IRI: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
 
(43 versioni intermedie di 12 utenti non mostrate)
Riga 2:
{{Azienda
|nome = Istituto per la Ricostruzione Industriale
|logo = IRI-logoLogo_IRI.gifsvg
|logo dimensione = 100
|immagine = Sede Fintecna ex IRI Roma Via Veneto.jpg
Riga 15:
|nazione = ITA
|gruppo =
|controllate = * [[Alfa RomeoAlitalia]]
* [[Alitalia]]
* [[Atlantia]]
* [[Autostrade per l'Italia|Autostrade]]
Riga 48 ⟶ 47:
|prodotti =
}}
L{{'}}'''Istituto per la Ricostruzione Industriale''' (in [[acronimo]] '''IRI''') è stato un [[ente pubblico economico]] [[italia]]no, poi trasformato in [[società per azioni]], con funzioni di [[politica industriale]].
 
Istituito nel [[1933]], durante il [[fascismo]], nel [[Secondo dopoguerra italiano|dopoguerra]] allargò progressivamente i suoi settori di intervento e divenne il fulcro dell'[[intervento pubblico]] nell'[[economia italiana]]. Nel 1980 l'IRI era un gruppo di circa {{formatnum:1000}} società con più di {{formatnum:500000}} dipendenti. È stata a suo tempo una delle più grandi aziende non petrolifere al di fuori degli [[Stati Uniti d'America]];<ref>{{en}} [http://www.referenceforbusiness.com/history2/98/Istituto-per-la-Ricostruzione-Industriale-S-p-A.html Reference for Business ]</ref> nel 1992 chiudeva l'anno con {{formatnum:75912}} miliardi di [[lira italiana|lire]] di [[fatturato]] e {{formatnum:5182}} miliardi di [[perdita (economia)|perdite]].<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1993/novembre/28/all_IRI_palma_del_fatturato_co_0_93112812062.shtml Archivio storico www.corriere.it]</ref> Ancora nel [[1993]] l'IRI era il settimo [[Conglomerato (finanza)|conglomerato]] al mondo per dimensioni, con un fatturato di circa 67 miliardi di [[Dollaro statunitense|dollari]].<ref>''Istituto per la Ricostruzione Industriale'', dal sito [http://www.referenceforbusiness.com/history2/98/Istituto-per-la-Ricostruzione-Industriale-S-p-A.html in inglese.]</ref>
 
Trasformato in [[società per azioni]] nel [[1992]], cessòvenne diincorporato esisterein [[Fintecna]] dieci anni dopo.
 
== Storia ==
=== Il "Consorzio Sovvenzioni" ===
{{Vedi anche|Consorzio per sovvenzioni su valori industriali}}
NelLa [[Banca d'Italia]] nel [[1913]], dopo aver dovuto effettuare il salvataggio di alcune imprese negli anni precedenti, durante la [[Bancadirezione d'Italia]] diretta dadi [[Bonaldo Stringher]] decise di costituire un organo permanente destinato al finanziamento e risanamento delle imprese in crisi, il ''[[Consorzio per Sovvenzionisovvenzioni su Valorivalori Industrialiindustriali]]''. Il consorzioL'ente, divenuto operativo nel 1915, era guidato dalla stessa Banca d'Italia e riuniva i [[Banco di Napoli|Banchi di Napoli]] e [[Banco di Sicilia|Sicilia]], alcune [[cassa di risparmio|casse di risparmio]], il [[Monte dei Paschi di Siena]] e l'[[Istituto Bancario San Paolo di Torino]].<ref name=Colajanni>Napoleone Colajanni, ''Storia della banca italiana'', Roma, Newton Compton, 1995</ref>.
 
Dopo la [[prima guerra mondiale]] ci fu una grave crisi dovuta alle difficoltà della riconversione dell'[[industria bellica]], sovradimensionata rispetto alla domanda in periodo di pace, che travolse anche le banche che avevano grossi interessi nelle stesse industrie. Nel [[1922]], in seguito al crollo della [[Banca Italiana di Sconto]], fu trasferita al ''Consorzio'' la partecipazione di controllo nell'[[Ansaldo]] detenuta dall'istituto fallito.<ref name=Colajanni/>.
Nel [[1922]], in seguito al crollo della [[Banca Italiana di Sconto]], fu trasferita al ''Consorzio'' la partecipazione di controllo nell'[[Ansaldo]] detenuta dall'istituto fallito<ref name=Colajanni/>.
 
Un anno dopo, il [[Banco di Roma]], che era in crisi dal 1921, fu rilevato dalla ''Società Nazionale Mobiliare'', controllata per il 26% dal ''Consorzio Sovvenzioni'' e per un altro 26% dalla [[Banca Commerciale Italiana]] e dal [[Credito Italiano]].<ref name=Colajanni/>.
 
=== L'"Istituto di Liquidazioni" ===
Riga 74 ⟶ 72:
Nel pieno della crisi degli anni trenta la [[Banca d'Italia]] si trovava esposta verso l'Istituto di liquidazioni e verso le banche per oltre 7 miliardi, ovvero oltre il 50% del capitale circolante.
 
=== La costituzione durante il ventennio fsdcistafascismo come ente provvisorio e la presidenza di Albero Beneduce ===
{{Vedi anche|Alberto Beneduce}}
La costituzione dell'IRI, avvenuta
Lacon costituzioneregio dell'IRI,decreto avvenutalegge nel23 gennaio [[1933]] n. 5, fuconvertito patrocinatain alegge [[Benito3 Mussolini]]maggio 1933, n. 512 - che subentró all'"Istituto di liquidazione" in tutti i suoi rapporti giuridici ed economici con contestuale soppressione dell'ente subentrato - fu patrocinata dal ministro delle finanze [[Guido Jung]] a [[Benito Mussolini]].<ref>[https://www.treccani.it/enciclopedia/guido-jung_(Dizionario-Biografico) Dizionario biografico Treccani]</ref>. L'IriIl nacque comenuovo ente temporaneonacque durantecon ildurata di periodovita fascistatemporanea con lo scopo prettamente di salvataggio delle banche e delle [[Azienda|aziende]] aimprese loro connesse. Primo presidente, oltre che uno dei principali artefici della creazione dell'ente, fu [[Alberto Beneduce]], [[economista]] di formazione socialista, che godeva della fiducia del Capocapo del Governogoverno.
 
[[File:Alberto Beneduce1.gif|thumb|right|[[Alberto Beneduce]], il primo presidente dell'IRI.]]
 
Il nuovo ente era formato da una "Sezione finanziamenti" e una "Sezione smobilizzi".
Riga 86 ⟶ 87:
In questo modo l'IRI, e quindi lo [[Stato]], smobilizzò le banche miste, diventando contemporaneamente proprietario di oltre il 20% dell'intero capitale azionario nazionale e di fatto il maggiore [[imprenditore]] italiano con aziende come [[Ansaldo]], [[Acciaierie di Terni|Terni]], [[Ilva]], [[SIP - Società Idroelettrica Piemontese|SIP]], [[SME (azienda)|SME]], [[Alfa Romeo]], [[Navigazione Generale Italiana]], [[Lloyd Triestino|Lloyd Triestino di Navigazione]], [[Cantieri Riuniti dell'Adriatico]]. Si trattava in effetti di grandi aziende che già da molti anni erano vicine al settore pubblico, sostenute da politiche tariffarie favorevoli e da commesse pubbliche. Inoltre, l'IRI possedeva le tre maggiori banche italiane.
 
[[File:Alberto Beneduce1.gif|thumb|[[Alberto Beneduce]], il primo presidente dell'IRI.]]
Nel [[1934]], il valore nominale del patrimonio industriale italiano era di 16,7 miliardi di lire, pari al 14,3% del [[Pil]]. Tra i principali trasferimenti all'ente figuravano<ref>Mimmo Franzinelli, Marco Magnani, ''Beneduce, il finanziere di Mussolini'', Mondadori 2009, pagg. 229-230</ref>:
* la quasi totalità dell'industria degli armamenti
Riga 96:
Nel complesso, con la costituzione dell'Iri il 21,49% del capitale delle società italiane esistenti al 31 dicembre 1934 era, direttamente o indirettamente, controllato dall'Istituto.<ref>Archivio Storico Iri, Sezione Finanziamenti, Relazione del consiglio di amministrazione sul bilancio al 31 dicembre 1934, citato in AA VV, ''Storia dell'Iri'' (a cura di Valerio Castronovo), Editori Laterza, Roma-Bari, 2012, vol. 1, pag. 186</ref>
 
=== La stabizzazionestabilizzazione in ente permanente ===
[[File:Francesco Giordani.jpg|upright=0.7right|thumb|150px|[[Francesco Giordani (chimico)|Francesco Giordani]], il secondo presidente IRI.]]
Inizialmente era previsto che l'IRI fosse un ente provvisorio il cui scopo era limitato alla dismissione delle attività così acquisite. Ciò in effetti avvenne con alcune imprese del settore elettrico ([[Edison (azienda)|Edison]] e [[Bastogi (azienda)|Bastogi]]) e tessile<ref name=Colajanni/>, che furono cedute ai privati, ma nel 1937 il governo trasformò l'IRI in un ente pubblico permanente; in questo probabilmente influirono lo scopo di mettereattuare l'[[Autarchia in atto la politica Italia|autarchica]] lanciatapropagandata daldalla governo[[politica eeconomica difascista]] tenere sotto controllo del governo le aziende navali ed aeronautiche, mentre era in corso la [[guerra d'Etiopia]].
 
Per finanziare le sue aziende l'IRI emise negli anni trenta dei prestiti obbligazionari garantiti dallo Stato, risolvendo in questo modo il problema della scarsità di capitali privati. L'IRI si diede una struttura che raggruppava le sue partecipazioni per aree merceologiche: l'Istituto sottoscriveva il capitale di società finanziarie (le "caposettore") che a loro volta possedevano il capitale delle società operative; così nel 1934 nacque la [[STET]], nel 1936 la [[Finmare]], e nel 1937 la [[Finsider]], poi nel dopoguerra [[Finmeccanica]], [[Fincantieri]] e [[Finelettrica]].
Riga 104:
Alberto Beneduce nel 1939 a causa di problemi di salute, dovuti a un [[ictus]] che lo aveva colpito al ritorno da una riunione della [[Banca dei regolamenti internazionali|Banca dei Regolamenti Internazionali]] a [[Basilea]] il 13 luglio 1936, lasciò la presidenza dell'ente a [[Francesco Giordani (chimico)|Francesco Giordani]].
 
=== Il ruolo nel secondo dopoguerra e nel miracolo economico italiano ===
Nel [[secondo dopoguerra italiano]] la sopravvivenza dell'Istituto non era data per certa, essendo nato più come una soluzione provvisoria che con un orizzonte di lungo termine; di fatto però risultava difficile per lo Stato cedere ai privati aziende che richiedevano grandi investimenti e davano ritorni sul lunghissimo periodo., Cosìsicché l'IRI mantenne la struttura che aveva sotto il [[fascismo]].
 
Solo dopo il 1950 la funzione dell'IRIIstituto fu meglio definita: una nuova spinta propulsiva per l'IRIente venne da [[Oscar Sinigaglia]], che con il suo piano per aumentare la capacità produttiva della [[siderurgia]] italiana strinse un'alleanza con gli industriali privati; si venne così a creare un nuovo ruolo per l'IRI, cioè quello di sviluppare la grande industria di base e le infrastrutture necessarie al paese, non in "supplenza" dei privati ma in una tacita suddivisione dei compiti. Ne furono esempi lo sviluppo dell'industria siderurgica, quello della rete telefonica e la costruzione dell'[[Autostrada del Sole]], iniziata nel [[1956]].
 
=== Il miracolo economico e la "formula IRI" e la La teoria degli "oneri impropri" ===
Negli anni sessanta, mentre l'economia italiana cresceva ad alti ritmi, l'IRI era tra i protagonisti del "[[miracolo economico italiano]]". Altri paesi europei, in particolare i governi laburisti inglesi, guardavano alla "formula IRI" come ad un esempio positivo di intervento dello Stato dell'economia, migliore della semplice "nazionalizzazione" perché permetteva una cooperazione tra capitale pubblico e capitale privato.
 
In molte società del gruppo il capitale era misto, in parte pubblico, in parte privato. Molte aziendeimprese del [[gruppo societario]] IRI rimasero quotate in borsa e le obbligazioni emesse dall'Istituto per finanziare le proprie imprese erano sottoscritte in massa dai risparmiatori.
 
Ai vertici dell'IRI si insediarono esponenti della [[Democrazia Cristiana|DC]] come [[Giuseppe Petrilli]], presidente dell'Istituto per quasi vent'anni (dal 1960 al 1979). Petrilli nei suoi scritti elaborò una teoria che sottolineava gli effetti positivi della "formula IRI"<ref>Petrilli pubblicò un libro intitolato ''Lo stato imprenditore'', Cappelli, Bologna 1967; citato da M. Pini, ''I giorni dell'IRI'', Arnoldo Mondadori, 2004, pag. 26 e bibliografia a pag. 298</ref>. Attraverso l'IRI le imprese erano utilizzabili per finalità sociali e lo Stato doveva farsi carico dei costi e delle diseconomie generati dagli investimenti; significava che l'IRI non doveva necessariamente seguire criteri imprenditoriali nella sua attività, ma investire secondo quelli che erano gli interessi della collettività anche quando ciò avesse generato "oneri impropri", cioè anche in investimenti antieconomici<ref>M. Pini, ''I giorni dell'IRI'', pag. 26</ref>.
 
Questa prassi, generalmente ritenuta connaturata all'esistenza stessa dell'IRI per il suo essere ''[[azienda pubblica]]'', non era in realtà data per scontata al momento della sua creazione. La pratica amministrativa del suo fondatore, [[Alberto Beneduce]], si fondava al contrario sull'assoluto rigore di bilancio e sulla limitazione delle assunzioni all'essenziale per garantire un funzionamento snello ed efficiente dell'organizzazione<ref>M. Franzinelli, M. Magnani, ''Beneduce, il finanziere di Mussolini'', Mondadori 2009, pag. 239</ref>. Allo stesso modo, durante i primi anni di vita si scelse a livello gestionale di non procedere con operazioni di salvataggio, reali o camuffate<ref>ibidem, pagg. 230-31</ref>.
 
Critico verso la prassi assistenzialista, in linea quindi con la falsariga del modello beneduciano, fu il secondo Presidente della Repubblica Italiana, il liberista [[Luigi Einaudi]], che ebbe a dire: «''L'impresa pubblica, se non sia informata a criteri economici, tende al tipo dell'ospizio di carità''».
Riga 122 ⟶ 121:
Poiché gli obiettivi dello Stato erano sviluppare l'economia del Mezzogiorno e mantenere la piena occupazione, l'IRI doveva concentrare i propri investimenti nel [[Sud Italia|Sud]] ed incrementare l'occupazione nelle proprie imprese. La posizione di Petrilli rifletteva quelle già diffuse in alcune correnti della DC, che cercavano una "[[terza via]]" tra il [[liberismo]] ed il [[comunismo]]; il sistema misto delle imprese a partecipazione statale dell'IRI sembrava realizzare questo ibrido tra due sistemi agli antipodi.
 
=== Gli investimenti nel meridione d'Italia e igli salvataggiinterventi di salvataggio ===
L'IRI effettivamente poneva in essere grandissimi investimenti nel Sud Italia, come la costruzione dell'[[Italsider]] di [[Taranto]] e quella dell'[[Alfasud (azienda)|AlfaSud]] di [[Pomigliano d'Arco]] e di [[Pratola Serra]]; altri furono programmati senza mai essere realizzati, come il centro siderurgico di [[Gioia Tauro]]. Per evitare gravi crisi occupazionali, l'IRI venne spesso chiamato in soccorso di aziende[[imprese]] privatee [[gruppo societario|gruppi societari]] in difficoltà: ne sono esempi i "salvataggi" della [[Motta (alimentari)|Motta]] e dei Cantieri Navali Rinaldo Piaggio e l'acquisizione di aziendeimprese alimentaridel dallasettore agroalimentare del [[Montedison|gruppo Montedison]]; questo portò ad un incremento progressivo di attività e dipendenti dell'Istitutoente.
 
'''Gruppo IRI – andamento numero dipendenti'''<ref>da P. Bianchi, ''La rincorsa frenata-L'industria italiana dall'unità nazionale all'unificazione europea'', Il Mulino, 2002</ref>
{| class="wikitable"
|-
! Align=Left|Anno
! Align=Left|Dipendenti
|-
|VAlign=Top|[[1938]]
|VAlign=Top|{{formatnum:201577}}
|-
|VAlign=Top|[[1950]]
|VAlign=Top|{{formatnum:218529}}
|-
|VAlign=Top|[[1960]]
|VAlign=Top|{{formatnum:256967}}
|-
|VAlign=Top|[[1970]]
|VAlign=Top|{{formatnum:357082}}
|-
|VAlign=Top|[[1980]]
|VAlign=Top|{{formatnum:556659}}
|-
|VAlign=Top|[[1985]]
|VAlign=Top|{{formatnum:483714}}
|-
|VAlign=Top|[[1995]]
|VAlign=Top|{{formatnum:263000}}
|}
 
=== I debiti e la crisi degli anni 1970 ===
All'IRI vennero richiesti ingentissimi investimenti anche in periodi di crisi, quando i privati riducevano i loro investimenti. Lo Stato erogava i cosiddetti "fondi di dotazione" all'IRI, che poi li allocava alle sue caposettore sotto forma di capitale; tali fondi però non erano mai sufficienti per finanziare gli enormi investimenti e spesso venivano erogati con ritardo. L'Istituto e le sue aziende dovevano quindi finanziarsi con l'indebitamento bancario, che negli anni settanta crebbe a livelli vertiginosi: gli investimenti del gruppo IRI erano coperti da mezzi propri solo per il 14%; il caso più estremo era la [[Finsider]] dove nel [[1981]] questo rapporto scendeva al 5%<ref>M. Pini, ''I giorni dell'IRI'', Mondadori, 2004, pag. 67</ref>.
Gli oneri finanziari portarono in rosso i conti dell'IRI e delle sue controllate: nel 1976 si verificò che tutte le aziende del settore pubblico chiusero in perdita<ref>V. Castronovo, ''Storia dell'Industria italiana'', Mondadori, 2003</ref>. In particolare, la siderurgia e la cantieristica riportarono perdite fino agli anni ottanta, così come erano pessimi i risultati economici dell'[[Alfa Romeo]]. La gestione anti-economica delle aziende IRI portò gli azionisti privati ad uscire progressivamente dal loro capitale. All'inizio degli anni ottanta i governi iniziarono un ripensamento sulla funzione e sulla gestione delle aziende pubbliche.
 
=== La presidenza di Romano Prodi e la ristrutturazione degli anni 1980 ===
[[File:Romano Prodi in 1996.jpg|thumb|[[Romano Prodi]]]]
Nel 1982 il governo affidò la presidenza dell'IRI a [[Romano Prodi]]. La nomina di un [[economista]] (seppur sempre politicamente di area democristiana, come il predecessore [[Pietro Sette]]) alla guida dell'IRI costituiva in effetti un segno di discontinuità rispetto al passato. La ristrutturazione dell'IRI durante la presidenza Prodi, per far fronte alla situazione debitoria, portò a:
* la cessione di 29 aziende del gruppo, tra le quali la più grande fu l'[[Alfa Romeo]], privatizzata nel [[1986]];
* la diminuzione dei dipendenti, grazie alle cessioni e a numerosi prepensionamenti, soprattutto nella siderurgia e nei cantieri navali;
* la liquidazione di [[Finsider]], [[Italsider]] e [[Italstat]];
* lo scambio di alcune aziende tra [[STET]] e [[Finmeccanica]];
* la tentata vendita della [[SME (azienda)|SME]] al gruppo [[CIR (azienda)|CIR]] di [[Carlo De Benedetti]], operazione che venne fortemente ostacolata dal governo di [[Bettino Craxi]]. Fu organizzata una cordata di imprese, comprendente anche [[Silvio Berlusconi]], che avanzarono un'offerta alternativa per bloccare la vendita. L'offerta non venne poi onorata per carenze finanziarie, ma intanto la vendita della SME sfumò. Prodi fu accusato di aver stabilito un prezzo troppo basso (vedi [[vicenda SME]]).
 
Il risultato fu che nel 1987, per la prima volta da più di un decennio, l'IRI riportò il bilancio in utile, e di questo Prodi fece sempre un vanto, anche se a proposito di ciò [[Enrico Cuccia]] affermò:
{{Citazione| (Prodi) nel 1988 ha solo imputato a riserve le perdite sulla siderurgia, perdendo come negli anni precedenti.| S.Bocconi, ''I ricordi di Cuccia. E quella sfiducia sugli italiani'', [[Corriere della Sera]], 12 novembre 2007}}
 
È comunque indubbio che in quegli anni l'IRI aveva cessato di crescere e di allargare il proprio campo di attività, come invece aveva fatto nel decennio precedente; intanto però la [[Commissione Europea]], per garantire il principio della [[libera concorrenza]], negli anni ottanta aveva incominciato a contestare alcune pratiche messe in atto dai governi italiani, come la garanzia dello Stato sui debiti delle aziende siderurgiche e la pratica di affidare i lavori pubblici all'interno del gruppo IRI senza indire gara d'appalto europea. La [[ricapitalizzazione]] delle aziende pubbliche e la garanzia dello Stato sui loro debiti furono da allora considerati [[aiuti di Stato]], in contrasto con i principi su cui si basava la [[Comunità Europea]]; l'Italia si trovò quindi nella necessità di riformare, secondo criteri di gestione più vicini a quelli delle imprese private, il suo settore pubblico, incentrato su IRI, [[Eni]] ed [[EFIM]].
È comunque indubbio che in quegli anni l'IRI aveva cessato di crescere e di allargare il proprio campo di attività, come invece aveva fatto nel decennio precedente; per la prima volta i governi cominciarono a parlare di "privatizzazioni".
 
=== Il trattato di Maastricht, laccordol'accordo Andreatta-Van Miert e le privatizzazioni in Italia ===
{{Vedi anche|Privatizzazioni in Italia}}
{{chiarire|Per le sorti dell'IRI fu decisiva l'accelerazione del processo di unificazione europea, che prevedeva l'unione doganale nel 1992 ed il successivo passaggio alla moneta unica sotto i vincoli del [[Trattato di Maastricht]].|poco chiaro}} Per garantire il principio della libera concorrenza, la Commissione Europea negli anni ottanta aveva incominciato a contestare alcune pratiche messe in atto dai governi italiani, come la garanzia dello Stato sui debiti delle aziende siderurgiche e la pratica di affidare i lavori pubblici all'interno del gruppo IRI senza indire gara d'appalto europea.
LePoco ricapitalizzazioni delle aziende pubbliche edopo la garanziafirma dellodel Stato sui loro debiti furono da allora considerati aiuti[[trattato di stato,Maastricht]] in contrasto con i principi su cui si basava lail [[Comunitàgoverno Amato EuropeaI]]; l'Italiacon sidecreto trovòlegge quindi11 nellaluglio necessità di riformare1992, secondon. criteri333 di- gestioneconvertito piùin vicinilegge a08 quelliagosto delle aziende private1992, il suo settore pubblico, incentrato su IRI, [[Eni]] ed [[EFIM]]n. Nel359 luglio [[1992]]trasformó l'IRI e gli altri [[enti pubblici furonoeconomici]] convertitiinteressati in Società[[società per azioni]]. Nel luglio dell'anno successivo il commissario europeo alla Concorrenza [[Karel Van Miert]] contestò all'Italia la concessione di fondi pubblici all'EFIM, che non era più in grado di ripagare i propri debiti.
 
Per evitare una grave crisi d'insolvenza, Van Miert concluse, alla fine del 1993, con l'allora ministro degli Esteri [[Beniamino Andreatta]] un accordo<ref>[http://europa.eu/rapid/press-release_IP-96-1197_it.htm europa.eu: press release IP-96-1197]</ref>, che consentiva allo Stato italiano di pagare i debiti dell'EFIM, ma a condizione dell'impegno incondizionato a stabilizzare i debiti di IRI, ENI ed [[Enel]] e poi a ridurli progressivamente ad un livello comparabile con quello delle aziende private entro il [[1996]]. Per ridurre in modo così sostanzioso i debiti degli ex-enti pubblici, l'Italia non poteva che privatizzare gran parte delle aziende partecipate dall'IRI.
 
L'accordo Andreatta-Van Miert impresse una forte accelerazione alle [[privatizzazioni in Italia]], iniziate già nel 1993 con la vendita del [[Credito Italiano]].; Nonostantenonostante alcuni pareri contrari, il [[Ministero del tesoro]] decise non di privatizzare l'IRI S.p.A., ma di smembrarla e di vendere le sue aziende operative; tale linea politica fu inaugurata sottocol ilprimo [[governo Amato I]] e non fu mai messa realmente in discussione dai governi successivi. {{Senza fonte|Raggiunti nel [[1997]] i livelli di indebitamento fissati dall'accordo Andreatta-Van Miert}}, le dismissioni dell'IRI proseguirono comunque e l'Istituto aveva perso qualsiasi funzione, se non quella di vendere le sue attività e di avviarsi verso la liquidazione.
 
Tra il 1992 ed il 2000 l'IRI vendette partecipazioni e [[azienda (ordinamento italiano) |rami d'azienda]], che determinarono un incasso per il Ministero del tesoro, suo unico azionista, di {{formatnum:56051}} miliardi di lire, cui vanno aggiunti i debiti trasferiti.<ref>[[Mediobanca]] Ricerche e Studi,''Le privatizzazioni in Italia dal 1992'', 2000</ref> Hanno suscitato critiche le cessioni ai privati, tra le altre, di aziende in posizione pressoché monopolistica, come [[TIM (azienda)|Telecom Italia]] ed [[Autostrade per l'Italia]]; cessioni che hanno garantito agli acquirenti posizioni di rendita.
 
Particolarmente critica fu la privatizzazione di [[Autostrade per l'Italia#La privatizzazione del 1999|Autostrade per l'Italia]], decisa nel 1997 e completata due anni più tardi. Per liquidare il Ministero del tesoro, si rese necessario reperire sul mercato una somma compresa fra i 4.500 e i 5.000 miliardi lire, dei quali il 40% avrebbe dovuto provenire da un "nucleo stabile" di azionisti, formato da una ventina di realtà imprenditoriali e finanziarie. A capo del progetto iniziale di cordata erano [[Lazard]], [[Banca Generali|Generali]], insieme alla banca [[Rothschild]].<ref>{{cita web | autore = Enzo Cirillo | url = https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/09/23/agip-rothschild-entrano-in-autostrade.html | titolo = Agip e rothschild entrano in autostrade | città = Roma | data = 23 gennaio 1997 | urlarchivio = https://archive.is/20190907115521/https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/09/23/agip-rothschild-entrano-in-autostrade.html | dataarchivio = 7 settembre 2019 | urlmorto = no | accesso = 7 settembre 2019}}</ref>
 
=== La liquidazione e l'incorporazione in Fintecna ===
Le poche aziende ([[Finmeccanica]], [[Fincantieri]], [[Fintecna]], [[Alitalia]] e [[RAI]]) rimaste in mano all'IRI furono trasferite sotto il diretto controllo del [[Ministero del tesoro]]. Nonostante alcune proposte di mantenerlo in vita, trasformandolo in una non meglio precisata "agenzia per lo sviluppo", il 27 giugno [[2000]] l'IRI fu messo in liquidazione e nel [[2002]] fu incorporato in [[Fintecna]], scomparendo definitivamente. Prima di essere incorporato dalla sua ex controllata ha però versato al Tesoro un assegno di oltre 5000 miliardi di lire, naturalmente dopo aver saldato ogni suo debito.
 
== Natura giuridica ed organizzazione ==
 
=== La liquidazione e l'incorporazione in Fintecna ===
Le poche aziende ([[Finmeccanica]], [[Fincantieri]], [[Fintecna]], [[Alitalia]] e [[RAI]]) rimaste in mano all'IRI furono trasferite sotto il diretto controllo del [[Ministero del tesoro]]. Nonostante alcune proposte di mantenerlo in vita, trasformandolo in una non meglio precisata "agenzia per lo sviluppo", il 27 giugno [[2000]] l'IRI fu messo in liquidazione e nel [[2002]] fu incorporato in [[Fintecna]], scomparendo definitivamente. Prima di essere incorporato dalla sua ex controllata ha però versato al Tesoro un assegno di oltre 5000 miliardi di lire, naturalmente dopo aver saldato ogni suo debito.
 
== Struttura ==
Per la maggior parte della sua storia l'IRI è stato un [[ente pubblico economico]] dipendente funzionalmente dal [[Ministero delle partecipazioni statali]], che fino agli anni ottanta fu quasi ininterrottamente ricoperto da esponenti della [[Democrazia Cristiana|DC]].
 
Riga 195 ⟶ 164:
Dopo la trasformazione dell'IRI in [[società per azioni]] nel 1992, il consiglio d'amministrazione dell'Istituto fu ridotto a tre soli membri e l'influenza della DC e degli altri partiti, in un periodo in cui molti loro esponenti furono coinvolti nelle indagini di [[Tangentopoli]], fu di molto ridotta. Negli anni delle privatizzazioni, la gestione dell'IRI fu accentrata nelle mani del [[Ministero del tesoro]].
 
== Le partecipazioni detenute ==
Le partecipazioni dell'IRI erano strutturate in una serie di ''[[holding]]'' di settore, che a loro volta controllavano le società operative. È bene notare come laLa gestione di quote societarie rimaste nell'ambito delle partecipazioni statali anche dopo gli [[anni 1990]] (principalmente in [[Finmeccanica]] e [[Fincantieri]]) spetti alla [[Fintecna]], la quale assolverebbe quindi a una funzione parzialmente analoga a quella dell'IRI, di cui era nata come controllata.
 
L'elenco seguente segnala comunque anche le attività in seguito eventualmente tornate, in tutto o anche solo in parte, sotto controllo statale (tramite la già citata Fintecna, il [[Ministero dell'economia e delle finanze]], [[Cassa depositi e prestiti]] o [[Invitalia]]), e quindi considerabili [[Impresa pubblica|imprese pubbliche]].
Riga 232 ⟶ 201:
**[[Banco di Santo Spirito]]
 
== Le "Nuovenuove IRI" ==
InNel linguaggio giornalistico italiano l'IRI è rimasto come paradigma della mano pubblica interventista nell'economia, che detiene partecipazioni in aziende senza troppi criteri imprenditoriali.<ref>[http://osservatorioglobalizzazione.it/progetto-italia/iri-leterno-ritorno/ ''Dallo Stato-imprenditore allo Stato-stratega''], Osservatorio Globalizzazione, 8 gennaio 2020</ref> che raccoglie partecipazioni in aziende senza troppi criteri imprenditoriali. Così enti statali come la [[Cassa depositi e prestiti]] e [[Invitalia]] sono stati soprannominati "nuove IRI", con una certa connotazione negativa, a sottolinearne le finalità politiche e clientelari che tenderebbero, secondo i critici, a prevalere su quelle economiche.<ref>Si veda ad esempio il titolo del seguente articolo sulla Cassa depositi e prestiti: F.M. Mucciarelli, ''Verso una nuova IRI ?'', dal sito [http://www.lavoce.info]</ref>
 
== Dati statistici ==
'''Gruppo IRI – andamentoAndamento numero dipendenti''' 1938-1995:<ref>da P. Bianchi, ''La rincorsa frenata-L'industria italiana dall'unità nazionale all'unificazione europea'', Il Mulino, 2002</ref>
 
{| class="wikitable"
|-
! Align=Left|Anno
! Align=Left|Dipendenti
|-
|VAlign=Top|[[1938]]
|VAlign=Top|{{formatnum:201577}}
|-
|VAlign=Top|[[1950]]
|VAlign=Top|{{formatnum:218529}}
|-
|VAlign=Top|[[1960]]
|VAlign=Top|{{formatnum:256967}}
|-
|VAlign=Top|[[1970]]
|VAlign=Top|{{formatnum:357082}}
|-
|VAlign=Top|[[1980]]
|VAlign=Top|{{formatnum:556659}}
|-
|VAlign=Top|[[1985]]
|VAlign=Top|{{formatnum:483714}}
|-
|VAlign=Top|[[1995]]
|VAlign=Top|{{formatnum:263000}}
|}
 
== Presidenti ==
Riga 269 ⟶ 268:
* Massimo Pini, ''I giorni dell'IRI – Storie e misfatti da Beneduce a Prodi'', Arnoldo Mondadori Editore, 2004. ISBN 88-04-52950-4
* [[Mimmo Franzinelli]], Marco Magnani. ''Beneduce: il finanziere di Mussolini'', Milano, Mondadori, 2009. ISBN 9788804585930.
* [[Piercarlo Ravazzi]], "Le privatizzazioni del gruppo e la liquidazione deLLdell'IRI. Valutazioni, orientamenti, alternative." (2014): 257-335.
 
== Voci correlate ==
* [[Alberto Beneduce]]
* [[Governo Amato I]]
* [[AlitaliaIritecna]]
* [[Intersind]]
* [[Fintecna]]
* [[Politica economica fascista]]
* [[Politica industriale]]
* [[Partecipazioni statali in Italia]]
* [[Iritecna]]
* [[Intersind]]
* [[Privatizzazioni in Italia]]
* [[Processo SME]]