Apparato paramilitare del PCI: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m WPCleaner v2.05 - fix nome errato - Commissione Stragi / Fixed using WP:WPCleaner (ISBN con sintassi errata)
m Annullate le modifiche di ~2025-30043-92 (discussione), riportata alla versione precedente di ~2025-28924-27
Etichetta: Rollback
 
(31 versioni intermedie di 11 utenti non mostrate)
Riga 6:
=== Prima fase: 1944-1954 ===
==== La formazione dell'apparato paramilitare ====
La nascita di un'organizzazione paramilitare comunista risale agli ultimi anni della guerra e alla direttiva del [[Pcus|PCUS]] che invitò i partiti comunisti dell'Europa occidentale (segnatamente [[Partito Comunista Italiano|PCI]] e [[Partito Comunista Francese|PCF]]) a nascondere le armi utilizzate nella lotta partigiana per un loro utilizzo futuro<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 224}}.</ref>. Nel [[1944]] Stalin impresse al PCI la linea strategica da seguire: nell'Italia liberata il Partito comunista italiano avrebbe svolto la propria azione in un quadro di legalità, anche se accompagnata da un'attività clandestina<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 89}}.</ref>. La linea fu attuata da [[Palmiro Togliatti]] che, nell'aprile dello stesso anno, partì da Mosca per tornare in Italia. Tra i dirigenti comunisti, soltanto [[Pietro Secchia]], membro della direzione nazionale, fu favorevole sin dall'inizio a un'azione insurrezionale.
 
Nel febbraio [[1945]], l'ultimo anno di guerra, [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], [[URSS]] e [[Regno Unito]] si riunirono alla [[Conferenza di Jalta]]. In base agli accordi, l'Italia fu assegnata alla zona d'influenza degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]. In ragione della divisione del mondo in due sfere d'influenza, Stalin decise di non aprire un fronte contro l'occidente e di conservare lo ''status quo''. L'organizzazione del partito fu improntata, quindi, a svolgere una duplice funzione: sia quella di prepararsi a un'azione insurrezionale decisa da Mosca, sia quella di reagire a un eventuale colpo di Stato ordito dagli avversari<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 231}}.</ref>.
 
Secondo le ricerche di [[Gianni Donno]] (consulente della [[Dossier Mitrochin|Commissione MitrokhinMitrochin]] e Professore ordinario di Storia contemporanea presso l'[[Università del Salento]]), nel 1945, al momento del disarmo delle disciolte formazioni [[Partigiani|partigiane]] imposto dagli [[Alleati della seconda guerra mondiale#Seconda guerra mondiale|alleati]], le armi più moderne ed efficienti non furono restituite. Venne invece costituito un nucleo di azione clandestino, costituito in maggioranza di ex-membri delle [[Brigate Garibaldi|brigate partigiane «Garibaldi»]], con base soprattutto nel centro e nel nord del paese (teatro della guerra di liberazione dopo l'[[armistizio di Cassibile|8 settembre 1943]]). Tale forza clandestina sarebbe stata direttamente dipendente dalle strutture dirigenti del Partito Comunista Italiano, in particolare da [[Pietro Secchia]], braccio destro di [[Palmiro Togliatti]], segretario del partito<ref name="Gianni Donno PCI">{{Cita|Donno}}.</ref>.
 
Il fatto che Mosca fosse costantemente informata dell'esistenza della forza paramilitare è confermato da un rapporto dell'ambasciatore sovietico ai suoi superiori, datato 15 giugno [[1945]]. In esso il diplomatico riferisce che "i partigiani del Nord continuano a nascondere le loro armi".<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|capitolo ''Il PCI: partito di opposizione e di governo'', p. 111}}.</ref>
Riga 20:
Nel [[1947]] l'Unione Sovietica creò il [[Cominform]], un organismo di coordinamento internazionale attraverso il quale Mosca esercitò un controllo più diretto sui partiti comunisti dell’Europa occidentale ([[Partito Comunista Italiano|PCI]] e [[Partito Comunista Francese|PCF]]). Dopo la riunione costitutiva del Cominform (22-27 settembre 1947), Togliatti modificò la linea tenuta fino a quel momento sulla possibilità della lotta armata. Condannò le «incertezze, la mancanza di una linea nuova» e avvertì che bisognava prepararsi «se non alla illegalità, certo a una lotta molto dura»<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 232}}.</ref>.
 
Dopo il grave episodio dell'occupazione della prefettura di Milano, avvenuto il 28 novembre [[1947]] da parte di militanti comunisti guidati da [[GiancarloGian Carlo Pajetta]]<ref>Aldo G. Ricci, ''I timori di guerra civile nelle discussioni dei governi De Gasperi'', in {{Cita|Cicchitto}}.</ref><ref>A Milano GiancarloGian Carlo Pajetta organizzò l'occupazione della prefettura a seguito della rimozione del prefetto [[Ettore Troilo]].</ref>, il 5 febbraio [[1948]] il governo emanò nuovi provvedimenti per l'ordine pubblico. In particolare furono approvate pene più severe per i detentori di armi e per le manifestazioni che vedevano l'uso di armi o di esplosivi; inoltre, fu stabilito il divieto assoluto di dar vita ad associazioni paramilitari e la condanna per omessa denuncia dell'ospitalità data agli stranieri<ref>Aldo G. Ricci, ''I timori di...'', in {{Cita|Cicchitto|ppp. 83-84}}.</ref>.
 
==== Dal 1948 al 1954 ====
Il [[1948]] fu un anno cruciale per la stabilità politica dell'Italia. In quell'anno avvenne il primo determinante scontro tra le forze centriste (in primo luogo la [[Democrazia Cristiana]]) e quelle della sinistra, coalizzate in un'alleanza social-comunista, denominata [[Fronte Democratico Popolare]]. Creato per vincere le [[Elezioni politiche in Italia del 1948|elezioni politiche del 18 aprile]], il Fronte era dato nettamente per favorito, come confermarono alcune elezioni locali tenutesi nei mesi precedenti nel centro Italia e vinte largamente. Tra i due schieramenti non c'era riconoscimento reciproco. Il PCI credeva fermamente che la DC non avrebbe riconosciuto la probabile vittoria. L'apparato paramilitare fu quindi tenuto in stato di allerta per tutta la durata della campagna elettorale, pronto ad intervenire nel caso in cui la vittoria elettorale del Fronte popolare fosse stata negata dalle forze avversarie<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 237}}.</ref>. In un comizio in piazza del Duomo a [[Milano]], Togliatti terminò il suo intervento con le seguenti parole: «Se non vinceremo, vinceremo». Apparentemente «voleva attenuare l’ottimismo dei compagni sui risultati elettorali. […] L’applauso delirante con cui queste parole furono accolte diceva però chiaramente che esse erano state capite ben altrimenti: se non vinceremo con le schede, vinceremo in altro modo»<ref>{{Cita libro|autore=Luciano Gruppi|titolo=Togliatti e la via italiana al socialismo|editore=Editori Riuniti|città=Roma|anno=1975|p=123}}</ref>.
 
Nell'imminenza delle elezioni Togliatti chiese un incontro con l'ambasciatore sovietico Kostylev per chiedere «se si deve, nel caso di una o più provocazioni da parte dei democristiani, iniziare l'insurrezione armata delle forze del Fronte democratico popolare per prendere il potere»<ref name=ReZ >{{Cita|Rossi e Zaslavsky}}.</ref>. Nel corso del colloquio, che ebbe luogo il 23 marzo in un luogo segreto fuori Roma, Togliatti riferì che i membri dell'apparato paramilitare erano stati allertati (soprattutto nell'Italia settentrionale), rassicurando il diplomatico sul fatto che prima di lanciare un'eventuale insurrezione armata avrebbe chiesto il consenso di Mosca. La risposta del governo sovietico giunse il 26 marzo: Mosca fece sapere che soltanto in caso di attacco alle sedi del PCI i militanti avrebbero dovuto imbracciare le armi, ma «per quanto riguarda la presa del potere attraverso un'insurrezione armata, consideriamo che il PCI in questo momento non può attuarla in nessun modo»<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 240}}.</ref>. Alle elezioni la [[Democrazia Cristiana]] vinse con il 48,5% dei voti, battendo il [[Fronte popolare]], che si fermò al 31%.
 
All'insediamento del nuovo governo non fece seguito l'adozione di alcun provvedimento di repressione nei confronti delle opposizioni politiche. Questo non significa però che l'apparato paramilitare del PCI fosse stato smantellato. Lo dimostra la reazione delle forze di sinistra all'attentato a [[Palmiro Togliatti]]. Il 14 luglio [[1948]] lo studente [[Antonio Pallante]] tentò di uccidere il segretario del PCI. I militanti del partito reagirono immediatamente e tutto il Paese fu teatro di disordini: vennero occupate fabbriche ed edifici pubblici, furono attuati blocchi stradali, scioperi, requisizioni di mezzi militari, assalti alle forze dell'ordine, con morti e feriti. La [[CGIL]] indisse il giorno stesso uno [[sciopero generale]]. Secondo alcune interpretazioni, tale reazione fu il segno dell'attivazione dell'organizzazione paramilitare del partito, la quale ritenne che fosse giunto il momento di agire<ref>{{Cita|Cicchitto|p. 85}}.</ref>. Secondo altre, si trattò di una reazione popolare a quella che venne ritenuta una gravissima provocazione politica<ref>{{cita libro|url=http://books.google.it/books?id=j_ID1RbNjR0C&printsec=frontcover&dq=l'attentato+a+Togliatti&hl=it&ei=_oxwTqOIBcWF-wa6iJ20CQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=3&ved=0CDQQ6AEwAg|autore= [[Walter Tobagi]]|titolo=La rivoluzione impossibile. L'attentato a Togliatti: violenza politica e reazione popolare|città=Milano|editore=Il Saggiatore|anno=1978}} Seconda edizione 2009.</ref>.
Riga 31:
Dal suo letto d'ospedale il capo del PCI, allarmato per le possibili conseguenze sociali e politiche, mandò un messaggio ai propri compagni di partito: «State attenti, non perdete la testa»<ref>{{cita news|autore=Maurizio Caprara|url=http://archiviostorico.corriere.it/1998/luglio/10/Iotti_Quei_quattro_spari_contro_co_0_9807104244.shtml|titolo=Iotti: "Quei quattro spari contro Togliatti|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=10 luglio 1998}}</ref>. Il gruppo dirigente comunista, riunitosi la sera stessa, ribadì il no ad ogni ipotesi di insurrezione armata, che pure aveva cominciato a manifestarsi. Di quella riunione non esiste tuttavia alcun verbale: secondo la testimonianza del figlio Matteo, fu [[Pietro Secchia]] a dare le direttive per bloccare ogni tentativo rivoluzionario, argomentando che «non vogliamo la guerra civile, anche perché non la vogliono i nostri amici»<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 253}}.</ref>. Lo stesso Secchia indicò la posizione del PCI riguardo all'ipotesi insurrezionale in un dettagliato resoconto di quelle giornate:
 
{{Citazione|[...] Il compagno Togliatti ha avuto occasione di spiegare ripetutamente e l'ultima volta alla Camera nel suo discorso del 10 luglio [[1948]] che "quando un Partito Comunista ritiene che le circostanze oggettive e soggettive pongono all'ordine del giorno la necessità per le forze popolari avanzanti di prendere il potere con le armi, cioè con un'insurrezione, esso proclama questa necessità, lo dice apertamente. Così fecero i [[bolscevichi]] nel [[1917]] e marciarono alla insurrezione a vele spiegate, così abbiamo fatto noi comunisti italiani a partire dal settembre [[1943]], senza nascondere a nessuno la via che avevamo presa e proponevamo al popolo". "Non si portano - ha detto giustamente il compagno Longo nel forte discorso alla Camera - milioni di uomini alla battaglia e alla vittoria con circolari segrete e ridicoli piani K". Per mobilitare e portare alla lotta armata milioni e milioni di uomini, anche quando le circostanze oggettive e soggettive pongono all'ordine del giorno tale necessità, occorre che l'appello alle armi sia lanciato apertamente a tutto il popolo. [...]<ref>{{Cita|Secchia}}.</ref>}}
 
Nella riunione del Consiglio dei ministri del 29 luglio [[1948]] si affermò:
Riga 57:
Il primo documento in possesso del Ministero dell'Interno sull'organizzazione clandestina del PCI è un dossier del [[SIFAR]], il [[Servizio informazioni militare|servizio segreto militare]] dell'epoca. L'ampia relazione, datata 28 febbraio [[1950]], descrive nel dettaglio la struttura di comando, suddividendola per regioni<ref name="Gianni Donno PCI"/>: i capi politici che sovraintendevano all'apparato militare erano [[Luigi Longo]] (per le formazioni garibaldine), [[Sandro Pertini]] (per le brigate "Matteotti"), [[Emilio Lussu]] (per le formazioni "Giustizia e Libertà"), [[Ettore Troilo]] (per gli indipendenti), [[Arnaldo Azzi]] (per le formazioni all'estero), mentre i capi militari erano indicati in [[Arrigo Boldrini]], [[Ilio Barontini]], [[Gisella Floreanini]], [[Francesco Fausto Nitti]] e [[Mario Roveda]]<ref name="Gianni Donno PCI"/>. Nel documento sono riportati anche gli obiettivi da colpire, la dislocazione delle forze in campo regione per regione, le strutture d'appoggio. Secondo il SIFAR, nel dopoguerra il PCI poteva contare su un esercito occulto di 250&nbsp;000 unità, che sarebbero quadruplicate in caso di invasione da Est da parte delle forze del [[Patto di Varsavia]]<ref>{{Cita|Pelizzaro}}.</ref>.
 
Il ministro [[Mario Scelba]] chiese più volte di mettere fuori legge il PCI per i suoi programmi eversivi, ma nel [[Consiglio dei Ministri]] prevalse la linea morbida per non trascinare il paese nella guerra civile<ref>{{cita web|url=http://archivio.denaro.it/VisArticolo.aspx/VisArticolo.aspx?IdArt=429903&KeyW=|titolo=Le scomode verità del Comunismo italiano|autore=Gianni Donno|data=24 marzo 2006|sito=archivio.denaro.it|accesso=2 dicembre 2020|urlarchivio=https://archive.todayis/20130413015614/http://archivio.denaro.it/VisArticolo.aspx/VisArticolo.aspx?IdArt=429903&KeyW=|dataarchivio=13 aprile 2013}}</ref>, come dichiarato anche da Francesco Cossiga nella sua audizione parlamentare (vedi ''infra'').
 
=== Archivi degli Stati Uniti ===
La documentazione proveniente dagli archivi degli USA dimostra che il governo americano fu al corrente della potenzialità insurrezionale del PCI. Il console degli [[Stati Uniti d'America|USA]] a [[Milano]] fu autore della prima relazione "occidentale" conosciuta sull'articolazione dell'organizzazione paramilitare:
{{Citazione|A capo dell'apparato vi sarebbero Longo, Sereni e Grieco, a loro volta comandanti dalla sezione Comintern di [[Lubiana]]-[[Ginevra]]-[[Lisbona]].
Le operazioni militari sono gestite dall'ex-[[partigiano]] [[Cino Moscatelli]]. L'articolazione interna è suddivisa in vari nuclei e settori comandati dalla legazione [[URSS|sovietica]] in [[Milano]] di Via Filodrammatici 5.<ref>{{Cita|Sechi|p. 67350}}.</ref>}}
Secondo le fonti americane la forza così costituita avrebbe contato tra i 130.000 e 160.000 miliziani, mentre altre stime ritenute più attendibili valuterebbero gli effettivi in circa 77.000 unità<ref name="Gianni Donno PCI"/>.
 
Riga 74:
Con la caduta del [[muro di Berlino]] e la successiva dissoluzione dell'[[Unione Sovietica]] è stato possibile accedere a documenti in precedenza coperti da segreto che provano l'esistenza di un'organizzazione segreta composta da fiancheggiatori del Partito comunista italiano con l'appoggio del [[KGB]]. Tale apparato, operante esclusivamente in [[Italia]] ma presente in modo autonomo in altri paesi occidentali senza legami reciproci, sarebbe stato organizzato immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale e ristrutturato circa un decennio dopo con forti riduzioni degli organici<ref>{{cita web|url=https://storiacontemporanea.online/la-cosiddetta-gadio-rossa/|titolo=La struttura armata del PCI nel dopoguerra|accesso=1º marzo 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180301225306/https://storiacontemporanea.online/la-cosiddetta-gadio-rossa/|dataarchivio=1 marzo 2018|urlmorto=sì}}</ref>.
 
Su questo aspetto nascosto della storia comunista si sono cominciate ad avere notizie più approfondite a partire dal [[1991]] per uno ''[[scoop (giornalismo)|scoop]]'' del settimanale ''[[L'Europeo]]''. L'articolo, uscito nel nº 22 del 31 maggio, apparve con il titolo ''Di Gladio ne esisteva un'altra: quella rossa''. In seguito l'apparato paramilitare del PCI è stato giornalisticamente denominato «Gladio rossa»<ref>[[organizzazione Gladio|Gladio]] fu l'organizzazione segreta italiana inserita nella rete «[[Stay -behind]]», sorta nel secondo dopoguerra in quasi tutti i Paesi occidentali europei (inclusi Paesi neutrali come la [[Svizzera]] e l'[[Austria]]) per impulso della [[CIA]] e coordinata dalla [[NATO]], allo scopo di contrastare un'eventuale invasione sovietica. L'esistenza dell'organizzazione, più volte teorizzata, fu rivelata dal governo nel corso dello stesso 1991.</ref>. Firmata da Romano Cantore e Vittorio Scutti, l'inchiesta rivela quanto segue:<br />
«Suddivisi in nuclei autonomi, ognuno dei quali composto da dieci elementi, i ''gladiatori rossi'' erano distribuiti in tutte le più importanti federazioni provinciali del partito, dove figuravano come semplici attivisti. Ma solo gli uomini dell'ufficio organizzazione conoscevano il loro vero ruolo e potevano mobilitarli e provvedere a mantenerli in addestramento. [[Piemonte]], [[Lombardia]], [[Emilia-Romagna]], [[Liguria]] e [[Toscana]] erano le regioni dove esisteva il massimo concentramento di ''gladiatori rossi''». E inoltre: «I depositi clandestini di armi erano in caverne, casolari abbandonati e cimiteri».
 
Riga 85:
Nel numero successivo, uscito il 7 giugno 1991, giunsero nuove rivelazioni relative agli ultimi anni dell'organizzazione paramilitare del PCI<ref>{{Cita news|autore=«Cicikov»|titolo=La lunga notte della Gladio rossa|pubblicazione=[[L'Europeo]]|numero=23|data=7 giugno 1991|cid=Cicikov}}</ref>:
* Nel [[1969]] esistevano ancora dei depositi di armi, in luoghi imprecisati dell'[[Appennino ligure]] (forse anche nella parte appenninica compresa nella [[provincia di Pavia]]);
* [[Luigi Longo]] era il "capo ideale" dell'organizzazione. Sosteneva in privato che bisognasse "organizzarsi" per resistere contro "un golpe della reazione". Dopo il [[colpo di Stato]] di [[Augusto Pinochet]] in [[Cile]] nel [[1973]], si diffuse infatti nel PCI l'idea che un golpe di destra fosse possibile anche in Italia. Scrive il settimanale: "«La doppiezza comunista ebbe di nuovo una sua grande stagione in quel "radioso" 1973. Da una parte [[Enrico Berlinguer]] e il suo riformismo; dall'altra la vecchia base stalinista-partigiana e la nuova, gruppettara-operaista, unite nella paura autoritaria e pronte a reagire militarmente contro le provocazioni "da qualunque parte provenienti"»<ref name="Cicikov">{{Cita|Cicikov|pp. 15-16}}.</ref>.
* L'inverno [[1973]]-[[1974]] trascorse nella costante vigilanza operativa, uno o due gradini sotto il livello di allarme.
* Il 12 ottobre [[1974]] il generale [[Vito Miceli]], al vertice del [[Servizio Informazioni Difesa|SID]], il servizio segreto militare, fu arrestato, accusato di cospirazione contro lo Stato. "«Secondo la rete informativa del PCI occultata dentro le forze armate, vi era la possibilità di un tentativo autoritario"»<ref name="Cicikov"/>. Nell'organizzazione clandestina scattò l'allarme rosso. L'ordine di mobilitazione partì il 1º novembre 1974 direttamente da Via delle Botteghe oscure (sede nazionale del PCI), emesso dall'ufficio organizzazione del partito. "«Tutti i compagni più sicuri dovevano dormire fuori casa, in rifugi insospettabili"». Fu dato ordine alle cellule occultate nella [[Rai]] e nel «[[Corriere della Sera]]» di sabotare telecomunicazioni e giornale in caso di golpe. I miliziani misero sotto tiro il trasmettitore Rai di Monte Penice, mentre i "compagni" nascosti sull'appenninoAppennino si schierarono nelle zone di rispettiva competenza, ritirando fuori le mitragliatrici Sten e i mortai. Tutto ciò fu fatto all'insaputa di Enrico Berlinguer e di molti dirigenti regionali a lui fedeli. Quando il segretario venne a sapere della mobilitazione, ordinò un'inchiesta. E alla fine dell'indagine Berlinguer decise di sciogliere le "Commissioni antifascismo" (dietro le quali si celavano gli uomini dell'apparato paramilitare del partito). Era il novembre del [[1974]]»<ref name="Cicikov"/>.
 
=== L'inchiesta della procura di Roma ===
A seguito delle rivelazioni del settimanale «L'Europeo», la [[procura della Repubblica]] di [[Roma]] decise di avviare un'inchiesta (8393/92 poi 8393/92B), protrattasi dal 1991 al 1994. I [[Pubblico ministero (ordinamento italiano)|P.M.]] Luigi de Ficchy e [[Franco Ionta]] poterono indagare solo su fonti di tipo indiretto, in cui l'organizzazione veniva descritta nella sua articolazione generale. Da esse non vennero individuati reati attribuibili a singole persone. L'indagine preliminare si concluse nel maggio del [[1994]]. I due magistrati, e il [[Giudice per le indagini preliminari|G.I.P.]] Claudio D'Angelo, che nel luglio dello stesso anno dispose l'archiviazione dell'indagine, rilevarono l'effettiva esistenza di un'organizzazione armata occulta facente capo al PCI attiva fin dall'immediato dopoguerra e come alcuni suoi militanti fossero stati addestrati al [[sabotaggio]] e alla [[guerriglia]] al di là della [[cortina di ferro]], anche se "''l'accertata predisposizione da parte del PCI di meccanismi difensivi in vista del temuto cambiamento del clima politico in Italia''" non avrebbe assunto "''dimensioni tali da costituire un serio, concreto pericolo per lo Stato''"<ref>Atti del Tribunale di Roma, Decreto di archiviazione n. 77/94 G.I.P. del 6 luglio 1994 cit. anche in {{Cita libro|autore=Giancarlo Lehner|titolo=La strategia del ragno: Scalfaro, Berlusconi e il Pool|editore=Mondadori|città=Milano|anno=1996|isbn=88-04-41492-8}}</ref>. Eventuali richieste di rinvio a giudizio per banda armata si sarebbero comunque scontrate con i tempi di prescrizione, già ampiamente scaduti.
 
{{cnSenza fonte|Rimane peraltro ineludibile che i dossier esaminati dai PM, sia quelli dei servizi sia quelli della polizia, hanno dato della Gladio Rossa descrizioni analoghe.}}
 
=== Le relazioni della Commissione stragi ===
Della struttura paramilitare del PCI si è occupata inoltre la «Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi» ("Commissione stragi", [[XIII legislatura della Repubblica Italiana|XIII Legislatura]]), che nel [[1998]] ha affidato ricerche a [[Victor Zaslavsky]] e a [[Bradley Smith]], rispettivamente sugli archivi del KGB e della CIA.
 
Nel [[1999]] venne divulgato da parte della stampa inglese il cosiddetto "[[dossier MitrokhinMitrochin]]", consistente in una serie di schede trascritte di nascosto dagli archivi del [[KGB]] da un funzionario dell'agenzia, [[Vasilij Nikitič Mitrochin|Vasilij Mitrochin]], relative alle attività del KGB in [[Italia]]. Il dossier, conosciuto anche come "materiale" o "[[Dossier Impedian|rapporto Impedian]]", venne trasmesso dai [[servizi segreti]] [[Regno Unito|britannici]] a quelli italiani tra il [[1995]] e il novembre del [[1998]], e venne quindi inviato dal Governo alla Procura della Repubblica e quindi da questa alla "Commissione stragi". La "Commissione stragi", dopo aver affidato ulteriori incarichi di ricerca a Victor Zaslavzky e ad altri, si è pronunciata a favore dell'istituzione di una nuova separata commissione d'inchiesta parlamentare su questo argomento. La nuova commissione ("Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il "dossier MitrokhinMitrochin" e l'attività d'intelligence italiana") è stata in seguito costituita nella successiva legislatura nel [[2002]], su iniziativa della [[Lega Nord]].
 
Nel [[2000]], giunta al termine dei suoi lavori, la "Commissione stragi", constatata l'impossibilità di produrre un'unica relazione condivisa, ha pubblicato 18 diverse relazioni firmate da singoli membri o da gruppi di essi, rinunciando così a trarne una sintesi unitaria. La relazione di un altro consulente della commissione, Gianni Donno, consegnata nel [[2001]] e riguardante la "Gladio rossa", fu trasmessa dal vicepresidente della Commissione stessa, [[Vincenzo Manca]] ([[Forza Italia (1994)|Forza Italia]]) alla Procura della Repubblica di Roma. Fu aperta una seconda inchiesta che si concluse anch'essa con la richiesta di archiviazione ([[2002]]).
Riga 148:
Rocco Turi ha ricostruito la storia dei rapporti tra [[Partito Comunista Italiano|PCI]] e [[Partito Comunista della Cecoslovacchia|Partito comunista cecoslovacco]] (PCC) durante la [[Guerra fredda]] ed è giunto alla conclusione che un ruolo di raccordo fondamentale tra le due organizzazioni e il [[PCUS]] fu svolto dalla «Scuola politica del compagno Synka» (''Politicka Skola Soudruha Synka''), un'emanazione del partito comunista ceco. Tale organismo, istituito a Praga nel [[1950]], celava dietro al nome ufficiale una struttura occulta che si occupava di insegnare ai comunisti italiani tecniche di sabotaggio e preparazione di attentati. Il PCI si occupava di inviare in [[Cecoslovacchia]] gli elementi fidati. Tutto il processo si svolgeva sotto il controllo del PCUS.
Questa struttura fu chiusa alla metà degli anni settanta, ma rimase segreta fino al 1990.<br />
Nel 1990, com'è noto, emerse allo scoperto la struttura NATO «[[Stay Behind]]», formata per contrastare lela operazioni illegalidiffusione del PCIcomunismo innel mondo Cecoslovacchiaoccidentale. Poco tempo dopo venne coniata la denominazione "Gladio Rossa":. essaconsiderandoli ricomprendeun gliunicum aderenticompatto. a"Gladio PCI,Rossa" PCCera equindi "Scuolauna politicastruttura delclandestina compagnonata Synka"con considerandolil'intento undi unicumdifendere compatto.il Secondopaese lae i dirigenti comunicati in ricostruzionecaso di Roccogolpe Turi,fascista appoggiato dalla NATO. La definizione "Gladio Rossa", in risposta alla Gladio ufficiale, è quindi una denominazione nata ''a posteriori''.<ref name=Turi />
 
== Note ==
Riga 166:
* [[Brigate Garibaldi]]
* [[Commissione stragi]]
* [[CommissioneDossier MitrokhinMitrochin]]
* [[Dossier Mitrokhin]]
* [[KGB]]
* [[Fulvio Martini]]
Riga 177 ⟶ 176:
* [[Resistenza italiana]]
* [[storia della Repubblica Italiana]]
* [[Stay -behind]]
* [[Volante Rossa]]
{{Div col end}}