNF, e al generale [[Asclepia Gandolfo]], che declinò l'invito in quanto aveva la moglie molto malata, oltre a essere lui stesso in precarie condizioni fisiche. Balbo e Bianchi puntarono alla fine su [[Emilio De Bono]], che accettò l'investitura.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 85-3185–31}}.</ref><ref name="bernguar175">{{Cita|De Bernardi, Guarracino 1998|p. 175}}.</ref> Prima di recarsi a Roma, il 28 ottobre Balbo si precipitò a Firenze per calmare lo squadrista Tullio Tamburini, che aveva deciso di assaltare il palazzo del governo dove si stava svolgendo una festa alla presenza del duca della Vittoria [[Armando Diaz]]: per non coinvolgere l'esercito nelle questioni fasciste, Balbo liberò gli ufficiali della scorta di Diaz presi prigionieri da Tamburini, e, stando al suo racconto, vietò «ai fascisti di assaltare la prefettura [...] anzi [...] che organizzino una grande manifestazione al Duca della Vittoria per le strade di Firenze dove passerà»<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 48-4948–49}}.</ref>. A Roma guidò in particolare la spedizione punitiva contro il quartiere di [[San Lorenzo (Roma)|San Lorenzo]] che aveva attaccato una colonna fascista. Alla fine della marcia, diversamente dagli altri quadrumviri, Balbo non venne ricompensato in alcun modo: secondo alcuni autori Mussolini già lo intravedeva come un possibile rivale e non volle valorizzarlo troppo.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 60}}.</ref>
 
Sempre nel 1922 iniziò a formare, in città, un gruppo ristretto di collaboratori fidati, tra i quali l'amico Renzo Ravenna. Questi venne candidato alle elezioni amministrative che si tennero alla fine di quello stesso anno, dove fu eletto assessore.<ref>{{Cita|Pavan 2006|pp. 39-4139–41}}.</ref>
 
=== Al governo ===
Dall'11 gennaio 1923 Balbo fu membro del [[Gran consiglio del fascismo]]. Il 1º febbraio 1923 fu nominato comandante generale della [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale]] (vice di De Bono)., Volutavoluta da Mussolini per normalizzare le squadre d'azione,. il DuceMussolini pensòideò allala MVSN già prima della marcia su Roma, affidando a Balbo e ad [[Asclepia Gandolfo]] il compito di formare reparti, gradi e uniformi, sebbene non ci fu ancora una vera e propria militarizzazione del corpo.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 209}}.</ref>
Nel 1923 intanto Balbo fondò a Ferrara il ''[[Corriere Padano]]''<ref name=bernguar175/> con i soldi ricevuti in dote dalla moglie Emanuela, affidato poi alla direzione di [[Nello Quilici]].<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 197}}.</ref>
 
In occasione della preparazione della [[Lista Nazionale]] per le [[Elezioni politiche in Italia del 1924|elezioni del maggio 1924]], con cui fu eletto [[deputato]] alla Camera, si scontrò con [[Olao Gaggioli]], fondatore del Fascio di Ferrara e convinto che Balbo, iscritto con lo stipendio fisso pagato dagli agrari, fosse un intruso.
 
Sempre nel 1924 venne accusato di essere il mandante dell'omicidio del parroco antifascista don [[Giovanni Minzoni]] ad [[Argenta]], avvenuto per mano di due squadristi facenti capo alle sue milizie: il caso venne archiviato alcuni mesi dopo, per essere poi riaperto - sotto la pressione della stampa, a seguito del [[Giacomo Matteotti|delitto Matteotti]] - nel 1925, risolvendosi con l'assoluzione di tutti gli imputati.<ref>{{Cita|Tagliaferri 1993|p. 284}}.</ref> Nonostante l'assoluzione, l’omicidio del parroco antifascista Don Minzoni è emblematico del clima di violenza politica promosso dalle squadre fasciste; la gestione del processo fu condizionata dall'influenza del regime sulle istituzioni giudiziarie.
 
Il 21 novembre [[1924]] però Balbo fu costretto a dimettersi dalla carica di comandante della [[MVSN|Milizia]] a seguito delle documentate rivelazioni de ''[[La Voce Repubblicana]]'' circa ordini da lui impartiti di bastonature di antifascisti e pressioni sulla magistratura<ref>{{Cita|Candeloro 2002|p. 91}}.</ref>, perdendo la successiva causa per diffamazione da lui intentata al quotidiano.<ref>Nel 1947 la Corte di Assise di Ferrara istruì un nuovo processo sull'omicidio di don Minzoni, che si concluse con la condanna per omicidio preterintenzionale di due imputati senza che fosse provata una responsabilità diretta di Balbo.</ref>
Balbo intanto, a Ferrara, continuò ad operare in modo da avere persone di sua fiducia e rappresentative nelle posizioni di potere. L'amico Ravenna, da sempre estraneo ad ogni atto di squadrismo, fortemente nazionalista, ebreo ma con una visione laica della sua fede fu invitato ad iscriversi al PNF, e successivamente, alla fine del 1924, nominato Segretario Federale Ferrarese del PNF.<ref>{{Cita|Pavan 2006|pp. 44-4544–45}}.</ref>
 
Il 31 ottobre 1925 entrò nel [[governo Mussolini]] come [[Sottosegretario di Stato#Italia|sottosegretario]] all'economia nazionale, e con lui si trasferì a Roma anche Ravenna. Rimase in carica sino al 6 novembre 1926.<ref>http://storia.camera.it/deputato/italo-balbo-18960606/governi#nav</ref>
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[[File:Bundesarchiv Bild 102-00450, Graf Aldrovandi und Italo Balbo.jpg|miniatura|Italo Balbo, al centro in divisa, nel 1930 assieme allo staff della [[crociera aerea transatlantica Italia-Brasile]].]]
Balbo conseguì il brevetto da pilota nel 1927<ref>{{Cita|Rocca 1993|p. 21}}.</ref> e diede una sede stabile al ministero facendo costruire un nuovo palazzo con criteri architettonici [[Razionalismo italiano|razionalisti]]. Il 29 giugno 1927 rappresentò l'Italia all'esibizione aerea di [[Hendon]] (Inghilterra). Decollò la mattina del 28 giugno dall'[[Aeroporto di Centocelle]] ai comandi di un [[Fiat R.22]] con il Capitano Ezio Guerra alla guida di una pattuglia dell'Aeronautica. Fece scalo al pomeriggio all'[[Aeroporto di Parigi-Le Bourget]] e arrivò all'[[Aeroporto di Croydon]] (a sud di [[Londra]]) nel pomeriggio del 29 a causa del maltempo. Al rientro la pattuglia fece scalo all'[[Aeroporto di Berlino-Tempelhof]]. <br/>
Balbo avviò la fondazione della ''Città dell'aria'' a [[Guidonia Montecelio|Guidonia]] con un moderno centro di ricerca [[aeronautica]] dove lavorarono [[Gaetano Arturo Crocco]], [[Luigi Crocco]], [[Antonio Ferri]] e [[Luigi Broglio]]. Inoltre fece nascere un centro studi per coordinare e promuovere lo sviluppo aeronautico, affidandone il comando ad [[Alessandro Guidoni]].<ref>[https://www.treccani.it/enciclopedia/alessandro-guidoni_%28Dizionario-Biografico%29/ GUIDONI, Alessandro, su treccani.it]</ref><ref>{{Cita|Mauro Canali 2011}}.</ref> Balbo fece nascere anche il [[Reparto Sperimentale Alta Velocità]], a [[Desenzano del Garda]], dove prima sorgeva l'idroscalo privato di [[Gabriele D'Annunzio]]. Il direttore, tenente colonnello [[Mario Bernasconi]], ebbe a disposizione ogni tipo di struttura e materiale per consegnare all'Italia l'ambita [[Coppa Schneider]].<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 42-4342–43}}.</ref>
 
=== Le trasvolate ===
[[File:Photo Italo Balbo 1930 - Touring Club Italiano 11.2898.jpg|thumb|Italo Balbo nel 1930]]
Le crociere aeree, organizzate anche come strumenti di propaganda del regime fascista, furono presentate come successi tecnico-militari, contribuendo a costruire il culto della personalità attorno a Balbo.
Fu un successo la [[crociera aerea del Mediterraneo occidentale]] (25 maggio-2 giugno 1928) da lui organizzata insieme al decisivo aiuto del trasvolatore [[Francesco de Pinedo]] che venne promosso sottocapo di stato maggiore della Regia Aeronautica.<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 37-38}}.</ref>
 
Fu un successoOrganizzò la [[crociera aerea del Mediterraneo occidentale]] (25 maggio-2 giugno 1928) da lui organizzata insieme al decisivo aiuto del trasvolatorecon [[Francesco de Pinedo]] che venne promosso sottocapo di stato maggiore della Regia Aeronautica.<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 37-3837–38}}.</ref>
 
La successiva [[crociera aerea del Mediterraneo orientale]] (5-19 giugno 1929) fu presieduta sempre da Balbo, ma il generale De Pinedo venne incluso come semplice pilota di uno degli aerei della formazione, in quanto la direzione tecnica del volo andò al colonnello [[Aldo Pellegrini]], capo del gabinetto di Balbo. Il 20 aprile 1929 intanto fu rieletto deputato alla Camera per il PNF.
Quasi due mesi dopo, il 12 agosto, Balbo sfruttò le voci che giravano su De Pinedo e gli chiese conto dei fondi a lui destinati per compiere il raid atlantico del 1927.<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 39-4039–40}}.</ref> De Pinedo rispose indirizzando una lettera a Mussolini in cui criticava le crociere spettacolari e propagandistiche che ponevano in secondo piano la preparazione bellica (senza sapere che Mussolini era contento di questa strategia), dando poi le dimissioni da sottocapo di stato maggiore, che il DuceMussolini accolse con favore, reputandolo non in grado di comprendere le esigenze del regime.
 
Il 12 settembre 1929, a soli trentatré anni, Italo Balbo, che era stato promosso [[generale di squadra aerea]], fu nominato [[ministro]] dell'Aeronautica, carica tenuta fino ad allora dalda DuceMussolini. De Pinedo venne allontanato con l'incarico di [[addetto militare|addetto aeronautico]] in [[Argentina]]<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 40-4140–41}}.</ref>. In questi anni Balbo era ricco, potente e famoso, ancora esuberante ed entusiasta, con amicizie nel mondo della cultura e dell'industria che lo avevano affermato tra l'alta borghesia e la nobiltà romana.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 79-8079–80}}.</ref>
 
Balbo guidò poi due [[crociera aerea|crociere aeree]] transatlantiche in formazione, inframezzate, nel 1932, da una proposta avanzata a Mussolini circa l'istituzione di un unico ministero per la difesa, sostenuto dalla quadruplicazione delle somme destinate alla marina e all'aeronautica. Alla guida del nuovo ministero sarebbe dovuto andare lo stesso Balbo ma, benché alcuni capi militari vedessero di buon occhio l'iniziativa, le rivalità tra le forze armate e, soprattutto, la gelosia deldi DuceMussolini nei confronti della popolarità del ministro aviatore, fecero naufragare l'intero progetto.<ref name="smith224">{{Cita|Mack Smith 1992|p. 224}}.</ref>
[[File:Getúlio Vargas e Italo Balbo - 1931.jpg|miniatura|Balbo con il [[Presidenti del Brasile|presidente brasilianodel Brasile]] [[Getúlio Vargas]]. a [[Rio de Janeiro]], 15 gennaio 1931.]]
Per un'altra fonte il nuovo dicastero sarebbe spettato a Mussolini, mentre Balbo progettava di ridefinire i compiti del capo di stato maggiore generale e di prendere possesso di tale carica<ref name="rocca5758">{{Cita|Rocca 1993|pp. 57-5857–58}}.</ref>. La prima idea per una crociera aerea oltreoceano gli venne in mente durante un congresso internazionale aeronautico negli Stati Uniti, dove si convinse che il primo gruppo di aerei che avesse attraversato in formazione l'oceano Atlantico sarebbe passato alla storia. Nel 1929 persuase l'ingegnere [[Alessandro Marchetti (ingegnere)|Alessandro Marchetti]] a mettere a punto per l'impresa gli idrovolanti [[Savoia-Marchetti S.55|S.55A]] che sarebbero andati a equipaggiare uno stormo creato ''ad hoc'' a [[Orbetello]]. Si scelse di trasvolare l'Atlantico meridionale con dodici apparecchi, a cui la [[Regia Marina]] avrebbe fornito appoggio con cinque [[cacciatorpediniere]].
 
Gli idrovolanti partirono infine per la [[crociera aerea transatlantica Italia-Brasile]] da Orbetello il 17 dicembre 1930, guidati personalmente da Balbo e dal suo secondo pilota [[Stefano Cagna]], alla volta di [[Rio de Janeiro]], dove arrivarono, non senza lutti e incidenti, il 15 gennaio 1931.<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 50-5250–52}}.</ref>
 
La seconda crociera atlantica, la [[crociera aerea del Decennale]], venne organizzata per celebrare il decennale della [[Regia Aeronautica]]<ref>{{Cita|L'Aviazione - grande enciclopedia illustrata 1983|p. 211 - Vol. VII}}.</ref> in occasione della [[Expo 1933|Century of Progress]], [[esposizione universale]] che si tenne a [[Chicago]] tra il 1933 e il 1934. [[File:Time-Balbo.jpg|verticale|sinistra|miniatura|Balbo sulla copertina di ''[[Time]]'' del 26 giugno 1933.<ref>{{Cita web|url=http://www.time.com/time/covers/0,16641,19330626,00.html|titolo=General Italo Balbo - June 26, 1933|sito=time.com|lingua=en|accesso=19 maggio 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130528174658/http://www.time.com/time/covers/0,16641,19330626,00.html|urlmorto=sì}}</ref>]] Dal 1º luglio al 12 agosto del 1933 Balbo guidò la trasvolata di venticinque<ref name="Decennale">Dei venticinque idrovolanti [[Savoia-Marchetti S.55|S.55X]] partiti da Orbetello, l'I-DINI rimase incidentato all'arrivo della prima tappa, durante l'[[ammaraggio]] nel porto di [[Amsterdam]] causando la perdita di un membro dell'equipaggio. Quindi dei venticinque partenti solo ventiquattro completarono la duplice trasvolata. L'unico altro incidente occorso fu il 9 agosto, quando durante il decollo da Porta Delgada per la penultima tappa, s'incidentò l'I-RANI. Il pilota [[Enrico Squaglia]] rimase ferito a morte. Cfr. (tra gli altri) {{Cita|Taylor 1996|}}.</ref> idrovolanti [[Savoia-Marchetti S.55|S.55X]]<ref>La "X" della versione si riferisce appunto al "Decennale"; cfr. {{Cita|L'Aviazione - grande enciclopedia illustrata 1983|vol. VII, p. 212}}.</ref> partiti da Orbetello verso il [[Canada]] e con destinazione finale gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]].
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[[File:Balbo Column (468600957).jpg|verticale|miniatura|Monumento a Balbo a [[Chicago]]. La colonna romana, proveniente da [[Ostia (Roma)|Ostia]], era un dono dell'Italia fascista per il monumento.<ref name=chicagohistory />]]
 
La traversata di andata approdò in [[Islanda]], proseguendo poi verso le coste del [[Labrador (penisola)|Labrador]]. Il governatore dell'[[Illinois]], il sindaco e la città di [[Chicago]] riservarono ai trasvolatori un'accoglienza trionfale. Venne annunciato che la giornata del 15 luglio era stata proclamata "Italo Balbo's day" e che la settima strada, in prossimità del [[lago Michigan]], sarebbe stata rinominata "Balbo Avenue".<ref>{{Cita|Guerri 2013|p. 355}}.</ref> La decisione di intitolare una strada di Chicago a un gerarca fascista, per niente controversa in un periodo di grande popolarità internazionale per Balbo e nel quale i rapporti tra il regime e gli Stati Uniti erano distesi, viene contestata decenni dopo.<ref>{{Cita web|url=https://www.huffingtonpost.com/2011/07/07/balbo-drive-renaming-ital_n_892645.html|lingua=en|accesso=1º febbraio 2019 |titolo= Balbo Drive Renaming: Italian Groups Oppose A Change, Academics Push New Ideas |data= 7 luglio 2011 }}</ref> Già nell'immediato dopoguerra vi furono obiezioni: l'antifascista [[Alberto Tarchiani]], ambasciatore italiano a Washington, ne chiese conto al sindaco di Chicago, il quale rispose: "Perché, Balbo non ha trasvolato l'Atlantico?"<ref>{{Cita|Guerri 2013|p. 356}}.</ref> Tra le varie manifestazioni di entusiasmo per l'impresa, particolarmente curiosa fu la nomina a capo indiano da parte dei [[Sioux]] presenti all'Esposizione di Chicago con il nome di "Capo Aquila Volante".<ref name="chicagohistory">[http://www.encyclopedia.chicagohistory.org/pages/11277.html Chief Blackhorn and Italo Balbo, 1933], da chicagohistory.org.</ref><ref>{{Cita|Guerri 2013|pp. 356-357356–357}}.</ref> Il volo di ritorno proseguì per [[New York]], dove venne organizzata in suo onore e degli altri equipaggi una grande [[ticker-tape parade]]; fu il secondo italiano, dopo [[Armando Diaz]], a essere acclamato per le strade di New York, e fu intitolato a Balbo uno dei viali della città. Il presidente [[Franklin Delano Roosevelt|Roosevelt]] lo ebbe ospite.
 
Tali onorificenze, sebbene oggi controverse, furono concesse in un contesto internazionale dove la natura autoritaria del fascismo non era ancora universalmente condannata. Il successo propagandistico di Balbo all’estero contribuì a rafforzare il consenso interno al regime.
 
Di ritorno in Italia, il 13 agosto 1933 venne promosso [[Maresciallo dell'aria (Italia)|Maresciallo dell'aria]].<ref>{{Cita web|url=http://archivio.camera.it/patrimonio/archivio_della_camera_regia_1848_1943/are01o/documento/CD0000004843|titolo=Conversione in legge del r.d.l. 13 agosto 1933, n. 998, relativo alla nomina a Maresciallo dell'aria del generale Balbo Italo|sito=archivio.camera.it|accesso=17 maggio 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150405213424/http://archivio.camera.it/patrimonio/archivio_della_camera_regia_1848_1943/are01o/documento/CD0000004843|urlmorto=sì}}</ref> Dopo questo episodio il termine "[[Balbo (aeronautica)|Balbo]]" divenne di uso comune per descrivere una qualsiasi numerosa formazione di aeroplani. Meno noto è che negli Stati Uniti il termine "balbo" sia utilizzato anche per indicare il pizzo lungo con baffi.<ref>{{Cita web|url=http://www.beards.org/balbo.php|titolo=balbo|sito=baerds.org|lingua=en|accesso=19 maggio 2013}}</ref>
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[[File:Italo Balbo portrait.jpg|thumb|Italo Balbo in uniforme da Maresciallo dell'aria]]
 
Al di là di queste imprese, Balbo dispiegò grande energia nell'imporre disciplina e rigore alla Regia Aeronautica sin da quando ne era segretario, accantonando gli aspetti romantici ed individualistici dell'aviazione pionieristica ed indirizzandola piuttosto a formare una forza armata coesa e disciplinata. I voli transoceanici in formazione furono un esempio di tale indirizzo: non più imprese individuali, ma di gruppo e minuziosamente programmate e studiate.<ref>{{Cita|Rocca 1993|p. 36}}.</ref> Così facendo però diede troppo peso agli eventi spettacolari, inducendo l'aviazione a dare troppa attenzione ai primati sportivi, senza ricadute positive sugli aerei usati per il normale servizio.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 222-223222–223}}.</ref> Il prestigio accumulato dall'aviazione durante il ministero di Balbo, comunque, diede alle autorità italiane l'impressione di avere una forza aerea di prim'ordine.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 223}}.</ref> È da rilevare che se Balbo avallò le idee di [[Giulio Douhet]] sull'aviazione strategica, nel contempo sostenne fattivamente la costituzione dello Stormo d'assalto sotto il comando di [[Amedeo Mecozzi]], incoraggiando lo sviluppo dell'aviazione tattica.
 
Balbo si avvalse di queste due linee di pensiero per raggiungere «l'unità organica della difesa dell'aria, e la necessità che sia esclusivamente affidata all'armata aerea, nella quale viene riunito tutto il complesso delle forze [...] disponibili», senza tuttavia dare all'aeronautica «una vera e propria dottrina di guerra fissata in canoni rigidi e immutabili» che, comunque, non era in grado di imporreiimporre ai capi dell'esercito e della marina, nonché agli industriali desiderosi di aggiudicarsi il più alto numero di commesse per allargare il già eterogeneo parco velivoli.<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 24-2524–25}}.</ref> È proprio per questo attaccamento alla guerra aerea indipendente che Balbo non affidò mai alcun incarico a Douhet e trasferì, nel 1937, il neo-promosso generale Mecozzi nella lontana Somalia.<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 25-2625–26}}.</ref> Si oppose alla concessione di bombardieri alla [[Regia Marina]]<ref>{{Cita|Rocca 1993|p. 24}}.</ref> e alla realizzazione di navi [[portaerei]], che riteneva avrebbero sottratto fondi e materiale alla Regia Aeronautica riducendo anche l'indipendenza della neonata arma aerea. La mancata realizzazione di portaerei influì negativamente sulle operazioni della Regia Marina nel secondo conflitto mondiale (vedasi [[battaglia di Capo Matapan]]), ma sarebbe un errore attribuirne la responsabilità alla sola opposizione di Balbo, vista la posizione conservatrice dei vertici della Regia Marina.<ref>{{Cita|Santoni 1987|}}.</ref><ref>{{cita|Giorgerini 2000|}}; {{Cita|Segrè 2000|}}.</ref>
 
=== In Libia ===
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Raggiunta un'enorme popolarità e considerato politicamente come un insidioso rivale di Mussolini (pesò anche la proposta di riforma dei ministeri delle forze armate)<ref name=rocca5758/>, il regime impose che il nome di Balbo non comparisse più di una volta al mese sui quotidiani<ref>{{Cita libro|autore=John Gunther|titolo=Inside Europe|anno=1937|url=https://archive.org/details/insideeurope0000gunt|editore=Harper & Brothers|pp=[https://archive.org/details/insideeurope0000gunt/page/259 259]-260}}</ref> e fu probabilmente per queste motivazioni che Balbo venne promosso governatore<ref>Quando gli era stata comunicata la nomina a governatore della colonia, Balbo aveva compreso che non si trattava esattamente di una promozione: sarebbe stato più appropriato definirla un esilio. Cfr. {{Cita web|url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=68|titolo=La storia siamo noi - Italo Balbo, lo squadrista trasvolatore|sito=lastoriasiamonoi.rai.it|accesso=19 maggio 2013|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20111020055251/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=68}}</ref><ref>{{Cita|Petacco 2002|p. 13}}.</ref> della [[Tripolitania italiana]], della [[Cirenaica italiana]] e del [[Fezzan]] che, sotto il suo patronato, si fusero nel 1934 in un'unica colonia: la [[Libia italiana|Libia]], procedendo poi a una nuova organizzazione territoriale su province.
 
Balbo ricevette la lettera in cui gli si comunicavano i nuovi compiti il 5 novembre 1933, rispose con un «Mio grande capo, sempre agli ordini!» e il 7 si recò da Mussolini per la consueta visita di congedo<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 58-5958–59}}.</ref>. Il ministero dell'aviazione ritornò nelle mani deldi DuceMussolini, che dimissionò anche [[Raffaello Riccardi]] da sottosegretario, mentre il generale [[Giuseppe Valle]] rimase [[Capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare|capo di stato maggiore]] e assunse anche l'incarico di Sottosegretario.
 
In questa nuova veste il generale Valle scrisse un rapporto segreto in cui dimostrò che Balbo aveva falsificato le cifre sull'effettiva consistenza numerica degli aeroplani, salvo essere accusato dal suo successore, [[Francesco Pricolo]], di aver fatto la stessa cosa.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 223-224223–224}}.</ref> Data l'attitudine dei capi fascisti di mettersi in cattiva luce l'un l'altro agli occhi di Mussolini, le dichiarazioni di Valle sono da prendere con cautela: Balbo, nei fatti, fu certamente più energico e miglior organizzatore della maggior parte dei suoi colleghi.<ref name=smith224/> In ogni caso anche il DuceMussolini, pochi giorni dopo averlo licenziato, lo informò che la cifra di {{formatnum:3125}} aeroplani in forza alla Regia Aeronautica da lui fornita era esagerata. Balbo dovette scusarsi chiarendo che aveva incluso nei conteggi anche gli aerei da addestramento, da turismo e addirittura quelli in produzione. Il vero numero degli aerei efficienti al combattimento era, secondo Balbo, 1.765{{formatnum:1765}}. Mussolini capì che la politica dei raid oltreoceano e dei primati, peraltro da lui sostenuta, aveva distolto l'attenzione dall'efficienza bellica dell'Arma azzurra.<ref>{{Cita|Rocca 1993|p. 59}}.</ref>
[[File:Balbo arrivo in LIbia genn 1934.jpg|thumb|left|upright=1.1|L'arrivo di Italo Balbo a Tripoli quale Governatore della Libia, il 16 gennaio 1934]] [[File:Balbo festeggiam Libia genn 1934.jpg|thumb|left|upright=1.1|Festeggiamento in onore di Italo Balbo nuovo Governatore della Libia. Tripoli, gennaio 1934]]
Il 16 gennaio 1934 sbarcò a Tripoli e lanciò un proclama: «Assumo da oggi, in nome di Sua Maestà, il governo. I miei tre predecessori, [[Giuseppe Volpi|Volpi]], [[Emilio De Bono|De Bono]], [[Pietro Badoglio|Badoglio]], hanno compiuto grandi opere. Mi propongo di seguire le loro orme». Balbo, in accordo con il piano di Mussolini,<ref name="smith141">{{Cita|Mack Smith 1992|p. 141}}.</ref> dette un fortissimo impulso alla colonizzazione italiana della Libia, organizzando l'afflusso di decine di migliaia di pionieri dall'Italiaitaliani e seguendo una politica di integrazione e pacificazione con le popolazioni [[musulmani|musulmane]] affermando che, diversamente dalle popolazioni dell'[[Africa Orientale Italiana|Africa orientale]], quelle libiche avevano un'antica tradizione di civiltà e che col tempo, grazie alla loro intelligenza e alle loro tradizioni, si sarebbero portate al di sopra del livello coloniale.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 142-143142–143}}.</ref> Proprio in senso di questo proposito per prima cosa, una volta giunto in Libia, Balbo fece immediatamente chiudere (contro il volere di Mussolini) cinque campi di concentramento italiani creati contro le popolazioni locali. Ampliò la superficie del territorio nazionalizzato a {{formatnum:1250000}} acri, adoperandosie per migliorarepromosse la situazionepolitica dellecoloniale popolazionifascista localiche, finanziandopur serviziprevedendo scolasticiinvestimenti enelle sanitariinfrastrutture, rifornimenticomportò idricil'esproprio di terre, la deportazione di popolazioni locali e servizila repressione sistematica di consulenzaogni agricola<refresistenza name=smith141/>alla dominazione italiana; in [[Cirenaica]], tuttavia, per rinsaldare la [[Riconquista della Cirenaica|sconfitta dei Senussi]], vennero confiscate le proprietà delle tribù e la loro struttura sociale distrutta, deportandone i membri per farne una riserva di manodopera a basso costo.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 141-142141–142}}.</ref>
 
Nel 1937 Balbo si fece promotore presso il DuceMussolini, in visita alla colonia, di un'iniziativa per donare alla popolazione indigena, quale ricompensa per aver prestato servizio militare in Etiopia, la cittadinanza italiana, una proposta che alla fine sfociò in una cittadinanza di "seconda classe" a soltanto pochi elementi.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 143}}.</ref> Nel 1938 guidò di persona un convoglio di diciassette navi partito dall'Italia alla volta della Libia con a bordo {{formatnum:1800}} famiglie, per la cui venuta furono fondati 26 nuovi villaggi, principalmente in [[Cirenaica]], ognuno con un municipio, un ospedale, una chiesa, un ufficio postale, una stazione di polizia, un locale per bere il caffè, una cooperativa di consumo, un mercato e una sede del PNF. Sull'evento fu organizzata una grande campagna pubblicitaria, che Mussolini fece presto tacere per non dare troppo risalto alla figura di Balbo. Vennero donate terre, bestiame e sementi agli agricoltori (in misura minore agli arabi)<ref>"Ritorneremo?" Economist [London, England] 15 May 1943: 610+. The Economist Historical Archive, 1843-2012.</ref>, anche se i frutti di queste politiche non fecero in tempo a maturare prima dell'inizio della seconda guerra mondiale.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 142}}.</ref> Inoltre si cercò di assimilare i musulmani libici con una politica apparentemente amichevole, fondando nel 1939 dieci villaggi per gli [[Arabi]] e i [[Berberi]] libici: "El Fager" (''al-Fajr'', "Alba"), "Nahima" (Deliziosa), "Azizia" (''{{'}}Aziziyya'', "Meravigliosa"), "Nahiba" (Risorta), "Mansura" (Vittoriosa), "Chadra" (''khadra'', "Verde"), "Zahara" (''Zahra'', "Fiorita"), "Gedida" (''Jadida'', "Nuova"), "Mamhura" (Fiorente), "[[Beida]]" (''al-Bayda{{'}}'', "La Bianca"). Tutti questi villaggi avevano la loro moschea, scuola, centro sociale (con ginnasio e cinema) e un piccolo ospedale. Questo massiccio investimento italiano però non migliorò in maniera rilevante la qualità della vita della popolazione libica; anzi contribuì a peggiorarla in quanto l'obiettivo principale della costruzione di questi villaggi era allontanare le popolazioni locali dalle aree più fertili per favorire così l'economia dei coloni italiani.<ref>{{Cita libro|autore=Albert Adu Boahen, International Scientific Committee for the drafting of a General History of Africa|titolo=General History of Africa|anno=1990|editore=Heinemann|p=196}}</ref>
 
Anche il turismo venne curato con la istituzione dell'[[ETAL]], Ente turistico alberghiero della Libia, il quale gestiva alberghi, linee di autobus di gran turismo, spettacoli teatrali e musicali nel [[Teatro di Sabratha|teatro romano di Sabratha]], il Gran Premio automobilistico della [[Mellaha]] (detto internazionalmente "[[Gran Premio di Tripoli|Tripoli Grand Prix]]" e disputato dal 1925 al 1940), una località entro le oasi tripoline e altre iniziative.
 
Vennero avviati progetti di opere pubbliche e sviluppo della rete stradale (ma non di quella ferroviaria)<ref>{{Cita|Bocca 1997|p. 177}}.</ref> realizzando, oltre ai {{M|1822|u=km}} della litoranea che segue il Mediterraneo per centinaia di chilometri e che in suo onore si chiamò [[via Balbia]], {{M|1600|u=km}} di strade asfaltate, {{M|454|u=km}} di [[Massicciata|massicciate]] e {{M|2830|u=km}} di piste nel deserto<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 196-197196–197}}.</ref> con numerose case cantoniere doppie per le due famiglie il cui compito sarebbe stato quello di occuparsi della manutenzione delle strade.
 
Grave fu però la mancanza di infrastrutture in grado di far operare le forze armate sue due fronti: i porti erano insufficienti mentre altri, come quello di Tripoli, erano poco difesi; la frontiera ovest era «praticamente aperta» (parole dello stesso Balbo) mentre quella est insicura e poco presidiata. Balbo era cosciente di tutto questo, tanto che si lamentò con Mussolini per la carenza o l'obsolescenza delle apparecchiature militari di sua disponibilità<ref>{{Cita|Bocca 1997|pp. 176-177176–177}}.</ref>. I tanti soldi che Balbo spendeva in sontuose feste e per la vita privata gli affibbiarono il soprannome di "Sciupone l'Africano", e ci fu anche chi mise in circolazione l'idea che si era arricchito grazie ai lavori per le opere pubbliche, specialmente con la via Balbia. Il governatore della Libia amava spendere e sperperare, ma in realtà non si arricchì in modi illeciti. Balbo era già ricco (la dote della moglie e il suo ''curriculum vitae'' gli avevano portato da soli due valide giustificazioni al tenore di vita che conduceva) inoltre, quando il [[Ragioneria Generale dello Stato|ragioniere dello Stato]] controllò i fondi stanziati per la via Balbia (103 milioni di lire assegnate a undici imprese coordinate da 45 funzionari del genio civile ed operanti con circa {{formatnum:12000}} operai fra libici e coloni italiani) si complimentò con lui per aver contenuto la spesa: da Roma se ne era prevista una più alta, segno che Balbo non prese alcuna tangente.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 195-197195–197}}.</ref> La manovalanza libica ebbe un regolare contratto che andava dalle 6 alle 12 lire al giorno contro le 25 - 30 lire degli operai italiani, e questo permise l'economicità dell'opera, nonostante le 50 lire di anticipo elargite agli operai libici da lasciare alla famiglia.
 
=== IV centenario ariostesco del 1933 a Ferrara ===
Per volontà sua e dell'amico [[Renzo Ravenna]] venne organizzata a Ferrara una mostra per celebrare il [[IV centenario ariostesco del 1933 a Ferrara|IV centenario ariostesco]]<ref>{{YouTube|id=ayacRMBNa6Q|titolo=Nelle celebrazioni ferraresi di Ludovico Ariosto l'Italia rivendica con rinnovato titolo le glorie spirituali del rinascimento che diedero luce e lezione al mondo|produttore=[[Istituto Luce Cinecittà]]|data=maggio 1933|accesso=28 settembre 2020}}</ref><ref>{{YouTube|id=dBl828gxw0I|titolo=Ferrara. Alla presenza di S.M. il Re si è chiusa la celebrazione del IV Centenario Ariostesco|produttore=[[Istituto Luce Cinecittà]]|data=ottobre 1933|accesso=28 settembre 2020}}</ref>. Nella preparazione dell'evento vennero coinvolti [[Nino Barbantini]] e [[Adolfo Venturi (storico dell'arte)|Adolfo Venturi]], oltre al responsabile delle Belle Arti [[Arduino Colasanti]]. Collaborò anche [[Nello Quilici]], allora direttore del [[Corriere Padano]]. L'esposizione ebbe risonanza nazionale e un successo notevole per l'epoca. L'[[Istituto Luce]] realizzò alcune riprese e fu visitata da oltre settantamila visitatori, tra i quali i [[Principe di Piemonte|Principi di Piemonte]] e [[Vittorio Emanuele III di Savoia]]. Non fu presente alle celebrazioni invece [[Benito Mussolini]].<ref>{{cita|Antonella Guarnieri|pp. 40-4140–41}}.</ref>
 
Tra i siti scelti per ospitare i vari eventi vi furono: [[palazzo dei Diamanti]], le [[Mura di Ferrara|Mura degli Angeli]], il [[Castello Estense]], il [[Palazzo Costabili|palazzo di Ludovico il Moro]], [[Casa Romei]], il [[Ex chiesa di San Romano (Ferrara)|chiostro di San Romano]] e l'isola Bianca sul [[Po]].<ref>{{Cita web|url=http://www.fe.camcom.it/servizi/pubblicazioni/gli-ultimi-numeri-de-la-pianura/2016-n.-1-la-pianura|titolo=L'attualità dell'Ariosto ricordando «L'ottava d'oro|sito=fe.camcom.it|accesso=28 settembre 2020}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.bibliotecadiviasenato.it/images/BVS/BibliotecadiviaSenato_201607.pdf|titolo=laBiblioteca di via Senato - Milano|sito=bibliotecadiviasenato.it|formato=pdf|accesso=28 settembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201205222113/http://www.bibliotecadiviasenato.it/images/BVS/BibliotecadiviaSenato_201607.pdf|urlmorto=sì}}</ref>
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=== In dissenso con Mussolini ===
[[File:Italo Balbo a Cortina d'Ampezzo.jpg|thumb|Italo Balbo davanti al rifugio Luzzatti (oggi [[Rifugio Alfonso Vandelli]]) a [[Cortina d'Ampezzo]] nell'estate 1937.]]
Italo Balbo fu il meno servile dei gerarchi.<ref name="bocca176">{{Cita|Bocca 1997|p. 176}}.</ref> Dopo l'[[occupazione tedesca della Cecoslovacchia]], il 21 marzo 1939 Balbo, a Roma, accusò gli altri membri del Gran Consiglio del Fascismo di lustrare «le scarpe alla Germania», unico a criticare la scelta deldi DuceMussolini di rimanere vicino alla Germania di [[Adolf Hitler]].<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 179-180179–180}}.</ref> In seguito espresse ripetutamente malcontento e preoccupazione per l'alleanza militare con la Germania (opinione condivisa peraltro nelle fasi iniziali anche dal ministro degli esteri [[Galeazzo Ciano]], da [[Emilio De Bono]] e da [[Dino Grandi]]) e per la politica seguita da Mussolini sia sul piano interno che sul piano internazionale<ref>{{Cita web|url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=166|titolo=La storia siamo noi - Gli eroi del primo aprile|sito=lastoriasiamonoi.rai.it|accesso=19 maggio 2013|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722051744/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=166}}</ref>. Egli si era mostrato segretamente contrario anche all'intervento italiano nella [[guerra civile spagnola]] a sostegno di [[Francisco Franco]], convinto che le forze armate italiane avessero bisogno di tempo e denaro per riorganizzarsi dopo la [[guerra d'Etiopia]].<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 123}}.</ref>
 
Il suo dissenso nei confronti deldi DuceMussolini si era sempre più acuito<ref>In occasione del discorso della Corona a [[Montecitorio]] nel [[1939]], fu - con [[Giuseppe Bottai|Bottai]] e [[Emilio De Bono|De Bono]] - tra coloro che (in violazione dell'ordine di Starace, che senatori e consiglieri nazionali partecipassero alla cerimonia ostentando sulle uniformi solo le decorazioni fasciste) si presentarono esibendo le insegne degli ordini cavallereschi monarchici, inducendo così i consiglieri meno servili a non spogliarsi di sciarpe, distintivi e insegne sabaude: [[Luigi Federzoni]], ''L'Italia di ieri per la storia di domani'', Milano, Mondadori, 1967, pp. 236-238.</ref> a partire dal 1938, quando, in più occasioni, manifestò a Mussolini la sua contrarietà alla promulgazione delle [[leggi razziali fasciste|leggi razziali]]. Balbo proveniva da Ferrara, città sede di un'antica e rappresentativa comunità ebraica, aveva amici ebrei, con i quali restò in relazione rifiutando l'ostracismo ufficiale; in Libia evitò agli ebrei locali l'estensione delle leggi razziali.<ref name=bocca176/> Nel suo periodo di governatore della Libia entrò però in vigore a Tripoli un'ordinanza commissariale che costringeva i negozianti ebrei di alcune parti della città a tenere aperte le loro attività anche il [[Shabbat|sabato]], pena il ritiro della licenza e la [[fustigazione]].<ref>{{Cita libro|autore=Michele Sarfatti|titolo=Gli ebrei nell'Italia fascista: vicende, identità, persecuzione|url=https://archive.org/details/gliebreinellital0000sarf|anno=2000|editore=Einaudi|p=[https://archive.org/details/gliebreinellital0000sarf/page/113 113]}}</ref>
 
In particolare, riguardo al comportamento di Italo Balbo dinanzi alla promulgazione fascista delle [[leggi razziali fasciste|leggi razziali]] (1938), nella sua documentata biografia di Italo Balbo lo storico Giorgio Rochat si è cosi espresso: «La comunità ebraica ferrarese, che nel 1938 contava quasi settecento aderenti, era una delle più anziane e meglio inserite di tutta Italia. Chi oggi cerca di definire se Balbo e il fascismo ferrarese fossero filosemiti o antisemiti, dimentica che a Ferrara il problema non si poneva, perché gli ebrei non erano discriminati ma giustamente considerati cittadini a pieno titolo; e infatti furono in grande maggioranza ferventi fascisti e l'avvocato [[Renzo Ravenna]], amico e collaboratore di Balbo, fu [[Podestà (fascismo)|podestà]] di Ferrara dal 1926 al 1938 senza che ciò suscitasse problema alcuno. L'otto luglio del 1936 il generale [[Riccardo Moizo]], comandante generale dell'arma dei Carabinieri, scriveva, in risposta a una sollecitazione del ministero degli interni: ''Da riservate indagini è risultato che in Ferrara domiciliano circa ottocento ebrei, molti dei quali occupano importanti cariche pubbliche. Tutti gli ebrei, in genere, sono elementi attivi, diligenti e parsimoniosi, ciò che spiega come non pochi abbiano potuto raggiungere buone posizioni sociali ed economiche ed occupare posti direttivi. Essi, in linea politica, non hanno mai dato luogo a rilievi, né consta che abbiano comunque commesso abusi o parzialità; si distinguono anzi per attaccamento al regno e alle istituzioni nazionali''. [...]<br/>
[Balbo] fece quanto era in suo potere per arrestare la campagna antisemita, pur senza arrivare a prendere posizione in pubblico, come non era consentito a un alto gerarca; e nella riunione del Gran Consiglio del sei ottobre 1938, che varò un articolato programma di discriminazioni contro gli ebrei, si batté contro il progetto [...] e tentò con qualche successo di attenuarne la portata. Questa battaglia non giunse fino a una rottura politica: Balbo ostentò ripetutamente la sua amicizia con Renzo Ravenna e altri ebrei cacciati dalle loro cariche, ma rimase amico fraterno di [[Nello Quilici]] e, pur adoperandosi per favorire singole persone, non si oppose all'introduzione a Ferrara della legislazione antisemita in tutta la sua estensione».
 
Assieme a Ciano, disse che Hitler aveva violato il [[Patto d'Acciaio]] firmando il [[patto Molotov-Ribbentrop|patto con Stalin]] nell'agosto 1939, e si schierò fermamente e apertamente a favore della neutralità in una futura guerra<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 241}}.</ref><ref name="bert80">{{Cita|Bertoldi 1994|p. 80}}.</ref> e, anche quando questa scoppiò il 1º settembre seguente, Balbo, il 7 dicembre durante una riunione del Gran Consiglio, mise sul tavolo la possibilità di un'alleanza con il Regno Unito e la Francia.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 249}}.</ref> Raccolse l'invito della principessa [[Maria José del Belgio|Maria José]] a dissuadere insieme ad [[Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942)|Amedeo di Savoia-Aosta]] Mussolini dall'entrare in guerra<ref name="bert80" />, ma il DuceMussolini decise di restare fedele all'alleato tedesco.
 
=== L'entrata in guerra ===
[[File:Italo Balbo e Graziani in Libia.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Italo Balbo e il suo successorecon [[Rodolfo Graziani]] durante un'ispezione sul fronte libico.]]
Nelle sue direttive del 31 marzo 1940 [[Benito Mussolini]] aveva delineato in termini generali la strategia globale che avrebbe dovuto essere seguita dalle forze armate italiane nel caso sempre più probabile di una entrata in guerra a fianco del [[Terzo Reich]] contro la [[Francia]] e la [[Gran Bretagna]]. Riguardo al [[Teatro del Mediterraneo della seconda guerra mondiale|teatro bellico nordafricano]] il DuceMussolini stabiliva che a causa della difficile situazione geografica della [[Libia]] teoricamente minacciata sia dall'[[Egitto]] britannico che dal [[Impero coloniale francese|Nordafrica francese]], le forze italiane nella colonia, comandate da Balbo, avrebbero dovuto mantenersi sulla difensiva.<ref>{{Cita|Bauer 1971|Vol. II, pp. 178 e 273.}}</ref> Le forze francesi in [[Marocco]], [[Algeria]] e [[Tunisia]] del generale [[Charles Noguès]] ammontavano a otto divisioni mentre le truppe britanniche in Egitto erano calcolate dal servizio informazioni italiano in circa cinque divisioni; quindi dopo l'entrata dell'Italia nella [[seconda guerra mondiale]] il 10 giugno 1940 Mussolini confermò le sue direttive difensive. La situazione cambiò con la [[Campagna di Francia|sconfitta della Francia]] e l'[[Armistizio di Villa Incisa|armistizio del 25 giugno 1940 a Villa Incisa]]; le colonie francesi vennero neutralizzate e il maresciallo Balbo poté concentrare la maggior parte delle sue forze sul confine libico-egiziano.<ref>{{Cita|Bauer 1971|Vol. II, pp. 273-274.}}</ref>
 
Le forze italiane in Libia del maresciallo Balbo apparivano sulla carta adeguate al teatro bellico coloniale; dalla fine degli [[Anni 1930|anni trenta]] erano state inviate una serie di unità di fanteria destinate in realtà prevalentemente a compiti difensivi.<ref>{{Cita|Rochat 2005|pp. 294-295294–295.}}</ref> In totale il 10 giugno 1940 erano presenti in Libia quattordici divisioni con {{formatnum:236000}} soldati, {{formatnum:1427}} cannoni, 339 carri armati leggeri [[CV33|L3]], {{formatnum:8039}} automezzi<ref>{{Cita|Rochat 2005|p. 294.}}</ref>; queste forze erano suddivise tra la 5ª Armata che al comando del generale [[Italo Gariboldi]] copriva il confine occidentale con sei divisioni di fanteria e due divisioni di [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|camicie nere]], e la 10ª Armata del generale [[Mario Berti]] che, con tre divisioni di fanteria, due divisioni libiche e una divisione di camicie nere, era schierata sul confine egiziano. La [[Regia Aeronautica]] disponeva in Libia di circa 250 aerei in maggioranza di modelli non molto moderni ospitati in basi sguarnite e poco difese, e necessitavano di urgenti rifornimenti.<ref>{{Cita|Molteni 2012|p. 28}}.</ref> Queste forze erano forti numericamente ma in realtà si trattava di reparti prevalentemente appiedati, privi di automezzi sufficienti, con gravi carenze di armamento soprattutto nei mezzi corazzati, poco addestrate alla guerra nel deserto.<ref>{{Cita|Rochat 2005|p. 295.}}</ref>
 
Consapevole da tempo dell'inferiorità delle truppe a sua disposizione in caso di guerra Balbo aveva, in tempo di pace, sperimentato la creazione di nuclei specializzati per sopperire all'inadeguatezza di mezzi italiani dando origine alle [[Compagnie auto-avio sahariane]] (queste ultime comporranno poi una parte del [[Raggruppamento sahariano "Maletti"|Raggruppamento Maletti]]) equivalenti dei più noti ''[[Desert Rats]]'' con lo scopo di compiere ricognizioni a lungo raggio o veloci incursioni (agevolate dalla loro completa motorizzazione, eccezione notevole per l'esercito italiano di quel contesto) e molto ben coordinate con i reparti di aviazione assegnatagli in modo permanente.
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Per sopperire, in minima parte, alla mancanza di mobilità delle proprie truppe, dovuta alle caratteristiche di un territorio che comunque avrebbe dovuto essere idealmente difeso da forze in grado di intervenire e spostarsi celermente, Balbo creò, coadiuvato dal fidato collaboratore [[Stefano Cagna]], nell'aeroporto di [[Castel Benito]] il primo battaglione paracadutistico del [[Regio Esercito]], denominato [[Battaglione paracadutisti libico "Fanti dell'aria"|Battaglione Fanti dell'aria]], agli ordini di [[Goffredo Tonini]], che più tardi avrebbe dato origine alla [[Brigata paracadutisti "Folgore"|Folgore]].
 
Le forze britanniche presenti sul confine egiziano all'inizio della guerra dipendevano dal Comando del [[Medio Oriente]] del generale [[Archibald Wavell]] ed erano molto meno numerose, due divisioni con 36.000 soldati in totale, ma, essendo completamente motorizzate e fornite di mezzi corazzati e meccanizzati idonei alla veloce guerra nel deserto, erano molto più mobili e si dimostrarono subito pericolose per i presidi fissi italiani. Il maresciallo Balbo rilevò la superiorità tattica e tecnica dei britannici e la segnalò al maresciallo [[Pietro Badoglio]]; tuttavia nonostante questi avvertimenti, il Comando Supremo a Roma ordinò il 28 giugno 1940 al governatore di raggruppare tutte le forze disponibili sul confine libico-egiziano ed invadere l'Egitto.<ref>{{Cita|Bauer 1971|Vol. II, pp. 274-275.}}</ref><ref>{{cita|Montanelli, Cervi 2011|p. 13 e 19-20}}; {{Cita|Bocca 1997|pp. 181-182181–182}}.</ref>
 
Fin dai primi giorni di guerra le [[autoblindo]] britanniche causarono diversi problemi agli italiani e l'eliminazione di queste divenne importante. Balbo catturò la prima autoblindo il 21 giugno 1940 a Bir el Gobi: avvistato il mezzo in volo col suo S.M.79, il governatore scese immediatamente a terra mentre il secondo pilota Ottavio Frailich ridecollò subito circuitando con aria minacciosa sopra l'autoblindo, poi catturato dalle truppe di terra coordinate da Balbo.<ref>{{Cita|Molteni 2012|pp. 29-3029–30}}.</ref>
 
[[File:Profilo Italo Balbo.jpg|miniatura|Italo Balbo in divisa da aviatore.]]
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Il 28 giugno 1940 si levò in volo da [[Derna (Libia)|Derna]] per raggiungere il campo d'aviazione "T.2" dell'[[Aeroporto di Tobruch]]<ref name="molteni9">{{Cita|Molteni 2012|p. 9}}.</ref> con due trimotori [[Savoia-Marchetti S.M.79|S.M.79]], uno pilotato da lui stesso (che però non aveva il codice radio I-MANU; questo codice era in realtà di un S.75 assegnato in precedenza al Governatore della Libia come aereo personale con la sigla I-MANU, dal nome della moglie Emanuela)<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 196}}.</ref> e uno dal generale [[Felice Porro]], comandante della 5ª Squadra aerea. Da Tobruch i due aerei avrebbero poi compiuto un'incursione per cercare di catturare alcune autoblindo nemiche.<ref name=molteni9/> L'equipaggio era costituito da Italo Balbo, pilota, dal maggiore Ottavio Frailich, secondo pilota, dal capitano motorista Gino Cappannini e dal maresciallo marconista [[Giuseppe Berti (militare)|Giuseppe Berti]]. Frailich, Cappannini e Berti erano tutti "atlantici" che avevano già volato con Balbo nella Crociera del Decennale. All'equipaggio vero e proprio si aggiunsero il maggiore Claudio Brunelli (direttore generale dell'ETAL di Tripoli), i tenenti Francesco detto 'Cino' Florio e [[Lino Balbo]] (rispettivamente cognato e nipote di Italo Balbo), il console generale della Milizia onorevole Enrico Caretti (segretario federale del [[PNF]] di Tripoli), e il capitano di complemento [[Nello Quilici]], direttore del ''[[Corriere Padano]]'' e padre di [[Folco Quilici]].
 
Giunti in vista di Tobruch verso le 17:30 i piloti videro alte colonne di fumo dovute a un attacco britannico effettuato con bombardieri [[Bristol Blenheim]],<ref name=molteni9/> e Balbo ordinò di atterrare per verificare la situazione.<ref name="bocca183">{{Cita|Bocca 1997|p. 183}}.</ref> Prossimo all'atterraggio senza aver tuttavia avvisato prima la base, ed essendoci stata una tempesta di [[Scirocco|Ghibli]],<ref>{{cita news|autore=[[Aldo Cazzullo]]|url=https://www.corriere.it/cronache/23_novembre_06/corrado-augias-intervista-94d93374-7c0f-11ee-8eea-fc9ff09b1145_ampfc9ff09b1145.htmlshtml|titolo=Corrado Augias: «Dopo 63 anni lascio la Rai per La7. Da Kennedy agli hippy, vi racconto i miei amori»|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=6 novembre 2023|accesso=12 novembre 2024}}</ref> fu scambiato dalla contraerea di terra e dall'[[incrociatore]] italiano ''[[San Giorgio (incrociatore)|San Giorgio]]'' - all'ormeggio nei pressi del porto come batteria galleggiante - per uno degli aerei britannici che poco prima avevano attaccato le attrezzature navali lì presenti e fu di conseguenza preso di mira e colpito dalle batterie del ''San Giorgio''.<ref name="Armataneldeserto">{{Cita|Petacco 2002|pp. 12-1312–13}}.</ref> L'aereo di Porro riuscì a compiere una manovra diversiva e non fu centrato, mentre quello di Balbo, ormai in fase di atterraggio, precipitò in fiamme al suolo, provocando la morte di tutto l'equipaggio.
 
Il 29 giugno Mussolini dichiarò: «un bell'alpino, un grande aviatore, un autentico rivoluzionario. Il solo che sarebbe stato capace di uccidermi».<ref name="bert81">{{Cita|Bertoldi 1994|p. 81}}.</ref><ref>{{Cita|Volta 1973|p. 35}}.</ref> Badoglio, che era con lui ad [[Alpignano]] quando apprese della notizia, disse che il DuceMussolini non dimostrò «il minimo turbamento»<ref name=bocca183/>. [[Galeazzo Ciano]] invece annotò sul suo diario che «Balbo non meritava questa fine: era esuberante, irrequieto, amava la vita in ogni sua manifestazione. […] Non aveva voluto la guerra e l'aveva osteggiata fino all'ultimo. […] Il ricordo di Balbo rimarrà a lungo tra gli italiani, perché era, soprattutto, un italiano con i grandi difetti e le grandi qualità della nostra razza.» Sul bollettino delle forze armate apparve il seguente comunicato:
{{Citazione|Il giorno 28, volando sul cielo di Tobruch, durante un'azione di bombardamento nemica, l'apparecchio pilotato da Italo Balbo è precipitato in fiamme. Italo Balbo e i componenti dell'equipaggio sono periti. Le bandiere delle Forze Armate d'Italia s'inchinano in segno di omaggio e di alto onore alla memoria di Italo Balbo, volontario alpino della guerra mondiale, Quadrumviro della Rivoluzione, trasvolatore dell'Oceano, Maresciallo dell'Aria, caduto al posto di combattimento.}}
 
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Nel 2006 Quilici fu contattato da Aldo Massa, un guardiamarina che il giorno dell'abbattimento dell'aereo di Balbo era di vedetta nell'unico edificio in cemento armato del porto, un bunker dotato di ampia feritoia. Grazie alle testimonianze di Massa e di altri, Quilici segnalò la presenza di un sottomarino all'ancora nella rada di Tobruch e, sebbene nessun rapporto ufficiale facesse riferimento alla sua presenza in Libia, lo identificò nel sommergibile posamine italiano ''[[Marcantonio Bragadin (sommergibile)|Marcantonio Bragadin]]'', proveniente da [[Napoli]]. Fonti giornalistiche<ref>{{Cita web|autore=Antonio Carioti|url=http://archiviostorico.corriere.it/2006/febbraio/13/sommergibile_abbatte_aereo_Balbo_co_9_060213067.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121110031800/http://archiviostorico.corriere.it/2006/febbraio/13/sommergibile_abbatte_aereo_Balbo_co_9_060213067.shtml|titolo=Un sommergibile abbatté l'aereo di Balbo|editore=[[Corriere della Sera]]|data=13 febbraio 2006|accesso=19 maggio 2013|urlmorto=sì}}</ref> ipotizzarono che dalla sua torretta fu sparata la raffica che abbatté l'aereo di Balbo, che si schiantò e bruciò a lungo nella notte, rendendo quasi irriconoscibili i corpi<ref name=quilici/>. Nella confusione che seguì l'abbattimento il ''Bragadin'' ripartì dal porto libico la sera stessa.
 
Ad ogni modo, [[Arrigo Petacco]] aveva pubblicato nel 1997 la relazione ala DuceMussolini del [[generale di brigata aerea]] [[Egisto Perino]] (passeggero sull'aereo di Porro), che reca la data del 1º luglio 1940 e che corrisponde alla versione ufficiale, con pienezza di dettagli; il documento fu ritrovato fra le carte segrete di Mussolini.<ref name=petaccoarchivio />
 
== Opere ==
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|immagine = Doppelabzeichen Brillanten.jpg
}}
 
== Nella cultura di massa ==
 
* Nella serie [[M - Il figlio del secolo (miniserie televisiva)|''M - Il figlio del secolo'']], è interpretato da [[Lorenzo Zurzolo]].
 
== Note ==
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* {{cita libro|autore=Mimmo Franzinelli| titolo=Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922|città=Milano|editore=Mondadori|anno=2004|isbn=88-04-52934-2|cid=Franzinelli 2004}}
* {{cita libro|autore=Giorgio Giorgerini|titolo=La guerra italiana sul mare: la marina tra vittoria e sconfitta, 1940-1943|città=Milano|editore=Mondadori|anno=2000|isbn=no|cid=Giorgerini 2000}}
* {{cita libro|autore=Giordano Bruno Guerri |titolo=Fascisti: gli Italiani di Mussolini, il regime degli Italiani|url=https://archive.org/details/fascistigliitali0000guer |editore=Mondadori|città=Milano|anno=1995|isbn=88-04-38945-1|cid=Guerri 1995}}
* {{cita libro|autore=Giordano Bruno Guerri|titolo=Italo Balbo|anno=2013|editore=Bompiani|città=Milano|isbn=978-88-452-7466-4|cid=Guerri 2013}}
* {{cita libro|autore=Mirko Molteni|titolo=L'aviazione italiana 1940-1945 - Azioni belliche e scelte operative|editore=Odoya|città=Bologna|anno=2012|isbn=978-88-6288-144-9|cid=Molteni 2012}}
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* {{cita libro|autore=Claudio G. Segrè|titolo=Italo Balbo. Una vita fascista|città=Bologna|editore=Il Mulino|anno=2000|isbn=0-520-91069-9|cid=Segrè 2000}}
* {{cita libro|autore=Maurizio Tagliaferri|titolo=L'Unità Cattolica. Studio di una mentalità|editore=Pontificia Università Gregoriana|città=Roma|anno=1993|isbn=88-7652-665-X|cid=Tagliaferri 1993}}
* {{cita libro|autore=Attilio Tamaro|titolo=Venti anni di storia |editore=Editrice Tiber|città=Roma|anno=1953|isbn=no|cid=Tamaro 1953}}
* {{cita libro|autore=Blaine Taylor|titolo=Fascist eagle: Italy's air marshal Italo Balbo|lingua=ingleseen|editore=Pictorial Histories Pub. Co|città=Missoula, Montana|anno=1996|isbn=1-57510-012-6 |cid=Taylor 1996}}
* {{cita libro|autore=Sandro Volta|titolo=I grandi nomi del XX secolo|volume=Vol. 3 - I gerarchi di Mussolini|editore=Istituto Geografico De Agostini|anno=1973|isbn=no|cid=Volta 1973}}
* {{cita libro|autore-capitolo=Mauro Canali|capitolo=Guidonia e il regime fascista. Una 'città nuova' dagli anni del consenso alla guerra|titolo=Innamorarsi del futuro|città=Ancona|anno=2007}}
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|carica = Sottosegretario del Ministero dell'Aeronautica
|immagine = Flag of Italy (1861-1946).svg
|periodo = 6 novembre [[1926]] - 12 settembre [[1929]]
|precedente = [[Alberto Bonzani]]
|successivo = [[Raffaello Riccardi]]