Johann Gottlieb Fichte: differenze tra le versioni

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[[ImageFile:Johann Gottliebgottlieb Fichtefichte.jpg|thumbminiatura|Johann Gottlieb Fichte]]
{{Approfondimento
'''Johann Gottlieb Fichte''' ([[19 maggio]] [[1762]] - [[27 gennaio]] [[1814]]), [[filosofia|filosofo]] [[Germania|tedesco]], continuatore del pensiero di [[Immanuel Kant|Kant]] e iniziatore dell'[[idealismo tedesco]]. Fichte elimina la necessità per il soggetto della cosa in sé ([[noumeno]]), di cui parlava Kant: in questo modo la conoscenza non è più del fenomeno, ma diventa creazione del soggetto conoscente. È così che si crea l' [[idealismo]]: la realtà è un prodotto del soggetto pensante, in contrapposizione al [[realismo]] (gli oggetti esistono indipendentemente dal soggeto percepente). La sua opera più famosa sono i "Discorsi alla nazione tedesca" scritti nel 1807-8 nei quali sosteneva la superiorità culturale della Germania sulle altre nazioni e incitava il popolo tedesco a combattere contro Napoleone.
|allineamento = destra
|larghezza = 300px
|titolo = La nascita dell'[[Idealismo]]
|contenuto = Fichte elimina la necessità della cosa in sé ([[noumeno]]) di cui parlava [[Kant]]: non ha senso ammettere l'esistenza di una realtà che si trovi oltre i nostri limiti conoscitivi. Per poter parlare di qualcosa è necessario averne una rappresentazione mentale, ovvero uno schema trascendentale, secondo quanto insegna la stessa ''[[Critica della ragion pura]]''; come si può dire, pertanto, che esiste un oggetto se non lo posso ridurre alle forme ''[[a priori]]'' di un soggetto conoscente? Ne consegue che il [[fenomeno]] non è più un limite causato dall'inconoscibilità del noumeno, ma diventa una creazione del soggetto stesso. È così che si pone l'[[Idealismo]]: la realtà fenomenica è un prodotto del soggetto pensante, in contrapposizione al [[realismo (filosofia)|realismo]], secondo il quale gli oggetti esistono indipendentemente da colui che li conosce. Fichte reinterpreta l'''[[Io penso]]'' kantiano in senso [[trascendentale]] come la possibilità formale non solo del sapere ma anche dell'[[essere]]: l'[[Io (filosofia)|Io]] si pone un limite [[ontologico]] per affermare la sua [[libertà]] e la sua dimensione infinita.}}
 
{{Bio
|Nome = Johann Gottlieb
|Cognome = Fichte
|PreData = pronuncia [[lingua tedesca|tedesca]] {{IPA|[ˈjoːhan ˈɡɔtliːp ˈfɪçtə]}}<ref>{{Cita web|https://www.duden.de/rechtschreibung/Fichte_Philosoph|Duden Wörterbuch}}</ref>
|Sesso = M
|LuogoNascita = Rammenau
|GiornoMeseNascita = 19 maggio
|AnnoNascita = 1762
|LuogoMorte = Berlino
|GiornoMeseMorte = 27 gennaio
|AnnoMorte = 1814
|Epoca = 1700
|Attività = filosofo
|Attività2 = teologo
|Attività3 = docente
|Nazionalità = tedesco
|PostNazionalità = , continuatore del pensiero di [[Immanuel Kant|Kant]] e iniziatore dell'[[idealismo tedesco]]
}}
 
Le sue opere più famose sono la ''[[Dottrina della scienza]]'', che animerà il suo itinerario speculativo dal 1794 alla morte, e i ''[[Discorsi alla nazione tedesca]]'', nei quali sosteneva la superiorità culturale del [[popolo tedesco]] incitandolo a combattere contro [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]].
 
== Biografia ==
=== L'infanzia e i primi studi ===
Johann Gottlieb Fichte nacque nel 1762 a [[Rammenau]], in [[Sassonia]], da genitori molto poveri. Era il primo degli otto figli di Christian Fichte (1737–1812), tessitore di nastri, e di sua moglie Maria Dorothea Schurich (1739–1813). Durante la sua infanzia fu costretto a lavorare come guardiano di oche per aiutare la sua famiglia. Fu grazie al sostegno del barone Ernst Haubold von Miltitz (1739-1774) che Fichte poté incominciare gli studi. Si narra che il barone fosse rimasto stupefatto nell'udire il ragazzo ripetere a memoria un sermone (che egli non aveva potuto udire) e, comprese le grandi potenzialità che aveva, decise di aiutarlo.
 
Dopo aver frequentato il ginnasio a Pforta nel 1774, nel [[1780]] si iscrisse alla facoltà di [[teologia]] di [[Università di Jena|Jena]], proseguendo in seguito gli studi a [[Università di Lipsia|Lipsia]]. In questi anni gli aiuti del barone si fecero sempre più radi e Fichte dovette attraversare un periodo durissimo, che lo costrinse a lavorare come [[precettore]] per non cadere nella miseria. Nel 1785 si trasferì a [[Zurigo]], dove conobbe Johanna Rahn, che divenne sua moglie nel 1793. In questo stesso anno fu iniziato alla [[massoneria]] a [[Danzica]],<ref name=Lessing-Herder>Lessing-Herder, ''Dialoghi per massoni'', Milano, Bompiani, 2014, p. 14, nota 4.</ref> nella loggia "Eugenia al leone coronato".<ref>Lambros Couloubaritsis, ''La complexité de la Franc-Maçonnerie. Approche Historique et Philosophique'', Bruxelles, 2018, Ed. Ousia, p. 367.</ref>
Johann Gottlieb Fichte nacque a Rammenau nel 1762 da genitori molto poveri.
Durante la sua infanzia fu costretto a lavorare come guardiano d'oche per
aiutare la sua famiglia. Fu grazie al sostegno del barone von Miltitz che
Fichte pote' incominciare gli studi. Il barone, rimasto stupefatto nell'udire
il ragazzo ripetere a memoria un sermone (cui egli non aveva potuto udire),
decise di aiutarlo.
Dopo aver frequentato il ginnasio si iscrisse alla facolta' di teologia di
Jena nel 1780, in seguito, si trasferi' a Lipsia. In questi anni gli aiuti del
barone si fecero sempre piu' radi e Fichte dovette attraversare un periodo
durissimo. Fichte visse facendo l'umiliante mestiere di precettore.
Si trasferi' a Zurigo dove conobbe [[Johanna Rahn]], che divenne in seguito
sua moglie.
 
=== L'inizio della formazione filosofica: Kant ===
Nel 1790 uno studente gli chiese lezioni su [[Kant]]. Fichte poiche' non
Nel 1790, tornato a Lipsia, uno studente gli chiese lezioni su [[Immanuel Kant|Kant]] e poiché Fichte non conosceva la ''[[Critica della ragion purapratica]]'', fu costretto a leggerla. Fu per lui una vera rivelazione tanto da scrivere a questo proposito:
{{Quote| Da quando ho letto la ''Critica della Ragion Pratica'' vivo in un mondo nuovo... cose che non credevo potessero essere dimostrate, per esempio il concetto della libertà assoluta e del dovere, ora sono provate al mio spirito e io ne sono tanto più lieto. È inimmaginabile quale rispetto per l'umanità, quale forza ci conferisca la filosofia, quale benedizione essa sia in una epoca in cui le basi della morale sono distrutte e la nozione del dovere esclusa da tutti i lessici.|Fichte, da una lettera del 1790<ref>[[Rudolf Steiner]], [https://books.google.it/books?id=Ij0cDAAAQBAJ&pg=PT77&dq=da+quando+ho+letto+la+Critica+della+Ragion+Pratica+vivo+in+un+mondo+nuovo.+..&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjc573Y1ZLNAhUDuBQKHSPkA28Q6AEINDAD#v=onepage&q=da%20quando%20ho%20letto%20la%20Critica%20della%20Ragion%20Pratica%20vivo%20in%20un%20mondo%20nuovo.%20..&f=false ''L'Evoluzione della Filosofia dai presocratici ai postkantiani''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160630014250/https://books.google.it/books?id=Ij0cDAAAQBAJ&pg=PT77&dq=da+quando+ho+letto+la+Critica+della+Ragion+Pratica+vivo+in+un+mondo+nuovo.+..&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjc573Y1ZLNAhUDuBQKHSPkA28Q6AEINDAD#v=onepage&q=da%20quando%20ho%20letto%20la%20Critica%20della%20Ragion%20Pratica%20vivo%20in%20un%20mondo%20nuovo.%20..&f=false |data=30 giugno 2016 }}, ed. Bocca, 2016.</ref>}}
una vera rivelazione, egli scrisse a proposito che questa scoperta lo rese
ricchissimo interiormente, tanto da sentirsi "uno degli uomini piu' felici del
mondo".
 
Dopo aver scritto un'opera intitolata ''[[Saggio di una critica di ogni rivelazione]]'' (''Versuch einer Kritik aller Offenbarung''), in cui esponeva abilmente i principi della morale kantiana applicandoli alla [[religione rivelata]], Fichte si recò a [[Königsberg]] per farla leggere a Kant stesso. Quando, per intercessione di Kant, un editore pubblicò il lavoro nel 1792, non vi stampò il nome dell'autore: questo fece sì che lo scritto fosse scambiato per un lavoro di Kant stesso, essendo noto che stava lavorando a un'opera sulla religione. Quando Kant, nella ''Religione entro i limiti della sola ragione'' (1793), rivelò l'identità dell'autore, Fichte divenne immediatamente celebre, e due anni dopo fu chiamato all'[[Università di Jena]].
Fichte dopo aver scritto un'opera intitolata "[[Saggio di una critica di ogni
rivelazione]]", in cui esponeva abilmente i principi della dottrina Kantiana,
la consegno' a Kant stesso. L'editore lo pubblico' nel 1792 per intercessione
di Kant ma non vi stampo' il nome dell'autore. L'opera venne quindi scambiata
per un lavoro di Kant stesso.
Quando Kant rivelo' l'identita' dell'autore, Fichte divenne immediatamente
celebre e fu chiamato all'Universita' di [[Jena]].
In questi anni scrisse le seguenti opere:
 
Nel 1791 intanto, a [[Danzica]], Fichte stava stendendo una difesa degli editti del governo [[prussia]]no che limitavano la [[libertà di stampa]] e introducevano la [[censura]]: nel mentre gli furono però negati i permessi per la pubblicazione del ''[[Saggio di una critica di ogni rivelazione]]''. L'indignazione per questa censura fece mutare la posizione di Fichte di fronte agli editti sulla riduzione della libertà di stampa, tanto che nel 1793 pubblicò, anonimamente, la ''[[Rivendicazione della libertà di pensiero]] (Zurückforderung der Denkfreiheit von den Fürsten Europens, die sie bisher unterdrückten. Eine Rede)''.
* Fondamenti della dottrina della scienza (1794)
* Discorsi sulla missione del dotto (1794)
* Fondamenti del diritto naturale (1796)
* Sistema della dottrina morale (1798)
 
=== Il periodo a Jena ===
Nel 1799 un'aspra polemica sull'ateismo, scoppiata a causa del suo discepolo
Fichte fu nominato professore nel 1794 e tenne la cattedra fino al 1798, quando fu costretto a dimettersi per le [[#La polemica sull'ateismo|accuse di ateismo]] e l'opposizione di [[Friedrich Heinrich Jacobi]], schierato con la teologia ufficiale.<ref>Sul ruolo della [[Massoneria]] per la chiamata di Fichte a Jena si vedano Klaus Hammacher, ''Fichte und die Freimaurerei'', Fichte-Studien 2/1990, pp. 138-159; Hans-Helmut Lawatsch, ''Fichte und die hermetische Demokratie der Freimaurerei'', ''Fichte-Studien'', 3/1991, pp. 204-218. Citato in {{cita libro|url=https://www.google.it/books/edition/Il_prisma_Rousseau/GEgzDwAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&pg=PA38&printsec=frontcover|pagina=38|titolo=Il prisma "Rousseau". Lo sguardo di Fichte sulla politica tra Staatsrecht e Rivoluzione francese.|autore=Marco Rampazzo Bazzan|anno=2017|editore=Franco Angeli Edizioni|ISBN=9788891757531}}</ref> Il suo posto fu preso dal giovanissimo [[Friedrich Schelling|Schelling]], che di lui era stato studente e poi, grazie all'intercessione di [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]], coadiutore. Durante il soggiorno a [[Jena]] Fichte scrisse la maggior parte delle sue opere più importanti, tra cui i ''[[Dottrina della scienza|Fondamenti dell'intera dottrina della scienza]]'', la cui prima edizione apparve nel 1794, ma alla quale ne seguirono altre, rivedute e ampliate.
[[Forberg]], lo investi', costringendolo a dare le proprie dimissioni.
 
Fichte sosteneva che Dio coincide con l'ordine morale del mondo e che quindi
Pur avendo fatto proprio il pensiero del filosofo di [[Königsberg]], Fichte criticò la presupposizione [[kant]]iana di un [[cosa in sé|essere]] posto irrimediabilmente fuori dal soggetto. Tale esistenza sarebbe un limite non superabile per l'attività dello spirito e dunque per la sua libertà. Per Fichte la posizione di Kant era ancora [[dogmatismo|dogmatica]], e perciò in parte materialista e fatalista, perché in lui il soggetto è passivo e assiste da spettatore agli eventi che lo determinano.
e' impossibile dubitarne. Forbeg, aggiunse, che era possibile non credere in
 
Dio pur essendo religiosi purche' si credesse nella virtu'.
L'[[idealismo]] di Fichte vuole celebrare invece la libertà e l'indipendenza del soggetto rispetto a ciò che si trova al di fuori di lui, perché l'io «si fa da sé stesso». Con questo Fichte vuole affermare ancora una volta come lo spirito non è prodotto né condizionato dall'essere. La sua filosofia dovrà descrivere le varie tappe con cui l'essere viene prodotto come momento del pensiero.
 
Le altre opere di questo periodo sono i ''[[Discorsi sulla missione del dotto]]'', breve saggio del 1794, i ''[[Fondamenti del diritto naturale]]'' (1796), in cui Fichte prende posizione a favore del [[giusnaturalismo]], e il ''[[Sistema della dottrina morale]]'' (1798).
 
=== La polemica sull'ateismo ===
Nel 1798 pubblicò il saggio ''Ueber den Grund unsers Glaubens an eine göttliche WeltRegierung''<ref>{{cita web |url=https://www.iliesi.cnr.it/iniziative/Letture/valenza_scheda.htm|titolo=Sul fondamento della nostra fede in un governo divino del mondo}}.
Johann Gottlieb Fichte, Ueber den Grund unsers Glaubens an eine göttliche WeltRegierung (file pdf 889 KB), in J. G. Fichte, Gesamtausgabe der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Bd. 5, Werke 1798-1799. Tr. it. Johann Gottlieb Fichte, Sul fondamento della nostra fede in un governo divino, in J. G. Fichte, La dottrina della religione, a cura di G. Moretto, Napoli, Guida, 1989, pp. 71-84</ref> in cui sostenne che Dio non poteva essere più inteso antropomorficamente come una persona trascendente, ma doveva essere fatto coincidere con l'ordine morale del mondo e con una vitalità universale, cosmica e immanente alla storia umana e si identificava col progresso morale del genere umano.
 
Nel 1799 scoppiò la cosiddetta «polemica sull'[[ateismo]]» (''Atheismusstreit''): nel 1798 Fichte aveva pubblicato sul ''Giornale filosofico'' un articolo intitolato ''Sul fondamento della nostra credenza nel governo divino del mondo'': in esso veniva sostenuta la tesi per la quale [[Dio]] coincideva con l'ordine morale del mondo, apparendo soltanto come un "dover essere". Nello stesso articolo, inoltre, il direttore del giornale, [[Friedrich Karl Forberg|Forberg]], suo discepolo, aggiungeva che era possibile non credere in Dio pur essendo religiosi, purché si credesse nel suddetto ordine morale, secondo un'interpretazione radicale dell'etica di Kant esposta nell'opera ''[[La religione entro i limiti della semplice ragione]]''.
 
In risposta all'articolo comparve un libello anonimo che accusava Fichte di ateismo, montando una campagna mirante in realtà a screditarlo. Poco tempo dopo intervenne lo stesso governo prussiano, proibendo la stampa del giornale; per di più esso adoperò pressioni sul [[Carlo Augusto di Sassonia-Weimar-Eisenach|duca di Weimar]] affinché fossero presi dei severi provvedimenti nei confronti di Fichte e di Forberg, minacciando in caso contrario di proibire ai cittadini prussiani di iscriversi all'[[Università di Jena]]. Il governo di Weimar, sia per timore di far perdere prestigio ad uno dei suoi migliori centri universitari, sia per il contesto storico che vedeva la Germania dominata dall'influenza della [[Prussia]], chiese quindi al Senato Accademico dell'università di formulare un rimprovero ufficiale nei confronti dei due intellettuali.
 
A quel punto però Fichte rispose con fermezza, scrivendo in data 22 marzo 1799 una lettera privata ad un membro del governo nella quale minacciava, in caso di rimprovero, di lasciare la cattedra insieme a molti suoi colleghi. Lanciò inoltre un ''Appello al pubblico'' e raccolse l'appoggio di molti studenti tramite una petizione. Il governo di [[Jena]], allora, venuto a conoscenza della lettera di Fichte, la prese come pretesto per "accettare" le sue dimissioni, che il filosofo rassegnò poco tempo dopo.<ref>Fichte, ''[https://books.google.it/books?id=deHPzKytOZ0C&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false La missione del dotto]'', a cura di Nicolao Merker, edizioni Studio Tesi, 1982, pag. XXXV.</ref> La richiesta di dimissioni di Fichte era stata caldeggiata anche da [[Wolfgang Goethe|Goethe]], che godeva di grande influenza nell'ambiente universitario di Jena; fu quest'ultimo a proporre, con successo, che la cattedra rimasta vacante fosse data a [[Friedrich Schelling]] (già nominato coadiutore di Fichte proprio con l'appoggio di Goethe). Si dice inoltre che, in occasione di questo avvicendamento, Goethe abbia detto:
[[File:Fichtes Grabstein auf dem Dorotheenstädtischen Friedhof.jpg|thumb|upright|Tomba di Johann G. Fichte al [[Dorotheenstädtischer Friedhof]]]]
{{citazione|Per un astro che tramonta un altro ne sorge.|[[Johann Wolfgang von Goethe]]}}
 
=== Periodo berlinese ===
Fichte si trasferì allora a [[Berlino]], dove visse dando lezioni private e frequentò diversi intellettuali [[Romanticismo|romantici]], tra i quali [[Friedrich Schlegel|Schlegel]], [[Friedrich Schleiermacher|Schleiermacher]], [[Ludwig Tieck|Tieck]] e [[Novalis]] (grande estimatore dell'opera di Fichte). Il 23 ottobre 1799 fu affiliato alla [[Loggia massonica|loggia]] berlinese "Royal York zur Freundschaft", dalla quale uscì il 7 luglio 1800 per contrasti interni.<ref name=Lessing-Herder /> Nel 1805 tornò all'insegnamento universitario quando gli fu offerta una cattedra all'[[Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga|università di Erlangen]].
 
Nel 1806 Fichte era a [[Königsberg]] quando [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] invase la città: tornato a Berlino, scrisse i ''[[Discorsi alla nazione tedesca]]'' (1807-1808), in cui cercava di risvegliare l'anima del popolo tedesco contro la dominazione napoleonica, affermando il primato culturale del popolo tedesco. Questa pubblicazione lo rese nuovamente celebre, favorendo anche la sua nomina, da parte del Re, a professore ordinario dell'Università di Berlino, di cui fu in seguito eletto rettore.
 
Morì nel 1814 di [[colera]], contagiato dalla moglie, la quale aveva contratto la malattia curando i soldati negli ospedali militari. È sepolto nel [[cimitero di Dorotheenstadt]] accanto alla tomba di [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]].
 
== La ''Dottrina della scienza'' ==
Fichte si propone come [[Karl Leonhard Reinhold|Reinhold]] di dare coerenza e rigore al [[criticismo]] kantiano riconducendolo ad un principio fondamentale. Solo così sarà possibile costruire un sistema filosofico che contenga le basi di ogni sapere, cioè della scienza. Un tale sistema sarà appunto ''[[Dottrina della scienza]]'', ovvero indagine sulle condizioni che rendono possibile il sapere.
 
=== L'Idealismo critico ===
Il principio della scienza va ricercato restando nell'ambito del [[criticismo]], cioè partendo dalla coscienza [[trascendentale]]. Questo principio non può essere la [[rappresentazione (filosofia)|rappresentazione]] di Reinhold, perché questa si presenta come un ''fatto'' privo di spiegazione. Ogni fatto va invece ricondotto al motivo, alla ragione del suo costituirsi, ovvero all'''atto'' che lo pone. La filosofia per Fichte è dunque muovere dal condizionato, cioè dal contenuto della [[coscienza (filosofia)|coscienza]], per ricercare le condizioni che la rendono possibile.
 
All'origine della coscienza Fichte pone l'autointuizione dell'[[Io (filosofia)|Io]], che egli assimila all<nowiki>'</nowiki>''[[io penso]]'' e all'intuizione della legge morale di Kant. Essa deve essere un atto assolutamente incondizionato, perché se fosse condizionato non sarebbe il principio primo: è quindi un fondamento che si pone da sé; ed è un atto perché il suo essere è essenzialmente un ''porsi''. Esso è dunque al contempo un conoscersi e un agire.<ref name=cit1/>
 
Conoscendosi, l'Io si trova nel punto in cui pensante e pensato sono presenti come la medesima realtà. Soggetto e oggetto vengono cioè a coincidere e non hanno più una connotazione che li differenzia: è questo il cuore dell'Idealismo di Fichte.
 
Da una tale coincidenza, Fichte giungerà progressivamente alla conclusione che tutta la realtà finisce per risolversi nell'Io assoluto. Anche le [[categoria (filosofia)|categorie]] dell'[[intelletto]] assumeranno un ruolo diverso: mentre per [[Immanuel Kant|Kant]] esse avevano lo scopo di unificare il molteplice, per Fichte hanno lo scopo inverso di moltiplicare l'Io nella sua unicità. Egli illustra quindi i tre principi fondamentali che regolano questo reciproco rapportarsi di [[Soggetto (filosofia)|soggetto]] e [[oggetto (filosofia)|oggetto]].
 
==== 1) L'Io pone se stesso ====
[[File:Fichte - Primo principio.png|thumb|''L'Io pone sé stesso'' ([[tesi]])]]
Nella filosofia [[Aristotele|aristotelica]] il principio su cui si fondava la scienza era quello di [[principio di non contraddizione|non contraddizione]]: «A ≠ non A» (A è diverso da non A). La [[filosofia moderna]] e la stessa filosofia kantiana pongono invece l'accento sul [[Identità (filosofia)|principio di identità]]: «A = A» (A è uguale ad A).
 
Fichte afferma che entrambi i principi sono però da giustificare, in quanto derivano a loro volta da uno più generale: l'Io. Se non ci fosse l'Io infatti, non sarebbe possibile affermare i primi due principi. È l'io che pone il legame logico A = A, e che quindi pone lo stesso '''A''', mentre l'Io non è posto da nessun altro se non da sé medesimo. Poiché è condizionato solo da sé, l'Io si autopone affermando «Io = Io».
 
La concezione comune ci farebbe pensare che prima vengono gli oggetti e successivamente le funzioni compiute dagli stessi, ma Fichte è categorico nel rovesciare questa credenza. Ciò che viene comunemente chiamato "cosa", oggetto, non è altro che il risultato di un'attività. Nella metafisica classica si diceva: ''operari sequitur esse'' («l'azione consegue all'essere»), Fichte ora afferma: ''esse sequitur operari'' («l'essere consegue all'azione»).
 
L'essenza dell'io consiste proprio in un'attività, di natura [[autocoscienza|autocosciente]], che viene all'essere in quanto si autopone: il suo pensare è creare.<ref name=cit1>«Io non sono se non attività.[...] Io debbo nel mio pensiero partire dall'Io puro, e pensarlo come di per sé assolutamente attivo: non come determinato dagli oggetti, ma come determinante gli oggetti» (Johann Gottlieb Fichte, ''Seconda introduzione alla Dottrina della scienza, per lettori che hanno già un sistema filosofico'', 1798, trad. it. in ''Grande Antologia Filosofica'', Marzorati, Milano, 1971, vol. XVII, pp. 962-964). L'Io è chiamato "puro" poiché è svincolato da ogni determinazione empirica, dalla materialità considerata nella tradizione filosofica come "impura". Più frequentemente il termine usato è "Io assoluto", ''ab solutus'', "sciolto da", non condizionato, libero da ogni limite materiale.</ref> L'Io fichtiano è, quindi, l'[[intuizione intellettuale]] che Kant riteneva impossibile all'uomo poiché coincidente con l'intuizione di una mente creatrice.<ref>«L'[[intuizione intellettuale]] è l'unico saldo punto di vista per ogni filosofia. Tutto ciò che si presenta nella coscienza lo si può spiegare da esso, anzi esclusivamente da esso. Senza [[autocoscienza]] non esiste, in generale, coscienza; ma l'autocoscienza è possibile solo nel modo indicato» (Fichte, ''op. cit.'').</ref>
 
L'Io non coincide con il singolo io empirico, ma è l'Io [[assoluto]] da cui tutto deriva. Questa [[tesi]] si articolerà in altri due principi che mostrano la molteplicità degli io individuali e l'inesistenza di un mondo esterno.
 
==== 2) L'Io oppone a sé un non-io ====
[[File:Fichte - Secondo principio.png|thumb|''All'Io si oppone un non-io'' ([[antitesi]])]]
Poiché non esiste pensiero senza contenuto, una coscienza pensante si costituisce come tale solo in rapporto ad oggetti "pensati". Fichte giunge così ad una seconda formulazione, antitesi della prima: «L'Io pone nell'Io il non-Io», in base al principio [[Baruch Spinoza|spinoziano]] ''omnis determinatio est negatio'' («ogni determinazione è una negazione»). Il non-Io rappresenta tutto ciò che è opposto all'Io ed è diverso da questo. La necessità del non-io è data dal fatto che occorre qualcosa di esterno perché si attivi la conoscenza.
 
Una tale realtà esterna, però, non può essere neppure qualcosa di assolutamente indipendente dal soggetto, perché altrimenti si ricadrebbe nel [[dogmatismo]] kantiano della [[cosa in sé]], di cui le varie polemiche che ne sono seguite hanno mostrato l'incoerenza: non si può infatti pensare ad un oggetto se non ''per'' un soggetto. Ecco dunque che il secondo principio serve a ricondurre il non-io al suo autore, a rimuovere la sua estraneità di dato, e a dare un senso alla conoscenza umana, la quale senza un riferimento [[logica|logico]] all'oggetto diverrebbe vacua e inconsistente.
 
L'attività di «colui che pone» implica d'altronde che qualcosa sia «posto», e quindi lo scaturirsi di un non-io, così come L'[[Uno (filosofia)|Uno]] plotiniano generava altro da sé per ''[[autoctisi]]''.<ref>«Autoctisi» è un termine usato nell'[[idealismo]] per indicare appunto quel tipo di attività che, ponendosi, pone al contempo l'altro da sé. Sulle analogie con la dottrina di [[Plotino]] cfr. ''[https://web.archive.org/web/20040122071944/http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/000521l.htm L'Uno e le sue proprietà]'', articolo di [[Giovanni Reale]].</ref> Il non-io è ora all'interno dell'Io originario poiché all'infuori dell'Io non può esistere nulla. Ma il non-io, a sua volta, limita l'io posto nel primo principio, il quale non possedendo ancora tutto il contenuto della realtà oggettuale genera l'esigenza di una conciliazione.
Fichte si trasferi' a Berlino dove visse dando lezioni private.
Il suoi [[Discorsi alla nazione tedesca]] del 1808, in cui affermava il
primato spirituale del popolo tedesco, lo resero nuovamente celebree.
Nel 1820 fu nominato dal Re professore ordinario dell'Universita' di Berlino, e
fu anche eletto rettore.
Mori' nel 1814 di colera, contagiatogli dalla moglie, la quale aveva contratto
la malattia curando i soldati negli ospedali militari.
 
==== 3) L'Io oppone, in sé, a un io divisibile un non-io divisibile ====
== Le critiche a Kant ==
[[File:Fichte - Terzo principio.png|thumb|''Nell'Io è posto un io divisibile accanto a un non-io divisibile'' ([[Analisi e sintesi|sintesi]]): io e non-io diventano molteplici]]
La prima critica di Fichte al filosofo di [[Königsberg]] riguarda l'esistenza di un essere posto irrimediabilmente fuori dal soggetto. Tale esistenza sarebbe un limite non superabile per l'attività dello spirito e dunque per la sua libertà. Fichte considera la posizione kantiana ancora dogmatica e pertanto materialista e fatalista: il soggetto è passivo e assiste da spettatore agli eventi che lo determinano. L'idealismo celebra invece la libertà e l'indipendenza del soggetto rispetto a ciò che si trova al di fuori di lui perché l'io "si fa da sè stesso". Con questo Fichte vuole affermare ancora una volta come lo spirito non è prodotto né condizionato dall'essere. La filosofia infatti dovrà descrivere le varie tappe con cui l'essere produce l'essere come momento del pensiero.
Il terzo principio rappresenta così il momento della sintesi. L'Io assoluto è costretto a porre un "Io" empirico, finito, limitato, e quindi divisibile, da contrapporre al non-Io, anch'esso divisibile. Solo ciò che è infinito, infatti, non può essere diviso. Si giunge pertanto alla formulazione: «L'Io oppone, nell'Io, all'io divisibile un non-io divisibile».
L'opposizione tra io e non-io non avviene in modo netto, ma in maniera [[dialettica]], tale che essi, pur limitandosi l'un l'altro, si determinano anche a vicenda.
 
Mentre il secondo principio si limitava a ricondurre il non-io entro l'Io, lasciandoli però in uno stato di pura contrapposizione, il terzo principio dà luogo alla loro mediazione, con cui l'Io prende coscienza di essere non solo opposto al non-io, ma anche limitato da quest'ultimo, suddividendosi nella molteplicità.
== La dottrina della scienza ==
=== L'Io di Fichte ===
Il concetto di Io corrisponde al momento in cui pensante e pensato sono presenti al pensiero come la medesima cosa. Pertanto soggetto e oggetto vengono a coincidere e non hanno più una connotazione che li differenzia: è questa l'essenza dell'idealismo di Fichte.
 
La reciproca limitazione dell'io e del non-io consente di spiegare sia i meccanismi dell'attività conoscitiva sia di quella morale, superando il dualismo kantiano. In particolare:
Pertanto, seguendo questa definizione e considerando che l'esperienza viene a coincidere con il pensiero assoluto, giungiamo alla conclusione che '''tutta la realtà finisce per risolversi nell'Io assoluto'''. Anche le categorie assumono un ruolo diverso: mentre per [[Immanuel Kant|Kant]] esse avevano lo scopo di unificare il molteplice, per Fichte hanno lo scopo inverso di moltiplicare l'Io nella sua unicità.
 
* L'Io determinato dal non-io fonda l'aspetto dell'attività teoretica.
L'io è un giudizio sia riguardo al corpo che l'anima sul bello, il buono, il giusto e l'utile; è l'ente che pensa questo giudizio e lo vorrebbe eterno.
* Il non-io determinato dall'Io fonda, invece, l'attività pratica.
Dall'altro lato l'io è un agire che si scontra contro il tempo e contro il non-io in un'unica lotta per non cadere hegelianamente nel proprio contrario. Cadere nel non-io vuol dire identificarsi col mondo e perdere ciò che distingue l'io, gran parte (o tutta) la propria coscienza e libertà.
Ogni ente, dirà Hegel, cade nel proprio contrario se non è e non è pensato in relazione ad esso. Relazionarsi a un tempo che scorre e a un non-io spaziale che muta comporta per l'io di muoversi e mutare per restare diverso da un mondo mutevole; differenziarsi dal mondo vuol dire agire continuamente; cambiare per 'io significa agire con azioni continuamente diverse.
 
Mentre infatti nella conoscenza l'oggetto precede il soggetto, nell'azione sarà il soggetto a precedere e determinare l'oggetto, il quale sorge per farsi strumento della sua libertà.
Nell'attività pratica l'io determina il mondo, ma la forma continua nel tempo e continuamente diversa nello spazio di questo agire è invece determinata dal mondo. Propriamente questa è una delle prime conoscenze che l'io acquisisce nell'attività teoretica. Per non perdere libertà e coscienza l'io è costretto dal mondo ad agire e in modo continuamente diverso . L'io è unico e irripetibile ma nella mutevolezza delle sue azioni perde questa unicità e individualità.
Fichte affermò che non "occorre cambiare il mondo, perchè il mondo cambia da solo". L'io è comunque costretto ad agire e mutevolmente, ma dovrebbe non voler questa costrizione a cambiare sè stesso e il mondo e prendere coscienza che dietro i suoi giudizi coscienti e il mondo, esiste un io che crea entrambi.
 
=== Spiegazione dell'attività conoscitiva ===
Quest'ansthoss (urto) contro il mondo porta però l'io a capire che l'opposizione al mondo è anche cercata, superare questi limiti e ostacoli è un po il senso che da alla sua vita; lo scontro forma l'io nel senso filosofico di portarlo a coscienza che l'io che pensa è solo una parte che si oppone al mondo di un'io più grande che contiene entrambi e li crea a nostra insaputa.
Sul piano conoscitivo, l'Io si ritrova dunque delimitato dal non-io, attraverso quel meccanismo che Kant chiamava «immaginazione produttiva», concetto ripreso da Fichte e identificato con la creazione [[inconscio|inconscia]] da parte dell'Io degli oggetti, che nella prospettiva kantiana rappresentavano il [[noumeno]] o la cosa in sé. Quest'immaginazione è appunto l'attività che delimita l'Io e che crea il contenuto, la materia necessaria al processo conoscitivo,<ref>{{Cita web |url=http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=47 |titolo=Copia archiviata |accesso=28 novembre 2012 |dataarchivio=2 aprile 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150402112312/http://www.emsf.rai.it/brani/brani.asp?d=47 |urlmorto=sì }} In Fichte, ''La dottrina della scienza'', a cura di A. Tilgher, Bari, Laterza 1971, pp. 165-170.</ref> ma proprio perché è sottratta alla coscienza, la materia ci appare come altro da noi: non sappiamo che essa è la parte inconscia di noi, ce la troviamo «già data». In tal modo, Fichte riesce a rendere ragione del punto di vista del [[realismo (filosofia)|realismo]], che non può essere considerato erroneo, essendo giustificato dall'azione necessaria e inconscia della stessa immaginazione produttiva. La superiorità dell'[[idealismo]] sul realismo consiste però nel fatto che il primo riesce a rendere ragione del punto di vista realistico, mentre il secondo, che presume di essere più vicino al senso comune, non sa spiegarlo.
Fichte parlò per primo di inconscio e produzione inconscia del mondo.
[[File:Fichte - conoscenza.png|center|upright=2.8|thumb|L'Io determinato dal non-io (attività conoscitiva): il non-io tende all'infinito a risolversi nell'Io, cioè nell'autocoscienza pura]]
Fichte descrive quindi i passaggi con cui la coscienza, progressivamente, si riappropria del materiale prodotto dall'immaginazione produttiva: ciò avviene per gradi, attraverso la sensazione, l'intuizione sensibile, l'intelletto, il giudizio, e infine le [[idee]].<ref>Francesca Caputo, ''Etica e pedagogia'', vol. II, ''Linee di teorizzazione etica e pedagogica dal Rinascimento a Nietzsche'', pag. 124, Pellegrini, Cosenza 2005, ISBN 978-88-8101-245-9.</ref>
In questo processo, l'Io passa da un minimo di passività (la semplice [[sensazione]]), ad un massimo di attività (l'[[autocoscienza]]), scoprendo così che è l'Io ad essere attivo sul non-io, e non viceversa. Accrescendo questa consapevolezza, è possibile avvicinarsi sempre di più, pur senza mai raggiungerla, all'autocoscienza pura, cioè alla coscienza dell'Io stesso.
 
L'idealismo si mostrerà superiore al realismo anche sul piano etico: il primo infatti comporta la suprema attività e libertà dell'Io, mentre il secondo comporta la passività dell'Io di fronte agli oggetti. Da qui si può iniziare a comprendere come l'idealismo per Fichte sia essenzialmente una scelta pratica. Esso non può essere abbracciato per ragioni puramente teoretiche; l'idealismo infatti può dimostrare la propria superiorità solo al momento di sceglierlo. Viceversa chi non comprende e non afferma la propria libertà nell'attività pratica, resterà inevitabilmente fermo al realismo.
E' di questo tipo il conflitto fra chi ha un'idea del giusto che nella pratica delle azioni è costretto a violare, a chi cerca una bellezza del corpo e dell'anima che raggiunge con azioni e correttivi sempre diversi. Il conflitto è tra un io che ha dei tratti di personalità che vorrebbe eterni e un mondo dove non riesce a realizzarsi appieno perchè continuamente mutevole e mai totalmente controllabile e prevedibile.
 
Questo è ciò che la ''Dottrina della scienza'' intende chiarire: affermare che l'Io è il principio primo non significa arrivare già all'[[Assoluto]]. Se così fosse, il pensiero filosofico sarebbe creatore, poiché coinciderebbe con l'assoluto stesso e con la sua capacità di dedurre da sé ogni altra realtà. L'uomo invece rimane un essere finito, e la libertà con cui afferma sé stesso si limita a ricostruire nella teoria le condizioni di possibilità della coscienza, non a riprodurle nella pratica. In questo senso la filosofia è ben distinta dalla vita: «Vivere è non-filosofare» e «filosofare è non-vivere».<ref>Cit. in Fichte, ''La dottrina della religione'', pag. 192, a cura di G. Moretto, Guida, Napoli 1989.</ref> La filosofia, cioè, rispetto all'esperienza si pone come pensiero puramente negativo: si distacca dalla vita per poterla spiegare, ma proprio per questo non può surrogarla. In tal modo, sia pure diversamente da Kant, l'idealismo fichtiano salvaguardia la finitezza dell'uomo nel suo rapportarsi al dato empirico.
Il conflitto non è innato nell'io che in sè è la sua libertà (e le sue idee- giudizi), ma nasce quando l'io ha davanti a sè un non-io che lo determina anche come agire. L'io perde la sua unicità non slo nella mutevolezza delle sue azioni, ma prima ancora quando da luogo a un non-io: già col non-io non è più uno, ma due.
 
=== LSpiegazione dell'io pone seattività medesimomorale ===
Sul piano morale giunge a soluzione un problema lasciato aperto dalla ''Dottrina della Scienza'': se l'Io infatti è attività incondizionata, restava da capire che bisogno avesse di limitarsi e opporre a sé stesso un non-io, se non per un'esigenza [[logica]] rispetto alla quale esso restava comunque [[trascendente|superiore]]. Questo problema viene risolto da Fichte rifacendosi al primo principio (''l'Io pone sé stesso''): l'Io, cioè, poiché è un continuo ''porre'' il proprio essere, non è una realtà statica, ma dinamica. Esplicandosi in una tale attività, occorre che gli sorga contro un'opposizione, un non-io, perché un'attività è tale solo se consiste nello sforzo di superamento di un limite.
 
L'oggetto, cioè il non-io, si presenta così all'uomo, nell'attività pratica, come l'ostacolo da superare. Il non-io diventa il momento necessario per la realizzazione della [[libertà]] dell'Io. In campo pratico l'io si sforza di superare questo ostacolo spostando il limite tra io e non io sempre più in là. Quindi in campo pratico l'io è infinito per il suo sforzo di esserlo (''Streben'').
Nella filosofia aristotelica il principio su cui si fondava la scienza era il
[[File:Fichte - etica.png|center|upright=2.8|thumb|L'Io determina il non-io (attività morale): l'Io tende all'infinito a ricongiungersi col non-io, conformandolo a sé sul piano pratico]]
principio di non contraddizione: A != non A.
Come l'io potrà affermarsi solo in qualità di superatore degli ostacoli, allo stesso modo l'uomo deve porsi da solo dei limiti e tendere alla perfezione, attraverso il superamento degli stessi per affermarsi realmente come individuo libero. La frase che raccoglie questo pensiero è: «Essere liberi è cosa da nulla: divenirlo è cosa celeste».<ref>In [[Lingua tedesca|tedesco]]: «Frei sein ist nichts, frei werden ist der Himmel», citazione riferita nella ''Entsiklopediceskij slovar'' alla voce "Fichte", vol. XXXVI, pag. 50, col. 2, San Pietroburgo, 1890-1907, e in Xavier Léon, ''Fichte et son temps'', vol. I, pag. 47, Colin, Parigi 1922-27, ma non rintracciabile in Fichte (cfr. Isaiah Berlin, ''Libertà'', a cura di Henry Hardy, trad. it. di G. Rigamonti e M. Santambrogio, pag. 52, nota 48, Feltrinelli, Milano 2005 ISBN 88-07-10379-6).</ref>
La filosofia moderna e la stessa filosofia kantiana si fonda invece sul
principio di identita': A == A.
 
In questo modo, sia pure diversamente da Kant, anche Fichte afferma il primato della ragion pratica, tanto che la sua filosofia può essere chiamata ''idealismo etico''. Egli è il filosofo della [[borghesia]] nascente, che trasforma il mondo con il [[lavoro]]. Questa trasformazione non è altro che perfezionamento dell'Io stesso. È un processo di arricchimento, senza il non-Io non sarebbe infatti possibile la storia. La legge di questa attività è la kantiana legge morale del dovere che impone alla libera volontà dell'uomo di realizzare la ragione nel mondo. L'etica fichtiana si basa su un progressivo ricongiungimento all'infinito con l'Io originario, superando in un certo modo la propria individualità.
Fichte afferma che quest'ultimo deriva a sua volta da un principio piu'
Il raggiungimento della perfezione morale è un riconoscersi nell'assoluto, quando l'"''Io pone sé stesso''" non sarà più una semplice esigenza, ma realtà.
generale: l'Io. Se non ci fosse l'Io non sarebbe possibile, infatti, affermare
i primi due principi. E' l'io che pone il legame logico A == A, e che quindi
pone A stesso, ma l'Io non e' posto da nessun'altro se non da se medesimo,
cioe' si autopone: Io == Io. Quindi, l'Io essendo condizione di se' medesimo
si auto-crea.
 
L'io assoluto, tuttavia, non è ancora per noi una realtà, bensì un compito, un [[ideale (etica)|ideale]], che l'azione morale esige, ma che non può essere dimostrato. L'Assoluto è visto così da Fichte come esigenza fondamentale che costituisce l'essenza dell'Io, realizzabile solo in una dimensione tendente all'infinito. Quella di Fichte è così una filosofia dell'infinito, nel quale consiste la sua componente propriamente [[Romanticismo|romantica]]. Da ciò tuttavia deriva che l'Assoluto, cioè Dio, non può più essere pensato come un essere in sé compiuto, ma solo come ideale, ovvero l'ideale dell'ordinamento morale del mondo. Fu questa l'origine dell'accusa di ateismo che costrinse Fichte a dare le dimissioni dalla cattedra di Jena.
La differenza io-Dio diviene quantitativa. L'uomo ha un pensiero creativo che pone solo il mondo che ha davanti nella sensazione (lo spazio e il tempo che vede con gli occhi), uno spazio-tempo finito; Dio col Suo pensiero creativo crea (pone in essere) uno spazio-tempo molto più vasto se non infinito, tutto ciò di cui è a conoscenza, ossiaper essere creatore di tutto ciò che è (come afferma anche la teologia) deve anche essere cosciente di tutto ciò che è.
Fichte rispose alle accuse dicendo di non voler distruggere la religione, ma solo di individuare in essa il contenuto essenziale, cioè la fede nella realizzabilità di un mondo morale.
 
== L'esito religioso dell'idealismo fichtiano ==
La relazione io/non-io è molti a molti. Ossia più io possono insistere sullo stesso arco di spazio-tempo, creare la stessa realtà; con oggettività si intende l'intersoggettività ossia uno spazio e un tempo sul quale tutti gli io presenti sono d'accordo(vedono le stesse cose) in quanto lo creano tutti nel solito modo. Ogni realtà(che l'io ha davanti agli occhi) è la sovrapposizione di due attività creatrici, quella dell'io lì presente e quella di un Dio che pensa e crea tutto ciò che è.
Le polemiche sull'ateismo in aggiunta ad alcuni dissapori con [[Friedrich Schelling|Schelling]], che lo stava via via offuscando e gli contestava inoltre un eccessivo soggettivismo, contribuirono a una svolta del pensiero di Fichte in una direzione più ontologica e religiosa, senza che con questo egli abbandonasse il suo precedente punto di vista. Già nella ''Missione dell'uomo'' (del [[1800]]) egli metteva in rilievo come nessun sapere possa fondare e provare sé stesso: ogni sapere presuppone qualcosa di più elevato come sua causa; solo la [[fede]] può fondare la sua validità, mettendolo al riparo dalle derive di un idealismo relativista quanto irrazionale.<ref>Fichte era giunto in particolare a riconoscere la rilevanza della critica di [[Friedrich Heinrich Jacobi|Jacobi]], per il quale l'idealismo rischiava di sfociare nel nichilismo, cfr. F. H. Jacobi, ''Lettera a Fichte (1799, 1816)'', trad. it. a cura di A. Acerbi, introduzione di M. Ivaldo, testo tedesco, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press, Napoli 2011 ISBN 978-88-905957-5-2.</ref>
 
Nella ''Dottrina della Scienza'' del [[1804]] Fichte sostiene così che l'Io assoluto è il fondamento del nostro sapere (e del nostro agire), ma è un [[Assoluto]] in sé e non un semplice dover essere. L'assoluto è per noi inaccessibile, e la filosofia non muove dall'assoluto ma solo dal ''sapere assoluto'': l'assoluto cioè costituisce la fonte del sapere e la sua unità più profonda, ma esso è anche il limite del sapere, il punto in cui questo si annichila. La [[ragione]] non può mai uscire da sé stessa per comprendere la sua origine, che rimane quindi non comprensibile. Dice Fichte: «Il fondamento della verità non risiede nella coscienza, ma assolutamente nella verità stessa. La coscienza è soltanto il fenomeno esterno della verità»; in altre parole, essa è solo emanazione della verità, un indicatore di questa, non la verità stessa.
La concezione comune ci farebbe pensare che prima vengono le cose e
successivamente le funzioni compiute dalle stesse, Fichte e' categorico nel
rovesciare questa credenza. Cio' che viene comunemente chiamato cosa non e'
altro che un risultato di un'attivita'. Nella metafisica classica si diceva:
operari sequitur esse (l'azione consegue l'essere), Fichte ora afferma:
esse sequitur operari (l'essere consegue l'azione).
 
Nell'''Introduzione alla Vita beata'', Fichte interpreta il suo idealismo alla luce del [[Vangelo di Giovanni]]: il ''[[Logos]]'' di cui parla l'evangelista, cioè il Sapere, la Coscienza divina, è l'immediata e diretta espressione di Dio, che è l'assoluto. Il ''[[Logos]]'' è intermediario tra Dio e il mondo, e l'uomo non può unirsi a [[Dio Padre]] direttamente, ma solo tramite il ''Logos'', il mediatore. Per giungere a questa unione la ragione deve riconoscersi per quello che è, cioè semplice esteriorizzazione dell'assoluto, fenomeno espressione non di sé, e deve quindi cancellarsi negando sé stessa. Grazie a questo processo di auto-umiliazione è possibile elevarsi e giungere alla visione [[estasi|estatica]] dell'[[Uno (filosofia)|Uno]]. È evidente l'influsso [[neoplatonico]] della [[teologia negativa]] di [[Plotino]] su quest'ultima fase dell'idealismo di Fichte, che voleva comunque essere per lui solo un approfondimento e non una revisione.
L'io pertanto viene ad essere in quanto si autopone: l'essenza dell'io consiste
proprio nell'essere autocosciente. L'Io Fichtiano e', quindi, l'intuizione
intellettuale che Kant riteneva impossibile all'uomo poiche' coincidente con
l'intuizione di una mente creatrice.
 
== Le ''Lezioni sulla missione del dotto'' ==
L'Io non e' l'io e l'intelligenza del singolo uomo empirico, ma l'Io assoluto
Al [[intellettuale|dotto]] è affidata una [[missione]]: egli, che ha raggiunto il culmine della [[sapienza (filosofia)|sapienza]], è proprio per questo obbligato, [[morale|moralmente]] e [[responsabilità|responsabilmente]], poiché per la sua stessa perfezione [[cultura]]le possiede maggior [[coscienza]] di sé, non solo a diffondere il suo sapere tra gli uomini indotti, ma a presentarsi come esempio vivente di [[ragione|razionalità]] e moralità per tutti gli uomini. La dottrina e la [[scienza]] costituiscono parte [[essenza (filosofia)|essenziale]] della [[società (sociologia)|società]], sono esse stesse sociali e quindi il dotto acquista quasi naturalmente il ruolo di [[pedagogia|educatore]] degli uomini come ''magister communis'' (maestro sociale).<ref>Questo ruolo "pedagogico" dovrà essere ricoperto dalla [[Germania]] nei confronti degli altri stati europei, in quanto essa è l'unica che ha mantenuto le caratteristiche linguistiche e culturali necessarie per comprendere l'[[Assoluto]] (in Fichte definito "Io") e comunicare direttamente con esso (J. Gottlieb Fichte, ''La missione del dotto'', Introduzione XXIII, Edizioni Studio Tesi, 1991).</ref>
da cui tutto deriva. Per questo motivo Fichte introdurra' altri due principi
che dimostrano la molteplicita' degli Io individuali ne' tantomeno l'esistenza
di un mondo esterno.
 
==Fichte e la massoneria==
=== L'io oppone a sè un non-io ===
{{Vedi anche|Lezioni sulla massoneria}}
Lo stesso ideale della missione universale dell'intellettuale nei confronti della società umana si ritrova nell'adesione di Fichte alla [[Massoneria]] su cui l'autore tedesco condurrà una serie di studi stampati sulla rivista massonica ''Eleusinie del secolo XIX'' tra il 1802 e il 1803, ripubblicati e più ampiamente divulgati nel 1923.<ref>{{cita web|url=http://www.renatus.it/files/moravia_sergio_la_filosofia_della_massoneria_uni.pdf|autore=[[Sergio Moravia]]|titolo=La filosofia della Massoneria. Un'immagine della sua rinascita moderna nel XVIII secolo|p=30}}</ref>
Fichte accetta di buon grado il [[simbolismo]] [[esoterismo|esoterico]] e il culto del "segreto" della comunità massonica, e non trova contrastanti l'appartenenza alla società dello Stato di diritto e a quella particolare società retta da leggi proprie che è la Massoneria. Fichte ammira soprattutto lo spirito [[laico]] che anima i più validi principi "politici" massonici come l'uguaglianza, la solidarietà, la tolleranza e il dialogo verso tutta l'umanità.
 
L'uomo che si lascia guidare dalla [[ragione]], osserva Fichte, è per sua natura un massone che si deve assumere il compito di realizzare un organismo internazionale pacifista che accolga tutti gli uomini indipendentemente dalle possibili differenze di razza, credenze, usi e costumi. Questo supremo fine sarà attuabile con l'[[educazione]], primato morale della Massoneria e strumento fichtiano per il miglioramento sociale e spirituale dell'individuo:
Ficthe giunge ad una seconda formulazione (antitesi):"L'Io pone
{{Quote|La Massoneria è, secondo le nostre ricerche, un'istituzione destinata a cancellare l'unilateralità della cultura dell'uomo nella maggiore società e ad elevare questa cultura ... a cultura universale e puramente umana. Ci siamo domandati quali sono le parti e gli oggetti della cultura umana che si devono ricevere in questa associazione; e abbiamo risposto: la cultura alla Religione, come cittadino di un mondo invisibile, la cultura per lo Stato, come cittadino di una data parte del mondo visibile, infine l'educazione per la capacità e l'abilità di dominare la natura priva di ragione, quali esseri razionali. E ancora abbiamo chiesto: quali sono i mezzi dell'associazione, per comunicare questa cultura ai suoi membri? E rispondiamo: l'insegnamento e l'esempio.<ref>{{Cita web |url=http://www.massoneriascozzese.it/testi/fichte.pdf |titolo=Copia archiviata |accesso=11 novembre 2016 |dataarchivio=11 novembre 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20161111195858/http://www.massoneriascozzese.it/testi/fichte.pdf |urlmorto=sì }}</ref>}}
nell'Io il non-Io". Il Non-Io rappresenta tutto cio' che e' opposto all'Io ed
e' diverso da questo.
 
== La filosofia politica ==
L'Io non si pone come qualcosa di statico ma si pone come ponente. Il "porsi
La filosofia politica di Fichte nasce nel segno del [[giusnaturalismo]] e del [[contratto sociale|contrattualismo]]. Lo scopo dello [[Stato]] è quello di educare tutti gli uomini alla libertà, realizzando una "società perfetta" nel senso di essere formata da uomini "[[libertà|liberi]] e ragionevoli" tanto da non aver più bisogno di essere governati. Lo scopo di ogni [[governo]] è quello di "rendere superfluo" sé stesso. Si noti come Fichte sia stato inizialmente attratto dalle teorie liberali del filosofo empirista inglese [[John Locke]].
come colui che pone" implica necessariamente la posizione di qualcos'altro e
Da questi Fichte, ispirato dagli eventi della Rivoluzione Francese, riprende la dottrina del diritto a ribellarsi ad un sovrano che non rispetti il patto sancito tra lui ed i cittadini: se lo Stato non compie la sua missione il contratto sociale è sciolto.
quindi lo scaturirsi di un non-io.
Si avanza un nuovo concetto di libertà intesa estensivamente non più soltanto come quella che appartiene ad ogni [[individuo]] che agisca moralmente, (la libertà di scelta, secondo la [[Critica della ragion pratica|morale kantiana]]) ma, come sostiene Fichte nell'opera sui ''Fondamenti del diritto naturale'', poiché le manifestazioni [[materia (filosofia)|materiali]] dell'Io sono le azioni, in esse l'Io esprime la propria libertà in una sfera di azioni possibili. La libertà per Fichte è quindi essenzialmente libertà di pensiero e di scelta.
Il non-io e' all'interno dell'Io poiche' all'infuori dell'Io non puo' esistere
Come accade per la limitazione che l'Io assoluto subisce dal Non-io, lo stesso avviene per l'io empirico che vede la sfera delle proprie azioni possibili contrastata dalle azioni altrui. Da qui si origina il [[diritto]] come regolatore delle reciproche libertà. Perché si attui l'agire morale inteso come autodeterminazione, occorre per Fichte questa condizione: il [[diritto]].
nulla.
 
=== Il diritto ===
Il non-io, a sua volta, limita l'Io, che diventa cosi' limitato e limitante,
Il diritto riguarda la [[libertà]] considerata come ''fatto'' esteriore, [[Oggetto (filosofia)|oggettività]], e non come ''atto'' interiore, soggettivo, nel suo aspetto morale di auto-realizzazione dell'Io. In questo senso, la libertà consiste nella presa di [[coscienza]] della propria [[indipendenza]] dagli altri. Questa avviene solo attraverso il riconoscimento della libertà altrui: l'uomo finito, infatti, può acquistare coscienza di sé e della propria indipendenza solo in relazione a una [[comunità]] di individui.
in quanto limita anch'esso il non-io.
 
Il diritto è tale se è garantito dallo Stato che innanzitutto dovrà assicurare al cittadino la sussistenza del proprio [[corpo umano|corpo]]; senza di esso e cioè senza la possibilità di disporre di mezzi materiali l'uomo non potrà usufruire degli originari diritti che gli appartengono per [[natura]]. Questo è dunque il dovere essenziale dello Stato: assicurare a tutti corporeità e conservazione. Altri diritti naturali sono per Fichte la [[libertà]] ed il [[lavoro]], dal quale deriva la [[proprietà (diritto)|proprietà]].
=== L'opposizione nell'Io dell'io limitato al non-io limitato ===
 
=== Lo stato commerciale chiuso ===
Il terzo principio rappresenta il momento della sintesi.
Nell'opera successiva, ''[[Lo Stato commerciale chiuso]]'', lo Stato assume un'ulteriore funzione integrativa, che gli conferisce l'aspetto di uno stato [[socialismo|socialistico]], privo però dell'afflato cosmopolitico. Lo stato deve innanzitutto garantire il [[lavoro]] su cui si basa il benessere e l'eliminazione della [[povertà]]. Per questo il governo interverrà d'autorità a stabilire i vari settori lavorativi, in modo che il numero dei componenti non sia né superiore né inferiore alla quantità di beni prodotti: così avviene per gli [[artigiano|artigiani]] e i [[commercio|commercianti]], mentre il numero di lavoratori addetti alla produzione [[agricoltura|agricola]] si stabilisce automaticamente in base alla quantità di terre coltivabili. L'obiettivo è quello di rendere autosufficiente economicamente lo Stato, che si configurerà come ''stato commerciale chiuso,'' in modo da eliminare i conflitti tra gli individui, le [[Classe sociale|classi]] e gli Stati. Perché questo accada occorre però che si realizzino tre condizioni: che lo Stato
* produca tutto quanto di cui ha bisogno,
* distolga i cittadini dai beni che non può produrre, oppure imponga il [[monopolio]] nei casi d'importazione dei beni mancanti,
* raggiunga i suoi [[confine|confini]] naturali e che sia padrone delle terre che gli appartengono per natura. Se così non fosse esso è giustificato nel fare la [[guerra]] a chi usurpa le sue risorse naturali.
 
=== I ''Discorsi alla nazione tedesca'' ===
L'opposizione del non-io all'Io non avviene in maniera netta, ma essi si
{{Vedi anche|Nazionalismo tedesco}}
limitano a vicenda, cosicche' si de-terminano.
 
Nei ''[[Discorsi alla nazione tedesca]]'' scritti e pronunciati in pubblico nell'inverno tra il 1807 e il 1808, quando ancora i francesi occupavano la Prussia dopo le [[battaglia di Jena|vittorie napoleoniche di Jena]] e [[Battaglia di Auerstädt|Auerstädt]], Fichte sembrò avanzare un progetto [[pedagogia|pedagogico]] teso al rinnovamento sia [[spirito (filosofia)|spirituale]] che materiale del popolo tedesco.<ref name=discorsi>''[http://www.treccani.it/enciclopedia/discorsi-alla-nazione-tedesca_%28Dizionario-di-filosofia%29/ Discorsi alla Nazione tedesca]''.</ref> Lo scopo apparentemente educativo servì alla libera circolazione dell'opera di cui i francesi non identificarono la pericolosità politica.<ref>In seguito ai ''Discorsi'' di Fichte tredici uditori fondarono una [[società segreta]] anti-napoleonica, ispirata all'antico [[Ordine teutonico]] medioevale e all'idea di un ordine maschile a orientamento nazionale, il «Deutscher Orden» (Cfr. ''I riti e le associazioni politiche nella Germania romantica'', pag. 354, e ''Hitler e l'Ordine teutonico'' pagg. 288-289, nel testo ''Il Collegio di Sociologia. 1937-1939'', a cura di Denis Hollier).</ref> Il nuovo modello di educazione che vi era esposto consisteva in un compito affidato al popolo tedesco, ritenuto l'unico tra tutti gli [[Europa|europei]] ad aver conservato intatte le sue caratteristiche [[nazione|nazionali]] originarie e naturali, ed inoltre la cui lingua era l'unica priva di barbarismi, e il cui Stato il solo dove la religione non avesse influito sulla politica. Questo per Fichte è comprovato dal fatto che la [[Lingua (linguistica)|lingua]] tedesca è l'unica ad essersi conservata pura nel corso dei secoli, mantenendo così intatta la [[cultura]] germanica. Questo non è avvenuto invece per l'[[Italia]] e la [[Francia]] dove la lingua, a causa delle dominazioni straniere, si è imbarbarita dando luogo a [[dialetto|dialetti]] bastardi. Il popolo tedesco ha così conservato non solo la purezza della lingua ma anche quella del [[sangue (religione)|sangue]] e quindi della [[stirpe]] che li caratterizza come il ''popolo'' per eccellenza: lo stesso termine ''deutsch'' vuol dire popolare o volgare, nel senso riferito al ''vulgus'', il popolo.
L'Io assoluto e' quindi costretto a porre un Io empirico e divisibile da
contrapporre al non-Io anch'esso divisibile. Si giunge cosi' alla formulazione
della sintesi:"L'Io oppone, nell'Io, al non-io divisibile un Io divisibile"
 
I tedeschi sono gli unici ad avere un fattore unificatore spirituale e materiale che li caratterizza come stirpe, nazione.<ref>È improprio parlare di «razza» in quest'opera, termine di cui Fichte non fa alcun uso, e che peraltro è un concetto tipicamente novecentesco.</ref> La stessa storia culturale tedesca con le grandi figure di [[Lutero]], [[Gottfried Leibniz|Leibniz]], [[Kant]], dimostra la sua superiorità spirituale che ne fa una nazione eletta, a cui è stato affidato il compito di espandere la sua civiltà agli altri popoli. E guai se essa fallisse! Si legge nella XIV e ultima lezione, dal titolo ''Conclusioni generali'': «Perciò non c'è nessuna via di uscita: se sprofondate voi, sprofonda l'intera umanità, senza speranza di ripristinarsi in futuro».<ref>Johann Gottlieb Fichte, ''Discorsi alla nazione tedesca'', a cura di Gaetano Rametta, Laterza, Roma-Bari 2003, ISBN 88-420-6990-6, p. 218.</ref>
 
Il pensiero di Fichte verrà poi esaltato dalla corrente del [[pangermanismo]], a cui tra gli altri si rifece [[Hitler]], sebbene Fichte parlasse in realtà di primato culturale del popolo tedesco, anziché militare o bellico.
La reciproca limitazione dell'io e del non-io spiega i meccanismi
dell'attivita' conoscitiva sia di quella morale:
 
== Opere ==
*. L'Io determinato dal non-io fonda l'aspetto dell'attivita' conoscitiva.
* ''Versuch einer Kritik aller Offenbarung'' (''Saggio di una critica di ogni rivelazione''), 1792
*. Il non-io determinato dall'Io fonda, invece, l'attivita' pratica.
* ''Grundlage der gesamten Wissenschaftslehre'' (''[[Dottrina della scienza|Fondamenti dell'intera dottrina della scienza]]''), versioni del 1794, 1798, 1801, 1804, 1810, 1812
* ''Einige Vorlesungen über die Bestimmung des Gelehrten'' (''Lezioni sulla missione del dotto''), 1794
* ''Grundlage des Naturrechts'' (''Fondamenti del diritto naturale''), 1796
* ''System der Sittenlehre'' (''Sistema della dottrina morale''), 1798
* ''Der geschlossene Handelstaat'' (''Lo Stato commerciale chiuso''), 1800
* ''Bestimmung des Menschen'' (''La missione dell'uomo''), 1801
* ''Philosophie der Maurerei. Briefe an Konstant'' (''[[Lezioni sulla massoneria|Filosofia della massoneria]]''),<ref>Conferenze tenute da Fichte nel 1800, pubblicate fra il 1802 e il 1803 in veste anonima sotto forma di lettere da J.C. Christian Fischer nella rivista massonica ''Eleusinien des XIX Jahrhunderts'' con varie modifiche e interpolazioni. In esse si attribuisce alla [[massoneria]] il compito di indirizzare l'umanità verso un fine comune e universale, in un mondo dominato dalla divisione sociale del lavoro. Furono tradotte in italiano nel 1924 in un'edizione curata da Santino Caramella (cfr. ''[[Lezioni sulla massoneria]]'', prefazione, Rusconi, 2015).</ref> 1802–1803
* ''Grundzüge des gegenwärtigen Zeitalters'' (''I tratti fondamentali dell'età presente''), 1805
* ''Anweisung zum seeligen Leben'' (''Introduzione alla vita beata''),<ref>L'opera è conosciuta anche come ''Dottrina della religione'' (cfr. F. Volpi, ''Dizionario delle opere filosofiche'', pag. XXXVII, Mondadori, Milano 2000).</ref> 1806
* ''Über Machiavelli, als Schriftsteller, und Stellen aus seinen Schriften'', 1807
* ''Reden an die deutsche Nation'' (''[[Discorsi alla nazione tedesca]]''), 1807–1808
* ''Transzendentale Logik'' (''Logica trascendentale''), due corsi di lezioni del 1812
 
Altri scritti minori sono raccolti in appendice a ''Lettera a Fichte'' (''Jacobi an Fichte'') con testi complementari di Jacobi e di Fichte (1799 e 1816), trad. di A. Acerbi.<ref>''Lettera a Fichte (1799, 1816)'', di F. H. Jacobi, a cura di A. Acerbi, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 2011.</ref>
=== Spiegazione dell'attivita' conoscitiva ===
 
=== Traduzioni in italiano ===
Per Fichte l'immaginazione produttiva di Kant non e' altro che una la
* ''Discorsi alla nazione tedesca'', Torino, Utet, 1965.
creazione inconscia da parte dell'Io degli oggetti. Essa e' quindi
* ''Sulla Rivoluzione francese: sulla libertà di pensiero'', Bari, Laterza, 1966.
quell'attivita' che delimita l'Io e che crea la materia necessaria alla
* J. G. Fichte, F. W. J. Schelling, ''Carteggio e scritti polemici'', Napoli, Prismi, 1986.
conoscenza. Proprio perche' quest'attivita' e' inconscia la materia ci appare
* ''La Dottrina della religione'', Napoli, Guida, 1989,.
come altro da noi (non ci identifichiamo in essa).
* ''Fondamento del diritto naturale secondo i princìpi della dottrina della scienza'', Roma-Bari, Laterza 1994.
La coscienza, successivamente, si riappropria del materiale prodotto
* ''Saggio di una nuova esposizione della "Dottrina della scienza": prima introduzione'', Milano, Guerini e associati, 1996.
dall'immaginazione produttiva, attraverso la sensazione, l'intuizione
* ''Lezioni di Zurigo : sul concetto della dottrina della scienza: Estratto di J. K. Lavater'', Milano, Guerini e associati, 1997.
sensibile, l'intelletto e il giudizio.
* ''Scritti sul linguaggio (1795-1797)'', Milano, Guerini e associati, 1998.
* ''Saggio di una critica di ogni rivelazione'', Roma-Bari, Laterza 1998.
* ''Scritti sulla dottrina della scienza: 1794-1804'', Torino, Utet, 1999.
* ''Prima e Seconda introduzione alla dottrina della scienza: con i "Dictate" - 1798-1799'', Roma-Bari, Laterza 1999.
* ''I tratti fondamentali dell'epoca presente'', Milano, Guerini e associati, 1999.
* ''Dottrina della scienza: seconda esposizione del 1804'', Milano, Guerini e associati, 2000
* ''Logica trascendentale I. L'Essenza dell'empiria'', Milano, Guerini e associati, 2000.
* ''Logica trascendentale II. Sul rapporto della logica con la filosofia -- Introduzione sullo studio della filosofia (ottobre 1812)'', Milano, Guerini e associati, 2000.
* ''La destinazione dell'uomo'', Roma-Bari, Laterza 2001.
* ''Rendiconto chiaro come il sole al grande pubblico sull'essenza propria della filosofia più recente: un tentativo di costringere i lettori a capire'', Milano, Guerini e associati, 2001.
* ''Fondamento dell'intera dottrina della scienza'', Milano, Bompiani, 2003.
* ''Discorsi alla nazione tedesca'', Bari, Laterza, 2003.
* ''Introduzione alla vita beata'', Cinisello Balsamo, San Paolo, 2004.
* ''Dottrina della scienza: esposizione del 1807'', Milano, Guerini e associati, 2005.
* ''I fatti della coscienza, 1810/11'', Milano, Guerini e associati, 2007.
* ''Sistema di etica'', Milano, Bompiani, 2008
* ''Lezioni sulla destinazione del dotto (1811). La dottrina della scienza, esposta nel suo profilo generale (1810)'', Milano-Udine, Mimesis, 2011.
* ''Missione del dotto'', Milano, Bompiani, 2013.
* ''La dottrina dello Stato ovvero, Sulla relazione dello Stato originario con il Regno della ragione'' Roma, Edizioni Accademia "Vivarium Novum" 2013.
* ''Machiavelli scrittore'', Firenze, Castelvecchi, 2014.
* ''Lo stato secondo ragione o lo stato commerciale chiuso: saggio di scienza del diritto e d'una politica del futuro'', Milano, La vita felice, 2016.
* ''Meditazioni personali sulla filosofia elementare'', Milano, Bompiani, 2017.
* ''Fondazione dell'intera dottrina della scienza'', Napoli, Orthotes, 2024.
 
== Letteratura critica ==
Attraverso l'autocoscienza e' possibile avvicinarsi sempre di piu'
Nel campo della letteratura critica, la storiografia [[XIX secolo|ottocentesca]] avallò un'interpretazione di Fichte nell'ottica [[hegel]]iana, che vedeva nel suo pensiero un totale superamento del [[criticismo]], ed in particolare il momento [[idealismo soggettivo|soggettivo]] dell'[[idealismo assoluto]]. Fu solo ad inizio [[XX secolo|Novecento]] che si ebbe una prima riconsiderazione del valore autonomo del pensiero di Fichte. Da ricordare in particolare:
all'"autocoscienza pura", cioe' alla coscienza dell'Io stesso.
* {{Meyers Online|6|234|spezialkapitel=Fichte|kapiteltext=Fichte (Johann Gottlieb)}}
* [[Fritz Medicus]], ''Fichte'', Reuter & Reichard, Berlino 1905
* X. Léon, ''Fichte et son temps'', A. Colin, Parigi 1922-1927, opera in tre volumi a cui si deve la riscoperta del pensiero fichtiano e la difesa del suo punto di vista contro le pretese romantiche di accedere per via razionale alla prospettiva dell'assoluto
* M. Gueroult, ''L'évolution et la structure de la Doctrine de la science'', Aubier, Parigi 1930
* [[Arturo Massolo]], ''Fichte e la filosofia'', Sansoni, Firenze 1948, prima opera importante in Italia: combatte l'interpretazione che giudicava Fichte traditore di Kant
* [[Luigi Pareyson]], ''Fichte'', Mursia, Torino 1950 (3ª ediz. Milano 2011, ISBN 978-88-425-4618-4), mette in rilievo l'attualità del pensiero fichtiano, sottolineando in esso, accanto alla rigorosa aderenza al punto di vista del finito, la particolare importanza della sua criticità e del suo porsi così come critica ''ante litteram'' di Hegel
* [[Emanuele Severino]], ''Per un rinnovamento nella interpretazione della filosofia fichtiana'', La Scuola, Brescia 1961 (ancora sul punto di vista del finito nella filosofia fichtiana)
* P. Salvucci, ''Dialettica e immaginazione in Fichte'', Argalia, Urbino 1963 (sottolinea l'umanesimo di Fichte e la sua fedeltà alla condizione umana)
* D. Julia, ''La Question de l'homme et le fondement de la philosophie'' (pure secondo il quale Fichte pone al centro il problema dell'uomo)
* A. Philonenko, ''La liberté humaine dans la philosophie de Fichte'', Vrin, Parigi 1966 (ribadisce la dimensione umana e critica di Fichte)
* F. Moiso, ''Natura e cultura nel primo Fichte'', Mursia, Milano 1979
* Marco Ivaldo, ''Fichte. L'assoluto e l'immagine'', Studium, Roma 1983
* Pasquale Salvucci, ''Grandi interpreti di Kant: Fichte e Schelling'', Quattroventi, Urbino, 1984
* [[Aldo Masullo]], ''Fichte. L'intersoggettività e l'originario'', Guida, Napoli 1986
* Marco Ivaldo, ''I principi del sapere. La visione trascendentale di Fichte'', Bibliopolis, 1987
* [[Claudio Cesa]], ''Fichte e l'idealismo trascendentale'', Il Mulino, Bologna 1992
* Luca Fonnesu, ''Antropologia e idealismo: la destinazione dell'uomo nell'etica di Fichte'', Laterza, Roma 1993
* Carla De Pascale, ''Etica e diritto. La filosofia pratica di Fichte e le sue ascendenze kantiane'', Il Mulino, Bologna 1995
* Gaetano Rametta, ''Le strutture speculative della dottrina della scienza. Il pensiero di J. G. Fichte negli anni 1801-1807'', Pantograf, Genova 1995
* [[Reinhard Lauth]], ''Il pensiero trascendentale della libertà. Interpretazioni di Fichte'', a cura di M. Ivaldo, Guerini e associati, Milano 1996
* Faustino Fabbianelli, ''Antropologia trascendentale e visione morale del mondo. Il primo Fichte e il suo contesto'', Guerini e associati, Milano 2000
* Carla de Pascale, ''Vivere in società, agire nella storia. Libertà, diritto, storia in Fichte'', Guerini e associati, Milano 2001
* Alessandro Bertinetto, ''L'essenza dell'empiria. Saggio sulla prima "Logica trascendentale" di J. G. Fichte'', Loffredo, Napoli 2001
* [[Xavier Tilliette]], ''Fichte. La science de la liberté'',<ref>Edizione in francese, [https://books.google.it/books?id=8uXD2tpZtnMC&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false anteprima disponibile su ''books.google''].</ref> prefazione di Reinhard Lauth, Vrin, Parigi 2003
* [[Henri Bergson]], ''La destinazione dell'uomo di Fichte'', Guerini, Milano 2003
*Simone Furlani, ''L’ultimo Fichte. Il sistema della dottrina della scienza negli anni 1810-1814'', Guerini e associati, Milano 2004
* Claudio Cesa, ''Introduzione a Fichte'', Laterza, Roma-Bari 2005
* Alessandro Bertinetto (a cura di), ''Leggere Fichte'', Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli 2009
* Alessandro Bertinetto, ''La forza dell'immagine. Argomentazione trascendentale e ricorsività nella filosofia di J. G. Fichte'', Mimesis, Milano 2010
* Nicolao Merker (a cura di), ''Fichte. Lo Stato di tutto il popolo'' (1978), Editori Riuniti, Roma 2015
 
== Note ==
=== Spiegazione dell'attivita' morale ===
<references/>
 
== Voci correlate ==
L'oggetto, cioe' il non-io, si presenta all'uomo, nell'attivita' pratica, come
* [[Idealismo tedesco]]
un ostacolo da superare. L'Io deve limita il non-io: cerca cioe' di
* [[Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling]]
oltrepassare gli ostacoli. Il non-io diventa quindi il momento necessario per
* [[Nazionalismo tedesco]]
la realizzazione della liberta' dell'Io.
* [[Nazionalismo di prima generazione]]
 
== Altri progetti ==
L'io potra' affermarsi solo in qualita' di superatore degli ostacoli, allo
{{interprogetto|q|s=Autore:Johann Gottlieb Fichte}}
stesso modo l'uomo deve porsi da solo dei limiti e tendere alla perfezione,
attraverso il superamento degli stessi per affermarsi realmente come individuo
libero. La frase che raccoglie questo pensiero e' celeberrima:
 
== Collegamenti esterni ==
''Essere liberi e' cosa da nulla: divenirlo e' cosa celeste.''
* {{Collegamenti esterni}}
* {{SEP|johann-fichte|Johann Gottlieb Fichte|Dan Breazeale}}
* {{cita web|url=https://www.iep.utm.edu/fichtejg/|titolo=Johann Gottlieb Fichte (1762—1814)|autore=Curtis Bowman|sito=Internet Encyclopedia of Philosophy|lingua=en}}
* {{cita web|url=http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=70|titolo=L'antologia di RAI-Educational|accesso=21 giugno 2007|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060608130913/http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=70|dataarchivio=8 giugno 2006|urlmorto=sì}}
* {{cita web|url=http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=432|titolo=Una scheda a cura di Georg Gadamer|accesso=21 giugno 2007|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070517194027/http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=432|dataarchivio=17 maggio 2007|urlmorto=sì}}
* {{cita web|http://www.fichte-gesellschaft.org/netzwerk/|Internationale Johann-Gottlieb-Fichte-Gesellschaft|lingua=de}}
* {{cita web|http://www.zeno.org/Philosophie/M/Fichte,+Johann+Gottlieb|Opere di Fichte, testi tedeschi|lingua=de}}
* {{cita web|1=http://www.phil.upenn.edu/~cubowman/fichte/|2=The North American Fichte Society|lingua=en|accesso=12 novembre 2017|dataarchivio=16 dicembre 2007|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071216040348/http://www.phil.upenn.edu/~cubowman/fichte/|urlmorto=sì}}
* {{cita web | 1 = http://www.swif.uniba.it/lei/filosofi/autori/fichte-scheda.htm | 2 = Una scheda dello SWIF | accesso = 12 novembre 2017 | dataarchivio = 13 maggio 2007 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20070513174113/http://www.swif.uniba.it/lei/filosofi/autori/fichte-scheda.htm | urlmorto = sì }}
* {{cita web | 1 = http://www.filosofia.unina.it/tortora/sdf/Secondo/II.html | 2 = Un saggio del Prof. Tortora, dell'Università di Napoli | accesso = 12 novembre 2017 | dataarchivio = 3 luglio 2008 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20080703065408/http://www.filosofia.unina.it/tortora/sdf/Secondo/II.html | urlmorto = sì }}
 
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[[bs:Johann Gottlieb Fichte]]
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[[de:Johann Gottlieb Fichte]]
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[[en:Johann Gottlieb Fichte]]
[[Categoria:Idealismo tedesco]]
[[eo:Johann Gottlieb FICHTE]]
[[Categoria:Filosofi della religione]]
[[es:Johann Gottlieb Fichte]]
[[Categoria:Autori di opere sulla massoneria]]
[[fi:Johann Gottlieb Fichte]]
[[Categoria:Traduttori della Divina Commedia]]
[[fr:Johann Gottlieb Fichte]]
[[he:יוהאן גוטליב פיכטה]]
[[hr:Johann Gottlieb Fichte]]
[[hu:Johann Gottlieb Fichte]]
[[ja:ヨハン・ゴットリープ・フィヒテ]]
[[ko:요한 고틀리프 피히테]]
[[lt:Johanas Gotlybas Fichtė]]
[[lv:Johans Gotlībs Fihte]]
[[nl:Johann Gottlieb Fichte]]
[[no:Johann Gottlieb Fichte]]
[[pl:Johann Gottlieb Fichte]]
[[pt:Johann Fichte]]
[[ro:Johann Gottlieb Fichte]]
[[ru:Фихте, Иоганн Готлиб]]
[[sk:Johann Gottlieb Fichte]]
[[sv:Johann Gottlieb Fichte]]