Augusto Del Noce: differenze tra le versioni

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|Nazionalità = italiano
}}
È stato titolare della cattedra di "''[[Storia delle dottrine politiche moderne|Storia delle dottrine politiche]]''" all'[[Università degli Studi di Roma "La Sapienza"|Università "La Sapienza"]] di [[Roma]].
 
Studioso del [[razionalismo]] [[Cartesio|cartesiano]] e del [[filosofia moderna|pensiero moderno]] ([[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]], [[Karl Marx|Marx]]), analizzò le radici [[storia della filosofia occidentale|filosofiche]] e [[teologia|teologiche]] della crisi della [[modernità]], che attribuiva a contraddizioni interne all'[[immanenza|immanentismo]] da lui ricostruite con cura, partendo da una prospettiva [[filosofia cristiana|filosofica cristiana]] anche critica, continuamente in dialogo con l'intellettualismo [[laico]].<ref name=treccani/>
{{Citazione|Certo i cattolici hanno un vizio maledetto: pensare alla forza della modernità e ignorare come questa modernità, nei limiti in cui pensa di voler negare la trascendenza religiosa, attraversi oggi la sua massima crisi, riconosciuta anche da certi scrittori laici.|''Risposte alla scristianità'', da ''[[Il Sabato]]'', 7 giugno 1985}}
Argomentò l'incompatibilità di [[marxismo]], [[umanesimo]], ed altri sistemi di pensiero che propugnavano la liberazione secolare dell'uomo, con la [[dottrina cristiana]].<ref>{{senza fonte|Affermava infatti che «solo il [[Redentore]] può emancipare»}}.</ref> Sostenne tenacemente, per tali motivi, l'impossibilità del dialogo tra cattolici e comunisti e previde il "suicidio della rivoluzione" (1978). Studioso del [[fascismo]], sostenne che tale ideologia fosse peraltro in continuità con il [[comunismo]] e fosse anch'esso un momento della [[secolarizzazione]] della modernità. Sostenne, inoltre, l'esistenza di molti punti di contatto tra il [[fascismo]] e il pensiero dei ''[[Sessantotto|sessantottini]]''.
 
[[Filosofia politica|Filosofo della politica]], preconizzò la crisi del [[socialismo reale]], mentre esso viveva la sua massima espansione a livello mondiale. Argomentò che tale sistema, da una parte, applicava coerentemente lale prospettive socialiste della filosofia di Marx, ma dall'altra negava le premesse deldi marxismoqueste: ciò in quanto - mostrava Del Noce - lo stesso sistema di Marx si basava sulla contraddizione tra [[dialettica]] e [[materialismo storico]]. Ribadiva infine la necessità dei valori di verità e di [[morale|moralità]].
 
== Biografia ==
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{{F|politologi|arg2=filosofi italiani|agosto 2020|Solo 5 note, di cui 2 esplicative e non richiamanti fonti}}
===Il problema dell'ateismo===
Nella sua più celebre opera ''Il problema dell'ateismo'' (del [[1964]]) Del Noce inizia l'analisi della storia della filosofia moderna invertendo il paradigma [[storicismo|storicistico]] e [[positivismo|positivistico]] che nel [[progressismo]] aveva la sua cifra comune. Il filosofo afferma infatti che tale paradigma di illuministica origine ha come prima condizione d'esistenza la postulazione dell'[[ateismo]] come necessità del progredire dei sistemi filosofici e delle scienze a prescindere dalla [[teologia cristiana]], cioè a prescindere dalla [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]], anzi in più o meno esplicita opposizione alla Scolastica.
 
La tesi che Del Noce intende dimostrare in questa sua opera è -&#32;come evidenzia appunto il titolo&#32;- la considerazione dell'ateismo non più come «necessità» bensì come «''problema''» della modernità, il cui ultimo, coerente e necessario sbocco è appunto il [[nichilismo]] post-nietzscheano distaccato ormai da qualsiasi riflessione filosofica e sfociato in una pura forma di vita, in puro ''way of life'' di distruzione e auto-distruzione dell'uomo. Del Noce pone quindi innanzitutto una distinzione fra tre diverse forme di ateismo, ovvero fra l'ateismo positivo o politico («diurno»), i cui esempi perfetti sono stati l'illuminismo di un [[Denis Diderot|Diderot]] o l'umanesimo di un [[Ludwig Feuerbach|Feuerbach]], l'ateismo negativo o nichilistico («notturno»), esemplificato invece dalla filosofia di [[Arthur Schopenhauer|Schopenhauer]], e infine l'ateismo tragico, detto anche «follia filosofica», cioè la forma più rara e particolare di ateismo che Del Noce trova solo in due casi in tutta la storia della filosofia, ovvero in [[Friedrich Nietzsche|Nietzsche]] e in [[Jules Lequier]].
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Posta questa propedeutica distinzione, Del Noce inizia l'anamnesi del pensiero filosofico moderno per rintracciare la genesi di ogni forma di ateismo, impossibile da pensarsi per la filosofia antica come dimostra il fatto che anche la filosofia epicurea -considerata comunemente come ateistica- ammetteva in realtà l'esistenza degli dèi. Per Del Noce appare evidente che la crisi della Scolastica medievale non ha costituito un processo necessario per il semplice fatto che proprio colui che aveva intenzione di riformarla -cioè Cartesio- fu invece colui che in realtà la tradì e se ne allontanò: è nelle celeberrime ''Meditazioni metafisiche'' che il filosofo francese -allievo dei [[Compagnia di Gesù|Gesuiti]]- tentò di riproporre una nuova prova dell'[[esistenza di Dio]] da opporre al [[Naturalismo (filosofia)|naturalismo]] [[libertinismo|libertinista]] del [[XVII secolo|Seicento]], che predicava [[relativismo]] etico e che sostituiva il Dio-''Logos'' con la Natura impersonale e senza ordine.
 
In realtà però Cartesio, nel suo sforzo apologetico, compì il definitivo tradimento della filosofia cristiana riattingendo ad un [[pensiero di Agostino d'Ippona|agostinismo]] privato di [[platonismo]] e considerando così le [[idee]] dei semplici «contenuti della mente». In altre parole se l'idea di Dio, quantunque logicamente necessaria, non è il riflesso intellettivo di una realtà ontologica esterna al soggetto ma è una semplice struttura logica, allora vale realmente la critica kantiana della prova ontologica di [[Sant'Anselmo d'Aosta|Sant'Anselmo]] secondo la quale non è lecito aggiungere il predicato dell'esistenza alla perfezione dell'idea se non per un [[paralogismo]].
 
Del Noce in sintesi ha mostrato come il tradimento e la perdita della Scolastica, attuata innanzitutto da Cartesio, ha come punto centrale l'idea di [[Idea]], che è passata ad essere da struttura del reale a struttura del razionale, passando quindi dal dominio dell'[[ontologia]] a quello della [[psicologia]]. Per questo non vi è alcuna spiegazione se non il rifiuto pregiudiziale di riconoscere uno statuto ontologico all'idea, cosicché non vi sarebbe appunto alcuna ''necessità'' di trapasso della Scolastica né tantomeno alcuna necessità di genesi del [[razionalismo]]; in tal senso la famosa critica di [[Immanuel Kant|Kant]] varrebbe quindi solo contro Cartesio ''e non'' contro Sant'Anselmo, il cui platonismo gli permetteva ancora di inferire ''necessariamente'' la «perfezione» dell'esistenza dall'idea dell'Essere con ogni perfezione, cioè dall'idea di Dio.
 
Del Noce prosegue la sua analisi mostrando quindi come in Cartesio, che pur nelle sue intenzioni voleva essere un ''defensor Fidei'', già sussisteva ''in nuce'' ogni forma di illuminismo che avrebbe poi dominato nel [[XVIII secolo|Settecento]], per questo egli parla di un pre-illuminismo cartesiano e aggiunge inoltre che proprio Cartesio, fiero avversario del libertinismo dilagante nel suo tempo, fu colui che tradusse l'ateismo libertinisticolibertino e irrazionalistico nella sua forma razionalizzata, cioè nell'illuminismo, che sarebbe stato appunto un libertinismo razionalistico. Si noti che Del Noce non pone giudizi sulla persona di Renato Cartesio, e anzi sottolinea come al suo tempo egli si poteva davvero credere il grande condottiero vincitore della battaglia culturale del Cristianesimo contro il libertinismo, ma ciò perché non era riuscito a prevedere una forma di ateismo non-irrazionalistico e non-relativistico quale fu appunto l'illuminismo settecentesco, che non si limitò più ad opporsi alla Scolastica ma che formò una propria dogmatica visione della storia in cui il Cristianesimo, rappresentato dalle [[leggenda nera dell'Inquisizione|leggende nere]] del [[Medioevo]], era stato solo un ostacolo per lo «sviluppo» e l'«emancipazione» dell'umanità (si tenga presenta la definizione kantiana di «''illuminismo''»).
 
Da Cartesio in poi, -secondo Del Noce-, sono comunque due i percorsi filosofici che partono e che sviluppano i due aspetti compresenti in Cartesio, ovvero l'illuminismo e lo [[spiritualismo]]: da una parte infatti [[Étienne Bonnot de Condillac|Condillac]], [[Immanuel Kant|Kant]], [[Nicolas de Condorcet|Condorcet]], fino a Hegel e Marx riceveranno il lascito propriamente razionalistico e ''sensu lato'' [[materialismo|materialistico]] di Cartesio, dall'altra invece [[Blaise Pascal|Pascal]], [[Nicolas Malebranche|Malebranche]], [[Giambattista Vico|Vico]] e infine [[Antonio Rosmini|Rosmini]] saranno gli eredi del suo patrimonio spiritualistico, inteso questo come filosofia di accordo fra ragione naturale e fede cristiana, posta la distanza epistemologica dalla Scolastica; famosa ed illuminante è a questo proposito la teoria della «visione in Dio» di Malebranche, nonché la distinzione pascaliana fra «Dio dei filosofi» e «Dio di [[Gesù Cristo]]».

Andando comunque alla radice del problema del tradimento della metafisica cristiana ([[Tomismo]]) da parte di Cartesio e del conseguente illuminismo, Del Noce individua come unica possibile condizione per tale tradimento il rifiuto del [[peccato originale]] come male metafisico e quindi il rifiuto dello «''status naturae lapsae''» di cui proprio il Cristo sarebbe il redentore: senza alcuna natura umana da redimere, cioè senza necessità di alcun redentore, il razionalismo ha sostituito il peccato con l'ignoranza e Dio con la ragion critica, rifacendosi così ad un [[pelagianesimo]] laicizzato che da solo rende possibile una qualsiasi forma di ateismo. Egli nota, infine, che avendo rifiutato la radice metafisica del male se ne è dovuta cercare quella fisica o psicofisica, secondo gli schemi ideologici che nel Novecento avrebbero reso la [[psicanalisi]] e la [[psicologia]] gli elementi complementari allo [[scientismo]] per una completa e non riduttiva visione del mondo senza Dio, e per una definitiva «''ateologizzazione''» della ragione.
 
===Compimento e dissoluzione del marxismo===
Riguardo al [[marxismo]] e alla sua interpretazione Del Noce scrisse due opere, ovvero ''Il cattolico comunista'' e ''Il suicidio della rivoluzione'', che costituiscono la continuazione de ''Il problema dell'ateismo'' in quanto in esse il filosofo analizza più dettagliatamente solo una delle linee filosofiche originate da Cartesio, quella razionalistica, cioè quella che nella storia moderna fu vincente nella sua estensione politica, nel tentativo di trovare e di dimostrare la continuità necessaria fra razionalismo, materialismo, marxismo e infine nichilismo, quest'ultimo inteso come cifra ''problematica'' della civiltà [[postmodernismo|postmoderna]].
 
La giustificazione epistemologica di questa analisi è data dal fatto incontestabile che la storia del Novecento inizia da un fatto filosofico, ovvero dal passaggio della filosofia marxiana in azione politica, ovvero dalla coerentizzazione di quella che Del Noce definisce la «non-filosofia di Marx»: da ciò appare non solo giustificato ma anche necessario portarsi sul piano storico della filosofia per comprenderne il suo portato teoretico, e così disinnescarne il suo sostrato ideologico. Del Noce si affianca a diversi studiosi stranieri, quali ad esempio Voegelin, per rintracciare l'inizio della cosiddetta [[secolarizzazione]], il cui compimento sarebbe stato appunto il marxismo e poi il nichilismo, nel sequestro della nozione di «progresso» da parte di filosofie laiche dalla teologia di [[Gioacchino da Fiore]], o meglio dall'interpretazione di tale teologia: ben nota è infatti la distinzione gioachimita nelle tre età della storia, l'Età di Dio-Padre ([[Ebraismo]]), l'Età di Dio-Figlio ([[Cristianesimo]]) e infine l'Età di Dio-Spirito che avrebbe dovuto superare i «limiti» del Cristianesimo ed estendere l'elezione e la salvezza in modo universale.
 
Di tale teologia mistica e profetica si appropriò lo [[gnosticismo]] sviluppatosi in seno al Cristianesimo stesso ed estesosi pian piano oltre i confini delle filosofie razionalistiche del Settecento e soprattutto dell'[[XIX secolo|Ottocento]]. Del Noce nota infatti una sorta di dialettica nata all'interno dell'illuminismo settecentesco non tanto fra atei e [[deismo|deisti]] bensì fra rivoluzionari e conservatori, ovvero fra il puro [[giacobinismo]] ghigliottinatore dell'«''[[ancien Régime]]''» e il progressismo che caratterizzò invece la fase dell'illuminismo dopo la degenerazione della [[rivoluzione francese]] in [[regime del Terrore|Terrore]], ovvero la fase dei cosiddetti ''ideologues[[idéologues]]'', fra i quali [[Pierre Cabanis|Cabanis]] e [[Condorcet]]. Il punto attorno a cui si sviluppava tale dialettica fu appunto la differente [[filosofia della storia]] che aveva caratterizzato l'illuminismo pre-rivoluzionario e l'illuminismo post-rivoluzionario, in quanto il primo aveva escluso una qualsiasi evoluzione storica e necessaria dell'umanità e aveva anzi condannato il Medioevo con la [[storiografia]] della leggenda nera, mentre il secondo aveva invece rivalutato l'intera storia pre-illuministica (sia pagana che cristiana) considerandola come momento dialettico necessario pur se negativo della storia universale.
 
In questo senso Del Noce ha potuto mettere in parallelo l'opposizione fra illuminismo giacobino e spiritualismo in [[Francia]] e quella fra [[kantismo]] e [[hegelismo]] in [[Germania]], ove spiritualismo e hegelismo sono state filosofie vincenti in quanto hanno assorbito in sé il momento rivoluzionario e negativo dell'illuminismo per poi superarlo nella formazione di quella filosofia della storia che ebbe certo in [[Georg Hegel|Hegel]] il suo culmine. Riguardo al binomio illuminismo-spiritualismo la critica vincente del secondo sul primo è stata quella di un estremo e insostenibile [[riduzionismo (filosofia)|riduzionismo]] rappresentato dal [[sensismo]] di Condillac, in altre parole è stata la critica di ridurre la comprensione del mondo al pari di ciò che lo stesso illuminismo aveva accusato la [[religione]] di aver fatto. In questo contesto è la nascita della visione [[sociologia|sociologica]] del mondo a rappresentare il tentativo di superare questa [[aporia]] illuministica senza tuttavia dover ritornare alla [[metafisica]] tradizionale: Del Noce insomma sostiene il trapasso dell'illuminismo in ''[[socialismo]]'', non a caso nato in Francia, intesa questa come dottrina che dell'illuminismo mantiene il carattere [[utopia|utopistico]] ([[socialismo utopistico]]) e quindi anti-tradizionalistico, ma ne sconfessa invece il deprecabile riduzionismo che ancora non permetteva un'adeguata analisi della società ai fini della rivoluzione politica.
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Di questo Del Noce fa una critica serrata, facendo notare innanzitutto le origini culturali dei due fondatori del fascismo, cioè [[Giovanni Gentile|Gentile]] e [[Benito Mussolini|Mussolini]], come antitetiche rispetto a ogni forma di politica reazionaria, tradizionalista e nazionalista e come invece affini rispetto al socialismo, del quale Mussolini in particolare fu un esponente. Si noti che l'obiettivo che Del Noce intende colpire e abbattere è quella generale concezione del fascismo come momento singolare e controcorrente rispetto all'intera storia moderna, dalla rivoluzione francese in poi, mentre ciò che intende mostrare è la continuità quasi necessaria che è posta fra l'hegelismo, il marxismo e il fascismo come tre momenti dell'unico processo di secolarizzazione. Il filosofo inizia quindi dall'analisi della figura storica di Mussolini e della sua formazione culturale, notando il suo giovanile [[anticlericalismo]], il suo spontaneo confluire nel socialismo, e il seguente superamento di quest'ultimo per l'evoluzione fascista del suo pensiero. È in particolare sul concetto di «rivoluzione» che Del Noce pone l'accento, essendo questo un concetto base del marxismo che però, attraverso l'incontro mussoliniano con la tedesca «[[pensiero di Hegel|filosofia dello Spirito]]» risorgente in Italia, dovette radicalmente trasformarsi e portarsi dal livello sociale della «classe» a quello personale del «soggetto».
 
È insomma -per Del Noce- l'incontro intellettuale di Mussolini con la filosofia di Giovanni Gentile ad aver reso necessaria la trasformazione della rivoluzione in un senso non più [[finalismo|finalistico]] o [[escatologia|escatologico]] (come era nel marxismo puro, il cui fine è appunto la società comunista) ma in un senso propriamente [[attivismo|attivistico]] e ''lato sensu'' [[solipsismo|solipsistico]], in termini gentiliani cioè [[attualismo (filosofia)|attualistico]]. Con ciò Del Noce può connettere la psicologia di Mussolini con il vero e proprio [[formalismo (filosofia)|formalismo]] pratico del fascismo, il quale non aveva in realtà alcun contenuto definito, ma proclamava bensì una ''forma'' di azione tanto vaga e generale da poter attrarre a sé ogni sorta di ceto sociale (anche il [[proletariato]]) e di frangia ideologica, in alcuni momenti persino quella marxistica.
 
Il concetto di «rivoluzione» infatti contiene in sé già un termine finale ben preciso verso cui lo stato attuale del mondo andrebbe ''rivoluzionato'', mentre nella politica fascista il termine rivoluzione deve necessariamente essere sostituito dal termine «riforma» (si pensi appunto alla [[riforma Gentile]]) in senso non più tradizionale, cioè come ri-formare ciò che è stato de-formato, bensì in senso creazionale, cioè come dare una nuova forma (indefinita) alle antiche cose, perciò rimane un concetto molto affine a quello di marxistico di rivoluzione, e permette l'affiancamento ideale dell'attualismo gentiliano al [[modernismo teologico]] fiorente a quel tempo e condannato come [[eresia]] dalla [[Chiesa cattolica]].
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* {{Cita libro|titolo=Fenomenologia del disordine. Prospettive sull'irrazionale nella riflessione sociologica italiana|autore=Francesco Tibursi|curatore=Andrea Millefiorini|editore=Nuova Cultura|città=Roma|anno=2015|collana=Societas|capitolo=Il pensiero di Augusto del Noce come Teoria sociale|pp=165-200|ISBN=978-88-6812-457-1|cid=Francesco Tibursi}}
* {{Cita libro|titolo=Omaggi. Filosofi italiani del nostro tempo|autore=Xavier Tilliette|wkautore=Xavier Tilliette|traduttore=G. Sansonetti|editore=Morcelliana|città=Brescia|anno=1997|p=92|ISBN=978-88-372-1663-4|cid=Xavier Tilliette}}
* {{Cita libro|titolo=Marxismo ateismo secolarizzazione. Dialogo aperto con Augusto del Noce|autore=Natascia Villani|editore=Editoriale Scientifica|città=Napoli|anno=2003|collana=Pensiero giurdicogiuridico. Saggi|ISBN=978-88-88321-61-5|cid=Natascia Villani}}
* {{Cita libro|titolo=La critica alla Rivoluzione nel pensiero di Augusto Del Noce|autore=Roberto de Mattei|editore=Le Lettere|città=Milano|anno=2019|ISBN=978-88-9366-1157|cid=Roberto de Mattei}}
* F. Perfetti, ''Dove va la storia contemporanea. Augusto Del Noce e l’interpretazione transpolitica'', Nino Aragno Editore, Torino 2024