Vincenzo Cardarelli: differenze tra le versioni
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|Immagine = Paolo Monti - Servizio fotografico (Italia, 1957) - BEIC 6361511.jpg
|Didascalia = Vincenzo Cardarelli nel 1957, fotografato da [[Paolo Monti]]
|Didascalia2 = {{Premio|[[Premio
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{{Premio|[[Premio Strega|Strega]]||1948}}
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[[File:Vincenzo_Cardarelli2.jpg|thumb|left|Vincenzo Cardarelli]]
Inabile alle armi, nel settembre del 1915 fu a [[Firenze]], dove frequentò l'ambiente [[La Voce (periodico)|vociano]], legandosi in particolare ad [[Ardengo Soffici]] e a [[Giuseppe De Robertis]]. L'anno dopo pubblicò la sua prima raccolta di poesie, ''Prologhi''. Nel 1918 prese a collaborare al quotidiano romano ''[[Il Tempo (1917)|Il Tempo]]''. Nella sede del giornale strinse amicizia con [[Giovanni Papini]], che lo presentò all'editore [[Vallecchi]], che accettò di curare
Nell'aprile del 1919 nacque ''[[La Ronda]]''. Cardarelli interruppe la collaborazione col ''Tempo'' per occuparsi personalmente della redazione della rivista (ne fu anche co-direttore), che avrebbe incarnato un nuovo movimento letterario, da essa detto «[[rondismo]]». Nel febbraio del [[1920]] uscì per Vallecchi ''Viaggi nel tempo'', con le poesie raccolte negli anni 1916-17<ref name="vacca"/>. Terminata alla fine del 1922 l'esperienza rondista, nel [[1925]] Cardarelli iniziò a collaborare al nuovo quotidiano ''[[Il Tevere]]'' di [[Telesio Interlandi]], inizialmente come [[critico teatrale]], in seguito occupandosi di letteratura. Tra settembre e dicembre pubblicò sul medesimo giornale diverse prose liriche (confluite in seguito nel ''Sole a picco''). Dall'agosto del [[1926]] scrisse frequentemente sul ''[[Corriere Padano]]'' di Ferrara; nell'autunno dello stesso anno avviò, assieme al giovane [[Giuseppe Raimondi (scrittore)|Giuseppe Raimondi]], la collaborazione a ''[[L'Italiano (rivista letteraria)|L'Italiano]]'', diretto dall'altrettanto giovane [[Leo Longanesi]]. Nel [[1928]] si recò in [[Russia]], inviato del ''Tevere'': le sue corrispondenze russe trovarono spazio nel quotidiano romano dal novembre sino all'aprile del [[1929]]. Nel [[1930]], di ritorno dalla Russia, scrisse su ''[[Il Bargello]]'' di Firenze.
Il quadro ''Amici al caffè'' di [[Amerigo Bartoli]], in cui compare Cardarelli, vinse il premio di composizione alla XVII [[Biennale di Venezia]]. In esso è immortalato uno dei tanti incontri al [[Caffè Aragno]] di Roma, ai quali Cardarelli era solito prendere parte insieme agli amici [[Ardengo Soffici]], [[Emilio Cecchi]], [[Antonio Baldini]], [[Giuseppe Ungaretti]] e [[Amerigo Bartoli]].
Nel [[1931]] uscirono tre volumi: la ristampa, con alcune variazioni, di ''Prologhi. Viaggi. Favole'' e i due testi critici ''Parole all'orecchio'' e ''Parliamo dell'Italia'', che contiene pagine di consenso al regime [[fascismo|fascista]]. Aderì infatti al fascismo durante il [[Regime fascista italiano|Ventennio]], pur senza svolgere attività
Nel gennaio del [[1934]] uscì la prima edizione di sole poesie, ''Giorni in piena''. Nel [[1939]] uscì ''Il cielo sulla città'' presso [[Bompiani]]. Progettò nel frattempo la [[silloge]] critica ''Solitario in Arcadia''. Nel [[1942]] si dedicò alla sistemazione delle ''Poesie'', in vista di una pubblicazione presso Bompiani, che avvenne nello stesso anno, con prefazione di [[Giansiro Ferrata]], dando inizio alla collezione poetica ''Lo Specchio''. Il 21 aprile ricevette il Premio Poesia 1942. XX, dell'[[Accademia d'Italia]].
La sua fama resta legata alle numerose poesie e prose autobiografiche di costume e di viaggio, raccolte in ''Prologhi'' (1916), ''Viaggi nel tempo'' (1920), ''Favole e memorie'' (1925), ''Il sole a picco'' (1929), versi e prose con illustrazioni del pittore bolognese [[Giorgio Morandi]], opera vincitrice quell'anno del Premio Bagutta, che lo consacrò alla fama), ''Il cielo sulle città'' (1939), altre prose, sul tema del vagabondaggio lirico fra natura e arte d'Italia, in parte già comparse su ''Il Tevere'', ''Lettere non spedite'' (1946), ''[[Villa Tarantola]]'' (1948, [[Premio Strega]]<ref>{{Cita web|url = https://premiostrega.it/PS/1948-vincenzo-cardarelli/|titolo = 1948, Vincenzo Cardarelli|sito = premiostrega.it|accesso = 9 maggio 2019|dataarchivio = 4 aprile 2019|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20190404172111/https://premiostrega.it/PS/1948-vincenzo-cardarelli/|urlmorto = sì}}</ref>). Fu direttore, dal 1949, della ''[[La Fiera Letteraria|Fiera letteraria]]'' insieme al drammaturgo [[Forlì|forlivese]] [[Diego Fabbri]]. Nel 1954, con ''Viaggio d'un poeta in Russia'', vinse la prima edizione del [[Premio Napoli]]<ref>{{Cita web|url = http://www.premionapoli.it/premio-napoli-di-narrativa-1954-2002/|titolo = Premio Napoli di Narrativa 1954-2002|sito = premionapoli.it|accesso = 16 febbraio 2019|dataarchivio = 19 febbraio 2020|urlarchivio = https://archive.is/20200219124244/http://www.premionapoli.it/premio-napoli-di-narrativa-1954-2002/|urlmorto = sì}}</ref>.
Fu un conversatore brillante ed un letterato polemico e severo, avendo vissuto una vita vagabonda, solitaria (tranne una breve convivenza giovanile con la scrittrice [[Sibilla Aleramo]]<ref>G. A. Cibotto, Introduzione a V. Cardarelli, Lettere d’amore a Sibilla Aleramo</ref>) e di austera e scontrosa dignità. Suoi maestri sono stati [[Charles Baudelaire|Baudelaire]], [[Friedrich Nietzsche|Nietzsche]], [[Giacomo Leopardi|Leopardi]], [[Blaise Pascal|Pascal]], che lo hanno portato ad esprimere le proprie passioni con un senso razionale, senza troppe esaltazioni spirituali, anche se fu apertamente [[Cattolicesimo|cattolico]].<ref>«Dal [[gesuita]] vien fuori il [[giacobino]], non nascerà mai il nuovo italiano. Ben altro è il cattolicesimo che piace a noi, e che sentiamo: più antico, robusto, ingenuo. Non è né europeo, né spagnuolo, ma romano. Risale ai tempi giuridici e ferrei d'[[Papa Gregorio VII|Ildebrando]], al [[Padre nostro|paternostro]], a quel glorioso [[Registro parrocchiale|registro]] nel quale i parroci cominciarono a tener conto dei nostri nomi, ai secoli d'oro della Chiesa romana». ){{cita libro|autore-capitolo=Vincenzo Cardarelli|capitolo=Parliamo dell'Italia|titolo=Opere|url=https://archive.org/details/isbn_8804188286|città=Milano|editore=Mondadori|anno=1981|p=[https://archive.org/details/isbn_8804188286/page/983 983]}})</ref>
Per tutta la vita Vincenzo Cardarelli visse appartato: spesso, per affinità poetiche, caratteriali e fisiche, è stato paragonato a [[Giacomo Leopardi]] (Cardarelli soffriva della [[malattia di Pott]], la probabile patologia del poeta di Recanati); [[Piero Buscaroli]], in un'intervista apparsa su ''[[Il Giornale]]'' del 3 febbraio 2013, ha raccontato: {{quote|[[Eugenio Montale|Montale]], che non gli fu amico, scrisse che era stato lo scopritore del vero Leopardi, quello dello [[Zibaldone]] e delle [[Operette morali]]. Ma quando lo conobbi, a Roma, negli anni '50 era un fagotto. Stava al primo caffè di via Veneto, aveva sempre freddo. Era nato naufrago, abbandonato dal padre. [[Leo Longanesi|Longanesi]] l'aveva scaricato crudamente, e lui l'aveva capito. Una volta avrebbe dovuto portarselo dietro alla mostra che organizzava al Sistina, ma lo lasciò lì. Longanesi era capace di freddezze assolute. Quando Longanesi morì Cardarelli disse: 'È l'ultimo dispetto che potevi farmi'".}}
Vincenzo Cardarelli morì a Roma il 18 giugno 1959 nell'[[Policlinico Umberto I|Ospedale Policlinico]], solo e povero, a 72 anni.
Episodi degli ultimi tempi di Cardarelli sono narrati da [[Ennio Flaiano]] ne ''La solitudine del satiro'' e da [[Andrea Camilleri]] (suo inquilino del piano
Riposa nel cimitero di [[Tarquinia]] di fronte alla Civita etrusca, secondo la sua volontà espressa nel proprio testamento. La Civita etrusca, frequentemente evocata nelle sue poesie e nelle sue prose, aveva ai suoi occhi il valore di un simbolo morale, oltre che di tema autobiografico, in quanto era stata il faro che lo aveva guidato durante il suo periplo tra le difficoltà della vita.
Dopo la sua morte, in suo ricordo, la città di Tarquinia ha istituito il premio di pittura
==Poetica==
La sua è una poesia descrittiva e lineare, legata a ricordi passati di qualunque tipo, siano paesaggi, animali, persone e stati d'animo, che vengono espressi con un uso di un linguaggio discorsivo e nello stesso tempo impetuoso e profondo.
L'esperienza poetica di Cardarelli si pone a cavallo tra l'[[Avanguardia (arte)|avanguardia]] degli anni dieci e la restaurazione degli anni venti. Ad ogni modo l'esperienza avanguardistica si riverbera nell'opera cardarelliana anche successivamente al distacco da essa e al rigetto di ogni trasgressione espressiva. La collaborazione alla rivista ''[[La Voce (periodico)|La Voce]]'' rappresenta il punto di maggiore tangenza al clima avanguardistico, del resto le opere di quegli anni rivelano non pochi influssi riconducibili all'alveo dell'avanguardia: espressionismo linguistico, [[Poetica del frammento|frammentismo]], temi come lo sradicamento, il viaggio, l'adolescenza, la perdita di identità. Parallelamente l'arte cardarelliana risulta segnata da una ricerca costante di compostezza, di tono colloquiale e di atteggiamento ragionativo e distaccato.
Nella poesia di Cardarelli sono individuabili due tendenze opposte che entrano solitamente in tenzone: una pulsione trasgressiva e una volontà di autocontrollo<ref>Romano Luperini, Pietro Cataldi, La scrittura e l'interpretazione: storia della letteratura italiana nel quadro della civiltà e della letteratura dell'Occidente, Volume 5, Palumbo, 1999</ref>. A prevalere è generalmente la seconda, che comporta l'accentuazione della compostezza formale senza però far venire meno l'elemento di derivazione avanguardistica. Il ritorno all'ordine che si attesta a partire dagli anni Venti, come per altri scrittori, è, di ragione, conseguenza di un'evidente insicurezza psicologica personale di fondo. Il sociologo Camillo Pellizzi, che accompagnò per anni, su il Longanesiano "L'Italiano", la vicenda di Strapaese cui anche Cardarelli aveva, negli anni '20, aderito con entusiasmo, così caratterizzava, in illo tempore, l'humanitas Cardarelliana'': "Nato nelle Maremme di padre marchigiano, ha fatto sempre di professione il giornalista e lo scrittore tuttavia ha scritto pochissimo; però ha molto parlato, sempre fra amici e artisti o disoccupati dilettanti: nella saletta di Aragno; alle Giubbe Rosse in Firenze; al Savini, in Milano; a Bologna non so dove e altrove. Tutta la sua vita ha qualcosa della vecchia bohème romantica ma la sua concezione dell'arte ha sempre piegato al monumentale, al tradizionale e al classico. Lo si può definire un profeta del ritorno odierno a gli spiriti antichi, un profeta che chiamava nel deserto. E chissà quanti canoni vengono oggi ammessi da molti, e anche da noi, ch'egli ha già dichiarati e enunciati con l'anticipo di un decennio o di due; ma enunciati a voce in un caffè o accennati a volo in una recensione, e chi può oggi ritracciare i documenti e le prove? Noi gli faremo tutto il credito necessario per asserire ch'egli è stato senz'altro un precursore; però ci corre l'obbligo di denunciare perché, ad asserir questo, occorre fargli un credito così largo. E troveremo allora al fondo del carattere suo e di altri della "bohème" di cui egli faceva parte, un'incompostezza (che non vuol dire affatto disonestà) morale, la quale è in aperto dissidio con tutte le loro tendenze colturali ed artistiche: incompostezza, cioè sconnessione di motivi e impulsi, povertà o instabilità di fedi positive, anzi, generale sfiducia di sé, degli altri e del mondo; e incapacità a un lavoro continuo e ordinatore pur umile, e sia pur secondario. Chi nega, per altro esempio, che "Favole e Memorie" di Cardarelli sia un ottimo libretto di prose? Ma, guardate com'egli lo fa: egli rilegge la Bibbia, il Genesi qua e là gli suggerisce una visione, una interpretazione personale, poetica; egli la nota e va oltre; n'esce un libretto ove c'è un pizzico di tutto quello che può formare una grande opera di poesia, ma non c'è l'opera. Si può dire che Cardarelli sia, tra i più giovani scrittori di oggi, uno dei più vecchi; la sua funzione è stata appunto quella di mantener viva la fiammella dell'arte quando tutti, e specialmente i migliori, si perdevano negli esperimenti più paradossali di decomposizione lirica e stilistica; e quando i tempi furon maturi, e per quella via non c'era altro da fare, Cardarelli era già pronto ad accogliere intorno a sé i pochi spiriti affini e iniziare La Ronda, che levò apertamente la bandiera del neoclassicismo. Come accade nel primo tempo di tutte le rivoluzioni e reazioni, La Ronda aveva un che di frettoloso esagerato e falso; faceva dell'accademismo stilistico; riprendeva i modelli classici più solenni e li riammirava spezzettati e rimaneggiati; si compiaceva di sé e della propria originalità rispetto ai tempi. Tuttavia raccolse e fece conoscere scrittori notevoli, i quali rappresentano il tipo di letteratura che ha maggior attrazione e valore nei giorni in cui noi scriviamo".''
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* Bruno Romani, ''Vincenzo Cardarelli'', Firenze, La Nuova Italia, 1972
* [[Rosaria Ciampella Bertolucci|Rosaria Bertolucci]], ''Cardarelli sconosciuto'', Firenze, La Ginestra, 1980.
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* Daniele D'Alterio, ''Marco Leopardi sindacalista rivoluzionario: politica e letteratura in Italia nel primo Novecento'', Roma, Bulzoni, 2005.
* Carmine Di Biase, ''Invito alla lettura di Vincenzo Cardarelli'', Milano, Mursia, 1986.
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