I promessi sposi: differenze tra le versioni

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<noinclude>{{Protetta}}</noinclude>
{{W|letteratura|novembre 2006}}
{{nota disambigua}}{{citazione|Quel ramo del [[lago di Como]], che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; […]|{{Cita|''I promessi sposi''|cap. I, p. 9|Q}}}}
{{vedi anche|Alessandro Manzoni}}
{{Libro
|titolo = I promessi sposi
|titoloalfa = Promessi sposi, I
|immagine = I promessi sposi-008.jpg
|didascalia = L'[[antiporta (tipografia)|antiporta]] della "quarantana"
|autore =
|annoorig =
*[[1825]]-[[1826]] [i.e. 1827] (prima edizione)
*[[1840]] [i.e. 1842] (seconda edizione riveduta)
|forza_cat_anno = 1827
|tipo = storico
|genere = [[romanzo]]
|sottogenere = [[romanzo storico]]
|lingua = it
|ambientazione = [[Lombardia]], [[1628]]-[[1630]]<ref name="Ferroni1991:160">{{Cita|Ferroni, 1991|p. 160}}.</ref>
|protagonista = [[Renzo Tramaglino]] e [[Lucia Mondella]]
|antagonista = [[Don Rodrigo]]
|altri_personaggi = [[Don Abbondio]], l'[[Innominato]], [[Federico Borromeo|Federigo Borromeo]], la [[monaca di Monza]], [[Agnese (personaggio)|Agnese]], [[fra Cristoforo]], [[Perpetua (personaggio)|Perpetua]], [[conte Attilio]], [[conte zio]], i [[Bravi (I promessi sposi)|bravi]]
}}
'''''I promessi sposi''''' è un celebre [[romanzo storico]] di [[Alessandro Manzoni]], considerato uno dei massimi capolavori della [[Storia della letteratura italiana|letteratura italiana]]<ref>{{Cita|Croce, 1921|p. 257}}.</ref>. Preceduto dal ''[[Fermo e Lucia]]'', spesso ritenuto un romanzo a sé, fu pubblicato in prima edizione tra il [[1825]] e il [[1827]] (detta "ventisettana"); rivisto in seguito dallo stesso autore, soprattutto nel linguaggio, fu ripubblicato in edizione definitiva tra il [[1840]] e il [[1842]] (detta "quarantana").
 
Ambientato in [[Lombardia]] tra il [[1628]] e il [[1630]]<ref name="Ferroni1991:160"/>, durante il [[Stato di Milano|dominio spagnolo]], è il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. Il racconto si basa su una rigorosa ricerca storiografica e gli episodi del [[XVII secolo]], quali le vicende della [[monaca di Monza]] (Marianna de Leyva) e la [[peste del 1630]], si fondano su documenti d'archivio e cronache dell'epoca.
L'opera '''''I promessi sposi''''' di [[Alessandro Manzoni]] rientra nel genere del [[romanzo storico]], ed è considerata tra i maggiori scritti della letteratura italiana.
 
''I promessi sposi'' è l'opera più rappresentativa del [[romanticismo italiano]] e una pietra miliare della letteratura italiana per la profondità dei temi (si pensi alla [[filosofia della storia]] in cui, cristianamente, agisce l'insondabile [[grazia divina]] nella [[Provvidenza]]), nonché un passaggio fondamentale nella nascita stessa della [[lingua italiana]] moderna<ref>{{Cita|Ferroni, 1992|pp. 651-653}}.</ref>. Inoltre, per la prima volta in un libro di tale successo, i protagonisti sono gli umili e non i ricchi e i potenti della storia. Il romanzo, infine, per la sua popolarità presso il grande pubblico e per il vivace interesse da parte della critica letteraria tra [[XIX secolo|XIX]] e [[XX secolo]], è stato rielaborato in forme artistiche che vanno dalla [[rappresentazione teatrale]] al [[cinema]], dall'[[opera lirica]] alla [[fumettistica]] e anche alla [[fiction televisiva]], sia in chiave originale che [[parodia|parodistica]].
La prima edizione dell'opera risale al [[1821]]. Intitolata [[Fermo e Lucia]], presentava personaggi ed episodi diversi dal racconto definitivo, ed era scritta in un miscuglio confuso di lingue e dialetti, tra lombardo, toscano, francese e anche latino.
Una seconda edizione dell'opera (la cosiddetta ''Ventisettana'') fu pubblicata da [[Manzoni]] nel [[1827]], con il titolo [[I promessi sposi, storia milanese del sec. XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni]], e riscosse notevole successo.
[[Alessandro Manzoni|Manzoni]] non era, tuttavia, soddisfatto del risultato ottenuto, poiché ancora il linguaggio dell'opera era troppo legato alle sue origini lombarde. Nello stesso [[1827]] egli si recò, perciò, a Firenze, per ''risciacquare'' - come disse - ''i cenci in [[Arno]]'', e sottoporre il suo [[romanzo]] ad un'ulteriore e più accurata revisione linguistica, ispirata al modello fiorentino.
Tra il il [[1840]] e il [[1842]], [[Alessandro Manzoni|Manzoni]] pubblicò quindi la terza ed ultima edizione de [[I promessi sposi]], la cosiddetta ''Quarantana'', cui oggi si fa normalmente riferimento.
 
== Le stesure: dal ''Fermo e Lucia'' alla "quarantana" ==
==Trama==
=== Il ''Fermo e Lucia'' ===
{{Vedi anche|Fermo e Lucia}}
[[File:02-fronte-promessi-sposi.jpg|miniatura|verticale|Pagina iniziale del capitolo I nel secondo manoscritto autografo de ''Gli sposi promessi'', 1823-1825 (Milano, [[Biblioteca Nazionale Braidense]])<ref name="Manz.B.III-IV">{{Cita manoscritto|autore=Alessandro Manzoni|titolo=Gli sposi promessi|url=https://www.alessandromanzoni.org/manoscritti/625|data=1823-1825|città=Milano|ente=[[Biblioteca Nazionale Braidense]]|collocazione=Manz.B.III-IV}}</ref>.]]
L'idea del romanzo risale al 24 aprile 1821{{Efn|name="Manz.B.II"|«24 Ap.le 1821» e «17 7bre 1823» sono le date apposte rispettivamente all'inizio e alla fine del primo manoscritto autografo senza titolo del ''Fermo e Lucia''<ref>{{Cita manoscritto|autore=Alessandro Manzoni|titolo=[Fermo e Lucia]|url=https://www.alessandromanzoni.org/manoscritti/624|data=24 aprile 1821-17 settembre 1823|città=Milano|ente=[[Biblioteca Nazionale Braidense]]|collocazione=Manz.B.II}}</ref>.}}, quando Manzoni cominciò la scrittura del ''Fermo e Lucia''{{Efn|Titolo non ideato da Manzoni, ma emerso per la prima volta in una lettera del 3 aprile 1822 di [[Ermes Visconti]] a [[Gaetano Cattaneo]]: «Non ci manca altro se non che [[Walter Scott]] gli traduca il Romanzo di ''Fermo e Lucia'' quando l'avrà fatto»<ref>{{Cita|''Carteggio''|II, lett. 294, p. 18}}.</ref>.}}, componendo in circa un mese e mezzo i primi due capitoli e la prima stesura dell'Introduzione. Interruppe però il lavoro per dedicarsi all{{'}}''[[Adelchi (Manzoni)|Adelchi]]'', al progetto poi accantonato della tragedia ''[[Spartaco (tragedia)|Spartaco]]'' e all'ode ''[[Il cinque maggio]]''. Manzoni dichiarò, nella lettera all'amico [[Claude Fauriel]] del 3 novembre 1821<ref>{{Cita|''Epistolario''|I, lett. 77, pp. 211-223}}.</ref>, di aver cominciato una nuova creazione letteraria caratterizzata dalla tendenza al [[vero storico]]<ref>{{Cita|Mezzanotte|p. XIV}}.</ref>. Dall'aprile del 1822 il ''Fermo e Lucia'' fu ripreso con più lena e portato a termine il 17 settembre 1823<ref group="N" name="Manz.B.II"/>. La seconda redazione del romanzo, intitolata ''Gli sposi promessi'', è databile tra il 1823 e il 1825<ref name="Manz.B.III-IV"/>.
 
Il ''Fermo e Lucia'' non va considerato come laboratorio di scrittura utile a preparare il terreno al futuro romanzo, bensì come un'opera autonoma, dotata di una propria struttura narrativa del tutto indipendente dalle successive elaborazioni<ref>{{Cita|Ferroni, 1991|pp. 161-162}}.</ref>. Rimasto per molto tempo inedito, fu pubblicato soltanto nel 1916, a cura di [[Giuseppe Lesca]], con il titolo ''Gli sposi promessi''<ref>{{Cita web|url=https://www.casadelmanzoni.it/content/sposi-promessi-gli-la-prima-volta-pubblicati-nella-loro-integrita-di-sullautografo-da-2|titolo=Gli sposi promessi|editore=Casa del Manzoni|accesso=17 maggio 2025}}</ref>.
'''"Questo matrimonio non s'ha da fare..."''' Due contadini di un villaggio nei pressi di [[Lecco]](che non viene nominato,e che viene identificato o con Olate o con Acquate,oggi sobborghi di [[Lecco]])sono alla vigilia del matrimonio.Il curato del paese,don Abbondio,durante la sua solita passeggiata serale,viene minacciato da due ''bravi''(sgherri di un potente),inviati da don Rodrigo,signorotto del paese,che concupisce Lucia,perché non celebri il matrimonio tra lei e Renzo.Spaventatissimo,don Abbondio cede subito.Il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per "rinviare" il matrimonio,approfittando della sua ignoranza.Ma Renzo,parlando con Perpetua,la serva di don Abbondio,capisce che qualcosa non quadra e tira fuori di bocca la verità al curato.Si consulta con Lucia e con la madre di lei,Agnese,e insieme decidono di chiedere consiglio a un avvocato,l'Azzecca-garbugli,che però si rivela essere uno strumento della prepotenza dei potenti.Così si rivolgono al padre Cristoforo,cappuccino di un convento poco distante,che si fece frate per espiare un delitto commesso in gioventù,"padre spirituale" dei tre.Fra Cristoforo decide di affrontare don Rodrigo,e si reca al suo palazzotto.Don Rodrigo è a pranzo con ospiti e parassiti,tra i quali c'è anche l'Azzecca-garbugli.Il signorotto accoglie con malumore il frate,intuendo il motivo della visita,e dapprima lo tratta villanamente davanti agli ospiti,con allusioni irriguardose al suo passato,poi trattiene a stento l'ira nel colloquio in privato che fra Cristoforo gli ha chiesto.Il frate tenta di farlo recedere dal suo proposito,ma viene cacciato via.
 
=== La "ventisettana" ===
'''La notte degli imbrogli''' Intanto Agnese propone ai due promessi un matrimonio a sorpresa,pronunciando davanti al curato le frasi rituali alla presenza di due testimoni.Con molte riserve da parte di Lucia,il piano viene accettato quando fra Cristoforo annuncia il fallimento del suo tentativo di convincere Don Rodrigo ad abbandonare i suoi sciagurati propositi. Intanto don Rodrigo medita il rapimento di Lucia,e una sera dei bravi irrompono in casa sua,che però trovano deserta; Lucia, Agnese e Renzo sono a casa di don Abbondio per tentare di sorprenderlo,ma falliscono,e devono riparare al convento di fra Cristoforo,perché frattanto vengono a sapere del tentato rapimento.
[[File:I promessi sposi (1825) I.djvu|page=3|miniatura|verticale|Frontespizio del tomo primo della "ventisettana".]]
La seconda scrittura dell'opera, differente per struttura narrativa, cornice, presentazione dei personaggi e uso della lingua, fu redatta da Manzoni con l'aiuto degli amici [[Ermes Visconti]] e [[Claude Fauriel]]<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 222}}.</ref>; la sua prima edizione (la cosiddetta "ventisettana") fu pubblicata a Milano dal tipografo Vincenzo Ferrario in tre tomi fra il 1825 e il giugno 1827 (ma con la data del 1825 nei primi due e del 1826 nel terzo)<ref>{{Cita|Parenti, 1953|pp. 196-198}}.</ref> con il titolo ''I promessi sposi'' e il sottotitolo ''Storia milanese del secolo XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni''<ref name="Stella661">{{Cita|Stella|p. 661}}.</ref>, riscuotendo un notevole successo<ref>{{Cita|Parenti, 1953|p. 198}}: {{Citazione|La tiratura fu di duemila copie le quali si esaurirono con tale rapidità che ai primi d'agosto ne restavano soltanto 36; e alla metà dello stesso mese, anche queste, erano totalmente smaltite.}}</ref>.
 
==== I cambiamenti strutturali e psicologici dei personaggi ====
'''La fuga''' Il frate manda i tre a [[Monza]],dove Renzo proseguirà per [[Milano]] e Lucia e Agnese troveranno rifugio in in convento,dove spadroneggia la Signora,figlia di un principe costretta al chiostro.
La struttura più equilibrata (trentotto capitoli raggruppabili in quattro sezioni di estensione pressoché uguale), la decisa riduzione di quello che appariva un "romanzo nel romanzo", ossia la storia della monaca di Monza<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 232}}:{{Citazione|[…] nel caso di Gertrude quel che diventa la "sventurata rispose" era una lunga dettagliata descrizione della caduta nell'abiezione da parte della monaca, […]}}</ref>, e la scelta di evitare il pittoresco e le tinte più fosche a favore di una rappresentazione più aderente al vero sono le caratteristiche di quello che è un romanzo diverso dal ''Fermo e Lucia''<ref>{{Cita|Caretti|pp. 46-53}}.</ref>.
 
Cambiano anche i nomi dei personaggi e, talvolta, persino il loro carattere. Oltre a ''Fermo'' che diventa ''Renzo'', il nobile ''Valeriano'' diventa ''don Ferrante''{{Efn|Don Ferrante, originariamente, nel ''Fermo e Lucia'' aveva il nome di Valeriano. Nel corso della prima stesura del capitolo IX del terzo tomo, però, muta improvvisamente in Ferrante<ref>{{Cita|''Fermo e Lucia''|tom. III, cap. IX, p. 573|Lesca}}.</ref> e tutte le occorrenze precedenti furono corrette nell'autografo, senza una giustificazione di Manzoni stesso per questo mutamento.}}, così come il ''Conte del Sagrato'' diventa il ben più famoso ''Innominato''. In quest'ultimo caso, il personaggio cambia radicalmente: il Conte del Sagrato non possiede l'indole riflessiva, tragicamente esistenziale nel ricordare le sue colpe, tipica dell'Innominato<ref>{{Cita|Langella, 1986|pp. 190-199}}.</ref><ref>{{Cita|Russo|p. 62}}.</ref>; il Conte del Sagrato, infatti, è «un killer d'alto rango, che delinque per lucro» e ha «una tinteggiatura politica antispagnola»<ref>{{Cita|Tellini, 2007|pp. 186-187}}.</ref>, elementi non presenti nell'Innominato.
'''I tumulti di Milano''' Renzo,a [[Milano]],invece di ricoverarsi nel convento indicatogli dal padre Cristoforo,si lascia attrarre dai tumulti scoppiati in quel giorno per il rincaro del pane.Renzo si fa trascinare dalla folla e pronuncia un discorsetto dove critica la giustizia,sempre dalla parte dei potenti.E' tra i suoi ascoltatori un birro in borghese,che cerca di condurlo in carcere ma Renzo,stanco,si ferma in un'osteria,dove il birro si fa dire da lui con uno stratagemma il nome e il cognome.Andato via costui,Renzo si ubriaca e fa nuovi appelli alla giustizia con gli altri avventori.L'oste lo mette a letto e corre a denunciarlo.Il mattino dopo Renzo viene arrestato ma riesce a fuggire e ripara a [[Bergamo]],nella Repubblica di [[Venezia]],da suo cugino Bortolo,che lo ospita e gli procura un lavoro.Intanto la sua casa viene perquisita e si fa credere che sia uno dei capi della rivolta.Nel frattempo il conte Attilio,cugino di don Rodrigo,chiede a suo zio,membro del Consiglio Segreto,di far allontanare fra Cristoforo,cosa che il conte zio ottiene dal padre provinciale dei cappuccini.
 
==== La scelta del toscano ====
'''L'Innominato''' Don Rodrigo chiede aiuto all'Innominato,potentissimo e sanguinario signore,che però da qualche tempo matura una crisi di coscienza.Costui fa rapire Lucia da Egidio,amante della Signora,con l'aiuto di questa,e Lucia viene portata al castello dell'Innominato,che il giorno dopo decide di andare a parlare al cardinale Federigo Borromeo.Il colloquio sconvolge l'Innominato,che si impegna a cambiare vita e per prima cosa libera Lucia,che viene ospitata da signori milanesi amici del Borromeo.Intanto il cardinale rimprovera duramente don Abbondio per non aver celebrato il matrimonio.Poco dopo scendono in [[Italia]] i lanzichenecchi,mercenari tedeschi che combattono nella guerra di successione al Ducato di [[Mantova]] ,che mettono a sacco il paese di Renzo e Lucia.Molti,tra cui don Abbondio,Perpetua e Agnese,trovano rifugio nel castello dell'Innominato,che si è fatto fervido campione di carità.
{{vedi anche|Pensiero e poetica di Alessandro Manzoni#La questione della lingua}}
 
Linguisticamente Manzoni abbandonò il «composto indigesto»<ref>{{Cita|''Fermo e Lucia''|Introduzione, p. 7|Lesca}}.</ref> del ''Fermo e Lucia'' per avvicinarsi al toscano, ritenuto dall'autore, per il suo lessico pratico usato sia presso gli aristocratici che i popolani, la lingua più efficace per dare un tono realistico e concreto al proprio romanzo<ref>{{Cita|Tellini, 2007|pp. 173-174}}.</ref>. Manzoni, che in famiglia parlava o il francese o il [[dialetto milanese]]<ref name="Morgana-Ricci">{{Cita|Morgana-Ricci}}: {{Citazione|Esemplare è il caso di Manzoni, che partendo dalle due lingue vive a lui note, il milanese e il francese, cercò dapprima di 'conquistare' per via libresca l'italiano della tradizione studiando e annotando i vocabolari.}}</ref>, tra il 1824 (ancor prima di ultimare la stesura del ''Fermo e Lucia'') e il 1827 cercò di imparare il toscano attraverso strumenti linguistici<ref name="Morgana-Ricci"/>, utilizzando il ''Vocabolario milanese-italiano'' di [[Francesco Cherubini]] e il ''Nouveau dictionnaire françois-italien'' di [[Francesco Alberti di Villanova]] per la traduzione in italiano dei termini francesi<ref>{{Cita|Tellini, 2007|pp. 174-175}}.</ref><ref>{{Cita|Macchia, 1994|p. 113}}:{{Citazione|Aiutato dai Dizionari (il Cherubini, il Vocabolario della Crusca), cominciando a lavorare, egli non badò affatto a una lingua aulica che detestava, ma agli scrittori popolareggianti, realistici, satirici, volgarizzatori, memorialisti, cronisti o addirittura ai poeti [[Francesco Berni|berneschi]], per gettar le basi di una lingua comune, semplice, quotidiana.}}</ref>; si avvalse inoltre del ''[[Vocabolario degli Accademici della Crusca]]'' nella quarta edizione e precisamente nella ristampa veronese curata da [[Antonio Cesari]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=[[Giovanni Nencioni]]|titolo=Alessandro Manzoni e l'Accademia della Crusca|url=https://nencioni.sns.it/fileadmin/template/allegati/pubblicazioni/1985/AMA_1985.pdf|rivista=Atti e memorie, Arcadia, Accademia letteraria italiana|serie=3|volume=8|numero=2-3|anno=1983-1985|pp=1-29, in particolare p. 7|ISSN=1127-249X|accesso=8 aprile 2025}}</ref>.
'''La peste''' Con i lanzichenecchi entra in [[Italia]] la peste;se ne ammalano Renzo,che guarisce,e don Rodrigo,che viene tradito e derubato dal Griso,il capo dei suoi bravi.Renzo,guarito,torna al paese per cercare Lucia,preoccupato dagli accenni fatti da lei per lettera a un suo voto di castità fatto quando era dall'Innominato,ma non la trova,e viene indirizzato a [[Milano]] ,dove apprende che si trova nel lazzareto,il luogo dove venivano isolati gli appestati.Qui trova anche il padre Cristoforo,che scioglie il voto di Lucia,e don Rodrigo morente.
 
=== La "quarantana" ===
'''Conclusione''' I due promessi tornano al paese,si sposano e si trasferiscono nel Bergamasco.
==== Genesi ====
L'edizione definitiva de ''I promessi sposi'' (la cosiddetta "quarantana") fu pubblicata a dispense a Milano dalla tipografia di Vincenzo Guglielmini e di Giuseppe Redaelli tra il novembre del 1840 e il novembre del 1842 (ma con la data del 1840 sul frontespizio)<ref>{{Cita|Parenti, 1953|pp. 214-226}}.</ref>, con l'aggiunta della ''Storia della colonna infame''<ref>{{Cita|Tellini, 2007|pp. 180-181}}.</ref>. La sua pubblicazione a spese di Manzoni fu decisa sia per la volontà dell'autore di rinnovare l'impianto stilistico e linguistico della "ventisettana" dopo l'esperienza fiorentina, sia per la spinta che Manzoni ricevette dalla seconda moglie, [[Teresa Borri]] – grande ammiratrice dell'opera manzoniana<ref>{{Cita web|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/manzoni/a24.html|titolo=Il secondo matrimonio|sito=Autori della letteratura italiana - Manzoni|accesso=17 maggio 2025}}</ref> –, e dall'amico di lunga data [[Tommaso Grossi]], i quali intravedevano numerosi introiti dalla nuova edizione illustrata<ref name="Mancini">{{Cita|Mancini|''Percorso biografico > 1827-1842 > Manzoni editore''}}.</ref>.
 
==== La "risciacquatura" in Arno ====
==Personaggi==
[[File:The Arno from Ponte alle Grazie - Ponte Vecchio in the background - Florence.jpg|miniatura|sinistra|Il fiume Arno, dove Manzoni andò metaforicamente a risciacquare i panni.]]
[[Don Abbondio]]
Subito dopo la pubblicazione della "ventisettana", nell'estate dello stesso anno, Manzoni, che non era pienamente soddisfatto del risultato ottenuto, poiché il linguaggio dell'opera risentiva ancora delle proprie origini lombarde, si recò a [[Firenze]] per "risciacquare i panni in [[Arno]]"{{Efn|La famosa [[metafora]] del "risciacquare i panni in Arno" si trova, non esattamente in questa forma, in due lettere di Manzoni: una del 17 settembre 1827 a [[Tommaso Grossi]], dove scrive di avere «settantun lenzuola da risciacquare» in «un'acqua come Arno»<ref>{{Cita|''Carteggio''|II, lett. 471, pp. 320-328, in particolare p. 327}}.</ref>; e un'altra del 16 giugno 1828 a [[Giuseppe Borghi]], dove parla di «quella tale biancheria sudicia da risciacquare un po' in Arno»<ref>{{Cita|''Carteggio''|II, lett. 532, pp. 420-423, in particolare p. 421}}.</ref>, riferendosi sempre alle pagine del suo romanzo.}}, cioè per sottoporre il romanzo a un'ulteriore e più accurata revisione linguistica, affrancandolo anche dal dialetto toscano e rendendolo aderente al fiorentino parlato, considerato il più adatto al realismo che si prefiggeva<ref>{{Cita|Ferroni, 1991|p. 176}}.</ref>.
 
La seconda edizione riveduta (o ''risciacquata''), che essenzialmente differisce dalla prima per la revisione linguistica dal toscano al fiorentino colto<ref>{{Cita|Tellini, 2007|p. 177}}.</ref>, beneficiò pure del prezioso aiuto della fiorentina [[Emilia Luti]], che dal maggio 1841 si trasferì per un anno nella casa di Manzoni come istitutrice delle figlie dello scrittore<ref>In {{Cita|Stampa|pp. 104-105}} c'è il resoconto del passaggio di Emilia Luti dalla casa di [[Massimo d'Azeglio]], genero di Manzoni, a quella del grande scrittore. Il giovane Stefano Stampa, figliastro del Manzoni tramite il matrimonio di quest'ultimo con la nobildonna Teresa Borri, assistette al dialogo tra i due, in cui Manzoni, rivolgendosi al genero, gli disse: «Ei, ei, Massimo, vorrai bene prestarmela, eh, la tua fi[o]rentina» (p. 104). Lo Stampa continua dicendo che poi la signora Luti rimase con Manzoni fino alla pubblicazione della "quarantana", figurando come «''dama di compagnia'', piuttosto che di aia» delle figlie ancora non maritate di Manzoni.</ref>. Alcuni critici suggeriscono altresì che l'ormai ultracinquantenne Manzoni, distaccato da anni di inattività poetica, abbia deciso di smussare alcune espressioni troppo vicine alla sfera lirica<ref>{{Cita|Stella|p. 681}}.</ref>.
1. Tipo/ruolo: personaggio principale, per viltà si trasforma in aiutante dell’antagonista (simboleggia chi, pur investito di responsabilità istituzionali, si piega al più forte)
2. Caratt. Socio-economiche: curato del paese, vocazione non spirituale ma di convenienza.
3. Psicologia: pavido ed egoista, “scansare tutti i contrasti e cedere a quelli che non può scansare”
4. Comportamento: Don Abbondio è succube del suo tempo ,della sua epoca e delle ingiustizie presenti in essa;non riuscendo ad affrontarle tenta di scansarle,anche se inevitabilmente rimane travolto dalla vicenda
 
==== Le edizioni pirata e le illustrazioni di Francesco Gonin ====
[[File:Francesco Gonin.jpg|miniatura|verticale|Anonimo, ''Ritratto di Francesco Gonin'', 1880 ca.]]
Il successo dell'opera manzoniana comportò, in un'epoca in cui non esisteva ancora il [[diritto d'autore]], il proliferare di edizioni abusive in tutta la Penisola. Tali edizioni spinsero Manzoni a dotare la sua nuova edizione di alcune attrattive in più: un corredo di illustrazioni, l'utilizzo della carta e dell'inchiostro migliori e l'aggiunta dell'inedita ''Storia della colonna infame''<ref name="Mancini"/>. Per le illustrazioni Manzoni pensò dapprima a [[Francesco Hayez]], ma il celebre pittore rinunciò affermando che un simile lavoro gli avrebbe procurato danni alla vista<ref name="Mancini"/>. Lo scrittore chiese quindi aiuto in Francia all'amica [[Bianca Milesi]], che si rivolse al pittore francese [[Louis Boulanger]], ma nemmeno questo tentativo, testimoniato da un solo disegno, si rivelò fruttuoso<ref>{{Cita|Parenti, 1973|pp. 155-159}}.</ref>. Quando [[Francesco Gonin]], giovane e promettente pittore piemontese, fu ospitato a Milano da [[Massimo d'Azeglio]], Manzoni riconobbe in lui la persona giusta<ref name="Mancini"/>.
 
Il suo lavoro convinse pienamente l'autore, che con Gonin intrattenne nei primi mesi del 1840 una fitta corrispondenza<ref>{{Cita|Parenti, 1973|pp. 160-161}}.</ref>. Il rapporto tra i due fu di grande intesa: lo scrittore guidò la mano del pittore nella composizione dei quadretti. Francesco Gonin fu affiancato da altri artisti e specialmente da Luigi Riccardi, al quale si devono alcuni famosi paesaggi<ref>A sua firma sono le illustrazioni raffiguranti «Quel ramo del lago di Como» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. I, p. 11|Q}}) e «Addio, monti» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. VIII, p. 164|Q}}).</ref>. Le [[Xilografia|incisioni in legno]] dei disegni furono commissionate al pittore e incisore milanese [[Luigi Sacchi (fotografo)|Luigi Sacchi]], che si avvalse della collaborazione dei francesi Bernard e Pollet e dell'inglese Sheeres e in seguito, per sbrigare l'enorme mole di lavoro, fece venire sempre da Parigi anche gli intagliatori Victor e Loiseau. La stampa dell'opera fu affidata ai tipografi Vincenzo Guglielmini e Giuseppe Redaelli, il contratto con i quali fu firmato da Manzoni come [[editore]] il 13 giugno 1840<ref>{{Cita|Parenti, 1973|pp. 162-167}}.</ref>. Per stampare la "quarantana" fu per la prima volta utilizzato in Italia il [[torchio tipografico]] in ghisa inventato nel 1800 da [[Charles Stanhope, III conte di Stanhope]]<ref>{{Cita libro|autore=Conor Fahy|sezione=Per la stampa dell'edizione definitiva dei Promessi sposi|titolo=Saggi di bibliografia testuale|città=Padova|editore=Editrice Antenore|anno=1987|pp=213-244, in particolare pp. 217-219 e tavv. XIII-XIV|isbn=88-8455-056-4}}</ref>, fabbricato su licenza dalla ditta [[Amos Dell'Orto]] di [[Monza]]<ref>{{Cita libro|autore=James Moran|titolo=Printing Presses: History and Development from the Fifteenth Century to Modern Times|url=https://books.google.it/books?id=N5O73Rde6UwC&pg=PA53#v=onepage&q&f=false|città=London|editore=Faber and Faber|anno=1973|pp=49-57, in particolare p. 53|lingua=en|citazione=In Italy the Stanhope press was manufactured by [[Paravia|G.B. Paravia]] of Turin and {{sic|Dell'Orio}} of Monza.}}</ref>.
Perpetua
 
==== ''Storia della colonna infame'' ====
1. Tipo/ruolo: personaggio minore (simboleggia la sincerità, la genuinità)
{{vedi anche|Storia della colonna infame}}
2. Caratt. Socio-economiche: domestica di don Abbondio
[[File:Lapide della colonna infame.jpg|miniatura|La lapide della Colonna infame, conservata a Milano nel [[Castello Sforzesco]].]]
3. Psicologia: pragmatica
La ''Storia della colonna infame'', ricostruzione del clima di intolleranza, ferocia e alienazione in cui si svolgevano i processi contro gli [[untori]] al tempo della peste raccontata nel romanzo, inizialmente fu un'[[Appendice (testo)|appendice]] nel ''Fermo e Lucia''<ref>{{Cita|Paccagnini|pp. LXIII-LXXV}}.</ref> per poi essere aggiunta, dopo essere stata rielaborata linguisticamente e strutturalmente, alla "quarantana"<ref>{{Cita|Ferroni, 1991|pp. 160, 179}}; {{Cita|Mezzanotte|p. XIV}}.</ref>. L'opera, che narra la tragica vicenda del barbiere [[Gian Giacomo Mora|Giangiacomo Mora]] e dell'ufficiale di sanità [[Guglielmo Piazza]], accusati di aver contribuito a diffondere la pestilenza e giustiziati a Milano nel 1630, è una recisa e violenta condanna della superstizione popolare e della tortura usata nei processi penali per estorcere le confessioni dei presunti colpevoli<ref>{{Cita|''Storia della colonna infame''|Introduzione, pp. 750-751|Q}}.</ref>.
4. Comportamento: sa ubbidire e comandare, tollerare e imporre, non sa mantenere i segreti,poiché ha un animo abbastanza semplice,e "rozzo".
 
=== Le prime edizioni dei tre romanzi ===
* {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}{{Cita libro|autore=Alessandro Manzoni|titolo=I promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta|volume=3 voll. ([https://it.wikisource.org/wiki/Indice:I_promessi_sposi_(1825)_I.djvu I]; [https://it.wikisource.org/wiki/Indice:I_promessi_sposi_(1825)_II.djvu II]; [https://it.wikisource.org/wiki/Indice:I_promessi_sposi_(1825)_III.djvu III])|città=Milano|editore=presso Vincenzo Ferrario|anno=1825-1826|SBN=LO1E002666|cid=V}}
* {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}{{Cita libro|autore=Alessandro Manzoni|titolo=I promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta. Edizione riveduta dall'autore. Storia della colonna infame. Inedita|url=https://it.wikisource.org/wiki/I_promessi_sposi_-_Storia_della_colonna_infame_(1840)|anno=1840|editore=dalla Tipografia Guglielmini e Radaelli|città=Milano|SBN=LO11464288|cid=Q}}
* {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}{{Cita libro|autore=Alessandro Manzoni|titolo=Gli sposi promessi|url=https://it.wikisource.org/wiki/Gli_sposi_promessi|edizione=per la prima volta pubblicati nella loro integrità di sull'autografo da [[Giuseppe Lesca]]|anno=1916|editore=Francesco Perrella, Società Anonima Editrice|città=Napoli|SBN=LO10260119|cid=Lesca}}
 
== L'opera ==
Lorenzo Tramaglino
 
=== I modelli ===
1. Tipo/ruolo: protagonista (simboleggia gli ingenui volenterosi)
2. Caratt. Socio-economiche: operaio tessile e contadino,condizioni economiche medie, orfano, fidanzato di Lucia
3. Psicologia: animo buono, dai valori morali semplici e onesti; ma anche ingenuo e impulsivo, e per questo capace di cacciarsi nei guai, come accade a Milano.
 
==== Manzoni e il modello di Walter Scott ====
[[File:Sir Walter Scott - Raeburn.jpg|miniatura|[[Henry Raeburn]], ''Sir Walter Scott'', olio su tela, 1822 (Edimburgo, [[Scottish National Gallery]]).]]
Il romanzo manzoniano presenta varie analogie, ma anche evidenti differenze, con il romanzo storico ''[[Ivanhoe]]'' di [[Walter Scott]]<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|p. 234}}.</ref>, ambientato nel [[Medioevo inglese]] sullo sfondo delle lotte e della successiva unione tra i [[Normanni]] invasori e le popolazioni preesistenti, soprattutto i [[Sassoni]]. Manzoni, che non conosceva l'inglese, durante il suo soggiorno parigino poté leggere il capolavoro di Scott nella versione francese di Auguste-Jean-Baptiste Defauconpret del 1820. Una volta ritornato a Milano nella sua [[villa di Brusuglio]], si fece inviare in prestito, per il tramite del direttore della [[Biblioteca di Brera]] [[Gaetano Cattaneo]], altri romanzi di Scott tradotti in francese (tra cui ''[[La sposa di Lammermoor]]'', ''Il monastero'' e ''[[Waverley (romanzo)|Waverley]]'')<ref>{{Cita|Tellini, 2007|pp. 154-155}}.</ref>.
 
Il filo conduttore tra lo scrittore scozzese e quello italiano si riscontra sul piano prettamente storico (anche se Manzoni critica le eccessive libertà creative di Scott, sottolineandone la diseguale fedeltà alle fonti<ref>{{Cita|Varotti|p. 26}}; {{Cita|Tellini, 2007|p. 155}}.</ref>) e sulle ricostruzioni paesaggistiche, mentre il letterato milanese si disinteressa dell'avvicendarsi dei fatti avventurosi che rendono incalzante la trama dell{{'}}''Ivanhoe'', che richiama le antiche epopee cavalleresche del [[ciclo arturiano]] e dell{{'}}''[[Orlando furioso]]'' di [[Ludovico Ariosto]]. I personaggi dell{{'}}''Ivanhoe'' non rispecchiano quella complessità d'animo<ref>{{Treccani|walter-scott_(Enciclopedia-dei-ragazzi)|Scott, Walter|autore=Roberto Carnero|citazione=In Scott, tuttavia, la caratterizzazione dei personaggi appare ancora piuttosto scarna, senza uno scandaglio approfondito della loro psicologia. Manzoni, invece, pur partendo dal modello dello scrittore scozzese, lo approfondirà attraverso più vaste implicazioni etiche e religiose.}}</ref>, quel «guazzabuglio del cuore umano»<ref name="PS206">{{Cita|''I promessi sposi''|cap. X, p. 206|Q}}.</ref>, che invece caratterizza così fortemente i personaggi de ''I promessi sposi'', costantemente immersi in un dinamismo storico realistico che sembra molto distante dal mondo fantastico dell'Inghilterra medioevale dipinta da Scott<ref>{{Cita libro|autore1=Émile Legouis|autore2=Louis Cazamian|titolo=Storia della letteratura inglese|traduttore=Eleonora Guicciardi|città=Torino|editore=Giulio Einaudi editore|anno=1966|annooriginale=1924|p=983|SBN=RAV0000014|postscript=nessuno}}:
Lucia Mondella
{{Citazione|La parte della finzione […] è troppo considerevole nel romanzo di Scott […]. La nozione della verità per lui non si identifica ancora nell'esattezza scrupolosa che le conferirà la trasformazione del pensiero nel secolo XIX.}}</ref>. Per di più, se nell'opera manzoniana c'è un forte interesse civile, inteso a fornire, attraverso il romanzo, un'unità linguistica e un'utilità morale ai lettori<ref group="N">Oltre alla questione linguistica, vista come impegno civile da parte di Manzoni per la formazione di una lingua unitaria parlata da tutti gli italiani, lo scrittore milanese si sofferma anche sull'impegno civile che il lettore a lui contemporaneo deve manifestare, facendo intravedere nel Seicento e nelle violenze perpetrate dagli spagnoli il paragone con la Lombardia dominata dagli austriaci ({{Cita|Brasioli et al.|p. 23}}). Vedi anche [[#La funzione del romanzo: l'utile, il vero e l'interessante|La funzione del romanzo]].</ref>, in quella di Scott la dimensione morale è assente<ref>{{Cita|D'Ovidio|p. 21}}: {{Citazione|Lo Scott narra per narrare; non ha nessuna alta intenzione morale, […].}}</ref>.
[[File:Horace Walpole.jpg|miniatura|Horace Walpole, l'autore de ''Il castello di Otranto'', esempio celebre di romanzo gotico preso a modello da Manzoni.]]
 
==== Altri modelli letterari ====
1. Tipo/ruolo: protagonista, vittima (simboleggia l'innocenza, i valori puri del cattolicesimo)
Tra i modelli di cui Manzoni si servì si ritrovano ancora [[Laurence Sterne]], specialmente nella somiglianza del frate cappuccino manzoniano al frate francescano descritto nel ''[[Viaggio sentimentale|Viaggio sentimentale di Yorik]]''<ref>{{Cita|Nigro, 1988|p. 169}}.</ref>, e i romanzi gotici, quale ''[[Il castello di Otranto]]'' di [[Horace Walpole]]<ref>{{Cita|Stella|p. 660}}.</ref> nella parte relativa al castello dell'Innominato<ref name="Luperini230">{{Cita|Luperini|p. 230}}.</ref>. Da segnalare ancora ''[[La monaca]]'' di [[Denis Diderot]], modello che ha potuto arricchire l'immaginario manzoniano riguardo a suor Gertrude, anche se il critico [[Giovanni Macchia]] ne sottolinea la distanza perché «serrato in tutte le sue parti come un'opera filosofica» e quindi lontana dal realismo che Manzoni invocava<ref>{{Cita|Macchia, 1994|p. 88}}.</ref>; e ''[[Justine o le disavventure della virtù|Justine]]'' del [[marchese de Sade]], per quanto riguarda la tresca tra la monaca di Monza ed Egidio e il legame tra Lucia, pura e casta, e l'Innominato, violento e assassino<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Fabio Camilletti|titolo=Il sorriso del conte zio. Manzoni, Sade e l'omaggio alla Vergine|url=https://riviste.unimi.it/index.php/enthymema/article/view/6959/7164|rivista=Enthymema|numero=14|anno=2016|pp=231-246|ISSN=2037-2426|accesso=20 gennaio 2025}}</ref>.
2. Caratt. Socio-economiche: tessitrice, orfana di padre vive con la madre Agnese, fidanzata di Renzo
3. Psicologia: timorata di dio, dotata di una morale solida, ma anche capace di sottili astuzie; come quando dà a fra Galdino una gran quantità di noci perchè concluda prima la questua e torni presto al convento a chiamare Fra Cristoforo; o come quando, vedendo che l'Innominato comincia a commuoversi, esplode in accenti ancora più accorati, che lo inducono a capitolare.
4. Comportamento: umile, riservato, pudico. Lucia appare più equilibrata e coerente di Renzo e di Agnese, anche se talvolta cede alle loro pressioni e si lascia convincere ad agire contro i propri principi, come quando accetta di partecipare al matrimonio a sorpresa.
 
=== I "generi" del romanzo ===
==== La nascita del romanzo storico italiano ====
Il romanzo manzoniano rientra all'interno del genere del [[romanzo storico]], quello che Manzoni stesso definì come un componimento misto di storia e d'invenzione<ref>{{Cita libro|autore=Alessandro Manzoni|titolo=Del romanzo storico e, in genere, de' componimenti misti di storia e d'invenzione|opera=Opere varie|url=https://books.google.it/books?id=ZZ_pmoJ1VqQC&pg=PA473|città=Milano|editore=dalla Tipografia di Giuseppe Redaelli|anno=1845 [i.e. 1850]|pp=473-531, in particolare pp. 492-493|SBN=LO10260861}}</ref>, impresa assai ardua in italiano<ref>{{Cita|''Epistolario''|I, lett. 77, p. 217}}.</ref>, a causa della mancanza di unità linguistica e della conseguente inesistenza di modelli (se si eccettuano i romanzi [[Barocco|barocchi]], completamente distanti dall'obiettivo della temperie romantica)<ref>[[Giovanni Macchia]], ''Da Fermo e Lucia alla Colonna infame. Nascita e morte della digressione'', in {{Cita|Pontiggia|p. 170}}; Antonia Mazza Tonucci, ''Alessandro Manzoni'', in {{Cita|Farinelli-Mazza Tonucci-Paccagnini|p. 102}}.</ref>. Il passaggio dalla tragedia al romanzo storico rispondeva innanzitutto a un'esigenza morale per la risoluzione di quello che [[Angelo Stella]] ha definito «pessimismo cristiano»<ref name="Stella661"/>, cioè alla necessità di far vincere in questo mondo a personaggi di fantasia le sfide della storia, elemento che non poteva essere accolto nelle tragedie, dove la rivincita avviene solo nell'[[Oltretomba|aldilà]]<ref>{{Cita|Tellini, 1998|p. 46}}.</ref>. Inoltre, il genere del romanzo permetteva al narratore di far prevalere la parte del ''vero poetico'' rispetto al ''vero storico'', come delucidato da [[Gino Tellini]]:
 
{{Citazione|Il punto fondamentale è che con il romanzo si ribalta il rapporto tra "storia" e "invenzione" così come si presentava nel teatro. Le tragedie portano in primo piano fatti e protagonisti reali, mentre all'invenzione spettano le comparse e lo scavo entro la coscienza degli eroi. Ora invece in primo piano si accampano fatti e protagonisti fantastici, mentre al vero storico si affidano le figure collaterali, la minuta filigrana degli accadimenti collettivi, del colore locale, dell'ambiente, dei costumi.|{{Cita|Tellini, 1998|p. 45}}}}
Agnese
 
==== L'anima verista e il ''Bildungsroman'' ====
1. Tipo/ruolo: aiutante dei protagonisti (simboleggia i valori pragmatici e materni)
[[File:I promessi sposi 433.jpg|miniatura|sinistra|Renzo, guidato da padre Cristoforo, perdona don Rodrigo ormai morente nel Lazzaretto. Le vicende che riguardano il giovane protagonista del romanzo, dai fatti di Milano sino al rientro in patria durante la peste, mostrano una notevole evoluzione della sua personalità.]]
2. Caratt. Socio-economiche: tessitrice, madre di Lucia
Pur essendo considerati il modello per eccellenza del romanzo storico italiano, ''I promessi sposi'' superano i ristretti limiti di tale genere letterario: Manzoni infatti, mediante la ricostruzione della Lombardia del [[Seicento]], non tratteggia soltanto un grande affresco storico, ma prefigura degli evidenti parallelismi con i processi storici di cui era testimone nel suo tempo. Non limitandosi a indagare il passato, bensì riflettendo su costanti umane – di carattere culturale, psicologico, spirituale, sociale e politico – l'autore delinea anche un'idea precisa del senso della storia e del rapporto che il singolo ha con gli eventi storici che lo coinvolgono<ref>{{Cita|Raimondi-Bottoni|pp. VIII-XI}}.</ref>.
3. Psicologia: pragmatica, sicura di sè,dotata di furbizia “di paese”
4. Comportamento: materno, protettivo, impulsivo
 
In virtù di questo rigoroso spirito d'osservazione della realtà che circonda le vicende dei protagonisti, ''I promessi sposi'' si possono ritenere un romanzo antesignano della corrente del [[realismo (letteratura)|realismo]] italiano: la descrizione dettagliata nei minuti resoconti storici delle digressioni, l'analisi psicologica e fisica dei singoli personaggi – appartenenti non più solo ai potenti, ma anche agli umili –, l'attenzione verso una realtà non più mitizzata e idealizzata come nella produzione [[Romanticismo letterario inglese|romantica inglese]] o [[Romanticismo tedesco|tedesca]]{{Efn|Il rifiuto della mitologia è vigorosamente esposto nella lettera ''Sul romanticismo''<ref>{{Cita|''Epistolario''|I, lett. 91, pp. 277-317, in particolare pp. 280-285}}.</ref>.}}, ma inserita nella quotidianità del Seicento sono elementi che apriranno, in qualche modo, la via al [[verismo]] [[Giovanni Verga|verghiano]]<ref>{{Cita|Varotti|p. 25}}.</ref>. [[Eurialo De Michelis]] ribadisce il tono profondamente realistico che il romanzo assume per la mentalità di Manzoni e non solo per esigenze estetiche<ref>{{Cita|De Michelis|''Preliminari ai "Promessi Sposi"'', p. 179}}.</ref>.
 
Inoltre, ''I promessi sposi'' è un [[romanzo di formazione]]<ref>{{Cita|Tellini, 2007|p. 220}}.</ref>, sulla scia già tracciata dai ''Bildungsromanen'' tedeschi, quale ''[[Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister]]'' di [[Goethe]] (si pensi in particolare al percorso umano di Renzo, da ingenuo contadino ad abile – troppo abile – attivista politico fino ad accorto e saggio nei confronti delle insidie del mondo<ref>{{Cita|Varotti|p. 34}}; {{Cita|Raimondi|''La ricerca incompiuta'', pp. 173-189}}.</ref>), ma, per alcune ambientazioni e vicende raccontate (la monaca di Monza, il rapimento di Lucia segregata poi nel castello dell'Innominato), presentano anche caratteristiche che li possono accomunare ai [[Romanzo gotico|romanzi gotici]] sette-ottocenteschi<ref>{{Cita|Macchia, 1994|p. 62}}.</ref>.
Azzecca-garbugli
1. Tipo/ruolo: aiutante dell’antagonista (simboleggia la manipolazione della legge a difesa dei privilegi)
2. Caratt. Socio-economiche: avvocato trasandato
3. Psicologia: meschino
4. Comportamento: al servizio dei potenti, comicità di gesti e smorfie
 
=== Fonti ===
[[File:I Promessi Sposi 860.png|miniatura|verticale|Ritratto di [[Giuseppe Ripamonti]], esemplato da Francesco Gonin su quello dal vivo di [[Johann Christoph Storer]].]]
Le fonti cui Manzoni attinse per la ricostruzione delle vicende della Milano seicentesca e di alcuni personaggi sono essenzialmente: l{{'}}''Historia patria'' di [[Giuseppe Ripamonti]], fondamentale storia di Milano, dal cui volume terzo furono tratte le notizie principali sulla vita del cardinale Federigo Borromeo, sulla figura di [[Bernardino Visconti]] (il personaggio storico cui Manzoni s'ispirò per l'Innominato<ref group="N" name="Cantù52"/>) e sulla tragica vicenda di suor [[Marianna de Leyva]]<ref name="Varotti26">{{Cita|Varotti|p. 26}}.</ref>; il ''De peste quae fuit anno MDCXXX'' dello stesso autore, cronaca ricchissima di informazioni sulla peste del 1630; il ''De pestilentia'' di [[Federigo Borromeo]], dalla cui lettura Manzoni prese spunto in generale per l'ambientazione della Milano devastata dal morbo e in particolare per l'episodio della madre di Cecilia<ref name="Gaspari147">Gianmarco Gaspari, ''Nella città dolente (capitolo XXXIV)'', in {{Cita|Fandella-Langella-Frare|p. 147}}.</ref>; il ''{{Sic|Raguaglio}} dell'origine et giornali successi della gran peste'' di [[Alessandro Tadino]], come ricordato dallo stesso Manzoni nel capitolo XXXI del romanzo, sempre per la nitida narrazione della pestilenza; l'opera ''Sul commercio de' commestibili e caro prezzo del vitto'' di [[Melchiorre Gioia]], utile per ricostruire la crisi sociale ed economica in cui versava la [[Lombardia spagnola]], dove operai e artigiani erano costretti a emigrare nelle regioni vicine<ref name="Varotti26"/>. Il critico [[Giovanni Getto]] ha individuato un'ulteriore fonte nell{{'}}''Historia del cavalier perduto'' di [[Pace Pasini]]<ref>{{Cita|Getto, 1960|p. 141}}.</ref>. Sono state altresì rilevate notevoli analogie con la storia di un signorotto, Paolo Orgiano, che tiranneggiava nel basso Vicentino nel paese di [[Orgiano]]{{Efn|Ad esempio, dagli atti del processo contro Paolo Orgiano, svoltosi nel 1605-1607, che forse Manzoni ebbe modo di leggere<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Claudio Povolo|titolo=Il processo contro il nobile vicentino Paolo Orgiano (1605-1607): una possibile fonte manzoniana|url=https://www.academia.edu/4737823/Il_processo_contro_il_nobile_vicentino_Paolo_Orgiano_1605_1607_Una_possibile_fonte_manzoniana|rivista=Odeo olimpico|volume=20|anno=1987-1990|pp=23-27|ISSN=2281-1281|accesso=22 febbraio 2025}}</ref>, emergono casi analoghi, quali il rapimento di Fiore Bertola, giovane sposa di Vincenzo Galvan, da parte dei bravi del signorotto<ref>{{Cita|Povolo|p. 20}}.</ref> e il tentativo d'impedire, con minacce al promesso sposo e al curato, il matrimonio tra Lorenzo Veronese e Lorenza Zavoia, protetti da padre Ludovico Oddi<ref>{{Cita|Povolo|p. 21}}.</ref>.}}.
 
=== Caratteristiche generali ===
==== La finzione dell{{'}}''Anonimo'' del manoscritto ====
Il romanzo prende le mosse da un presunto [[manoscritto]] anonimo del [[XVII secolo]], che racconta la storia di Renzo e Lucia, "scoperta e rifatta" da Manzoni: un ''[[topos]]'' che nella letteratura mondiale era già stato utilizzato spesse volte e che, nel caso de ''I promessi sposi'', ha il suo precedente più stretto nel ''[[Don Quijote]]'' di [[Miguel de Cervantes]]<ref>{{Cita|Tellini, 2007|p. 190}}.</ref>, basato sul manoscritto fittizio in [[aljamiado]] di Cide Hamete Benengeli<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Marta Chini|titolo=Naturalmente un manoscritto: Cide Hamete e l'anonimo manzoniano|url=https://www.italianisti.it/pubblicazioni/atti-di-congresso/moderno-e-modernita-la-letteratura-italiana/Chini%20Marta.pdf|pubblicazione=Moderno e modernità: la letteratura italiana. Atti del XII congresso nazionale dell'ADI (Roma, 17-20 settembre 2008)|edizione=edizione online|città=Roma|editore=Università La Sapienza|anno=2009|pp=1-11 del pdf}}</ref>. Nulla è noto dell'autore del manoscritto, tranne che ha conosciuto da vicino i protagonisti della vicenda<ref>{{Cita|Varotti|p. 24}}.</ref> e che quindi si esprime in uno stile seicentesco, ironicamente criticato da Manzoni e perciò modernizzato nella prosa<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|Introduzione, p. 6|Q}}: «Sì; ma com'è dozzinale! com'è sguaiato! com'è scorretto! Idiotismi lombardi a iosa, frasi della lingua adoperate a sproposito, grammatica arbitraria, periodi sgangherati».</ref>.
 
Il ''topos'' del rifacimento della vicenda narrata da un testo o trascritta dalla voce diretta di uno dei protagonisti, inoltre, consente al romanziere di giocare sull'ambiguità stessa che sta alla base del moderno romanzo realistico-borghese, ossia il suo essere un componimento di fantasia che spesso non disdegna di proporsi ai suoi lettori come documento storico veritiero e attendibile. Si viene a creare un trinomio Renzo-Anonimo-Manzoni<ref group="N">In un inciso de {{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVII, p. 714|Q}} Manzoni assume che l'Anonimo abbia sentito raccontare la storia da Renzo stesso.</ref>, in cui la finzione letteraria adoperata da quest'ultimo permette una falsa stratificazione delle opinioni dei singoli narratori<ref name="Guglielmino233">{{Cita|Guglielmino-Grosser|pp. 233-234}}.</ref>, determinando di conseguenza una duplice prospettiva nella quale vengono visti gli avvenimenti: una secondo i fatti narrati, attribuiti all'autore del manoscritto; l'altra secondo i commenti e le riflessioni dell'autore del romanzo sulle vicende trattate<ref>{{Cita|Raimondi|p. 120}}:{{Citazione|Il manoscritto […] si presenta proprio come uno spazio teatrale […], mentre il narratore che finge di trascriverlo finisce col comportarsi da spettatore che guarda e giudica, e può sempre interrompere il racconto per correggerne il punto di vista o per sostituire all'ottica del protagonista lo "sguardo" riflessivo della conoscenza storica […].}}</ref>.
Fra Cristoforo (Lodovico)
 
==== I ritagli del narratore/autore ====
1. Tipo/ruolo: aiutante dei protagonisti, personaggio storico (simboleggia un cristianesimo coraggioso, capace di prendere posizione in difesa dei più deboli)
[[File:I promessi sposi 389.jpg|miniatura|sinistra|La processione dei resti di San Carlo. La funzione religiosa, sconsigliata perché propagatrice del contagio tra i milanesi secondo la scienza moderna, fu criticata da Manzoni.]]
2. Caratt. Socio-economiche: padre cappuccino, di benestante famiglia di mercanti
La finzione [[narrativa]] dell{{'}}''Anonimo'' del manoscritto permette all'autore di intervenire nel corso della vicenda, sentenziando dei veri e propri commenti sulle azioni dei suoi personaggi<ref name="Guglielmino233"/> in modo ironico e paternalistico. Per l'[[ironia]], basti pensare al paragone che Manzoni usa per tratteggiare il carattere pavido di don Abbondio con la risolutezza del [[Luigi II di Borbone-Condé|principe di Condé]] prima della [[battaglia di Rocroi]]<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. II, p. 31|Q}}.</ref> o alla famosa frase «[[La sventurata rispose]]»<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. X, p. 210|Q}}.</ref> in riferimento al traviamento interiore di Gertrude<ref name="Guglielmino233"/>; per il «[[paternalismo]] cattolico», concetto formulato da [[Antonio Gramsci]] nei ''[[Quaderni del carcere]]''<ref name="Gramsci943">{{Cita libro|autore=[[Antonio Gramsci]]|titolo=Quaderni del carcere|url=https://archive.org/details/antonio-gramsci.-quaderni-del-carcere-vol.-2-massimo-morigi-marxismo-marxism-neo/page/n133/mode/1up|curatore=[[Valentino Gerratana]]|volume=2|città=Torino|editore=Giulio Einaudi editore|anno=1975|posizione=quaderno 8, § 9, p. 943|SBN=RMS\1423723}}</ref>, s'intende la posizione bonaria e protettrice dell'aristocratico Manzoni, che mostra compassione verso gli ultimi solo in nome della morale cattolica e non per una vera solidarietà tra classi sociali, la cui distanza deve rimanere inalterata<ref>{{Cita|Escher Di Stefano|p. 123, nota 7}}; {{Cita|Ferroni, 1991|p. 171}}.</ref>. Ancora, il narratore Manzoni giudica con acrimonia i vizi del Seicento, la sua corruzione, il suo modo di intendere cultura e tutta l'ortoprassi degli uomini di quell'epoca: l'ironia amara verso la cultura di don Ferrante, che nega l'esistenza della peste e ne resta vittima<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVII, pp. 724-726|Q}}.</ref>; la condanna sferzante verso il presunto ruolo malefico degli untori<ref>Vedi ad esempio {{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXII, p. 606|Q}}, in cui si riferisce dell'aggressione di un vecchio, ritenuto un untore soltanto perché in chiesa «con la cappa, spolverò la panca».</ref>; l'ironia patetica mostrata verso la decisione del cardinale Federigo di indire la processione con le reliquie di [[Carlo Borromeo|San Carlo]] per porre fine alla pestilenza e l'aggravamento della diffusione del contagio il giorno dopo<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXII, pp. 610-611|Q}}: {{Citazione|Ed ecco che, il giorno seguente, mentre appunto regnava quella presontuosa fiducia, anzi in molti una fanatica sicurezza che la processione dovesse aver troncata la peste, le morti crebbero, […]. Ma, oh forze mirabili e dolorose d'un pregiudizio generale! non già al trovarsi insieme tante persone, e per tanto tempo, non all'infinita moltiplicazione de' contatti fortuiti, attribuivano i più quell'effetto; […].}}</ref> sono solo alcuni dei numerosi interventi dell'autore nel commentare lo sviluppo della storia, rendendo più fluido e diretto il suo ingresso che, nelle tragedie, era relegato ai cori<ref>{{Cita|Varotti|p. 23}}.</ref>. Ne consegue, infine, che il narratore del romanzo è un narratore onnisciente:
3. Psicologia: irrequietezza interiore, disciplina d’umiltà, somma spiritualità religiosa
4. Comportamento: costante astinenza, autocontrollo, senso della giustizia
 
{{Citazione|[…]: la voce che narra distingue nettamente se stessa dai personaggi, dalle loro azioni, dalla realtà rappresentata, ne conosce dall'esterno i caratteri, gli aspetti particolari, le motivazioni più interne, fruendo di uno sguardo "centrale" che pare avere l'ampiezza di uno sguardo divino.|{{Cita|Ferroni, 1991|p. 170}}}}
 
==== La funzione del romanzo: l{{'}}''utile'', il ''vero'' e l{{'}}''interessante'' ====
Don Rodrigo
[[File:Francesco Hayez - Ritratto di Alessandro Manzoni.jpg|miniatura|verticale|[[Francesco Hayez]], ''[[Ritratto di Alessandro Manzoni]]'', olio su tela, 1841 (Milano, [[Pinacoteca di Brera]]).]]
Manzoni, nella sua lettera ''[[Sul romanticismo]]'' al marchese [[Cesare Taparelli d'Azeglio]] del 1823, aveva dichiarato esplicitamente che la funzione dell'arte e della letteratura deve orientare i lettori secondo tre coordinate estetico-paideutiche ben precise:
{{Citazione|Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso, mi sembra poter esser questo: che la poesia o la letteratura in genere debba proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto, e l'interessante per mezzo.|''Sul romanticismo'', Lettera al marchese Cesare Taparelli d'Azeglio, 22 settembre 1823<ref group="N">{{Cita|''Epistolario''|I, lett. 91, pp. 277-317, in particolare p. 306}}. Tale frase è contenuta nella redazione originaria della missiva, non destinata alla pubblicazione, mentre non fu ripetuta in quella rielaborata e ridotta del 1870.</ref>}}
Nel caso del romanzo, il veicolo morale dunque deve passare attraverso una narrazione che attiri l'attenzione del lettore per la veridicità delle vicende<ref>Vedi [[#La scelta del Seicento: un secolo di decadenza e di violenza|La scelta del Seicento]].</ref> in cui, grazie all'infusione della finzione narrativa, si rende attraente e piacevole al lettore la vicenda narrata, purché vi sia l{{'}}''utile'' come finalità. L'obiettivo è quello di elevare moralmente chi legge il romanzo, eliminando qualsiasi parte sconveniente o che possa, in qualche modo, turbare la sensibilità di determinati lettori<ref group="N">Tale preoccupazione è espressa soprattutto nel {{Cita|''Fermo e Lucia''|tom. II, cap. I, p. 157|Lesca}}, laddove Manzoni afferma che il suo romanzo deve poter essere letto senza nocumento sia da «una vergine non più acerba», sia da «un giovane prete».</ref>.
 
==== La Provvidenza ====
1. Tipo/ruolo: antagonista, incapricciato di Lucia (simboleggia i prepotenti)
{{Vedi anche|Pensiero e poetica di Alessandro Manzoni#Il cattolicesimo manzoniano}}
2. Caratt. Socio-economiche: nobiluomo
[[File:Il trionfo della Divina Provvidenza,Palazzo Barberini.jpg|miniatura|verticale|[[Pietro da Cortona]], ''[[Trionfo della Divina Provvidenza]]'', [[affresco]], 1632-1639 (Roma, [[Palazzo Barberini]]).]]
3. Psicologia: orgoglioso, maligno
Oltrepassando il proposito espresso nel ''Fermo e Lucia'', Manzoni spinge l'intento moraleggiante a più alte vette. Il romanzo, infatti, assume una forte connotazione morale intrisa dell'[[escatologia]] cristiana, dominata dalla presenza della [[Provvidenza]] nella storia e nelle vicende umane. Il [[male]] è compresente, il gioco di forze contrapposte genera effetti a volte disastrosi nella vita dei protagonisti{{efn|[[Italo Calvino]] definì ''I promessi sposi'' come «il romanzo dei rapporti di forza», dove male e bene sono personificati nei vari coprotagonisti del racconto, che si dispongono in un triangolo: personaggi del potere sociale, sempre avverso (don Rodrigo e l'Innominato), del potere ecclesiastico buono (fra Cristoforo e il cardinale Federigo) e cattivo (don Abbondio e la monaca di Monza)<ref>{{Cita|Calvino|p. 271}}</ref>.}}, ma Dio non abbandona gli uomini e, nell'opera manzoniana, la fede nella Provvidenza permette di dare un senso agli accadimenti umani, come emerge alla fine del romanzo stesso:
4. Comportamento: prepotente, capriccioso, offensivo, sarcastico, violento
 
{{citazione|Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perchè ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore.|{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVIII, p. 745|Q}}}}
 
La Provvidenza agisce in modo misterioso e secondo schemi che non seguono le logiche terrene, raggiungendo il suo scopo anche attraverso eventi dolorosi, concretizzandosi in quella che nell{{'}}''Adelchi'' con una famosa espressione è chiamata «la provida sventura»<ref>{{Cita|''Adelchi''|atto IV, scena I, coro, vv. 103-104}}.</ref><ref>{{Cita libro|autore=Alessandro Manzoni|titolo=Adelchi. Tragedia con un Discorso sur alcuni punti della storia longobardica in Italia|url=https://archive.org/details/bub_gb__QC_C8sqGzkC/page/n5/mode/2up|città=Milano|editore=per Vincenzo Ferrario|anno=1822|p=127|SBN=TO0E007876|cid=''Adelchi''}}</ref>. Si possono recare numerosi esempi al riguardo: le conversioni di Lodovico (fra Cristoforo) e dell'Innominato avvengono nel corso del tempo, dopo avvenimenti traumatici (l'omicidio causato da Lodovico, che lo induce a farsi frate<ref name="PS74-75">{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IV, pp. 74-75|Q}}.</ref>) o ripetuti (i crimini commessi dall'Innominato negli anni<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXI, p. 407|Q}}: {{Citazione|[…]; e il tormentato esaminator di sè stesso, per rendersi ragione d'un sol fatto, si trovò ingolfato nell'esame di tutta la sua vita. Indietro, indietro, d'anno in anno, d'impegno in impegno, di sangue in sangue, di scelleratezza in scelleratezza: […].}}</ref>). Nel primo caso, Lodovico si macchia di un delitto e, ricoverato presso il vicino convento dei cappuccini, durante la convalescenza, «gli parve che Dio medesimo l'avesse messo sulla strada, e datogli un segno del suo volere, facendolo capitare in un convento, in quella congiuntura»<ref name="PS74-75"/>; nel secondo, la Provvidenza fa breccia nel cuore già tumultuante dell'Innominato per mezzo di una spaventata Lucia, la quale, nella foga, proferisce la frase che scatena la [[Conversione (teologia)|conversione]] del criminale: «Dio perdona tante cose, per un'opera di [[misericordia]]!»<ref name="PS399">Lucia dice la famosa frase due volte ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXI, p. 399|Q}}) e in seguito l'Innominato la ripete una terza volta tra sé e sé: «Tutt'a un tratto, gli tornarono in mente parole che aveva sentite e risentite, poche ore prima: — Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia! —» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXI, p. 408|Q}}).</ref>, conversione che giunge a pieno compimento dopo la terribile notte e il successivo incontro con il cardinale Federigo Borromeo.
Griso
[[File:I promessi sposi 232.jpg|miniatura|sinistra|«"La c'è la Provvidenza!" disse Renzo; e, cacciata subito la mano in tasca, la votò di que' pochi soldi; li mise nella mano che si trovò più vicina, e riprese la sua strada» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. XVII, p. 338|Q}}).]]
Ma la questione della Provvidenza delineata da Manzoni è assai diversa da quella presentata dai suoi personaggi: nessuno di loro (se non fra Cristoforo e il cardinale) definisce in modo nitido come Dio operi nella storia, passando da interpretazioni perlomeno accettabili (il voto alla Madonna che [[Lucia Mondella|Lucia]] compie mentre è prigioniera dell'Innominato e la sua liberazione intravista quale segno della benevolenza divina) a quelle blasfeme di [[don Abbondio]], da cui la [[peste]] è vista come «''una scopa''» provvidenziale<ref name="PS732">{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVIII, p. 732|Q}}</ref>, e di [[Gonzalo Fernández de Córdoba (1585-1635)|don Gonzalo Fernandez de Cordova]] che, davanti all'arrivo della peste portata dai [[lanzichenecchi]], invita a sperare nella Provvidenza<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXVIII, p. 547|Q}}.</ref><ref>{{Cita|Bellini|p. 524}}, che riprende quanto già esplicitato da {{Cita|Raimondi|p. 218}}; {{Cita|Tellini, 1998|p. 48}}: {{Citazione|Nella trama favolistica […] i personaggi si appellano spesso e volentieri alla Provvidenza. Ma la nominano sempre invano, o in accezione gergale o comunque riduttiva, quando non blasfema.}} Ne accenna anche {{Cita|Parisi|pp. 103-104}}.</ref>. Si ha quindi una pluralità di visioni, che tolgono a ''I promessi sposi'' l'epiteto di «epopea della Provvidenza»<ref>Così {{Cita|Momigliano|p. 229}} definisce il romanzo manzoniano.</ref>, di cui si parla continuamente<ref>{{Cita|Nef|p. 15}}.</ref>, ma «tali discorsi sono quasi esclusivamente messi in bocca ai personaggi e solo di rado sono propri del narratore», il cui commento occasionale è sempre distinto dalle loro opinioni<ref>{{Cita|Nef|p. 16}}.</ref>. Solo alla fine del romanzo si scopre la vera natura della Provvidenza divina, che illumina la realtà dell'agire di Dio nella storia e che ha portato Luciano Parisi a ridefinire l'epiteto dell'opera manzoniana: «Si potrebbe dire, in questo senso, che i ''Promessi sposi'' sono il romanzo della fede nella Provvidenza, più che il romanzo della Provvidenza […]»<ref>{{Cita|Parisi|p. 100}}.</ref>.
 
==== La scelta del Seicento: un secolo di decadenza e di violenza ====
1. Tipo/ruolo: aiutante dell’antagonista (simboleggia la violenza gratuita)
{{Vedi anche|Pensiero e poetica di Alessandro Manzoni#La giustizia e la violenza}}
2. Caratt. Socio-economiche: capo dei bravi
Affinché la Provvidenza potesse manifestarsi, secondo l'intendimento dell'autore, al massimo della sua epifania salvifica, era necessario che il retroterra storico culturale in cui ambientare il romanzo fosse dominato dal male, dalla violenza e dall'ignoranza<ref>{{Cita|Langella, 2018|pp. 293-313}}.</ref>. La profonda disistima che l'[[illuminista]] Manzoni nutriva verso il [[Seicento]], secolo di decadenza morale, civile e culturale, rendeva tale periodo perfetto nelle intenzioni programmatiche dell'autore:
3. Psicologia: opportunista
4. Comportamento: prepotente, violento
 
{{Citazione|Caso mai egli trova motivazioni per occuparsi del Seicento nel fatto che questa gli appare un'età sostanzialmente negativa, l'osservatorio ideale per cogliere il dramma di due antieroi popolani coinvolti e quasi stritolati negli ingranaggi del potere, […]. Il Seicento può così diventare il simbolo da un lato dell'immobilismo della storia italiana (secondo una polemica di stampo illuministico), dall'altro forse addirittura della condizione umana.|{{Cita|Guglielmino-Grosser|pp. 234-235}}}}
[[File:I promessi sposi 248.jpg|miniatura|sinistra|Il conte zio e il padre provinciale parlano di fra Cristoforo. Il conte zio è l'espressione della rapacità e della corruzione clientelare tipica della nobiltà ispanica.]]
La Lombardia, nella prima metà del XVII secolo, viveva uno dei periodi più bui della [[Storia della Lombardia|sua storia]]. Retta da una classe di potenti inetta e corrotta e da un [[Governatore di Milano|governatore]] assente e dedito esclusivamente all'esecuzione degli ordini imposti da [[Madrid]], quello che era stato il [[Ducato di Milano]] divenne il crocevia degli eserciti [[Spagna degli Asburgo|ispano]]-[[Sacro Romano Impero|imperiali]] impegnati nella sanguinosa [[guerra dei trent'anni]] (1618-1648), che in Italia si declinò nella [[guerra di successione al Ducato di Mantova]]<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. V, p. 95|Q}}: {{Citazione|Il lettore sa che in quell'anno si combatteva per la successione al ducato di Mantova, […].}}</ref>. Sul finire degli anni 1620, prima dello scoppio della terribile [[Peste del 1630|pestilenza]] che decimò la popolazione lombarda, si era abbattuta una rovinosa [[carestia]] – accennata in più passaggi nel corso del romanzo<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. II, p. 33; cap. V, p. 99; cap. XXII, p. 420|Q}}.</ref> – che porta alla rivolta dei forni nel capitolo XII. Il malcostume, l'inefficacia delle ''[[gride]]'' di giustizia e la violenza che dilaga a livello regionale nel fenomeno dei ''bravi'' si riflettono inevitabilmente nel vissuto quotidiano dei protagonisti<ref>Antonia Mazza Tonucci, ''Alessandro Manzoni'', in {{Cita|Farinelli-Mazza Tonucci-Paccagnini|p. 110}}.</ref><ref>Contro il malgoverno spagnolo si era scagliato, nel 1615, anche [[Alessandro Tassoni]] nelle ''Filippiche contra gli spagnuoli''.</ref>.
[[File:I promessi sposi (1840) 042.png|miniatura|Don Abbondio, dietro la minaccia dei bravi, comunica a Renzo i vari impedimenti alla celebrazione del matrimonio.]]
Gli esempi di questa violenza dal sapore – secondo l'espressione di [[Vittorio Spinazzola (critico letterario)|Vittorio Spinazzola]] – "politico"<ref>{{Cita|Spinazzola|p. 251}}: {{Citazione|[…] politici sono tutti i modi tenuti per imporre ad arbitrio la propria volontà, preferibilmente mascherandola con una parvenza di forme legali e morali.}}</ref> sono molteplici: le minacce compiute dai bravi di don Rodrigo a don Abbondio nel capitolo I; i tentativi, sempre da parte del signorotto spagnolo, di sottomettere Lucia ai suoi desideri; l'inganno pretestuoso che don Abbondio compie su Renzo, sfoggiando una cultura classicheggiante e teologica che il giovane analfabeta non può comprendere<ref>Un esempio lampante si trova ne {{Cita|''I promessi sposi''|cap. II, p. 35|Q}}: {{Citazione|"''[[Error, conditio, votum, cognatio, crimen]], Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, Si sis affinis,.... ''" cominciava don Abbondio, contando sulla punta delle dita. "Si piglia gioco di me?" interruppe il giovine. "Che vuol ch'io faccia del suo ''latinorum''?".}}</ref>; la coercizione psicologica perpetrata dal [[Padre della Monaca di Monza|padre di Gertrude]] per monacarla forzatamente<ref group="N">Manzoni evidenzia l'uso dei giocattoli come strumento di condizionamento mentale, compiuto dal principe padre per invogliare la figlia sin dalla più tenera infanzia a diventare un giorno monaca: «Bambole vestite da monaca furono i primi balocchi che le si diedero in mano; […]» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. IX, p. 176|Q}}). Vedi anche ''Gertrude e le bambole'' in {{Cita|Palumbo|pp. 109-112}}.</ref> e quella fisica che la stessa usa contro la conversa Caterina insieme all'amante Egidio per farla tacere della relazione segreta<ref group="N" name="conversa">Mentre nel {{Cita|''Fermo e Lucia''|tom. II, capp. V-VI, pp. 245-252|Lesca}} l'episodio dell'omicidio della suora è descritto nei minimi particolari, invece ne {{Cita|''I promessi sposi''|cap. X, pp. 211-212|Q}} della "quarantana" si parla soltanto della sua scomparsa, alludendo al delitto e lasciando intendere la verità dal rimorso di Gertrude.</ref>. Il culmine della violenza, «nella quale affoga collettivamente una civiltà sbagliata […] per una purificazione […] quale premessa necessaria alla ricostruzione della società»<ref>{{Cita|Nigro, 1988|p. 171}}.</ref>, è la peste, in cui le vicende dei personaggi si riallacciano in una Milano completamente devastata in ogni aspetto della vita sociale. Nonostante la desolazione e la morte imperante, è allora che Renzo trova quella pietà che lo spinge a riconciliarsi con don Rodrigo morente e che spinge Lucia a riconsiderare il voto per unirsi definitivamente con Renzo<ref>{{Cita|Ferroni, 2003|p. 60}}.</ref>, aprendo i propri cuori agli imperscrutabili disegni della Provvidenza<ref>{{Cita|Guglielmino-Grosser|pp. 235-236}}: {{Citazione|[…] la provvidenza, sotto forma di divina illuminazione o di grazia, si manifesta nei cuori, nelle anime degli uomini cui spetta la decisione se accoglierla o meno.}}</ref>.
 
==== Il paesaggio manzoniano ====
Monaca di Monza (Gertrude)
[[File:I promessi sposi - Lake Como.jpg|miniatura|«Quel ramo del lago di Como», con il [[Monte San Martino (Prealpi Bergamasche)|Monte San Martino]] sullo sfondo e il [[Ponte Azzone Visconti|Ponte Vecchio]] di Lecco in primo piano, illustrato da Luigi Riccardi.]]
Un ruolo fondamentale nell'economia del romanzo è la presenza del [[paesaggio]], inteso sia nella sua veste naturalistica, sia in quella antropologica. Domina, infatti, il paesaggio familiare di Lombardia, con i suoi cieli, i suoi monti, le sue acque e la sua mite luce autunnale: «quel cielo di Lombardia, così bello quand'è bello»<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XVII, p. 333|Q}}.</ref>. Il paesaggio è calato nella realtà storica e umana del romanzo. La sobrietà delle descrizioni è il risultato di uno scarnimento ricco di possibilità liriche ed evocative; i passi descrittivi sono trascrizioni di un momento di vita interiore. L'intero ''[[incipit]]'' dell'opera è una dettagliata descrizione del paesaggio del Lecchese che, secondo un andamento geo-descrittivo centripeto adottato da Manzoni, giunge a inquadrare [[Lecco]] e il viottolo su cui cammina don Abbondio, per poi riportare l'attenzione del lettore all'orizzonte e ai monti circostanti<ref>{{Cita|Brasioli et al.|p. 57, nota 1}}: {{Citazione|Nella prima parte segue un movimento, per così dire, centripeto – dalla catena di monti va restringendosi sul particolare (la città di Lecco) –, nella seconda parte segue un movimento centrifugo dalle strade e stradette fino ai monti e all'orizzonte.}}</ref>.
 
Un'altra caratteristica del paesaggio, oltre a essere storicamente realistico, è quella di essere funzionale alle esigenze del racconto, per cui esso fa da sfondo e cornice alle vicende dei personaggi, come nella scena dell'incontro di don Abbondio con i bravi di don Rodrigo<ref>{{Cita|Mazzamuto|pp. 140-142}}.</ref>. Nella concezione propria del [[romanticismo]] seguita da Manzoni, il paesaggio è anche proiezione degli stati d'animo dei personaggi<ref>{{Cita|Ferroni, 1991|p. 104}}: {{Citazione|[…]: la natura è specchio dei sentimenti e delle passioni che agitano l'uomo perché anch'essa è animata da sentimenti e passioni, […].}}</ref>; ad esempio, è descritto con affettuosa nostalgia e profonda, accorata intimità da Lucia nell{{'}}''[[Addio ai monti]]'', mentre è percepito come pauroso e ostile durante la fuga di Renzo da Milano verso l'[[Adda]]<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XVII, p. 329|Q}}.</ref>. Un discorso a parte merita la descrizione dettagliata del paesaggio minaccioso e solitario intorno al [[castello dell'Innominato]] e del castello stesso<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XX, pp. 377-378|Q}}.</ref>, che rispecchia la personalità e lo stile di vita del suo proprietario e incute paura, ma, dopo la conversione di quest'ultimo, diventa un luogo di asilo<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXIX, p. 565|Q}}.</ref>.
1. Tipo/ruolo: aiutante della protagonista, poi dell’antagonista, personaggio storico (suor Maria Virginia de Leyva) (attraverso il racconto delle sue vicende, Manzoni denuncia la monacazione forzata)
2. Caratt. Socio-economiche: figlia di un potente signore di Milano, suora di clausura
3. Psicologia: frustrata, rancorosa, debole, indecisa, ambigua
4. Comportamento: autoritario, capriccioso, enigmatico
 
Nell'indicazione dei luoghi, bisogna ricordare l'uso degli [[Asterisco|asterischi]] al posto di un [[toponimo]] o di un soprannome toponimico<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Leonardo Terrusi|titolo=Silenzi, nomi, asterischi. Gli 'asteronimi' manzoniani|url=https://innt.it/innt/article/view/360/344|rivista=Il nome nel testo. Rivista internazionale di onomastica letteraria|volume=12|anno=2010|pp=269-276, in particolare pp. 270-271|ISSN=1591-7622}}</ref>, come nel caso di «padre Cristoforo da ***»{{Efn|Il frate è così chiamato ne ''I promessi sposi'', sia nella "ventisettana" sia nella "quarantana"<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IV, p. 66|Q}}.</ref>, mentre nel ''Fermo e Lucia'' è specificato «padre Cristoforo da Cremona».}}. Altrove, come in occasione dell'[[analessi]] di Gertrude, «l'ultima figlia del principe ***»<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IX, p. 175|Q}}.</ref>, il cosiddetto "asteronimo" sostituisce un cognome. L'espediente, come dichiara l'Anonimo manzoniano nell'Introduzione<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|Introduzione, p. 6|Q}}.</ref>, è motivato con l'opportunità di attribuire un certo anonimato e una certa indefinitezza alla vicenda, per rispetto e prudenza nei riguardi di casate e personaggi che, quando egli scriveva (l'ipotetico autore del manoscritto afferma di raccontare fatti avvenuti al tempo della sua giovinezza), potessero essere ancora vivi: «questi asterischi vengon tutti dalla circospezione del mio anonimo», riferisce Manzoni nel capitolo IV<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IV, p. 67|Q}}.</ref>.
 
==== Il rifiuto dell'idillio ====
Conte zio
Il critico [[Ezio Raimondi]] ha intitolato il volume contenente i suoi saggi sul capolavoro manzoniano con il titolo ''Il romanzo senza idillio''. Nel romanzo manzoniano, difatti, manca il [[lieto fine]] tipico delle favole o dei racconti della tradizione letteraria, in nome del realismo cui l'autore intende ispirarsi. Ne sono indizi il fatto che don Abbondio si abbandoni ad una «danza macabra»<ref name="Bellini163">Eraldo Bellini, ''L'idillio imperfetto (capitoli XXXVII-XXXVIII)'', in {{Cita|Fandella-Langella-Frare|p. 163}}.</ref> per l'annuncio della morte di don Rodrigo<ref>{{Cita|Tellini, 2007|p. 224}}.</ref>; e che il marchese erede di don Rodrigo non prenda parte al convito nuziale allo stesso tavolo con i due sposi, segno della rinnovata disparità sociale<ref>{{Cita|Raimondi|p. 306}}.</ref>; e che la gente, la quale tanto aveva sentito delle vicende di Renzo e Lucia, al vedere la giovane, ne rimanesse delusa<ref>Vedi [[#Il nuovo prototipo del personaggio|Il nuovo prototipo del personaggio]].</ref>. Il matrimonio tra Renzo e Lucia, l'avviamento dell'attività mercantile di Renzo e la nascita dei figli s'inseriscono in un quadro denotato da forti tinte realiste, dove la vita quotidiana è costellata sia da lieti eventi, sia da sventure o grattacapi<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVIII, p. 744|Q}}: {{Citazione|[…], l'uomo, fin che sta in questo mondo, è un infermo che si trova sur un letto scomodo più o meno, e vede intorno a sè altri letti, ben rifatti al di fuori, piani, a livello: e si figura che ci si deve star benone.}}</ref>. Insomma, una «quotidianità disabbellita e diseroicizzata»<ref>{{Cita|Tellini, 2007|p. 226}}.</ref>.
 
=== Struttura ===
1. Tipo/ruolo: aiutante dell’antagonista (simboleggia la classe dei potenti e corrotti)
Il romanzo, nel passaggio dal ''Fermo e Lucia'' a ''I promessi sposi,'' cambiò notevolmente, passando da una struttura in quattro grandi blocchi narrativi (i "tomi") alla semplice divisione in trentotto capitoli, così organizzati<ref>{{Cita|Ferroni, 1991|pp. 164-168}}.</ref>:
2. Caratt. Socio-economiche: potente rappresentante della famiglia, membro del Consiglio Segreto,
* I-VIII: introduzione, presentazione dei personaggi e vicende all'interno del villaggio natio (definita anche «parte paesana»<ref>{{Cita|Ghidetti|p. XVIII}}.</ref>).
zio del conte Attilio (cugino aiutante dell’antagonista don Rodrigo, cinico e amorale)
* IX: separazione di Renzo da Lucia; affidamento della giovane a suor Gertrude e [[analessi]] biografica di quest'ultima.
3. Psicologia: risoluto
* X: prosecuzione della vicenda di Gertrude, la sua relazione con Egidio e l'omicidio della conversa; don Rodrigo s'informa su dove si trovino Renzo e Lucia.
4. Comportamento: serio, paternalistico, consapevole del suo potere
* XI-XVII: «romanzo cittadino»<ref name="Luperini230"/> di Renzo e suo riparo nella Bergamasca dal cugino Bortolo.
* XVIII: Lucia e Gertrude; trasferimento di fra Cristoforo a Rimini e analessi sul motivo di tale trasferimento.
* XIX: colloquio tra il conte zio e il padre provinciale dei cappuccini; presentazione dell'Innominato.
* XX: don Rodrigo chiede aiuto all'Innominato per rapire Lucia; l'Innominato incarica Egidio del rapimento, il quale a sua volta ricatta Gertrude, restia a tradire la giovane; rapimento di Lucia.
* XXI: arrivo di Lucia al castello dell'Innominato e descrizione della tormentata notte di quest'ultimo; visita pastorale del cardinale [[Federico Borromeo (1617-1673)|Federigo Borromeo]] nel paese vicino.
* XXII: ritratto del cardinale Federigo.
* XXIII: colloquio tra Federigo e l'Innominato; conversione di quest'ultimo.
* XXIV: liberazione di Lucia; la famiglia del sarto del paese accoglie Lucia e la madre in casa propria; colloquio tra Federigo, Lucia e Agnese; l'Innominato annuncia a chi abita con lui la sua intenzione di cambiare vita.
* XXV: Lucia è affidata alle cure di don Ferrante e di donna Prassede; rimprovero di Federigo a don Abbondio.
* XXVI: continua il colloquio tra i due prelati; Lucia parte per Milano insieme ai suoi nuovi protettori, senza aver avvisato prima la madre del voto che fece alla Madonna per uscire sana e salva dalle mani dell'Innominato.
* XXVII: digressione storica sulla guerra di successione al Ducato di Mantova; rapporto tra donna Prassede e Lucia; la figura di don Ferrante.
* XXVIII-XXX: peggioramento della carestia; discesa dei [[lanzichenecchi]]; don Abbondio, Agnese e Perpetua trovano rifugio nel castello dell'Innominato; ritorno dei tre al villaggio non appena l'esercito è passato.
* XXXI-XXXII: diffusione della [[Peste del 1630|pestilenza]] prima nel contado, poi a Milano; la psicosi generale e gli untori; processione con le reliquie di San Carlo per implorare la fine del contagio.
* XXXIII: don Rodrigo si ammala di peste; Renzo, guarito dal morbo, si accinge a ritornare a Milano a cercare Lucia, passando prima dal suo villaggio, dove trova don Abbondio, afflitto dal dolore per la morte di Perpetua, e un amico del paese. Alla sera Renzo giunge alle porte di Milano.
* XXXIV: desolazione di Milano martoriata dalla peste; episodio della madre di Cecilia.
* XXXV-XXXVI: Renzo al Lazzaretto, incontro con fra Cristoforo, con don Rodrigo morente e lo scioglimento del voto di Lucia. Pioggia purificatrice e fine della pestilenza.
* XXXVII-XXXVIII: ritorno al paese, matrimonio tra Renzo e Lucia e loro trasferimento nella Bergamasca, dove Renzo avvia una piccola attività come filatore.
 
Nella narrazione l'[[intreccio (narratologia)|intreccio]] si discosta poco dalla ''[[fabula]]'' e solo quando la trama lo richiede. Ciò accade per esempio quando l'autore tratta parallelamente le vicende di Renzo e Lucia, gli eventi storico-sociali (carestia, guerra, peste) o quando compie delle analessi per le [[biografie]] di fra Cristoforo (capitolo IV), della monaca di Monza (capitoli IX-X), dell'Innominato (capitolo XIX) e del cardinale Federigo Borromeo (capitolo XXII).
 
=== Trama ===
Innominato
==== L'incontro di don Abbondio con i bravi e la minaccia di don Rodrigo (capitoli I-II) ====
[[File:I promessi sposi - ch1.jpg|miniatura|sinistra|«Due uomini stavano, l'uno dirimpetto all'altro, al confluente, per dir così, delle due viottole: […]» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. I, p. 12|Q}}).]]
Dopo l'ampia descrizione del paesaggio del Lecchese con cui il romanzo si apre, Manzoni sente la necessità di datare precisamente la vicenda: è la sera del 7 novembre 1628, al tempo della [[Stato di Milano|dominazione spagnola]]<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. I, p. 11|Q}}.</ref>. I protagonisti sono [[Renzo Tramaglino]] e [[Lucia Mondella]], due giovani operai tessili che vivono in una località nei pressi del lago di Como. Manzoni non si riferiva a luoghi precisi e nel romanzo gli unici indicati chiaramente sono il quartiere di [[Pescarenico]] a Lecco, dove si trovava il convento di padre Cristoforo, e il castello della guarnigione spagnola, posto in riva al lago.
 
Ogni cosa è pronta per il matrimonio di Renzo e Lucia, quando un signore locale, [[don Rodrigo]], scommette con suo cugino il [[conte Attilio]] che sarebbe riuscito a possedere Lucia<ref>L'accenno alla scommessa è riferito nel dialogo tra Attilio e Rodrigo ne {{Cita|''I promessi sposi''|cap. VII, p. 128|Q}}.</ref>. [[Don Abbondio]], il curato del paese incaricato di celebrare il matrimonio, viene perciò minacciato durante la sua solita passeggiata serale da due [[bravi (I promessi sposi)|bravi]] di don Rodrigo, affinché non sposi i giovani.
1. Tipo/ruolo: aiutante dell’antagonista, poi dei protagonisti, personaggio storico (simboleggia il pentimento, la conversione, la redenzione, valori base del cristianesimo)
{{Citazione|"Or bene," gli disse il bravo, all'orecchio, ma in tono solenne di comando, "questo matrimonio non s'ha da fare, nè domani, nè mai."|{{Cita|''I promessi sposi''|cap. I, p. 18|Q}}}}
2. Caratt. Socio-economiche: nobile, potente fuorilegge
3. Psicologia: crudele, risoluto, inquieto, introspettivo, sensibile
4. Comportamento: dapprima violento, “aspro, dominante e ostile” (v.valle); poi, a seguito del pentimento, umile e desideroso di espiazione
 
In preda al panico don Abbondio cede subito: il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per prendere tempo e rinviare il matrimonio, non esitando ad approfittare della sua ignoranza per utilizzare come spiegazione frasi in [[Lingua latina|latino]]. Stizzito dal comportamento evasivo di don Abbondio, Renzo esce dalla canonica, dove incontra [[Perpetua (personaggio)|Perpetua]], la domestica di don Abbondio, dalla quale, seppur per vie traverse, comprende il motivo della titubanza del parroco e lo costringe a rivelare la verità.
Oste
 
==== Dall'Azzecca-garbugli allo scontro tra padre Cristoforo e don Rodrigo (capitoli III-VI) ====
1. Tipo/ruolo: aiutante dell’antagonista (simboleggia mentalità cittadina)
[[File:I promessi sposi - ch6.jpg|miniatura|Fra Cristoforo inveisce contro don Rodrigo: «Ho compassione di questa casa: la maledizione le sta sopra sospesa. […] e in quanto a voi, sentite bene quel ch'io vi prometto. Verrà un giorno....» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. VI, p. 104|Q}}).]]
2. Caratt. Socio-economiche: oste
Renzo si consulta con Lucia e con sua madre Agnese e insieme decidono di chiedere consiglio a un avvocato, detto [[Azzecca-garbugli]]; questi inizialmente crede che Renzo sia un bravo e come tale è disposto ad aiutarlo, ma, non appena capisce che il giovane è venuto a chiedergli assistenza legale nei confronti di don Rodrigo, lo manda via bruscamente<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. III|Q}}.</ref>. Così i tre si rivolgono a [[fra Cristoforo]], [[cappuccino (frate)|cappuccino]] di un convento poco distante e loro [[padre spirituale]], che si convertì in gioventù dopo aver ucciso un uomo<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IV|Q}}.</ref>. Volendo compiere il proprio dovere di proteggere i più deboli dai soprusi dei potenti, il frate decide di affrontare don Rodrigo e si reca al suo palazzo, ma quegli, intento a pranzare con il cugino Attilio, il podestà di Lecco e l'Azzecca-garbugli, lo accoglie con malumore, intuendo il motivo della visita<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. V, p. 110|Q}}.</ref>. Cristoforo tenta di farlo recedere dal suo proposito, ma, vista la risolutezza del nobile, gli ricorda il giorno del giudizio in cui dovrà render conto del suo operato davanti a Dio. Irato e al contempo intimorito nel profondo della sua coscienza, don Rodrigo scaccia in malo modo il frate<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. VI|Q}}.</ref>.
3. Psicologia: opportunista, prudente, egoista
4. Comportamento: teso al proprio interesse e alla propria sicurezza
 
==== La notte degli imbrogli e dei sotterfugi (capitoli VII-VIII) ====
Agnese propone ai due promessi un [[matrimonio a sorpresa]], da celebrarsi pronunciando davanti al curato le frasi rituali alla presenza di due testimoni. Con molte ritrosie da parte di Lucia il piano viene accettato quando fra Cristoforo annuncia di non essere riuscito a dissuadere don Rodrigo. Questi ordina al Griso di rapire Lucia e una sera alcuni bravi irrompono nella casa delle due donne, che però trovano deserta: Lucia e Renzo, con Agnese che distrae Perpetua, sono infatti a casa di don Abbondio per tentare di sposarsi con l'inganno<ref>Carlo Annoni, ''La notte degli imbrogli e dei sotterfugi (capitoli VII-VIII)'', in {{Cita|Fandella-Langella-Frare|p. 29}}.</ref>, ma falliscono e tutti e tre devono riparare al convento di fra Cristoforo, perché intanto sono venuti a sapere del tentato rapimento. Contemporaneamente anche i bravi scappano al trambusto scoppiato nel villaggio per l'allarme dato dallo scampanio del sagrestano, che don Abbondio aveva chiamato in suo soccorso contro il tentativo di nozze irregolari. In quella che Manzoni stesso chiama «la notte degl'imbrogli e de' sotterfugi»<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. VIII, p. 159|Q}}.</ref> Renzo, Lucia e Agnese giungono poi al convento di Pescarenico, dove padre Cristoforo ha già organizzato la loro fuga: Renzo si sarebbe rifugiato presso il convento dei cappuccini a Milano rivolgendosi a padre Bonaventura, mentre Lucia con Agnese avrebbe trovato aiuto dal padre guardiano del convento nei pressi di [[Monza]].
 
===== L{{'}}''Addio ai monti'' =====
Bortolo
{{vedi anche|Addio ai monti}}
[[File:I promessi sposi - ch8.jpg|miniatura|sinistra|L{{'}}''Addio ai monti'', con il [[Resegone]] e il villaggio di [[Pescarenico]] sullo sfondo, illustrato da Luigi Riccardi.]]
{{Citazione|Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; […]|{{Cita|''I promessi sposi''|cap. VIII, p. 163|Q}}}}
 
Come predisposto da padre Cristoforo, Renzo, Lucia e Agnese scendono alle rive dell'Adda e salgono su una piccola barca. Lucia medita sull'addio ai monti in una pagina di poesia in prosa, permeata di spiritualità ed [[elegia]], in cui domina un movimento verticale, che va dal cielo alla terra per risalire di nuovo al cielo e che prelude all'ascensione spirituale contenuta nella chiusa, dove si ricorda che Dio «non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande»<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. VIII, p. 163|Q}}.</ref>, concetto che è il filo conduttore di tutta l'opera.
1. Tipo/ruolo: aiutante del protagonista (simboleggia valori familiari)
2. Caratt. Socio-economiche: tessitore, cugino di Renzo
3. Psicologia: altruista
4. Comportamento: disponibile, pragmatico
 
Il pianto segreto di Lucia sulle cose più care che deve abbandonare si compone in un quadro che è tra i più belli che la poesia italiana abbia saputo attribuire alle creature femminili: senza l{{'}}''Addio ai monti'' Lucia non avrebbe mai rivelato la parte più gelosamente custodita del proprio cuore. Il notturno vigilante del lago è uno dei paesaggi più lirici, intrisi di malinconia e serenità, della letteratura italiana<ref>{{Cita|Getto, 1961|pp. 428-432}}.</ref>.
 
==== In convento a Monza (capitoli IX-X) ====
Cardinale Federigo Borromeo
[[File:I promessi sposi 131.jpg|miniatura|Lucia è presentata alla monaca di Monza.]]
Lucia viene accompagnata dal padre guardiano al convento nei pressi di Monza retto da Gertrude, «la signora» (la cui storia è ispirata a quella di suor [[Monaca di Monza|Marianna de Leyva]]), che prende la giovane sotto la sua protezione. Dopo l'incontro con Lucia, Manzoni racconta la biografia della monaca di Monza. Gertrude è figlia del [[Padre della Monaca di Monza|principe padre]], feudatario di Monza<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IX, p. 178|Q}}.</ref>, di cui il narratore, seguendo l'Anonimo, tralascia il nome ([[Martino de Leyva]]). Per conservare intatto il patrimonio al primogenito si era deciso, prima ancora che nascesse, che sarebbe entrata in convento. L'educazione della bambina è dunque continuamente orientata a convincerla che il suo destino di monaca sia il più desiderabile<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IX|Q}}.</ref>.
 
Divenuta adolescente Gertrude comincia a dubitare di tale scelta, ma un po' per timore, un po' per riconquistare l'affetto dei genitori, compie i vari passi previsti per diventare monaca. In convento soggiace alle attenzioni di [[Egidio (personaggio)|Egidio]], uno «scellerato di professione», in una relazione che avviluppa «la sventurata», colpevole non meno che vittima, in un gorgo di menzogne, intimidazioni, ricatti – proferiti e subiti – e complicità, persino nell'omicidio di una conversa, che minacciava di far scoppiare lo scandalo rivelando la tresca<ref group="N" name="conversa"/>.
1. Tipo/ruolo: aiutante dei protagonisti, personaggio storico (simboleggia un cristianesimo puro e ispirato)
2. Caratt. Socio-economiche: da facoltosa famiglia lombarda, arcivescovo di Milano
3. Psicologia: autentica e profonda spiritualità cristiana
4. Comportamento: puro, umile, caritatevole, altruista, disponibile, pacato
 
==== I tumulti di Milano e la fuga nella Bergamasca (capitoli XI-XIX) ====
[[File:I promessi sposi 208.jpg|miniatura|sinistra|L'arresto di Renzo a Milano.]]
A Milano, Renzo, non potendo subito ricoverarsi nel convento indicatogli da fra Cristoforo poiché padre Bonaventura quel giorno era assente, rimane coinvolto nei tumulti allora scoppiati per il rincaro del pane: il gran [[cancelliere]] spagnolo [[Antonio Ferrer]] aveva fissato un prezzo politico per la vendita del pane, che non era stato rispettato in quanto troppo basso ed era diventato la causa della carestia e dei tumulti popolari che vanno sotto il nome di ''tumulti di San Martino'', perché avvenuti per l'appunto l'11 novembre<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|capp. XI-XIII|Q}}.</ref>. Renzo si fa trascinare dalla folla e pronuncia un discorso in cui critica la giustizia, che sta sempre dalla parte dei potenti<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XIV|Q}}.</ref>; è tra i suoi ascoltatori un «birro» in borghese, intenzionato a trovare il modo per arrestarlo. Renzo si ferma in un'[[osteria]] dove, con uno stratagemma, il poliziotto viene a conoscenza del suo nome. Andato via costui, Renzo si ubriaca e rivolge nuovi richiami alla giustizia agli altri avventori<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XV|Q}}.</ref>.
 
Il mattino dopo Renzo viene arrestato, ma riesce a fuggire dopo aver incitato la folla contro le poche guardie, che scappano, e si ripara nella zona di Bergamo, nella [[Repubblica di Venezia]], da suo cugino Bortolo, che lo ospita e gli procura un lavoro sotto falso nome<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|capp. XVI-XVII|Q}}.</ref>. Intanto la sua casa viene perquisita ed egli viene fatto passare per uno dei capi della rivolta. Nel frattempo il conte Attilio chiede a suo zio, membro del [[Consiglio Segreto del Ducato di Milano|Consiglio segreto]], di far allontanare fra Cristoforo, cosa che il [[conte zio]] ottiene dal [[Padre provinciale (personaggio)|padre provinciale]] dei cappuccini: in questo modo padre Cristoforo viene trasferito a [[Rimini]]<ref name="PS.XVIII-XIX">{{Cita|''I promessi sposi''|capp. XVIII-XIX|Q}}.</ref>.
Sarto
 
==== Il rapimento di Lucia e la conversione dell'Innominato (capitoli XX-XXIV) ====
1. Tipo/ruolo: aiutante della protagonista (simboleggia l'uomo umile, il buon cristiano)
[[File:I promessi sposi - ch23.jpg|miniatura|Il cardinale Federigo e l'Innominato: «[…]; i suoi occhi, che dall'infanzia più non conoscevan le lacrime, si gonfiarono; quando le parole furon cessate, si coprì il viso con le mani, e diede in un dirotto pianto, che fu come l'ultima e più chiara risposta» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXIII, p. 431|Q}}).]]
2. Caratt. Socio-economiche: sarto
Don Rodrigo si reca al [[castello dell'Innominato]] per chiedere aiuto al potentissimo e sanguinario signore, che però da qualche tempo riflette sul senso della propria vita e sui crimini di cui si è macchiato per affermare la propria autorità sui signorotti locali e al di fuori della legge. Con l'appoggio di Egidio e la connivenza di Gertrude, l'Innominato fa rapire Lucia dal [[Nibbio (personaggio)|Nibbio]] e la fa portare al suo castello<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XX|Q}}. Per l'identificazione storica del luogo, vedi anche [[#Luoghi manzoniani|Luoghi manzoniani]].</ref>. Terrorizzata, la ragazza supplica l'Innominato di lasciarla libera e lo esorta a redimersi dicendo che «Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia»<ref name="PS399"/>. La notte che segue è per Lucia e per l'Innominato molto intensa: la prima fa un [[voto di castità]] alla Madonna perché la salvi e quindi rinuncia al suo amore per Renzo; l'altro trascorre una notte orribile piena di rimorsi e sta per uccidersi quando scopre, quasi per volere divino (le campane suonano a festa in tutta la vallata), che il cardinale [[Federigo Borromeo]] è in [[visita pastorale]] nel paese<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXI|Q}}.</ref>. Spinto dall'inquietudine che lo tormenta, la mattina si presenta in canonica per parlare con il cardinale. Il colloquio giunge al culmine di una crisi di coscienza che egli maturava da tempo e sconvolge l'Innominato, che si converte impegnandosi a cambiare vita, iniziando con il liberare Lucia<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|capp. XXIII-XXIV|Q}}.</ref>.
3. Psicologia: altruista
4. Comportamento: disponibile, goffo e imbarazzato
 
==== Tra calamità naturali ed eserciti (capitoli XXV-XXX) ====
[[File:Cardinale&DonAbbondio.jpg|miniatura|sinistra|Il colloquio tra il cardinale Federigo Borromeo e don Abbondio.]]
Dopo aver provveduto a far ospitare Lucia presso [[don Ferrante (personaggio)|don Ferrante]] e [[donna Prassede]], il cardinale rimprovera duramente don Abbondio per non aver celebrato il matrimonio. Quindi Manzoni si sofferma a narrare della permanenza di Lucia nel palazzo dei due aristocratici milanesi e ne descrive le figure: don Ferrante, simbolo della decadenza culturale barocca<ref>{{Cita|Frare|pp. 147-165}} ripercorre la condanna culturale, morale e civile degli intellettuali dell'Ottocento nei confronti del [[Barocco]] e del Seicento, in quanto secolo «sciocco e sfarzoso» (p. 155), «intint[o] di superstizione e di magia, provinciale e attardat[o]» (p. 156) ed espressione, in generale, del malgoverno spagnolo in Lombardia.</ref>, è tutto preso dai suoi studi astrusi; donna Prassede, bigotta e perbenista, si è convinta che Renzo sia un poco di buono, sulla base degli ordini di cattura che pendono su di lui per il coinvolgimento nei tumulti di San Martino, ed è risoluta a far sì che Lucia lo dimentichi<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|capp. XXV-XXVII|Q}}.</ref>. I capitoli successivi alternano digressioni storiche e le vicende dei vari protagonisti<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|capp. XXVIII-XXX|Q}}.</ref>, sullo sfondo della carestia e della discesa in Italia dei lanzichenecchi, mercenari tedeschi che combattono nella [[guerra di successione al Ducato di Mantova]], i quali mettono a sacco il paese di Renzo e Lucia e diffondono il morbo della [[peste]]. Agnese, che era rimasta nel suo paese natio, parte insieme a Perpetua e don Abbondio e i tre si rifugiano presso l'Innominato, il quale ha aperto il suo castello ai contadini in fuga dalle soldataglie alemanne.
==== La peste (capitoli XXXI-XXXVI) ====
[[File:I promessi sposi 335.jpg|miniatura|Donna Prassede e Lucia: «"Ebbene?" le diceva: "non ci pensiam più a colui?"» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXVII, p. 518|Q}}).]]Con i lanzichenecchi la [[Peste del 1630|peste]] entra in Lombardia e infine a Milano, sottovalutata inizialmente dalle autorità, in particolar modo dal governatore don Gonzalo Fernandez de Cordova, impegnato nell'[[assedio di Casale Monferrato (1628)|assedio di Casale Monferrato]], e dal Senato: solo il cardinale Federigo si prodiga nell'assistenza ai malati, unica personalità rimasta in una Milano abbandonata a sé stessa<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|capp. XXXI-XXXII|Q}}.</ref>. Di peste si ammalano Renzo, che guarisce, e don Rodrigo, che viene tradito e derubato dal Griso, il capo dei suoi bravi, il quale, contagiato anch'egli dal morbo, non può godersi i frutti del suo tradimento<ref name="PS.XXXIII">{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXIII|Q}}.</ref>.
 
[[File:I promessi sposi 421.jpg|miniatura|sinistra|«Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; […]» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXIV, p. 661|Q}}).]]
Donna Prassede
Una volta guarito, Renzo, preoccupato dagli accenni fatti da Lucia per lettera a un proprio voto di castità, torna nel suo paese a cercarla, ma trova una grande desolazione e scopre da un convalescente don Abbondio della morte di Perpetua. Non incontrando Lucia, il giovane viene indirizzato a Milano, dove apprende che è ricoverata nel [[Lazzaretto di Milano|Lazzaretto]]. Nella descrizione della città colpita dal contagio c'è una spaventevole verosimiglianza: non più la luce dell'alba cara a Manzoni, ma la spietata intensità del sole a picco. La descrizione dei carri dei [[monatti]] è potente e sinistra. All'angoscia dell'ambiente fa da umoristico contrasto l'errore dei monatti che scambiano Renzo per untore in una Milano trasformata in un grande cimitero<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXIV|Q}}.</ref>.
 
===== La madre di Cecilia =====
1. Tipo/ruolo: aiutante ambigua della protagonista (simboleggia il bigottismo)
Oltre a raccontare le nuove disavventure di Renzo, il capitolo XXXIV si sofferma sul commovente episodio della [[madre di Cecilia]]<ref name="Gaspari147"/>, la quale pone la sua bambina ormai morta sul carro dei monatti e li implora di non toccare il piccolo corpo composto con tanto amore e chiede loro di tornare dopo a prendere anche lei<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXIV, p. 663|Q}}.</ref>. La donna è presentata piena di dignità umana e di amore materno, che riesce a impietosire anche un «turpe monatto» che le voleva strappare la bambina. Il personaggio è descritto accostando coppie di termini in [[antitesi]] collegati da forme oppositive e negative: «una giovinezza avanzata, ''ma non'' trascorsa», «una bellezza velata e offuscata, ''ma non'' guasta, da una gran passione, e da un languor mortale», «la sua andatura era affaticata, ''ma non'' cascante»<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXIV, p. 661|Q}}.</ref>.
2. Caratt. Socio-economiche: nobildonna milanese, moglie di don Ferrante
3. Psicologia: benefattrice bigotta, dalla carità e dalla morale malintesa, pregiudizi arroganti e autoritari
4. Comportamento: disponibile ma intrigante, autoritario, malizioso
 
===== Il ricongiungimento di Renzo e Lucia =====
[[File:I promessi sposi 439.jpg|miniatura|L'incontro tra Renzo e Lucia al Lazzaretto.]]
Renzo giunge al Lazzaretto, dove, in mezzo al dolore e alla morte degli appestati, trova fra Cristoforo, giunto in città per soccorrere i più bisognosi. Benché afflitto dalla malattia che l'ha colpito (mortalmente, come si scopre alla fine del romanzo), il vecchio cappuccino si prodiga con tutte le sue forze per alleviare le sofferenze altrui e rimprovera Renzo quando quest'ultimo gli parla dei sentimenti di vendetta che nutre verso don Rodrigo, indegni in un animo che aspira a essere cristiano<ref name="PS683-688">{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXV, pp. 683-688|Q}}.</ref>. Pentitosi, Renzo si riconcilia con il nobile, ormai morente, e va alla ricerca di Lucia, senza sapere se sia viva o morta. La trova risanata, ma la giovane manifesta ritrosia a ricongiungersi con il suo promesso a causa del voto pronunciato quando era prigioniera dell'Innominato; fra Cristoforo, saputo di tale inghippo (non valido perché non teneva conto della volontà di Renzo), la scioglie da ogni obbligo. Il seguente arrivo della pioggia purificatrice annuncia la prossima fine della pestilenza<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVI|Q}}.</ref>.
 
==== Conclusione (capitoli XXXVII-XXXVIII) ====
Don Ferrante
[[File:I promessi sposi 462.jpg|miniatura|sinistra|Il matrimonio tra Renzo e Lucia, celebrato da don Abbondio.]]
Lucia apprende dell'arresto di suor Gertrude e sia lei che Renzo tornano al loro paese insieme ad Agnese per potersi finalmente unire in matrimonio. Don Abbondio dapprima tentenna, ma, dopo aver saputo della morte di don Rodrigo, acconsente a celebrare le nozze, allietate dal benvolere della mercantessa amica di Lucia e del marchese, erede di don Rodrigo. Finalmente sposati, Renzo e Lucia si trasferiscono nella Bergamasca, dove Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli. Hanno una prima figlia che chiamano Maria, come segno di gratitudine alla Madonna, cui ne seguono altri. Alla fine dell'ultimo capitolo viene esplicitato il messaggio che Manzoni vuole trasmettere, quello che definisce «il sugo di tutta la storia»<ref name="PS746">{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVIII, p. 746|Q}}.</ref>, cioè che i guai «quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore»<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVIII, p. 745|Q}}.</ref>. Il narratore si accomiata dai lettori con un'allocuzione, una ''[[captatio benevolentiae]]'' tipica dei congedi teatrali{{Efn|Si possono confrontare, ad esempio, le seguenti parole di [[Puck (Sogno di una notte di mezza estate)|Puck]]: {{Citazione|Se le nostre ombre leggere vi hanno offeso, immaginate soltanto, e tutto sarà riparato, di aver fatto qui un breve sonno, mentre queste visioni passavano vicino a voi. Indulgenti spettatori, non biasimate questo debole soggetto, e nol guardate che come un sogno; se miti ci sarete, noi ci ammenderemo.|[[William Shakespeare]], ''[[Sogno di una notte di mezza estate]]'', atto V, scena II, vv. 433-440; traduzione di Carlo Rusconi<ref>{{Cita libro|autore={{Sic|Shakspeare}}|titolo=Il sogno di una notte d'estate|url=https://archive.org/details/teatrocompletod03ruscgoog/page/n158/mode/2up|opera=Teatro completo voltato in prosa italiana|traduttore=Carlo Rusconi|edizione=4|volume=3|città=Torino|editore=Unione tipografico-editrice|anno=1859|p=149|SBN=LO10243479}}</ref>}}}}; chiedendo venia per sé e per l'anonimo autore dell'ipotetico manoscritto, Manzoni conclude la storia:
{{citazione|La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta.|{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVIII, p. 746|Q}}}}
 
=== Personaggi ===
1. Tipo/ruolo: aiutante della protagonista (simboleggia l’ottusa cultura erudita e accademica)
{{vedi anche|Personaggi de I promessi sposi}}
2. Caratt. Socio-economiche: uomo di cultura, marito di donna Prassede
==== Analisi interiore ed evoluzione ====
3. Psicologia: vuota erudizione
I [[Personaggio immaginario|personaggi]] manzoniani sono costantemente sottoposti a un'acuta analisi delle proprie dinamiche interiori, di quel «guazzabuglio del cuore umano»<ref name="PS206"/> tanto caro all'autore<ref>{{Cita|Ferroni, 1991|p. 172}}.</ref>, che sottende il primato della coscienza individuale nell'affrontare le avversità e nel riemergere dalla propria condizione più o meno negativa<ref>{{Cita|Spinazzola|p. 252}}.</ref>.
4. Comportamento: non comanda né ubbidisce, studia tutto il giorno con rabbia e compiacenza della moglie, professore di cavalleria, quotato consigliere su questioni d’onore
 
Nel corso del romanzo si assiste a una evoluzione dei personaggi, che è evidente soprattutto nelle figure di Renzo, che matura come uomo, e dell'Innominato, che si redime, ma appare in modo più sottile anche in personaggi che sono positivi fin dal principio, come padre Cristoforo, la cui conversione è già avvenuta in gioventù. Anche la figura di Lucia<ref>{{Cita|Baldi|p. 44 e sgg.}}</ref>, che, apparentemente, per via del suo carattere dimesso, sembra non subire un processo di maturazione nei due anni in cui si svolge la vicenda, con il suo far "luce" nel cuore dei personaggi che la circondano – dall'Innominato a Renzo stesso – assume progressivamente una valenza che rende il suo personaggio "antieroico" (rispetto alla tradizione letteraria italiana)<ref name="Ferroni2003:62">{{Cita|Ferroni, 2003|p. 62}}.</ref> centrale nel concetto di ''[[bildungsroman]]'' che Manzoni aveva in mente.
==Citazioni==
 
==== Gli umili, i grandi e l'invenzione ====
Come tutti i veri capolavori della letteratura, "I Promessi Sposi" è una fonte inesauribile di citazioni, di frasi ed espressioni che, almeno in Italia, sono entrate nell'uso comune. Da "Questo matrimonio non s'ha da fare" a "latinorum", da "un Carneade" per definire un illustre sconosciuto a "un Azzecca-garbugli" per definire un avvocato di scarsa etica professionale; e si potrebbe continuare. Manzoni aveva il dono di sintetizzare un concetto in poche parole, con fine e garbata ironia; per questo molte brillanti espressioni contenute in questo romanzo sono entrate a far parte del nostro linguaggio quotidiano.
[[File:AugustinThierry.jpg|miniatura|Ritratto di Augustin Thierry, disegnato e [[litografia|litografato]] da Émile Lassalle (1840).]]
I personaggi, in virtù del genere compositivo adottato da Manzoni, si distinguono in due tipi: quelli inventati dall'autore, di cui la storia non ha conservato traccia, ossia gli umili; e i grandi della storia – quali il cardinale Federigo, la monaca di Monza, il governatore don Gonzalo Fernandez de Cordova – che sono posti a far da contorno ai protagonisti, che nell'economia del romanzo manzoniano appartengono alla prima categoria.
 
La scelta degli umili quali protagonisti dell'intera storia, attorniati dai grandi che entrano ed escono dalle loro vite, fu maturata non solo in seno alla temperie romantica che si stava facendo sentire anche a Milano con l'attività di scrittori come [[Carlo Porta]], [[Silvio Pellico]], [[Ermes Visconti]], [[Pietro Borsieri]], [[Giovanni Berchet]] e [[Ludovico di Breme]], ma soprattutto alla luce delle teorie degli ''[[idéologues]]'' e di [[Augustin Thierry]], che Manzoni ebbe modo di frequentare durante il suo secondo soggiorno parigino del 1819-1820<ref>{{Cita|Nigro, 1988|p. 64}}.</ref>. Grazie a queste convinzioni, l'autore poté costruire un racconto che avesse al centro non degli eroi secondo i prototipi della tradizione letteraria, ma semmai degli "[[Antieroe|antieroi]]", ossia delle "vittime della storia"<ref>{{Cita|Tellini, 2007|p. 114}}.</ref>.
 
[[File:2366 - Corti, Costantino (1823-1873) - Monumento a Federigo Borromeo, Milano - Foto Giovanni Dall'Orto, 1 febbraio 2014.jpg|miniatura|[[Costantino Corti]], ''[[Monumento a Federico Borromeo]]'' (Milano, [[Biblioteca Ambrosiana]]). Anche nei personaggi storici, Manzoni ritaglia degli spazi trascurati dalla storia per inserirvi monologhi o pensieri in linea con il carattere del personaggio.]]
==Opera lirica==
L'invenzione, o come è anche chiamata ''vero poetico'', non si limita a personaggi quali don Abbondio, don Rodrigo, Renzo e Lucia, ma si estende ai personaggi storici, che s'inquadrano in quella ricostruzione storica su cui si basa il ''vero storico''. Quando la storia non riporta i loro pensieri, interviene la poesia:
Versioni operistiche:
 
{{Citazione|[…] la poesia: sì, la poesia. Perché, alla fin fine, che cosa ci dà la storia? ci dà avvenimenti che, per così dire, sono conosciuti soltanto nel loro esterno; ci dà ciò che gli uomini hanno fatto. Ma quel che essi hanno pensato, i sentimenti che hanno accompagnato le loro decisioni e i loro progetti, i loro successi e i loro scacchi; i discorsi coi quali hanno fatto prevalere, o hanno tentato di far prevalere, le loro passioni e le loro volontà su altre passioni o su altre volontà, coi quali hanno espresso la loro collera, han dato sfogo alla loro tristezza, coi quali, in una parola, hanno rivelato la loro personalità: tutto questo, o quasi, la storia lo passa sotto silenzio; e tutto questo è invece dominio della poesia.|''[[Lettre à Monsieur Chauvet sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie]]'', traduzione di Adelaide Sozzi Casanova<ref>{{Cita libro|autore=Alessandro Manzoni|sezione=Lettera a M. C.*** sull'unità di tempo e di luogo nella tragedia|titolo=Scritti di teoria letteraria|traduttore=Adelaide Sozzi Casanova|altri=introduzione di [[Cesare Segre]]|città=Milano|editore=Biblioteca universale Rizzoli|anno=1981|pp=53-153, in particolare pp. 111-112|ISBN=88-17-12342-0}}</ref>}}
*''[[I promessi sposi (Ponchielli)|I promessi sposi]]'' di [[Amilcare Ponchielli]] (1856 - seconda versione 1872)
*''[[I promessi sposi (Petrella)|I promessi sposi]]'' di [[Errico Petrella]] (1869)
 
==== Il nuovo prototipo del personaggio ====
==Cinema==
Manzoni, facendo di due semplici popolani i protagonisti del suo romanzo, attua anche un radicale cambiamento delle qualità dei personaggi principali: se prima nella letteratura i protagonisti e gli antagonisti dei cicli [[epici]] o dei [[poemi cavallereschi]] erano presi dal mondo eroico o perlomeno nobiliare e ricalcavano, per quanto riguarda le donne, il modello [[Letteratura provenzale|provenzale]]/[[stilnovista]], ora invece con Manzoni e il romanticismo s'impone un modello di personaggio preso dal mondo degli umili, che ricalca qualità naturali e non stereotipate ed è calato nel quotidiano<ref>{{Cita|Varotti|p. 25}}: {{Citazione|[…] anche i personaggi più umili, finanche i reietti della terra, possono assurgere al centro di vicende gravi e drammatiche.}}</ref>. Infatti, gli eroi della ''cantafavola''{{Efn|Così Manzoni chiama il proprio romanzo, appena pubblicato, in una lettera a [[Vincenzo Monti]] del 15 giugno 1827<ref>{{Cita|''Carteggio''|II, lett. 444, p. 281}}.</ref> e in un'altra a [[Gaetano Cioni]] del 10 ottobre 1827<ref>{{Cita|''Carteggio''|II, lett. 478, p. 340}}.</ref>.}} sono «gente meccaniche, e di piccol affare»<ref>L'espressione è attribuita all'Anonimo manzoniano ne {{Cita|''I promessi sposi''|Introduzione, p. 6|Q}}.</ref>, ossia del volgo, che pratica lavori manuali, «riserva[ndo] finalmente la ribalta a quel 'volgo' senza 'nome' che già aveva bussato, urgendo, alle porte del suo teatro e della sua innografia sacra e patriottica»<ref>{{Cita|Langella, 2014|p. 127}}.</ref>. Per esempio, Lucia rompe definitivamente con il resto della tradizione letteraria italiana su come deve essere rappresentata la donna ideale. Nel capitolo XXXVIII, infatti, la giovane suscita la delusione dei molti che erano venuti a vederla e che si aspettavano una bellissima principessa:
Versioni cinematografiche:
[[File:I promessi sposi - Lucia.jpg|miniatura|sinistra|[[Lucia Mondella]] immaginata da Francesco Gonin.]]
{{Citazione|Quando comparve questa Lucia, molti i quali credevan forse che dovesse avere i capelli proprio d'oro, e le gote proprio di rosa, e due occhi l'uno più bello dell'altro, e che so io? cominciarono a alzar le spalle, ad arricciare il naso, e a dire: "eh! l'è questa? Dopo tanto tempo, dopo tanti discorsi, s'aspettava qualcosa di meglio. Cos'è poi? Una contadina come tant'altre. Eh! di queste e delle meglio, ce n'è per tutto". Venendo poi a esaminarla in particolare, notavan chi un difetto, chi un altro: e ci furon fin di quelli che la trovavan brutta affatto.|{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVIII, pp. 742-743|Q}}}}
Basti pensare a come non molti anni prima [[Foscolo]] aveva rappresentato, nelle ''[[Ultime lettere di Jacopo Ortis]],'' la donna amata da quest'ultimo, Teresa: «Era neglettamente vestita di bianco; il tesoro delle sue chiome biondissime diffuse su le spalle e sul petto, i suoi divini occhi nuotanti nel piacere, il suo viso sparso di un soave languore, il suo braccio di rose, il suo piede, le sue dita arpeggianti mollemente... tutto tutto era armonia: ed io mi sentiva una certa delizia nel contemplarla»<ref>{{Cita libro|autore=[Ugo Foscolo]<!--senza nome di autore-->|wkautore=Ugo Foscolo|titolo=Ultime lettere di Jacopo Ortis|url=https://books.google.it/books?id=2v8vR5WU9dkC&pg=PA30|città=Italia|editore=s.t.|anno=1802|p=30}}</ref><ref>{{Cita|Langella, 2014|p. 131}}.</ref>.
 
==== Personaggi principali ====
*''[[I promessi sposi (film 1909)|I promessi sposi]]'' (1909)
===== Renzo Tramaglino =====
*''[[I promessi sposi (film 1913)|I promessi sposi]]'' (1913)
{{vedi anche|Renzo Tramaglino}}
*''[[I promessi sposi (film 1923)|I promessi sposi]]'' (1923)
*''[[File:I promessi sposi (film- 1941)Renzo.jpg|Iminiatura|sinistra|[[Renzo promessi sposiTramaglino]]'' (1941)immaginato da Francesco Gonin.]]
Orfano di entrambi i genitori, è allevato da Agnese, della cui figlia Lucia s'innamora. Filatore e possessore di un piccolo podere, all'inizio del romanzo viene descritto come un giovane dai modi bruschi e con un'aria da bravo. Animato da buoni propositi, si dimostra ancora ingenuo nell'affrontare i problemi della vita, come nell'incontro con l'[[Azzecca-garbugli]] prima, e durante i moti di Milano poi. Rifugiatosi nella Bergamasca dopo un viaggio avventuroso (si ricordi la notte passata nel bosco in riva all'[[Adda]]), viene aiutato dal cugino Bortolo, filandiere, a sfuggire al mandato di cattura. È a partire soprattutto dai capitoli del «romanzo cittadino»<ref name="Luperini230"/> che si sviluppa il personaggio di Renzo, divenuto, all'indomani dello scoppio della pestilenza, accorto nell'affrontare eventuali imprevisti. Dopo aver ritrovato Lucia, che padre Cristoforo scioglie dal suo voto, i due si sposano e vanno a vivere nella Bergamasca, dove Renzo si dà alla tessitura come piccolo imprenditore insieme al cugino, anche lui scampato alla peste.
*''[[I promessi sposi (film 1964)|I promessi sposi]]'' (1964)
*''[[Renzo e Lucia (film 2003)|Renzo e Lucia]]'' (2003)
 
===== Lucia Mondella =====
==Sceneggiati==
{{vedi anche|Lucia Mondella}}
Versioni televisive:
[[File:Fra' Cristoforo, Renzo e Lucia - Giuseppe Pensabene.jpg|miniatura|Giuseppe Pensabene, ''Fra' Cristoforo, Renzo e Lucia'', olio su tela, 1861 (Palermo, [[Galleria d'arte moderna di Palermo|Galleria d'arte moderna Empedocle Restivo]]).]]
*''[[I promessi sposi (1967)|I promessi sposi]]'' regia di [[Sandro Bolchi]] (1967)
Figlia di Agnese e promessa sposa di Renzo, subisce gli approcci amorosi di don Rodrigo – nel ''Fermo e Lucia'' descritti in modo più dettagliato –, che suscitano in lei ribrezzo e paura. Dopo essere fuggita dal paese natio per rifugiarsi presso la monaca di Monza, viene consegnata nelle mani dell'Innominato. Grazie al candore e alla purezza, la giovane fa breccia nell'animo già tormentato del suo rapitore, che la lascia libera. Affidata poi dal cardinal Federigo Borromeo alla famiglia di don Ferrante e di donna Prassede, Lucia rimane con i due nobili sino alla loro dipartita a causa della peste. Ammalatasi anch'essa del feroce morbo, è ritrovata da Renzo nel Lazzaretto, dove però rivela al suo promesso di aver fatto un [[Voto (religione)|voto]] alla Madonna durante la prigionia. Sciolta dal voto da parte di padre Cristoforo, Lucia si sposa alla conclusione del romanzo con Renzo, andando a vivere con lui e la madre Agnese nella Bergamasca.
*''[[I promessi sposi (1989)|I promessi sposi]]'' regia di [[Salvatore Nocita]] (1989)
*''[[I promessi sposi (1990)|I promessi sposi]]'' regia di [[Massimo Lopez]], [[Anna Marchesini]] e [[Tullio Solenghi]] (1990) ([[parodia]])
 
Nel corso de ''I promessi sposi'', il personaggio di Lucia può sembrare incolore, ma la critica intravede dei lucidi risvolti nella personalità della protagonista all'interno dell'economia del romanzo. Per Pierantonio Frare<ref>''Padroni e servi (capitoli XX-XXI)'', in {{Cita|Fandella-Langella-Frare|p. 91}}.</ref>, ad esempio, Lucia è colei che fa scattare nell'Innominato quella molla che lo porta alla conversione, facendo "luce" sul suo animo tormentato. Nel finale del romanzo è ancora lei a far "luce" a Renzo sul senso della loro vicenda e Manzoni fa condividere a entrambi «il sugo di tutta la storia»<ref name="PS746"/>, ricordando che non erano andati a cercarsi i guai in cui erano incappati e che l'unico significato delle loro sventure poteva essere trovato nella divina Provvidenza.
==Voci correlate==
 
*[[Alessandro Manzoni]]
Nell'affidarsi costantemente alla preghiera come soluzione ai mali che le capitano, Lucia è presentata nella sua veste realistica di contadina lombarda, "antieroina" rispetto alla tradizione letteraria in quanto quintessenza della donna di questa condizione sociale<ref>Vedi anche [[#Il rifiuto dell'idillio|Il rifiuto dell'idillio]].</ref>.
*[[Alessandro Manzoni (poetica)]]
 
*[[Adelchi]]
===== Don Rodrigo =====
*[[Inni sacri (Manzoni)]]
{{vedi anche|Don Rodrigo}}
[[File:I promessi sposi 405.jpg|miniatura|Il Griso tradisce don Rodrigo.]]
Nobilotto di provincia, gestisce con tirannia il suo [[feudo]], importunando le giovani donne e punendo chi non gli va a genio. Persecutore di Lucia – oggetto di una scommessa tra Rodrigo e suo cugino, il conte Attilio –, nei primi capitoli del romanzo è la "macchina" che fa scattare il susseguirsi delle vicende: il mancato matrimonio tra Renzo e Lucia; lo scontro con fra Cristoforo; il tentato rapimento di Lucia per mano dei suoi bravi capeggiati dal Griso nella [[#La notte degli imbrogli e dei sotterfugi: la fuga (capitoli VI-VIII)|notte degli inganni]]<ref>{{Cita|De Michelis|p. 199}}.</ref>. Infuriato per la partenza della coppia, non appena sa che Lucia si è riparata a Monza, decide di recarsi dall'Innominato perché si occupi di rapire una protetta di un'esponente della potente famiglia [[De Leyva]]<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|capp. XIX-XX|Q}}.</ref>. Anche questo piano fallisce a causa della conversione dell'Innominato, che libera Lucia dopo averla rapita: una frustrazione che spinge Rodrigo a ritirarsi a Milano, vittorioso soltanto con fra Cristoforo, esiliato a Rimini dopo l'intervento dell'influente conte zio. All'arrivo della pestilenza, Rodrigo si trova da tempo a Milano e ignora l'epidemia dedicandosi a una vita mondana, ma rimane contagiato poco dopo l'orazione funebre del conte Attilio, morto per il morbo<ref name="PS.XXXIII"/>. Tradito dal Griso, desideroso dei suoi tesori, Rodrigo viene portato al Lazzaretto in condizioni pietose, dove Renzo, guidato da fra Cristoforo, lo trova ormai semincosciente in una capanna e lo perdona<ref name="PS683-688"/>{{Efn|Nel ''Fermo e Lucia'', invece, don Rodrigo anticipa la morte: dopo aver visto e seguito di nascosto Fermo e padre Cristoforo per il Lazzaretto, quando viene riconosciuto da loro e da Lucia, prende un cavallo e fugge a perdifiato fino a crepare<ref>{{Cita|''Fermo e Lucia''|tom. IV, cap. IX, pp. 771-775|Lesca}}.</ref>.}}.
 
Nell'ultimo capitolo appare l'erede di don Rodrigo, anonimamente chiamato «il signor marchese», che per rimediare alle nefandezze del suo predecessore fa annullare il mandato di cattura ancora pendente sulla testa di Renzo, acquista le case dei due promessi sposi a un prezzo doppio per favorire il loro trasferimento e, il giorno dopo le nozze, offre loro un pranzo nello stesso palazzotto appartenuto a don Rodrigo<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XXXVIII, pp. 731-740|Q}}.</ref>.
 
===== Don Abbondio =====
{{vedi anche|Don Abbondio}}
[[File:I promessi sposi-026.jpg|miniatura|sinistra|«Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. I, p. 23|Q}}).]]
[[Curato]] del paese in cui vivono Renzo e Lucia, è caratterizzato, nella sua fragile compostezza morale<ref>Famosa la [[litote]]: «Don Abbondio (il lettore se n'è già avveduto) non era nato con un cuor di leone» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. I, p. 20|Q}}).</ref>, sin dal primo capitolo in riferimento alla paura per le minacce ricevute da parte di don Rodrigo, che gli intima di non celebrare il matrimonio dei due giovani. Divenuto sacerdote non per [[vocazione]], ma per appartenere a una classe sociale rispettabile e protetta, in grado di garantire anche una relativa sicurezza economica, don Abbondio è dipinto a tinte comiche da Manzoni, che diventano sempre più fosche (e perciò più odiose) di fronte alla renitenza del curato a adempiere i propri compiti di ministro della [[Chiesa cattolica|Chiesa]] e, più in generale, di uomo. Risulta infatti avaro, oppressore a sua volta nell'usare la cultura ai danni di Renzo, per non parlare di quella che è stata definita una «danza macabra»<ref name="Bellini163"/>, allorquando sa della morte di peste di don Rodrigo e vede l'epidemia come «''una scopa''»<ref name="PS732"/> voluta dalla Provvidenza. Verso la conclusione del romanzo don Abbondio, ormai certo della scomparsa di don Rodrigo, celebra finalmente il matrimonio tra Renzo e Lucia.
 
===== Fra Cristoforo =====
{{vedi anche|Fra Cristoforo}}
Fra (o padre) Cristoforo, appartenente all'[[Ordine dei frati minori cappuccini|ordine dei cappuccini]], in gioventù si chiamava Lodovico<ref group="N">Il nome è scritto con la grafia Ludovico nel ''Fermo e Lucia'' e nella "ventisettana", Lodovico nella "quarantana".</ref>. Giovane impetuoso e desideroso di emulare i nobili spagnoli, un giorno per strada entra in lite con uno di essi, causando la morte non solo del gentiluomo, ma anche di un proprio servitore, di nome Cristoforo. Ricoverato presso un convento di cappuccini, ha quel pentimento che lo spinge alla [[conversione (teologia)|conversione]]{{Efn|{{Cita|Nigro, 1988|pp. 131, 170}}, riprendendo il paragone di un confratello riferito da Manzoni<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IV, p. 81|Q}}.</ref>, afferma che fra Cristoforo è «l'"[[eufemismo]]" di Lodovico», di cui conserva la forza e l'intraprendenza.}}, a indossare il saio di frate – con il nome religioso di Cristoforo – e a chiedere pubblicamente perdono alla famiglia di colui che aveva assassinato. Nel palazzo nobiliare alla presenza di tutto il parentado fra Cristoforo s'inginocchia ai piedi del fratello dell'ucciso, che, colpito da un gesto così virtuoso, gli concede il suo perdono e lo invita a rimanere, ma il frate, che deve mettersi in viaggio per il luogo del noviziato, accetta soltanto del pane in segno di riconciliazione<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IV, pp. 78-79|Q}}.</ref>.
 
[[File:I promessi sposi 443.jpg|miniatura|Padre Cristoforo nel Lazzaretto scioglie Lucia dal voto.]]
Padre Cristoforo è profondamente legato ai due protagonisti del romanzo. Per difenderli, si reca al palazzotto di don Rodrigo e lo affronta in una discussione alquanto tesa, in cui proferisce una profetica minaccia («Verrà un giorno....»<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. VI, p. 104|Q}}.</ref>), che lascia sgomento il suo interlocutore. Quindi organizza la fuga dei suoi protetti. Il cugino di don Rodrigo, il [[conte Attilio]], da parte sua si rivolge all'influente [[conte zio]], il quale invita a pranzo il [[padre provinciale (personaggio)|padre provinciale]] e in un colloquio privato lo informa dei contrasti di suo nipote con il frate e ne suggerisce l'allontanamento<ref name="PS.XVIII-XIX"/>. Quello, per non inimicarsi il conte zio, decide di trasferirlo a [[Rimini]]<ref>A [[Palermo]] nel {{Cita|''Fermo e Lucia''|tom. II, cap. VIII, p. 309|Lesca}}).</ref>. Nel capitolo XXXV, durante la pestilenza fra Cristoforo si ritrova a Milano a soccorrere gli appestati nel Lazzaretto. Il suo ruolo risulta fondamentale per sbrogliare il nodo della vicenda: non solo scioglie Lucia dal voto di castità fatto alla Madonna, ma convince un vendicativo Renzo a perdonare don Rodrigo ormai semincosciente. Il santo frate muore anch'egli di peste, come si scopre nell'ultimo capitolo.
 
===== La monaca di Monza =====
{{vedi anche|Monaca di Monza}}
[[File:Monaca di monza by Mosè Bianchi.JPG|miniatura|sinistra|[[Mosè Bianchi]], ''Monaca di Monza'', olio su tela, 1865 (Milano, [[Galleria d'Arte Moderna (Milano)|Galleria d'Arte Moderna]]).]]
{{Citazione|Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un'impressione di bellezza, ma d'una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta.|{{Cita|''I promessi sposi''|cap. IX, p. 170|Q}}}}
Suor Gertrude, personaggio ricostruito sul modello di [[Marianna de Leyva|Marianna]], figlia di [[Martino de Leyva]] feudatario di [[Monza]], è la figura più tragica del romanzo<ref>{{Cita|Mazzamuto|p. 74}}.</ref>. L'analisi psicologica ed esistenziale della donna dal suo ingresso in monastero fino alle scelleratezze compiute con [[Egidio (personaggio)|Egidio]] – dettagliatissime nel ''Fermo e Lucia''<ref>{{Cita|''Fermo e Lucia''|tom. II, capp. II-VI|Lesca}}.</ref> – si condensano in due capitoli (il IX e il X) ne ''I'' ''promessi sposi''. Costretta a prendere i voti contro la sua volontà, dopo essere stata coartata psicologicamente dal padre<ref>Un esempio nel {{Cita|''Fermo e Lucia''|tom. II, cap. III, p. 210|Lesca}}: «[Geltrude] alzò un momento gli occhi verso il padre che le stava di fianco […], ma vide negli sguardi del Marchese una espressione sì minacciosa, che tutto il suo coraggio svanì».</ref> desideroso di non disperdere parte dei suoi beni in una dote matrimoniale, Gertrude viene coinvolta in una relazione amorosa con uno scapestrato del luogo, Egidio<ref>{{Cita|''Fermo e Lucia''|tom. II, cap. V, p. 237|Lesca}}; {{Cita|''I promessi sposi''|cap. X, p. 210|Q}}.</ref>, con cui ha dei figli, dai quali è obbligata separarsi non appena li ha partoriti. La rappresentazione di Gertrude, capace di suscitare forti sentimenti di rammarico e di compassione verso la sua triste vicenda, subisce una netta svolta quando acconsente, pur senza parteciparvi materialmente, all'assassinio della conversa Caterina, la quale aveva scoperto la tresca tra i due e minacciava di rivelarla<ref group="N" name="conversa"/><ref>{{Cita|Locatelli Milesi|p. 74}}.</ref>. Da quel momento, «la sventurata»<ref group="N">Manzoni passa da un atteggiamento di pietà nei confronti di Gertrude fino a una netta condanna, quando la monaca da vittima diventa carnefice della conversa Caterina. Perciò, a partire dal capitolo X, il narratore la chiama "sventurata" («La sventurata rispose», ne {{Cita|''I promessi sposi''|cap. X, p. 210|Q}}).</ref> vive nell'oscurità dei rimorsi per i gravi peccati commessi, stato d'animo da cui sembra risollevarsi grazie al candore e alla gentilezza della sua protetta Lucia, affidatale da padre Cristoforo per sfuggire alle grinfie di don Rodrigo. Davanti però ai ricatti morali di Egidio, incaricato dall'Innominato di indurre l'amante a far uscire la giovane dal convento, Gertrude non può che cedere, lasciando che i bravi dell'Innominato la rapiscano<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XX, p. 383|Q}}: {{Citazione|Noi abbiamo riferito come la sciagurata signora desse una volta retta alle sue parole; […]. Quella stessa voce, che aveva acquistato forza e, direi quasi, autorità dal delitto, le impose ora il sagrifizio dell'innocente che aveva in custodia.}}</ref>. La conclusione della vicenda della monaca di Monza è descritta nel capitolo XXXVII quando, scoperti i suoi delitti, Gertrude viene trasferita in un monastero a Milano per scontare i suoi peccati; qui comprende i propri errori e incomincia a condurre una vita di penitenza irreprensibile.
 
===== L'Innominato =====
{{vedi anche|Innominato}}
[[File:I promessi sposi - Innominato.jpg|miniatura|L'Innominato: «Era grande, bruno, calvo; bianchi i pochi capelli che gli rimanevano; rugosa la faccia: a prima vista, gli si sarebbe dato più de' sessant'anni che aveva; ma il contegno, le mosse, la durezza risentita de' lineamenti, il lampeggiar sinistro, ma vivo degli occhi, indicavano una forza di corpo e d'animo, che sarebbe stata straordinaria in un giovine» ({{Cita|''I promessi sposi''|cap. XX, p. 380|Q}}).]]
{{citazione|Di costui non possiam dare nè il nome, nè il cognome, nè un titolo, e nemmeno una congettura sopra nulla di tutto ciò: cosa tanto più strana, che del personaggio troviamo memoria in più d'un libro (libri stampati, dico) di quel tempo.|{{Cita|''I promessi sposi''|cap. XIX, pp. 371-372|Q}}}}
 
L'Innominato (il Conte del Sagrato nel ''Fermo e Lucia''), per l'alone di mistero che ne accresce la fama e lo rende ancor più temuto e per il suo dramma esistenziale, è uno dei personaggi più romantici dell'intera opera<ref>{{Cita|Mazzamuto|p. 67}}.</ref>. Identificato storicamente con [[Bernardino Visconti]]{{efn|name="Cantù52"|L'identificazione del personaggio manzoniano con Francesco Bernardino Visconti fu divulgata per primo da [[Cesare Cantù]] (''L'Innominato'', in {{Cita|''Sulla storia lombarda del secolo XVII''|pp. 52-57}}), al quale era stata rivelata per lettera dallo stesso Manzoni<ref>{{Cita libro|titolo=Lettere di Alessandro Manzoni in gran parte inedite raccolte e annotate|url=https://books.google.it/books?id=m6YypMuekGsC&pg=PA337|curatore=[[Giovanni Sforza (storico)|Giovanni Sforza]]|città=Pisa|editore=coi tipi dei ff. Nistri|anno=1875|p=337}}</ref>.}}<ref>{{Cita|Russo|p. 39}}.</ref>, nobile che si dedicava a guerreggiare con gli spagnoli, l'Innominato è presentato ormai sul limitare della vecchiaia e roso interiormente dai dubbi di una vita condotta a perpetrare assassini e altri crimini. Incaricatosi di rapire Lucia dal monastero di Monza con un inganno, l'Innominato si lascia commuovere dalla semplicità e dalla fragilità emotiva della giovane, che scatenano in lui quel turbamento interiore già iniziato prima<ref>{{Cita|Langella, 2014|p. 134}}: «[…], per cui la conversione dell'Innominato non segue più il modello [[Paolo di Tarso|paolino]] della folgorazione ''[[ex abrupto]]'', ma quello [[Agostino d'Ippona|agostiniano]] del processo lento e graduale, […]».</ref>. La notte successiva all'arrivo di Lucia al castello, conosciuta come ''notte dell'Innominato''<ref>{{Cita|Tentorio|p. 9}}.</ref>, vede l'uomo fronteggiarsi con la propria coscienza, talmente lacerata dal senso di colpa che lo porta a un passo dal suicidio. Soltanto l'alba e il suono delle campane, annuncianti la venuta del cardinale [[Federico Borromeo]] in visita pastorale in quei luoghi, lo distolgono dal mortale proposito, spingendolo anzi a recarsi al villaggio vicino per parlare con l'alto prelato. Quest'ultimo, che lo accoglie con fare paternalistico (quasi a ricordare la [[parabola del figliol prodigo]]<ref>{{Cita|Nigro, 1995|p. 477}}.</ref>), lo induce alla definitiva conversione: l'Innominato, profondamente scosso, decide di cambiar vita e dedicarsi a opere di carità e di "misericordia", liberando Lucia e poi ospitando, durante la discesa dei lanzichenecchi, gli abitanti della zona nella sua fortezza<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|capp. XXIX-XXX|Q}}.</ref>.
 
== Fortuna del romanzo ==
=== La prima ricezione de ''I promessi sposi'' in Europa e nel mondo ===
{{Vedi anche|Traduzioni de I promessi sposi}}
[[File:Goethe (Stieler 1828).jpg|miniatura|verticale|Goethe fu il principale promotore dell'opera manzoniana in seno alla cultura europea.]]
Il successo internazionale del romanzo manzoniano, divenuto noto soprattutto grazie al grande poeta tedesco [[Johann Wolfgang von Goethe]]<ref>{{Cita|Vigorelli|p. 33}}.</ref>{{Efn|Goethe ammirava molto Manzoni, ma non del tutto ''I promessi sposi'', poiché riteneva che dal capitolo XXVII lo storico avesse giocato un brutto tiro al poeta:
{{Citazione|Ciò avviene nella descrizione di guerra, carestia e pestilenza, cose che sono già di per sé ripugnanti e che ora diventano insopportabili a causa dei complicati dettagli di un'arida esposizione cronachistica. […] Ma non appena i personaggi del romanzo ricompaiono, il poeta riemerge di nuovo in tutta la sua gloria e ci costringe di nuovo alla consueta ammirazione.|Goethe, in [[Johann-Peter Eckermann]], ''[[Conversazioni con Goethe]]'', 23 luglio 1827<ref name="Eckermann">{{Cita libro|autore=[[Johann Peter Eckermann]]|titolo=Gespräche mit Goethe in den letzten Jahren seines Lebens (1823-1832)|url=https://archive.org/details/gesprchemitgoei02goetgoog/page/n7/mode/2up|volume=1|città=Leipzig|editore=F. A. Brockhaus|anno=1836|pp=379-381|lingua=de|SBN=LO11238049}}</ref>|Und zwar geschieht dieses bei einer Beschreibung von Krieg, {{Sic|Hungersnoth}} und Pestilenz, welche Dinge schon an sich widerwärtiger Art sind, und die nun durch das umständliche Detail einer trockenen chronikenhaften Schilderung unerträglich werden. […] Doch sobald die Personen des Romans wieder auftreten, steht der Poet in voller Glorie wieder da und {{Sic|nöthigt}} uns wieder zu der gewohnten Bewunderung.|lingua=de}}}}, è testimoniato dalla contemporanea uscita di traduzioni in Europa e in America, e specialmente:
[[File:The betrothed by Charles Swan.png|miniatura|verticale|Frontespizio del primo volume della traduzione inglese di Charles Swan, ''The Betrothed Lovers'' (1828).]]
# ''In [[Francia]]''. Nella patria elettiva di Manzoni, dove lo scrittore risiedette per vari anni e strinse amicizia con gli ''idéologues'' e in particolar modo con il linguista Claude Fauriel, ''I promessi sposi'' ebbero inizialmente un'edizione pirata in italiano, pubblicata a Parigi da Louis Claude Baudry nel 1827. La prima traduzione francese, con il titolo ''Les Fiancés'', fu eseguita da Antoine Rey-Dussueil e fu pubblicata con il permesso dell'autore sempre a Parigi da Charles Gosselin nel 1828; nello stesso anno uscì anche la versione di Pierre Joseph Gosselin per la libreria editrice Dauthereau. Il romanzo riscosse l'approvazione dei letterati del tempo, quali [[Alphonse de Lamartine]], [[François-René de Chateaubriand]] e [[Auguste Comte]], ma non di [[Honoré de Balzac]]<ref>{{Cita|''In Francia''}}.</ref>.
# ''In [[Germania]]''. Le prime traduzioni tedesche de ''I promessi sposi'', con il titolo ''Die Verlobten'', furono quella di Daniel Lessmann, pubblicata a Berlino nel 1827, e quella di Eduard von Bülow, edita a Lipsia nel 1828<ref>{{Cita|''In Germania''}}.</ref>. Dopo aver letto il romanzo manzoniano appena uscito, in una conversazione del 23 luglio 1827 Goethe espresse a [[Johann-Peter Eckermann]] il suo famoso giudizio, secondo cui Manzoni era "un poeta nato" («ein geborener Poet»), ma la sua opera soffriva di "un eccessivo peso della storia" («ein Übergewicht der Geschichte»)<ref name="Eckermann"/>.
# ''Nel [[Regno Unito]]''. La prima traduzione inglese, con il titolo ''The Betrothed Lovers'', fu fatta dal pastore [[Anglicanesimo|anglicano]] Charles Swan e pubblicata a Pisa da Niccolò Capurro nel 1828. A parte un'incomprensione, dovuta alla vena ironica di Manzoni non congeniale ai britannici{{Efn|Nel capitolo VII, citando una frase di [[Shakespeare]] (''[[Giulio Cesare (Shakespeare)|Giulio Cesare]]'', atto II, scena I, vv. 63-65), Manzoni lo chiama «un barbaro che non era privo d'ingegno»<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|tom. I (1825), cap. VII, p. 202|V}}.</ref>. In uno scambio di lettere, di cui dà conto nella prefazione alla sua traduzione, Swan se ne risentì, ma Manzoni se la cavò affermando che l'epiteto era ironico e l'espressione rimase invariata nella "quarantana".}}, il romanzo fu accolto in Inghilterra con luci e ombre: [[Mary Shelley]], ad esempio, l'autrice del ''[[Frankenstein o il moderno Prometeo|Frankenstein]]'', elogiò Manzoni per il suo realismo e per la sua acutezza psicologica, ma ne condannò l'ideologia cristiana e, a suo dire, bigotta di fondo<ref>{{Cita|''In Inghilterra''}}.</ref>.
# ''In [[Spagna]]''. A causa del [[Decennio nefasto spagnolo|decennio nefasto]] (1823-1833), ultima parte del regno di [[Ferdinando VII di Spagna|Ferdinando VII]] contrassegnata dalla lotta al [[liberalismo]] e alla cultura in generale, Manzoni approdò in Spagna solo nel 1823 sulla [[rivista]] [[Catalogna|catalana]] ''El Europeo''. Su questa rivista il letterato italiano esule Luigi Monteggia pubblicò un lungo articolo, intitolato ''Il Romanticismo'', in cui Manzoni figura tra i massimi esponenti del romanticismo europeo<ref>{{Cita|''In Spagna''}}.</ref>.
# ''Negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]]''. In America uscirono nel 1834 due diverse traduzioni: una del geologo di origine inglese George William Featherstonhaugh, con il titolo ''I Promessi Sposi; or, The Betrothed Lovers'', pubblicata a Washington sulla rivista ''The Metropolitan'' e anche in volume da Duff Green; l'altra di Andrews Norton, con il titolo ''Lucia, the Betrothed'', edita a New York da George Dearborn. Il pubblico americano apprezzò il romanzo manzoniano per lo sfondo gotico e per le scene di violenza e i personaggi dalle tinte ''noires'' come la monaca di Monza e l'Innominato. Tra i principali ammiratori dell'opera vi furono lo scrittore [[Edgar Allan Poe]] e il futuro politico [[Charles Sumner]]<ref>{{Cita|''In America''}}.</ref>.
 
=== Influenza e critica letteraria ===
==== L'Ottocento ====
[[File:Emilio Praga.jpg|miniatura|Emilio Praga, uno dei più rappresentativi esponenti della scapigliatura e avversario di Manzoni.]]
Già quand'era in vita, Manzoni ebbe ammiratori incondizionati e osteggiatori implacabili: ammirazione sconfinata venne da [[Francesco de Sanctis]], [[Giovanni Verga]], [[Luigi Capuana]]<ref>{{cita|Tellini, 2007|p. 324}}.</ref> e da [[Giovanni Pascoli]], che al suo «immortale romanzo» dedicò in seguito il saggio ''L'eco d'una notte mitica'' (1896), ravvisando nella [[#La notte degli imbrogli e dei sotterfugi: la fuga (capitoli VI-VIII)|notte degli imbrogli e dei sotterfugi]] la trasformazione dell'ultima notte di Ilio<ref>{{cita|Pascoli|pp. 2, 5}}.</ref>. Nel secondo gruppo, invece, rientrano gli [[Scapigliatura|scapigliati]], i quali videro in Manzoni l'espressione del perbenismo [[Borghesia|borghese]] da loro tanto detestato, che si rivela anche nel romanzo, pieno di buoni sentimenti e perciò tendente ad un ricercato patetismo{{Efn|Significativa è la poesia ''Preludio'' di [[Emilio Praga]], in cui lo scapigliato annuncia l'ora degli «antecristi» in contrapposizione al «Casto poeta che l'Italia adora» (vv. 13-16)<ref>{{Cita libro|autore=[[Emilio Praga]]|sezione=Preludio|titolo=Penombre|url=https://archive.org/details/penombre00praggoog/page/n11/mode/2up|città=Milano|editore=Casa editrice degli autori-editori|anno=1864|pp=5-6|SBN=TO00637530}}</ref>.}}; [[Giosuè Carducci]], estimatore dell{{'}}''Adelchi'', fu implacabile critico de ''I promessi sposi'' e della scelta linguistica adottata da Manzoni<ref>{{cita|Tellini, 2007|p. 323}}.</ref>.
 
Il successo del romanzo manzoniano diede inoltre il via al fenomeno del ''[[manzonismo]]'', sia in campo linguistico ([[Ruggiero Bonghi]], [[Edmondo De Amicis]]), sia in quello prettamente creativo, originando un «parassitismo manzoneggiante» che spinse [[Luigi Gualtieri]] a comporre ''L'Innominato'' e [[Antonio Balbiani]] romanzi come ''Lasco il bandito della Valsassina: sessant'anni dopo I promessi sposi'', ''I figli di Renzo Tramaglino e di Lucia Mondella'', ''L'ultimo della famiglia Tramaglino''<ref>Ermanno Paccagnini, ''L'"epoca di transizione"'', in {{Cita|Farinelli-Mazza Tonucci-Paccagnini|p. 166}}.</ref>.
 
==== Il Novecento ====
===== Il primo Novecento =====
[[File:B.Croce.jpg|miniatura|verticale|Benedetto Croce inizialmente condannò il romanzo manzoniano, per poi ritornare sui suoi passi a distanza di anni.]]
Nel [[Novecento]], a causa dei movimenti anticlassicisti delle [[avanguardie]], dell'evoluzione della lingua e all'edulcoramento della figura del romanziere che veniva insegnata nelle scuole, Manzoni subì varie critiche da parte di letterati e intellettuali: tra questi, il "primo" [[Benedetto Croce|Croce]]<ref group="N">Nel 1921 [[Benedetto Croce]] con il suo saggio {{Cita|''Manzoni''||Croce, 1921}} stroncò il romanzo per la sua forte impronta religiosa, che non renderebbe ''I promessi sposi'' una vera opera d'arte. Nel 1952, però, riconobbe la vitalità del capolavoro manzoniano, ammettendo di essersi sbagliato ''({{Cita|''Tornando sul Manzoni''||Croce, 1955}}).''</ref> e il [[marxista]] [[Antonio Gramsci]], che accusò Manzoni di «[[paternalismo]] cattolico»<ref name="Gramsci943"/>. Nel campo strettamente letterario, invece, in difesa di Manzoni si schierò [[Carlo Emilio Gadda]], che ai suoi esordi pubblicò nel 1927 l{{'}}''Apologia manzoniana''<ref>{{Cita|Gadda|pp. 39-48}}.</ref> e, decenni dopo, nel 1960 attaccò il piano di [[Alberto Moravia]] di affossarne la proposta linguistica<ref>{{cita|Tellini, 2007|pp. 330-331}}.</ref>. La più importante esaltazione del romanzo fu compiuta dal filosofo e pedagogista [[Giovanni Gentile]], che elevò ''I promessi sposi'' al rango di «libro nazionale» al pari della ''[[Divina Commedia]]'', giudicandolo un «libro di vita» basato sul discernimento concreto del [[verità|vero]], con cui Manzoni accoglieva le istanze morali e risorgimentali di [[Rosmini]] e [[Gioberti]]<ref>{{cita|Gentile|pp. 1-30}}.</ref>. [[Guido da Verona]] considerava Alessandro Manzoni un letterato paternalista e dannoso, pertanto nel 1930 scrisse una [[parodia]] dallo stesso titolo ''I promessi sposi''<ref>{{Cita libro|titolo=I promessi sposi. Romanzo di Alessandro Manzoni e Guido da Verona|città=Milano|editore=Società editrice Unitas|anno=1930|SBN=LO10259510}}</ref>, togliendo dal romanzo tutti gli elementi da lui considerati manieristici e futili e sostituendoli con passaggi [[erotici]] e anche politici, suscitando la vivace reazione di parte del mondo della cultura e di un discendente del poeta, l'avvocato Enrico Manzoni<ref>{{Cita libro|autore=Enzo Magrì|capitolo=Sfregio al Manzoni; Lo scandalo|url=https://books.google.it/books?id=k5ElJqytAvUC&pg=PA225|titolo=Guido Da Verona l'ebreo fascista|città=Cosenza|editore=Luigi Pellegrini Editore|anno=2005|pp=225-258, in particolare pp. 231, 243|ISBN=88-8101-278-2}}</ref>; la satira contro il [[fascismo]], seppur mai esplicita, fu ben percepita dai lettori del tempo<ref>{{Cita libro|autore=[[Antonio Spinosa]]|titolo=Starace|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1981|p=179|SBN=RAV0001700}}</ref>.
 
[[File:Gadda 1921.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Gadda fu uno dei pochi difensori dell'operato manzoniano durante l'epoca delle avanguardie.]]
===== Il secondo Novecento =====
Soltanto nel secondo Novecento la critica letteraria, grazie agli studi di [[Luigi Russo]], [[Eurialo De Michelis]], [[Giovanni Getto]], [[Lanfranco Caretti]], [[Ezio Raimondi]] e [[Salvatore Silvano Nigro]], è riuscita a liberare Manzoni dalla patina ideologica di cui era stato rivestito già all'indomani della sua morte, indagandone con occhio più sgombro da pregiudizi la poetica e la modernità dell'opera<ref>{{cita|Tellini, 2007|pp. 335-336}}.</ref>. Il modello tematico e immaginifico di Manzoni si è fatto sentire anche nella seconda metà di un secolo non tanto favorevole a lui quanto il precedente: nel 1956 [[Dino Buzzati]], ispirandosi ai capitoli sulla pestilenza, scrisse il racconto ''[[Sessanta racconti#La peste motoria|La peste motoria]]''<ref>{{Cita libro|autore=[[Dino Buzzati]]|titolo=La peste motoria|url=https://archive.org/details/sessantaracconti0000dino/page/522/mode/2up|opera=[[Sessanta racconti]]|città=Milano|editore=Arnoldo Mondadori editore|anno=1958|annooriginale=1956|pp=523-528|SBN=SBL0486350}}</ref>, vivace parodia in cui la malattia aggredisce non gli uomini, ma le autovetture, e i monatti sono dipendenti degli [[sfasciacarrozze]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Angelo Colombo|titolo=Buzzati fra parodia e critica: sul manzonismo della "Peste motoria"|rivista=Studi e problemi di critica testuale|volume=42| mese=aprile|anno=1991|pp=175-189|ISSN=0049-2361}}</ref>. Il romanzo manzoniano ebbe inoltre fortuna presso [[Andrea Camilleri]], che lo definì «il capolavoro del nostro Novecento»<ref name="Novelli271">{{Cita|Novelli|p. 271}}.</ref> e ricevette un omaggio da [[Umberto Eco]]<ref name="Novelli271"/>, il quale, nel suo romanzo storico ''[[Il nome della rosa]]'', parla di Malachia paragonandolo a un «vaso di coccio tra vasi di ferro»<ref>{{Cita libro|autore=[[Umberto Eco]]|titolo=Il nome della rosa|città=Milano|editore=Bompiani|anno=1980|p=428|SBN=LI30026624}}</ref>, riprendendo la famosa [[metafora]] manzoniana riferita a don Abbondio<ref>{{Cita|''I promessi sposi''|cap. I, p. 23|Q}}</ref>.
 
== Nella cultura di massa ==
L'influsso del romanzo nella cultura popolare, oltre che a un insieme di parole ed espressioni entrate nell'uso comune<ref>{{Treccani|manzonismi_(Enciclopedia-dell'Italiano)|Manzonismi|autore=Ilaria Bonomi}}</ref>, ha dato origine a tutta una serie di prodotti editoriali dalle cartoline alle [[figurine Liebig]], ai [[fotoromanzi]]<ref>{{Cita|De Berti|pp. 62, 114}}.</ref> e ai fumetti. Nel 2017, al [[WOW spazio fumetto|museo del fumetto e dell'immagine di Milano]] è stata allestita una mostra intitolata ''Alla scoperta dei Promessi sposi'' e dedicata al romanzo di Alessandro Manzoni raccontato in 190 anni di illustrazioni e fumetti da Francesco Gonin a Paperino<ref name="Zampa">{{Cita web|url=https://www.lifegate.it/promessi-sposi-mostra|autore=Alice Zampa|titolo=I promessi sposi in mostra, 190 anni a fumetti (e non solo)|data=16 marzo 2017|accesso=29 gennaio 2025}}</ref>.
 
=== Adattamenti artistici ===
==== Opera lirica ====
* ''[[I promessi sposi (Ponchielli)|I promessi sposi]]'' di [[Amilcare Ponchielli]] (1856; seconda versione 1872).
* ''[[I promessi sposi (Petrella)|I promessi sposi]]'' di [[Errico Petrella]] (1869).
 
==== Musical ====
* ''I promessi sposi'', [[musical]] di [[Tato Russo]] (in scena dal 2000 al 2003) con [[Michel Altieri]] (Renzo) e [[Barbara Cola]] (Lucia) – premio Massimini come miglior attore a Michel Altieri<ref>{{Cita|Tato Russo}}.</ref>.
* ''[[I promessi sposi - Opera moderna]]'' di [[Michele Guardì]] (in scena dal 18 giugno 2010) con [[Noemi Smorra]] nei panni di Lucia, [[Graziano Galatone]] nei panni di Renzo, [[Giò Di Tonno]] nei panni di don Rodrigo, [[Lola Ponce]] nei panni della monaca di Monza, [[Vittorio Matteucci]] nei panni dell'Innominato e Christian Gravina nei panni di fra Cristoforo e del cardinale Borromeo.
 
==== Teatro ====
* ''I promessi sposi'', regista e interprete [[Massimiliano Finazzer Flory]] (2011)<ref>{{Cita web|url=https://www.finazzerflory.com/?spettacolo=i-promessi-sposi|titolo=I Promessi Sposi|accesso=28 giugno 2017}}</ref>.
* ''Una storia lombarda nel 1600. Da "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni'', adattamento teatrale e regia di Luisa Borsieri (2014)<ref>{{Cita web|url=https://web.archive.org/web/20140927013040/http://arteatro3.altervista.org/I-personaggi-di-Arteatro3.html|titolo=Arteatro3 s.a.s. di Luisa Borsieri|urlmorto=sì}}</ref>.
 
==== Cinema ====
[[File:I promessi sposi - Armando Falconi.jpg|miniatura|[[Armando Falconi]] nei panni di don Abbondio nel film ''I promessi sposi'' del 1941 diretto da Mario Camerini.]]
* ''[[I promessi sposi (film 1908)|I promessi sposi]]'', [[Cinema muto|film muto]], diretto da [[Mario Morais]] (1908)<ref name="De Berti61">{{Cita|De Berti|p. 61}}.</ref>.
* ''I promessi sposi'', film muto, diretto da [[Ugo Falena]] (1911)<ref name="De Berti61"/>.
* ''[[I promessi sposi (film 1913 Del Colle)|I promessi sposi]]'', film muto, diretto da [[Ubaldo Maria Del Colle]] (1913)<ref name="De Berti61"/>.
* ''[[I promessi sposi (film 1913 Rodolfi)|I promessi sposi]]'', film muto, diretto da [[Eleuterio Rodolfi]] (1913)<ref name="De Berti61"/>.
* ''[[I promessi sposi (film 1922)|I promessi sposi]]'', film muto, diretto da [[Mario Bonnard]] (1922).
* ''[[I promessi sposi (film 1941)|I promessi sposi]]'', diretto da [[Mario Camerini]] (1941).
* ''[[I promessi sposi (film 1964)|I promessi sposi]]'', diretto da [[Mario Maffei]] (1964).
 
=== Sceneggiati televisivi ===
[[File:I promessi sposi - Il Trio.jpg|miniatura|Tullio Solenghi, Massimo Lopez e Anna Marchesini sul set de ''I promessi sposi'', celebre parodia del romanzo manzoniano.]]
* ''[[I promessi sposi (miniserie televisiva 1967)|I promessi sposi]]'', regia di [[Sandro Bolchi]] (1967). Principali interpreti: [[Massimo Girotti]], [[Paola Pitagora]], [[Nino Castelnuovo]], [[Tino Carraro]], [[Luigi Vannucchi]], [[Salvo Randone]].
* ''[[I promessi sposi (miniserie televisiva 1989)|I promessi sposi]]'', regia di [[Salvatore Nocita]] (1989). Principali interpreti: [[Alberto Sordi]], [[Danny Quinn]], [[Burt Lancaster]], [[Franco Nero]], [[Helmut Berger]].
* ''[[Renzo e Lucia]]'', regia di [[Francesca Archibugi]] (2004). Principali interpreti: [[Stefano Scandaletti]], Michela Macalli, [[Paolo Villaggio]], [[Laura Morante]], [[Carlo Cecchi]], [[Stefano Dionisi]], [[Gigio Alberti]], [[Stefania Sandrelli]].
 
=== Parodie ===
* ''[[Il monaco di Monza]]'' (1963), regia di [[Sergio Corbucci]], con [[Totò]], [[Nino Taranto]] e [[Erminio Macario|Macario]].
* ''[[I promessi sposi (Quartetto Cetra)|I promessi sposi]]'' (1985), regia di [[Antonello Falqui]], con il [[Quartetto Cetra]].
* ''[[I promessi sposi (miniserie televisiva 1990)|I promessi sposi]]'' (1990), regia di [[Massimo Lopez]], [[Anna Marchesini]] e [[Tullio Solenghi]].
* ''[[I promessi sposi in dieci minuti]]'' (2009), riduzione-parodia degli [[Oblivion (gruppo musicale)|Oblivion]], regia di [[Lorenzo Scuda]] e [[Davide Calabrese]].
 
==== Parodie a fumetti ====
* ''[[I promessi paperi]]'' (1976), versione molto rivisitata in cui [[Paperino]] e i suoi amici di [[Paperopoli]] interpretano ciascuno un ruolo del romanzo manzoniano.
* ''[[I promessi topi]]'' (1989), versione che cerca di avvicinarsi all'originale manzoniano, dove è invece [[Topolino]] a interpretare Renzo, affiancato dagli abitanti di [[Topolinia]].
* ''Renzo e Lucia - I promessi sposi a fumetti'' di [[Marcello Toninelli]], versione che coniuga la trama originale e lo stile irriverente del fumettista [[Siena|senese]]<ref name="Zampa"/>.
 
=== Luoghi manzoniani ===
{{vedi anche|Luoghi manzoniani}}
[[File:Castello Innominato B Vercurago.jpg|miniatura|sinistra|I resti del presunto castello dell'Innominato tra [[Vercurago]] e [[Provincia di Lecco|Lecco]].]]
Il profondo tocco realistico proprio de ''I promessi sposi'', ambientati tra il Lecchese, il Milanese e la Bergamasca, ha fatto nascere il desiderio di identificare i luoghi citati nel romanzo con alcuni castelli, palazzi o altri siti paesaggistici. Nel rione di [[Pescarenico]] a Lecco è sicura l'identificazione del convento dei cappuccini di fra Cristoforo, adiacente alla [[chiesa dei Santi Materno e Lucia]], mentre è incerta la collocazione del paesello dei due promessi sposi ([[Olate]] o [[Acquate]]); interessante anche il tentativo di individuare, da parte di [[Antonio Stoppani]], il [[palazzotto di don Rodrigo]] sullo Zucco di Olate<ref>{{Cita|Bindoni|p. 5}}</ref> e il [[castello dell'Innominato]] sulla rocca di [[Somasca]]<ref name="guida">{{Cita|''Guida dei luoghi manzoniani a Lecco''}}.</ref><ref>{{Cita|Bindoni|p. 150}}</ref>. A Monza si trova la [[chiesa di San Maurizio (Monza)|chiesa di San Maurizio]] che un tempo faceva parte del monastero di Santa Margherita, dove si svolsero realmente le vicende relative a suor Marianna de Leyva<ref>{{Cita|Fenaroli}}.</ref><ref>{{Cita|Bindoni|p. 58 e sgg.}}</ref>. A Milano, infine, il forno delle grucce di Corsia dei Servi da cui partì il tumulto di San Martino (oggi in via Vittorio Emanuele II)<ref>{{Cita|Bindoni|p. 102}}</ref>, ma anche la parte del [[Lazzaretto (Milano)|Lazzaretto]] ancora oggi esistente<ref name="Ferrari">{{Cita|Ferrari}}.</ref>. Oltre ai luoghi del romanzo, si associano anche quelli legati alla memoria dello scrittore: il [[palazzo del Caleotto]] a Lecco<ref name="guida"/>, la [[villa di Brusuglio]] ([[Cormano]]), [[Casa Manzoni]] in via del Morone e la [[Chiesa di San Fedele (Milano)|chiesa di San Fedele]], dove ebbe l'infortunio che lo condusse alla morte<ref name="Ferrari"/>.
{{clear}}
 
== Note ==
=== Esplicative ===
<references group="N"/>
 
=== Bibliografiche ===
{{note strette}}
 
== Bibliografia ==
* {{Cita libro|autore-contributo=[[Guido Baldi]]|contributo=Alla ricerca del romanzo di formazione nell'Ottocento italiano|curatore1=Maria Carla Papini|curatore2=Daniele Fioretti|curatore3=Teresa Spignoli|titolo=Il romanzo di formazione nell'Ottocento e nel Novecento|città=Pisa|editore=Edizioni ETS|anno=2007|pp=39-55|ISBN=978-88-467-1796-2|cid=Baldi}}
* {{Cita libro|autore-contributo=Eraldo Bellini|contributo=Calvino e i classici italiani (Calvino e Manzoni)|curatore1=Enrico Elli|curatore2=Giuseppe Langella|url=https://books.google.it/books?id=ysmZ67cdFKgC&pg=PA489|titolo=Studi di letteratura italiana in onore di Francesco Mattesini|città=Milano|editore=Vita e Pensiero|anno=2000|pp=489-534|ISBN=88-343-0400-4|cid=Bellini}}
* {{Cita libro|autore=Giuseppe Bindoni|titolo=La topografia del romanzo I promessi sposi|url=https://books.google.it/books?id=6igOAAAAYAAJ&newbks=1&newbks_redir=0&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false|accesso=27 maggio 2025|anno=1895|editore=Enrico Rechiedei|città=Milano|volume=1-2|cid=Bindoni|SBN=LO10260210}}
* {{Cita libro|curatore1=Alberto Brasioli|curatore2=Daria Carenzi|curatore3=Clemi Acerbi|curatore4=Franco Camisasca|titolo=Incontro con I promessi sposi [di] Alessandro Manzoni|città=Bergamo|editore=Atlas|anno=2002|annooriginale=1994|ISBN=88-268-1016-8|cid=Brasioli et al.}}
* {{Cita libro|autore=[[Italo Calvino]]|sezione=I Promessi Sposi: il romanzo dei rapporti di forza|url=https://archive.org/details/unapietrasopra0000ital/page/266/mode/2up|titolo=Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società|città=Torino|editore=Einaudi|anno=1980|annooriginale=1974|pp=267-278|ISBN=88-06-49874-6|cid=Calvino}}
* {{Cita libro|autore=[[Cesare Cantù]]|titolo=Sulla storia lombarda del secolo XVII. Ragionamenti per commento ai Promessi sposi di Alessandro Manzoni|url=https://books.google.it/books?id=Hyae3FSwUBYC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|città=Milano|editore=presso la ditta Antonio Fortunato Stella e figli|anno=1832|SBN=PUV1317374|cid=''Sulla storia lombarda del secolo XVII''}}
* {{Cita libro|autore=[[Lanfranco Caretti]]|titolo=Manzoni. Ideologia e stile|città=Torino|editore=Einaudi|anno=1975|SBN=LO10259598|cid=Caretti}}
* {{Cita libro|autore=Umberto Colombo|titolo=Il primo capitolo dei «Promessi sposi»|anno=1992|editore=Edizioni Otto/Novecento|città=Azzate|SBN=MIL0113053|cid=Colombo}}
* {{Cita pubblicazione|autore=[[Benedetto Croce]]|titolo=Note sulla poesia italiana e straniera del secolo decimonono. XIV. Manzoni|url=https://rosa.uniroma1.it/rosa00/index.php/la_critica/article/view/7564/7546|rivista=[[La Critica]]|volume=19|numero=5|giorno=20|mese=settembre|anno=1921|pp=257-269|ISSN=0393-7275|accesso=26 febbraio 2025|cid=Croce, 1921}}
* {{Cita libro|autore=Benedetto Croce|titolo=Tornando sul Manzoni|opera=Terze pagine sparse|città=Bari|editore=Laterza|anno=1955|annooriginale=1952|SBN=MOD0394504|cid=Croce, 1955}}
* {{Cita libro|autore=Raffaele De Berti|titolo=Dallo schermo alla carta. Romanzi, fotoromanzi, rotocalchi cinematografici: il film e i suoi paratesti|url=https://www.academia.edu/19947820/Dallo_schermo_alla_carta_Romanzi_fotoromanzi_rotocalchi_cinematografici_il_film_e_i_suoi_partenti|città=Milano|editore=Vita e Pensiero|anno=2000|ISBN=88-343-0636-8|cid=De Berti}}
* {{Cita libro|autore=[[Eurialo De Michelis]]|titolo=Studi sul Manzoni|anno=1962|editore=Giangiacomo Feltrinelli editore|città=Milano|SBN=SBL0131167|cid=De Michelis}}
* {{Cita libro|autore=Vincenzo Di Benedetto|titolo=Guida ai Promessi Sposi|anno=1999|editore=BUR|città=Milano|ISBN=88-17-17268-5|cid=Di Benedetto}}
* {{Cita libro|autore=[[Francesco D'Ovidio]]|titolo=Appunti per un parallelo fra Manzoni e Walter Scott. Memoria letta alla reale Accademia di scienze morali e politiche|url=https://books.google.it/books?id=TVQITwXv6Y8C&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|città=Napoli|editore=Tipografia e stereotipia della regia Università|anno=1886|pp=1-30 dell'estratto|SBN=LO10261212|cid=D'Ovidio}}
* {{Cita libro|autore-contributo=Anna Escher Di Stefano|contributo=L'anima politica dell'analisi gramsciana del linguaggio|curatore=Giusi Furnari Luvarà|titolo=Filosofia e politica. Studi in onore di Girolamo Cotroneo|url=https://books.google.it/books?id=DuS9cEaTLt8C&pg=PA119|città=Soveria Mannelli|editore=Rubbettino|volume=3|anno=2005|pp=119-141|ISBN=88-498-1292-2|cid=Escher Di Stefano}}
* {{Cita libro|curatore1=Paola Fandella|curatore2=Giuseppe Langella|curatore3=Pierantonio Frare|titolo=«Questo matrimonio non s'ha da fare...». Lettura de «I promessi sposi»|url=https://books.google.it/books?id=5GUBYRpxCmUC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|anno=2005|editore=Vita e Pensiero|città=Milano|ISBN=88-343-1253-8|cid=Fandella-Langella-Frare}}
* {{Cita libro|autore1=[[Giuseppe Farinelli (storico della letteratura)|Giuseppe Farinelli]]|autore2=Antonia Mazza Tonucci|autore3=Ermanno Paccagnini|titolo=La letteratura italiana dell'Ottocento|città=Roma|editore=Carocci|anno=2002|ISBN=88-430-2227-X|cid=Farinelli-Mazza Tonucci-Paccagnini}}
* {{Cita libro|autore=[[Giulio Ferroni]]|titolo=Storia della letteratura italiana|volume=vol. 3, ''Dall'Ottocento al Novecento''|città=Torino|editore=Einaudi|anno=1991|ISBN=88-06-12785-3|cid=Ferroni, 1991}}
* {{Cita libro|autore=Giulio Ferroni|titolo=Profilo storico della letteratura italiana|città=Milano|editore=Einaudi scuola|anno=1992|ISBN=88-286-0117-5|cid=Ferroni, 1992}}
* {{Cita libro|autore=Giulio Ferroni|titolo=Storia e testi della letteratura italiana|volume=vol. 7, ''Restaurazione e Risorgimento (1815-1861)''|altri=[con il contributo di] Andrea Cortellessa, Italo Pantani e Silvia Tatti|città=Milano|editore=Mondadori Università|anno=2003|ISBN=88-88242-33-3|cid=Ferroni, 2003}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Pierantonio Frare|titolo=La condanna etica e civile dell'Ottocento nei confronti del Barocco|rivista=Italianistica. Rivista di letteratura italiana|volume=33|numero=1|pp=147-165|mese=gennaio-aprile|anno=2004|url=https://www.jstor.org/stable/23935366|ISSN=0391-3368|accesso=30 marzo 2024|cid=Frare}}
* {{Cita pubblicazione|autore=[[Carlo Emilio Gadda]]|titolo=Apologia manzoniana|rivista=[[Solaria]]|volume=a. 2|numero=1|mese=gennaio|anno=1927|pp=39-48|cid=Gadda}}
* {{Cita libro|autore=[[Giovanni Gentile]]|titolo=Alessandro Manzoni|opera=[[Manzoni e Leopardi]]|città=Milano|editore=Treves|anno=1928|pp=1-30|cid=Gentile}}
* {{Cita pubblicazione|autore=[[Giovanni Getto]]|titolo=Echi di un romanzo barocco nei «Promessi Sposi»|rivista=[[Lettere italiane]]|volume=a. 12|numero=2|mese=aprile-giugno|anno=1960|pp=141-167|ISSN=0024-1334|cid=Getto, 1960}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Giovanni Getto|titolo=Il tema della casa e la struttura del capitolo VIII dei «Promessi Sposi»|rivista=[[Lettere italiane]]|volume=a. 13|numero=4|mese=ottobre-dicembre|anno=1961|pp=410-433|ISSN=0024-1334|cid=Getto, 1961}}
* {{Cita libro|autore-sezione=[[Enrico Ghidetti]]|sezione=Progetto, storia e destino di un libro per tutti|autore=Alessandro Manzoni|titolo=I promessi sposi|città=Milano|editore=Feltrinelli|anno=2003|pp=V-XL|ISBN=88-07-82162-1|cid=Ghidetti}}
* {{Cita libro|autore1=[[Salvatore Guglielmino]]|autore2=Hermann Grosser|sezione=Alessandro Manzoni|url=https://archive.org/details/ilsistemalettera0000gugl/page/220/mode/2up|titolo=Il sistema letterario. Guida alla storia letteraria e all'analisi testuale|volume=''Ottocento''|edizione=2|città=Milano|editore=Principato|anno=1994|pp=221-237|ISBN=88-416-1354-8|cid=Guglielmino-Grosser}}
* {{Cita libro|curatore=Paola Italia|titolo=Manzoni|anno=2020|editore=Carocci|città=Roma|ISBN=978-88-290-0154-5}} Contiene:
** {{Cita libro|autore=Matteo Palumbo|titolo=I promessi sposi|pp=93-122|cid=Palumbo}}
** {{Cita libro|autore=Mauro Novelli|titolo=Manzoni moderno, Manzoni modello|pp=265-281|cid=Novelli}}
* {{Cita libro|autore-contributo=[[Giuseppe Langella]]|contributo=Il modello della conversione: Papini e Manzoni|titolo=Manzoni tra due secoli|città=Milano|editore=Vita e Pensiero|anno=1986|pp=165-212|ISBN=88-343-0431-4|cid=Langella, 1986}}
* {{Cita libro|autore-contributo=Giuseppe Langella|contributo=I promessi sposi e lo statuto del personaggio moderno|titolo=Incontri ingauni. I classici della letteratura italiana, 2. Manzoni. Atti del convegno (Albenga, 22-23 novembre 2013)|url=https://www.csdalbenga.it/documenti/pubblicazioni/Atti-Convegno-Manzoni-2014.pdf|curatore1=Giangiacomo Amoretti|curatore2=Giannino Balbis|città=Torino|editore=Il Capitello|anno=2014|pp=127-135|ISBN=978-88-426-9216-4|cid=Langella, 2014}}
* {{Cita libro|autore=Giuseppe Langella|curatore=Simone Magherini|titolo=«I promessi sposi», i cavalieri dell'Apocalisse e la «grande tribolazione»|anno=2018|editore=Società Editrice Fiorentina|città=Firenze|pp=293-313|volume=1|opera=Studi di letteratura italiana in onore di [[Gino Tellini]]|ISBN=978-88-6032-454-2|cid=Langella, 2018}}
* {{Cita libro|autore=Achille Locatelli Milesi|titolo=La signora di Monza nella realtà|città=Milano|editore=Fratelli Treves editori|anno=1924|SBN=LO10259163|cid=Locatelli Milesi}}
* {{Cita libro|autore=Romano Luperini|titolo=L'eroe nella prosa del mondo: il modello romanzesco di Manzoni|collana=La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civiltà europea|anno=1998|editore=Palumbo|città=Palermo|volume=10|ISBN=88-8020-226-X|cid=Luperini}}
* {{Cita libro|autore=[[Giovanni Macchia]]|titolo=Manzoni e la via del romanzo|città=Milano|editore=Adelphi|anno=1994|ISBN=88-459-1052-0|cid=Macchia, 1994}}
* {{Cita libro|curatore=[[Pietro Mazzamuto]]|titolo=Lettura de I promessi sposi di Alessandro Manzoni|url=https://archive.org/details/letturadeipromes0000mazz/page/n3/mode/2up|edizione=2|città=Palermo|editore=Palumbo|anno=1993|SBN=88-8020-025-9|cid=Mazzamuto}}
* {{Cita libro|autore-sezione=Gabriella Mezzanotte|sezione=Introduzione|url=https://archive.org/details/ipromessisposist0000manz|autore=Alessandro Manzoni|titolo=I promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta|città=Milano|editore=Mondadori|anno=1990|pp=V-XXXIV|ISBN=88-04-33172-0|cid=Mezzanotte}}
* {{Cita libro|autore=[[Attilio Momigliano]]|titolo=Alessandro Manzoni|edizione=3|città=Messina-Milano|editore=Casa editrice Giuseppe Principato|anno=1933|SBN=RLZ0163861|cid=Momigliano}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Ernst Nef|titolo=Caso e Provvidenza nei Promessi Sposi|url=https://www.jstor.org/stable/2908266|rivista=MLN, Modern Language Notes|volume=85|numero=1|mese=gennaio|anno=1970|pp=13-23|ISSN=0026-7910|accesso=10 maggio 2017|cid=Nef}}
* {{Cita libro|autore=Salvatore S. Nigro|wkautore=Salvatore Silvano Nigro|titolo=Manzoni|url=https://archive.org/details/manzoni0000nigr|collana=Letteratura italiana Laterza|volume=41|edizione=2|città=Roma-Bari|editore=Editori Laterza|anno=1988|ISBN=88-420-0945-8|cid=Nigro, 1988}}
* {{Cita libro|autore-sezione=Salvatore S. Nigro|sezione=«I promessi sposi» di Alessandro Manzoni|titolo=Letteratura italiana. Le opere|curatore=[[Alberto Asor Rosa]]|volume=vol. 3, ''Dall'Ottocento al Novecento''|città=Torino|editore=Giulio Einaudi editore|anno=1995|pp=429-496|ISBN=88-06-13507-4|cid=Nigro, 1995}}
* {{Cita libro|curatore-sezione=Ermanno Paccagnini|sezione=Nota critico-filologica: la «Colonna infame»|autore=Alessandro Manzoni|titolo=Fermo e Lucia|collana=I Meridiani|città=Milano|editore=Arnoldo Mondadori|anno=2002|pp=LXI-XCV|ISBN=88-04-47904-3|cid=Paccagnini}}
* {{Cita libro|autore=[[Marino Parenti]]|sezione=Prime edizioni manzoniane|titolo=Rarità bibliografiche dell'Ottocento|volume=1|edizione=3|città=Firenze|editore=Sansoni|anno=1953|pp=157-288|SBN=RAV0204908|cid=Parenti, 1953}}
* {{Cita libro|autore=Marino Parenti|titolo=Immagini della vita e dei tempi di Alessandro Manzoni|città=Firenze|editore=Sansoni|anno=1973|annooriginale=1942|SBN=LO10260103|cid=Parenti, 1973}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Luciano Parisi|titolo=Il tema della Provvidenza in Manzoni|rivista=MLN, Modern Language Notes|volume=114|numero=1|mese=gennaio|anno=1999|pp=83-105|url=https://www.jstor.org/stable/3251294|ISSN=0026-7910|accesso=10 maggio 2017|cid=Parisi}}
* {{Cita pubblicazione|autore=[[Giovanni Pascoli]]|titolo=L'eco d'una notte mitica|url=https://books.google.it/books?id=HOUaAAAAYAAJ&pg=PA1|rivista=La vita italiana|serie=n.s.|volume=2|numero=7|giorno=25|mese=agosto|anno=1896|pp=1-8|cid=Pascoli}}
* {{Cita libro|curatore=[[Giuseppe Pontiggia]]|titolo=Manzoni europeo|città=Milano|editore=Cariplo, Cassa di risparmio delle provincie lombarde|anno=1985|SBN=CFI0103078|cid=Pontiggia}}
* {{Cita libro|autore=Claudio Povolo|titolo=Il romanziere e l'archivista. Da un processo veneziano del '600 all'anonimo manoscritto dei Promessi Sposi|url=https://www.academia.edu/2441338/Il_romanziere_e_larchivista_Da_un_processo_veneziano_del_Seicento_allanonimo_manoscritto_dei_Promessi_Sposi|città=Sommacampagna, Verona|editore=Cierre edizioni|anno=2004|annooriginale=1993|ISBN=88-8314-261-6|cid=Povolo}}
* {{Cita libro|autore=[[Ezio Raimondi]]|titolo=Il romanzo senza idillio|anno=1974|editore=Einaudi|città=Torino|SBN=CAG1010295|cid=Raimondi}}
* {{Cita libro|autore=Ezio Raimondi|autore2=Luciano Bottoni|titolo=Introduzione|anno=1988|editore=Principato|città=Milano|opera=Alessandro Manzoni. I Promessi Sposi|ISBN=88-416-1837-X|cid=Raimondi-Bottoni}}
* {{Cita libro|autore=[[Luigi Russo]]|titolo=Personaggi dei Promessi Sposi|città=Roma-Bari|editore=Editori Laterza|anno=1998|annooriginale=1945|ISBN=88-420-5594-8|cid=Russo}}
* {{Cita libro|titolo=Epistolario di Alessandro Manzoni|url=https://archive.org/details/epistolariodiale01manzuoft/page/n5/mode/2up|curatore=[[Giovanni Sforza (storico)|Giovanni Sforza]]|volume=vol. 1 (1803-1839)|città=Milano|editore=Libreria di educazione e di istruzione Paolo Carrara editore|anno=1882|SBN=TSA0762976|cid=''Epistolario''}}
* {{Cita libro|titolo=Carteggio di Alessandro Manzoni|url=https://archive.org/details/pt2carteggio00manz/page/n11/mode/2up|curatore1=Giovanni Sforza|curatore2=Giuseppe Gallavresi|volume=parte 2 (1822-1831)|città=Milano|editore=Ulrico Hoepli|anno=1921|SBN=LO10259547|cid=''Carteggio''}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Vittorio Spinazzola|wkautore=Vittorio Spinazzola (critico letterario)|titolo=«I promessi sposi» e il mondo moderno|url=https://www.jstor.org/stable/26143076|rivista=[[Belfagor (rivista)|Belfagor]]|volume=32|numero=3|giorno=31|mese=maggio|anno=1977|pp=245-260|ISSN=0005-8351|accesso=30 gennaio 2025|cid=Spinazzola}}
* {{Cita libro|autore=[[Stefano Stampa]]|titolo=Alessandro Manzoni: la sua famiglia, i suoi amici|url=https://archive.org/stream/alessandromanzon00stamuoft#page/n7/mode/2up|città=Milano|editore=Ulrico Hoepli|anno=1885|SBN=LO10165992|cid=Stampa}}
* {{Cita libro|autore-sezione=[[Angelo Stella]]|sezione=Alessandro Manzoni|opera=Storia della letteratura italiana|curatore=Enrico Malato|volume=vol. 7, ''Il primo Ottocento''|città=Roma|editore=Salerno Editrice|anno=1998|pp=605-725|ISBN=88-8402-252-5|cid=Stella}}
* {{Cita libro|autore=[[Gino Tellini]]|titolo=Il romanzo italiano dell'Ottocento e Novecento|anno=1998|editore=Bruno Mondadori Editore|città=Milano|ISBN=88-424-9352-X|cid=Tellini, 1998}}
* {{Cita libro|autore=Gino Tellini|titolo=Manzoni|città=Roma|editore=Salerno Editrice|anno=2007|ISBN=978-88-8402-572-2|cid=Tellini, 2007}}
* {{Cita libro|autore=Marco Tentorio|titolo=Conversione del Manzoni e dell'Innominato e luoghi manzoniani|url=https://www.academia.edu/1102859/Conversione_del_Manzoni_e_dellInnominato_e_luoghi_manzoniani|città=Como|editore=Archivio Storico PP. Somaschi|anno=1974|SBN=SBL0712221|accesso=30 dicembre 2024|cid=Tentorio}}
* {{Cita libro|curatore=Carlo Varotti|titolo=Manzoni. Profilo e antologia critica|url=https://books.google.it/books?id=jwrOcv4UkPoC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false|anno=2006|editore=Bruno Mondadori|città=Milano|opera=La letteratura italiana diretta da Ezio Raimondi|ISBN=88-424-9229-9|cid=Varotti}}
* {{Cita libro|autore=[[Giancarlo Vigorelli]]|titolo=Manzoni europeo|anno=2000|editore=De Luca|città=Roma|pp=33-34|opera=Manzoni scrittore e lettore europeo|SBN=LO10577440|cid=Vigorelli}}
 
== Voci correlate ==
* [[Alessandro Manzoni]]
* [[Fermo e Lucia]]
* [[Luoghi manzoniani]]
* [[Pensiero e poetica di Alessandro Manzoni]]
* [[Personaggi de I promessi sposi]]
* [[Peste del 1630]]
* [[Romanzo storico]]
* [[Traduzioni de I promessi sposi]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|testo=I promessi sposi (1840)|testo_preposizione=de|q|q_preposizione=tratte da|b=I promessi sposi|b_oggetto=un testo di commento|b_preposizione=a|commons|etichetta=''I promessi sposi''|v=I Promessi sposi|s=}}
{{interprogetto|testo=I promessi sposi}}
== Collegamenti esterni ==
* [http://appunti.studentville.it/manzoni_promessi_sposi/ Riassunti sui Promessi Sposi] Sezione dedicata ad Alessandro Manzoni e i Promessi sposi, con i riassunti dei capitoli.
* [http://www.classicistranieri.com/dblog/articolo.asp?articolo=1283 Testo in e-book] Edizione 1842
* [http://www.classicistranieri.com/dblog/articolo.asp?articolo=756 Concordanze dei Promessi Sposi] condotte sull'edizione definitiva
* [http://crtpesaro.altervista.org/Cultura%20e%20Storia/Letteratura/Sezione%20Manzoniana/The%20Betrothed%20Lovers%20Review%20by%20E.A.%20Poe.php La recensione de "I Promessi Sposi" scritta da E.A. Poe nel 1835 e pubblicata in "The Southern Literary Messenger"]
 
== Collegamenti esterni ==
{{letteratura}}
{{Collegamenti esterni}}
* {{Cita news|url=https://www.mbnews.it/2013/11/la-monaca-di-monza-ecco-il-suo-convento-e-altri-luoghi-del-manzoni/|titolo=La monaca di Monza: ecco il suo convento e altri luoghi del Manzoni|autore=Federica Fenaroli|sito=mbnews.it|data=8 novembre 2013|accesso=29 giugno 2017|cid=Fenaroli}}
* {{Cita web|url=http://fascinointellettuali.larionews.com/passeggiando-milano-insieme-renzo-porta-venezia-cordusio/|titolo=A spasso per Milano con Renzo: da Porta Venezia a Cordusio|autore=Silvia Ferrari|data=28 aprile 2016|accesso=29 giugno 2017|cid=Ferrari}}
* {{Cita web|url=https://www.eccolecco.it/luoghi-manzoniani-lecco/|titolo=Guida dei luoghi manzoniani a Lecco|accesso=29 giugno 2017|cid=''Guida dei luoghi manzoniani a Lecco''}}
* {{Cita web|url=https://www.movio.beniculturali.it/dsglism/IpromessisposiinEuropaenelmondo/i_promessi_sposi_in_eu_e_nel_mondo_home|titolo=I Promessi Sposi in Europa e nel mondo|accesso=1 febbraio 2025|postscript=nessuno}}:
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* {{Cita web|url=http://www.promessisposimusical.it/sito.htm|titolo=I promessi sposi: un musical di Tato Russo|accesso=31 dicembre 2024|cid=Tato Russo}}
* {{Cita web|url=https://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/manzoni/index.html|titolo=Alessandro Manzoni|autore=Massimiliano Mancini|accesso=30 marzo 2025|cid=Mancini}}
* {{Cita web|autore=Silvia Morgana, Laura Ricci|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/lingua-dell-ottocento_(Enciclopedia-dell%27Italiano)/|titolo=Ottocento, lingua dell'|editore=Treccani|cid=Morgana-Ricci|accesso=18 maggio 2025}}
{{Alessandro Manzoni}}
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{{vetrina|valutazione=Wikipedia:Riconoscimenti di qualità/Segnalazioni/I promessi sposi/2|arg=letteratura|arg2=|giorno=24|mese=giugno|anno=2025}}
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