Crevalcore: differenze tra le versioni
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|Data istituzione =
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|Sottodivisioni = [[Bevilacqua (Emilia-Romagna)|Bevilacqua]], Bolognina, Caselle, Galeazza, Guisa, Palata Pepoli, Ronchi, Sammartini
|Divisioni confinanti = [[Camposanto]] (MO), [[Cento (Italia)|Cento]] (FE), [[Finale Emilia]] (MO), [[Nonantola]] (MO), [[Ravarino]] (MO), [[San Giovanni in Persiceto]], [[Sant'Agata Bolognese]]
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}}
'''Crevalcore'''
== Geografia fisica ==
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== Storia ==
=== Fondazione del castello ===
Del [[toponimo]] Crevalcore sono state fornite diverse e contrastanti spiegazioni etimologiche; la più antica di cui si abbia notizia risale al XVI secolo ed è di [[Carlo Sigonio]]: «Castrum alterum Crepacorium ad disrumpendum cor hostium munivere»<ref>Carlo Sigonio, ''De rebus bononiensibus'', Francfurti 1604, I. 5.</ref>. Con l'espressione
«Già vi fu morto Pansa e dal dolore nominata dai suoi fu Grevalcore»<ref>Alessandro Tassoni, ''La secchia rapita'', c. Il, 15ª ottava.</ref> riferendosi a un episodio delle [[guerre civili (storia romana)|guerre civili del 43 a.C.]], la cosiddetta
Della diffusione di un'etimologia legata alla parola cuore fa fede anche lo stemma del paese (tre cuori rossi in campo bianco) e ancor più il fatto che dopo la ricostruzione del 1231 il nome fu mutato in quello beneaugurale di Allegralcore. Una spiegazione etimologica più fondata collega invece il nome all'espressione latina ''crepa(tum) corium'' cioè pelle, scorza crepata, a designare una zona, al limite delle valli, in cui il ritirarsi dell'acqua nei periodi estivi produceva le tipiche screpolature dei terreni paludosi. La prima menzione certa del toponimo Crevalcore è in un documento del 1130 pubblicato dal [[Girolamo Tiraboschi|Tiraboschi]] dove si parla di ''casamentum unum juris Sancti Silvestri in castro Cravacuore''<ref>Girolamo Tiraboschi, ''Storia dell'Augusta Badia di S. Silvestro di Nonantola'', Modena, 1784, T. l, p. 249.</ref>.
Il ''castrum'' non sorgeva però nel luogo attuale, ma a poca distanza dai ruderi del più antico [[castello di Fultignano]], già in rovina nel 1017, che si può ritenere facesse parte del sistema difensivo bizantino lungo il confine del [[Panaro]]. In alcune mappe secentesche dell'Assunteria ai confini e alle acque del Comune di Bologna (Bologna, Archivio di Stato) sono ancora indicate, in località Guisa, le vestigia di Crevalcore vecchio. Nonostante residui margini di incertezza derivanti dalla mancanza di recenti e approfonditi studi sull'argomento, l'origine di Crevalcore potrebbe così essere ricostruita: nei pressi dei ruderi di Fultignano il Comune di Bologna, avviato alla conquista del contado, intorno al 1130 costruì il primo castello in territorio appartenente all'Abbazia nonantolana che proprio in quegli anni, essendo in conflitto con [[Modena]], si era consegnata ai bolognesi; tale castello fu diroccato nel 1219 nel corso delle guerre intraprese da Federico II per riaffermare l'autorità imperiale.
I bolognesi lo ricostruirono (1231) 3 km a nord-ovest in posizione più prossima al [[Panaro]] (che allora scorreva lungo l'attuale via Argini) in forma quadrata con un impianto urbanistico regolare. Al nuovo castrum (chiamato "Crevalcore nuovo" in una carta del 1231 del Registro nuovo del Comune di Bologna)<ref>''Registro nuovo del Comune di Bologna'', ms. presso l'Arch. di Stato di Bologna, c. 200.</ref> fu mutato il nome e si chiamò "Allegralcore" mentre il castello diroccato venne chiamato Crevalcore vecchio. "Allegralcore" non riuscì però ad attecchire e a un secolo di distanza si ritornò, anche nei documenti ufficiali, all'antica denominazione.
Il castello non ebbe vita facile; per richiamarvi gente dalle zone limitrofe allo scopo di disporre di un maggior numero di braccia per la difesa furono concesse esenzioni fiscali che ne fecero un [[borgo franco]], ma nel 1239 nuovamente fu investito dalle milizie di Federico II, occupato e incendiato. Dopo un'ulteriore ricostruzione il [[Senato bolognese]] considerò l'opportunità di un più rapido collegamento con Bologna che avrebbe permesso l'invio di rinforzi con maggiore celerità; tra il 1245 e il 1250 fu tracciata la nuova strada che, congiungendo in linea retta [[Quartiere Borgo Panigale|Borgo Panigale]] con [[San Giovanni in Persiceto|Persiceto]] e Crevalcore, prese il nome di Crevalcorese. Alla fine del XIII secolo si fecero ulteriori opere di fortificazione e venne rafforzata la guarnigione di stanza nel castello a causa delle lotte con gli [[Este]]nsi, insediatisi a Modena nel 1289. Il XIV secolo fu particolarmente ricco di scontri, assalti, colpi di mano, sia nelle contingenze delle lotte tra [[Geremia (famiglia)|Geremei]] e [[Lamberti (famiglia)|Lambertazzi]] sia a causa dell'occupazione viscontea.
I Pepoli, cedendo il dominio di Bologna ai [[Visconti]], si erano riservati i castelli di Persiceto e Crevalcore, ma [[Giovanni da Oleggio]], che governava a nome dell'Arcivescovo [[Giovanni Visconti (arcivescovo)|Giovanni Visconti]], imprigionò [[Jacopo Pepoli]] e si fece consegnare i due castelli. Deciso a recuperare Bologna, di cui l'Oleggio si era proclamato signore nel 1359 dopo la morte dell'Arcivescovo, [[Bernabò Visconti]], giunto con un esercito, prese Crevalcore; Bologna era stata nel frattempo ceduta al
La minaccia viscontea si riaffacciò con maggior vigore nel 1385, dopo l'ascesa al potere di [[Gian Galeazzo Visconti|Giangaleazzo]]: Crevalcore fu teatro di importanti fatti d'arme nel 1390, tra l'esercito del duca e [[Alberico da Barbiano]], comandante delle truppe bolognesi. Nel 1389, in previsione di un attacco visconteo, essendo il più esposto dei castelli bolognesi, era stato nuovamente fortificato, rinforzato il palancato di travi che lo cingeva e rinsaldato il terrapieno.
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=== Organizzazione del territorio ===
Tutto il territorio, nonostante fosse passato dal 1130 sotto il dominio di Bologna, era rimasto di proprietà dell'
Nel Trecento però l'
Anche i Pepoli ottennero dalla
Nel 1578 il conte [[Giovanni Pepoli]], complice il Consiglio della Comunità, usurpò una quota dei beni della Partecipanza, che entrò in crisi, come risulta da due volumi di cabrei conservati nell'Archivio comunale, nel XVII secolo. I Pepoli possedevano a Crevalcore oltre 3.000 ettari, per un totale di circa 150 poderi coltivati da altrettante famiglie mezzadrili. I poderi erano organizzati in cinque imprese facenti capo ad altrettante ville, attorno alle quali spesso si sviluppava un borgo con artigiani, botteghe, chiesa, ecc.
Le più antiche sono: Galeazza, il cui nucleo primitivo era costituito dalla poderosa torre trecentesca costruita da [[Galeazzo Pepoli]], e Palata, dove fu costruito un palazzo-castello che suscitò, verso il 1540, l'entusiastica ammirazione di fra [[Leandro Alberti]] che disse: «Et più giù caminando, alla Palada, incontrasi nel principiato edificio del magnifico Conte Philippo de Pepoli, il qual finito traa li nobili e radi edifici della Italia computare si potrà»<ref>Leandro Alberti, ''Libro primo della deca prima delle Historie di Bologna'', Bologna, 1541, c. 21.</ref>.
Più modeste erano invece le ville della Filippina, Guisa, Ca' de Coppi. Ma anche altre nobili famiglie si insediarono nel Crevalcorese, grazie a concessioni enfiteutiche, nel XV secolo. Fra queste le più importante erano i [[Bevilacqua (famiglia)|Bevilacqua]], i [[Bolognini (famiglia)|Bolognini]] e i [[Caprara (famiglia)|Caprara]]. Il territorio assunse in tal modo una fisionomia ben definita: a sud, nelle immediate vicinanze dei castello, entro le maglie ancora visibili della centuriazione romana, esisteva una zona di proprietà frazionata e di poderi di piccole dimensioni; a nord, c'era una zona in cui prevaleva la grande proprietà in mano a famiglie nobiliari bolognesi che investivano in beni immobili i patrimoni accumulati nel secolo precedente in attività bancarie o mercantili.
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La piccola proprietà era tuttavia sottoposta, specialmente nel Cinquecento, a una progressiva erosione a vantaggio delle proprietà nobiliari, conservatesi sostanzialmente intatte fino al secolo scorso (i Caprara vendettero le loro terre intorno al 1820; ai Pepoli subentrarono i [[Torlonia]] nel 1857.
Un episodio bellico di rilievo accadde nel 1643 durante guerra per il Ducato di Castro: ne restano due incisioni che mostrano l'assalto dell'esercito della lega farnesiana e sono fra le immagini più antiche dell'iconografia crevalcorese dopo il disegno del manoscritto Gozzadini<ref>Ms. Gozzadini 171 della Bibl. Comunale dell'Archiginnasio, edito da Mario Fanti, Ville castelli e chiese bolognesi da un libro di disegni del Cinquecento, Bologna 1967.</ref>. Il castello viene raffigurato con dovizia di particolari, suddivisi nei suoi 32 isolati, con quattro bastioni agli angoli, le porte, i ponti levatoi, il largo fossato colmo d'acqua del canal Torbido.
Fu probabilmente in questa circostanza che venne demolita la chiesa di S. Martino in Cozzano, citata già nei documenti dell'XI secolo. È forse l'ultima volta che la struttura difensiva castrense venne messa alla prova. Nel secolo seguente il fossato, senza più manutenzione, si interrò e diventò luogo di scarico per i rifiuti, tanto che nel 1855 il medico Federico Rossi, attestandone l'insalubrità, ne raccomandò il riempimento.
=== Dal XVIII secolo ad oggi ===
Se nel Settecento la vita crevalcorese appare consumarsi nella tranquillità del quotidiano, scandita dal lento succedersi delle processioni religiose (tale almeno è l'immagine consegnataci da una cronaca di [[Stefano Maria Setti]])<ref>Stefano Maria Setti
Con la creazione della [[Repubblica Cispadana]] il paese fu incluso nel [[Dipartimento dell'Alta Padusa]] che ebbe per capoluogo [[Cento (Italia)|Cento]], ma i cambiamenti di maggior rilievo sotto il profilo economico furono dati dalla soppressione delle Compagnie religiose (dei Battuti, dei Poveri, del Rosario, del Sacramento, dell'Immacolata Concezione), quasi tutte titolari di un patrimonio immobiliare di una certa entità.
Si formò un ceto di proprietari terrieri locali dai connotati decisamente borghesi e si instaurò un clima nuovo che non verrà meno neppure dopo la [[Restaurazione]]. La creazione di una scuola pubblica (1824) e l'erezione dell'Ospedale Barberini furono tra gli eventi più importanti della prima metà dell'Ottocento; fu tuttavia l'edilizia privata che ricevette particolare impulso in tale periodo con il rinnovo di molti palazzetti prospettanti sul corso principale.
Meno sporadiche si fecero, intorno alla metà del secolo, le notizie riguardanti professionisti particolarmente attenti ai problemi sociali o culturali; il citato Federico Rossi fu autore di un
Questi gruppi emergenti, sospetti di liberalismo alla polizia papalina, offrirono il loro contributo alla causa dell'unità nazionale e dopo i [[Plebisciti risorgimentali|plebisciti]] del '59 si affacciarono alla gestione della cosa pubblica con energie nuove. Il paese, che riprese a chiamarsi Crevalcore, dopo che un decreto papale del 1857 gli aveva inopinatamente imposto il nome di Buonocore, fu per un breve periodo (dicembre '59 - gennaio '61) aggregato alla provincia di Ferrara.
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==== Terremoto del 2012 ====
Anche Crevalcore è stato colpito dal [[terremoto dell'Emilia del 2012]] che ha causato crolli nel
=== Simboli ===
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 17 gennaio 2000
{{citazione|D'argento, ai tre [[Cuore (araldica)|cuori]] di rosso, bene ordinati; al [[Capo (araldica)#Capo d'Angiò|capo d'Angiò]]. Ornamenti esteriori da Città
Il gonfalone è un drappo [[interzato in fascia]] di azzurro, di bianco e di rosso.
{{Onorificenze
|immagine = Onorificenza non faleristica.svg
|nome_onorificenza = Menzione onorevole di benemerenza per il terremoto calabro-siculo (1908)
|collegamento_onorificenza = Medaglie per il terremoto calabro-siculo
|motivazione = Al Comune di Crevalcore
|data = Elenco delle ricompense conferite ai benemeriti in occasione del terremoto calabro-siculo 28 dicembre 1908 con RR. decreti 7 e 21 luglio, 9 agosto, 23 settembre 1910; 23 febbraio, 16 marzo, 27 maggio 1911, in Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 130 del 30 giugno 1911
}}{{Onorificenze
| immagine = Corona di Città Italiana.svg
| nome_onorificenza = Titolo di Città
| collegamento_onorificenza = Titolo di città in Italia
| motivazione = Decreto del Presidente della Repubblica
| data = [[16 febbraio]] [[1999]]<ref name=ACSFascCom>{{Cita web |url= http://dati.acs.beniculturali.it/comuni/comuni.
}}
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[[Partito Democratico della Sinistra]] (1990-1992)|Note=<ref name=interno>http://amministratori.interno.it/</ref>}}
{{ComuniAmminPrec|Nome=Gianni Guagliumi|Inizio=10 marzo 1992|Fine=24 aprile 1995|Partito=[[Partito Democratico della Sinistra]]|Note=<ref name=interno />}}
{{ComuniAmminPrec|Nome=Novello Lodi|Inizio=24 aprile 1995|Fine=14 giugno 2004|Partito=
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{{ComuniAmminPrec|12 giugno 2024|in carica|Marco Martelli|
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