Apparato paramilitare del PCI: differenze tra le versioni

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=== Prima fase: 1944-1954 ===
==== La formazione dell'apparato paramilitare ====
La nascita di un'organizzazione paramilitare comunista risale agli ultimi anni della guerra e alla direttiva del [[Pcus|PCUS]] che invitò i partiti comunisti dell'Europa occidentale (segnatamente [[Partito Comunista Italiano|PCI]] e [[Partito Comunista Francese|PCF]]) a nascondere le armi utilizzate nella lotta partigiana per un loro utilizzo futuro<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 224}}.</ref>. Nel [[1944]] Stalin impresse al PCI la linea strategica da seguire: nell'Italia liberata il Partito comunista italiano avrebbe svolto la propria azione in un quadro di legalità, anche se accompagnata da un'attività clandestina<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 89}}.</ref>. La linea fu attuata da [[Palmiro Togliatti]] che, nell'aprile dello stesso anno, partì da Mosca per tornare in Italia. Tra i dirigenti comunisti, soltanto [[Pietro Secchia]], membro della direzione nazionale, fu favorevole sin dall'inizio a un'azione insurrezionale.
 
Nel febbraio [[1945]], l'ultimo anno di guerra, [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], [[URSS]] e [[Regno Unito]] si riunirono alla [[Conferenza di Jalta]]. In base agli accordi, l'Italia fu assegnata alla zona d'influenza degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]. In ragione della divisione del mondo in due sfere d'influenza, Stalin decise di non aprire un fronte contro l'occidente e di conservare lo ''status quo''. L'organizzazione del partito fu improntata, quindi, a svolgere una duplice funzione: sia quella di prepararsi a un'azione insurrezionale decisa da Mosca, sia quella di reagire a un eventuale colpo di Stato ordito dagli avversari<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 231}}.</ref>.
 
Secondo le ricerche di [[Gianni Donno]] (consulente della [[Dossier Mitrochin|Commissione MitrokhinMitrochin]] e Professore ordinario di Storia contemporanea presso l'[[Università del Salento]]), nel 1945, al momento del disarmo delle disciolte formazioni [[Partigiani|partigiane]] imposto dagli [[Alleati della seconda guerra mondiale#Seconda guerra mondiale|alleati]], le armi più moderne ed efficienti non furono restituite. Venne invece costituito un nucleo di azione clandestino, costituito in maggioranza di ex-membri delle [[Brigate Garibaldi|brigate partigiane «Garibaldi»]], con base soprattutto nel centro e nel nord del paese (teatro della guerra di liberazione dopo l'[[armistizio di Cassibile|8 settembre 1943]]). Tale forza clandestina sarebbe stata direttamente dipendente dalle strutture dirigenti del Partito Comunista Italiano, in particolare da [[Pietro Secchia]], braccio destro di [[Palmiro Togliatti]], segretario del partito<ref name="Gianni Donno PCI">{{Cita|Donno}}.</ref>.
 
Il fatto che Mosca fosse costantemente informata dell'esistenza della forza paramilitare è confermato da un rapporto dell'ambasciatore sovietico ai suoi superiori, datato 15 giugno [[1945]]. In esso il diplomatico riferisce che "i partigiani del Nord continuano a nascondere le loro armi".<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|capitolo ''Il PCI: partito di opposizione e di governo'', p. 111}}.</ref>
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Nel [[1947]] l'Unione Sovietica creò il [[Cominform]], un organismo di coordinamento internazionale attraverso il quale Mosca esercitò un controllo più diretto sui partiti comunisti dell’Europa occidentale ([[Partito Comunista Italiano|PCI]] e [[Partito Comunista Francese|PCF]]). Dopo la riunione costitutiva del Cominform (22-27 settembre 1947), Togliatti modificò la linea tenuta fino a quel momento sulla possibilità della lotta armata. Condannò le «incertezze, la mancanza di una linea nuova» e avvertì che bisognava prepararsi «se non alla illegalità, certo a una lotta molto dura»<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 232}}.</ref>.
 
Dopo il grave episodio dell'occupazione della prefettura di Milano, avvenuto il 28 novembre [[1947]] da parte di militanti comunisti guidati da [[Gian Carlo Pajetta]]<ref>Aldo G. Ricci, ''I timori di guerra civile nelle discussioni dei governi De Gasperi'', in {{Cita|Cicchitto}}.</ref><ref>A Milano Gian Carlo Pajetta organizzò l'occupazione della prefettura a seguito della rimozione del prefetto [[Ettore Troilo]].</ref>, il 5 febbraio [[1948]] il governo emanò nuovi provvedimenti per l'ordine pubblico. In particolare furono approvate pene più severe per i detentori di armi e per le manifestazioni che vedevano l'uso di armi o di esplosivi; inoltre, fu stabilito il divieto assoluto di dar vita ad associazioni paramilitari e la condanna per omessa denuncia dell'ospitalità data agli stranieri<ref>Aldo G. Ricci, ''I timori di...'', in {{Cita|Cicchitto|ppp. 83-84}}.</ref>.
 
==== Dal 1948 al 1954 ====
Il [[1948]] fu un anno cruciale per la stabilità politica dell'Italia. In quell'anno avvenne il primo determinante scontro tra le forze centriste (in primo luogo la [[Democrazia Cristiana]]) e quelle della sinistra, coalizzate in un'alleanza social-comunista, denominata [[Fronte Democratico Popolare]]. Creato per vincere le [[Elezioni politiche in Italia del 1948|elezioni politiche del 18 aprile]], il Fronte era dato nettamente per favorito, come confermarono alcune elezioni locali tenutesi nei mesi precedenti nel centro Italia e vinte largamente. Tra i due schieramenti non c'era riconoscimento reciproco. Il PCI credeva fermamente che la DC non avrebbe riconosciuto la probabile vittoria. L'apparato paramilitare fu quindi tenuto in stato di allerta per tutta la durata della campagna elettorale, pronto ad intervenire nel caso in cui la vittoria elettorale del Fronte popolare fosse stata negata dalle forze avversarie<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 237}}.</ref>. In un comizio in piazza del Duomo a [[Milano]], Togliatti terminò il suo intervento con le seguenti parole: «Se non vinceremo, vinceremo». Apparentemente «voleva attenuare l’ottimismo dei compagni sui risultati elettorali. […] L’applauso delirante con cui queste parole furono accolte diceva però chiaramente che esse erano state capite ben altrimenti: se non vinceremo con le schede, vinceremo in altro modo»<ref>{{Cita libro|autore=Luciano Gruppi|titolo=Togliatti e la via italiana al socialismo|editore=Editori Riuniti|città=Roma|anno=1975|p=123}}</ref>.
 
Nell'imminenza delle elezioni Togliatti chiese un incontro con l'ambasciatore sovietico Kostylev per chiedere «se si deve, nel caso di una o più provocazioni da parte dei democristiani, iniziare l'insurrezione armata delle forze del Fronte democratico popolare per prendere il potere»<ref name=ReZ >{{Cita|Rossi e Zaslavsky}}.</ref>. Nel corso del colloquio, che ebbe luogo il 23 marzo in un luogo segreto fuori Roma, Togliatti riferì che i membri dell'apparato paramilitare erano stati allertati (soprattutto nell'Italia settentrionale), rassicurando il diplomatico sul fatto che prima di lanciare un'eventuale insurrezione armata avrebbe chiesto il consenso di Mosca. La risposta del governo sovietico giunse il 26 marzo: Mosca fece sapere che soltanto in caso di attacco alle sedi del PCI i militanti avrebbero dovuto imbracciare le armi, ma «per quanto riguarda la presa del potere attraverso un'insurrezione armata, consideriamo che il PCI in questo momento non può attuarla in nessun modo»<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 240}}.</ref>. Alle elezioni la [[Democrazia Cristiana]] vinse con il 48,5% dei voti, battendo il [[Fronte popolare]], che si fermò al 31%.
 
All'insediamento del nuovo governo non fece seguito l'adozione di alcun provvedimento di repressione nei confronti delle opposizioni politiche. Questo non significa però che l'apparato paramilitare del PCI fosse stato smantellato. Lo dimostra la reazione delle forze di sinistra all'attentato a [[Palmiro Togliatti]]. Il 14 luglio [[1948]] lo studente [[Antonio Pallante]] tentò di uccidere il segretario del PCI. I militanti del partito reagirono immediatamente e tutto il Paese fu teatro di disordini: vennero occupate fabbriche ed edifici pubblici, furono attuati blocchi stradali, scioperi, requisizioni di mezzi militari, assalti alle forze dell'ordine, con morti e feriti. La [[CGIL]] indisse il giorno stesso uno [[sciopero generale]]. Secondo alcune interpretazioni, tale reazione fu il segno dell'attivazione dell'organizzazione paramilitare del partito, la quale ritenne che fosse giunto il momento di agire<ref>{{Cita|Cicchitto|p. 85}}.</ref>. Secondo altre, si trattò di una reazione popolare a quella che venne ritenuta una gravissima provocazione politica<ref>{{cita libro|url=http://books.google.it/books?id=j_ID1RbNjR0C&printsec=frontcover&dq=l'attentato+a+Togliatti&hl=it&ei=_oxwTqOIBcWF-wa6iJ20CQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=3&ved=0CDQQ6AEwAg|autore= [[Walter Tobagi]]|titolo=La rivoluzione impossibile. L'attentato a Togliatti: violenza politica e reazione popolare|città=Milano|editore=Il Saggiatore|anno=1978}} Seconda edizione 2009.</ref>.
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La documentazione proveniente dagli archivi degli USA dimostra che il governo americano fu al corrente della potenzialità insurrezionale del PCI. Il console degli [[Stati Uniti d'America|USA]] a [[Milano]] fu autore della prima relazione "occidentale" conosciuta sull'articolazione dell'organizzazione paramilitare:
{{Citazione|A capo dell'apparato vi sarebbero Longo, Sereni e Grieco, a loro volta comandanti dalla sezione Comintern di [[Lubiana]]-[[Ginevra]]-[[Lisbona]].
Le operazioni militari sono gestite dall'ex-[[partigiano]] [[Cino Moscatelli]]. L'articolazione interna è suddivisa in vari nuclei e settori comandati dalla legazione [[URSS|sovietica]] in [[Milano]] di Via Filodrammatici 5.<ref>{{Cita|Sechi|p. 67350}}.</ref>}}
Secondo le fonti americane la forza così costituita avrebbe contato tra i 130.000 e 160.000 miliziani, mentre altre stime ritenute più attendibili valuterebbero gli effettivi in circa 77.000 unità<ref name="Gianni Donno PCI"/>.
 
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Nel numero successivo, uscito il 7 giugno 1991, giunsero nuove rivelazioni relative agli ultimi anni dell'organizzazione paramilitare del PCI<ref>{{Cita news|autore=«Cicikov»|titolo=La lunga notte della Gladio rossa|pubblicazione=[[L'Europeo]]|numero=23|data=7 giugno 1991|cid=Cicikov}}</ref>:
* Nel [[1969]] esistevano ancora dei depositi di armi, in luoghi imprecisati dell'[[Appennino ligure]] (forse anche nella parte appenninica compresa nella [[provincia di Pavia]]);
* [[Luigi Longo]] era il "capo ideale" dell'organizzazione. Sosteneva in privato che bisognasse "organizzarsi" per resistere contro "un golpe della reazione". Dopo il [[colpo di Stato]] di [[Augusto Pinochet]] in [[Cile]] nel [[1973]], si diffuse infatti nel PCI l'idea che un golpe di destra fosse possibile anche in Italia. Scrive il settimanale: "«La doppiezza comunista ebbe di nuovo una sua grande stagione in quel "radioso" 1973. Da una parte [[Enrico Berlinguer]] e il suo riformismo; dall'altra la vecchia base stalinista-partigiana e la nuova, gruppettara-operaista, unite nella paura autoritaria e pronte a reagire militarmente contro le provocazioni "da qualunque parte provenienti"»<ref name="Cicikov">{{Cita|Cicikov|pp. 15-16}}.</ref>.
* L'inverno [[1973]]-[[1974]] trascorse nella costante vigilanza operativa, uno o due gradini sotto il livello di allarme.
* Il 12 ottobre [[1974]] il generale [[Vito Miceli]], al vertice del [[Servizio Informazioni Difesa|SID]], il servizio segreto militare, fu arrestato, accusato di cospirazione contro lo Stato. "«Secondo la rete informativa del PCI occultata dentro le forze armate, vi era la possibilità di un tentativo autoritario"»<ref name="Cicikov"/>. Nell'organizzazione clandestina scattò l'allarme rosso. L'ordine di mobilitazione partì il 1º novembre 1974 direttamente da Via delle Botteghe oscure (sede nazionale del PCI), emesso dall'ufficio organizzazione del partito. "«Tutti i compagni più sicuri dovevano dormire fuori casa, in rifugi insospettabili"». Fu dato ordine alle cellule occultate nella [[Rai]] e nel «[[Corriere della Sera]]» di sabotare telecomunicazioni e giornale in caso di golpe. I miliziani misero sotto tiro il trasmettitore Rai di Monte Penice, mentre i "compagni" nascosti sull'appenninoAppennino si schierarono nelle zone di rispettiva competenza, ritirando fuori le mitragliatrici Sten e i mortai. Tutto ciò fu fatto all'insaputa di Enrico Berlinguer e di molti dirigenti regionali a lui fedeli. Quando il segretario venne a sapere della mobilitazione, ordinò un'inchiesta. E alla fine dell'indagine Berlinguer decise di sciogliere le "Commissioni antifascismo" (dietro le quali si celavano gli uomini dell'apparato paramilitare del partito). Era il novembre del [[1974]]»<ref name="Cicikov"/>.
 
=== L'inchiesta della procura di Roma ===
A seguito delle rivelazioni del settimanale «L'Europeo», la [[procura della Repubblica]] di [[Roma]] decise di avviare un'inchiesta (8393/92 poi 8393/92B), protrattasi dal 1991 al 1994. I [[Pubblico ministero (ordinamento italiano)|P.M.]] Luigi de Ficchy e [[Franco Ionta]] poterono indagare solo su fonti di tipo indiretto, in cui l'organizzazione veniva descritta nella sua articolazione generale. Da esse non vennero individuati reati attribuibili a singole persone. L'indagine preliminare si concluse nel maggio del [[1994]]. I due magistrati, e il [[Giudice per le indagini preliminari|G.I.P.]] Claudio D'Angelo, che nel luglio dello stesso anno dispose l'archiviazione dell'indagine, rilevarono l'effettiva esistenza di un'organizzazione armata occulta facente capo al PCI attiva fin dall'immediato dopoguerra e come alcuni suoi militanti fossero stati addestrati al [[sabotaggio]] e alla [[guerriglia]] al di là della [[cortina di ferro]], anche se "''l'accertata predisposizione da parte del PCI di meccanismi difensivi in vista del temuto cambiamento del clima politico in Italia''" non avrebbe assunto "''dimensioni tali da costituire un serio, concreto pericolo per lo Stato''"<ref>Atti del Tribunale di Roma, Decreto di archiviazione n. 77/94 G.I.P. del 6 luglio 1994 cit. anche in {{Cita libro|autore=Giancarlo Lehner|titolo=La strategia del ragno: Scalfaro, Berlusconi e il Pool|editore=Mondadori|città=Milano|anno=1996|isbn=88-04-41492-8}}</ref>. Eventuali richieste di rinvio a giudizio per banda armata si sarebbero comunque scontrate con i tempi di prescrizione, già ampiamente scaduti.
 
{{cnSenza fonte|Rimane peraltro ineludibile che i dossier esaminati dai PM, sia quelli dei servizi sia quelli della polizia, hanno dato della Gladio Rossa descrizioni analoghe.}}
 
=== Le relazioni della Commissione stragi ===
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Rocco Turi ha ricostruito la storia dei rapporti tra [[Partito Comunista Italiano|PCI]] e [[Partito Comunista della Cecoslovacchia|Partito comunista cecoslovacco]] (PCC) durante la [[Guerra fredda]] ed è giunto alla conclusione che un ruolo di raccordo fondamentale tra le due organizzazioni e il [[PCUS]] fu svolto dalla «Scuola politica del compagno Synka» (''Politicka Skola Soudruha Synka''), un'emanazione del partito comunista ceco. Tale organismo, istituito a Praga nel [[1950]], celava dietro al nome ufficiale una struttura occulta che si occupava di insegnare ai comunisti italiani tecniche di sabotaggio e preparazione di attentati. Il PCI si occupava di inviare in [[Cecoslovacchia]] gli elementi fidati. Tutto il processo si svolgeva sotto il controllo del PCUS.
Questa struttura fu chiusa alla metà degli anni settanta, ma rimase segreta fino al 1990.<br />
Nel 1990, com'è noto, emerse allo scoperto la struttura NATO «[[Stay Behind]]», formata per contrastare lela operazioni illegalidiffusione del PCIcomunismo innel mondo Cecoslovacchiaoccidentale. Poco tempo dopo venne coniata la denominazione "Gladio Rossa":. essaconsiderandoli ricomprendeun gliunicum aderenticompatto. a"Gladio PCI,Rossa" PCCera equindi "Scuolauna politicastruttura delclandestina compagnonata Synka"con considerandolil'intento undi unicumdifendere compatto.il Secondopaese lae i dirigenti comunicati in ricostruzionecaso di Roccogolpe Turi,fascista appoggiato dalla NATO. La definizione "Gladio Rossa", in risposta alla Gladio ufficiale, è quindi una denominazione nata ''a posteriori''.<ref name=Turi />
 
== Note ==