Pubblicità: differenze tra le versioni

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[[File:W. Hoogstraaten & Co. Fijne groenten, Huishoudgroenten Soepen en Sausen2.jpg|miniatura|Un manifesto di [[Johann Georg van Caspel]] del 1899.]]
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[[File:1913FebHamilton.jpg|miniatura|Un annuncio pubblicitario del 1913.]]
La '''pubblicità''' è l'attività aziendale che è diretta a far conoscere l'esistenza o ad incrementare il consumo e l'uso di un bene o un servizio. Le aziende fanno attività pubblicitaria principalmente (ma non solo) attraverso i mezzi di comunicazione di massa: ([[radio]], [[televisione]], [[giornale|giornali]] e periodici, [[internet]], ecc...)
 
La '''pubblicità''' è la [[comunicazione]] usata dalle [[imprese]], attraverso varie modalità, per creare consenso intorno alla propria immagine, con l'obiettivo di conseguire i propri obiettivi di [[marketing]] (es. vendita di [[prodotto (economia)|prodotti]]).
 
Caratteristica principale della [[comunicazione]] pubblicitaria è diffondere dunque messaggi preconfezionati a pagamento attraverso i [[mass-media]], con l'obiettivo che il consenso si trasformi in atteggiamenti o comportamenti positivi da parte del pubblico o [[consumatore]] che non consistono solo o semplicemente nell'acquisto del [[Prodotto (economia)|prodotto]] o [[servizio]]: la pubblicità informa, persuade, seduce il pubblico ed è ritenuta corretta se fidelizza l'utente finale in base a principi civili e umanizzanti<ref>[[Victoria de Grazia]], ''L'impero irresistibile. La società dei consumi americana alla conquista del mondo'', cap. 5 ''Il linguaggio pubblicitario. Come la scienza della pubblicità ha sopraffatto l'arte del commercio'', trad.Andrea Mazza e Luca Lamberti, Torino, Einaudi, 2006, ISBN 88-06-18047-9</ref>.
 
== Storia ==
[[File:Conway Gent's Furnisher (1s).jpg|miniatura|Una cartolina pubblicitaria di fine Ottocento.]]
La pubblicità ha radici antiche, ed è intimamente collegata con la propaganda o lo sviluppo delle prime attività commerciali e dalle relative iscrizioni, insegne o simboli merceologici.<ref name=DeMaestrip299>{{cita libro | nome1=Anna | cognome1= De Maestri | nome2=Mariella | cognome2= Moretti| titolo=Percorsi europei. Antologia ed educazione linguistica. Per la Scuola media| url=https://archive.org/details/isbn_9788845047169 |volume=2 | anno=1993 | editore=Bompiani | capitolo=Pubblicità: un lungo cammino|p=299-300 |isbn=978-88-450-4716-9 }}</ref>
 
Presso gli [[scavi archeologici di Pompei]] si possono leggere ancora oggi delle scritte, sui muri delle case romane distrutte dal Vesuvio nel 79 d.C., che invitano i passanti a votare per un certo candidato alle elezioni oppure che un gladiatore combatterà le fiere,<ref>[[Gian Luigi Falabrino]], riportato in pag. 46 [[Annamaria Testa]], ''La pubblicità'', 2003, Il Mulino, ISBN 88-17-86329-7</ref> mentre nella via dell'Abbondanza una serie di insegne di una bottega mostra le fasi di lavorazione della stoffa, a riprova della sua qualità.<ref name=DeMaestrip299/>
 
La situazione si evolve in Europa con l'invenzione della stampa.<ref name=DeMaestrip299/> Nel 1479 il tipografo britannico [[William Caxton]] diffonde un opuscolo per reclamizzare le sue pubblicazioni, mentre i primi antenati dei [[volantini]] iniziano a circolare nelle città del continente all'inizio del Cinquecento.
 
Il 17 ottobre 1482 [[Jean du Pré]] crea a [[Reims]] il primo [[manifesto (stampato)|manifesto]].
 
In Germania ad esempio si disegnano i premi delle [[lotteria|lotterie]] per invogliare a prendervi parte.<ref name=DeMaestrip299/>
 
[[Gazzetta|Gazzette]] a cadenza settimanale nel 1609 in Germania e Olanda, 1620 in Francia, 1622 in Inghilterra, 1639 [[La Gazzetta di Genova]] primo giornale italiano, 1660 primo quotidiano a Lipsia,1629 primo annuncio pubblicitario sul [[Mercurius Britannicus]], 1631 sulla [[Gazzetta di Parigi]].<ref>[[Annamaria Testa]], ''La pubblicità'', 2003, pag. 47, Il Mulino, ISBN 88-17-86329-7</ref>
 
Con la [[rivoluzione industriale]], l'aumento della produzione di merci si è imposto poi il modello pubblicitario che noi conosciamo: il prodotto di una scienza che usa tecniche raffinate e si avvale dell'apporto di psicologi, artisti, disegnatori e registi famosi. È un fenomeno che coinvolge masse enormi di persone ed è un'industria che investe ingenti capitali, impiega intelligenze sopraffine e dà lavoro a milioni di persone.
 
Il banchiere [[Charles-Louis Havas]] nel 1835 crea la prima agenzia di stampa ([[Havas|attiva ancora oggi]]).
 
In occasione dell'[[Esposizione Internazionale]] di Londra del 1851 viene distribuito il primo [[catalogo]] illustrato di prodotti.
La forma di pubblicità più diffusa nell'antichità era il "passaparola", anche se messaggi commerciali ed elettorali sono stati trovati impressi sulle rovine di [[Pompei]]. Con lo sviluppo delle tecniche di [[stampa]], già nel [[XVII secolo]] i primi annunci pubblicitari cominciarono a comparire stabilmente sulle pagine dei settimanali [[Inghilterra|inglesi]]. La pubblicità subì un'espansione parallela a quella dell'economia. Le prime agenzie pubblicitarie si incaricavano solamente di procurare spazio sui giornali agli inserzionisti, ma dall'inizio del [[XX secolo]] iniziarono ad occuparsi anche dei contenuti dei messaggi.
 
==La pubblicità in Italia==
====Le origini====
La comunicazione pubblicitaria nasce e cammina parallelamente alle esigenze economiche, sociali, politiche e culturali di un paese.
Alla fine del [[XIX secolo]] l'Italia era ancora un paese prevalentemente ad economia agricola, con una situazione di povertà molto diffusa e con enormi differenze socio-economiche tra il Nord e il Sud del paese ed un'alta percentuale di [[analfabetismo]]. Le prime comunicazioni pubblicitarie (al tempo chiamate ''réclame'') iniziano a diffondersi con la nascita dei [[giornale|giornali]] tra la metà dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, nel 1863 la prima concessionaria di spazi pubblicitari italiana è fondata da [[Carlo Erba]] e [[Attilio Manzoni]]. Sulle ultime pagine dei quotidiani, quali la ''[[Domenica del Corriere]]'', la ''[[Tribuna Illustrata]]'' e l'''[[Illustrazione Italiana]]'', appaiono i primi annunci pubblicitari.
 
Agli inizi la pubblicità veniva fatta principalmente con solo testi e disegni, anche se la maggior parte della popolazione era analfabeta ed erano molto pochi coloro che potevano permettersi i giornali, e la pubblicità era molto semplice ed immediata. Spesso si usavano i verbi all'imperativo: ''«Bevete...»'', ''«Prendete...»'', ''«Al vostro farmacista chiedete...»''.
Alla fine del XIX secolo l'Italia era ancora un paese prevalentemente ad economia agricola, con una situazione di povertà molto diffusa e con enormi differenze socio-economico tra il Nord e il Sud del paese ed un’alta percentuale di analfabetismo. Le prime comunicazioni pubblicitarie (al tempo chiamate ''reclame'') iniziano a diffondersi con la nascita dei giornali tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Sulle ultime pagine dei quotidiani, quali la "''Domenica del Corriere''", la "''Tribuna Illustrata''" e l’"''Illustrazione Italiana''", appaiono i primi comunicati pubblicitari.
 
Grazie alla [[cromolitografia]], la ''pubblicità murale'' si sviluppa e, grazie all'opera di cartellonisti quali [[Leonetto Cappiello]], [[Adolf Hohenstein]], [[Giovanni Maria Mataloni]], [[Leopoldo Metlicovitz]] e [[Marcello Dudovich]] diventa una vera e propria forma d'arte.
Agli inizi la pubblicità veniva fatta principalmente con solo testi e disegni, anche se la maggior parte della popolazione era analfabeta ed erano molto pochi coloro che potevano leggere i giornali, e la pubblicità era molto semplice ed immediata. Spesso si usavano i verbi all'imperativo: "''Bevete..''", "''prendete.."'', "''Al vostro farmacista chiedete.."''.
 
Negli anni ’20, quando la [[Radio (mass media)|radio]] cominciò a diffondersi negli Stati Uniti, era considerato inopportuno mandare in onda annunci pubblicitari: sarebbero stati trasmessi nelle case dei cittadini, che erano considerate uno spazio privato. Poi un programma di successo, ''Amos ‘n’ Andy'', infranse il muro della correttezza e cominciò a trasmettere interruzioni pubblicitarie.
Con la ''[[pubblicità murale]]'' la comunicazione si sviluppa e grazie all’opera di artisti famosi quali [[Leonetto Cappiello]], [[Leopoldo Metlicovitz]] e [[Marcello Dudovich]], diventa una vera e propria forma d’arte.
 
In Italia nel 1924 cominciarono le trasmissioni radiofoniche e nel 1926 cominciò la pubblicità; la [[tv]] italiana comincia nel 1954 e nel 1957 nasce [[Carosello]].<ref>[[Annamaria Testa]], ''La pubblicità'', 2003, pag. 50, Il Mulino, ISBN 88-17-86329-7</ref>
====La SIPRA e la pubblicità nella televisione italiana fino agli anni '80====
La pubblicità arrivò in televisione italiana il 3 febbraio del 1957, ma una norma della Concessione tra il Ministero delle Poste e la [[RAI]] prevedeva che gli spazi pubblicitari non potessero superare il tetto del 5% del tempo di trasmissione totale. Si pensò che una massiccia dose di pubblicità televisiva avrebbe potuto danneggiare gli altri mezzi (giornali, cinema, manifesti, …) che traevano profitto, in parte o del tutto, dalla vendita di spazi pubblicitari. Inoltre la logica del “palinsesto pedagogizzante”, secondo la formulazione di [[Gianfranco Bettetini]], prevedeva pochi spazi per la pubblicità.
Le comunicazioni pubblicitarie vennero ghettizzate in un contenitore che ebbe, però, un grande successo e diventò anche occasione di sperimentazione di linguaggi e personaggi, nonché un vero fenomeno di costume: ''[[Carosello]]''.
{{nota
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|titolo=Coppia vincente
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[[Immagine:Torino-Fiera del libro 2006-DSCF6945.JPG|left|175px|Carmencita]]
[[Immagine:Torino-Fiera del libro 2006-DSCF6946.JPG|right|175px|Miguel]]<br/>''Carmencita'' e ''Caballero'', popolari testimonial della [[Lavazza]] in un celebre - e celebrato - [[Carosello]] degli [[anni 1970|anni settanta]] ideato da [[Armando Testa]]
}}
 
== Evoluzione digitale ==
Carosello conteneva quattro o cinque messaggi pubblicitari di una lunghezza che oggi sarebbe al di fuori del budget di qualsiasi investitore pubblicitario. Al suo interno si raccontavano vere e proprie storie da cui sono usciti modi di dire, personaggi celebri.
Negli anni 2020 la pubblicità ha conosciuto un’ulteriore trasformazione con la crescita del '''digital advertising''' e del '''programmatic advertising'''. Queste pratiche consentono di automatizzare l’acquisto di spazi pubblicitari online, migliorando la profilazione degli utenti e la misurazione dei risultati in tempo reale.<ref>{{Cita pubblicazione|cognome=Deighton|nome=John|cognome2=Kornfeld|nome2=Leora|titolo=Digital Advertising: Progress and Prospects|pubblicazione=Journal of Advertising Research|anno=2022|volume=62|numero=1|pagine=3-8|doi=10.2501/JAR-2022-001}}</ref>
La gestione degli spazi pubblicitari fu affidata alla [[SIPRA]] (Società Italiana Pubblicità Radiofonica e Affini), una società con partecipazione maggioritaria dell’IRI e della RAI, che già esisteva dal 1926 con lo scopo di raccogliere e gestire i proventi pubblicitari per la radio.
Questa società ebbe, con l’avvento della televisione, un grande sviluppo e si trasformò in uno degli strumenti più potenti di sottogoverno del Paese e in un organo di censura.
Ogni ciclo di spot costava circa 1 milione e mezzo di lire e la produzione era affidata completamente ai privati, ma con la supervisione della SIPRA stessa che poteva decidere sulla messa in onda o meno del ciclo e che, quindi, svolgeva vere e proprie funzioni di censura.
 
== Etimologia ==
Ma l'importanza che assunse la SIPRA per il mondo politico è legata al poco spazio destinato alla [[pubblicità televisiva]] dalla RAI, di gran lunga inferiore a quanto le imprese erano disposte ad investire. Tra domanda e offerta di spazi pubblicitari vi era una forte sproporzione che non poteva essere equilibrata dal libero gioco del mercato perché le tariffe pubblicitarie della RAI erano determinate da accordi tra il governo e gli editori di giornali e venivano tenute basse, al di sotto del prezzo di mercato, sempre per non danneggiare gli altri mezzi di comunicazione. Così la SIPRA, grazie al meccanismo del “minimo garantito” e al sistema del “traino”, in modo del tutto discrezionale, gestiva la pubblicità non televisiva pilotando le concessioni di spazi pubblicitari anche verso veicoli pubblicitari poco appetibili come, ad esempio, alcuni giornali di partito. Il “minimo garantito” consiste nel garantire ai giornali che le affidavano la raccolta della propria pubblicità, ancora prima di iniziare la raccolta vera e propria, delle inserzioni con un minimo annuale. Non riuscendo a procurare l'eccessiva pubblicità garantita a certe testate, la SIPRA ricorreva a una sorta di ricatto: ammetteva a far pubblicità in radio o in televisione quelle aziende che accettavano di stipulare contratti pubblicitari con giornali o riviste. “Qualche anno fa ditte di detersivi dovettero fare pubblicità sul Carabiniere, e la campagna della MiraLanza dell'olandesina finì sulle pagine dell<nowiki>'</nowiki>''[[Avanti!]]'', dove mi pare difficile ci possano essere lettori interessati al prodotto”, sostiene Renzo Zorzi, presidente dell'Upa, l'associazione che riunisce oltre 400 aziende che fanno l'80% della pubblicità circolante in Italia. [...]Stavamo pianificando la pubblicità di una penna alla televisione”, rincara Alberto Vitali, presidente dell'Otep, associazione d'una cinquantina di agenzie di pubblicità, e ci siamo sentiti chiedere 10 milioni di pubblicità di quotidiani, e 12 milioni per il Borghese e Successo”.
Il termine italiano pubblicità deriva dall'aggettivo e sostantivo ''pubblico'', ossia ''che riguarda il popolo, la popolazione'', e l'origine della parola italiana rispecchia lo scopo di informare il pubblico e non presuppone il carattere parassitario o onnivoro del termine, bensì di etico e trasparente. Invece il sostantivo inglese ''advertising'' possiede una connotazione di tipo imprenditoriale e persuasiva. ''Advertising'' deriva dal verbo ''to advertise,'' il quale a propria volta viene dal latino ''ad-vertere e'' significa letteralmente ''andare verso''. Il ''réclame'' nella lingua francese introduce la dimensione psicologica del termine&nbsp;– del richiamo alla memoria&nbsp;– ma non pone la questione di persuasione. Ad origine, la “chiamata” in ambito tipografico, ''réclame'' inizia come un breve richiamo promozionale nel testo di un giornale ma poi diventa un vero annuncio pubblicitario di oggi. I sentimenti negativi che oggi accostiamo alla pubblicità come l’invadenza o la pervasività, si ritrovano nell'etimologia del termine tedesco ''Werbung,'' derivante dal verbo ''werben,'' che significa sia ''pubblicizzare'' che ''attirare, corteggiare.''<ref>{{Cita libro|nome=Neri,|cognome=Veronica.|titolo=Etica della comunicazione pubblicitaria|url=https://worldcat.org/oclc/898002865|accesso=2018-12-30|data=2014|editore=La Scuola|OCLC=898002865|ISBN=9788835039570}}</ref>
 
== Classificazione ==
In un sistema monopolistico, i clienti si trovano, nei confronti della SIPRA, nella spiacevole condizione di “prendere o lasciare”, così molte aziende erano costrette a vedersi destinare la propria pubblicità su spazi per i quali non avevano interessi.
Fra tutte le possibili classificazioni della pubblicità, forse la più semplice e basilare è la classificazione in relazione al fine ultimo ''profit/[[non profit]]'', e cioè se la réclame è più o meno a scopo di lucro:
 
* ''Pubblicità commerciale'': volta a reclamizzare un prodotto di mercato. È la forma di pubblicità più diffusa.
Questo sistema ha permesso quello che spesso viene rimproverato alla SIPRA, il finanziamento occulto dei partiti, infatti, nel cartello delle testate gestite dalla SIPRA, fino alla fine di fatto del monopolio, vi erano organi ufficiali di partito: Il popolo della Dc, L'Unità e Rinascita del Pci, l'Avanti! e Mondoperaio del Psi, l'Umanità e Ragionamenti del Pli; la pubblicità in esubero nel sistema televisivo indirizzata verso queste testate favoriva economicamente i partiti interessati.
* ''[[Pubblicità sociale]]'': volta a promuovere finalità socialmente rilevanti.
* ''[[Advocacy advertising]]'': volta a promuovere un consenso relativo a tematiche su cui esiste una divergenza di opinioni.
* ''[[Pubblicità pubblica]]'': impiegata dallo Stato o dalla Pubblica Amministrazione volta a comunicare informazioni relative ai diritti e ai doveri dei cittadini.
* ''[[Propaganda|Propaganda politica]]'': volta a reclamizzare un partito o un'idea politica.
 
Ovviamente esistono molte altre classificazioni, che non sono necessarie si escludono a vicenda. Si può andare da classificazioni molto generiche, come ad esempio quella in relazione al tipo di medium che veicola la réclame ([[Radio (mass media)|radio]], [[televisione]], [[cinema]], [[Giornale|giornali]], [[Periodico|periodici]], [[Manifesto (stampato)|affissioni]], [[Internet]]) fino a classificazioni piuttosto specifiche come ad esempio quelle in relazione al tipo di [[Target (pubblicità)|target]] (ossia il destinatario).
====L'avvento di Publitalia 80====
La creazione di Publitalia era la risposta ad un insuccesso: Telemilano aveva scelto come propria concessionaria Publiepi, una concessionaria legata al gruppo San Paolo, che non riusciva a raggiungere risultati adeguati secondo gli obiettivi prefissati da [[Silvio Berlusconi]]. L’imprenditore di Milano2, allora, decise di fondare una sua agenzia. Da subito, Publitalia iniziò ad avere successo, nel 1980, appena nata, raggiunse 12 miliardi di fatturato e l’anno successivo toccò i 78 miliardi di lire.
La nuova concessionaria di pubblicità sconvolgeva tutte le regole portando sul mercato degli spazi pubblicitari tre innovazioni di rilievo:
 
In Italia la cultura del [[secondo dopoguerra]], che vedeva la réclame come un qualcosa di negativo, ha dato vita ad una forma di [[pubblicità televisiva]] paradossalmente molto creativa e unica al mondo: [[Carosello]].<ref name= Fabris /> Il primo pubblicitario italiano ad essere nominato [[Chief Executive Officer|CEO]] europeo all'interno di una multinazionale pubblicitaria è stato [[Paolo Ettorre]] nel 1994 nella [[Saatchi & Saatchi]].<ref>{{Cita web|url=https://www.milanofinanza.it/news/ettorre-nominato-ceo-di-saatchi-saatchi-1069945|titolo=Ettorre nominato ceo di Saatchi & Saatchi|sito=[[Milano finanza]]|data=4 febbraio 1994|accesso=28 febbraio 2024|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20240228082312/https://www.milanofinanza.it/news/ettorre-nominato-ceo-di-saatchi-saatchi-1069945?refresh_cens|dataarchivio=28 febbraio 2024|urlmorto=no}}</ref>
#Publitalia andava a ricercare i potenziali clienti
#non poneva grossi limiti quantitativi e proponeva sconti e incentivi
#alla sua base non vi erano agenti che lavoravano a percentuale, ma squadre di consulenti ben formati
 
== Efficacia della pubblicità ==
La SIPRA, per via del monopolio, era abituata ad aspettare i propri clienti che arrivavano alla concessionaria solo tramite le agenzie. I venditori di Publitalia, invece, andando a scovare i possibili clienti, sollecitandoli con offerte spesso personalizzate e proponendo differenti combinazioni e sconti, permisero di scavalcare le agenzie, questo fece entrare nel circuito della pubblicità una larga fetta di quelle aziende, formatesi nell’espansione imprenditoriale degli anni settanta, che prima erano escluse garantendosi per sé questo tipo di clientela.
Uno dei quesiti di fondo della pubblicità è il seguente: ''la pubblicità funziona?'' (ovvero: la pubblicità serve, oppure il mercato funzionerebbe alla stessa identica maniera anche senza di essa?). Per rispondere a questa domanda è necessario innanzitutto stabilire cosa s'intende per pubblicità efficace, e quindi stabilire qual è lo ''scopo'' della pubblicità stessa. A titolo illustrativo è utile (e parsimonioso) circoscrivere il ragionamento alla pubblicità commerciale classica.
[[File:RECLAME1.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Esempio di ''[[wrap advertising]]'' ad opera di [[Tuc (cracker)|Tuc]] su un tram a Roma (2014)]]
 
Agli occhi di un utente, ad esempio un'azienda, una pubblicità è efficace se fa guadagnare soldi; perciò lo scopo della pubblicità, il motivo per cui s'investe denaro in uno spot televisivo o altro, è vendere di più il proprio prodotto. Sebbene questa concezione sia legittima, non è corretta:<ref>Naccarato J. L., e Neuendorf K. A. ''Content Analysis as a Predictive Methodology: Recall, Readership, and Evaluations of Business-to-Business PrintAdvertising'' (1998), in “Journal of Advertising Research”, Vol. 38, No. 3, May/June, pp. 19-33.</ref>
Nel regime monopolistico della SIPRA dominavano i prezzi fissi, Publitalia fece sì che il mercato pubblicitario statico e privo di inventiva, diventasse fantasioso, estroverso, complicato. Questo nuovo modo di porsi stuzzicava gli investitori abituati ad avere contatti con il sistema rigido della SIPRA, ad esempio, fu introdotto l’inedito metodo delle royalty: con l’azienda che ha stanziato un certo investimento, Publitalia concorda determinati obiettivi di vendita per i quali verifica, con propri controlli, la fattibilità in termini di distribuzione e l’efficacia di vendita; poi stima il volume di pubblicità televisiva necessario per raggiungere gli obiettivi e fornisce gli spazi occorrenti per colmare la differenza tra copertura ottenibile con l’investimento fissato dall’azienda e la copertura ottimale calcolata. Se le vendite superano gli obiettivi fissati, l’azienda riconosce alla concessionaria una percentuale progressiva sulle vendite; se, invece, la soglia non viene raggiunta, gli spazi pubblicitari restano gratuitamente. Un simile metodo per il mercato italiano fu una novità sconvolgente e molti investitori si rivolsero a Publitalia.
infatti, tra la messa in circolazione di una réclame e il momento in cui un consumatore finalmente compra il prodotto pubblicizzato, e in alcuni casi e più veloce rispetto al [[commercio]] del [[Prodotto (economia)|prodotto]] che intercorrono talmente tante variabili che non ha senso collegare questi due punti con una semplice freccia.
 
È pur vero che per una certa categoria di prodotti uno schema così semplice come quello [[Condizionamento operante|stimolo-risposta]] (''«vedi la pubblicità/compri il prodotto»'') può anche essere appropriato, ma i prodotti in questione sono quasi sempre beni che comportano un minimo investimento economico e soprattutto scarse implicazioni a livello emotivo: sono di solito beni di largo consumo impiegati per le esigenze quotidiane (come l'acqua minerale, la benzina o la carta igienica), e che vengono acquistati quindi con una certa regolarità e che hanno delle alternative altrettanto valide. E in ogni caso le forti associazioni, gli automatismi che si possono instaurare nella mente del consumatore grazie a questo tipo di pubblicità (''«il livello delle vendite è in funzione della quantità di pubblicità»'') sono assai fragili e contingenti. Per tutto il resto la questione è assai più complessa.<ref name="Fabris">Giampaolo Fabris. ''La pubblicità. Teoria e prassi''. Milano, FrancoAngeli, 1997. ISBN 88-204-9648-8.</ref>
L’organizzazione interna basata su squadre di consulenti ben formate secondo i principi del marketing e secondo le nuove tecniche d’analisi del mercato, permetteva a Publitalia di attuare tutte le novità di cui era portatrice.
Grazie a Publitalia, Berlusconi vinse la concorrenza di Rusconi e Mondadori e intaccò in maniera sostanziale il monopolio esercitato dalla SIPRA nel mercato della pubblicità e quindi quello della RAI nell’ambito televisivo.
Al tempo stesso, però, Publitalia riformò il sistema e ripropose il modello accentratore: la raccolta pubblicitaria viene compiuta a livello nazionale, gli investitori sono le grandi aziende nazionali, non viene stimolata la domanda decentrata né la collaborazione tra rivenditori, concessionari, ecc…
 
=== Destinatario ===
In questo modo Publitalia e SIPRA tolgono alle emittenti televisive locali qualsiasi possibilità di affrancarsi dal loro controllo e di poter contare su di un sufficiente patrimonio d’ordini d’acquisto.
[[File:Chiozza e Turchi by Adolfo Hohenstein 1899.jpg|miniatura|Un manifesto di [[Adolf Hohenstein]] del 1899.]]
Publitalia rappresenta lo strumento che consente l’affermazione delle reti Fininvest e che, alla fine, determina l’immobilismo del mercato radiotelevisivo attraendo, assieme alla SIPRA, tutte le risorse disponibili e quindi rendendo impossibile l’avvento di nuovi competitori. Ma mentre la RAI e quindi la SIPRA, hanno subìto delle restrizioni e hanno avuto dei limiti per le imposizioni normative, Publitalia si è sviluppata ed espansa liberamente tanto che la concessionaria di Fininvest (oggi [[Mediaset]]), è stata più volta accusata di posizione dominante. Secondo dati UPA, Publitalia mantiene, infatti, una quota di mercato pari al 40%.
Innanzitutto fra lo stimolo e la risposta c'è una ''persona'' che pensa, che ha un suo modo di reagire ai tentativi della società. Più in generale che ha una propria [[personalità]] e che reagisce alla pubblicità in base ai tratti di tale personalità.<ref name= Fabris />
 
=== Mittente ===
Oggi la principale concessionaria di pubblicità è decisamente Publitalia. Nel 2000 ha raggiunto un fatturato di 4.844.000 euro, quasi il doppio di quello della SIPRA che era di 2.800.000 euro.
Un altro elemento ad avere un rilievo importante è rappresentato dalla fonte dello stimolo, da chi proviene il messaggio, ovvero il [[mittente]]. In particolare, nel caso specifico riguardante la comunicazione pubblicitaria, è possibile ipotizzare tre principali categorie di fonti che possono interferire sul messaggio che comunicano:<ref name= Fabris />
Senza guardare a Publitalia non si riesce a comprendere come un imprenditore, per quanto bravo, sia riuscito ad insidiare il primato consolidato della RAI e a strutturare a proprio vantaggio il mercato televisivo.
* l'[[Impresa]], cioè l'utente che si sta servendo della pubblicità, identificabile a livello di [[Identità societaria]] e contemporaneamente o alternativamente a livello di [[Conoscenza di marca#Immagine di marca|Immagine di marca]]
* Il [[Testimonial]] o l'[[Influente]], cioè un eventuale particolare personaggio che può rendere la comunicazione più veridica e conferirle una coloritura emotiva in virtù di una sua particolare autorevolezza o di una sua specifica competenza.
* Il [[Mezzi di comunicazione di massa|Medium]], cioè il mezzo con il quale viene veicolato l'annuncio, la cui immagine e il cui grado di specializzazione possono avere una loro incidenza sulla capacità di persuasione della pubblicità stessa.
 
=== Medium ===
==Limitazioni alla pubblicità==
Il [[Mezzi di comunicazione di massa|Medium]], ossia il ''mezzo di comunicazione di massa'' è importante, tuttavia, non solo per l'aura che riesce a dare alla pubblicità ma anche, e soprattutto:<ref name= Fabris />
Il tetto del 6% di spot pubblicitari rispetto al tempo globale delle trasmissioni giornaliere, è stato considerevolmente elevato nel tempo. Attualmente, il limite è al 18% della programmazione oraria. Un emendamento della stessa [[legge Gasparri]] prevede lo scorporo della [[televendita]] dall'attività pubblicitaria. Per tal motivo le televendite non sono più soggette a questo limite.
* per le sue caratteristiche tecniche (quindi per la sua capacità di veicolare o meno certe informazioni);
* per la sua capacità di integrarsi con il contenuto creativo dell'annuncio (in maniera neutra, potenziandolo, oppure ostacolandolo).
Ogni medium ha una sua specificità, diversa da tutti gli altri, ha una propria grammatica e una propria sintassi, ha un modo particolare di attrarre l'attenzione, di articolare il discorso pubblicitario.
 
=== Messaggio ===
== Agenzie pubblicitarie internazionali ==
[[File:SteinlenPoster.jpg|miniatura|Un manifesto di [[Théophile Alexandre Steinlen]] di fine Ottocento.]]
{{vedi anche|Lista di agenzie pubblicitarie}}
Ha un rilievo importante il [[Messaggio]] che si sta comunicando.<ref name= Fabris />
*[[Armando Testa]]
* In generale: a livello di Contenuti (cosa si dice) e Struttura (come lo si dice).
*[[Bates]]
* Più nello specifico:
*[[Leo Burnett]]
** a livello del tipo utilizzato di [[Codice (semiotica)|Codice]] (che di norma stabilisce i significati denotativi del messaggio) e di Sottocodice (che di norma invece attribuisce i significati connotativi al messaggio), nella misura in cui la pubblicità può essere letta o riletta come sistema di segni secondo una prospettiva [[Semiotica|Semiotica classica]]. Di base i codici impiegati in pubblicità sono quello Iconico, quello Linguistico e quello Sonoro, ciascuno con i rispettivi sottocodici.
*[[Burson - Marsteller]]
** Oppure a livello del tipo di Testo al quale è riconducibile la pubblicità, nella misura in cui la pubblicità può essere invece ridotta a testo, anziché ad un sistema di segni, secondo una prospettiva sempre semiotica ma meno classificatoria e più volta a coglierne il senso, quindi più disposta ad andare in profondità, che prende il nome di [[Semiotica testuale planare]].
*[[Hill & Knowlton]]
** O ad un altro livello ancora che è quello delle figure [[Retorica|retoriche]] che sono state impiegate. Molte figure retoriche hanno una loro incisività nel rendere persuasiva una pubblicità e non a caso [[Iperbole (figura retorica)|iperboli]], [[Antonomasia|antonomasie]], [[Metonimia|metonimie]] o [[Metafora|metafore]] sono parte integrante del linguaggio pubblicitario.
*[[J. Walter Thompson]]
*[[Mc Cann Erikson]]
*[[Ogilvy & Mather]]
*[[Saatchi & Saatchi]]
*[[TBWA]]
*[[Young & Rubicam]]
*[[Artistiko]]
 
=== Prodotto ===
==Bibliografia di riferimento==
[[File:Cheret, Jules - Papier a Cigarettes Job.jpg|miniatura|Un manifesto di [[Jules Chéret]] del 1889.]]
È fondamentale poi l'oggetto del messaggio pubblicitario, cioè il [[Prodotto (economia)|Prodotto]] di cui si sta parlando, sia dal punto di vista del consumatore sia dal punto di vista dell'utente. Quindi:<ref name= Fabris />
 
* Da un lato qual è l'immagine che i consumatori hanno di un dato prodotto ([[immagine di prodotto]]), perché non si deve sottovalutare che la comunicazione pubblicitaria è in larghissima parte condizionata dalle caratteristiche del prodotto che promuove e che la sua stessa efficacia è strettamente correlabile con le caratteristiche della categoria dei beni reclamizzati. In particolare ciascun prodotto viene valutato globalmente:<ref name= Fabris />
* Ceserani G., ''Storia della pubblicità in Italia'', 1988, Laterza
** sia in base alle proprie caratteristiche Fisiche (ha determinate caratteristiche strutturali o merceologiche, promette determinate prestazioni, ha determinati attributi funzionali);
* Falabrino G.L., ''Pubblicità serva padrona'', 1999, Il Sole 24 Ore
** sia in base alle proprie caratteristiche Immateriali (ha determinate caratteristiche psicologiche e socio-culturali).
* Gambaro M. - Silva F., ''Economia della televisione'', 1992, Il mulino
* Dall'altro lato qual è la strategia di marketing adottata dall'utente, quale [[posizionamento]] si vuol fare acquisire al prodotto per mezzo della pubblicità. La comunicazione varierà infatti a seconda:<ref name= Fabris />
* Fabris G., ''La pubblicità: teorie e prassi'', 1997, Franco Angeli
** che si stia trattando il lancio di un prodotto nuovo;
* Giusti M., ''Il grande libro di Carosello'', Milano, 1995, Sperling&Kupfer
** che si stia trattando l'ampliamento del mercato, l'intensificazione del consumo o il rafforzamento della fedeltà alla marca di un prodotto in fase di espansione
* Grasso A., ''Storia della televisione italiana'', 1992, Garzanti
** o infine che si stia trattando la difesa o il consolidamento delle posizioni già acquisite da un prodotto ormai maturo.
* De Vescovi F., ''Il mercato della televisione'', 1997, Il mulino
:Tutto questo perché il ''posizionamento'' è ciò che permette:<ref name= Fabris />
* Perrucci A. - Richeri A. (a cura di), ''Il mercato televisivo italiano nel contesto europeo'', 2003, Il mulino
::* di individuare il tipo di pubblico al quale rivolgersi, cioè il o i target da privilegiare (dal momento che una pubblicità che spera di parlare a tutti finisce quasi sempre col non parlare a nessuno!)
::* di definire il plesso di significati e attributi che devono caratterizzare il prodotto agli occhi del target (in questo secondo caso il posizionamento mira infatti alla ''Costruzione della Rappresentazione Mentale'' del prodotto o più in generale della marca ovvero mira ad attribuire al prodotto o alla marca caratteristiche uniche, facilmente riconoscibili, persistenti nel tempo, rilevanti per il consumatore).
:Questo ovviamente nella migliore delle ipotesi, perché non infrequentemente a complicare le cose c'è il fatto che il posizionamento cambia di continuo o è oscuro, quando non manca del tutto.
 
=== Creatività ===
== Raccolte pubblicitarie ==
Non ultime sono importanti le caratteristiche generali Tecniche e [[Creatività|Creative]] del messaggio pubblicitario, la sua architettura, la sua ingegneria e la sua fattura, quelle che globalmente permettono di dire ''«questa è una buona pubblicità»'', sebbene spesso non sia possibile individuare di preciso quali siano i singoli ingredienti e il peso che ciascuno di essi ha.<ref name= Fabris />
 
=== Marketing mix ===
*[http://www.spot-and-go.com Spot and go]
[[File:Van Nelle's pakjes koffie.jpg|miniatura|Un manifesto di una ditta olandese di caffè (1930 circa).]]
Già a questo livello appare evidente come le variabili in gioco siano talmente tante che pretendere che la pubblicità possa determinare in modo meccanico le vendite non è molto realistico. Senza contare poi il fatto che, in ogni caso, la pubblicità non è sola ma fa parte del cosiddetto [[Marketing Mix]], cioè a incidere sul volume delle vendite non vi è solo la réclame. La pubblicità, per quanto valida possa essere, dovrà sempre fare i conti con:<ref name= Fabris />
* [[Prodotto (economia)|Prodotto]] sia a livello della qualità (per un prodotto scadente non c'è campagna pubblicitaria che tenga) e sia a livello dei significati simbolici (cosa vuol dire possedere quel prodotto);
* eventuale [[Disegno industriale|Design]] dell'oggetto, l'[[Imballaggio]] che lo confeziona, il Nome con rispettivo [[Logotipo]] (e [[Marchio]]) stampato sopra;
* [[Conoscenza di marca#Immagine di marca|Immagine di marca]], [[Corporate image]], e [[Made In image]], che sono rispettivamente le immagini della marca del prodotto, dell'industria che produce quella marca, e del paese dove risiede quell'industria;
* [[Prezzo]];
* [[distribuzione commerciale|Distribuzione]] (è difficile acquistare un prodotto irreperibile o esaurito);
* incidenza che può avere il Punto Vendita a svariati livelli (quanto è simpatico o antipatico il negoziante);
* [[Promozione|Promozioni]] in atto (le offerte 3x2);
* ritorno di immagine dovuto a [[Sponsor]]izzazioni;
* [[Concorrenza (diritto commerciale)|Concorrenza]] (che vende un prodotto identico ma di un altro colore).
 
=== Voci correlateContesto ===
Un altro aspetto ancora, fondamentale, è che il consumatore non è (di solito) un [[anacoreta]] che vive avulso dal resto del mondo, ma è un individuo che recepisce la pubblicità anche alla luce dei valori o degli orientamenti del [[Gruppo sociale|gruppo]] o dei gruppi di cui fa parte o ai quali aspira. Questi influenzano la sua esposizione alla comunicazione, l'interpretazione del messaggio, l'accettazione delle sue conclusioni. E spesso la comunicazione gli perverrà di seconda mano, distorta o potenziata da altri individui e più in generale dal contesto sociale in cui vive. In questo senso due elementi emblematici sono rappresentati:<ref name= Fabris />
* da un lato dall'eroe un po' decaduto dell'era pre-televisiva, ovvero l'[[Opinion leader]] che ha il duplice ruolo e di funzionare da relais diffondendo e rendendo più autorevoli col proprio avallo quelle comunicazioni alle quali difficilmente gli altri membri del gruppo potrebbero avere accesso, e di operare un controllo selettivo nonché ostacolare la diffusione di quelle informazioni provenienti dai mass media che non si ritengono conformi al sistema di valori e di norme del gruppo;
* dall'altro lato dalla ben più viva e vegeta Comunicazione Interpersonale, ossia i [[rumor]], il [[Passaparola (marketing)|passaparola]], la notizia che vola veloce di bocca in bocca, che è in grado non solo di trasmettere le informazioni che provengono dai mezzi di massa ma anche e soprattutto di attribuire loro un significato, divenendo di fatto un efficace filtro in grado di ridurre, potenziare o distorcere quanto detto dalla réclame.
 
=== Esterna ===
Si intende con pubblicità esterna (outdoor advertising o Out-of-home advertising) tutte le forme pubblicitarie presenti all'esterno delle mura domestiche o di un dispositivo elettronico, quindi presenti sul territorio ed interagenti con esso.
 
La più grande differenziazione è tra:
*[[Marketing]]
*[[Televisione]]
*[[Grafica]]
*[[Codice del Consumo]]
*[[Pubblicità televisiva]]
*[[Digital signage]]
 
* pubblicità statica: cartelli pubblicitari, murales, pensiline autobus, cartelli all'interno della metro, delle stazioni ferroviarie, insegne, vetrofanie, etc.
== Collegamenti esterni ==
* pubblicità dinamica: pubblicità su autobus, camion vela, taxi.
* [http://www.telereclame.net/introduzione1.htm Breve storia della pubblicità televisiva in Italia]
* [http://www.italica.rai.it/index.php?categoria=altro&scheda=dreams Mostra tematica per i 50 anni di pubblicità televisiva ]
* [http://www.spot80.it SPOT80]
* [http://www.dimenticatoio.it Dimenticatoio]
* [http://www.primaonline.it/allegati/file121226230708464.pdf La raccolta pubblicitaria nel S.I.C.]
 
La normativa di riferimento in Italia è l'art. 23 del Codice della Strada e del suo Regolamento di attuazione per quanto concerne il rilascio delle autorizzazioni da parte degli Enti competenti, a cui tutta è soggetta,
 
È il DL 507/93 e succ.mod. per quanto riguarda l'imposta sulla pubblicità.
 
=== Altre variabili ===
Infine ulteriori elementi che possono avere una loro incidenza sull'efficacia della pubblicità sono rappresentati:<ref name= Fabris />
* da alcune misure ovvie ma imprescindibili dell'[[Audience]], in primis quante persone sono state esposte a una data pubblicità e quante volte;
* da variabili intervenienti banali, ma neanche poi tanto, che possono compromettere la buona riuscita della comunicazione pubblicitaria a qualsiasi livello, come il [[Rumore (psicologia)|Rumore]], inteso sia in senso fisico sia in senso semantico: disturbi, interferenze, fraintendimenti, cripticità, ecc.
 
=== Obiettivi della pubblicità: ''Goodwill'' e ''Life Style'' ===
 
{{citazione|Se ti ricordi, con la pubblicità di una volta si poteva verificare se un ''prodotto'' aveva venduto meglio dopo che era stato reclamizzato, ma adesso le aziende verificano se le ''persone'' hanno cambiato il loro comportamento, e i feed di ogni individuo vengono costantemente ottimizzati per cambiare il comportamento individuale|Jaron Lanier<ref>''Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social'', trad. Francesca Mastruzzo, Milano, Il Saggiatore, 2018. ISBN 9788842825166</ref>}}
 
A questo punto è quindi evidente come le variabili in gioco siano davvero tante e complesse. Pretendere quindi che una pubblicità di per sé riesca a vendere, o per converso a farci comprare, è un po' troppo semplicistico.
* Scopo della pubblicità è piuttosto, secondo una visione più realistica, quello di stimolare una propensione al consumo o prima ancora un'intenzione all'acquisto. Per ''efficacia'' si intende quindi la capacità che ha una determinata pubblicità di creare ''goodwill'' verso il prodotto (letteralmente: benevolenza, amicizia, simpatia), cioè evocare il desiderio, la convinzione che quel prodotto rappresenti una soluzione valida e desiderabile, anzi la migliore delle soluzioni possibili.<ref name= Fabris />
 
Ma sebbene questo resti l'obiettivo primario non bisogna trascurare però il fatto che nella nostra civiltà la Pubblicità ha assunto anche altre funzioni:
* innanzitutto quella di attribuire, come già accennato, caratteristiche differenziali a Prodotti sempre meno riconoscibili l'uno dall'altro al momento della produzione e quella di valorizzare le Marche rispetto al generale appiattimento delle caratteristiche distintive obiettivamente riscontrabili;
* poi, più ambiziosamente, quella di trasformare i Prodotti e le Marche in segni, cioè riverberare sulla fisicità dei prodotti significati simbolici che vanno ben oltre le caratteristiche materiali.
Ciò è possibile in una società come quella occidentale, dove è stata da tempo superata la fase di soddisfazione dei bisogni primari e il consumo appare progressivamente trasformarsi in comunicazione: la pubblicità sfrutta questo meccanismo essendone sì un effetto, ma divenendone anche al contempo una causa. Gli individui, infatti, ricercano nei beni che acquistano, oltre all'utilità funzionale:
 
:* da un lato, che si può considerare storico, un modo per esprimere uno [[status sociale]] al quale si appartiene o al quale si vorrebbe appartenere, ostentare cioè un prestigio sociale;<ref>Thorstein Veblen. ''La teoria della classe agiata: studio economico sulle istituzioni ''. Einaudi, Torino, 1948.</ref>
:* da un altro lato, che è invece è un po' più attuale, un modo per esprimere una cultura moderna con la quale si è integrati o con la quale ci si vorrebbe integrare. Si parla in tal caso di ''consumo di cittadinanza''.<ref>Francesco Alberoni. ''Consumi e società''. Il Mulino, Bologna, 1964.</ref> Gli oggetti rivestono un significato sociale perché comunicano secondo convenzioni universalmente accettate, quindi alla stregua di una lingua, i valori degli individui che li possiedono, il loro ''life style'' (letteralmente: [[stile di vita]]), forse addirittura la loro reale identità. Il messaggio espresso dal singolo prodotto acquista un significato solo nei rapporti e nelle relazioni che instaura con altri messaggi, con il sistema complessivo della comunicazione degli oggetti. A sua volta il codice generale&nbsp;– la lingua degli oggetti&nbsp;– si articola secondo i codici subculturali dei diversi gruppi di cui si compone il sociale.<ref>Jean Baudrillard. ''La societa dei consumi: i suoi miti e le sue strutture''. Il Mulino, Bologna, 1976.</ref><ref>Domenico Secondulfo. ''La danza delle cose: la funzione comunicativa dei beni nella società post-industriale ''. FrancoAngeli, Milano, 1990. ISBN 88-204-3687-6.</ref>
 
== Opposizione alla pubblicità ==
[[File:DeathsLaboratory.gif|miniatura|Una copertina del 1906 della rivista americana [[Collier (rivista)|Collier's Weekly]] dedicata ai ciarlatani.]]
È certo un dato di fatto, sotto gli occhi di tutti, che la pubblicità sia onnipresente: si calcola che una persona in una giornata media veda, a seconda delle stime, un qualcosa che oscilla tra i trecento e i tremila annunci.<ref>Crompton, Alastair. ''The craft of copywriting''. London, Century Business Ltd., 1993 (Trad. It. ''Il mestiere del copywriter''. Milano, Lupetti, 1997. ISBN 88-86302-15-0.)</ref><ref>Bushman B. J. e Bonacci A. M. ''Violence and Sex impair Memory for TV Ads'', in “Journal of Applied Psychology”, Vol. 87, No. 3, 2002 June, pp. 557-564.</ref><ref>Dahl D. W., Frankenberger K. D. e Manchanda, R. V. ''Does It Pay to Shock? Reactions to Shocking and Non Shocking Advertising Content among University Students'', in “Journal of Advertising Research”, Vol. 43, No.3, 2003 September, pp. 268-280.</ref> Alcuni individui e movimenti sono contrari all'influenza di questo fenomeno, e militano contro di esso.<br /> La critica si esercita a tre distinti livelli:
* il contenuto e il contenente
* l'invadenza e gli abusi
* l'essenza stessa del fenomeno ''Pubblicità''
=== Critica del contenuto ===
La pubblicità ha poco tempo per interagire, essa utilizza dunque dei mezzi criticabili per migliorare la propria efficacia. La mancanza di pubblicità può comportare il fallimento dell'attività e quindi la perdita della stabilità finanziaria da parte del titolare.<ref>{{Cita web|url=https://atthebridge.net/why-advertising-is-important-in-todays-economy/|titolo=Why Advertising Is Important In Today's Economy - At The Bridge|autore=Matt AtB|data=2021-10-18|lingua=en|accesso=2022-11-10}}</ref>
 
==== Necessità del ''cliché'' ====
Avendo poco tempo a disposizione per far passare un'idea, la pubblicità utilizza frequentemente preconcetti, [[Stereotipo|stereotipi]] e cliché tradizionali riconducibili alla [[pubblicità sessista]]: bambini in una casa confortevole, la donna in cucina e l'uomo al lavoro. Talvolta accade che essa utilizzi dei contro-ruoli allo scopo di richiamare l'attenzione del consumatore, oppure che cerchi di essere provocatoria, perfino scioccante (come è il caso della [[Shockvertising]] ovvero della [[Yobbo advertising]] e dei [[Fear arousing appeals]]). Ma anche in questi casi essa non cesserebbe di riproporre i propri supporti: la pubblicità cerca di sedurre attraverso un'immagine "politicamente corretta".
 
==== Appello alle pulsioni elementari ====
[[File:TogetherWeWinJMFlaggWWI.jpg|miniatura|Propaganda americana della Prima Guerra Mondiale (Opera di [[James Montgomery Flagg]]).]]
Cercando di essere efficace, essa utilizza ogni volta che è possibile un richiamo, un appello a sentimenti o istinti forti, saltando la riflessione ragionata. La pubblicità vede dunque un fiorire di offerte piene di pin-up, o di maschi super palestrati. Nel 1947 [[Georges Bernanos]] andava oltre in questa visione, affermando che i motori di scelta della pubblicità sono semplicemente i [[Vizi capitali|sette peccati capitali]], per la ragione che è molto più facile appoggiarsi sui vizi dell'uomo che sui suoi bisogni. Ancora la pubblicità a cui fa riferimento l'autore citato non esisteva ai suoi tempi nella forma attuale. All'epoca consisteva soprattutto in piccoli annunci e réclame.<ref>Georges Bernanos. ''La France contre les robots''. 1947</ref>
 
==== Necessità della novità per la novità ====
Non è facile farsi notare in mezzo a migliaia di annunci pubblicitari e altri stimoli. La pubblicità dunque cerca di provocare per incidere meglio sulla mente dei propri destinatari.
 
Il committente desidera spesso esprimere un'immagine di novità e audacia (tecnica o artistica). Una pubblicità spinta utilizzando simboli religiosi o simili, oppure che non esiti a fare uso della violenza, può essere una pubblicità vincente in termini di influenza sul pubblico. D'altra parte secondo alcune ricerche le scariche di adrenalina renderebbero più efficace la memorizzazione.
 
Si comprende dunque perché, tra stereotipi, sesso e violenza, la pubblicità sia criticata, e anche, talvolta, condannata civilmente.
 
==== Deformazione dello spirito critico ====
[[File:We Can Do It!.jpg|miniatura|"Rosie la Rivettatrice". [[Manifesto (stampato)|Manifesto pubblicitario]] della [[seconda guerra mondiale]] che invitava le donne a prendere il posto di lavoro degli uomini partiti per il fronte: ''«Possiamo farlo!»'' (Opera di [[J. Howard Miller]]).]]
La pubblicità, per definizione, insiste sulle qualità di un prodotto, senza sottolinearne i difetti.<ref>In realtà esiste il [[messaggio two-sided]] ovvero quella pubblicità che affronta direttamente gli aspetti negativi di un prodotto, facendoli volgere a proprio favore. Il più grande maestro di questo genere di réclame è stato e rimane [[Bill Bernbach]].</ref>
Il pubblico sa generalmente che la pubblicità è una forma di menzogna (anche solo per il fatto di quanto omette di informazione):
* sia perché è sicuro delle scelte che sa di poter fare da solo
* sia perché può ignorarla
* sia perché può considerarla una forma di spettacolo
Emblematico il caso del [[latte in polvere]] per neonati, che aveva indotto attraverso la propaganda a far rinunciare all'allattamento al seno le madri per diversi anni, per porre fine a questa pericolosa manipolazione diversi Stati, compresa l'Italia, hanno vietato la pubblicità del latte per bebè.
 
==== Manipolazione dell'inconscio ====
{{vedi anche|Propaganda#Edward Bernays e la nascita della scienza delle pubbliche relazioni}}
Circa un secolo fa [[Edward Bernays]] nipote di [[Freud]], [[spin doctor]] e pubblicitario, ammetteva nel suo libro "Propaganda": ''«coloro che hanno in mano questo meccanismo [...] costituiscono [...] il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. [...] Sono loro che manovrano i fili...»''.<ref>Edward L. Bernays. ''Propaganda''. Horace Liveright, New York, 1928.</ref>
 
Bernays non si riferiva soltanto alla propaganda politica, bensì anche alla pubblicità commerciale, i cui strumenti sono gli stessi: la sua campagna per la American Tobacco Company negli anni venti, per incitare le donne a fumare, consistette per esempio nell'associare visivamente in maniera costante la sigaretta e i diritti o la libertà della donna. Questa campagna fece aumentare le vendite a tal punto che la società Philip Morris riprese più tardi questa idea per gli uomini, e lanciò il famoso cow-boy Marlboro.
 
=== Gli abusi ===
{{citazione|Ogni volta che un programma viene interrotto per lasciare il posto ad uno spot televisivo vengo assalito da una gran rabbia. È mai possibile che i padroni delle televisioni private siano così affamati di soldi da offendere spudoratamente la dignità umana? E gente che arriva al punto di interrompere le cerimonie di investitura dei re e dei presidenti pur di mostrare i loro spot.| [[David Ogilvy]], ''Confessioni di un pubblicitario'', pag.184 }}
Come ogni attività, la pubblicità è sottoposta ad una regolamentazione e ad una deontologia molto varia a seconda dei Paesi.
 
Nessuna regolamentazione protegge ancora il consumatore dal martellamento di un singolo messaggio ripetuto parecchie dozzine di volte in una settimana. Eppure la ripetizione a questo ritmo di messaggi monotoni e uguali aprirebbe il diritto a una querela per "assillamento", reato riconosciuto e sanzionato.
 
Alcuni organi pubblici o privati si incaricano di fare rispettare le regole (ogni paese ha le proprie<ref>In Italia c'è lo IAP (Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria) e l'AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato).</ref>). Esistono anche organi di etichettamento (ad esempio, per la connotazione di pubblicità adatta a tutti), organi di controllo (nei paesi "liberi" questo controllo si esercita a posteriori, per non assumere la forma di censura), e anche i tribunali possono essere investiti di questo compito. Questo controllo si esercita sul contenuto (ad esempio non troppa pornografia come nel caso della [[pubblicità erotica]] o non troppa violenza come nel caso della [[shockvertising]]) o sulla forma (distinzione chiara tra ciò che è espresso come puro messaggio pubblicità promozionale e il contenuto con sottintesi informativi, ludici o altro, come nel caso della [[pubblicità ingannevole]]). Possono ugualmente esistere regolamentazioni riguardanti certi mezzi di trasmissione di pubblicità (come ad esempio i [[poster]] pubblicitari stradali vietati ad esempio in [[Trentino-Alto Adige]] e in [[Spagna]]).<ref>{{cita web|url=http://www.leggendaurbana.it/pubblicita-stradale_vergogna-nazionale/|sito=Leggenda Urbana - Storie di Colleferro|titolo=Pubblicità stradale - Vergogna nazionale!|data=13 giugno 2012|accesso=29 luglio 2019|dataarchivio=6 settembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190906040728/http://www.leggendaurbana.it/pubblicita-stradale_vergogna-nazionale/|urlmorto=sì}}</ref>
 
Succede anche che le regole non siano applicate affatto, e che le autorità preposte al controllo non diano prova di un grande zelo per porvi rimedio. In Francia esistono associazioni come Paysages de France che cercano di limitare l'estensione della pubblicità oltre i limiti permessi dalla legge, attuando questa difesa dagli abusi sia un gruppo di pressione presso le autorità, sia passando direttamente alle vie legali.
 
Comportamenti quali l'ascolto attivo (Active Listening) dove gli annunci pubblicitari vengono personalizzati tramite l'ascolto di parole chiavi durante l'ascolto in sottofondo sono stati dichiarati in uso da parte di alcuni fornitori di servizi, quali Cox Media Group.<ref>[https://www.ilsole24ore.com/art/lo-smartphone-ci-ascolta-cominciano-ad-arrivare-prime-evidenze-AFWOCsBC Lo smartphone ci ascolta? Cominciano ad arrivare le prime evidenze]</ref><ref>[https://www.wired.it/article/smartphone-ci-ascoltano-privacy-pubblicita-cmg-local-solutions/ Gli smartphone ci ascoltano? Cosa c'è di vero nel caso Active Listening]</ref>
 
=== Critiche ===
[[File:Metallic end suspenders 1874.jpg|miniatura|Un annuncio pubblicitario del 1874.]]
Alcuni movimenti (raggruppati in Francia sotto il termine di [[Antipub]]<ref>Brune F. ''Contro lo Spettacolo delle Merci'', in “Le Monde Diplomatique”, anno XI, n. 5, maggio 2004, p. 3.</ref>) considerano la pubblicità nefasta di per sé, al di là delle critiche ai contenuti:
* La pubblicità distrarrebbe in senso pascaliano, cioè essa farebbe perdere di vista cose più importanti.
* Martellando con messaggi su soggetti di minore importanza, essa porta inconsciamente a percepire come minori i soggetti che non sono esposti ([[Kurt Vonnegut]]).
* Essa farebbe parte di un sistema economico vizioso, erigendo a norma sociale il consumo di beni inutili, perfino pericolosi, e i comportamenti compulsivi e sedentari nocivi in generale per la salute fisica e mentale (che dovrebbero poi essere presi in carico da nuovi prodotti o dai servizi sociali).
* La pubblicità cercherebbe di manipolare lo spirito di chi la guarda o ascolta. Il disegnatore satirico [[Bernhard Willem Holtrop]] usa l'espressione "colonizzare il nostro cervello". Questo argomento è in particolar modo diretto contro le campagne di imposizione dei marchi, il cui scopo è incidere il nome di un marchio nello spirito del consumatore, piuttosto che descrivere le qualità del prodotto. Di fatto, è stabilito che una casalinga di meno di cinquanta anni può tenere a mente solamente tre marche di detersivi. Per un produttore di detersivi è vitale far parte dei tre.
* La pubblicità contribuirebbe a ridurre l'importanza dei lettori per i media. I media sono principalmente finanziati dalla pubblicità, a scapito crescente del contributo dei lettori, degli ascoltatori o degli spettatori. Questa posizione sottomette i media agli inserzionisti, sottraendoli alla critica, sul principio che "non si morde la mano che ti procura il cibo". Certi "media" confessano e riconoscono di fare, della collocazione di spazi pubblicitari, il cuore della loro attività. È così che [[Patrick Le Lay]], ex-direttore generale di [[TF1]], ha affermato ''«Quello che noi vendiamo a Coca-Cola, è parte del tempo del cervello umano disponibile»''.<ref>AAVV. ''Les Dirigeants français et le changement''. éditions Huitième Jour, 2004.</ref>
* La pubblicità darebbe vantaggio al committente piuttosto che al [[consumatore]]: il consumatore riceverebbe passivamente un'informazione distorta (la pubblicità), che può solleticare i suoi gusti e i suoi interessi, ma che lo fa in funzione degli interessi del committente, dopo che, grazie a sondaggi e studi di mercato (o per sua esperienza), il venditore detiene un'informazione chiara e oggettiva sul comportamento del consumatore, dei suoi desideri, dei suoi criteri di scelta, eccetera. Nessuna pubblicità passerà un messaggio di educazione civica, perché rischierebbe di perdere d'efficacia (quando dei ragazzi aprono una confezione di cioccolata, non li si vede mai, per esempio, gettare la carta in una pattumiera). Questo comportamento si trasmette nella quotidianità delle azioni, spesso all'insaputa degli interessati, visto che la pubblicità vende indirettamente uno [[stile di vita]].
*Molte pubblicità (alcune in seguito censurate<ref>{{Cita web|url=https://paoblog.net/2011/09/26/pubblicita-10/|titolo=Birra Corona censurata la pubblicità che incita a guidare in modo spericolato|sito=Paoblog.net|data=2011-09-26|lingua=it-IT|accesso=2021-10-10|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.businessinsider.com/the-20-most-sexy-violent-and-offensive-ads-that-have-been-banned-in-the-uk-2012-2|titolo=20 Sexy, Violent And Offensive Ads Banned In The UK|autore=Laura Stampler|sito=Business Insider|lingua=en|accesso=2021-10-10}}</ref>) diseducherebbero i cittadini portandoli a comportamenti come: - consumare senza limiti perché ad esempio approfittando di un'offerta un certo servizio costa poco (acqua, gas, luce...) - alimentazione non sana<ref>{{Cita web|url=https://www.gamberorosso.it/notizie/alimentazione-infantile-in-italia-l80-degli-spot-televisivi-e-diseducativo/|titolo=Allarme: l’80% degli spot per bambini promuove cibo spazzatura|autore=articoliGambero Rosso|sito=Gambero Rosso|data=2021-02-01|lingua=it-IT|accesso=2021-10-10}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.adnkronos.com/scienziati-bocciano-80-spot-alimenti-in-programmi-tv-per-bimbi_7A03dwYNVxwrulIEvgOsYO|titolo=Scienziati bocciano 80% spot alimenti in programmi Tv per bimbi|autore=cetola|sito=Adnkronos|data=2020-12-30|accesso=2021-10-10}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ilfattoalimentare.it/pavesini-spot-yogurt-pubblicita.html|titolo=La merenda con i Pavesini? Meglio di yogurt e frutta. Una lettrice segnala il messaggio diseducativo dello spot|autore=Redazione Il Fatto Alimentare|sito=Il Fatto Alimentare|lingua=it-IT|accesso=2021-10-10}}</ref> - [[discriminazione]] di etnie, [[Religione|religioni]], gusti sessuali e donne<ref>{{Cita web|url=https://www.rossetorri.it/ancora-una-volta-una-pubblicita-sessista-ancora-una-volta-messaggi-diseducativi/|titolo=Ancora una volta una pubblicità sessista! Ancora una volta messaggi diseducativi! {{!}} varieventuali - Rosse Torri|lingua=it-IT|accesso=2021-10-10}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.boredpanda.com/vintage-ads/|titolo=23 Vintage Ads That Would Be Banned Today|sito=Bored Panda|lingua=en|accesso=2021-10-10}}</ref> - guida pericolosa<ref>{{Cita web|url=https://driving.ca/auto-news/news/5-recently-banned-automotive-ads|titolo=5 recently banned automotive ads|sito=driving|lingua=en-CA|accesso=2021-10-10}}</ref> - [[gioco d'azzardo]] patologico<ref>{{Cita web|url=https://www.ilgazzettino.it/la_posta_dei_lettori/pubblicit_giochi_d_azzardo_quando_la_tv_diseducativa-1540524.html|titolo=Pubblicità dei giochi d'azzardo, quando la tv è diseducativa|lingua=it|accesso=2021-10-10}}</ref> - violenza.<ref>{{Cita web|url=https://www.businessinsider.com/sex-violence-against-women-ads-2013-5|titolo=15 Recent Ads That Glorify Sexual Violence Against Women|autore=Dominic Green|sito=Business Insider|lingua=en|accesso=2021-10-10}}</ref>
 
Paradossalmente, talvolta, allo scopo di far passare il loro messaggio ''anti-pubblicitario'', questi movimenti utilizzano metodi pubblicitari classici: uso di stereotipi e slogan, affissioni, mobilitazione su internet (pubblicità "virale"), propositi e azioni provocatorie miranti a ottenere visibilità sui media (a volte offerta gratuitamente da giornalisti per diversi motivi) eccetera. Appare dunque che il loro bersaglio non è la pubblicità in senso ampio (la [[propaganda]]), di cui essi si servono senza complessi, ma solamente la pubblicità in senso stretto (commerciale e privata). Ciò può implicare in alcuni casi una tolleranza per la propaganda non commerciale o comunque controllata da un'entità a loro conveniente.
 
Questi movimenti sono seguiti con un certo interesse dalle stesse agenzie pubblicitarie, sempre pronte a recuperare tutto quanto permetta di veicolare un'immagine di "frode" e di libertà. Si sono quindi visti apparire manifesti pubblicitari ripieni di falsi graffiti [[antipub]], con lo scopo di sollecitare l'attenzione.
 
La critica secondo la quale la pubblicità provoca poco a poco modifiche irrazionali della visione del mondo vede opporsi la critica inversa: modificare la visione spettatrice è ugualmente l'ambizione normale di ogni artista. Ma, come è molto spesso ripetuto agli studenti nelle scuole di pubblicità, e che spesso dimenticano, ''la pubblicità non è un'arte, e il pubblicitario non è un artista''.<ref>[[Gianpaolo Fabris]] |''Pubblicità: teorie e prassi'' |Franco Angeli|2008</ref><ref>Ma è proprio a partire dall'assunto opposto, ovvero che la ''pubblicità è una forma d'arte'' che la [[Repubblica francese]] ha istituito il [[Jacques Séguéla#Il Museo della Pubblicità|Museo della Pubblicità]] a [[Parigi]] {{senza fonte}}</ref>
 
=== Pubblicità e bambini ===
I bambini a causa della loro intrinseca mancanza di malizia e di spirito critico, della loro emotività fragile e turbolenta, del loro intelletto in formazione, rappresentano una fascia di popolazione debole e particolarmente vulnerabile alla pubblicità.<ref>Schor, J.B. ,(2005). ''Nati per comprare: salviamo i nostri figli ostaggi della pubblicità.'', Milano, Apogeo.</ref>
 
Target privilegiato dalle imprese il marketing infantile fidelizzando futuri consumatori o comunque soggetti economici mediatori dei consumi famigliari attuali, a partire dall’opera specialistica di [[James U. McNeal]] professore di marketing alla Texas University, dagli anni 60 ha avuto un incremento costante e pervasivo,<ref>Ironico S., (2010),'' Come i bambini diventano consumatori'', Roma-Bari, Gius. Laterza & Figli Spa</ref> dal quale sono sorte importanti ripercussioni problematiche sui bambini che hanno portato alla formulazione di alcune specifiche normative restrittive del settore.<ref>McNeal, J.U. (1969). “The child consumer: a new market”. In Journal of Retailing. Vol. 45 (2), pp. 15-22.
|McNeal, J.U. (1999). Kids markets: myths and realities. Ithaca (NY): Paramount Market Publishing.
|McNeal, J.U. (2007). On becoming a consumer: development of consumer behavior patterns in childhood. Oxford: Elsevier.</ref>
Lo stesso McNeal intervistato da Joel Bakan riconosce che i problemi sorgono quando la volontà degli addetti al marketing rivolto ai bambini è di descrivere come “divertente” qualunque cosa possa stimolare o convincere il bambino a desiderare o guardare qualcosa indipendentemente da cosa sia salutare od appropriato per loro: «Cose che fanno male, pessimi valori e cattive idee vengono vendute ai ragazzini come divertenti» «Troppi bambini ingrassano, si ammalano, non studiano abbastanza,non dormono a sufficienza e in generale, mettono se stessi in pericolo attraverso un consumismo eccessivo».<ref>Bakan, J. (2012). Assalto all’infanzia. Milano, Giangiacomo Feltrinelli Editore, trad di Stefano Valenti, ISBN 978-88-07-17228-1</ref>
 
Il genio creativo di marketing virale [[Alex Buguscky]], nominato tra l’altro Interactive Agency of the Year 2010, sorprese tutti i clienti con un feroce manifesto contro il marketing rivolto ai bambini definendolo “una pratica distruttiva” priva di “valori positivi”, in quanto: <<incapaci di proteggersi e difendersi da un messaggio che non ha probabilmente a cuore i loro interessi>>.
 
Il guru del marketing [[Martin Lindstrom]], nel suo libro '’Brandchild’’ dice: <<Insomma è triste ammettere che, nonostante questa sia la generazione più ricca che abbia mai calpestato il pianeta, è senz’altro la più insicura e depressa. E la fede dei bambini è tutta investita nel potere del marchio>>.<ref>Lindstrom M. ,(2003),'' Brandchild.'', Londra, Kogan Page Limited</ref><ref>Lindstrom M., (2012),'' Le bugie del marketing'', Milano, Hoepli.</ref>
 
La comprensione dell’intento persuasivo di un messaggio pubblicitario è un processo che richiede un’alta consapevolezza che viene raggiunta passando per diversi gradi successivi con l’avanzare dell’età, ad esempio l’abilità di riconoscere l’intento di vendere non è pienamente raggiunto neanche dai bambini di 11 anni.<ref>S.Ward,D.B.Wackmann,E.Wartella,’’How Children Learn to Buy’’,Sage, Beverly Hills, 1977, citato in ‘’La scatola magica.TV bambini e socializzazione’’,Renata Metastasio, pag 114,2002, Carocci, ISBN 88-430-2231-8</ref>
 
In Italia normative di tutela dei bambini dalla pubblicità sono attive dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza AGIA, che si avvale per il controllo di un settore così diffuso e pervasivo soprattutto dai moderni dispositivi mobili, delle segnalazioni dei singoli cittadini. Il Codice di Autodisciplina della pubblicità italiana recita all’articolo 11, Bambini e adolescenti:
 
"Una cura particolare deve essere posta nei messaggi che si rivolgono ai bambini, intesi come minori fino a 12 anni, e agli adolescenti o che possono essere da loro ricevuti. Questi messaggi non devono contenere nulla che possa danneggiarli psichicamente, moralmente o fisicamente e non devono inoltre abusare della loro naturale credulità o mancanza di esperienza, o del loro senso di lealtà. In particolare questa comunicazione commerciale non deve indurre a:
* violare norme di comportamento sociale generalmente accettate;
* compiere azioni o esporsi a situazioni pericolose;
* ritenere che il mancato possesso del prodotto oggetto della comunicazione significhi inferiorità, oppure mancato assolvimento dei loro compiti da parte dei genitori;
* sminuire il ruolo dei genitori e di altri educatori nel fornire valide indicazioni dietetiche;
* adottare l’abitudine a comportamenti alimentari non equilibrati, o trascurare l’esigenza di seguire uno stile di vita sano.
La comunicazione commerciale non deve contenere un’esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o sollecitino altre persone ad acquistare il prodotto pubblicizzato.
L’impiego di bambini e adolescenti nella comunicazione deve evitare ogni abuso dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani.
Sono vietate rappresentazioni di comportamenti o di atteggiamenti improntati alla [[sessualizzazione]] dei bambini, o dei soggetti che appaiano tali."
 
=== Pubblicità nelle scuole ===
Il valore aggiunto della scuola per il marketing infantile è enorme poiché nell’immaginario infantile e non solo, essa incarna i principi di onestà, cultura e formazione. I messaggi con cui i bambini vengono a contatto all’interno dell’edificio scolastico sono considerati particolarmente autorevoli, sicuri e degni di fiducia.
 
=== Bambini usati nella pubblicità ===
Un altro aspetto etico dibattuto è l’utilizzo di attori bambini nelle pubblicità.<ref>Mauri C., (1996),'' Come i bambini influenzano gli acquisti.'', Torino, UTET</ref>
 
== Potere della pubblicità ==
[[File:Oscar Wilde Aesthetic Cigars.jpg|miniatura|[[Oscar Wilde]] testimonial per una pubblicità del 1882.]]
[[File:Lautrec l'artisan moderne (poster) 1894.jpg|miniatura|Un manifesto di [[Henri de Toulouse-Lautrec]] del 1894.]]
=== Teoria forte ===
Secondo la "Teoria Forte della Pubblicità" sia oppositori sia sostenitori sarebbero convinti della grande potenza persuasiva della pubblicità stessa. La pubblicità infatti:<ref name= Jones>Jones J. P. ''Over-Promise and Under-Delivery'', in ''How Advertising Works'', Esomar, Amsterdam, 1991.</ref>
* influisce in modo incisivo sugli atteggiamenti e sui comportamenti dei consumatori
* riesce a manipolare, senza che il consumatore ne sia consapevole, la sua volontà
* considera il consumatore passivo e sostanzialmente stupido
* è in grado di incidere sia sulle vendite di singole marche sia sulla vendita di interi settori merceologici
* si ispira a una strategia d'attacco per essere più efficace
 
Ebbene, sulla base di molti studi sui rapporti tra pubblicità e vendite si può affermare che è lecito avere dei seri dubbi sui principali assunti di questa teoria, perché:<ref name= Jones />
* la maggior parte dei prodotti nuovi lanciati sul mercato non ha successo, nonostante il forte appoggio della pubblicità
* le vendite attribuibili direttamente alla pubblicità sono spesso modeste
* nel settore dei beni di largo consumo, gli acquisti vengono effettuati con sorprendente regolarità e prevedibilità
* il consumatore tende a costruirsi una sorta di repertorio di marche relativamente stabile, al quale attinge di volta in volta con larga discrezionalità
* per la maggior parte dei beni di consumo difficilmente le vendite aumentano più del 1% o 2% all'anno
 
=== Teoria debole ===
Alla luce di queste considerazioni è allora forse più plausibile una teoria che ridimensiona, e non poco, il potere della réclame: si parla infatti di "Teoria Debole" o "Teoria degli Effetti Limitati della Pubblicità" secondo la quale, invece, la pubblicità aumenta le conoscenze del consumatore, anche se questo tende prevalentemente ad esporsi alla pubblicità dei prodotti che già acquista, poiché la pubblicità:<ref name= Jones />
* non è in grado di convertire le convinzioni né di vincere le resistenze dei consumatori
* è più efficace quando viene impiegata per funzioni di rinforzo che non di allargamento del mercato
* è destinata programmaticamente all'insuccesso allorché tenta di andare controcorrente rispetto ai valori e alle convinzioni radicate nel target a cui si rivolge (il cosiddetto ''effetto Boomerang'')
* i consumatori saranno anche passivi, ma per niente stupidi
O come sintetizzato da [[Jacques Séguéla]]: ''«la pubblicità non sceglie per nessuno, permette solo di scegliere meglio»''.<ref>Jacques Séguéla. ''Ne dites pas à ma mère que je suis dans la publicitè... Elle me croit pianiste dans un bordel''. Parigi, Flammarion, 1979 (Trad. It. ''Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario... Lei mi crede pianista in un bordello''. Milano, Lupetti, 1986. ISBN 88-85838-82-0).</ref><br />
A ciò si può aggiungere la seguente constatazione:<ref>Mazzocchi G. ''Pubblicità, consumi privati e pubblici, sviluppo economico'', in ''Congresso Nazionale della Pubblicità'', Roma, 1971</ref><ref>Campa G. (a cura di). ''Pubblicità e consumi in Italia. Analisi empirica e modelli teorici''. FrancoAngeli, Milano, 1976.</ref> nel tempo, al crescere degli investimenti pubblicitari, rimangono costanti sia i ''soldi'' spesi in prodotti, sia i ''tipi'' di prodotti acquistati dai consumatori: quello che invece varia è la ''marca'' di quei prodotti.
 
== Aspetti legali del fenomeno pubblicitario ==
[[File:Baking powder advertisement 1885.jpg|miniatura|Un annuncio pubblicitario del 1885.]]
Il [[decreto legislativo]] n. 74 del [[1992]] all'articolo 2, lett. a) definisce la pubblicità come: ''«qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere e servizi»''.<br />
Il [[diritto comunitario]] offre un'altra definizione: la Direttiva 89/522/CEE stabilisce che ''«ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro compenso o pagamento analogo da un'impresa pubblica o privata nell'ambito di un'attività commerciale [...] allo scopo di promuovere la fornitura, dietro compenso, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni»''.
 
Il Decreto Legislativo n. 177 del 31 luglio 2005 fissa i limiti di affollamento degli spot pubblicitari nelle emittenti radiotelevisive.<ref>{{Cita web|url=https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/05177dl.htm|titolo=D. Lgs. 177_05, art. 38 "Testo unico della radiotelevisione" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 7 settembre 2005 - Supplemento Ordinario n. 150|accesso=28 febbraio 2024|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20061117064709/https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/05177dl.htm|dataarchivio=17 novembre 2006|urlmorto=sì}}</ref>
 
L'elemento chiave delle definizioni legislative della pubblicità esaminate, dunque, è costituito dalla finalità [[Promozione|promozionale]] di questa tipologia di [[comunicazione]] ed è disgiunto dal mezzo attraverso il quale essa viene diffusa, essendo rilevante soltanto il collegamento funzionale con l'esercizio di un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale.<ref>Stefano Bendandi. [http://www.diritto.it/docs/26152-internet-marketing-aspetti-giuridici-della-pubblicit-e-delle-pratiche-commerciali-online Internet marketing: aspetti giuridici della pubblicità e delle pratiche commerciali online]. Diritto & Diritti, 2008</ref> Ci troviamo in presenza di pubblicità, dunque, quando - sotto il profilo oggettivo - la comunicazione è finalizzata a stimolare la domanda di beni o servizi<ref>Corte Cost. 231/1985, in Foro it, 1985, I. Si veda anche Trib. Roma 23 luglio 1984, in Foro it, 1984, I.</ref> e - sotto il profilo soggettivo - quando la comunicazione è diffusa nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale.
 
Il problema centrale nell'analisi giuridica del fenomeno pubblicitario è stabilire se la pubblicità, in quanto comunicazione avente natura promozionale, possa beneficiare delle garanzie previste dall'articolo 21 della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]] per la [[Libertà di manifestazione del pensiero|libertà di espressione]] o meno.<br />
La presenza di numerosi interventi legislativi che pongono limiti alla comunicazione pubblicitaria molto più stringenti di quelli previsti per la comunicazione di tipo informativo o letterario, conferma il fatto che il legislatore ritiene che il fenomeno pubblicitario non possa godere di una protezione costituzionale ampia come quella accordata a questi altri tipi di comunicazione.
 
== Autodisciplina pubblicitaria ==
Al fine di evitare quegli abusi che screditerebbero la pubblicità, legittimando le critiche mosse contro di essa, gli operatori del settore hanno ritenuto opportuno dotarsi preventivamente di un apparato di autodisciplina costituito da regole che pongono dei limiti all'attività pubblicitaria e da organi incaricati di far rispettare queste regole.
 
Nel 1911 nacquero negli [[Stati Uniti]] dei comitati per impedire gli abusi in pubblicità. Da questi comitati si sono sviluppati i ''[[Better Business Bureau]]s'', 106 fra U.S.A. e Canada, gli attuali organi di autodisciplina commerciale nordamericana.<ref name=IAP1991>''Autodisciplina pubblicitaria'', Milano, IAP, 1991</ref>
 
In [[Regno Unito|Gran Bretagna]] le organizzazioni pubblicitarie formarono un primo comitato nel 1928. Nel 1947 emanarono il primo ''[[Code of advertising practice]]'' e nel 1962 fondarono la ''[[Advertising Standards Authority]]''.<ref name=IAP1991/>
 
Intanto, nel 1937 la [[Camera di Commercio Internazionale]] aveva elaborato un "Codice delle pratiche leali in materia di pubblicità".<ref name=IAPstoria>[http://www.iap.it/conoscere-iap/storia/ Storia sul sito dell'Istituto per l'Autodisciplina Pubblicitaria]</ref>
 
In Italia l'[[Utenti Pubblicità Associati|UPA]] varò un primo "Codice morale della pubblicità" nel 1951; il secondo fu emanato dalla [[Federazione italiana della pubblicità]] nel 1952. Finalmente nel 1966 tutte le associazioni del settore elaborarono insieme il "Codice di autodisciplina pubblicitaria",<ref>[http://www.iap.it/il-diritto/codice-e-regolamenti/il-codice/ Codice di autodisciplina della pubblicità commerciale]</ref> la cui applicazione è curata dall'[[Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria]].<ref name=IAPstoria/>
 
== Il Museo della Pubblicità ==
In [[Francia]], nella capitale [[Parigi]], esiste un museo dedicato alla pubblicità e situato nell'ala sinistra del [[Museo del Louvre|Louvre]], con accesso da Rue de Rivoli. Il [[Jacques Séguéla#Il Museo della Pubblicità|Musée de la Publicité]] è stato istituito nel 1990 ed ingloba il fondo del precedente [[Musée de l’Affiche]], quest'ultimo istituito nel 1978.<ref>{{fr}} [http://www.lesartsdecoratifs.fr/fr/03museepublicite/index.html Museo della Pubblicità di Parigi] - pagina web ufficiale</ref>
 
In [[Inghilterra]], a [[Londra]], si trova Museum of Brands, Packaging & Advertising, fondato da Robert Opie nel 2005. La collezione del museo offre un viaggio nella storia del consumo, presentando le confezioni in stile déco degli anni ’30, l'imballaggio artistico dell’epoca del boom economico, i vari souvenir realizzati in occasione dei matrimoni reali, ecc.<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Richard|cognome=Webber|data=2006-07|titolo=Museum of Brands, Packaging and Advertising|rivista=Journal of Direct, Data and Digital Marketing Practice|volume=8|numero=1|pp=95-97|accesso=2018-12-30|doi=10.4324/9781843143444-68|url=https://dx.doi.org/10.4324/9781843143444-68 |issn=1746-0166 }}</ref>
 
In [[Italia]], il Museo della Pubblicità è costituito dal [[Castello di Rivoli]] in [[Piemonte]]. Fondato nel 2002, il museo invita ad esplorare il fenomeno pubblicità con particolare attenzione ai linguaggi artistico-espressivi e le varie strategie comunicative dell'impresa. La sua collezione raccoglie oltre 2000 manifesti e bozzetti originali, dagli anni ’30 agli anni ’80, donate della famiglia di [[Dino Villani]], di [[Severo Pozzati]] (in arte [[Severo Pozzati|Sepo]]), di Nico Endel. Sono esposti i lavori di grandi artisti quali [[Marcello Dudovich|Dudovich]], [[Cassandre]], [[Armando Testa|Testa]], Boccasile e manifesti dell'[[Agenzia nazionale italiana del turismo|Enit]] (l’Ente Nazionale Italiano per il Turismo). Il materiale audiovisivo comprende i celebri [[Carosello|Caroselli]] divenuti testimonianza del costume italiano, spot televisivi e la raccolta completa dei film pubblicitari premiati ai [[Festival di Cannes]] e Venezia dal 1954.<ref>{{Cita web|url=https://www.castellodirivoli.org/museo-della-pubblicita-2/|titolo=Museo della pubblicità|sito=Castello di Rivoli|lingua=it|accesso=2018-12-30}}</ref>
 
== Agenzia pubblicitaria ==
{{Vedi anche|Agenzia pubblicitaria}}
L'organizzazione professionale (impresa) che fornisce servizi per lo studio, la progettazione e la realizzazione della pubblicità (o più in generale di una campagna pubblicitaria) è solitamente l'Agenzia pubblicitaria. Tale agenzia è costituita da vari reparti, ciascuno con funzioni ben specifiche. A sua volta ognuno di questi reparti è caratterizzato da determinate figure professionali.
 
Un'altra tipologia di organizzazione del settore (spesso confusa con l'agenzia) è il Centro Media.
 
Si rimanda alla [[Agenzia pubblicitaria|voce dedicata]] per una descrizione esaustiva della struttura e del funzionamento dei tue tipi di impresa.
 
== Premi della pubblicità ==
Nell'ambito della pubblicità esistono varie manifestazioni che assegnano premi relativi a varie categorie. I due più importanti sono:<ref name="Zanichelli">Alberto Abruzzese e Fausto Colombo (a cura di). ''Dizionario della pubblicità''. Zanichelli, Bologna, 1994. ISBN 88-08-09588-6.</ref>
* ''[[Festival internazionale della pubblicità|Grand Prix di Cannes]]'' - festival internazionale della pubblicità cinematografica e televisiva che si svolge in [[Francia]], nella città di [[Cannes]], dal [[1954]] (ma la sua versione attuale ha inizio a partire dal [[1976]]);
* ''[[Clio Awards]]'' - festival e premio della pubblicità che si svolge negli [[Stati Uniti d'America]], nella città di [[New York]], dal [[1959]].
 
== Ricerca e Pubblicazioni sulla pubblicità ==
[[File:Eugène Grasset-Encre L Marquet.jpg|miniatura|Un manifesto di [[Eugène Grasset]] del 1892.]]
[[File:Wesson Oil ad.jpg|miniatura|Un annuncio pubblicitario del 1918.]]
[[File:Washington Coffee New York Tribune.JPG|miniatura|Un annuncio pubblicitario del 1919.]]
[[File:Jubol.jpg|miniatura|Un annuncio pubblicitario degli anni dieci.]]
Va innanzitutto chiarito che, paradossalmente, per quanto la pubblicità sia una forma di comunicazione ideata dagli esseri umani e largamente impiegata da molto tempo, rimane un meccanismo complesso dovuto a vari fattori dei quali si sa poco. E le conoscenze sono minime sia per quanto riguarda i fattori stessi sia per quanto riguarda la sinergia tra essi. Questo stato delle cose è dovuto a vari motivi:<ref name=Fabris />
* Alla mancanza di studi strutturati e organici sul funzionamento della pubblicità, che si riducono di fatto a lavori episodici
* Alla riservatezza che impedisce l'accesso e la circolazione della maggior parte di questi studi, spesso gelosamente custoditi dalle imprese pubblicitarie che li conducono
* All'estremo pragmatismo degli studi stessi, volti solo a mettere a punto rapidamente l'efficacia operativa di una réclame, e non a contribuire anche ad un'attenta riflessione sulla pubblicità in generale
Il risultato è che non raramente le conoscenze relative alla pubblicità finiscono col ridursi a prese di posizione acritiche che poco hanno a che fare con riscontri obiettivi rigorosi.<br />
Esiste comunque una cospicua letteratura che, con una cadenza più o meno regolare, fa il punto sul sapere relativo alla pubblicità:
 
=== Periodici ===
Le riviste che nel mondo si occupano di pubblicità a vari livelli sono numerose. Tra le più importanti, a titolo esemplificativo, è possibile citare:<ref name=Zanichelli/><ref>Stéphane Pincas e Marc Loiseau. ''A History of Advertising''. Colonia, Taschen, 2008. ISBN 978-3-8365-0212-2.</ref>
* ''[[Advertising Age]]'' - rivista americana, a carattere divulgativo (fondata nel [[1930]])
* ''Journal of Advertising Research'' - rivista americana, a carattere scientifico (fondata nel [[1960]])
* ''Campaign'' - rivista inglese, a carattere divulgativo (fondata nel [[1968]])
* ''the Journal of Advertising'' - rivista americana, a carattere scientifico (fondata nel [[1971]])
* ''Stratégies'' - rivista francese, a carattere divulgativo (fondata nel [[1971]])
* ''Adweek'' - rivista americana, a carattere divulgativo (fondata nel [[1978]])
 
Anche in Italia sono edite varie riviste. Tra quelle principali è possibile citare:
* ''Linea Grafica'' - per quanto concerne la grafica pubblicitaria (fondata nel [[1956]])<ref name=RivUnicom>[http://www.unicomitalia.org/link-dettaglio.php?lc_id=5 Unicom] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100221033622/http://www.unicomitalia.org/link-dettaglio.php?lc_id=5 |data=21 febbraio 2010 }} - elenco riviste di pubblicità, marketing e comunicazione</ref>
* House organ - fondato da Attilio Manzoni, trimestrale ed elegante e impaginato modernamente, che si rivolge non solo ai propri dipendenti ma anche al più vasto pubblico dei suoi clienti, soprattutto del settore pubblicitario (fondata nel [[1959]])<ref>{{Cita web|url=https://www.allcooladv.it/limportanza-della-pubblicita-dagli-albori-lintuizione-in-italia-di-attilio-manzoni/|titolo=L’importanza della pubblicità dagli albori: l’intuizione in Italia di Attilio Manzoni|autore=allcooladv|sito=Allcool ADV|data=2022-10-26|lingua=it-IT|accesso=2022-10-26}}</ref>
* ''Pubblicità Italia'' - per quanto concerne la pubblicità trattata in maniera generale (fondata nel [[1989]])<ref name=RivUnicom/>
* È possibile menzionare inoltre ''La pubblicità'', rivista storica ma non più stampata (fondata nel [[1924]])
 
=== Dizionari enciclopedici ===
Esistono dizionari enciclopedici dedicati totalmente o in significativa parte alla pubblicità o alla grafica pubblicitaria. Tra le opere relativamente più recenti, in lingua italiana, è possibile citare:
* [[Alberto Abruzzese]] e [[Fausto Colombo]] (a cura di), ''Dizionario della pubblicità,'' Zanichelli, Bologna, 1994, ISBN 88-08-09588-6.
* Giorgio Fioravanti, ''Il dizionario del grafico,'' Bologna, Zanichelli, 1993, ISBN 88-08-14116-0.
* Franco Lever, Pier Cesare Rivoltella e Adriano Zanacchi, ''La comunicazione. Il dizionario di scienze e tecniche,'' Roma, Rai-Eri, Elledici, Las, 2002. ISBN 88-397-1185-6.
* Fausto Lupetti e Giuliana Manfredini (a cura di), ''Nuovo dizionario illustrato della pubblicità e comunicazione,'' Lupetti, Milano, 2001, ISBN 88-8391-047-8.
 
=== Saggi ===
Le monografie dedicate alla pubblicità sono innumerevoli, e affrontano l'argomento da molti punti di vista. Ma se da un lato è possibile citare almeno alcuni dei principali volumi pubblicati nell'ultimo quarto di secolo in lingua italiana, dall'altro è bene tener presente che tale elenco ha un mero scopo didattico, e costituisce più che altro un termine di paragone rispetto ad altre pubblicazioni. In particolare la seguente ''esigua'' lista deve aiutare a discernere la vera e propria [[Saggio|saggistica scientifica]] da un'altra tipologia di libri, sempre dedicata al mondo della réclame, ma che ha molte più affinità con la [[narrativa]] (cfr. [[#Narrativa|sezione successiva]]).
Per un elenco esaustivo ed ufficiale di ''tutte'' le opere pubblicate sulla pubblicità si invitano i lettori a consultare l'indice SBN [[OPAC]].<ref>[[OPAC]] SBN, parola chiave: «[http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?searchForm=opac/iccu/error.jsp&do=search_show_cmd&nentries=10&from=1&rpnlabel=%20Tutti%20i%20campi%20=%20pubblicit%C3%A0%20&rpnquery=@attrset%20bib-1%20%20@attr%201=1016%20@attr%204=2%20%22pubblicit%C3%A0%22&db=iccu&resultForward=opac/iccu/brief.jsp pubblicità] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140427083357/http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?searchForm=opac%2Ficcu%2Ferror.jsp&do=search_show_cmd&nentries=10&from=1&rpnlabel=%20Tutti%20i%20campi%20%3D%20pubblicit%C3%A0%20&rpnquery=%40attrset%20bib-1%20%20%40attr%201%3D1016%20%40attr%204%3D2%20%22pubblicit%C3%A0%22&db=iccu&resultForward=opac%2Ficcu%2Fbrief.jsp |data=27 aprile 2014 }}»</ref>
* [[David A. Aaker]] e John G. Myers. ''Advertising Management''. Englewood Cliffs, New Jersey, Prentice-Hall Inc., a division of Simon & Schuster, 1987 (Trad. It. ''Management della pubblicità''. Milano, FrancoAngeli, 1998. ISBN 88-204-7075-6.
* [[Alberto Abruzzese]]. ''Metafore della pubblicità (2a. ed. aggiornata)''. Costa&Nolan, Genova, 1997. ISBN 88-7648-124-9.
* [[Bruno Ballardini]]. ''La morte della pubblicità''. Castelvecchi, Roma, 1994. ISBN 88-86232-53-5.
* Luis Bassat e [[Giancarlo Livraghi]]. ''Il nuovo libro della pubblicità (2a. ed. aggiornata).'' Il Sole 24 Ore, Milano, 2001. ISBN 88-8363-129-3.
* Enrico e Giulio Bizzarri, Lorenzo Soprani (a cura di). ''[[Pubblicità canaglia]],'' Zelig, Milano, 2002. ISBN 88-87291-79-9
* Marzio Bonferroni, ''La pubblicità diventa comunicazione?'', Milano, FrancoAngeli, 2004, {{ISBN|8846460022}}
* [[Vanni Codeluppi]]. ''Che cos'è la pubblicità''. Carocci, Roma, 2001. ISBN 88-430-1901-5.
* [[Vanni Codeluppi]]. ''Pubblicità''. Zanichelli, Bologna, 2000. ISBN 88-08-09699-8.
* {{cita libro |autore=Geppi De Liso |titolo=Creatività & Pubblicità |città= Milano |editore= Franco Angeli |anno=2002 |edizione=5 |isbn=978-88-464-3893-5}}
* [[Giampaolo Fabris]]. ''La pubblicità. Teoria e prassi''. Milano, FrancoAngeli, 1997. ISBN 88-204-9648-8.
* [[Gian Luigi Falabrino]]. ''Pubblicità serva padrona: protagonisti, strategie e battaglie del mercato italiano''. Il Sole 24 Ore, Milano, 1999.
* [[Gian Luigi Falabrino]]. ''Effimera & bella: storia della pubblicità italiana: Venezia 1691-Roma 2001 (2a. ed. aggiornata in occasione del "Congresso nazionale della pubblicità" Roma ottobre 2001)''. Silvana, Cinisello Balsamo, 2001.
* Ferdinando Fasce, Elisabetta Bini, Bianca Gaudenzi. ''Comprare per credere. La pubblicità in Italia dalla Belle Époque a oggi''. Carocci, Roma, 2016.
* [[Marco Giusti]], ''Il grande libro di Carosello,'' Sperling&Kupfer, Milano, 1995.
* [[Patrizia Musso]], ''I nuovi territori della marca'', Milano, FrancoAngeli, 2005, ISBN 9788846468031
* [[Patrizia Musso]], ''Brand Reloading. Nuove strategie per comunicare, rappresentare e raccontare la marca'', Milano, FrancoAngeli, 2011, {{ISBN|9788856838534}}
* [[Patrizia Musso]], ''Slow brand. La gestione socio-economica della marca contemporanea'', Milano, FrancoAngeli, 2013, {{ISBN|9788820449445}}
* [[Patrizia Musso]], ''Slow Brand. Vincere imparando a correre più lentamente'' (nuova edizione), Milano, FrancoAngeli, 2017, ISBN 9788891744562
* Amedeo Nigra, ''La pubblicità e i suoi contratti tipici'', 2000, Maggioli Editore, ISBN 978-88-387-1869-4
* [[Daniele Pitteri]], ''La pubblicità in Italia: dal dopoguerra ad oggi,'' GLF editori Laterza, Bari-Roma, 2002. ISBN 88-420-6731-8
* Daniele Pitteri e Paola Papakristo (a cura di), ''Archeologie della pubblicità: alle origini della pubblicità moderna,'' Liguori, Napoli, 2003. ISBN 88-207-3422-2
* {{Cita libro|autore=Jacques Seguela|titolo=Hollywood lava più bianco|collana=I triangoli|anno=1996|editore=Lupetti-Editori di comunicazione|città=Milano|ISBN=9788886302876}}
* Giuseppe Sergio, ''La lingua della pubblicità'', in I. Bonomi, S. Morgana (a cura di), ''La lingua italiana e i mass media,'' Roma, Carocci, 2016, pp.&nbsp;291–331;
* [[Annamaria Testa]], ''La pubblicità,'' Bologna, il Mulino, 2004. ISBN 88-15-09708-2.
* [[Annamaria Testa]], ''La parola immaginata. Teoria, tecnica e pratica del lavoro di copywriter,'' Il saggiatore, Milano, 2006 ISBN 88-428-1353-2.
* Mark Tungate. ''Adland: a global history of advertising''. Londra, Kogan Page Publisher, 2007 (Trad. It. ''Storia della pubblicità - Gli uomini e le idee che hanno cambiato il mondo''. Milano, FrancoAngeli, 2010. ISBN 978-88-568-1665-5).
* [[Ugo Volli]]. ''Semiotica della pubblicità''. GLF editori Laterza, Bari-Roma, 2003. ISBN 88-420-6858-6.
 
=== Narrativa ===
Esiste finalmente una letteratura del tutto peculiare caratterizzata da libri, scritti da pubblicitari, a metà strada tra l'autobiografia e il manuale pedagogico (se non in certi casi addirittura il romanzo). Il capostipite di questa tradizione, che poi ha avuto numerosi epigoni, fu [[Claude C. Hopkins]] nel 1927. È possibile citare i volumi più celebri:
* [[Frédéric Beigbeder]]. ''99 Francs'', 2000. (Trad. It. ''Lire 26.900''. Feltrinelli, Milano, 2001. ISBN 88-07-70140-5).
* [[Claude C. Hopkins]]. ''My Life in Advertising''. Harper & Brothers, New York, 1927 (Trad. It. ''I miei successi in pubblicità''. Biblioteca dell'Ente Nazionale Italiano per l'Organizzazione Scientifica del Lavoro, Roma, 1932).
* [[David Ogilvy]]. ''Confessions on Advertising Man'', first published 1963 by Atheneum, new and revisited edition published 1987 by Pan Books Ltd., London, (Trad. It. ''Confessioni di un pubblicitario''. Lupetti, Milano, 1989. ISBN 88-85838-28-6).
* [[Rosser Reeves]]. ''Reality in Advertising''. Alfred A. Knopf Inc., New York, 1960 (Trad. It. ''I miti di Madison Avenue''. Lupetti, Milano, 1988. ISBN 88-85838-02-2).
* Alessandro Alziati ''Non tutti i pubblicitari vengono per nuocere.'' DoItHuman, Milano, 2023. {{ISBN|8899628580}}
* [[Jacques Séguéla]]. ''Ne dites pas à ma mère que je suis dans la publicitè... Elle me croit pianiste dans un bordel''. Parigi, Flammarion, 1979 (Trad. It. ''Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario... Lei mi crede pianista in un bordello''. Lupetti, Milano, 1986. ISBN 88-85838-82-0).<ref>Da notare che la produzione letteraria di Séguéla relativa alla pubblicità è pressoché sterminata. Si rimanda alla [[Jacques Séguéla#Opere pubblicate|voce dedicata]] per la bibliografia completa.</ref>
* [[Walter Taplin]]. ''Advertising'', 1960 (Trad. It. ''[[La pubblicità]]''. Feltrinelli, Milano, 1961).
 
=== Saggi critici ===
Sull'altro versante, ossia quello della critica alla pubblicità, vi sono altrettanto numerosi libri:
* [[Vance Packard]]. ''The hidden persuaders''. David McKay, New York, 1957 (Trad. It. di [[Carlo Fruttero]]: ''I persuasori occulti''. Einaudi, Torino, 2005. ISBN 88-06-17344-8.)
* [[Benjamin Barber]], ''Con$umed. How Markets Corrupt Children, Infantilize Adults, and Swallow Citizens Whole'', 2007, ''Consumati. Da cittadini a clienti'', 2010, trad. Daria Cavallini e Brunella Martera, Einaudi, Torino, ISBN 978 88 06 20127 2
 
== Riferimenti normativi ==
* [https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2005-09-06;206!vig= Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 - Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229]
* [https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2007-08-02;145!vig= Decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145 - Attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole]
 
== Note ==
<references/>
 
== Voci correlate ==
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* [[AIDA (marketing)]]
* [[Agenzia pubblicitaria]]
* [[Antipub]]
* [[Advergame]]
* [[Advertainment]]
* [[Banner]]
* [[Campagna pubblicitaria]]
* [[Carosello]]
* [[Captologia]]
* [[Communication-mix]]
* [[Comunicazione]]
* [[Direttore artistico (pubblicità)]]
* [[Copywriter]]
* [[Copy strategy]]
* [[Direttore creativo]]
* [[Digital signage]]
* [[Endorsement]]
* [[Ghostwriter]]
* [[Inspot]]
* [[Marketing]]
* [[Means-end chain]]
* [[Neorealismo pubblicitario]]
* [[Pubblicità con famiglie]]
* [[Pubblicità di genere]]
* [[Pubblicità erotica]]
* [[Pubblicità indiretta]]
* [[Pubblicità ingannevole]]
* [[Pubblicità televisiva]]
* [[Pubbliredazionale]]
* [[Planner (marketing)]]
* [[Psicologia della pubblicità]]
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* [[Stickering]]
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