Johann Gottlieb Fichte: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Botcrux (discussione | contributi)
m Bot: aggiungo template per citazione fonti online (v. richiesta)
 
(10 versioni intermedie di 5 utenti non mostrate)
Riga 4:
|larghezza = 300px
|titolo = La nascita dell'[[Idealismo]]
|contenuto = Fichte elimina la necessità della cosa in sé ([[noumeno]]) di cui parlava [[Kant]]: infatti non ha senso ammettere l'esistenza di una realtà che si trovi oltre i nostri limiti conoscitivi. Per poter parlare di qualcosa è necessario averne una rappresentazione mentale, ovvero uno schema trascendentale, secondo quanto insegna la stessa ''[[Critica della ragion pura]]''; come si può dire, pertanto, che esiste un oggetto se non lo posso ridurre alle forme ''[[a priori]]'' di un soggetto conoscente? Ne consegue che il [[fenomeno]] non è più un limite causato dall'inconoscibilità del noumeno, ma diventa una creazione del soggetto stesso. È così che si pone l'[[Idealismo]]: la realtà fenomenica è un prodotto del soggetto pensante, in contrapposizione al [[realismo (filosofia)|realismo]], secondo il quale gli oggetti esistono indipendentemente da colui che li conosce. Fichte reinterpreta l'''[[Io penso]]'' kantiano in senso [[trascendentale]] come la possibilità formale non solo del sapere ma anche dell'[[essere]]: l'[[Io (filosofia)|Io]] si pone un limite [[ontologico]] per affermare la sua [[libertà]] e la sua dimensione infinita.}}
 
{{Bio
|Nome = Johann Gottlieb
|Cognome = Fichte
|PreData = pronuncia [[lingua tedesca|tedesca]] {{IPA|[ˈjoːhan ˈɡɔtliːp ˈfɪçtə]}}<ref>[{{Cita web|https://www.duden.de/rechtschreibung/Fichte_Philosoph |Duden Wörterbuch]}}</ref>
|Sesso = M
|LuogoNascita = Rammenau
Riga 19:
|Epoca = 1700
|Attività = filosofo
|Attività2= docente= teologo
|Attività3 = docente
|Nazionalità = tedesco
|PostNazionalità = , continuatore del pensiero di [[Immanuel Kant|Kant]] e iniziatore dell'[[idealismo tedesco]]
}}
 
Le sue opere più famose sono la ''[[Dottrina della scienza]]'', che animerà il suo itinerario speculativo dal 1794 alla morte, e i ''[[Discorsi alla nazione tedesca]]'', nei quali sosteneva la superiorità culturale del [[popolo tedesco]] incitandolo a combattere contro [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]].
Riga 27 ⟶ 29:
== Biografia ==
=== L'infanzia e i primi studi ===
Johann Gottlieb Fichte nacque nel 1762 a [[Rammenau]], in [[Sassonia]], da genitori molto poveri. Era il primo degli otto figli di Christian Fichte (1737–1812), tessitore di nastri, e di sua moglie Maria Dorothea Schurich (1739–1813). Durante la sua infanzia fu costretto a lavorare come guardiano di oche per aiutare la sua famiglia. Fu grazie al sostegno del barone Ernst Haubold von Miltitz (1739 - 1774) che Fichte poté incominciare gli studi. Si narra che il barone fosse rimasto stupefatto nell'udire il ragazzo ripetere a memoria un sermone (che egli non aveva potuto udire) e, comprese le grandi potenzialità che aveva, decise di aiutarlo.
 
Dopo aver frequentato il ginnasio a Pforta nel 1774, nel [[1780]] si iscrisse alla facoltà di [[teologia]] di [[Università di Jena|Jena]], proseguendo in seguito gli studi a [[Università di Lipsia|Lipsia]]. In questi anni gli aiuti del barone si fecero sempre più radi e Fichte dovette attraversare un periodo durissimo, che lo costrinse a lavorare come [[precettore]] per non cadere nella miseria. Nel 1785 si trasferì a [[Zurigo]], dove conobbe Johanna Rahn, che divenne sua moglie nel 1793. In questo stesso anno fu iniziato alla [[massoneria]] a [[Danzica]],<ref name=Lessing-Herder>Lessing-Herder, ''Dialoghi per massoni'', Milano, Bompiani, 2014, p. 14, nota 4.</ref> nella loggia "Eugenia al leone coronato".<ref>Lambros Couloubaritsis, ''La complexité de la Franc-Maçonnerie. Approche Historique et Philosophique'', Bruxelles, 2018, Ed. Ousia, p. 367.</ref>
Riga 35 ⟶ 37:
{{Quote| Da quando ho letto la ''Critica della Ragion Pratica'' vivo in un mondo nuovo... cose che non credevo potessero essere dimostrate, per esempio il concetto della libertà assoluta e del dovere, ora sono provate al mio spirito e io ne sono tanto più lieto. È inimmaginabile quale rispetto per l'umanità, quale forza ci conferisca la filosofia, quale benedizione essa sia in una epoca in cui le basi della morale sono distrutte e la nozione del dovere esclusa da tutti i lessici.|Fichte, da una lettera del 1790<ref>[[Rudolf Steiner]], [https://books.google.it/books?id=Ij0cDAAAQBAJ&pg=PT77&dq=da+quando+ho+letto+la+Critica+della+Ragion+Pratica+vivo+in+un+mondo+nuovo.+..&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjc573Y1ZLNAhUDuBQKHSPkA28Q6AEINDAD#v=onepage&q=da%20quando%20ho%20letto%20la%20Critica%20della%20Ragion%20Pratica%20vivo%20in%20un%20mondo%20nuovo.%20..&f=false ''L'Evoluzione della Filosofia dai presocratici ai postkantiani''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160630014250/https://books.google.it/books?id=Ij0cDAAAQBAJ&pg=PT77&dq=da+quando+ho+letto+la+Critica+della+Ragion+Pratica+vivo+in+un+mondo+nuovo.+..&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjc573Y1ZLNAhUDuBQKHSPkA28Q6AEINDAD#v=onepage&q=da%20quando%20ho%20letto%20la%20Critica%20della%20Ragion%20Pratica%20vivo%20in%20un%20mondo%20nuovo.%20..&f=false |data=30 giugno 2016 }}, ed. Bocca, 2016.</ref>}}
 
Dopo aver scritto un'opera intitolata ''[[Saggio di una critica di ogni rivelazione]]'' (''Versuch einer Kritik aller Offenbarung''), in cui esponeva abilmente i principi della morale kantiana applicandoli alla [[religione rivelata]], Fichte si recò a [[Königsberg]] per farla leggere a Kant stesso. Quando, per intercessione di Kant, un editore pubblicò il lavoro nel 1792, non vi stampò il nome dell'autore: questo fece sì che lo scritto fosse scambiato per un lavoro di Kant stesso, essendo noto che stava lavorando a un'opera sulla religione. Quando Kant, nella ''Religione entro i limiti della sola ragione'' (1793), rivelò l'identità dell'autore, Fichte divenne immediatamente celebre, e due anni dopo fu chiamato all'[[Università di Jena]].
 
Nel 1791 intanto, a [[Danzica]], Fichte stava stendendo una difesa degli editti del governo [[prussia]]no che limitavano la [[libertà di stampa]] e introducevano la [[censura]]: nel mentre gli furono però negati i permessi per la pubblicazione del ''[[Saggio di una critica di ogni rivelazione]]''. L'indignazione per questa censura fece mutare la posizione di Fichte di fronte agli editti sulla riduzione della libertà di stampa, tanto che nel 1793 pubblicò, anonimamente, la ''[[Rivendicazione della libertà di pensiero]] (Zurückforderung der Denkfreiheit von den Fürsten Europens, die sie bisher unterdrückten. Eine Rede)''.
Riga 49 ⟶ 51:
 
=== La polemica sull'ateismo ===
Nel 1798 pubblicò il saggio ''Ueber den Grund unsers Glaubens an eine göttliche WeltRegierung''<ref>{{cita web |url=https://www.iliesi.cnr.it/iniziative/Letture/valenza_scheda.htm|titolo=Sul fondamento della nostra fede in un governo divino del mondo}}.
Johann Gottlieb Fichte, Ueber den Grund unsers Glaubens an eine göttliche WeltRegierung (file pdf 889 KB), in J. G. Fichte, Gesamtausgabe der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Bd. 5, Werke 1798-1799. Tr. it. Johann Gottlieb Fichte, Sul fondamento della nostra fede in un governo divino, in J. G. Fichte, La dottrina della religione, a cura di G. Moretto, Napoli, Guida, 1989, pp. 71-84</ref> in cui sostenne che Dio non poteva essere più inteso antropomorficamente come una persona trascendente, ma doveva essere fatto coincidere con l'ordine morale del mondo e con una vitalità universale, cosmica e immanente alla storia umana e si identificava col progresso morale del genere umano.
 
Nel 1799 scoppiò la cosiddetta «polemica sull'[[ateismo]]» (''Atheismusstreit''): nel 1798 Fichte aveva pubblicato sul ''Giornale filosofico'' un articolo intitolato ''Sul fondamento della nostra credenza nel governo divino del mondo'': in esso veniva sostenuta la tesi per la quale [[Dio]] coincideva con l'ordine morale del mondo, apparendo soltanto come un "dover essere". Nello stesso articolo, inoltre, il direttore del giornale, [[Friedrich Karl Forberg|Forberg]], suo discepolo, aggiungeva che era possibile non credere in Dio pur essendo religiosi, purché si credesse nel suddetto ordine morale, secondo un'interpretazione radicale dell'etica di Kant esposta nell'opera ''[[La religione entro i limiti della semplice ragione]]''.
 
Riga 152 ⟶ 157:
 
== La filosofia politica ==
La filosofia politica di Fichte nasce nel segno del [[giusnaturalismo]] e del [[contratto sociale|contrattualismo]]. Lo scopo dello [[Stato]] è quello di educare tutti gli uomini alla libertà, realizzando una "società perfetta" nel senso di essere formata da uomini "[[libertà|liberi]] e ragionevoli" tanto da non aver più bisogno di essere governati. Lo scopo di ogni [[governo]] è infatti quello di "rendere superfluo" sé stesso. Si noti come Fichte sia stato inizialmente attratto dalle teorie liberali del filosofo empirista inglese [[John Locke]].
Da questi Fichte, ispirato dagli eventi della Rivoluzione Francese, riprende la dottrina del diritto a ribellarsi ad un sovrano che non rispetti il patto sancito tra lui ed i cittadini: se lo Stato non compie la sua missione il contratto sociale è sciolto.
Si avanza un nuovo concetto di libertà intesa estensivamente non più soltanto come quella che appartiene ad ogni [[individuo]] che agisca moralmente, (la libertà di scelta, secondo la [[Critica della ragion pratica|morale kantiana]]) ma, come sostiene Fichte nell'opera sui ''Fondamenti del diritto naturale'', poiché le manifestazioni [[materia (filosofia)|materiali]] dell'Io sono le azioni, in esse l'Io esprime la propria libertà in una sfera di azioni possibili. La libertà per Fichte è quindi essenzialmente libertà di pensiero e di scelta.
Riga 171 ⟶ 176:
{{Vedi anche|Nazionalismo tedesco}}
 
Nei ''[[Discorsi alla nazione tedesca]]'' scritti e pronunciati in pubblico nell'inverno tra il 1807 e il 1808, quando ancora i francesi occupavano la Prussia dopo le [[battaglia di Jena|vittorie napoleoniche di Jena]] e [[Battaglia di Auerstädt|Auerstädt]], Fichte sembrò avanzare un progetto [[pedagogia|pedagogico]] teso al rinnovamento sia [[spirito (filosofia)|spirituale]] che materiale del popolo tedesco.<ref name=discorsi>''[http://www.treccani.it/enciclopedia/discorsi-alla-nazione-tedesca_%28Dizionario-di-filosofia%29/ Discorsi alla Nazione tedesca]''.</ref> Lo scopo apparentemente educativo servì alla libera circolazione dell'opera di cui i francesi non identificarono la pericolosità politica.<ref>In seguito ai ''Discorsi'' di Fichte tredici uditori fondarono una [[società segreta]] anti-napoleonica, ispirata all'antico [[Ordine teutonico]] medioevale e all'idea di un ordine maschile a orientamento nazionale, il «Deutscher Orden» (Cfr. ''I riti e le associazioni politiche nella Germania romantica'', pag. 354, e ''Hitler e l'Ordine teutonico'' pagg. 288-289, nel testo ''Il Collegio di Sociologia. 1937-1939'', a cura di Denis Hollier).</ref> Il nuovo modello di educazione che vi era esposto consisteva in un compito affidato al popolo tedesco, ritenuto l'unico tra tutti gli [[Europa|europei]] ad aver conservato intatte le sue caratteristiche [[nazione|nazionali]] originarie e naturali, ed inoltre la cui lingua era l'unica priva di barbarismi, e il cui Stato il solo dove la religione non avesse influito sulla politica. Questo per Fichte è comprovato dal fatto che la [[Lingua (linguistica)|lingua]] tedesca è l'unica ad essersi conservata pura nel corso dei secoli, mantenendo così intatta la [[cultura]] germanica. Questo non è avvenuto invece per l'[[Italia]] e la [[Francia]] dove la lingua, a causa delle dominazioni straniere, si è imbarbarita dando luogo a [[dialetto|dialetti]] bastardi. Il popolo tedesco ha così conservato non solo la purezza della lingua ma anche quella del [[sangue (religione)|sangue]] e quindi della [[stirpe]] che li caratterizza come il ''popolo'' per eccellenza: lo stesso termine ''deutsch'' vuol dire infatti popolare o volgare, nel senso riferito al ''vulgus'', il popolo appunto.
 
I tedeschi quindi sono gli unici ad avere un fattore unificatore spirituale e materiale che li caratterizza come stirpe, nazione.<ref>È improprio parlare di «razza» in quest'opera, termine di cui Fichte non fa alcun uso, e che peraltro è un concetto tipicamente novecentesco.</ref> La stessa storia culturale tedesca con le grandi figure di [[Lutero]], [[Gottfried Leibniz|Leibniz]], [[Kant]], dimostra la sua superiorità spirituale che ne fa una nazione eletta, a cui è stato affidato il compito di espandere la sua civiltà agli altri popoli. E guai se essa fallisse! Si legge infatti nella XIV e ultima lezione, dal titolo ''Conclusioni generali'': «Perciò non c'è nessuna via di uscita: se sprofondate voi, sprofonda l'intera umanità, senza speranza di ripristinarsi in futuro».<ref>Johann Gottlieb Fichte, ''Discorsi alla nazione tedesca'', a cura di Gaetano Rametta, Laterza, Roma-Bari 2003, ISBN 88-420-6990-6, p. 218.</ref>
 
Il pensiero di Fichte verrà poi esaltato dalla corrente del [[pangermanismo]], a cui tra gli altri si rifece [[Hitler]], sebbene Fichte parlasse in realtà di primato culturale del popolo tedesco, anziché militare o bellico.