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L’'''indice glicemico''' o '''IG''' (dall'inglese '''Glycemic index''', abbreviato in '''GI''') di un alimento indica la velocità con cui aumenta la [[glicemia]] in seguito all'assunzione di un quantitativo dell'alimento contenente 50 g di carboidrati: viene ottenuto misurando l'andamento della curva a campana dal momento dell'ingestione a due ore dopo. QuestoL'IG parametrodi èun espressoalimento inequivale percentualeal sullarapporto fra la velocità di aumento della [[glicemia]] conin seguito alla sua ingestione e la velocità misurata dopo l'ingestione della stessa quantità di [[glucosio]] (standard di riferimento, valore GI = 100) ooppure, (menosecondo usatouna diversa e conmeno diversausata scala, essendodi valori (essendo il glucosio 1,37 volte più attivo), di [[pane bianco]]<ref name="Jenkins" />. Per calcolare l’indice glicemico rispetto al pane bianco basta moltiplicare per 1,37 quello calcolato rispetto al glucosio,viceversa per calcolare l’indice glicemico rispetto al glucosio basta dividere per 1,37 quello calcolato rispetto al pane bianco:es.(rispetto al pane bianco:valore pane bianco rispetto al glucosio per 1,37=100,valore glucosio rispetto al glucosio per 1,37=137),viceversa(rispetto al glucosio:valore pane bianco rispetto al pane bianco diviso 1,37=73,valore glucosio rispetto al pane bianco diviso 1,37=100).
== Definizione ==
[[File:IndiceGlucemicoPostprandial.jpg|thumb|upright=1.4|Grafico che raffigura l'aumentare degli zuccheri nel sangue dopo i pasti]]
L'indice glicemico (IG) è un sistema di classificazione numericache utilizzato per misuraremisura la velocità di digestione e assorbimento dei cibi contenenti carboidrati e il loro conseguente effetto sulla glicemia, cioè sui livelli di glucosio nel sangue. Un cibo con un punteggio dell'IG alto produce un grande picco momentaneo di glucosio dopo il suo consumo. Al contrario, un alimento con un basso indice glicemico provoca un'elevazione dellento rilascio di glucosio nel sangue piùdopo lentoil esuo sostenutoconsumo.
Il concetto di indice glicemico vennefu fondatointrodotto nel 1981 da Jenkins ''et al.alia'' come un sistema numerico per classificare gli alimenti contenenti carboidrati per il miglioramento del controllo glicemico nei pazienti diabetici<ref name="Jenkins" />. I soggetti coinvolti nello studio consumarono diversi alimenti in una quantità tale da apportare un totale di 50 grammi di carboidrati, da cui; i ricercatori monitorarono poi la risposta di glucosio nel sangue per le 2 ore dallsuccessive all'assunzione. Questa risposta è stata poi confrontata con 50 grammi di carboidrati apportati da un alimento di riferimento, cioè glucosio o pane bianco. Jenkins ''et al.'' utilizzarono i risultati della ricerca per stabilire una tabella con 62 alimenti comuni sulla base della risposta glicemica, e così nacque l'indice glicemico. I punteggi deldell' IG sono classificati come basso (inferiore a 55), medio (tra 56-69), o alto (maggiore di 70). Da allora, l'indice glicemico, successivamente in combinazione con il carico glicemico, è diventato un metodo per tentare di determinare quanto sano può essere un cibo. Nel corso degli anni, le tabelle del dell'indice glicemico sono state ampliate ed aggiornate<ref>Foster-Powell et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12081815 International table of glycemic index and glycemic load values: 2002]''. Am J Clin Nutr. 2002 Jul;76(1):5-56.</ref>. Diversi fattori influenzano GIl'IG di un alimento, come la forma (liquida o solida), la quantità di fibra, o illo metodostato di preparazionepresentazione (crudo o cotto)<ref name="Manore" />. In generale, gli alimenti sottoposti a processi di lavorazione contenenti zuccheri raffinati (come cracker e sciroppi di mais) hanno un indice glicemico più alto. Va inoltre osservato che l'effetto dell'IG per qualsiasi cibo può variare significativamentevaria tra gli individui, quindi è importante testare i cibi individualmente per determinare i loro effetti.
Il solo controllo dell'indice glicemico degli alimenti tuttavia non permette di capire che quantità di un alimento può essere consumata per raggiungere una soglia che causi l'iperglicemia, poiché l'indice glicemico è un fattore che considera solo la velocità di assorbimento dei cibi glucidici, ma non la quantità o l'innalzamento della glicemia relativo ad una data porzione di glucidi. È vero che l'indice glicemico viene determinato dall'effetto sulla glicemia di un alimento contenente 50 grammi di carboidrati, quindi a parità di carboidrati, diversi alimenti determineranno un diverso picco glicemico. Spesso però si assiste ad una superficiale ed errata valutazione che vede i cibi adsolo l'alto indice glicemico come la causa dell'iperglicemia (alto indice glicemico=iperglicemia), quando in realtà ciò che deve essere considerato per prevenirla è unicamenteessenzialmente il [[carico glicemico]]. È quest'ultimo metodo di calcolo infatti che serve a comprendere in che quantità può essere assunto un cibo glucidico per prevenire l'iperglicemia. In base a queste considerazioni si può capire che iI cibi ad alto indice glicemico non causano iperglicemia in terminibase assoluti, ma dipende dallaalla quantità in cui vengono assunti. Allo stesso modo si può parlare dei cibi ad indice glicemico basso e medio, che in determinate quantità, sono comunque capaci di causare iperglicemia.
IlÈ controlloquindi dell'indiceil carico glicemico serveche aconsente comprendere, o meglio adi stimare , la velocità dil'effettivo innalzamento dei valorilivelli glicemici causataper dauna undata alimento glucidicoporzione.<ref name="Jenkins" /> , mentre il carico glicemico serve a stimare l'effettivo innalzamento dei livelli glicemici per una data porzione<ref name="Salmerón">Salmerón et al. ''[ httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9020271 Dietary fiber, glycemic load, and risk of non-insulin-dependent diabetes mellitus in women]''. JAMA. 1997 Feb 12;277(6):472-7 .</ref>. Inoltre, in tempi relativamente più recenti è emerso un nuovo parametro, l'[[indice insulinico]], il qualeche misura l'impatto di un cibo direttamente sull'[[insulinemia]] e non sulla [[glicemia]], permettendo di valutare più precisamentemeglio la risposta insulinica degli alimenti. Da questi esperimenti si è visto che la produzione di insulina non è sempre proporzionale alla risposta glicemica, perché altri fattori sono in grado di stimolare una produzione o un aumento di secrezione dell'ormone. Proteine (o amminoacidi) e grassi, infatti causano un aumento della produzione di insulina nonostante allunghino i tempi di assimilazione dei carboidrati e riducano i livelli glicemici. Cibi proteici dal contenuto assenteprivo di carboidrati, e quindi ad indice glicemico equivalente a 0, come la carne o il pesce, riescono a stimolare significativamente l'insulina, nonostante non causino iperglicemia. Analogamente latte e derivati danno una risposta insulinemica molto alta nonostante l'indice glicemico molto basso<ref name="Brand-Miller">Jannie Brand-Miller, Thomas M.S. Wolever, Kaye Foster-Powell, Stephen Colagiuri. ''[http://books.google.it/books?id=3okWfQykQHoC&dq=The+New+Glucose+Revolution:+The+Authoritative+Guide+to+the+Glycemic+Index+-+the+Dietary+Solution+for+Lifelong+Health&hl=it&sa=X&ei=QZEbUcqvJeWD4gT_04GoAg&ved=0CC8Q6AEwAA The New Glucose Revolution: The Authoritative Guide to the Glycemic Index - the Dietary Solution for Lifelong Health] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150501084907/http://books.google.it/books?id=3okWfQykQHoC&dq=The+New+Glucose+Revolution:+The+Authoritative+Guide+to+the+Glycemic+Index+-+the+Dietary+Solution+for+Lifelong+Health&hl=it&sa=X&ei=QZEbUcqvJeWD4gT_04GoAg&ved=0CC8Q6AEwAA |data=1º maggio 2015 }}''". Marlowe and Company, 2003, ISBN 1569245061 p. 57-58</ref><ref name="Holt">Holt et al. ''[ httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9356547 An Insulin Index of Foods: The Insulin Demand Generated by 1000-kJ Portions of Common Foods]''. Am J Clin Nutr. 1997 Nov;66(5):1264-76.</ref>. ▼
==Scala di valori dell'indice glicemico<ref>Jenkins et al.''[ httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/6688055 The glycaemic index of foods tested in diabetic patients: a new basis for carbohydrate exchange favouring the use of legumes]''. Diabetologia. 1983 Apr;24(4):257-64.</ref>== ▼
▲Il controllo dell'indice glicemico serve a comprendere, o meglio a stimare, la velocità di innalzamento dei valori glicemici causata da un alimento glucidico<ref name="Jenkins" />, mentre il carico glicemico serve a stimare l'effettivo innalzamento dei livelli glicemici per una data porzione<ref name="Salmerón">Salmerón et al. ''[http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9020271 Dietary fiber, glycemic load, and risk of non-insulin-dependent diabetes mellitus in women]''. JAMA. 1997 Feb 12;277(6):472-7.</ref>. Inoltre, in tempi relativamente più recenti è emerso un nuovo parametro, l'[[indice insulinico]], il quale misura l'impatto di un cibo direttamente sull'[[insulinemia]] e non sulla [[glicemia]], permettendo di valutare più precisamente la risposta insulinica degli alimenti. Da questi esperimenti si è visto che la produzione di insulina non è sempre proporzionale alla risposta glicemica, perché altri fattori sono in grado di stimolare una produzione o un aumento di secrezione dell'ormone. Proteine (o amminoacidi) e grassi, infatti causano un aumento della produzione di insulina nonostante allunghino i tempi di assimilazione dei carboidrati e riducano i livelli glicemici. Cibi proteici dal contenuto assente di carboidrati, e quindi ad indice glicemico equivalente a 0, come la carne o il pesce, riescono a stimolare significativamente l'insulina, nonostante non causino iperglicemia. Analogamente latte e derivati danno una risposta insulinemica molto alta nonostante l'indice glicemico molto basso<ref name="Brand-Miller">Jannie Brand-Miller, Thomas M.S. Wolever, Kaye Foster-Powell, Stephen Colagiuri. ''[http://books.google.it/books?id=3okWfQykQHoC&dq=The+New+Glucose+Revolution:+The+Authoritative+Guide+to+the+Glycemic+Index+-+the+Dietary+Solution+for+Lifelong+Health&hl=it&sa=X&ei=QZEbUcqvJeWD4gT_04GoAg&ved=0CC8Q6AEwAA The New Glucose Revolution: The Authoritative Guide to the Glycemic Index - the Dietary Solution for Lifelong Health] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150501084907/http://books.google.it/books?id=3okWfQykQHoC&dq=The+New+Glucose+Revolution:+The+Authoritative+Guide+to+the+Glycemic+Index+-+the+Dietary+Solution+for+Lifelong+Health&hl=it&sa=X&ei=QZEbUcqvJeWD4gT_04GoAg&ved=0CC8Q6AEwAA |data=1º maggio 2015 }}''". Marlowe and Company, 2003, ISBN 1569245061 p. 57-58</ref><ref name="Holt">Holt et al. ''[http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9356547 An Insulin Index of Foods: The Insulin Demand Generated by 1000-kJ Portions of Common Foods]''. Am J Clin Nutr. 1997 Nov;66(5):1264-76.</ref>.
▲==Scala di valori dell'indice glicemico<ref>Jenkins et al.''[http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/6688055 The glycaemic index of foods tested in diabetic patients: a new basis for carbohydrate exchange favouring the use of legumes]''. Diabetologia. 1983 Apr;24(4):257-64.</ref>==
* Fino a '''40''' l'indice glicemico è considerato '''MOLTO BASSO'''.
* Da '''41''' a '''55''' l'indice glicemico è considerato '''BASSO'''.
==La variabilità dell'indice glicemico==
L'introduzioneI dell'indicevalori glicemicodi è servita a dare un riferimento sul valore glicemico a tutti i cibi contenenti carboidrati, ma in molti casi questo valore è molto approssimativo. Non si è valutato infatti che i punteggiIG assegnati alla maggior parte degli alimenti sono sempre variabili, e spesso questa variabilità può essere anche moltotalvolta marcatanotevolmente. Ad eccezione dei carboidrati puri (come glucosio, fruttosio, saccarosio, galattosio, lattosio ecc. che hanno un IG stabile), i cibi glucidici (che sono composti solo in parte da carboidrati) sono soggetti ad un'estrema variabilità in base a molteplici fattori che alterano il punteggio dell'indice glicemico:
*varietà dell'alimento: le diverse varietà di un frutto o un ortaggio hanno un diverso IG;
*grado di maturazione: maggiore è la maturazione di un frutto, maggiore è l'IG;
*rapporto tra diversi carboidrati: il diverso rapporto tra glucidi contenuti in un alimento determina un diverso IG (come il rapporto glucosio/fruttosio per il miele, o il rapporto amilosio/amilopectina per l'amido);
*zona di coltivazione: la diversa provenienza e il diverso clima causano una variazione dell'IG;
*grado di idratazione: un cibo glucidico maggiormente idratato è più digeribile di uno secco (l'amido crudo è indigeribile);
*grado di masticazione:<ref name="Read" /> un cibo masticato meno ha un IG inferiore allo stesso cibo masticato di più;
*eventuali tempi di cottura<ref>Wolever TM. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/2180214 The glycemic index]''. World Rev Nutr Diet. 1990;62:120-85.</ref>: la cottura di un alimento amidaceo aumenta l'IG in maniera proporzionale;
*pasti precedenti e orari<ref name="breakfast meals" />: l'impatto glicemico di un pasto glucidico varia in base agli orari e alla composizione dei pasti precedenti.
I casi in cui un IG si presenta stabile possono essere:
Fatte queste premesse, si capisce che non è possibile stabilire con esattezza l'indice glicemico di un alimento glucidico, salvo alcune eccezioni. Anche il conseguente calcolo del carico glicemico di conseguenza non potrà rivelarsi esatto. I casi in cui un IG si presenta stabile e immutato possono essere:
*carboidrati puri la cui conformazione e il [[Massa molecolare|peso molecolare]] non subisce variazioni: glucosio, fruttosio, saccarosio, galattosio, lattosio hanno un IG stabile, ma l'[[amido]] puro ad esempio è escluso poiché la sua composizione è variabile (rapporto [[amilosio]]/[[amilopectina]]; idratazione; cottura; composizione del cibo; raffinazione);
*cibi confezionati: l'IG di un cibo confezionato prodotto da un determinato marchio può mantenere un IG più o meno stabile, sebbene anche questo possa essere soggetto ad una certa variabilità;
Il valore dell'indice glicemico degli alimenti si rivela in definitiva come una stima approssimativa, poiché nella maggior parte dei casi il loro valore non è stabile e può subire delle variazioni notevoli. Esistono però alimenti che sono soggetti ad una maggiore variabilità, come miele, banane, riso, patate, pane bianco, gelato; mentre altri dimostrano una tendenza a manteneremantengono un valore non troppo variabile, come pere, mele, legumi. La ricerca ha inoltre suggeritomostrato che i valori del IG pubblicati presentano delle limitazioni, in quanto sovrastimano la risposta glicemica rispetto alle misurazioni dirette<ref>Dodd et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21831990 Calculating meal glycemic index by using measured and published food values compared with directly measured meal glycemic index]''. Am J Clin Nutr. 2011 Oct;94(4):992-6.</ref>.
==L'effetto degli altri macronutrienti sul IG e sull'insulinemia==
{{vedi anche|Indice insulinico|Carico insulinico}}
Un cibo glucidico che presenta al suo interno una maggiore quantità di [[Lipidi|grassi]] e [[proteine]] risulta a IG più basso, poiché la presenza di questi nutrienti rallenta e allunga i processi digestivi. Ne è un esempio il [[latte]], che da intero ha un IG più basso di quello scremato. Alcuni studi trovarono ad esempio che il latte assunto assieme al riso si traduce in un valore dell'indice glicemico del riso significativamente più basso rispetto a quando lo stesso alimento viene assunto da solo<ref>Henry et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16435002 The impact of the addition of toppings/fillings on the glycaemic response to commonly consumed carbohydrate foods]''. Eur J Clin Nutr. 2006 Jun;60(6):763-9.</ref>, il che può essere significativo perché normalmente i cibi ricchi di carboidrati vengono accompagnati con altri alimenti. Mangiare cibi proteici assieme a cibi glucidici abbassa anche il valore del IG ad un grado che non può essere previsto semplicemente valutando la media dei diversi alimenti consumati, visto che la presenza di proteine rallenta anche l'assorbimento del glucosio nel intestino tenue<ref name="Collier" />. Grassi, proteine e [[fibra alimentare|fibre]] (specie quelle solubili) abbassano l'IG di un alimento, e di conseguenza anche il carico glicemico. Per questo motivo in ambito nutrizionale viene consigliata la combinazione degli altri macronutrienti con i carboidrati con l'intento di ridurre l'incremento dei livelli glicemici e quindi il picco insulinico. Tuttavia, emerge un dato che contrasta con questa considerazione, cioè che proteine e grassi aumentano la secrezione di insulina, specie se assunti assieme a carboidrati<ref name="co-ingestion of fat">G. Collier, A. McLean and K. O'Dea. ''[http://www.springerlink.com/content/u8v38071364t6tmm/ Effect of co-ingestion of fat on the metabolic responses to slowly and rapidly absorbed carbohydrates]''. Diabetologia, 1984;26:50-4</ref><ref name="The effect">Gannon et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8440816 The effect of fat and carbohydrate on plasma glucose, insulin, C-peptide, and triglycerides in normal male subjects]''. 1993, J Am Coll Nutr;12(1):36-41.</ref><ref name="Effect of protein">Nuttall FQ, Mooradian AD, Gannon MC, Billington C, Krezowski P. ''[http://care.diabetesjournals.org/content/7/5/465.short Effect of protein ingestion on the glucose and insulin response to a standardized oral glucose load]''. Diabetes care, 1984;7:465-70.</ref>. Per la precisione, i cibi glucidici con un contenuto maggiore di proteine e grassi, o l'accostamento di cibi glucidici con grassi e proteine, sebbene causino un'assimilazione rallentata e più graduale dei glucidi, determinano una produzione di insulina sproporzionata rispetto al indice e carico glicemico della fonte glucidica. Allo stesso modo un pasto misto, contenente una fonte di carboidrati, mescolata ad una di proteine e grassi, aumenta l'[[insulinemia]]. Effettivamente la velocità di assorbimento dei glucidi (IG) non è affatto predittiva della conseguente risposta insulinica. Anche i cibi proteici, come la carne, il pesce, le uova e il latte, causano la secrezione di insulina. Alcuni di questi non contengono carboidrati, altri li contengono in quantità minime, ma l'insulinemia risulta maggiore della glicemia. Questi concetti sono ben rappresentati dall'[[indice insulinico]] e [[carico insulinico]], ovvero parametri che stabiliscono direttamente l'incremento dell'insulinemia, e non della glicemia, in seguito all'ingestione di qualsiasi [[Macronutrienti|macronutriente]], e non solo dei carboidrati. Nonostante si sia dato poco spazio a questi metodi di valutazione relativamente più recenti (l'indice insulinico ha iniziato ad essere utilizzato in alcuni studi soprattutto a partire dai primi [[anni 1990|anni novanta]], mentre il carico insulinico solo negli ultimi anni), ciò serve meglio a comprendere l'effetto dell'insulina, la quale non interviene solamente in risposta ai carboidrati, e che incrementa in quantità notevoli in risposta a cibi puramente proteici (non necessariamente o non completamente a causa di un innalzamento della glicemia) e soprattutto ad un pasto misto. L'errore di valutazione è stato supportato dal fatto che l'attenzione si è concentrata solo sui valori della glicemia, senza riconoscere che l'insulinemia non è sempre strettamente proporzionale all'innalzamento degli zuccheri nel sangue.
Effettivamente l'impatto dei macronutrienti sull'insulinemia è, del 90-100% per i carboidrati, del 50% per le [[proteine]] e del 10% per i [[Lipidi|grassi]]<ref name="Miselli">''Il calcolo dei carboidrati nella terapia del diabete di tipo 1'' Valerio Miselli</ref>, e ciò conferma che non sono solo i carboidrati ad incidere sulla produzione insulinica, ma anche proteine in maniera più moderata, e grassi in maniera molto blanda<ref name="albanesi.it1"> [http{{Cita web |url=https://www.albanesi.it/VMS/zona.htm |titolo=albanesi.it - ''La dieta a zona si è inventata tutto?'' ] |accesso=2 maggio 2019 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170719205313/http://www.albanesi.it/vms/zona.htm |dataarchivio=19 luglio 2017 |urlmorto=sì }}</ref>, cosa che l'indice glicemico non esamina. Quindi, a parità di carico glicemico dato da una stessa fonte glucidica, un pasto misto influisce su un'incrementata produzione di insulina, rispetto ad un carico glicemico identico se assunto da solo. La combinazione di un alimento o di un pasto influenzano in modo determinante la produzione dell'ormone<ref name="Xavier">Xavier et al. ''[http://www.ajcn.org/content/76/1/290S.short Glycemic Index and Disease]'' Am J Clin Nutr, 2002, 76, p. 290S-298S.</ref>.<br />Detto questo sarà utile fare un esempio: ▼
▲Effettivamente l'impatto dei macronutrienti sull'insulinemia è, del 90-100% per i carboidrati, del 50% per le [[proteine]] e del 10% per i [[Lipidi|grassi]]<ref name="Miselli">''Il calcolo dei carboidrati nella terapia del diabete di tipo 1'' Valerio Miselli</ref>, e ciò conferma che non sono solo i carboidrati ad incidere sulla produzione insulinica, ma anche proteine in maniera più moderata, e grassi in maniera molto blanda<ref name="albanesi.it1">[http://www.albanesi.it/VMS/zona.htm albanesi.it - ''La dieta a zona si è inventata tutto?'']</ref>, cosa che l'indice glicemico non esamina. Quindi, a parità di carico glicemico dato da una stessa fonte glucidica, un pasto misto influisce su un'incrementata produzione di insulina, rispetto ad un carico glicemico identico se assunto da solo. La combinazione di un alimento o di un pasto influenzano in modo determinante la produzione dell'ormone<ref name="Xavier">Xavier et al. ''[http://www.ajcn.org/content/76/1/290S.short Glycemic Index and Disease]'' Am J Clin Nutr, 2002, 76, p. 290S-298S.</ref>.<br />Detto questo sarà utile fare un esempio:
Se si intende consumare un cibo a IG medio, combinato a un carico glicemico medio, si può optare per un piatto di spaghetti. Gli spaghetti hanno mediamente un IG di "57", ciò significa che il loro valore si colloca al limite tra IG basso e medio (tra 56 e 69 l'IG è considerato medio). Per ottenere un carico glicemico medio con un piatto di spaghetti, sarà possibile consumarne al massimo circa 40 grammi pesati secchi, visto che il calcolo del carico glicemico prevede di conoscere l'IG dell'alimento, e la percentuale di carboidrati di un alimento (in questo caso 75 %), che poi verranno calcolati. La quantità di consumo così moderata è data dall'altà densità di carboidrati, più che dall'indice glicemico. IG (57) x quantità di carboidrati (30 grammi su 40 di peso) / 100 = 17,1
Si può dire che 40 grammi di spaghetti secchi, in base al loro indice glicemico e al loro contenuto di carboidrati, possano essere una quantità limite per poter rimanere dentro il carico glicemico medio (sapendo che da 20 in poi il carico glicemico è per definizione alto). Quindi la conseguente produzione di insulina causata da un tale carico glicemico, in condizioni normali dovrebbe risultare in quantità moderate. Tutto questo stimando che la risposta glicemica sia proporzionale a quella insulinica.
Se però a questo piatto di spaghetti viene aggiunto un [[ragù]] (che contiene proteine e grassi), o del [[tonno]], e dell'olio, sebbene l'assimilazione del pasto, e quindi anche dei carboidrati, venga rallentata, la conseguente produzione di insulina, e quindi il carico insulinico, non sarà più proporzionale a quella del carico glicemico degli spaghetti, ma verrà notevolmente incrementata a causa dell'accostamento di proteine e grassi<ref name="co-ingestion of fat"/><ref name="Effect of protein"/><ref>MC Gannon, FQ Nuttall, BJ Neil. Sidney A. Wstphal. ''[httphttps://www.sciencedirect.com/science/article/pii/0026049588900728 The insulin and glucose responses to meals of glucose plus various proteins in type II diabetic subjects]''. Metabolism 1988; 37:1081-8</ref>. Tutto ciò considerando che anche l'indice glicemico di per sé potrebbe non rivelarsi predittivo della secrezione di insulina. Alcuni studi ad esempio han riscontrato che fonti di [[cereali integrali]] (come spaghetti integrali o crusca), pur presentando un indice glicemico simile o inferiore a fonti di cereali raffinate (spaghetti bianchi o cornflakes), incrementavano la risposta insulinica rispetto a questi ultimi a causa del loro maggiore contenuto proteico<ref name="d'Emden">d'Emden. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3304910 Post-prandial glucose and insulin responses to different types of spaghetti and bread]''. Diabetes Res Clin Pract. 1987 Jul-Aug;3(4):221-6.</ref><ref name="Schenk" />.
==Applicazioni pratiche: metodo di paragone tra fonti glucidiche==
L'indice glicemico non permette di riconoscere se una data quantità di un alimento sia in grado di causare iperglicemia, né permette di riconoscere, a parità di peso tra due alimenti, quale dei due abbia un maggiore potere glicemizzante. Questo dato infatti può essere conosciuto solo col carico glicemico, che può essere calcolato solo conoscendo la percentuale di glucidi di un alimento, e quindi la quantità di glucidi in una determinata porzione.
Quando viene detto che il consumo di un cibo ad alto IG determina concentrazioni glicemiche ed insulinemiche superiori rispetto ad un cibo a basso indice glicemico, si sottintende dire che questo succede a parità di assunzione glucidica<ref>Diaz EO, Galgani JE, Aguirre CA, Atwater IJ, Burrows R. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15505637 Effect of glycemic index on whole-body substrate oxidation in obese women]''. Int J Obes (Lond). 2005 Jan;29</ref>, non a parità di peso o a prescindere dalla quantità. L'indice glicemico infatti paragona il potere glicemizzante degli alimenti sulla base di una medesima quantità di carboidrati contenuti al loro interno (per definizione 50 grammi), non sul medesimo peso degli alimenti. Quindi deve essere presa in considerazione la percentuale di carboidrati contenuti all'interno di un cibo, poiché il loro potere glicemizzante è determinabile sulla base di una quantità identica di carboidrati, non una quantità identica di peso. Ad esempio:
*L'indice glicemico medio della [[patata (alimento)|patata]] bollita è 80, ma ha un contenuto di carboidrati attorno al 20 % del suo peso.
==Il mito dei carboidrati complessi (o amidi)==
Seguendo i consigli nutrizionali generali riguardo all'assunzione di glucidi, si tende a raccomandare un maggior consumo di cibi contenenti carboidrati complessi (si fa riferimento all'[[amido]]), e ridurre l'assunzione di carboidrati semplici (zuccheri)<ref>Institute of Medicine (Trumbo et al.) ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12449285 Dietary reference intakes for energy, carbohydrate, fiber, fat, fatty acids, cholesterol, protein and amino acids]''. J Am Diet Assoc. 2002 Nov;102(11):1621-30.</ref><ref name="Griel">Griel et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16794219 The changing roles of dietary carbohydrates: from simple to complex]''. Arterioscler Thromb Vasc Biol. 2006 Sep;26(9):1958-65.</ref>. Questa considerazione generalista è basata sul fatto che l'amido, in quanto carboidrato complesso, risulterebbe "presumibilmente" a lenta assimilazione e ad indice glicemico più moderato per la sua struttura, che favorirebbe più lunghi processi digestivi. Sarebbe dunque consentita, se non incentivata, la scelta di alimenti dal modesto o alto contenuto di questo carboidrato, senza riconoscere che gli amidacei, in quanto tali, non hanno sempre un IG medio o basso<ref name="Schenk" /><ref name="Brand-Miller1" /><ref>Soh NL, Brand-Miller J. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10334648 The glycaemic index of potatoes: the effect of variety, cooking method and maturity]''. Eur J Clin Nutr. 1999 Apr;53(4):249-54.</ref>, o che le abituali quantità di consumo in molti casi risultano comunque eccessive se relazionate alla scala di valori del carico glicemico basso o medio. L'osservazione che vede i carboidrati complessi assimilati lentamente e in grado di fornire energia più gradualmente e in tempi più lunghi, deriva dalla vecchia e superata teoria scientifica sulla classificazione dei carboidrati diffusa prima della scoperta dell'indice glicemico da parte di David Jenkins ''et al.'' nel [[1981]]<ref name="Jenkins">Jenkins et al. ''[http://www.ajcn.org/content/34/3/362.short Glycemic index of foods: a physiological basis for carbohydrate exchange]''. 1981, American Journal of Clinical Nutrition, Vol 34, 362-366</ref>. Il concetto dei carboidrati complessi può valere seper quelun cibo ha uncon IG basso, ma tanti cibi amidacei non corrispondono a queste caratteristiche: al contrario, molti cibi amidacei hanno un IG molto elevato (pane bianco, riso, mais, farinacei raffinati), spesso superiore a quello dello zucchero comune (saccarosio)<ref name="Jenkins" /><ref>Björck et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10889806 Low glycaemic-index foods]''. Br J Nutr. 2000 Mar;83 Suppl 1:S149-55.</ref>. Altri hanno un IG moderato (pasta), ma comunque un'alta densità di glucidi, pertanto basterebbe un consumo relativamente basso di questi alimenti (40-50 g) per causare elevati valori glicemici. Quindi l'appartenenza di un carboidrato alla categoria dei complessi o dei semplici non è predittiva della velocità con cui la fonte glucidica innalza la glicemia (IG), né permissiva sulla quantità di consumo per controllare i livelli della glicemia e insulinemia (CG)<ref name="Daly">ME Daly, C Vale, M Walker, A Littlefield, KG Alberti and JC Mathers . ''[http://www.ajcn.org/content/67/6/1186.short Acute effects on insulin sensitivity and diurnal metabolic profiles of a high-sucrose compared with a high-starch diet]''. American Journal of Clinical Nutrition, 1998. Vol 67, 1186-1196</ref>. Diverse evidenze scientifiche segnalano come non siano state rilevate differenze significative tra il consumo di diete isocaloriche ad alto apporto di carboidrati semplici o complessi sulla perdita di peso o di grasso<ref name="Surwit" /><ref name="West" />, mentre sembra che i cibi amidacei integrali possano determinare una risposta insulinica maggiore rispetto a quella glicemica se comparati ai raffinati, per il loro più alto contenuto proteico<ref name="d'Emden" /><ref name="Schenk" /> (indice insulinico). In questo caso non si è valutato che l'amido (cioè il carboidrato complesso in oggetto):
* è un [[polimero]] del glucosio (una macromolecola formata da tante catene di glucosio) in buona parte dei casi altamente digeribile;
*che un maggior contenuto proteico (come nei cibi integrali), o l'accostamento di una fonte proteica o lipidica all'amidaceo, incrementa la secrezione di insulina.
Quindi la raccomandazione che vede la prevalenza di cibi amidacei rispetto agli zuccheri può valere se queiper cibi amidacei che hanno un IG medio-basso, e soprattutto se vengono consumati in quantità adeguate sulla base del calcolo di un carico glicemico medio-basso. E ancora, se vengono consumate senza l'accostamento di altre fonti insulinogeniche (protidi, lipidi). Mentre il consumo di cibi amidacei ad alto indice glicemico e alta densità glucidica, come una buona parte delle qualità di riso, pane bianco, mais, e altri cereali e derivati, equivale praticamente all'ingestione di una simile quantità di zuccheri semplici (poiché questi amidacei possono facilmente superare l'IG del saccarosio).
I fattori che causano un basso valore dell'indice glicemico degli amidacei sono:
*limitare l'accessibilità dell'amido all'enzima [[alfa-amilasi]] mediante l'assunzione di legumi o di varietà di cereali ad alto contenuto di amilosio e/o non lavorati.
Studi su cereali mostrano che la conservazione della struttura del cibo durante la digestione sembra risultare un fattore più importante sul controllo del IG rispetto al [[grado di cristallinità]] dell'amido o la presenza di fibra solubile<ref>Fardet et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19079873 Parameters controlling the glycaemic response to breads]''. Nutr Res Rev. 2006 Jun;19(1):18-25.</ref>.
==La condanna dei carboidrati semplici (o zuccheri)==
Le raccomandazioni e il senso comune vedono le più diffuse varietà di zuccheri (saccarosio e glucosio) come responsabili di una risposta glicemica superiore e più rapida rispetto a molte qualità di amidacei. Realmente quest'ultima classe di alimenti difficilmente raggiunge i valori del glucosio (IG 100), ma, come già accennato, spesso molti di questi assumono un valore simile o superiore al saccarosio<ref name="joslin.org" /> (il cui IG viene riconosciuto tra 58 e 65<ref name="glycemicindex.com">''[http://www.glycemicindex.com/foodSearch.php?ak=list&food_name_search_type=cn&food_name=sucrose&gi_search_type=lte&gi=&gl_search_type=lte&gl=&country=&product_category=&lop=AND&find=Find+Records&page=1 Indice glicemico del saccarosio da glycemicindex.com] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140830200606/http://www.glycemicindex.com/foodSearch.php?ak=list&food_name_search_type=cn&food_name=sucrose&gi_search_type=lte&gi=&gl_search_type=lte&gl=&country=&product_category=&lop=AND&find=Find+Records&page=1 |data=30 agosto 2014 }}''</ref>), riuscendo a raggiungere valori anche superiori a 90<ref name="Aston">Aston et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17426747 Determination of the glycaemic index of various staple carbohydrate-rich foods in the UK diet]''. Euro J Clin Nutr 2008; 62(2): 279-85.</ref>. In richiamo al paragrafo ''[[Indice glicemico#Applicazioni pratiche: metodo di paragone tra fonti glucidiche|Metodo di paragone tra fonti glucidiche]]'', questi zuccheri semplici sono stati sempre oggetto di condanna rispetto agli amidi, senza riconoscere che il punteggio del IG viene stabilito e comparato alle altre fonti glucidiche tramite l'assunzione della stessa quantità di carboidrati (50 g). In questo senso viene ancora a mancare il principio di proporzione, che trova l'applicazione tramite il calcolo del carico glicemico:
* '''5 grammi di glucosio''' (IG alto: 100) avranno un bassissimo impatto sulla glicemia (100 x 5 / 100 = '''CG basso: 5''') e non potranno portare ad iperglicemia e iperinsulinemia nonostante siano assimilati molto rapidamente;
*'''10075 grammi di spaghetti''' (IG medio: 57) avranno un impatto molto alto sulla glicemia (57 x 75 / 100 = '''CG alto: 42'''), portando ad alti valori glicemici e insulinemici, nonostante siano assimilati più lentamente;
Bisogna sottolineare ancora una volta che, sebbene uno zucchero semplice come il glucosio determini livelli glicemici superiori rispetto ad un alimento a IG più basso, questo succede ''a parità di assunzione di glucidi in grammi'', come prevede la stima dell'indice glicemico stesso. Mentre una porzione di glucosio molto bassa, determinerà comunque una risposta glicemica inferiore rispetto ad una porzione di un cibo amidaceo consumata in quantità molto maggiori. Dunque un consumo modesto e controllato di questi zuccheri tramite l'applicazione del carico glicemico, non può causare effetti iperglicemici. Si è inoltre teso a demonizzare tutta la classe degli zuccheri semplici ([[monosaccaridi|mono]] e [[disaccaridi]]), per la loro presunta azione iperglicemizzante, senza valutare che la maggior parte di questi hanno un IG molto inferiore (20 o 30) rispetto a molti cibi amidacei.
* la struttura semplice dei glucidi non determina di conseguenza un alto IG e quindi rapido assorbimento (ad esempio [[fruttosio]]<ref name="Yang" />, [[trealosio]]<ref>van Can et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22172468 Reduced glycaemic and insulinaemic responses following trehalose and isomaltulose ingestion: implications for postprandial substrate use in impaired glucose-tolerant subjects]''. Br J Nutr. 2012 Oct;108(7):1210-7.</ref>, [[isomaltulosio]]<ref>''[http://www.glycemicindex.com/foodSearch.php?num=2467&ak=detail Indice glicemico del Isomaltulosio/Palatinose da glycemicindex.com] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130928074553/http://www.glycemicindex.com/foodSearch.php?num=2467&ak=detail |data=28 settembre 2013 }}''</ref>, [[galattosio]]<ref>Wolever TM, Jenkins DJ. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3942088 The use of the glycemic index in predicting the blood glucose response to mixed meals]''. Am J Clin Nutr. 1986 Jan;43(1):167-72.</ref>, [[lattosio]]<ref name="Yang">Yang et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16733864 Glycemic index of cereals and tubers produced in China]''. World J Gastroenterol 2006; 12(21): 3430-3.</ref>, pur essendo semplici hanno un basso IG, ed alcuni di questi non sono insulinogenici);
* la categoria di zuccheri semplici ad alto IG è piuttosto limitata: si parla essenzialmente di [[glucosio]] (100) e [[maltosio]] (105)<ref name="Jenkins" />; mentre il [[saccarosio]] si colloca in genere all'interno di un punteggio medio (tra 58 e 65<ref name="glycemicindex.com" />).
* diversi carboidrati complessi ([[Oligomero|oligomeri]] e [[polimero|polimeri]] del glucosio come maltodestrine<ref>Davis et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/2161615 Fluid availability of sports drinks differing in carbohydrate type and concentration]''. Am J Clin Nutr. 1990 Jun;51(6):1054-7.</ref> e vari cibi amidacei<ref name="Brand-Miller1" /><ref name="Aston" />) dimostrano un IG maggiore rispetto a molti carboidrati semplici<ref name="Yang" />;
* quantità basse o moderate di zuccheri semplici ad alto indice glicemico (glucosio, saccarosio) o di cibi contenenti un'alta densità di questi zuccheri, comunque non possono portare ad iperglicemia e iperinsulinemia, come può confermare un semplice calcolo del carico glicemico.
* molto spesso le quantità di consumo di cibi amidacei, nelle adeguate proporzioni, possono causare un'iperglicemia maggiore di un cibo zuccherato, sempre valutando il calcolo del carico glicemico (un piatto di 100 g di pasta è di fatto iperglicemizzante al contrario di una bustina di zucchero da 5 g)
Come menzionato poco sopra, controllare solo l'indice e il carico glicemico può non essere l'unico accorgimento per controllare i livelli glicemici. Infatti il calcolo della quantità di carboidrati in grammi può avere una maggiore importanza indipendentemente da questi parametri. Molti professionisti della nutrizione preferiscono parlare di calcolo della quantità di carboidrati in grammi piuttosto che di indice e carico glicemico dei cibi, il che può avere una grande importanza in abbinamento all'utilizzo di questi parametri. La quantità di carboidrati ha un grande impatto sulla glicemia, e due alimenti con lo stesso contenuto di carboidrati sono, in generale, paragonabili nei loro effetti sui livelli di glucosio ematico, nonostante un'eventuale differenza nel loro IG e CG<ref name="joslin.org" />. In sintesi, evidenze scientifiche (Wolever e Bolognesi, 1996) rivelano che anche l'ammontare di carboidrati incide sulla risposta glicemica e insulinemica, e non solo l'indice e il carico glicemico<ref name="Wolever1" /><ref name="Wolever2" />. "''Concludiamo che, per i singoli alimenti con diversi indici glicemici, la fonte e la quantità di carboidrati influenzano la glicemia postprandiale e la risposta insulinica dei soggetti non diabetici''" (Wolever e Bolognesi, 1996)<ref name="Wolever1" />. Pertanto, anche se ipoteticamente si selezionassero alimenti a basso indice glicemico, consumandone quantità tali da moderare il loro carico glicemico, ciò che potrebbe incidere in negativo in questo contesto è l'alto consumo di carboidrati giornalieri indipendentemente dal loro IG e CG.
===InconsistenzaIncoerenza nella classificazione di carboidrati semplici e complessi===
In tempi passati, soprattutto prima della nascita del IG, si credeva che la struttura molecolare dei carboidrati determinasse la loro qualità e la loro capacità di incidere sui marker della salute. I carboidrati semplici e i carboidrati complessi sono classificazioni comuni che indicano la struttura chimica dei carboidrati assunti. L'amido - contenuto soprattutto nei cereali e legumi - è la comune rappresentazione dei carboidrati complessi, mentre il saccarosio (lo zucchero da cucina) e il glucosio sono le più comuni forme di carboidrati semplici, detti zuccheri<ref name="Griel" />. Questa semplicista classificazione, rimasta in voga ai giorni nostri, trova dei notevoli conflitti con i principi dell'indice e carico glicemico. Come menzionato precedentemente, esistono molti carboidrati complessi a IG molto elevato, così come molti carboidrati semplici, o zuccheri, a IG molto basso. Ad ogni modo, la denominazione di "zuccheri" è rimasta spesso in cattiva luce, attribuendone la causa degli effetti avversi sulla salute diversamente dalle forme di carboidrati complessi. Ad oggi la ricerca ha ulteriormente smentito la validità di queste classificazioni come indicatori della qualità dei carboidrati. Paragonando gli effetti di carboidrati semplici e complessi, molte evidenze scientifiche non hanno trovato differenze significative nelle variazioni di peso.
In un importante studio condotto da Saris et al. (2000) vennero analizzati gli effetti di tre tipi di diete isocaloriche (dallo stesso apporto calorico) su 398 adulti moderatamente obesi: una dieta di controllo (equivalente alla dieta equilibrata media); una dieta a basso contenuto di grassi e alta in carboidrati semplici; e una dieta a basso contenuto di grassi e alta in carboidrati complessi. Entrambe le diete ad alto apporto di carboidrati ne contenevano la stessa quantità. Al termine dei 6 mesi di studio, non ci furono differenze significative nelle variazioni di peso, anche se il gruppo che consumava carboidrati complessi perse leggermente più grasso<ref name="Saris">Saris et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11093293 Randomized controlled trial of changes in dietary carbohydrate/fat ratio and simple vs complex carbohydrates on body weight and blood lipids: the CARMEN study. The Carbohydrate Ratio Management in European National diets]''. Int J Obes Relat Metab Disord. 2000 Oct;24(10):1310-8.</ref>.
West e Looy (2001) compararono la risposta di individui sovrappeso a diete ipocaloriche dal differente contenuto di zuccheri semplici. I soggetti vennero divisi in due gruppi: uno consumava una dieta con il 5% di apporto di saccarosio, l'altro consumava una dieta con il 10% di saccarosio. Entrambe le diete apportavano le stesse calorie (600 kcal) e la stessa quantità di grassi (33%), e vennero seguite per 8 settimane. Al termine delle 8 settimane, i ricercatori notarono una simile perdita di peso tra le i 2 gruppi, concludendo che non ci fossero delle giustificazioni per escludere il saccarosio dalle diete per la perdita di peso<ref name="West">West JA, de Looy AE. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11477496 Weight loss in overweight subjects following low-sucrose or sucrose-containing diets]''. Int J Obes Relat Metab Disord. 2001 Aug;25(8):1122-8.</ref>.
Surwit et al. (1997) paragonarono l'effetto di diete isocaloriche (dallo stesso apporto calorico) di 1.504 kcal dal basso apporto di grassi, e ad alto apporto di carboidrati, distinte essenzialmente dalla presenza di saccarosio in diverse quantità (43% o 4%), su un programma per la perdita di peso di 6 settimane. Quarantadue donne vennero prese come oggetto dello studio, e distribuite all'interno dei due gruppi. Al termine del periodo di studio non vennero notate differenze significative nella perdita di peso e di grasso. I risultati suggerirono che una dieta ipercalorica ipolipidica ad alto apporto di saccarosio non ha effetti avversi sulla perdita di peso e su altri parametri<ref name="Surwit">Surwit et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9094871 Metabolic and behavioral effects of a high-sucrose diet during weight loss]''. Am J Clin Nutr. 1997 Apr;65(4):908-15.</ref>.
Una recente meta-recensione in letteratura (Sievenpiper et al., 2012) in cui venne analizzato l'effetto del fruttosio sul peso corporeo concluse che sostituire il fruttosio con altri carboidrati nella stessa quantità calorica non causa un guadagno di peso<ref>Sievenpiper et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22351714 Effect of fructose on body weight in controlled feeding trials: a systematic review and meta-analysis]''. Ann Intern Med. 2012 Feb 21;156(4):291-304.</ref>.
===Ulteriori meccanismi determinanti l'IG===
La definizione semplicistica di indice glicemico è "la capacità di un alimento di elevare gli zuccheri nel sangue", il che, quasi automaticamente, viene considerato in termini di ingresso del glucosio nel sangue. Detto in altre parole, i cibi a basso indice glicemico vengono generalmente assunti con l'idea che questi subiscano una lenta digestione, per tanto sarebbe il lento tasso di ingresso di glucosio nel sangue a causare il basso indice glicemico dell'alimento. Tuttavia, alcune ricerche hanno evidenziato ulteriori meccanismi che determinano il basso IG degli alimenti, indipendentemente dalla velocità di innalzamento dei livelli glicemici.
I ricercatori (Schenk et al., 2003) mostrarono chiaramente che anche il tasso di scomparsa del glucosio dalla circolazione sistemica - non solo del tasso di glucosio che accede alla circolazione - è un importante determinante del IG<ref name="Schenk">Schenk et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14522732 Different glycemic indexes of breakfast cereals are not due to glucose entry into blood but to glucose removal by tissue]''. Am J Clin Nutr. 2003 Oct;78(4):742-8.</ref>. Lo studio mostrò che l'indice glicemico più basso della crusca di cereali era dovuto ad un intervento più rapido dell'insulina con la funzione di liberare il glucosio dalla circolazione, ma non ad un ingresso del glucosio più lento nel circolo ematico una volta assunti. In altri termini, è stato visto che un IG più basso non è necessariamente dovuto ad un inferiore ingresso di glucosio nel sangue, ma potenzialmente anche da un'iperinsulinemia postprandiale più rapida e una scomparsa di glucosio dal sangue più rapida, i quali possono attenuare l'aumento della concentrazione di glucosio plasmatico.
Spesso si tende a dare per scontato che un IG basso significa una bassa risposta insulinica, ma lo studio esposto mette in discussione tale conclusione. Al contrario, è stato scoperto che il cibo a basso IG ha mostrato una risposta glicemica bassa, perché ha generato una maggiore risposta insulinica precoce (liberando glucosio nel sangue dal flusso sanguigno) in corrispondenza di 30 minuti (da 60 minuti, entrambi gli alimenti hanno mostrato livelli di insulina analoghi). Citando direttamente lo studio: "''la crusca di cereali ha un IG basso perché un aumento dell'assorbimento tissutale di glucosio insulino-mediato più rapido attenua l'aumento della concentrazione di glucosio nel sangue, nonostante un tasso simile dell'entrata del glucosio nel sangue''" (Schenk et al., 2003). Vale a dire che entrambi gli alimenti hanno rilasciato glucosio nel sangue a velocità simile, ma la crusca di cereali ha mostrato una captazione più rapida a causa di un picco di insulina iniziale più elevato, che ha abbassato la risposta glicemica generale. I ricercatori inoltre osservarono che la crusca di cereali conteneva più proteine rispetto ai fiocchi di mais, e questo è probabilmente ciò che ha causato la risposta insulinica superiore (e inferiore di glucosio nel sangue)<ref name="Schenk" />.
Tralasciando molti altri fattori determinanti la variabilità del IG, la risposta glicemica dei cibi è determinata anche da fattori strettamente individuali. Diversi soggetti che assumono lo stesso alimento glucidico, nella stessa quantità e nella stessa condizione, presentano comunque risposte glicemiche significativamente differenti.
Uno studio trovò che anche lo stato di allenamento di un atleta era in grado di variare la risposta glicemica assumendo lo stesso cibo<ref>Flint et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15182401 The use of glycaemic index tables to predict glycaemic index of composite breakfast meals]''. Br J Nutr. 2004 Jun;91(6):979-89.</ref>. Altri fattori quali il grado di masticazione di un alimento prima di deglutirlo, così come le variazioni individuali nella digestione e tasso di assorbimento, condizionano i valori glicemici<ref name="Read">Read et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3311145 Swallowing food without chewing; a simple way to reduce postprandial glycaemia]''. Br J Nutr. 1986 Jan;55(1):43-7.</ref><ref>Suzuki et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16311091 Effects of thorough mastication on postprandial plasma glucose concentrations in nonobese Japanese subjects]''. Metabolism. 2005 Dec;54(12):1593-9.</ref>. Un ulteriore dato in grado di screditare la validità dei valori dell'indice glicemico pubblicati è il fatto che solo da sei a dieci soggetti sono utilizzati durante i test. Un numero di campioni che qualsiasi statistica riconoscerebbe come troppo ridotto date le variazioni individuali per rappresentano la media delle risposte glicemiche ad un determinato alimento<ref name="Venn" />.
===Differenza tra dieta a basso IG e dieta ipoglucidica===
La dieta composta prevalentemente da cibi a basso indice glicemico (''low GI'') potrebbe essere accomunata con una dieta a basso apporto di carboidrati (''low carb''). Sebbene una dieta ''low carb'' possa coincidere con una dieta ''low GI'', nel senso che viene impostato un regime alimentare con un moderato consumo di carboidrati, gran parte dei quali a basso indice glicemico, non necessariamente questi due modelli alimentari coincidono<ref>Wolever TM. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12144725 Low carbohydrate does not mean low glycaemic index!]''. Br J Nutr. 2002 Aug;88(2):211-2;</ref>. Questa controversia è data dal fatto che entrambi questi tipi di diete si pongono come fine quello di controllare i livelli di insulina, ormone responsabile dell'accumulo di grasso, la quale secrezione viene influenzata sia dall'apporto totale di carboidrati (controllato nella dieta ''low carb'') che dal loro carico glicemico (presumibilmente controllato nella dieta ''low GI'')<ref name="Wolever1">Wolever TM, Bolognesi C. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8914951 Source and amount of carbohydrate affect postprandial glucose and insulin in normal subjects]''. J Nutr. 1996 Nov;126(11):2798-806.</ref><ref name="Wolever2">Wolever TM, Bolognesi C. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8914952 Prediction of glucose and insulin responses of normal subjects after consuming mixed meals varying in energy, protein, fat, carbohydrate and glycemic index]''. The Journal of Nutrition. 1996, 126(11):2807-12</ref>. Questo abbassamento dei livelli insulinici promuoverebbe di conseguenza un maggiore utilizzo di grasso come fonte di energia. Tuttavia, le diete a basso IG non limitano necessariamente i carboidrati, ma sono semplicemente molto selettive sulle fonti consumate, mentre le diete a basso apporto di carboidrati non necessariamente controllano l'indice e il carico glicemico. Non si esclude che una dieta possa prevedere il controllo di entrambi questi fattori.
===Differenze tra glicemia e insulinemia: indice insulinico e carico insulinico===
Come accennato nella prima parte dell'articolo, esiste una certa confusione tra la glicemia (fattore controllato da IG e CG) e insulinemia, ovvero l'aumento dei livelli di insulina, ormone che interviene in risposta all'aumento della glicemia così come in risposta all'assunzione di altri nutrienti. Sebbene i carboidrati e i relativi valori del IG e CG possano essere strumenti utili a controllare i livelli di insulina, questi lo sono solo parzialmente con delle evidenti limitazioni, poiché altri nutrienti estranei ai carboidrati contribuiscono a stimolarne o aumentarne la secrezione. Pur avendo un IG molto basso (15-36), latte e yogurt hanno un alto indice insulinico (II) equivalente a quello del pane bianco (alto IG)<ref>Ostman et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11451723 Inconsistency between glycemic and insulinemic responses to regular and fermented milk products]''. Am J Clin Nutr. 2001 Jul;74(1):96-100.</ref>. Un altro alimento a basso indice glicemico come i fagioli al forno, hanno un indice insulinico molto alto (120). I formaggi, la carne di manzo e il pesce hanno un II paragonabile a molti cibi ricchi di carboidrati<ref name="Holt" />.
La coingestione di grassi con i carboidrati rallenta lo svuotamento gastrico e quindi il rilascio di glucosio nel sangue, riducendo infine l'IG. Tuttavia la risposta insulinica evocata da questa combinazione è determinato dal grado di saturazione del grasso. Ad esempio, Collier e altri hanno osservato che il burro assunto con le patate non solo non riesce ad abbassare l'insulinemia postprandiale, ma provoca in realtà una risposta insulinica sinergicamente aumentata, anche in soggetti sani<ref name="Collier">Collier et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3276722 The acute effect of fat on insulin secretion]''. J Clin Endocrinol Metab. 1988 Feb;66(2):323-6.</ref><ref>Collier G, O'Dea K. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/6342357 The effect of coingestion of fat on the glucose, insulin, and gastric inhibitory polypeptide responses to carbohydrate and protein]''. Am J Clin Nutr. 1983 Jun;37(6):941-4.</ref>. Gli alimenti che dovrebbero avere un punteggio del IG basso a causa del loro alto contenuto di grassi non sempre risultano tali, come ad esempio cibi fritti, biscotti, cornetti e ciambelle. Incidentalmente, questi alimenti hanno anche un elevato indice insulinico<ref name="Holt" />, presumibilmente a causa della saturazione dei lipidi contenuti all'interno.
Alcune ricerche non hanno osservato alcun aumento della risposta insulinica con l'aggiunta di 40g40 o 80 grammi di olio d'oliva, ma hanno assistito ad un aumento significativo con 50 e 100g g di burro<ref>Rasmussen et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8561067 Differential effects of saturated and monounsaturated fat on blood glucose and insulin responses in subjects with non-insulin-dependent diabetes mellitus]''. Am J Clin Nutr. 1996 Feb;63(2):249-53</ref>. Altri osservarono che, durante la coingestione di carboidrati con i grassi, l'aumento del [[grado di insaturazione]] dei grassi può risultare in una corrispondente riduzione della risposta insulinica<ref>Joannic et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9129472 How the degree of unsaturation of dietary fatty acids influences the glucose and insulin responses to different carbohydrates in mixed meals]''. Am J Clin Nutr. 1997 May;65(5):1427-33.</ref>. Più di recente è stato confrontato l'effetto della coingestione rispettiva di MUFA (monounsaturated fatty acid), PUFA (polyunsaturated fatty acid) e SFA (saturated fatty acids) con i carboidrati osservando che gli SFA avevano una superiore capacità di aumentare i livelli di insulina dopo i pasti<ref>Robertson et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12493085 Acute effects of meal fatty acid composition on insulin sensitivity in healthy post-menopausal women]''. Br J Nutr. 2002 Dec;88(6):635-40.</ref>
La coingestione di proteine con i carboidrati è spesso raccomandata per abbassare l'IG. Tuttavia, questo non si traduce necessariamente in una risposta insulinica più bassa. I carboidrati combinati con le proteine risultano notoriamente in un effetto sinergico sull'aumento della risposta insulinica<ref>Pallotta JA, Kennedy PJ. ''[httphttps://www.sciencedirect.com/science/article/pii/002604956890156X Response of plasma insulin and growth hormone to carbohydrate and protein feeding]''. Metabolism. 1968 Oct;17(10):901-8.</ref><ref>Rabinowitz et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/4161584 Patterns of hormonal release after glucose, protein, and glucose plus protein]''. Lancet. 1966 Aug 27;2(7461):454-6.</ref><ref>Gannon et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/1406301 Metabolic response to cottage cheese or egg white protein, with or without glucose, in type II diabetic subjects]''. Metabolism. 1992 Oct;41(10):1137-45.</ref>. Tali risultati sono stati riconfermati anche dall'accostamento tra carboidrati e amminoacidi liberi<ref>van Loon et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10871567 Plasma insulin responses after ingestion of different amino acid or protein mixtures with carbohydrate]''. Am J Clin Nutr. 2000 Jul;72(1):96-105.</ref>. Le misture contenenti [[leucina]], [[fenilalanina]] e arginina in forma libera, le bevande contenenti leucina, fenilalanina in forma libera, e proteine del grano idrolizzato, sortirono la maggiore risposta insulinica (rispettivamente del 101% e del 103% in più rispetto ad una soluzione di soli carboidrati). In tutti i casi in letteratura, l'accostamento di proteine o amminoacidi coi carboidrati sortiva una risposta insulinica significativamente maggiore rispetto a quella indotta dalla sola assunzione della stessa quantità di carboidrati.
===Indice glicemico e sazietà===
Gli alimenti a basso indice glicemico sono stati spesso associati ad un maggiore potere saziante, ma la maggior parte di questi dati proviene da disegni sperimentali che analizzavano un singolo pasto. Gli studi a lungo termine sul IG e sazietà sono contrastanti, e non sempre controllati per l'assunzione di energia e densità di energia del pasto di prova<ref name="Xavier" />. Nello studio più lungo sul IG e la sazietà, uno studio di 30 giorni sul consumo di cibo ''ad libitium'', Chienes & Richter non osservarono alcuna differenza nella quantità di consumo<ref>Kiens B, Richter EA. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8604670 Types of carbohydrate in an ordinary diet affect insulin action and muscle substrates in humans]''. Am J Clin Nutr 1996;63:47-53.</ref>. In questo studio metabolico, è stata osservata una minore resistenza all'insulina nel gruppo ad alto IG alla fine del periodo di studio. L'IG non corrisponde all'[[indice di sazietà|indice di sazietà (IS)]]. Il riso bianco, il pane di grano, le patate hanno un alto indice glicemico, ma alcuni di questi riescono a ritardare l'insorgenza di fame. Infatti, Holt et al. stabilirono che le patate, pur essendo un alimento ad alto IG, erano di gran lunga l'alimento con il più alto IS tra tutti i cibi testati<ref>Holt et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/7498104 A satiety index of common foods]''. Eur J Clin Nutr. 1995 Sep;49(9):675-90.</ref>. Un'importante review di Raben del 2002 concludeva che in un totale di 31 studi a breve termine, gli alimenti a basso IG sono stati associati ad un maggiore senso di sazietà o riduzione della fame solo in 15 studi, mentre una riduzione della sazietà o alcuna differenza sono state osservate in altri 16 studi. Egli trovò inoltre che gli alimenti a basso IG riducevano l'assunzione di cibo ''ad libitum'' in 7 studi, ma non in 8 altri studi.<ref name="Raben" />.
===Correlazione tra indice glicemico e dimagrimento e obesità===
Dopo aver analizzato questi aspetti, è stato dedotto che un piano dietetico a basso indice glicemico possa facilitare la perdita di peso, ma questo effetto è stato ampiamente dibattuto all'interno del mondo scientifico. In realtà non c'è un consenso nel considerare i cibi a basso indice glicemico come migliori per essere introdotti in una dieta. I promotori dei cibi a basso indice glicemico sostengono che il loro consumo porti ad un incremento dell'utilizzo di grassi e ad una maggiore sazietà<ref>Brand-Miller et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12081852 Glycemic index and obesity]''. Am J Clin Nutr. 2002 Jul;76(1):281S-5S.</ref>. Tuttavia, determinare il reale effetto del consumo di cibi a basso IG sulla perdita di peso è abbastanza complesso. Analizzando la letteratura scientifica, fattori come i dati anagrafici, lo stato di salute dei soggetti (diabetici, obesi, ecc), la durata delle ricerche, così come le differenze metodologiche, rendono difficile l'interpretazione dei risultati degli studi.
Molti studi non sono riusciti a trovare le differenze nell'[[indice di massa corporea|indice di massa corporea (BMI)]] tra i soggetti che assumevano alimenti a basso indice glicemico come strumento per il mantenimento del peso<ref name="Salmerón" /><ref>Hodge et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15505008 Glycemic index and dietary fiber and the risk of type 2 diabetes]''. Diabetes Care. 2004 Nov;27(11):2701-6.</ref><ref>Schulze et al.''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15277155 Glycemic index, glycemic load, and dietary fiber intake and incidence of type 2 diabetes in younger and middle-aged women]''. Am J Clin Nutr. 2004 Aug;80(2):348-56.</ref>. Possibilmente, perché l'IG non è legato alla densità energetica dei cibi, un fattore importante nella perdita nell'aumento di peso<ref name="Venn" />. Uno studio (Sloth et al., 2004) confrontò l'effetto di diverse diete dimagranti dallo stesso apporto energetico e dalla stessa distribuzione dei macronutrienti, ma un indice glicemico (e quindi del carico) differente, non trovando variazioni nella perdita di grasso tra i gruppi. Inoltre, il carico glicemico delle diete non ha influenzato l'appetito come misurato dalla fame percepita, la pienezza, il consenso e l'assunzione ad libitum di cibo. Anche i marcatori della salute non sono stati influenzati, tra cui la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, il metabolismo del glucosio e dell'insulina, di lipidi nel sangue. L'unico indicatore della salute dei partecipanti che differiva tra i due gruppi era una maggiore diminuzione del colesterolo LDL nel gruppo a basso carico glicemico<ref>Sloth et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15277154 No difference in body weight decrease between a low-glycemic-index and a high-glycemic-index diet but reduced LDL cholesterol after 10-wk ad libitum intake of the low-glycemic-index diet]''. Am J Clin Nutr. 2004 Aug;80(2):337-47.</ref>.
Das et al. (2007), tramite una ricerca, cercarono di limitare alcuni di questi problemi metodologici. Nella loro ricerca, i soggetti sono stati assegnati ad un piano alimentare ad alto o basso IG con una restrizione calorica del 30% per promuovere la perdita di peso. Una volta stabilite le preferenze alimentari, i ricercatori istruirono i soggetti all'uso del IG e ai cibi correlati per i primi 6 mesi dello studio. Questo permise ai soggetti di imparare i principi alimentari a cui attenersi prima di seguire il piano da soli. Entrambi i gruppi persero peso dopo un anno, ma non ci fu alcuna differenza tra i gruppi<ref>Das et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17413101 Long-term effects of 2 energy-restricted diets differing in glycemic load on dietary adherence, body composition, and metabolism in CALERIE: a 1-y randomized controlled trial]''. Am J Clin Nutr. 2007 Apr;85(4):1023-30.</ref>. Altri studi suggeriscono che in un periodo di 12 settimane, non sono state notate delle differenze sulla sazietà, il consumo di cibo ad libitum, o la riduzione del peso corporeo in donne sovrappeso/obese dalla scelta di alimenti ad IG ridotto<ref>Aston et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2699494/ No effect of a diet with a reduced glycaemic index on satiety, energy intake and body weight in overweight and obese women]''. Int J Obes (Lond). 2008 January; 32(1): 160–165.</ref>. Un'altra ricerca ha riscontrato che una dieta con consumo di cibi ''[[ad libitum]]'' a moderato carico glicemico, ha favorito una maggiore perdita di peso nei primi sei mesi, ma nessuna differenza dopo un anno<ref>Maki et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17344493 Effects of a reduced-glycemic-load diet on body weight, body composition, and cardiovascular disease risk markers in overweight and obese adults]''. Am J Clin Nutr. 2007 Mar;85(3):724-34.</ref>. Questo potrebbe significare che consumare cibi a IG basso non è un fattore strettamente determinante nel favorire la perdita di peso sul lungo termine. Sulla base della mancanza di prove concrete, la posizione della American Dietetic Association (ADA) è che "la dieta a basso IG non dovrebbe essere consigliata per la perdita di peso"<ref>American Dietetics Association Evidence Analysis Library. ''Effective of consumption of low glycemic foods in weight loss and maintenance'' (www.adaevidencelibrary.com)</ref>. Una sintesi recente pubblicata da un workshop sulla risposta glicemica e sulla salute è d'accordo con questa considerazione, suggerendo che in questo momento ci sono poche prove a sostegno del ruolo di una dieta a basso indice glicemico nella perdita di peso<ref name="Howlett">Howlett, Ashwell. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18175760 Glycemic response and health: summary of a workshop]''. Am J Clin Nutr. 2008 Jan;87(1):212S-216S.</ref>. Inoltre, il documento riportò che il successo del consumo di cibi a basso IG ha più a che fare con l'alto contenuto di fibre che con l'indice glicemico di per sé. Indipendentemente dal IG, l'assunzione di fibre è stata associata ad una riduzione e al mantenimento del peso corporeo, nonché un'assunzione energetica inferiore<ref name="Howlett" /><ref>Gaesser. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17904937 Carbohydrate quantity and quality in relation to body mass index]''. J Am Diet Assoc. 2007 Oct;107(10):1768-80.</ref>. In uno studio randomizzato di alimentazione controllata di 12 settimane, venne testato l'effetto di IG e CG sulla perdita di peso. Al periodo di controllo seguì da una fase di 24 settimane in condizioni libere, in cui i soggetti vennero istruiti a continuare i loro rispettivi trattamenti dietetici al di fuori delle condizioni di laboratorio controllate. La manipolazione di GI e CG non è riuscita a compromettere entrambe le fasi sperimentali. Come risultato del processo di 36 settimane, i ricercatori conclusero: "''In sintesi, abbassare il carico glicemico e l'indice glicemico delle diete per la riduzione del peso non fornisce alcun beneficio aggiuntivo sulla restrizione energetica nel promuovere la perdita di peso nei soggetti obesi''" (Raatz et al., 2005)<ref>Raatz et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16177201 Reduced glycemic index and glycemic load diets do not increase the effects of energy restriction on weight loss and insulin sensitivity in obese men and women]''. J Nutr. 2005 Oct;135(10):2387-91.</ref>.
Una review sistematica (Raben, 2002)<ref name="Raben">Raben A. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12458971 Should obese patients be counselled to follow a low-glycaemic index diet? No]''. Obes Rev. 2002 Nov;3(4):245-56.</ref> sugli studi che confrontarono gli effetti di alimenti o delle diete ad alto e basso IG giunse alle seguenti conclusioni:
*In 20 studi a lungo termine (<6 mesi), la perdita di peso con una dieta a basso IG è stata osservata in soli 4 studi, e in una dieta ad alto GI in 2, mentre non è stata rilevata alcuna differenza tra diete ad alto e basso IG in 14 studi.
*una valutazione esaustiva di questi studi di intervento sull'uomo non rilevarono differenze significative nella perdita di peso media tra le diete a basso e ad alto IG.
===Indice glicemico e sport===
L'indice glicemico può essere uno strumento utile per gli sportivi al fine di poter scegliere il giusto tipo di carboidrato da assumere prima, durante e dopo l'esercizio. Selezionare alimenti ad alto o basso IG può effettivamente accelerare o rallentare la disponibilità di carboidrati<ref name="Manore">Manore et al. ''[http://journals.lww.com/acsm-healthfitness/Citation/2004/09000/A_Nutritionist_s_View__Applying_the_Concepts_of.8.aspx Applying the concepts of glycemic index and glycemic load to active individuals]''. ACSM's Health and Fitness Journal, 8(5), 21-23 (2004).</ref>. Alcuni studi suggeriscono che consumare zuccheri semplici subito prima dell'allenamento può ridurre la quantità di glicogeno utilizzata durante l'esercizio fisico, potenzialmente prolungando le prestazioni<ref name="Lambert">Lambert et al. ''[http://journals.lww.com/nsca-jscr/Abstract/1991/11000/Effects_of_Carbohydrate_Feeding_on_Multiple_bout.4 Effects of Carbohydrate Feeding on Multiple-bout Resistance Exercise]''. Journal of Strength & Conditioning Research. November 1991 - Volume 5 - Issue 4</ref><ref name="Haff">Haff et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12580676 Carbohydrate supplementation and resistance training]''. J Strength Cond Res. 2003 Feb;17(1):187-96.</ref><ref name="Haff1">Haff et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10997956 Carbohydrate supplementation attenuates muscle glycogen loss during acute bouts of resistance exercise]''. Int J Sport Nutr Exerc Metab. 2000 Sep;10(3):326-39.</ref>. Altri segnalano che il consumo di una fonte di carboidrati a basso indice glicemico nel periodo pre-esercizio risulta in un migliore mantenimento delle concentrazioni di glucosio nel sangue durante l'esercizio stesso<ref name="Bennard">Bennard et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16258184 Maximizing acute fat utilization: effects of exercise, food, and individual characteristics]''. Can J Appl Physiol. 2005 Aug;30(4):475-99.</ref>, nonché un tasso più elevato di ossidazione di grassi<ref name="Bennard" /><ref name="Wee">Wee et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15831796 Ingestion of a high-glycemic index meal increases muscle glycogen storage at rest but augments its utilization during subsequent exercise]''. J Appl Physiol. 2005 Aug;99(2):707-14.</ref><ref name="Solomon">Solomon et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23512711 A Low-Glycemic Diet Lifestyle Intervention Improves Fat Utilization during Exercise in Older Obese Humans]''. Obesity (Silver Spring). 2013 Mar 20.</ref> compensato da un minore impiego delle riserve di glicogeno<ref name="Wee" />. La ricerca ha stabilito che la resistenza fisica possa migliorare quando i soggetti consumano un pasto a basso IG rispetto ad uno ad alto IG prima dell'esercizio intenso<ref>DeMarco et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9927025 Pre-exercise carbohydrate meals: application of glycemic index]''. Med Sci Sports Exerc. 1999 Jan;31(1):164-70.</ref>.
I cibi ad indice glicemico moderato e alto sono raccomandati durante e dopo l'esercizio fisico<ref>Beavers, Leutholtz. ''[http://journals.lww.com/nsca-scj/Abstract/2008/06000/Glycemic_Load_Food_Guide_Pyramid_for_Athletic.1.aspx Glycemic load food guide pyramid for athletic performance]''. Strength and Conditioning Journal. 30(3), 10-14. (2008)</ref>. Cibi con un IG più elevato sono facilmente consumati, digeriti e assorbiti dal corpo permettendo una rapida disponibilità energetica. Esempi di cibi ad alto indice glicemico comunemente utilizzati durante l'esercizio comprendono le bevande sportive, gel o barrette energetiche. Consumare uno spuntino ad alto indice glicemico entro 45 minuti dopo l'esercizio fisico eleva la concentrazione di glucosio nel plasma<ref name="Ivy">John Ivy, Robert Portman. ''[http://books.google.it/books?hl=it&lr=&id=04GJNEwE6zMC&oi=fnd&pg=PR9&dq=Nutrient+timing:+The+future+of+sports+nutrition&ots=nk1Ds86q1n&sig=_sZhylQIH7d_ZfSIRPVGC353b38 Nutrient Timing: The Future of Sports Nutrition]''. Basic Health Publications, Inc., 2004. ISBN 1591201411</ref>. La risintesi del glicogeno muscolare post-esercizio risulta un'alta priorità metabolica per i muscoli allenati, al fine di ricostituire le riserve di glicogeno esaurite.
Durante le prime 24 ore post-esercizio, quando l'attività enzimatica è al suo picco più alto, sembra che il consumo di cibi ad elevato indice glicemico (GI) come zuccheri semplici promuova livelli più elevati di risintesi di glicogeno rispetto ad alimenti a basso IG come gli amidi<ref name="Coyle" /><ref>Burke et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8226443 Muscle glycogen storage after prolonged exercise: effect of the glycemic index of carbohydrate feedings]''. J Appl Physiol. 1993 Aug;75(2):1019-23.</ref><ref>Rankin J. ''Glycemic Index and Exercise Metabolism''. In: Gatorade Sports Science Exchange Volume 10(1).</ref>. Come è stato ampiamente riportato, gli elevati livelli glicemici indotti da un cibo glucidico stimolano la secrezione dell'ormone insulina. L'insulina nel post-esercizio contribuisce a promuovere il deposito di glicogeno<ref name="Ivy" />. L'insulina aumenta anche la sintesi proteica aumentando assorbimento di aminoacidi dal muscolo, tuttavia questo effetto è dato dall'introduzione di proteine e amminoacidi, e non di soli carboidrati<ref>Wolfe RR. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10642086 Effects of insulin on muscle tissue]''. Curr Opin Clin Nutr Metab Care. 2000 Jan;3(1):67-71.</ref>. Infine, l'insulina aumenta anche il flusso di sangue al muscolo, facilitando così la rimozione di sottoprodotti metabolici causati dall'esercizio (lattato e anidride carbonica)<ref name="Ivy" />. Alcuni studi suggeriscono inoltre che una dieta a basso indice glicemico possa migliorare il profilo lipidico, ridurre la massa grassa, e addirittura tendere ad aumentare la massa muscolare<ref>Bouché et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11978675 Five-week, low-glycemic index diet decreases total fat mass and improves plasma lipid profile in moderately overweight nondiabetic men]''. Diabetes Care. 2002 May;25(5):822-8.</ref>, fattori di grande importanza per i soggetti interessati all'aumento delle prestazioni e della muscolatura. Le linee guida generali descritte possono essere valide per la maggior parte, ma non per tutte, le persone che praticano sport. Esiste una grande differenza nelle risposte individuali nel modo in cui si digeriscono e si elaborano gli alimenti.
Anche nell'ambito sportivo non mancano però le controversie. Alcuni studi hanno rilevato che in realtà l'indice glicemico dei cibi assunti prima dell'esercizio non influenza la prestazione di ''endurance''. L'indice glicemico non influisce neppure sui livelli di [[Endorfine|β-endorfine]], lo sforzo percepito ([[Scala RPE]]), la frequenza cardiaca, la ventilazione, il lattato, il quoziente respiratorio, e il tasso di ossidazione dei substrati<ref>Jamurtas et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3219660/ The effects of low and high glycemic index foods on exercise performance and beta-endorphin responses]''. J Int Soc Sports Nutr. 2011; 8: 15.</ref>. Questi risultati sono stati confermati anche da altre ricerche, le quali hanno dimostrato che l'ingestione di carboidrati pre-allenamento, indipendentemente se ad alto o basso IG, non hanno effetto sull'utilizzo di glicogeno muscolare o sulla prestazione<ref>Febbraio MA, Stewart KL. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8889742 CHO feeding before prolonged exercise: effect of glycemic index on muscle glycogenolysis and exercise performance]''. J Appl Physiol. 1996 Sep;81(3):1115-20.</ref>. Tali conclusioni risultano quindi in conflitto con altre evidenze scientifiche. Per quanto riguarda l'attività lipolitica (di ossidazione di grassi durante l'esercizio) spesso ricercata con l'allenamento aerobico, è stato dimostrato che l'assunzione di carboidrati nel pre-allenamento sopprime o riduce l'ossidazione di grassi a favore dell'ossidazione di carboidrati<ref name="Coyle">EF Coyle. ''[http://www.ajcn.org/content/61/4/968S.short Substrate utilization during exercise in active people]''. 1995, American Journal of Clinical Nutrition, Vol 61, 968S-979S</ref><ref>Horowitz et al. ''[http://ajpendo.physiology.org/content/273/4/E768.short Lipolytic suppression following carbohydrate ingestion limits fat oxidation during exercise] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160307070732/http://ajpendo.physiology.org/content/273/4/E768.short |data=7 marzo 2016 }}''. Am J Physiol. 1997 Oct;273(4 Pt 1):E768-75.</ref>, tuttavia i cibi ad alto IG riescono ad inibire l'ossidazione di grassi ad un livello relativamente superiore rispetto a quelli a basso IG<ref name="Wee" /><ref>Venables et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/sites/entrez/18685525?dopt=Abstract&holding=f1000,f1000m,isrctn Oxidation of maltose and trehalose during prolonged moderate-intensity exercise]''. Med Sci Sports Exerc. 2008 Sep;40(9):1653-9.</ref><ref>Wu CL et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14641964 The influence of high-carbohydrate meals with different glycaemic indices on substrate utilisation during subsequent exercise]''. Br J Nutr. 2003 Dec;90(6):1049-56.</ref>.
===La reale efficacia del IG e CG===
La letteratura scientifica recente evidenzia che ci sianosono solo deboli prove per sostenere l'efficacia delle diete a basso indice glicemico negli individui sani. Tuttavia, queste diete hanno dimostrato di essere molto efficaci nel migliorare il controllo glicemico per i soggetti con disordini metabolici legati al glucosio e con diabete. Ad esempio, alcuni studi hanno mostrato modesti miglioramenti del profilo glicemico nei diabetici che scelgono alimenti a basso IG<ref>Frost et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9781629 Insulin sensitivity in women at risk of coronary heart disease and the effect of a low glycemic diet]''. Metabolism. 1998 Oct;47(10):1245-51.</ref><ref>Heilbronn et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11999539 The effect of high- and low-glycemic index energy restricted diets on plasma lipid and glucose profiles in type 2 diabetic subjects with varying glycemic control]''. J Am Coll Nutr. 2002 Apr;21(2):120-7.</ref>. Tuttavia, questi studi prevedevano anche bassi apporti calorici e cibi ricchi di fibre, per tanto tali accertamenti non potrebbero essere paragonati all'assunzione di cibi raffinati a basso IG<ref name="Venn">Venn BJ, Green TJ. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17992183 Glycemic index and glycemic load: measurement issues and their effect on diet-disease relationships]''. Eur J Clin Nutr. 2007 Dec;61 Suppl 1:S122-31.</ref>. Comunque, negli studi a breve termine sono stati osservati alcuni effetti favorevoli sui fattori di rischio di malattie cardiovascolari. Tuttavia, devono essere condotti ulteriori studi a lungo termine per stabilire i reali benefici di questa scelta alimentare<ref name="Howlett" />.
Una meta-analisi e review sistematica recente (Livesey et al., 2008) ha supportato questi risultati concludendo che gli effetti sui marker della salute sono dipendenti dai valori iniziali del soggetto. Le diete a basso carico glicemico possono essere benefiche per la salute, se il soggetto che lale segue parte da una condizione malsana (come l'obesità o il diabete), ma sulle popolazioni sane non vi è alcun effetto. In altri termini, mangiare cibi "sani" a basso indice e carico glicemico in condizioni di buona salute non rende il soggetto ancora più in salute<ref>Livesey et al. ''[httphttps://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18175766 Glycemic response and health--a systematic review and meta-analysis: relations between dietary glycemic properties and health outcomes]''. Am J Clin Nutr. 2008 Jan;87(1):258S-268S.</ref>.
== Note ==
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
*{{cita web|http://www.glycemicindex.com/|glycemicindex.com}}
*{{cita web |http 1 = https://www.albanesi.it/Alimentazione/indice_glicemico.htm#Indice_glicemico | 2 = albanesi.it - Tabella pratica | accesso = 2 maggio 2019 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20170813022018/http://www.albanesi.it/alimentazione/indice_glicemico.htm#Indice_glicemico | dataarchivio = 13 agosto 2017 | urlmorto = sì }}
*[https://manipolando.it/cioccolato-fondente-calorie/ ''Cioccolato fondente, ottimo e calorie buone per mantenere la linea''], su manipolando.it
* {{Thesaurus BNCF}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|medicina}}
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