Conquista della Gallia e Fotosintesi clorofilliana: differenze tra le pagine

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{{F|biologia|giugno 2008}}
{{Vaglio}}
{{Metabolismo}}
[[File:Leaf_1_web.jpg|thumb|right|250px|Foglia, parte della pianta in cui avviene la fotosintesi.]]
La '''fotosintesi clorofilliana''' è l’insieme delle reazioni durante le quali le piante verdi producono sostanze organiche a partire da [[Anidride carbonica|CO<sub>2</sub>]] e dall’[[acqua]], in presenza di luce.
 
Mediante la [[clorofilla]], l'[[energia solare]] ([[luce]]) viene trasformata in uno zucchero definito glucosio fondamentale per la vita della pianta la cui formula chimica è:C<sub>6</sub>H<sub>12</sub>O<sub>6</sub>,ovvero 6 atomi di carbonio,12 di idrogeno e 6 di ossigeno.Inoltre alla pianta(detta autotrofa)rimangono 6 atomi di ossigeno atmosferico di cui si libera grazie agli stomi delle sue foglie.
{{Conflitto
Oggi questo processo è quello nettamente dominante sulla [[Terra]], per la produzione di composti organici da sostanze inorganiche e, probabilmente, rappresenta la prima forma di processo [[anabolismo|anabolico]] sviluppato dagli organismi viventi. Inoltre, la fotosintesi è l'unico processo biologicamente importante in grado di raccogliere l'[[energia solare]], da cui, fondamentalmente, dipende la vita sulla Terra.
|nome del conflitto=Guerre galliche
|immagine=[[Immagine:Gallia tribù png.PNG|thumb|280px|center]]
|didascalia=Popoli della Gallia al principio del [[58 a.C.]]
|casus belli=Migrazione degli Elvezi
|luogo=[[Gallia]], [[Germania]] e [[Britannia]]
|data=[[58 a.C.|58]]–[[51 a.C.|51]]/[[50 a.C.]]
|esito=Vittoria romana e annessione della [[Gallia]] al dominio romano
|schieramento1=[[Antica Roma|Roma]]
|schieramento2=[[Tribù]] galliche
|comandante1=[[Caio Giulio Cesare|Cesare]] oltre ai suoi luogotenenti:<br>[[Tito Labieno|Labieno]]<br>[[Marco Antonio]]<br>[[Quinto Cicerone]]<br>[[Publio Crasso]]
|comandante2=[[Vercingetorige]]<br>[[Ambiorige]]<br>[[Commio]]
|effettivi1=10 [[legione romana|legioni]] pari a circa 40/45.000 effettivi
|effettivi2=Numero sconosciuto, 300/320.000 armati circa nella battaglia finale di [[Alesia]]
|perdite1=Numero sconosciuto: migliaia
|perdite2=Secondo Cesare un [[milione]] in combattimento e un milione di [[prigionieri di guerra]]}}
 
== Reazione complessiva ==
Il prodotto organico della fotosintesi ossigenica è il [[glucosio]] (C<sub>6</sub>H<sub>12</sub>O<sub>6</sub>), il [[carboidrato]] [[monosaccaride]] più diffuso sul nostro pianeta. In seguito da questo sono assemblate varie altre macromolecole, quali l'[[amido]] (la forma di accumulo del carbonio nelle piante) e il [[saccarosio]] (la forma di trasporto principale del carbonio nelle piante).
Il [[carbonio]] e l'[[idrogeno solfurato e fluorescente]] da convertire in sostanza organica sono forniti rispettivamente dall'[[anidride carbonica]] (CO<sub>2</sub>) atmosferica e dall'acqua(H<sub>2</sub>0).
La quasi totalità della fotosintesi ossigenica è compiuta da [[piante]] e [[alghe]] che ricavano l'[[idrogeno]] dall'[[acqua]] (H<sub>2</sub>O). In questo caso l'equazione chimica che riassume il processo è:
 
:<tt> 6 [[Anidride carbonica|CO<sub>2</sub>]] + 6 [[Acqua|H<sub>2</sub>O]] + 686 Kilocalorie/mole → C<sub>6</sub>H<sub>12</sub>O<sub>6</sub> + 6 [[Ossigeno|O<sub>2</sub>]]</tt>
Con l'espressione di '''conquista della [[Gallia]]''' si indica la campagna di sottomissione delle [[lista delle tribù galliche|popolazioni]] di quelle [[regione|regioni]] che oggi formano il [[Belgio]] e la [[Francia]] (tranne l'area [[sud]]-orientale, che era già [[provincia romana]], la [[Gallia Narbonensis|Gallia Narbonense]]), portata a termine da [[Gaio Giulio Cesare]] dal [[58 a.C.|58]] al [[51 a.C.|51]]/[[50 a.C.]] e da lui narrata nel '''''[[De Bello Gallico]]''''', che resta la principale fonte per questi eventi. Sebbene Cesare tenda a presentare la sua invasione come un'azione di difesa preventiva di [[Roma repubblicana|Roma]] e dei suoi alleati gallici, tuttavia molti studiosi ritengono che la sua sia stata una [[guerra]] [[imperialismo|imperialista]] a tutti gli effetti (da lui premeditata e cercata), per mezzo della quale si proponeva di accrescere il suo potere e il suo prestigio personali.
 
== Forme di fotosintesi ==
===Contesto storico===
Esistono, soprattutto fra gli organismi [[procariote|procarioti]] [[autotrofo|autotrofi]], varie forme di fotosintesi, oltre alla fotosintesi clorofilliana ossigenica descritta qui. In alcune specie di [[batterio|batteri]] [[autotrofi]], l'idrogeno proviene non dall'acqua ma dall'[[acido solfidrico]], che nella fotosintesi viene [[ossidazione|ossidato]] a [[zolfo]] elementare (S<sub>8</sub>)
<!--
====La situazione politica a Roma====
Alla fine del primo triumvirato il politico più potente di [[Roma]] era [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]], che aveva un ''cursus honorum'' eccezionale, con campagne vinte sia in terra sia sul mare, tanto da poter aggiungere al suo nome l'epiteto di Magnus (il grande). D'altra parte nel primo triumvirato Cesare era il triumviro che aveva sia il peso politico sia il peso militare minori, quindi, se voleva prevalere politicamente in Roma, doveva procurarsi un esercito addestrato e fedele più a lui che alla repubblica. Dato che [[Marco Licinio Crasso|Crasso]] aveva richiesto le provincie orientali (Siria) come suo proconsolato, se voleva crearsi un esercito addestrato sul campo doveva rivolgersi alle provincie settentrionali per acquisire (nell'ordine) truppe fedeli, ricchezze e fama.
-->
====Cesare e l'Illirico====
Durante il suo [[console (storia romana)|consolato]] ([[59 a.C.]]), Cesare, con l'appoggio degli altri [[Primo triumvirato|triumviri]], [[Pompeo Magno|Pompeo]] e [[Crasso]], ottenne con la ''Lex Vatinia'' del [[1 marzo]]<ref>Proposta dal [[tribuno della plebe]] [[Publio Vatinio]] (che poi sarà [[luogotenente]] di Cesare in [[Gallia]])</ref> il [[proconsole|proconsolato]] delle [[provincia romana|province]] della [[Gallia Cisalpina]]<ref>Corrispondeva ai territori della [[pianura padana]], compresi tra il [[fiume]] [[Oglio]] e le [[Alpi]] piemontesi</ref> e dell'[[Dalmazia (provincia romana)|Illirico]] per cinque anni, con un [[esercito romano|esercito]] composto da tre [[legione romana|legioni]] (la [[Legio VII Claudia|VII]], [[Legio VIII Augusta|VIII]] e [[Legio VIIII Hispana|IX]]). Poco dopo un [[senatoconsulto]] gli affidò anche la vicina provincia della [[Gallia Narbonense|Narbonense]]<ref>Provincia costituita nel [[121 a.C.]] che comprendeva tutta la fascia costiera e la valle del [[Rodano]], nelle attuali [[Provenza]] e [[Linguadoca]]</ref>, il cui proconsole era morto all'improvviso, e la [[legio X Gemina|X legione]]<ref>Lawrence Keppie (in ''The making of the roman army, from Republic to Empire'', [[Oklahoma]] [[1998]], p.80-81) suppone che la [[legio X Gemina|legio X]] fosse posizionata nella capitale della Gallia Narbonense: [[Narbona]].</ref>.
 
:<tt> 6 CO<sub>2</sub> + 12 H<sub>2</sub>S → C<sub>6</sub>H<sub>12</sub>O<sub>6</sub> + 12 S + 6 H<sub>2</sub>O </tt>
Il fatto che a Cesare sia stata attribuita inizialmente la provincia dell'Illirico nel suo ''[[imperium]]'', con la dislocazione all'inizio del [[58 a.C.]] di ben tre legioni ad [[Aquileia]], potrebbe significare che egli intendeva andare a cercare gloria e ricchezze, con cui accrescere il suo potere, la sua influenza militare e [[politica|politica]]<ref>Cesare aveva infatti bisogno di importanti vittorie militari così da costruirsi un suo potere personale con il quale controbilanciare quello che Pompeo si era costruito con le vittorie ottenute in [[Oriente]]</ref>, con campagne oltre le [[Alpi Carniche]] fin sul [[Danubio]], sfruttando la crescente minaccia delle [[tribù]] della [[Dacia]] (odierna [[Romania]]), che si erano riunite sotto il loro re [[Burebista]].
 
Si noti che questi batteri sono ''[[Anaerobiosi|anaerobi]] obbligati''. Le forme di fotosintesi clorofilliana che vengono effettuate con lo zolfo (o in alcuni casi anche con l'[[azoto]]) vengono dette [[fotosintesi anossigenica|fotosintesi anossigeniche]].
Burebista aveva, infatti, guidato il suo popolo alla conquista dei territori ad occidente del fiume [[Tisza]], oltrepassando il [[Danubio]] e sottomettendo l'intera area dove si estende l'attuale pianura [[Ungheria|ungherese]], ma soprattutto avvicinandosi pericolosamente all'[[Dalmazia (provincia romana)|Illirico romano]] ed all'[[Italia]]. Le sue armate si erano però fermate all'improvviso, forse per il timore di un possibile intervento diretto romano nell'area [[Balcani|balcano]]-[[Carpazi|carpatica]]. E così, invece di continuare nella sua marcia verso Occidente, Burebista era tornato nelle sue basi in [[Transilvania]], rivolgendosi ora ad oriente: attaccava quindi, prima i [[Bastarni]], ed infine assediava e distruggeva l'antica [[colonizzazione greca|colonia greca]] di Olbia ([[Odessa]]).
[[Immagine:Cesare prima Gallia 58 a.C. jpg.jpg|thumb|left|250px|Il mondo romano nel [[58 a.C.]] prima della conquista della Gallia.]]
{{Storia della Francia}}
====Cesare e la Gallia====
Cessata la minaccia dei Daci, Cesare rivolse la sua brama di conquista ad Occidente, alla ricca [[Gallia]], divisa in molteplici fazioni, alcune delle quali a favore dello stesso popolo romano, e che si presentava, almeno apparentemente, con minori difficoltà militari rispetto all'insidioso territorio rumeno ed all'unità ritrovata dei [[Daci]] sotto il loro grande re. A Cesare serviva solo il pretesto per cominciare la sua avventura militare in [[Gallia]].
 
Anche fra le [[piante]] si riscontrano vari tipi di fotosintesi clorofilliana. Le piante sono suddivise, in base alla forma di fotosintesi clorofilliana da esse compiuta, in tre gruppi principali, che hanno diverse caratteristiche: le [[piante C3]], [[piante C4|C4]] e [[Crassulacean acid metabolism|CAM]]. Vi è anche una forma di fotosintesi, la [[chemiosintesi]], in cui l'energia chimica è data dalla demolizione di molecole organiche anziché dalla radiazione elettromagnetica.
Quando Cesare entrò con le sue truppe in Gallia, trovò una terra abitata, non solo dai [[Celti]] che ne abitavano la maggior parte del territorio, ma anche da popolazioni alpine come [[Liguri]] e [[Reti]] della zona sud-[[est|orientale]], da popolazioni [[iberi|iberiche]] nella parte [[sud]]-[[ovest|occidentale]], giunte dalla vicina [[Spagna]], e un misto di popoli [[Celti|celtici]] e [[Germani|celtici]], i cosiddetti [[Belgi]], che a partire dal [[200 a.C.]] circa, avevano occupato la zona [[nord]]-orientale della [[Gallia]].
 
== Fasi della fotosintesi ==
Ecco come [[Caio Giulio Cesare]] descrive la Gallia:
La fotosintesi clorofilliana avviene per tappe riunibili in due fasi: la ''fase luminosa'' (o ''fase luce-dipendente''), dipendente dalla luce; la fase di ''fissazione del [[carbonio]]'' (o ''fase oscura'', indipendente dalla luce) di cui fa parte il [[ciclo di Calvin]].
{{quote|Tutta la Gallia è divisa in tre parti: una è abitata dai [[Belgi]], un'altra dagli [[Aquitani]], la terza da quelli che nella loro lingua si chiamano [[Celti]] e nella nostra [[Galli]]. Tutti questi popoli divergono tra di loro nella [[Lingua (idioma)|lingua]], nelle istituzioni e nelle [[legge|leggi]]. I Galli sono divisi dagli [[Aquitani]] dal [[fiume]] [[Garonna]], dai [[Belgi]] dai fiumi [[Marna]] e [[Senna]]. Tra tutti, i [[Belgi (Gallia)|Belgi]] sono i più valorosi, perché i più lontani dalla raffinatezza e dalla [[civiltà]] della provincia, perché molto di rado i mercanti si recano là con quei prodotti che rendono molli gli animi e perché sono i più vicini ai [[Germani]] che vivono al di là del [[Reno]], con i quali sono sempre in [[guerra]]. Questo è lo stesso motivo per cui anche gli Elvezi sono più valorosi dei [[Galli]], cioè perché combattono quasi ogni [[giorno]] contro i [[Germani]], o per difesa o per offesa. La parte abitata dai Galli inizia dal fiume [[Rodano]], è delimitata dal fiume Garonna, dall'[[Oceano Atlantico|Oceano]] e dal paese dei Belgi; dalla parte dei [[Sequani]] e degli [[Elvezi]] tocca il [[Reno]] e si estende verso [[nord]]. Il paese dei Belgi inizia dalla parte estrema della Gallia, tocca il Reno inferiore e si estende a nord-[[est]]. L'Aquitania si estende dalla Garonna fino ai [[Pirenei]] e a quella parte dell'Oceano che va verso la [[Spagna]]; si estende tra occidente e settentrione|''Bell. Gall.'', I, 1.}}
In Gallia si praticava un'[[agricoltura]] intensiva e i suoi popoli avevano già da tempo compiuto importanti passi nel campo della [[metallurgia]], senza contare che da dopo il [[300 a.C.]] il [[commercio]] di [[stagno]] proveniente dalla [[Britannia]] era per lo più in mano dei [[Veneti]] della [[Bretagna]] e di altre tribù attraverso le quali giungeva fino a [[Marsiglia]] e a [[Narbona]]. Sebbene dal [[III secolo a.C.]] si fossero diffuse le [[moneta|monete]] [[Antica Grecia|greche]] e loro imitazioni e in seguito anche il [[denario]] romano e sebbene fossero state già costruite vie terrestri per gli uomini e le merci, tuttavia i [[Galli]] non conoscevano la [[scrittura]], o meglio questa era usata solo dalla casta sacerdotale dei [[druidi]], che utilizzavano un [[alfabeto]] greco. Per il resto, tutto era tramandato oralmente dai [[bardo|bardi]].
 
La seconda fase viene anche definita ''fase al buio''; il termine, tuttavia, potrebbe essere fuorviante, in quanto non si riferisce all'assenza della luce dato che alcuni enzimi coinvolti in questa fase sono direttamente attivati proprio dalla luce, tanto che avviene contemporaneamente alla fase luminosa e non di notte. Infatti in assenza di luce si ha scarsità di [[Adenosina trifosfato|ATP]] e NADPH, che si formano durante la fase luminosa e gli stomi si chiudono, dunque non vi è accesso di CO<sub>2</sub>; inoltre si verifica anche l'inattività di alcuni enzimi che sono luce-dipendenti (RuBisCO, 3-PGA deidrogenasi, fosfatasi e ribulosio 1,5 bis-fosfato chinasi).
[[Immagine:ParisiiCoins.jpg|thumb|300px|right|Montea d'[[oro]] dei [[Parisi]], [[I secolo a.C.]], ([[Cabinet des Médailles (Francia)|Cabinet des Médailles]], [[Parigi]]).]]
La [[monarchia]] esisteva ancora tra i Belgi, mentre era scomparsa da decenni nella Gallia centrale, dove vigeva una struttura [[aristocrazia|aristocratica]] basata sul sistema delle clientele. I druidi formavano una [[casta]] [[religione|religiosa]] molto potente e influente, mentre gli aristocratici formavano la classe guerriera, quella dei magistrati e quella di governo. Sebbene i druidi fossero riusciti a creare una specie di [[confederazione]] tra le circa 50 tribù esistenti, al cui interno quelle più forti stavano però praticando un progressivo assorbimento delle altre, tuttavia la Gallia non aveva raggiunto un'unità e neppure una vera stabilità politica. Infatti le tribù erano spesso in [[guerra]] tra di loro (senza contare le continue dispute esistenti tra [[nobiltà|nobili]] all'interno delle diverse tribù), creando e distruggendo continuamente alleanze e avvalendosi dell'aiuto di mercenari germanici per combattere i nemici. Tutto ciò permise proprio ai [[Germani]], popoli da tempo in movimento (vedi [[Cimbri]] e [[Teutoni]]) di spingersi i fiumi [[Meno]], [[Reno]] e [[Danubio]] a partire dal [[100 a.C.]]. E proprio questa situazione aveva permesso attorno al [[61 a.C.|61]]/[[60 a.C.]] al capo [[svevi|svevo]] [[Ariovisto]] di impadronirsi dei territori della moderna [[Alsazia|Alta Alsazia]] (vedi sotto).
 
==Cause= dellaFase guerraluminosa ===
{{vedi anche|Fase luce dipendente}}
[[Immagine:Julius caesar.jpg|thumb|left|180px|[[Caio Giulio Cesare]]]]
[[File:Reazioni luce-dipendenti.png|thumb|right|290px|Le reazioni della [[fase luce dipendente]] della fotosintesi clorofilliana.]]
A fornire a Cesare il pretesto per mettere piede in Gallia fu la migrazione degli [[Elvezi]], stanziati tra il [[lago di Costanza]], il [[Rodano]], il [[Giura]], il [[Reno]] e le [[Alpi retiche]]. Nel [[58 a.C.|58]] Cesare si trovava ancora a [[Roma]] quando venne a sapere che gli [[Elvezi]] si stavano preparando a migrare verso le [[regione|regioni]] occidentali della Gallia. Per fare questo intendevano attraversare proprio il territorio della [[Gallia Narbonense]]. Il passaggio di un intero [[popolo]] attraverso la provincia avrebbe senza dubbio procurato enormi danni e avrebbe potuto spingere gli [[Allobrogi]], che vivevano in quest'area, a ribellarsi contro il [[Repubblica romana|dominio romano]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 6</ref>. Inoltre, i territori abbandonati dagli Elvezi avrebbero potuto essere occupati da popoli [[germani|germanici]], che sarebbero così divenuti dei pericolosi e bellicosi vicini dei possedimenti romani.
 
Il processo fotosintetico si svolge all'interno dei [[cloroplasti]]. All'interno di questi si trova un sistema di membrane che formano pile di sacchetti appiattiti ([[tilacoidi]]), dette grani, e delle lamelle di collegamento dei grani (lamelle intergrana). All'interno di queste membrane troviamo delle molecole di [[clorofilla]], aggregate a formare i cosiddetti [[fotosistema|fotosistemi]]. Si possono distinguere il fotosistema I e il fotosistema II. I fotosistemi sono un insieme di molecole di pigmenti in cui l’energia viene convogliata verso una molecola di clorofilla "a" trappola. Nel fotosistema I la molecola trappola viene eccitata da una lunghezza d’onda di 700 nm, il fotosistema II da 680 nm.
Cesare narra: {{quote|A suo dire (di [[Orgetorige]]), gli [[Elvezi]], visto che erano superiori a tutti in valore, potevano impadronirsi con facilità dell'intera [[Gallia]]. Egli li convinse di ciò in quanto, per la configurazione geografica del paese, gli Elvezi sono chiusi da ogni parte: da un lato dal Reno, largo e profondo, che divide le terre degli Elvezi dai [[Germani]], dall'altra dal monte Giura, molto alto, che è tra loro e i [[Sequani]] e infine dal [[lago]] [[Lemano]] e dal [[fiume]] [[Rodano]], che li separa dalla nostra [[Gallia Narbonense|provincia]]. Tutto ciò riduceva l'area in cui potevano fare scorrerie e rendeva difficile fare guerra ai popoli vicini. Perciò, essendo molto bellicosi, erano afflitti. Inoltre, pensavano di avere un territorio troppo piccolo rispetto al numero del loro popolo e alla gloria che avevano per il loro valore in guerra, lungo 240 miglia e largo 180|''Bell. Gall.'', I, 2}}
 
Il fotosistema I è formato da un ''LHC'' (complesso che cattura la luce) costituito da circa 70 molecole di clorofilla ''a'' e ''b'' e da 13 diversi tipi di catene polipeptidiche, e da un centro di reazione che comprende circa 130 molecole di clorofilla ''a'' e P<sub>700</sub>, un particolare tipo di clorofilla che ha il massimo assorbimento della luce a 700nm.
[[Orgetorige]] aveva bisongo di trovare alleati in [[Gallia]] per attuare il suo piano di conquista. Per prima cosa si rivolse al [[Sequani|sequano]] [[Castico]], figlio di Catamantalede, che per tanti anni era stato capo dei [[Sequani]] oltre ad aver ricevuto il titolo dal [[Senato romano]] di "''Amico del popolo romano''", affinche assumesse egli stesso il potere, affiancandolo così nel suo progetto di conquista dell'intera [[Gallia]]. Subito dopo ri rivolse a [[Dumnorige]], fratello di [[Diviziaco]], che a quel tempo era capo del popolo degli [[Edui]], e gli diede in moglie la propria figlia in cambio dell'alleanza tra i due popoli.
 
Il fotosistema II è anch'esso composto da un ''LHC'', formato da circa 200 molecole di clorofilla ''a'' e ''b'', nonché da diverse catene polipeptidiche, e da un centro di reazione formato da circa 50 molecole di clorofilla ''a'' e di P<sub>680</sub>, che ha il massimo assorbimento della luce solare a 680nm.
I tre, convinti di poter conquistare l'intera Gallia, grazie alle forze congiunte dei loro tre potentissimi popoli, si scambiarono tra loro un giuramento di fedeltà. Il loro progetto svanì nel nulla, poiché le trame di [[Orgetorige]] furono scoperte e, prima ancora che cominciasse il processo pubblico, sembra che lo stesso abbia preferito darsi la morte, piuttosto di dover sopportare la pena capitale "''del fuoco''". Anche dopo la sua [[morte]], però, gli Elvezi non desistettero dal proposito di migrare<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 2-5,1</ref>.
 
Tutte queste molecole sono in grado di catturare l'energia luminosa, ma solo quelle di [[clorofilla|clorofilla ''a'']] sono in grado di passare ad uno stato eccitato che attiva la reazione fotosintetica. Le molecole che hanno solo funzione di captazione sono dette molecole [[antenna]]; quelle che attivano il processo fotosintetico sono definite [[centri di reazione]]. La "[[fase luminosa]]" è dominata dalla clorofilla ''a'', le cui molecole assorbono selettivamente luce nelle porzioni rossa e blu-violetta dello spettro visibile, attraverso una serie di altri pigmenti coadiuvanti. L'energia catturata dalle molecole di clorofilla consente la promozione di elettroni da orbitali atomici a energia minore ad orbitali ad energia maggiore. Questi vengono subito sostituiti mediante idrolisi di molecole d'[[acqua]] (che, da H<sub>2</sub>O, si scinde in due [[protoni]], due [[elettroni]] ed un ossigeno grazie alla [[fotolisi]], operata dai due fotosistemi). Gli elettroni liberati dalla clorofilla del fotosistema II vengono immessi in una catena di trasporto costituita dal citocromo B6f, durante la quale perdono energia, passando ad un livello energetico inferiore. L'energia persa viene utilizzata per pompare protoni dallo stroma all'interno dello spazio del tilacoide, creando un [[gradiente protonico]]. Infine gli elettroni giungono al fotosistema I, che a sua volta, per effetto della luce, ha perso altri elettroni. Gli elettroni persi dal fotosistema I vengono trasferiti alle [[ferredossina]], che riduce NADP<sup>+</sup> in [[NADPH]]. Tramite la [[proteina di membrana]] [[ATPasi trasportante H+ tra due settori|ATP-sintetasi]] situata sulla membrana del [[tilacoide]] (strati membranosi interni al [[cloroplasto]] o, nel caso dei batteri autotrofi, distribuiti nel [[citoplasma]]), gli ioni H<sup>+</sup> liberatisi dall'idrolisi dell'acqua passano dallo spazio del tilacoide allo stroma, cioè verso gradiente, sintetizzando ATP a partire da gruppi liberi di fosfato e ADP. Si può formare una molecola di ATP ogni due elettroni persi dai fotosistemi.
==Le campagne==
===Anno 58: Elvezi e Germani===
[[Immagine:Gallia Cesare 58 aC png.png|thumb|right|300px|La campagna di [[Caio Giulio Cesare|Cesare]] del [[58 a.C.]].]]
====Campagna contro gli Elvezi====
Dopo aver bruciato le loro [[città]], i villaggi ed il [[frumento]] che non potevano portare con loro, dopo aver convinto i vicini popoli dei [[Raurici]], [[Tulingi]] e [[Latovici]] ad unirsi a loro ed aver accolto anche i [[Boi]], migrati dalla lontana [[Pannonia]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I 5,2-5. I [[Boi]] erano stati costretti a migrare ad occidente, dalla forza devastatrice dei [[Daci]] di [[Burebista]], che li avevano cacciati dai loro territori ad ovest del Lago [[Balaton]]. Alcuni si erano rifugiati in [[Boemia]], altri si erano riversati nel [[Norico]], assediando ed espugnando l'antica città di [[Noreia]], altri infine avevano percorso il fiume [[Danubio]] fino al territorio degli [[Elvezi]], a cui si erano uniti.</ref>, gli Elvezi si misero in marcia.
 
=== Fase di fissazione del carbonio ===
Dovevano solo scegliere quale strada percorrere: la prima li avrebbe condotti nel paese amico dei [[Sequani]], percorrendo una via stretta e difficile tra il monte [[Giura]] ed il [[Rodano]]; la seconda, apparentemente più agevole, avrebbe però richiesto il passaggio sul territorio della provincia romana della [[Gallia Narbonense|Narbonense]]. Scelsero la seconda via, nell'incertezza di non conoscere quale sarebbe stata la reazione romana alla loro richiesta di trasferire l'intero popolo sul suolo romano. Una volta raggiunto il [[Rodano]] indissero un'assemblea lungo la sua [[riva]] destra per decidere il da farsi. Era il [[28 marzo]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I 6,4.</ref>.
{{vedi anche|fase di fissazione del carbonio|ciclo di Calvin}}
La ''[[fase di fissazione del carbonio]]'' o ''[[ciclo di Calvin]]'' (chiamata anche ''fase al buio'' o ''fase luce indipendente'') comporta l'organicazione della CO<sub>2</sub>, ossia la sua incorporazione in composti organici e la riduzione del composto ottenuto grazie al ATP ricavato dalla fase luminosa.
 
In questo ciclo è presente un composto organico fisso, il [[ribulosio-bifosfato]], o RuBP, che viene trasformato durante la reazione fino a tornare al suo stato iniziale. Le 12 molecole di ribulosio bifosfato presenti nel ciclo di Calvin reagiscono con l'acqua e l'anidride carbonica subendo una serie di trasformazioni ad opera dell'enzima [[ribulosio-bifosfato carbossilasi]] o [[rubisco]]. Alla fine del processo, oltre alle 12 RuBP nuovamente sintetizzate, si originano 2 molecole di [[gliceraldeide 3-fosfato]], che vengono espulse dal ciclo come prodotto netto della fissazione. Per essere attivato, il ciclo di Calvin necessita di energia chimica e supporto mediante l'[[idrolisi]] di 18 [[Adenosina trifosfato|ATP]] in [[Adenosina difosfato|ADP]] e dell'ossidazione di 12 NADPH in NADP<sup>+</sup> e ioni liberi di idrogeno H<sup>+</sup> (che sono protoni). L'ATP e la NADPH consumate durante il ciclo di Calvin vengono prelevate da quelle prodotte durante la fase luminosa, e, una volta ossidate, tornano a far parte del pool disponibile per la riduzione. Complessivamente, nel ciclo di Calvin vengono consumate 6 molecole di CO<sub>2</sub>, 6 di acqua, 18 di ATP e 12 di NADPH per formare 2 gliceraldeide 3-fosfato (abbreviato in G3P), 18 gruppi liberi di [[fosfato]], 18 ADP, 12 protoni, 12 NADP<sup>+</sup>.
Cesare, informato delle loro intenzioni, fu costretto a precipitarsi da Roma nella Narbonense, percorrendo fino a 140-150 km al giorno e raggiungendo [[Ginevra]] già nell’ottava giornata di viaggio. Era il 2 aprile. Come prima misura Cesare dette l’ordine di distruggere il ponte sul [[Rodano]] presso [[Ginevra]], così da rendere più difficoltoso agli [[Elvezi]] l’attraversamento del fiume<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 7.</ref>. Nella provincia [[Gallia Narbonense|Narbonense]] arruolò immediatamente forze ausiliarie e reclute, oltre a disporre che le tre legioni di stanza ad [[Aquileia]] lo raggiungessero a marce forzate ed, infine, predisponendo la formazione di due nuove (le legioni [[legio XI Claudia|XI]] e [[legio XII Fulminata|XII]]) nella vicina [[Gallia Cisalpina]]<ref>Cesare riferisce di aver ordinato la formazione di due nuove legioni, solo successivamente al primo scontro con gli [[Elvezi]]. E' probabile, al contrario, che egli ne avesse già ordinato l'arruolamento, non appena apprese della migrazione degli [[Elvezi]]. Non voleva farsi trovare impreparato, allo stesso tempo doveva giustificare questa sua decisione in Senato. Doveva trovare il pretesto per questa sua azione, che altrimenti sarebbe risultata, agli occhi dei senatori più ottusi, come un fatto premeditato per aggredire i popoli della Gallia (Cesare, ''Bell. Gall.'' I 10). </ref>. Cesare aveva bisogno di prender tempo, disponeva, infatti, della sola [[Legio X|decima legione]], una forza troppo esigua per respingere un popolo in marcia di oltre 368.000 individui (tra cui 92.000 uomini in armi), che stava per abbattersi sulla provincia.<ref>Queste cifre sono fornite dallo stesso Cesare, che le avrebbe desunto da tabelle trovate nel campo elvetico dopo la vittoria (Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 29, 1-3). Secondo alcuni studiosi però, il numero delle forze nemiche sarebbe stato appositamente gonfiato dal generale romano ed andrebbe dimezzato (cfr. Eberhard Horst, ''Giulio Cesare'', p. 138). Quest'esagerazione andrebbe spiegata per ragioni propagandistiche; secondo altri invece, tra cui [[Camille Jullian]] (in ''Histoire de la Gaule'', III p. 194), la cifra sarebbe stata riportata correttamente</ref>.
 
==== Sintesi di glucosio ====
[[Immagine:Cesare Ginevra 58 aC.png|thumb|330px|left|La battaglia presso [[Ginevra]] di [[Caio Giulio Cesare]] nel [[58 a.C.]].]]
Gli ambasciatori degli Elvezi si presentarono allora a Cesare e gli chiesero il permesso di attraversare pacificamente la provincia. Il proconsole lasciò loro intendere che avrebbe preso in considerazione la loro proposta, ma chiese loro di attendere fino al [[13 aprile]], se volevano ottenere una risposta in merito. Cesare in verità non avrebbe concesso loro di passare sul suolo romano. Egli, infatti, ricordava che il [[console (storia romana)|console]] [[Lucio Cassio Longino]], nel [[107 a.C.]], era stato ucciso dagli [[Elvezi]], il suo esercito sconfitto e costretto a passare sotto il giogo<ref>[[Cornelio Tacito]], ''[[Germania (Tacito)|Germania]]'', 37. Nel [[107 a.C.]] il console Lucio Cassio fu sconfitto a [[Tolosa]] dai [[Tigurini]], allora alleati dei [[Cimbri]].</ref>. Temeva che una volta attraversata la provincia romana della [[Gallia Narbonense|Narbonense]] non si sarebbero astenuti dal portare distruzione e saccheggi ovunque. Aveva solo bisogno di tempo per prepararsi al peggio.
 
Le due molecole di gliceraldeide 3-fosfato formatesi durante il ciclo di Calvin vengono utilizzate per sintetizzare [[glucosio]], in un processo perfettamente inverso alla [[glicolisi]], o per formare [[lipidi]] quali [[acidi grassi]] oppure [[amminoacidi]] (aggiungendo un [[gruppo amminico]] nella struttura). I prodotti finali della fotosintesi, quindi, svolgono un ruolo di fondamentale importanza nei processi dell'[[anabolismo]] degli organismi autotrofi]].
Cesare utilizzò, così, questo lasso di [[tempo]] per far costruire dalla [[legio X Gemina| X legione]] un muro alto 16 piedi (5 metri circa) e lungo 19 miglia (pari a 28 km), con una fossa antistante, che costeggiava il lato sinistro del fiume [[Rodano]] dal [[lago]] [[Lemano]] al [[monte]] [[Giura]]. Disponeva, infine, numerosi presidi e fortini ad intervalli regolari per poter sbarrare loro il passo (dell'Ecluse), qualora avessero tentato di passare contro la sua volontà<ref> Cesare in campo militare fu precursore del futuro [[limes romano|limes]] [[impero romano|imperiale]], a cui si inspirò lo stesso figlio adottivo, [[Augusto (imperatore romano)|Ottaviano]]. Theodore Ayrault Dodge (in ''Caesar'', New York, 1892-1997, p.63) fornisce i dettagli dei forti costruiti da Cesare dove dispose alcune coorti del'unica legione a sua disposizione: ad Aire, Cartigny, Avully, Charney e Cologny lungo il fiume [[Rodano]].</ref>. Una volta preparatosi ad un eventuale scontro frontale, il [[13 aprile]] rifiutò il passaggio agli Elvezi, minacciando il ricorso alle armi se non avessero desistito dal proposito di attraversare la provincia<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 7,3-6 e 8,1-3</ref>.
 
== Voci correlate ==
Dopo aver cercato invano di penetrare nella provincia, tentando di sfondare la linea difensiva creata dai romani in soli 15 giorni con zattere, navi, altri a guado dove l’acqua è più bassa,di giorno e di notte, gli [[Elvezi]] trattarono con i vicini ed alleati [[Sequani]], per ottenere il permesso di attraversare le loro terre<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 8,4-10,2</ref>.
* [[Ciclo del carbonio]]
{{Quote|Poiché non riuscivano a persuaderli con i propri mezzi, mandarono ambasciatori all’eduo, [[Dumnorige]], affinché ottenesse il permesso dai [[Sequani]] grazie alla sua intercessione. [[Dumnorige]] era potentissimo presso i [[Sequani]] per la popolarità di cui godeva… oltre ad essere amico degli [[Elvezi]], poiché da questo popolo aveva preso in moglie la figlia di [[Orgetorige]]; era spinto inoltre dal desiderio di regnare… e voleva tenere legati a sé con i suoi favori il maggior numero di popoli. Per questi motivi… ottenene dai [[Sequani]] che consentissero agli [[Elvezi]] di attraversare il loro territorio… |Cesare, ''Bell. Gall.'' I, 9.}}
* [[Cloroplasto]]
* [[Fase luce dipendente]]
* [[Ciclo di Calvin]]
*[[Fotobiologia]]
 
{{portale|biologia|chimica}}
Cesare avrebbe potuto, a questo punto, disinteressarsi alla questione, considerando che gli [[Elvezi]] non avrebbero più attraversato i territori romani, ma il timore di rimandare il problema, avendo in futuro un nuovo potenziale nemico alle "porte" della provincia [[Gallia Narbonense|Narbonense]] o forse perché aveva ormai maturato la decisione di portare la [[guerra]] in [[Gallia]] e di sottometterla, lo convinsero che doveva intervenire senza attendere una nuova opportunità.
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{{Link AdQ|cs}}
 
[[Categoria:Fisiologia vegetale]]
Nel ''[[De Bello Gallico]]'', Cesare adduce diverse motivazioni per giustificare la sua azione:
[[Categoria:Metabolismo]]
*la prima è che gli Elvezi volevano stanziarsi nel territorio dei [[Santoni]] "''che non è molto lontano da Tolosa, che si trova nella provincia. Se ciò fosse accaduto, Cesare capiva che sarebbe stata in pericolo l'intera provincia ''(Narbonense ed anche della vicina [[Tarraconense]])'', avere come confinanti un popolo bellicoso, nemico di [[Roma Antica|Roma]], in luoghi aperti e ricchi di frumento''"<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 10,2.</ref>.
*La seconda è che, come già ricordato, nel [[107]] gli Elvezi (nello specifico il cantone dei [[Tigurini]]) avevano non solo sconfitto un [[esercito romano]], ma avevano ucciso oltre al console, anche il generale Lucio Pisone, avo del suocero di Cesare. Ciò dava al generale il diritto di volersi vendicare sia dell'offesa personale sia di quella subita dalle armate romane cinquant'anni prima<ref>Cesare, ''De Bell. Gall.'', I, 12,4-7</ref>.
*La terza e più convincente, come vedremo oltre, fu offerta dalle devastazioni che gli [[Elvezi]] fecero nel territorio degli [[Edui]], popolo ''amico ed alleato del popolo romano''<ref>Il soccorso ai ''Socii'' del popolo romano, era ora legalmente giustificato per Cesare, con l'aggressione agli [[Edui]].</ref>, che per questo motivo chiesero l'intervento armato di Cesare<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I,10-11</ref>.
 
[[af:Fotosintese]]
Cesare lasciò a guardia del vallo appena costruito lungo il [[Rodano]] alcune coorti sotto il comando di un suo luogotenente, [[Tito Labieno]], e con il resto dell'esercito mosse all'inseguimento degli [[Elvezi]]<ref>L'esercito di Cesare che mosse contro gli [[Elvezi]], pari a poco più di 5 legioni (ognuna composta da poco più di 4.000 armati ciascuna) non superava i 25.000 legionari, oltre ad un numero di alleati pari a circa 4.000 armati, per lo più cavalieri.</ref>, recuperando prima le 5 legioni provenienti dalla [[Gallia Cisalpina]] (due delle quali di nuova formazione: la [[legio XI Claudia|XI]] e [[legio XII Fulminata|XII]]). La sua marcia non fu priva di difficoltà poiché prima i popoli [[celti]] dei [[Ceutroni]], poi dei [[Graioceli]] e dei [[Caturigi]] dei passi [[Alpi|alpini]]<ref>Cesare passò certamente per il passo del [[Monginevro]], l’''Alpis Cottiae'', tra i più bassi e comodi (m.1854), per raggiungere il paese dei [[Voconzi]].</ref>, tentarono di impedire alle legioni di raggiungere la [[Gallia|Gallia Comata]].
[[ar:تمثيل ضوئي]]
 
[[az:Fotosintez]]
{{Quote|(Cesare) ...dopo averli ricacciati (i popoli alpini, ''ndr'') con numerose battaglie da [[Avigliana|Ocelum]], che è l’ultima città della [[Gallia Cisalpina]], il settimo giorno di marcia raggiunse il paese dei [[Voconzi]] nella [[Gallia|Gallia Transalpina]] e di lì condusse l’esercito nel paese degli [[Allobrogi]]… e poi in quello dei [[Segusiavi]], che sono il primo popolo fuori della provincia della [[Gallia Narbonense]] oltre il [[Rodano]].|Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 10.}}
[[bg:Фотосинтеза]]
 
[[bs:Fotosinteza]]
Gli [[Elvezi]] avevano già attraversato il paese dei [[Sequani]] come concordato, ma si erano lasciati andare a saccheggi nel vicino paese degli [[Edui]], tanto che questi ultimi furono costretti a chiedere l’intervento romano, tanto più che alcune bande elvetiche si erano abbattute sui territori degli stessi [[Allobrogi]], al di là del [[Rodano]] ed appartenenti alla provincia romana della [[Gallia Narbonense|Narbonense]]<ref>[[Caio Giulio Cesare|Cesare]], ''[[De Bello Gallico]]'', I, 11.</ref>. Cesare, ormai convinto da questi fatti, decise di intervenire. Il nuovo scontro con le armate degli [[Elvezi]] avvenne nei pressi del fiume [[Saona|Arar]], mentre questi ultimi erano intenti ad attraversarlo.
[[ca:Fotosíntesi]]
 
[[cs:Fotosyntéza]]
[[Immagine:Divico und Caesar.jpg|thumb|330px|[[Caio Giulio Cesare|Cesare]] riceve l'ambasceria di Divicone sul fiume [[Saona|Arar]], dopo la vittoria romana sugli [[Elvezi]].]]
[[cy:Ffotosynthesis]]
{{Quote|Cesare quando apprese dagli esploratori che gli [[Elvezi]] avevano già traghettato tre quarti delle truppe e che circa un quarto restava al di qua del fiume Arar… partito dal campo con tre [[legione romana|legioni]], raggiunse quella parte che non aveva ancora traghettato il fiume. Li assalì mentre erano carichi dei loro bagagli all’improvviso. Ne uccise una moltitudine mentre gli altri scappavano, nascondendosi nei vicini boschi. Questa parte degli [[Elvezi]] si chiamava cantone dei [[Tigurini]]… mentre l’intera nazione degli [[Elvezi]] è divisa in quattro cantoni… dopo questo combattimento, costruì un ponte sull’[[Saona|Arar]] per raggiungere le altre truppe degli [[Elvezi]]. E così fece passare dall’altra parte le legioni…|Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 12-13.}}
[[da:Fotosyntese]]
 
[[de:Photosynthese]]
Gli Elvezi, turbati dalla sconfitta e dalla rapidità con cui Cesare aveva provveduto alla costruzione del ponte (un solo giorno, contro i venti giorni impiegati dagli Elvezi), mandarono una delegazione per trattare con il generale romano, a capo della quale vi era un certo [[Divicone]], famoso tra la sua gente per aver condotto alla vittoria le armate degli [[Elvezi]] nel [[107 a.C.]] contro il console [[Lucio Cassio Longino]]. Divicone, per nessun motivo in stato di soggezione nei confronti di Cesare, rivelò che gli [[Elvezi]] erano disposti ad accettare l’assegnazione di terre che il generale romano avesse loro riservato, in cambio della pace. Cesare, da parte sua, richiese a garanzia degli ostaggi, che di consegnare, e di soddisfare le richieste di [[Edui]] e [[Allobrogi]], danneggiati dalle loro incursioni. [[Divicone]], fu costretto a rifiutare tali richieste. Le reputava ingiuste e forse sospettava fossero un pretesto per continuare la guerra. Resta il fatto che non fu raggiunto alcun accordo, mentre la marcia degli [[Elvezi]] continuò verso nord per altri 14 giorni<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I 13-14; [[Plutarco]], ''[[Vite Parallele|Vita di Cesare]]'', 18</ref>.
[[el:Φωτοσύνθεση]]
 
[[en:Photosynthesis]]
Cesare provò a stuzzicare il nemico in marcia, poco dopo, inviando contro di loro 4.000 cavalieri (in minoranza romani, in maggioranza della tribù degli [[Edui]], comandati da [[Dumnorige]]), che furono, però, battuti da una forza numericamente di molto inferiore (si parla di soli 500 cavalieri della retroguardia degli [[Elvezi]]), a causa della scarsa volontà di combattere dei cavalieri galli<ref>[[Caio Giulio Cesare|Cesare]], ''Bell. Gall.'', I, 15.</ref>. I sospetti ricaddero sul fratello del capo degli [[Edui]], [[Dumnorige]], il quale fu "scoperto" per aver mantenuto rapporti di amicizia con il popolo degli [[Elvezi]]. Fu graziato da [[Caio Giulio Cesare|Cesare]], solo per l’amicizia che nutriva nei confronti del fratello di lui, [[Diviziaco]], ed il timore che qualora l’avesse giustiziato, Diviziaco, avrebbe potuto schierarsi contro i Romani per il dolore di aver perduto il fratello. Cesare decise, così, di porre [[Dumnorige]] sotto stretta sorveglianza, guadagnandosi nuova riconoscenza da parte del principe degli [[Edui]], [[Diviziaco]] <ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 17-20.</ref>.
[[eo:Fotosintezo]]
 
[[es:Fotosíntesis]]
Trascorsi 14 giorni ad inseguire il nemico fino alla capitale degli [[Edui]], Cesare decise di affrontare il nemico nei pressi di Bibracte ([[Mont Beuvray]])<ref>Il luogo della battaglia si troverebbe tra Bibracte ([[Mont Beuvray]]) e [[Toulon-sur-Arroux]]</ref>, dove Cesare riuscì a battere in modo irreparabile gli [[Elvezi]] ed i loro alleati<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I,21-26.</ref>, dei quali, secondo il racconto cesariano, ne sopravvissero solo 130.000, su un totale iniziale di 368.000.
[[et:Fotosüntees]]
[[Immagine:Battaglia Bibracte Elvezi tre fasi png.png|thumb|750px|center|Le tre fasi della battaglia tra [[Caio Giulio Cesare]] e gli [[Elvezi]] a sud di [[Bibracte]].]]
[[eu:Fotosintesi]]
{{vedi anche|Battaglia di Bibracte}}
[[fa:نورساخت]]
 
[[fi:Yhteyttäminen]]
Costoro si arresero e il generale romano ordinò loro di tornare nelle proprie terre, così da evitare che queste fossero occupate dai vicini [[Germani]], che si trovavano al di là di [[Reno]] e [[Danubio]]<ref>[[Caio Giulio Cesare|Cesare]], ''Bell. Gall.'', I,28-29; [[Plutarco]], ''Vita di Cesare'', 18; [[Strabone]], ''Geografia'', VII, 290; [[Tacito]], ''Germania'', 38 sgg.</ref>. Ai Galli [[Boi]] (15.000 circa) fu invece concesso di stanziarsi nelle terre degli [[Edui]], nei pressi della città di [[Gorgobina]].
[[fr:Photosynthèse]]
 
[[fy:Fotosynteze]]
====Campagna contro i Germani di Ariovisto====
[[gl:Fotosíntese]]
Terminata la guerra con gli [[Elvezi]], quasi tutti i popoli della [[Gallia]] mandarono ambasciatori a [[Caio Giulio Cesare|Cesare]] per congratularsi della vittoria e chiesero di poter indire, per un giorno stabilito, un’assemblea di tutta la [[Gallia]] con il consenso dello stesso Cesare<ref>La richiesta fatta a Cesare dai Galli comporta un implicito riconoscimento della sovranità di Roma e di Cesare ([[Jérôme Carcopino]], ''Giulio Cesare'', pag. 275, Rusconi Libri)</ref>. L’approvazione dell’assemblea fu solo un pretesto per il generale romano. Egli, infatti, desiderava incontrarsi con le popolazioni della [[Gallia]], in modo da ottenere il permesso di intervenire legalmente in loro difesa contro gli invasori [[germani]] di [[Ariovisto]] <ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 30-33</ref>.
[[he:פוטוסינתזה]]
{{quote|''… una volta sciolta l’assemblea, i rappresentanti dei popoli della [[Gallia]] … chiesero il permesso di trattare con Cesare … per la salvezza di tutti loro. Ottenuto ciò, si gettarono piangenti ai suoi piedi … Per loro parlò l’[[Edui|eduo]] [[Diviziaco]] dicendo: tutta la Gallia è divisa in due fazioni. Di una erano a capo gli [[Edui]], dell’altra gli [[Arverni]]. Dopo una lotta durata molti anni tra le due fazioni per il predominio sulla Gallia, gli Arverni ed i [[Sequani]] chiamarono ad aiutarli contro gli [[Edui]] alcuni mercenari dei [[Germani]] … inizialmente erano 15.000 … Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 31, 1-4.}}
[[hi:प्रकाश-संश्लेषण]]
Dopo le migrazioni di [[Cimbri]] e [[Teutoni]], i Galli si erano confederati sotto la guida degli [[Arverni]] del [[Massiccio Centrale]], a capo dei quali vi era il [[nobile]] Celtillo. Dopo che quest'ultimo fu, però, condannato a [[morte]] dal suo stesso [[popolo]], per aver tentato di diventarne re, gli altri popoli si liberarono dell'egemonia arverna, mentre le discordie divamparono nuovamente in Gallia. E proprio con lo scopo di riaffermare la loro supremazia in [[Gallia]], gli [[Arverni]] si allearono dapprima coi [[Sequani]] e poi con il [[germani|germano]] [[Ariovisto]].
[[hr:Fotosinteza]]
 
[[hu:Fotoszintézis]]
Sembra, infatti, che [[Ariovisto]] avesse varcato il [[Reno]] attorno al [[72 a.C.]], insieme alle popolazioni [[Svevi|sveve]] proveniente dalle vallate dei [[fiume|fiumi]] [[Neckar]] e [[Meno]]<ref>si trattava dei popoli di [[Marcomanni]], [[Triboci]], [[Nemeti]], [[Vangioni]], [[Sedusi]], [[Suebi]] e [[Arudi]], come riporta Cesare nel ''Bell.Gall.'', I, 51.</ref>. Nel corso degli anni le popolazioni [[germani]]che che avevano passato il [[Reno]], erano cresciute in numero fino a raggiungere le 120.000 unità nel giro di pochi anni.
[[ia:Photosynthese]]
Il racconto di Cesare prosegue raccontando che, una volta che [[Ariovisto]] si era insediato in [[Gallia]]: {{quote|''Gli [[Edui]] ed i loro alleati avevano combattuto contro i [[Germani]] più volte, ma sconfitti duramente avevano perduto tutti i loro nobili, il senato ed i cavalieri. … gli [[Edui]], che in passato erano stati potentissimi in [[Gallia]], erano stati costretti a dare in ostaggio ai [[Sequani]] i cittadini più nobili… a non implorare il soccorso del popolo romano, a rimanere sotto il dominio dei [[Sequani]] in perpetuo…. Era capitato di peggio ai [[Sequani]] vincitori, poiché [[Ariovisto]], re dei [[Germani]], si era stabilito nel loro paese occupandone la terza parte delle terre… ed ora ordinava ai [[Sequani]] di lasciarne un altro terzo, poiché pochi mesi prima erano giunti da lui 24.000 germani [[Arudi]], per i quali dovevano essere procurate terre e dimore. '' (Diviziaco concludeva) ''In pochi anni tutti i Galli sarebbero stati cacciati dalla Gallia ed i Germani sarebbero passati al di qua del [[Reno]]. ''|[[Caio Giulio Cesare|Cesare]], ''[[De Bello Gallico]]'', I, 31, 6-10.}}
[[id:Fotosintesis]]
 
[[is:Ljóstillífun]]
I [[Sequani]] decisero, in seguito a tali eventi ed alla crescente arroganza del re germano [[Ariovisto]], di unire le forze ai vicini [[Edui]], e dimenticando i passati rancori, di combattere insieme il comune nemico invasore [[Germani|germano]]. Nel [[60 a.C.]], in data [[15 marzo]]<ref>[[Cicerone]], ''Epistulae ad Atticum'', I, 19, 2.</ref>, venne infatti combattuta una sanguinosa ed epica battaglia presso Admagetobriga, tra le truppe [[celti]]che e [[germani]]che, dove le forze galliche ebbero la peggio.
[[ja:光合成]]
 
[[jv:Fotosintesis]]
In seguito a questi fatti gli Edui inviarono a [[Antica Roma|Roma]] loro ambasciatori, per chiedere aiuto. Il Senato decise di intervenire e convinse [[Ariovisto]] a sospendere le sue conquiste in Gallia, in cambio riceveva, su proposta dello stesso Cesare (che era console nel [[59 a.C.]]), il titolo di ''re ed amico del popolo romano'' (''rex atque amicus populi Romani'')<ref>Cesare, ''De bello gallico'', I, 35,2; 43,4; 44,5; [[Cassio Dione]], ''Storia di Roma'', XXXVIII, 34,3; [[Plutarco]], ''Vita di Cesare'', XIX,1; [[Appiano]], ''Celtica'', 16. [[Plutarco]], Cesare, 19, 1.</ref>. Ariovisto, però, continuò a molestare i vicini [[Galli]] con crescente crudeltà e superbia, tanto da aver indotto i [[Galli]] a richiedere l’aiuto militare da parte dello stesso Cesare. In alternativa non gli sarebbe rimasto che emigrare lontano, come avevano fatto in precedenza gli stessi [[Elvezi]]. Cesare era l’unico che poteva impedire ad [[Ariovisto]] che una massa maggiore di [[Germani]] passasse il [[Reno]], e soprattutto poteva difendere tutta la [[Gallia]] dalla prepotenza del re germano<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 31, 12-16.</ref>.
[[ka:ფოტოსინთეზი]]
 
[[kn:ದ್ಯುತಿಸಂಶ್ಲೇಷಣೆ]]
Cesare, appresi questi fatti, decise che si sarebbe preso cura del problema. Egli nutriva grande speranza nel fatto che [[Ariovisto]], indotto dai benefici che in passato aveva ricevuto dallo stesso Cesare, avrebbe posto fine alla persecuzione nei confronti delle popolazioni [[celti]]che. Cesare, in effetti, riteneva che sarebbe stato pericoloso in futuro, continuare a permettere ai [[Germani]] di passare il [[Reno]] ed entrare in [[Gallia]] in gran numero. Temeva che una volta occupata tutta la Gallia, come in passato era avvenuto in seguito all’invasione di [[Cimbri]] e [[Teutoni]], i [[Germani]] avrebbero invaso la [[Gallia Narbonense]] e poi l’[[Italia]] stessa. Erano motivi sufficienti per inviare ambasciatori ad [[Ariovisto]] e chiedergli un colloquio a metà strada, ma il capo germano rispose che era Cesare a doversi recare da lui, nel caso in cui avesse avuto bisogno di chiedergli qualcosa. Ariovisto rivendicava, inoltre, il suo diritto a rimanere in Gallia, poiché l’aveva vinta in guerra. Cesare, stizzito dalla risposta di Ariovisto e dalla mancata disponibilità ad incontrarsi a metà strada, rispose al capo germano, che qualora si fosse attenuto alle seguenti richieste, e cioè di:
[[ko:광합성]]
*non trasportare più, oltre il [[Reno]] in [[Gallia]], altri popoli germani;
[[la:Photosynthesis]]
*restituire gli ostaggi sottratti agli [[Edui]], dando il permesso di fare ciò anche ai [[Sequani]];
[[lt:Fotosintezė]]
*non provocare a nuova guerra gli [[Edui]] ed i loro alleati.
[[lv:Fotosintēze]]
sarebbe stato considerato in perpetuo amico del popolo romano. In caso contrario non avrebbe trascurato i torti fatti agli [[Edui]]. La risposta di Ariovisto non si fece attendere, e senza alcun timore, sfidò Cesare a battersi con lui quando lo desiderava, ricordandogli il valore delle sue truppe, mai battute fino a quel momento. <ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 35-36.</ref>.
[[mk:Фотосинтеза]]
 
[[ml:പ്രകാശസംശ്ലേഷണം]]
Intanto, nuove tribù germaniche ([[Arudi]] e [[Svevi]]), alleate del capo suebo, cominciavano ad attraversare il [[Reno]], riversandosi in Gallia nelle terre di [[Edui]] e [[Treviri]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I,37,1-4</ref>. Cesare decise, quindi, di muovere contro il nemico nel più breve tempo possibile, procurandosi le vettovaglie necessarie alla nuova campagna<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I,37,5.</ref>.
[[mn:Фотосинтез]]
 
[[mr:प्रकाशसंश्लेषण]]
Dopo tre soli giorni di marcia, Cesare venne a sapere che [[Ariovisto]] si era mosso dai suoi territori e muoveva su [[Besançon|Vesonzio]], la città più importante dei [[Sequani]], per occuparla e sottrarre tutto ciò che gli fosse utile alla guerra: dal frumento alle armi. Cesare credette che ciò non doveva accadere, poiché avrebbe dato un enorme vantaggio all’avversario. Doveva accelerare il passo dei suoi legionari e percorrere in minor tempo possibile il tragitto con marce diurne ed anche notturne, per sottrarre questo importante [[oppidum]] gallico ad [[Ariovisto]]. E così fece, tanto che una volta occupata la città e prelevato l’occorrente per il suo esercito, vi collocò una guarnigione di armati a sua difesa. E mentre Cesare soggiornò in questa città per provvedere agli approvvigionamenti (con il contributo anche dei vicini [[Leuci]] e [[Lingoni]]), l’esercito germano continuava la sua avanzata<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 38.</ref>.
[[ms:Fotosintesis]]
 
[[nds:Photosynthees]]
Durante il breve soggiorno dell’esercito romano a [[Besançon|Vesonzio]], i guerrieri galli raccontarono ai [[legione romana|legionari]] che i [[Germani]] erano di enorme corporatura, di incredibile valore e destrezza nelle armi, e che incutevano paura solo a guardarli. Questa fu l’unica volta in cui i legionari romani furono presi da scoramento, tanto che avrebbero abbandonato il loro comandante nel caso in cui avesse deciso di continuare la campagna militare contro [[Ariovisto]]<ref>Si tratta dell’unica minaccia di ammutinamento da parte della truppe [[legione romana|legionarie]] durante l’intera campagna in [[Gallia]].</ref>. Ma [[Caio Giulio Cesare|Cesare]], che aveva grandi doti di psicologo, non si fece prendere dallo sconforto e “sfidò” il suo esercito, dicendo loro che sarebbe andato incontro all’esercito [[Germani|germano]] anche con la sola [[legio X Gemina|X legione]], di cui era certo della sua fedeltà. Toccate nell’orgoglio le altre legioni, decisero di non abbandonare il loro comandante vittorioso, che aveva ricordato loro anche, come gli [[Elvezi]] stessi, che poco prima l’[[esercito romano]] aveva battuti, avevano più volte combattuto contro i guerrieri [[germani]] e li avevano vinti, e che i loro padri sotto la guide del grande generale romano, [[Caio Mario]], avevano sconfitto le genti germane di [[Cimbri]] e [[Teutoni]]<ref> Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 39-40.</ref>.
[[nl:Fotosynthese]]
 
[[nn:Fotosyntese]]
Cesare potè riprendere la sua marcia ai primi di Agosto e dopo sei giorni di marcia continua, fu informato dagli esploratori che l’esercito di [[Ariovisto]] si trovava a circa 24 miglia da loro (pari a poco più di 35 km)<ref> Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 41.</ref>. Conosciuto l’arrivo di [[Caio Giulio Cesare|Cesare]], [[Ariovisto]] decise di inviare suoi ambasciatori per comunicare al generale romano la sua disponibilità ad un colloquio di lì a cinque giorni. Cesare non rifiutò la proposta pensando che Ariovisto potesse tornare sulle sue decisioni. Il luogo dell’incontro si trovava di fronte ad una grande piana, ai piedi di una collina abbastanza elevata, ed era equidistante dai campi dei due rivali, vale a dire a circa 18 km da ognuno di loro. Entrambi andarono all’appuntamento accompagnati da numerosi cavalieri, e nel caso di Cesare si trattava, non tanto della cavalleria gallica, ma di [[legione romana|legionari]] della [[legio X Gemina|X]], sua guardia del corpo personale e di cui si fidava completamente. [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] fece arrestare la legione che aveva fatto muovere a cavallo, a 200 passi dalla collina, ed altrettanto fece [[Ariovisto]].
[[no:Fotosyntese]]
 
[[oc:Fotosintèsi]]
Cominciò [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] a parlare, ricordando ad Ariovisto i benefici che lo stesso generale romano e la [[Repubblica romana]] gli avevano conferito l’anno precedente, nominandolo “''rex atque amicus''” (re ed amico) del popolo romano, ed inviandogli ricchi doni. [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] in sostanza gli chiedeva quanto i suoi ambasciatori in precedenza avevano già riferito al re [[germani|germano]], e cioè che: non facesse guerra agli [[Edui]] ed ai loro alleati, restituisse gli ostaggi e che non permettesse che altri [[Germani]] attraversassero il [[Reno]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 42-43.</ref>. A queste richieste [[Ariovisto]] replicò:
[[pam:Photosynthesis]]
{{quote|''Egli'' (Ariovisto) ''non di sua iniziativa aveva passato il [[Reno]], ma chiamato ed invitato dai [[Gallia|Galli]]. Egli aveva lasciato la patria ed i famigliari non senza la grande speranza di ottenere ricompense. Le sedi che abitava in [[Gallia]] gli erano state date dai Galli stessi. Gli ostaggi gli erano stati dati per volere degli stessi Galli e da loro riceveva un tributo che per diritto di guerra era costume che i vincitori imponessero ai vinti. Non era stato lui a portare la guerra ai Galli ma i Galli a lui. Tutti i popoli della [[Gallia]] erano venuti per combatterlo… ed erano stati sconfitti da lui in un solo combattimento… In Gallia egli era venuto per primo, prima del popolo romano… questo gli faceva sospettare che [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], fingendo nei suoi confronti amicizia, avesse portato in Gallia un esercito per distruggerlo. E se Cesare non se ne fosse andato con il suo esercito, egli lo avrebbe considerato… un nemico. E se avesse ucciso Cesare, avrebbe fatto cosa gradita a molti uomini illustri e nobili romani… con la morte di Cesare egli avrebbe acquisito il favore e l’amicizia di tutti questi. Se al contrario Cesare se ne fosse andato via, e gli avesse lasciato libero possesso della [[Gallia]], egli lo avrebbe ricompensato con un grosso premio e qualunque guerra Cesare volesse condurre egli stesso l’avrebbe condotta senza alcuna fatica e pericolo per Cesare''.| Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 44.}}
[[pl:Fotosynteza]]
 
[[pt:Fotossíntese]]
[[Immagine:Battaglia Ariovisto Mulhouse png.png|thumb|380px|left|La battaglia tra [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] ed [[Ariovisto]] presso [[Mulhouse]] del [[58 a.C.]].]]
[[qu:Inti wayllay]]
 
[[ro:Fotosinteză]]
Mentre il colloquio si stava svolgendo, alcuni cavalieri [[germani]] si accostarono alla collina, si lanciarono contro i [[Romani]] gettandogli contro pietre e proiettili. Questo fatto costrinse Cesare a metter fine all'incontro con [[Ariovisto]] ed a ritirarsi. Il fallimento del colloquio tra il generale romano ed il capo germano<ref>In un'occasione i germani ruppero la tregua durante un colloquio tra Cesare e Ariovisto, attaccando la scorta romana a cavallo, ragion per cui Cesare interruppe le trattative (Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 46). Successivamente Ariovisto violò la ''sacrosantitas'' degli ambasciatori, facendo imprigionare i due messi mandati da Cesare a parlamentare col capo germanico, che aveva chiesto un nuovo incontro ai Romani (Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 47)</ref>, causò lo scontro decisivo, che avvenne ai piedi dei monti [[Vosgi]] nella piana tra le moderne città di [[Mulhouse]] e [[Cernay]]<ref> Cesare potrebbe, quindi, aver percorso in 6 giorni di marcia (partito da ''[[Besancon|Vesonzio]]''), una distanza di circa 120-140 km, con una media di circa 20-25 km al giorno (E.Abranson e J.P.Colbus, ''La vita dei legionari ai tempi della guerra di Gallia'', Milano 1979, p.30-31), considerando che: il tragitto da [[Besancon|Vesontio]] al [[Reno]] è di circa 150 km e che il luogo della battaglia, secondo quanto ci tramanda lo stesso Cesare, si trovava a soli 7,5 km dal fiume [[Reno]] (''Bell. Gall.'', I, 53,1), forse confuso con il fiume [[Ill (Francia)|Ill]].</ref>.
[[ru:Фотосинтез]]
 
[[sh:Fotosinteza]]
Ariovisto per prima cosa spostò il suo campo base, avvicinandosi a quello di Cesare e portandosi a circa 6.000 passi (circa 9 km), dai 35-36 km a cui si trovava prima dell’incontro. Il giorno successivo, compiendo una marcia presumibilmente attraverso le foreste della zona, si accmpò a soli 2.000 passi (circa 3 km) al di là di quello di Cesare, con l’obiettivo di tagliare al generale romano ogni possibile via di rifornimento delle vettovaglie che gli venivano portate dei paesi amici di [[Edui]] e [[Sequani]]. Da quel giorno per cinque giorni vi furono continue scaramucce tra i due eserciti, in particolare[[Ariovisto]] preferiva inviare contro il nemico la sola cavalleria, forte di 6.000 cavalieri e 6.000 fanti, assai veloci nella corsa. Cesare ci narra di questa speciale unità militare dei [[Germani]] mista:
[[simple:Photosynthesis]]
 
[[sk:Fotosyntéza]]
{{quote|''I cavalieri avevano scelto i fanti da ogni reparto uno ad uno per la propria personale difesa. Partecipavano alle battaglie in loro compagnia. I cavalieri ri ritiravano presso di loro e se il combattimento diventava più difficile andavano insieme all’assalto. Se qualcuno era ferito in modo grave, ed era caduto da cavallo, lo circondavano per difenderlo. E se dovevano avanzare o ritirarsi rapidamente, tanto erano esercitati, che risultavano tanto veloci sostenendosi alle criniere dei cavalli, eguagliandone la corsa<ref>Da questa unità speciale è possibile che sia nata l’idea della cosiddette cohors equitate dell’[[esercito romano]]. A tal proposito si veda: [[Truppe ausiliarie dell'esercito romano]].</ref>.''|Cesare, ''Bell. Gall.'', I, 48,4-7}}
[[sl:Fotosinteza]]
 
[[sq:Fotosinteza]]
Fu Cesare a provocare la battaglia dopo alcuni giorni di stallo tra i due eserciti. Decise, infatti, per prima cosa di far costruire un campo per due delle sue legioni (a soli 600 passi da quello del nemico), al fine di non essere più impedito da [[Ariovisto]] nel vettovagliamento. Mosse, pertanto, l'esercito schierandolo in tre schiere e comandando che le prime due difendessero la terza schiera mentre fortificava il nuovo campo. Ariovisto fu costretto a tentare di impedire la costruzione del nuovo [[castrum]] romano, così vicino al suo, inviando contro le armate romane 16.000 armati, ma senza fortuna. Cesare, portato a termine il nuovo campo, vi lasciò a guardia 2 [[legione romana|legioni]] ed una parte delle [[Truppe ausiliarie dell'esercito romano|truppe ausiliarie]], mentre ricondusse nel grande campo le altre 4 legioni<ref> Cesare, ''Bell.Gall.'', I, 49.</ref>.
[[sr:Фотосинтеза]]
 
[[su:Potosintésis]]
Il giorno seguente fu Ariovisto a prendere l’iniziativa, assaltando da mezzogiorno alla sera il campo piccolo ma senza miglior fortuna del giorno precedente. Ma le sorti della guerra si decisero il giorno successivo, quando Cesare, schierate le sue truppe in modo che le truppe ausiliarie fossero schierate di fronte al piccolo campo e poi, via via, le 6 legioni su tre schiere, decise di avanzare verso il campo di [[Ariovisto]], costringendolo a disporre le sue truppe fuori dal campo. Ariovistò ordinò l’esercito per tribù: quelle degli [[Arudi]], poi dei [[Marcomanni]], [[Triboci]], [[Vangioni]], [[Nemeti]], [[Sedusi]] ed infine degli [[Svevi]]. Ogni tribù poi, fu circondata da carri e carrozze perché non ci fosse la possibilità di fuga per nessuno. Sopra i carri c’erano le donne, le quali imploravano i loro uomini che non le consegnassero ai [[Romani]] come schiave<ref> Cesare (''Bell.Gall.'', I, 51) riferisce che il suo esercito era inferiore in numero, a quello dei [[Germani]] di [[Ariovisto]].</ref>.
[[sv:Fotosyntes]]
 
[[sw:Usanisinuru]]
Cesare così racconta lo svolgimento della battaglia:
[[ta:ஒளிச்சேர்க்கை]]
{{quote|''Cesare mise i legati ed il questore a capo ciascuno di una [[legione romana|legione]]… egli in persona diede inizio al combattimento dall’ala destra, poiché aveva notato che quella era la parte dei nemici più debole. I nostri andarono all’attacco con tanta violenza… che non ci fu neppure il tempo per lanciare i [[esercito romano|giavellotti]] contro i [[Germani]]. Ed i Germani con rapidità formarono una falange e sostennero l’assalto delle spade romane, e molti dei nostri riuscirono a saltare sopra la falange ed a strappare loro gli scudi ed a colpire dall’alto. Una volta respinta l’ala sinistra nemica e messa in fuga, all’ala destra i nemici in grande numero esercitavano una forte pressione sulla nostra schiera. Essendosi accorto di ciò, il giovane [[Publio Licinio Crasso]]'' (che era figlio del triumviro) ''che comandava la cavalleria, poiché era meno impegnato… mandò ai nostri in difficoltà la terza schiera. Così fu ristabilita la situazione e tutti i nemici furono messi in fuga e non smisero di scappare prima di aver raggiunto il fiume [[Reno]] distante dal luogo della battaglia circa 5.000 passi (7,5 km)<ref>Alcuni storici moderni ritengono che il fiume in questione non fosse il [[Reno]], ma l’[[Ill (Francia)|Ill]], fiume “parallelo” ed affluente del grande fiume, scambiato da Cesare a causa delle sue scarse nozioni geografiche. Cfr. Camille Jullian, ''Histoire de la Gaule'', III, Parigi 1908, p.231. </ref>''.|Cesare, ''Bell.Gall.'', I, 52-53.}}
[[te:కిరణజన్య సంయోగ క్రియ]]
 
[[th:การสังเคราะห์ด้วยแสง]]
I Germani furono, pertanto, sconfitti e massacrati dalla cavalleria romana mentre cercavano di attraversare il fiume, e lo stesso Ariovisto scampò a stento alla morte, riuscendo a guadare il [[Reno]] insieme a pochi fedeli<ref>Cesare, ''Bell.Gall.'', I,53.</ref>.
[[tl:Potosintesis]]
 
[[tr:Fotosentez]]
Da questo momento Ariovisto scomparve dalla scena storica. Cesare, respingendo gli [[Svevi]] al di là del Reno, e trasformando questo fiume in barriera naturale per i prossimi quattro-cinque secoli, aveva, non solo, fermato i flussi migratori dei [[Germani]], ma salvato la Gallia [[celti|celtica]] dal pericolo germanico ed attribuiva a Roma, che aveva vinto la guerra, il diritto di governare su tutti i popoli presenti sul suo territorio<ref>[[Jérôme Carcopino]], ''Giulio Cesare'', pagg. 277-278.</ref>.
[[ug:فوتوسىنتېز رولى]]
 
[[uk:Фотосинтез]]
Giunto ormai l'autunno, Cesare decise di acquartierare le [[legione romana|legioni]] per l'[[inverno]] nel territorio dei [[Sequani]]<ref>Le legioni furono acquartierate presumibilmente a [[Besancon|Vesontio]] e lungo il fiume [[Saona]].</ref>. Si trattava di un'annessione di fatto. Egli tornava, quindi, in [[Gallia Cisalpina]] ad occuparsi degli affari di proconsole.
[[ur:ضیائی تالیف]]
 
[[vi:Quang hợp]]
===Anno 57: Sottomissione della Belgica e delle tribù della costa atlantica===
[[war:Photosynthesis]]
Cessata la minaccia di Ariovisto, le antiche inimicizie tra le [[tribù]] iniziarono a tornare a galla. Allo stesso tempo cresceva l'insofferenza verso l'occupazione romana. In questa situazione, molti popoli cominciarono a rivolgersi ai [[Germani]] per trovare aiuto contro le [[legione romana|legioni]] cesariane.
[[zh:光合作用]]
 
[[zh-min-nan:Kng-ha̍p-sêng]]
Cesare narra che mentre si trovava nella [[Gallia Cisalpina]] venne a spaere da voci, confermate da una lettera di [[Tito Labieno]] che i [[Belgi (Gallia)|Belgi]] congiuravano contro Roma e si scambiavano ostaggi perché temevano che, sottomessa tutta la [[Gallia]], l'[[esercito romano]] fosse condotto nel loro paese e poi perché venivano sollecitati da alcuni Galli che mal sopportavano che le truppe romane svernassero nelle loro terre e vi si abituassero<ref>[[Caio Giulio Cesare|Cesare]], ''Bell. Gall.'', II, 1</ref>. Giunto nella Belgica con nuove truppe, Cesare venne a sapere che tutte le [[tribù]] della [[Gallia Belgica]], tranne i [[Remi]] (a cui si erano uniti gruppi di Germani giunti dall'altra sponda del [[Reno]]), erano scese in [[guerra]] sotto la guida di re Galba dei [[Suessioni]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall. '', II,2-4. La cifra di 306.000 armati fornita da Cesare è considerata esagerata dagli studiosi</ref>. Cesare si accampò lungo il [[fiume]] [[Aisne]] (affluente dell'[[Oise]])<ref>Il luogo non è identificabile, ma si pensa al [[collina|colle]] di Mauchamp]], a [[Berry-au-Bac]], sulla [[riva]] [[destra]] dell'Aisne, poco a [[est]] di [[Pontavert]], sulla [[strada]] che collega [[Reims]] a [[Laon]]. In alternativa è stato proposto [[Chaudardes]], circa [[dieci]] [[chilometro|chilometri]] a valle di Berry-au-Bac. Sulla questione vedi C.B.R. Pelling, ''Caesar's battle-descriptions'' I 48 nota 1, II 16 nota 1, IV 15 nota 1)</ref>, ponendo poi un presidio a difesa del [[ponte]] che passava sul fiume, lasciando dall'altra parte del fiume il [[luogotenente]] [[Quinto Titurio Sabino]] con sei [[coorte|coorti]] e facendo fortificare il [[castrum|campo]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'' II, 5</ref>. I Belgi assaltarono [[Bibracte]], [[città]] dei Remi, a cui Cesare inviò truppe in aiuto. Fallito il tentativo di conquistare l'[[oppidum]], i Belgi marciaorno verso Cesare e posero il loro campo a due [[miglio|miglia]] da quello romano<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', II 6-7</ref>. Dopo aver saggiato con alcune scaramucce le capacità del nemico, Cesare decise di affrontare apertamente l'esercito dei Belgi<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'' II 8</ref>.
[[zh-yue:光合作用]]
 
Il proconsole romano narra: {{quote|Tra i due eserciti c'era una grande [[palude]]. I nemici attendevano che i nostri la attraversassero, mentre i nostri erano pronti ad attaccare il nemico in difficoltà, qualora avesse iniziato ad attraversarla. Nel frattempo tra le due schiere si svolgeva uno scontro di [[cavalleria]]. Dato che nessuno dei due eserciti si decideva ad attraversarla, dopo l'esito favorevole per i nostri dello scontro di cavalleria, Cesare riportò i suoi nell'accampamento. Allora i nemici si diressero verso l'Aisne che scorreva dietro al nostro campo. Trovati lì dei guadi, cercarono di far attraversare il fiume da parte delle truppe per provare a espugnare il forte comandato dal luogotonente Quinto Titurio e a interrompere il ponte. Se ciò non gli fosse riuscito, volevano devastare i campi dei Remi che ci erano di grande utilità per la condotta della [[guerra]] e impedire così ai nostri i rifornimenti. Informato da Titurio, Cesare fece passare il ponte a tutta la cavalleria e ai [[Numidia|Numidi]] armati alla leggera, ai [[fromboliere|frombolieri]] e agli [[arco|arcieri]] e si dirige verso i nemici. I nostri, assaliti i nemici in difficoltà nel fiume, ne uccisero gran parte. Con una grande quantità di proiettili respinsero gli altri che con grande audacia cercavano di passare sui corpi dei morti. I primi che erano riusciti a passare, circondati dalla cavalleria, furono uccisi. I nemici, avendo capito che non c'era possibilità né d espugnare la città né di passare il fiume, videro che i nostri non avanzavano in luogo sfavorevole per combattere e cominciò a mancare loro le vettovaglie, convocata l'assemblea, stabilirono che fosse bene che ognuno tornasse in patria e che tutti da ogni parte giungessero a difnedere quelle popolazioni, i cui paesi per primi fossero invasi dall'esercito romano, che combattessero piuttosto nel proprio paese che in quello altrui e che usufruissero delle vettovaglie patrie. Decisero ciò anche perché erano venuti a sapere che [[Diviziaco]] e gli [[Edui]] si avvicinavano al paese dei [[Bellovaci]]. Non avevano potuto convincere questi ad attendere più a lungo e a non portare aiuto ai loro concittadini|''Bell. Gall.'', II 9-10}} I Belgi presero quindi la strada per le loro terre e Cesare, dopo aver atteso per un po' così da capire le reali intenzioni del nemico, lo inseguì, decimandolo con vari attacchi. Assedia poi Noviodunum (odierna [[Pommiers]]), capitale dei [[Suessioni]], di cui ottiene la resa. Passa poi nel paese dei [[Bellovaci]] e si dirige a Bratuspanzio (forse [[Beauvais]]). Diviziaco degli Edui intercesse presso il proconsole a favore dei Bellovaci, da sempre leali amici degli Edui e che si erano ribellati perché fuorviati dai loro capi. Cesare accolse le suppliche di Diviziaco e accettò la resa dei Bellovaci. Ottenne poi anche la resa degli [[Ambiani]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', II 11-13,2</ref>.
 
A questo punto, il proconsole romano rivolse la sua attenzione ai bellicosi popoli del [[nord]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'' II, 13,3-17</ref> che vivevano al di là del [[fiume]] Sabi<ref>Per alcuni studiosi si tratta della [[Sambre]], per altri della [[Selle]], affluente di destra della [[Schelda]]</ref>. I Nervi (aiutati da [[Atrebati]] e [[Viromandui]]) attaccarono di sopresa l'esercito in marcia, ma furono respinti e quindi si rivolsero verso l'accampamento romano<ref>Alcuni di coloro che identificano la Sabi con la Sambre ubicano il campo romano a Hautmont-Boussières, sulla [[collina]] che domina la [[riva]] sinistra della Sambre a sud di [[Neuf-Mesnil]], altri invece indicano un luogo più a monte, fra [[Berlaimont]] e [[Bachant]]. I sostenitori dell'ipotesi Selle individuano il luogo del campo attorno a [[Saulzoir]], che si trova a circa 30 chilometri in linea d'area a [[ovest]] di [[Hautmont]]</ref> che era ancora in fase di costruzione. Dopo essersi trovati in difficoltà, i Romani seppero reagire e far fronte all'attacco dei nemici, che furono sconfitti e massacrati<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'' II 18-28</ref>. Cesare marciò allora contro gli [[Atuatuci]], che si erano riuniti tutti in un'unica roccaforte<ref>Forse [[Namur]], oppure l'altura di Falhize-sur-Meuse, davanti a [[Huy]]. Queste alcune delle località proposte</ref>. Dopo un'iniziale resistenza gli Atuatuci chiesero a Cesare di accettare la loro resa e il proconsole si mostrò disposto a concedergliela<ref>Cesare ''Bell. Gall.'' II 29-32</ref>. Di [[notte]], però, secondo un piano precedentemente stabilito, gli Atuatuci attaccarono di sopresa i Romani, ma furono sconfitti e respinti. La città fu presa senza colpo ferire il giorno dopo<ref>Cesare ''Bell. Gall.'' II 33</ref>. Tutta la Belgica (oltre a Nervi e Atuatuci anche [[Viromandui]], [[Atrebati]] ed [[Eburoni]] era stata sottomessa. Nel frattempo, una parte delle truppe di Cesare, guidata da [[Publio Crasso]], figlio del triumviro [[Marco Licinio Crasso]], sottomise anche le [[tribù]] delle [[regione|regioni]] [[costa|costiere]] dell'[[Oceano Atlantico|Atlantico]], dalla [[Normandia]] alla [[Garonna]]<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'' II 34-35</ref>.
 
===Anno 56: i popoli del mare si ribellano===
Ben presto la Gallia tornò sul piede di guerra perché {{quote|il giovane [[Publio Crasso]] aveva acquartierato per l'[[inverno]] la [[VII legione|settima legione]] nel paese degli [[Andi]], ubicati nei pressi dell'Oceano. Dato che in quella zona c'era porco [[frumento]] inviò presso i popoli confinanti molti [[praefectus|prefetti]] e [[tribuno militare|tribuni militari]] a cercare vettovaglie, tra cui [[Tito Terrasidio]] presso gli [[Esuvi]], [[Marco Trebio Gallo]] presso i [[Coriosoliti]], [[Quinto Velanio]] e [[Tito Silio]] presso i [[Veneti]]. Questa nazione è la più autorevole di tutta la [[costa]] di quelle regioni dato che possiedono molte [[nave|navi]] con cui navigano in [[Britannia]], che sono superiori alle altre [[tribù]] nella [[scienza]] e nella pratica della navigazione e infine che detengono i pochi [[porto|porti]] disseminati in un ampio tratto di [[mare]] e sull'Oceano aperto battuto dalle [[tempesta|tempeste]], percependo tributi dalla maggior parte di coloro che navigano in quel mare|Cesare III 7-8,1}}
I [[Veneti]] (stanziati nell'odierna [[Bretagna]])trattennero Silio e Velanio, pensando di poter così riavere gli ostaggi che avevano consegnato a Crasso. Il loro esempio fu seguito dai popoli confinanti. Subito le tribù si legarono con giuramenti. Alla fine tutta la zona costiera della Gallia si sollevò. I Galli inviarono così a Crasso un ultimatum: restituire gli ostaggi se voleva rivedere i suoi ufficiali.<ref>Stando a Cesare, i ribelli ebbero rinforzi anche dalla [[Britannia]]</ref>. Cesare, informato di quanto era accaduro, ordinò di costruire sulla [[Loira]] di una [[flotta romana|flotta]] di [[nave|navi]] da [[guerra]] adatte anche per affrontare il mare e fece arruolare rematori e timonieri nella provincia. Spedì poi Labieno nella Belgica per bloccare l'arrivo di rinforzi dalla [[Germania]], mentre incaricò Crasso di sottomettere i popoli dell'[[Aquitania]] (tra [[Garonna]] e [[Pirenei]]). Al comando della flotta pose [[Decimo Bruto]], ordinandogli di partire il prima possibile per la [[Bretagna]]. Lui marciò invece verso la [[regione]] con le truppe di terra<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', III 8,2-11</ref>
 
Dopo aver superato alcune difficoltà iniziali, sul finire dell'[[estate]] i [[Romani]] sconfissero i ribelli. I Veneti si arresero e furono puniti duramente con esecuzioni di massa e la riduzione in [[schiavitù]] dei superstiti. Intanto Crasso sottometteva la Gallia fino ai [[Pirenei]], mentre anche la rivolta in [[Normandia]] veniva domata. Solo la spedizione contro i [[Morini]] della costa delle [[Fiandre]] fallì, perché questa popolazione, approfittando del territorio [[palude|paludoso]] e [[bosco|boscoso]], mise in atto una tattica di [[guerriglia]], contro la quale i Romani non poterono fare nulla. Dopo aver devastato le loro terre, il proconsole si ritirò negli accampamenti invernali<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'' III, 12-29; Cassio Dione, ''Storia romana'', XXXIX, 39-46,4</ref>.
 
===Prima parte dell'anno 55: Cesare sconfigge Usipeti e Tencteri e varca il Reno===
Spinte alle spalle dalla pressione dei [[Suebi]], nel [[55 a.C.|55]] le [[tribù]] germaniche degli [[Usipeti]] e dei [[Tencteri]] attraversarono il basso [[Reno]] con l'intento di stabilirsi in [[Gallia]]. Raggiunte da Cesare a ovest di [[Coblenza]], alla confluenza tra Reno e [[Mosella]], chiesero al generale romano il permesso di stabilirsi in quel territorio. Cesare però rifiutò il permesso e consigliò loro di recarsi presso i [[morini]]. Fu stabilita quindi una tregua da utilizzare per giungere a un compromesso con questo [[popolo]]. Ma, durante la tregua, i germani si scontrarono con uno squadrone di [[cavalleria]] gallo-romana, che fu messa in fuga. Cesare li accusò di non aver rispettato l'accordo e così, quando gli ambasciatori di usipeti e tencteri si recarono da lui per giustificarsi, li fece imprigionare. Dopodiché, con una mossa fulminea, piombò sull'accampamento germanico, massacrando i nemici<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', IV, 1-15; Cassio Dione, ''Storia romana'', XXXIX, 47-48,2; Plutarco, ''Vita di Cesare'', 22, 1-5; Appiano, ''Celtica'', 18, 1-4</ref>.
 
A questo punto, Cesare decise di passare il Reno e di invadere la [[Germania]]. Tra le diverse ragioni che lo spinsero a questa decisione, ci fu l'intenzione di fare un'azione dimostrativa e intimidatoria per scoraggiare i popoli di quella terra, che troppo spesso avevano fornito truppe ai galli o si erano intromessi nelle vicende galliche, dall'interferire in futuro su quanto accadeva in Gallia. Gettato un lungo [[ponte]] di legno sul Reno (tra Coblenza e [[Bonn]], secondo la maggior parte degli studiosi), il proconsole devastò e saccheggiò il territorio nemico, quindi ritornò in Gallia distruggendo il ponte alle proprie spalle e fissando il confine sul Reno.<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', IV, 16-19; Cassio Dione, ''Storia romana'', XXXIX, 48,3-49,2; Plutarco, ''Vita di Cesare'', 22,6-23,1; Svetonio, ''Vita di Cesare'', 25; Appiano, ''Celtica'', 18; Cicerone, ''Orazione contro Pisone'', 81</ref>
 
===Seconda parte dell'anno 55 e prima parte del 54: prima e seconda spedizione in Britannia===
{{Vedi anche|Spedizioni cesariane in Britannia}}
Nella tarda [[estate]] del 55, Cesare decise di invadere la [[Britannia]], perché {{quote|comprendeva che in quasi tutte le guerre galliche, rinforzi erano giunti dall'isola ai nostri nemici; se non fosse bastata la buona stagione per condurre la guerra, tuttavia pensava che avrebbe tratto grande utilità anche da una semplice visita nell'[[isola]], da un'esplorazione dei suoi abitanti e da una ricognizione dei luoghi, dei [[porto|porti]] e degli accessi; tutte cose che erano quasi del tutto ignote ai Galli. A eccezione dei mercanti, nessuno infatti si arrischiava a recarsi là e anche la conoscenza che loro avevano dell'isola non andava oltre la costa e le regioni che si trovano di fronte alla Gallia|[[De bello gallico]]|V,20,1-3}}
 
Per questa ragione, egli non riuscì ad ottenere dai mercanti alcuna informazione utile riguardo ai luoghi e ai popoli dell'isola e neppure sulle tattiche belliche di questi ultimi. Inviò allora in avanscoperta [[Gaio Voluseno]] con una [[nave]] da [[guerra]] e nel frattempo si spostò nel territorio dei morini, dove ordinò di radunare nuovamente la flotta che aveva combattuto contro i [[Veneti]] nel 56. Intanto, informati da alcuni mercanti circa le intenzioni del proconsole, molti popoli della [[Britannia]] inviarono ambasciatori a Cesare, promettendogli di consegnare ostaggi e di obbedire all'autorità di [[Roma repubblicana|Roma]]. Cesare accolse le loro promesse e permise loro di ritornare in patria, mandando con loro [[Commio]], da lui messo sul trono degli [[atrebati]], con l'ordine di visitare la Britannia, di esortare le sue popolazioni a essere fedeli a Roma e di annunciare loro che presto si sarebbe recato in [[Britannia]] lui stesso. Intanto, Voluseno tornava con molte informazioni e i [[Morini]] decidevano di sottomettersi a Cesare.<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', IV,21-22,2</ref>
[[Immagine:Two Druids.PNG|thumb|200|Druidi da una pubblicazione del XIX secolo.]]
Cesare salpò alla volta della Britannia da ''Portus Itius'' (per alcuni [[Boulogne]]), lasciando indietro la [[cavalleria]], che sarebbe dovuta partire da un altro [[porto]] (forse [[Ambleteuse]]). Approdò davanti all'alta [[scogliera]] nei pressi di [[Dover]], trovandosi di fronte i nemici che lo stavano aspettando. Riprese allora il mare, giungendo a una costa aperta e piana, che si trovava a circa sette miglia da Dover, ma ancora una volta si trovò di fronte il nemico, che aveva schierato anche la [[cavalleria]] e i carri da guerra e che impediva l'approdo delle navi e il conseguente sbarco dei romani. Alla fine, dopo molte difficoltà, i romani riuscirono a scendere a terra e i due [[esercito|eserciti]] si scontrarono. Dopo un duro combattimento, i [[britanni]] furono messi in fuga, ma i vincitori non furono in grado di inseguirli. Le [[tribù]] mandarono allora degli ambasciatori, che portarono con loro Commio, che era stato fatto prigioniero. Quando però seppero che la [[cavalleria]] romana era stata ricacciata sulle coste [[Europa|europee]] dal cattivo tempo e che le [[marea|maree]] [[Oceano|oceaniche]] avevano danneggiato le navi di Cesare, i [[Britanni]] decisero di riprendere le armi. Dopo aver rinnovato a parole l'alleanza con Cesare, lasciarono il suo campo. Ma il proconsole aveva intuito il pericolo e così cercò di predisporre tutto il necessario per un eventuale attacco.<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', IV,22,3-31</ref>
[[Immagine:Celtic dagger, scabbard and buckle.JPG|thumb|400|left|Spada celtica trovata in Britannia.]]
 
Alla fine, i [[Britanni]] attaccarono i soldati di Cesare, ma furono sconfitti. Ottenuta la promessa di ricevere degli ostaggi, Cesare ripartì per la Gallia, dove, una volta sbarcate, le sue legioni furono però aggredite anche dai morini, che speravano in un ricco bottino. I nemici furono respinti anche questa volta e il proconsole inviò Labieno a punire questo [[popolo]], mentre [[Quinto Titurio Sabino e Lucio Aurunculeio Cotta]] devastavano le terre dei [[Menapi]]. Cesare dislocò le legioni negli accampamenti invernali. Intanto, però, dalla Britannia solo due popoli inviarono ostaggi, gli altri vennero invece meno agli accordi. A [[Roma antica|Roma]], invece, furono decretati 20 giorni di festa in onore di Cesare<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', IV,32-38; Cassio Dione, ''Storia romana'', XXXIX, 51-53,1; Plutarco, ''Vita di Cesare'', 23; [[Tito Livio|Livio]], ''Perioche'', 105; [[Velleio Patercolo]], II, 46,1; Svetonio, ''Vita di Cesare'', 25; 47; [[Catullo]], ''Carmina'', XI, 10-12</ref>.
 
Dopo aver respinto in [[Illiria]] alcuni attacchi dei [[Pirusti]] e aver sedato senza colpo ferire una rivolta dei [[Treviri]] (popolo presso il quale tolse il potere a Induziomare, dandolo al suocero di questo, [[Cingetorige]], che era filo-romano), nel [[54 a.C.|54]] Cesare salpò di nuovo per la [[Britannia]], sempre da Portus Itius, con 28 navi da guerra e oltre seicento da trasporto, accompagnato da cinque legioni e 2.000 cavalieri. Al loro seguito si aggiunsero 200 navi private, forse piene di mercanti attratti dai racconti sulle favolose ricchezze dell'[[isola]]. Cesare sbarcò nello stesso luogo dell'anno precedente e inflisse una prima sconfitta ai [[Britanni]] che si erano radunati per fronteggiarlo. Le [[tribù]] si unirono allora sotto la guida di [[Cassivellauno]], che regnava sui territori a nord del [[Tamigi]]. Dopo una serie di scontri, Cesare puntò dritto al cuore dei domini del re ribelle e varcò il Tamigi. Alla fine Cassivellauno fu sconfitto, ma non perse i suoi possedimenti. Stabilito il tributo che i popoli dei britanni dovevano pagare e presi degli ostaggi, Cesare tornò in Gallia<ref>Cesare, ''Bell. Gall.'', V, 1-23; Cassio Dione, ''Storia romana'', XL, 1-3; Plutarco, ''Vita di Cesare'', 23,4; [[Appiano]], ''Celtica'', I, 5,19; [[Cicerone]], ''Lettere al fratello Quinto'', II, 15,4; III, 1,10; III,3,4; ''Lettere ad Attico'', IV 15,10; 16,7; 18,5; ''Lettere ai familiari'', VII, 6,2; 7,1; 17,3</ref>. Cesare non fece in pratica nessuna conquista territoriale in Britannia, ma si limitò a creare una serie di clientele che portarono quest'isola nella sfera d'influenza di [[Roma repubblicana|Roma]]. Da queste premesse si svilupparono rapporti commerciali e diplomatici, che apriranno poi la strada alla successiva conquista della [[Britannia romana|Britannia]] nel [[43 d.C.]]
[[Immagine:Inauguration statue vercingétorix 3.JPG|thumb|250px|Statua di [[Vercingetorige]] a [[Clermont-Ferrand]].]]
 
===Seconda parte dell'anno 54-53: rivolte in Gallia===
In Gallia si respirava aria di rivolta e tutto il paese era in fermento. I primi segnali si ebbero nell'autunno del [[54 a.C.|54]], quando i [[Carnuti]] (zona di [[Chartres]], [[Orleans]]) uccisero il re filo-romano che Cesare aveva posto sul trono. Intanto Cesare dovette dislocare a molta distanza le une dalle altre le sue legioni, perché lo scarso raccolto di quell'anno non permetteva di sostentare adeguatamente un grande [[esercito]] stanziato in un unico luogo.<ref>Cesare, ''De bello gallico'', V, 24-25</ref>
 
I galli scesero sul piede di [[guerra]] e, poche settimane dopo il loro arrivo nel territorio degli [[Eburoni]] ([[regione]] delle [[Ardenne]]), le truppe romane furono attaccate. Dopo questo episodio, [[Ambiorige]], re degli eburoni, convinse con l'inganno i romani a uscire dal loro [[castrum|accampamento invernale]] per recarsi in luoghi più sicuri, assicurando loro che la marcia si sarebbe potuta svolgere senza interferenze. Ma quando le truppe si trovarono allo scoperto, il suo [[esercito]] attaccò e massacrò una legione e mezza. Dopo questa vittoria, Ambiorige ottenne l'appoggio degli atuatuci e dei nervi. L'alleanza sferrò un attacco all'[[castrum|accampamento]] di [[Quinto Cicerone]], che si trovava nella zona di [[Namur]]. Il fratello del celebre oratore riuscì però a far giungere a Cesare notizie su quanto stava accadendo e il proconsole marciò allora in aiuto di Cicerone, spezzando l'[[assedio]].<ref>Cesare, ''De bello gallico'', V, 26-52; Cassio Dione, XL, 5-10; Plutarco, ''Vita di Cesare'', 24; [[Svetonio]], ''Vita di Cesare'', 25,2; 67,2</ref> A trovarsi in difficoltà era ora [[Tito Labieno]], che era stato attaccato dai [[Treviri]] di [[Induziomaro]], che alla fine fu però ucciso. Intanto, si ribellavano anche i [[Senoni]] e, a questo punto, si rivoltarono anche tutte le altre [[tribù]] tranne gli edui e i [[Remi]] che rimasero a fedeli a Cesare.<ref>Cesare, ''De bello gallico'', V,47; </ref> Il proconsole passò al contrattacco: aumentò il numero delle proprie legioni portandolo a dieci, schiacciò la ribellione dei Nervi e ottenne la resa dei carnuti e dei senoni. Labieno sconfisse i Treviri, mentre Cesare marciò con cinque legioni contro gli eburoni di Ambiorige. Dapprima sottomise i [[Menapi]] e poi costruì un secondo ponte sul Reno, occupandone la sponda germanica sia per scongiurare l'invio di altri rinforzi ad Ambiorige sia per sbarrare a quest'ultimo ogni possibile via di fuga. Nella tarda estate del 53, il generale romano sferrò l'attacco finale, annientando gli eburoni, anche se Ambiorige riuscì a fuggire. Tutte le rivolte furono sedate: come monito per il futuro, davanti ai Galli riuniti in una dieta convocata a [[Reims]], Cesare fece flagellare e decapitare un altro capo ribelle, Accone.<ref>Cesare, ''De bello gallico'', V,53-58; VI; Cassio Dione, XL, 31,2-6; 32,1-5;</ref>
 
===Anno 52 a.C.: la rivolta di Vercingetorige===
{{vedi anche|Alesia}}
[[Immagine:Statue_Vercingetorix_Alesia.JPG|thumb|right|200px|Memoriale di Vercingetorige ad Alesia.]]
 
L'ultimo atto delle guerre galliche fu rappresentato dalla rivolta scoppiata nel [[52 a.C.|52]] e guidata dal re degli [[Arverni]] [[Vercingetorige]], attorno al quale si strinsero i popoli della Gallia centrale, a eccezione dei [[Lingoni]], dei remi e degli edui. Cesare si trovò ad affrontare un nemico temibile sia per la consistenza numerica del suo [[esercito]], sia per la disciplina che Vercingetorige seppe impartirgli e sia perché il capo ribelle conosceva bene i Romani e Cesare, dato che aveva servito per un periodo nella [[cavalleria]] ausiliaria romana.
 
Furono i [[Carnuti]] a dare il via alla rivolta, uccidendo tutti i romani presenti nella loro capitale, l'odierna [[Orléans]]. Intanto, nel nord, si ribellava anche il fedelissimo [[Commio]], principe degli [[Atrebati]], dopo che Labieno aveva cercato di ucciderlo. Con rapidità fulminea, nonostante fosse [[inverno]] e i passi montani fossero [[neve|innevati]], il generale romano piombò coi suoi uomini nel territorio degli Arverni, mettendolo a ferro e fuoco. Dopo aver distrutto Orléans per rappresaglia, Cesare penetrò nel cuore del territorio controllato dal nemico, a sud della [[Loira]].
[[Immagine:Archeodrome Beaune 2.JPG|thumbnail|left|200px|Ricostruzione dell'assedio di Alesia]]
[[Vercingetorige]] si sottrasse allo scontro in campo aperto, mettendo invece in atto una tattica di guerriglia e bloccando ogni possibilità di rifornimento ai romani, che erano impegnati nell'[[assedio]] della capitale dei [[Biturigi]] Avaricum (l'odierna [[Bourges]]). Alla fine l'''[[oppidum]]'' capitolò di fronte alla superiorità tecnica dei nemici e i soldati massacrarono quasi tutta la popolazione. Questa dura repressione ebbe però il solo effetto di rendere più determinati i ribelli. Cesare inviò Labieno a nord per sopprimere la rivolta di senoni e [[Parisi]], mentre lui stesso puntò verso sud, direttamente sulla capitale arverna di [[Gergovia]] (nei pressi di [[Clermont-Ferrand]]), che si dimostrò però imprendibile. Intanto, Vercingetorige guadagnava alla sua causa anche gli edui. Cesare dovette allora ritirarsi da Gergovia per sedare la sedizione edua, dopodiché si presentò di nuovo sotto le mura di Gergovia, [[battaglia di Gergovia|ma subì perdite pesanti]] e dovette desistere dall'[[assedio]]. A questo punto gli edui ruppero definitivamente l'alleanza con Cesare, sposando la causa della libertà.
 
[[Immagine:siege-alesia-vercingetorix-jules-cesar.jpg|thumb|300px|La resa di Vercingetorige secondo Lionel-Noël Roynnner (1899).]]
Vercingetorige ricevette ufficialmente il comando supremo nella città di Bibracte nel corso di una dieta pangallica, a cui non parteciparono però [[Treviri]], [[Remi]] e [[Lingoni]], che avevano deciso di non aderire alla rivolta. Cesare marciò verso nord, dove si riunì con Labieno e le sue legioni ad Agedinco (odierna [[Sens]]). Da lì, le truppe ripararono presso i Lingoni. Cesare rafforzò le sue truppe con [[cavalleria]] germanica mercenaria (era il secondo squadrone che il [[generale]] romano arruolava) e poi riprese la strada del sud, ma a nord-est di [[Digione]] le legioni furono attaccate dai ribelli. Vercingetorige aveva infatti deciso che era giunta l'ora di chiudere la partita con gli invasori. L'attacco della cavalleria gallica fu però respinto da quella germanica. La fiducia dei ribelli vacillò e Vercingetorige riparò col suo esercito ad [[Alesia]]: non si era accorto di essersi intrappolato da solo.
 
Cesare piombò su [[Alesia]] e la strinse con un poderoso assedio: fece costruire un anello di mura lungo 17 chilometri tutto intorno alla [[roccaforte]] nemica e, all'esterno di questo, un altro di 21, perché si aspettava un attacco anche alle spalle. Tutto intorno, il proconsole fece realizzare trabocchetti, fossati pieni d'acqua, trappole, palizzate, [[vallo|valli]] e [[torre|torri]] di difesa. Tra i due anelli, i legionari costruirono i loro accampamenti.
 
[[Image:RomanSilverDenariusWithHeadOfCaptiveGaul48BCE.JPG|thumb|[[Denario]] romano del [[48 a.C.]] che mostra un gallo priginioniero.]]
Dopo circa un mese, alle spalle dei romani piombò un potente esercito gallico, giunto in aiuto degli assediati. Per quattro giorni le legioni cesariane resistettero agli attacchi sferrati sia da Alesia sia dai rinforzi dei ribelli. Il quarto giorno, questi ultimi aprirono una breccia nell'anello esterno, ma furono ricacciati indietro da Labieno, mentre Cesare in persona guidò in [[battaglia]] [[cavalleria]] e truppe di riserva, accerchiando i nemici, piombando loro da dietro e sconfiggendoli rovinosamente. La sorte della ribellione era ormai segnata: il giorno dopo Vercingetorige si arrese, consegnandosi a Cesare. Dopo la vittoria, il [[Senato romano|Senato]] decretò 20 giorni di festa in onore del proconsole.
 
===Anni 51-50 a.C.: La definitiva sottomissione della Gallia===
La [[Gallia]] era in ginocchio e nei mesi successivi Cesare domò con facilità alcune rivolte di singole [[tribù]], cercando poi di riconciliarsi con i popoli sottomessi, lasciando per il momento in piedi l'organizzazione tribale e accontentandosi di tributo poco più che nominale. I galli accettarono il dominio romano e ne nacque così una pace stabile e duratura. Nell'[[inverno]] del [[51 a.C.|51]]/[[50 a.C.]], nell'odierna [[Arras]], Cesare proclamò [[provincia]] i territori conquistati e nel [[49 a.C.]] ritirò la maggior parte delle sue legioni dalla Gallia.<ref>Tutti questi eventi sono narrati da: Cesare, ''De bello gallico'', VII; VIII, 1-48; Plutarco, ''Vita di Cesare'', 25-27; Cassio Dione, ''Storia romana'', XL, 33-43; Floro, I,45, 20-26; Velleio Patercolo, II, 47,1; Livio, ''Perioche'', 107-108; [[Paolo Orosio|Orosio]], VI, 11,20-30; VII, 11,1-11.</ref>
 
==Conseguenze della conquista==
[[Immagine:Cesare dopo Gallia 50 a.C. jpg.jpg|thumb|350px|Il mondo romano nel [[50 a.C.]] dopo la conquista della Gallia.]]
Al termine di queste campagne e della definitiva sottomissione della Gallia, "cuore" pulsante della cultura [[celti]]ca, Cesare, non solo spostava verso [[nord]] il baricentro dei domini romani ma, occupando gran parte dei territori ad ovest della Alpi, faceva di [[Roma]] la nuova capitale del [[Occidente|mondo occidentale]], con il [[lingua latina|latino]] come [[Lingua (idioma)|lingua]] ufficiale.
 
Da questo momento, i destini della Gallia e di [[Roma antica|Roma]] percorsero strade comuni: la [[Gallia]] andò, via via, romanizzandosi attraverso la costruzione di nuove città, [[strada romana|strade]] ed [[acquedotto|acquedotti]], con la fusione delle due [[cultura|culture]] in un'unica. Ne nacque un [[sincretismo]] che diede vita a quella cultura gallo-romana che in seguito verrà assimilata anche dagli invasori [[Franchi]] e su cui germoglierà il [[Sacro romano Impero]] di [[Carlomagno]].
 
Queste campagne sancivano definitivamente quello che sarebbe stato per circa cinque secoli, il [[Limes romano|confine dei domini romani]] sul [[Reno]], una barriera naturale che difenderà [[Roma]] dalle invasioni dei popoli di stirpe [[germani|germanica]]. Sul piano personale, con questa conquista Cesare risolse i suoi problemi finanziari e assunse un peso militare e politico di primo piano, riuscendo a mettere definitivamente in ombra la gloria di [[Pompeo Magno|Pompeo]]. Cesare aveva infatti costruito intorno a sé un'aura di potenza e di invincibilità e un [[esercito]] a lui fedele, forte, addestrato e pronto a seguirlo ovunque, anche nella [[guerra civile tra Cesare e Pompeo|guerra civile]] che sarebbe scoppiata di lì a poco.
 
==Note==
{{references|2}}
 
==Voci correlate==
*[[Gallia Transalpina]]
*[[Gallia]]
*[[Galli]]
*[[Gaio Giulio Cesare]]
*[[De bello gallico]]
*[[Lista di tribù celtiche]]
*[[Spedizioni cesariane in Britannia]]
*[[Commentarius (Giulio Cesare)]]
*[[Legione romana]]
*[[Esercito romano]]
 
==Bibliografia==
=== Fonti primarie ===
* [[Gaio Giulio Cesare]], ''[[De bello gallico]]'';
* [[Cassio Dione Cocceiano|Cassio Dione]], ''Storia di Roma'', libri XXXVIII-XL;
* [[Plutarco]], ''Vita di Cesare'';
* [[Svetonio]], ''Vite dei Cesari'', libro I;
 
=== Fonti secondarie ===
*{{Cita libro|autore=M. Cary|coautori=H. H. Scullard|anno=1981|titolo=Storia di Roma, vol. II|editore=[[il Mulino]]|ed=2|anno=1988|città=Bologna|id=ISBN 88-15-02021-7}}
*{{Cita libro|autore=J. Carcopino|titolo=Giulio Cesare|traduzione=Anna Rosso Cattabiani|editore=[[Rusconi|Rusconi Libri]]|anno=1993|id=ISBN 88-18-18195-5}}
*{{Cita libro|autore=M. Jehne|titolo=Giulio Cesare|traduzione=Alessandro Cristofori|editore=il Mulino|anno=1999}}
*{{Cita libro|autore=E. Horst|titolo=Cesare|edizione italiana a cura di Augusto Guida|editore=[[Rcs|Rcs Libri]]|anno=2000|id=}}
*{{Cita libro|autore=Luciano Canfora|titolo=Giulio Cesare. Il ditattore democratico|editore=Laterza|anno=1999|id=ISBN 88-420-5739-8}}
*{{Cita libro|autore=André Piganiol|titolo=Le conquiste dei Romani|anno=1989|città=Milano|id=ISBN 88-04-32321-3}}
*{{Cita libro|autore=Theodore Ayrault Dodge|titolo=Caesar|anno=1989-1997|città=New York|id=ISBN 0-306-80787-4}}
*{{Cita libro|autore=Peter Berresford Ellis|titolo=L'impero dei Celti|anno=1998|città=Casale Monferrato|id=ISBN 88-384-4008-5}}
*{{Cita libro|autore=Sheppard Frere|titolo= Britannia, cap. 2|anno=1998|città=Londra|id=ISBN 0-7126-5027-X}}
*{{Cita libro|autore=Andrea Frediani|titolo=Le grandi battaglie di Giulio Cesare|anno=2003|città=Roma|id=ISBN 88-8289-941-1}}
*{{Cita libro|autore=[[Theodor Mommsen]]|titolo=Storia di Roma antica, vol. V/1|anno=1973|città=Firenze}}
*{{Cita libro|autore=Lawrende Keppie|titolo=The making of the roman army, cap. 3|anno=1998|città=[[Oklahoma]]|id=ISBN 0-8061-3014-8}}
*{{Cita libro|autore=Adrian Keith Goldsworthy|titolo=The roman army at war - 100 BC/AD 200''|anno=1998|città=[[Oxford]]|id=ISBN 0-19-815090-3}}
*{{Cita libro|autori=Erik Abranson e Jean-Paul Colbus|titolo=La vita dei legionari ai tempi della guerra di Gallia|anno=1979|città=[[Milano]]}}
 
== Collegamenti esterni ==
* [[:la:s:Commentarii de bello Gallico|Commentarii de bello Gallico]] Testo originale (da [[:la:s:Pagina prima|la.wikisource]])
*[http://www.carabinieri.it/Internet/Editoria/Carabiniere/2006/03-Marzo/Storia/103-00.htm Analisi dell'assedio di Alesia su Carabinieri.it]
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