Questione meridionale e Alluvione di Crotone del 14 ottobre 1996: differenze tra le pagine

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Il [http://www.wetterzentrale.de/archive/ra/1996/Rrea00119961014.gif 14 ottobre 1996] la città di [[Crotone]] subì una violenta [[inondazione]] a seguito delle consistenti piogge che avevano interessato la [[provincia di Crotone|provincia]] già a partire della settimana precedente, causando piene e straripamenti di diversi corsi d'acqua della zona.
 
Nella mattinata caddero sul bacino del piccolo fiume [[Esaro (fiume - KR)|Esaro]] circa 120 mm di pioggia (nella settimana si erano così raggiunti complessivamente i 330 mm), che andarono così ad alimentare tutti i corsi d'acqua provenienti zona di [[Cutro]] affluenti dell'Esaro. Nella località di "Stazione Isola Capo Rizzuto" si formò così una piena violenta dello stesso fiume, in seguito calcolata con una portata di oltre 1000 m<sup>3</sup>/s.
{{quote|Sappiamo bene che c'era già una "questione meridionale": ma sarebbe rimasta come una vaga "leggenda nera" dello Stato italiano, senza l'apporto degli scrittori meridionali|[[Leonardo Sciascia]]}}
La piena raggiunse verso mezzoggiorno il rione "Gabelluccia" nella periferia occidentale di [[Crotone]] sommergendo i primi piani delle abitazioni e estendendosi verso zona industriale, dove interessò sia i fabbricati in riva sinistra già allagati dallo straripamento dell'affluente Papaniciaro, sia quelli in riva destra presso il rione "Gesù" raggiungendo da qui anche il centro storico cittadino.
 
L'alluvione provocò 6 vittime e danni assai ingenti: numerosi prefabbricati industriali furono spazzati via dall'acqua e la zona commerciale e industriale ne risultò pesantemente devastata.
La definizione “questione meridionale” venne usata per la prima volta nel 1873 da un [[deputato]] italiano al [[parlamento]] di [[Roma]], intendendo con questo il divario economico che separava, allora come oggi, il [[Italia nord-occidentale|nord]] Italia dal [[Mezzogiorno|sud]]. Anche se il problema venne notato dall’[[opinione pubblica]] italiana ed europea a partire dall’[[Risorgimento|unificazione politica della penisola]] nel 1861, ed anticipato, anche se con toni più [[Ideologia|ideologici]] e [[Politica|politici]] che [[Economia|economici]], dagli [[Rifugio politico|esuli politici]] del [[Regno delle Due Sicilie]] negli anni precedenti alla [[spedizione dei mille]], tale situazione ha origini ben più lontane.
L'acqua raggiunse in alcune strade i quattro metri di altezza.
Gli effetti furono poi aggravati dal pesante abusivismo edilizio: i quartieri di Gabelluccia e Gesù, quest'ultimo costruito a ridosso dello stabilimento della [[Montecatini (azienda)|Montecatini]]<ref>Antonino Campenni, ''L<nowiki>'</nowiki>egemonia breve : la parabola del salariato di fabbrica a Crotone''. Soveria Mannelli : Rubbettino, 2002, ISBN 88-498-0454-7, p. 114 ([http://books.google.it/books?id=w1JbPBIE4RsC&pg=PA114&dq=alluvione+Crotone+1996#v=onepage&q=alluvione%20Crotone%201996&f=false])</ref>, erano infatti sorti nei dieci anni precedenti nelle zone di espansione del fiume. Furono distrutti quasi tutti i ponti. Vennero colpite 358 imprese con danni per 126 miliardi di lire del 1996<ref>Istituto Ambiente Italia, ''Ambiente Italia 1997 : rapporto sullo stato del paese e analisi del ciclo delle acque'', Decima edizione del Rapporto Legambiente sullo stato del paese, Milano : Edizioni Ambiente, 1997, ISBN 88-86412-45-2</ref>.
 
== Note ==
Da allora è in corso un dibattito circa i mezzi più adatti per risolvere tale problema e rendere quanto più possibile omogenee le condizioni di vita di tutte le [[regioni italiane]], ed ha fatto oggetto di studi specifici da parte di studiosi e uomini politici come [[Giuseppe Massari]], [[Stefano Castagnola]], [[Pasquale Villari]], [[Stefano Jacini]], [[Stefano Jacini]], [[Leopoldo Franchetti]], [[Sidney Sonnino|Giorgio Sidney Sonnino]], [[Enea Cavalieri]], [[Giustino Fortunato]], [[Benedetto Croce]], [[Gaetano Salvemini]], [[Francesco Saverio Nitti]], [[Antonio Gramsci]], [[Guido Dorso]], [[Rosario Romeo]] e [[Paolo Sylos Labini]].
<references/>
 
== Collegamenti esterni ==
*[http://www.idra2006.it/referee/files/L278.pdf]
*[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/10/16/nell-inferno-di-crotone-due-vittime-due.html Nell'inferno di Crotone due vittime e due dispersi] da "La Repubblica" del [[16 ottobre]] [[1996]].
 
[[Categoria:alluvioni e inondazioni|Crotone, 1996, 14 ottobre]]
=STORIA=
[[Categoria:Provincia di Crotone]]
 
==Ricchezza originale==
 
Fin dai primi popolamenti umani in Europa, avvenuti a partire da 1.800.000 anni fa, la parte meridionale della penisola italiana ebbe un’economia più florida della [[pianura Padana]], fino circa al [[basso medioevo]], epoca in cui avvenne il sorpasso economico del nord rispetto al sud.
Prima dell’anno 1000, infatti, il sud profittò della sua vicinanza alla [[Mesopotamia]] e all’[[Egitto]], [[Regione (geografia)|regioni]] evolute dalle quali provenivano [[Forma di governo|strutture politiche]], [[Ordine sociale|sistemi sociali]] e [[tecnologie]] più avanzate che non dall’Europa continentale, che per millenni si limitò a recepire passivamente scoperte e novità importate dal [[Mediterraneo]]. All’epoca le [[Colonia (territorio)|colonie]] [[fenice]], [[greche]] e [[cartaginesi]] vantavano una superiorità economica rispetto ai più settentrionali [[etruschi]] e [[celti]], e tale situazione si mantenne anche dopo l’unione politica della [[penisola]] italiana per opera dei [[Storia romana|romani]]. Durante il dominio romano, [[Re di Roma|monarchico]], [[Repubblica romana|repubblicano]] e [[Impero romano|imperiale]], il sud prosperò grazie ad un’[[Agricoltura intensiva|agricoltura razionale]] di prodotti pregiati, a [[Foraggicoltura|pascoli intensivi]], e ad un [[commercio]] proficuo favorito dalla sua posizione [[Geografia|geografica]], al centro dell’impero. Il nord, al contrario, era vulnerabile alle [[Invasioni barbariche|invasioni barbare]] durante la [[Fondazione di Roma|nascita]] e il [[Impero romano#Caduta dell'impero|declino di Roma]], era quasi privo di rotte commerciali, e [[Agricoltura estensiva|la sua produzione agricola era povera]] e destinata all’autoconsumo.
La caduta dell’impero gettò tutta l’Italia nel disordine e nel declino, ma mentre al sud si affermarono i domini [[Impero bizantino|bizantini]], [[arabi]] e [[Normanni#I Normanni nel Mediterraneo e nell’Italia meridionale|normanni]], che gestirono con giudizio e interesse l’economia dei propri [[Colonia (territorio)|possedimenti]], al nord predominarono [[longobardi]] e [[carolingi]], dediti a [[Guerra|guerre]] di [[Conquista (guerra)|conquista]], a [[Economia del saccheggio|saccheggi]], ed incuranti di ogni attività produttiva.
 
==Le origini del ritardo==
 
La svolta arrivò solo verso l’anno 1000, quando il nord si organizzò attorno a piccoli [[Comune (storia)|comuni]] indipendenti controllati da familie commerciali dedite alle [[arti]] e i [[Artigianato|mestieri artigianali]], e attorno alle tre più floride [[repubbliche marinare]]: [[Genova]], [[Pisa]] e [[Venezia]]. Il sud invece divenne prima un [[Regno di Napoli|possedimento spagnolo]], e poi un [[Regno delle due Sicilie|regno indipendente]] in mano ad una brancia dei [[Borbone di Napoli|Borboni]], che strutturarono l’economia, una volta tramontato l’[[Colonizzazione europea delle Americhe#America centromeridionale|impero coloniale americano]], esclusivamente sulla proprietà fondaria organizzata in [[Latifondo|latifondi]].
 
==La situazione prima dell'[[Risorgimento|Unità]]==
 
A metà [[XIX secolo|ottocento]] il nord Italia, sperimentava un primo [[sviluppo industriale]], disponeva di [[infrastrutture]], si era dotato di [[tecniche agricole]] moderne, e incominciava ad inserirsi in un’[[economia di mercato]] di carattere europeo. Il sud Italia, invece, si trovava ancora in una [[Feudalesimo|condizione feudale]]: il latifondo aristocratico o clericale praticava un’[[agricoltura estensiva]] e lasciava vasti campi incolti, le attività industriali erano limitate e improduttive, tenute in vita solo dai [[Tariffa doganale|dazi doganali]] e i pochi [[Capitale (economia)|capitali]] esistenti non venivano reinvestiti.
Eppure il meridione non era affatto subordinato al settentrione. Nonostante la disparità di mezzi, molti problemi, come l’[[Malthusianesimo|esplosione demografica]], l’[[analfabetismo]], o la [[corruzione]] pubblica, affliggevano in egual misura tutta la penisola, ed altri, come il [[debito pubblico]], l’[[insolvenza]] statale, le [[sconfitta militare|rotte militari]], erano prerogativa del nord.
Il Regno delle Due Sicilie aveva un solido e stabile [[governo]], un’economia proporzionale alle sue dimensioni, era privo pretese [[Espansionismo|espansionistiche]] ed era alieno ai tumulti, le guerre, a alle [[vassallaggio|sudditanze politiche]] che destabilizzavano tutti gli altri [[Antichi Stati italiani|stati italiani]], [[Regno di Sardegna|Piemonte]] in testa. Soprattutto, godeva di una situazione [[Finanza|finanziaria]] molto più sana e stabile di quella del Regno di Sardegna. Lo stato applicava una [[pressione fiscale]] di gran lunga inferiore che al nord, non conosceva debiti né insolvenze, e la [[moneta]] era esclusivamente in [[oro]] e [[argento]], al contrario delle [[Banconota|banconote]] piemontesi, che, oltre ad agevolare la [[Falsificazione (finanza)|falsificazione]], avevano un [[Moneta#Valore nominale della moneta|valore solo nominale]].
Il Regno delle Due Sicilie non aveva certo un’economia di mercato, eppure le [[Protezionismo|misure protezionistiche]], comuni a tutti gli stati europei, avevano consentito un modesto sviluppo industriale, che col tempo, e soprattutto senza ingerenze straniere, avrebbe portato all’emergere di una [[borghesia]] nazionale, permettendo così un sviluppo graduale dell’economia del sud. La sua conquista e sfruttamento da parte del nord compromisero tale progresso e crearono danni che ancora oggi perdurano.
Il Piemonte, sotto la guida di [[Camillo Cavour]], adottò una politica [[Liberalismo|liberale]] ed [[Bellicismo|aggressiva]] che provocò profondi squilibri e problemi prima ancora di portare all’unità italiana. Per finanziare le sue numerose [[Campagna militare|campagne militari]] Cavour cercò di incoraggiare l’industria e il commercio limitando i diritti di dogana, ma la borghesia locale non era ancora in grado di reggere il confronto con le economie degli [[Stato nazionale|stati nazionali]], e così il Piemonte e poi l’Italia riunificata furono penetrati dai capitali inglesi e francesi, con consequenze ancora visibili. Cercò di aumentare le terre coltivate dissodando [[Bosco|zone boschive]] [[Collina|collinari]], ma questo provocò gravi fenomeni di [[erosione]] del terreno, con conseguenti [[Frana|frane]], [[Alluvione|alluvioni]], e diminuzione del livello dei [[Fiume|fiumi]], e privò in questo modo gli strati più poveri della popolazione di ogni tipo di sostentamento, impedendo di raccogliere [[legna]], [[Frutta|frutti]], o di [[Caccia|cacciare]]. Costoro finirono con l’ingrossare le file del [[sottoproletariato]] urbano e col vivere di [[Carità|carità]], aumentando così le spese improduttive del paese.
Ma l’handicap principale del governo sardo era la politica di indebitamento pubblico che Cavour perseguì per finanziare il [[riarmo]], impresa piuttosto costosa visto che in vent’anni il Piemonte e l’Italia vissero sette conflitti: la [[Prima guerra di indipendenza italiana#Primo conflitto|prima guerra d'indipendenza]] nel 1848, il [[Prima guerra di indipendenza italiana#Primo conflitto|secondo tentativo]] nel 1849, la [[guerra di Crimea]] nel 1854-55, la [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda guerra d'indipendenza]] nel 1859, l’[[Spedizione dei Mille|invasione del sud]] nel 1860, la [[Guerra austro-prussiana]] nel 1866, e la [[Guerra franco-prussiana]] nel 1870. Senza contare il conflitto più costoso e devastante di tutti, la [[guerra civile]], che vide contrapposto il sud insorto all’occupazione [[Casa Savoia|sabaudia]] e le [[Esercito regolare|truppe regolari]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] (principalmente fra il 1861 e il 1865).
Nel 1859, prima delle sue [[Annessione (guerra)|annessioni territoriali]], il Piemonte era lo stato più indebitato d’Europa. I suoi [[titoli di stato]] erano cronicamente insolventi, e nel giro di pochi anni, nonostante il bottino ottenuto grazie alla conquista del sud, la [[lira italiana]] venne considerata [[Moneta#Valore intrinseco della moneta|inconvertibile in oro]] da tutte le [[Borsa valori|piazze finanziarie]], la [[Banca Romana]] fallì, il governo venne coinvolto in imbarazzanti [[Scandalo|scandali]] di corruzione, e si assistette ad un’[[Inflazione|inflazione]] incontrollabile. Il Regno di Sardegna era totalmente privo di [[Liquidità|liquidità]] e, anzi, sommerso dai debiti. A fronte di [[Riserva monetaria|riserve auree]] pari a circa cinquecento milioni dell’epoca, stampava carta moneta per cifre diverse volte superiore, e il suo valore si corrodeva a ritmi ancora oggi insuperati. In seguito alle guerre intraprese da Cavour, i titoli di stato piemontesi anziché rapportare [[Interesse|interessi]] persero il 33 % del loro valore originario. Al contrario il Regno delle Due Sicilie coniava monete esclusivamente d’oro e d’argento, estranee quindi all’inflazione e convertibili per loro stessa natura, e tale quantità di denaro era cinque-sei volte superiore alle riserve auree delle [[Banca|banche]] settentrionali, istituti peraltro privati e non di proprietà statale.
Questa disparità di riserve condusse ad una spoliazione delle [[Patrimonio|ricchezze]], [[Fattore produttivo|manodopera]], [[Risorse naturali|risorse]], e [[proprietà]] del Mezzogiorno in seguito alla sua occupazione, avvenuta per mano di [[Giuseppe Garibaldi]] e dei sui [[Spedizione dei Mille|Mille volontari]] nel 1860.
 
==Il [[Brigantaggio]]==
 
Definita [[Brigantaggio]] dai piemontesi in riferimento agli [[Rivoluzione francese#La guerra e la controrivoluzione vandeana|insorti vandeani]] durante la [[rivoluzione francese]], la [[Resistenza (politica)|resistenza]] all’[[Invasione (guerra)|invasione]] sabaudia assunse proporzioni e toni esaperati fra il 1861 ed il 1865, ma ebbe inizio con le prime [[Battaglia|battaglie]] in opposizione ai garibaldini nel 1860 e si trascinò fino allo sterminio delle ultime bande nel 1870. L’[[Occupazione (guerra)|occupazione]] e la [[Pacificazione (guerra)|pacificazione]] del sud insorto costituiscono il più sanguinoso conflitto d’Europa fra la [[Restaurazione]] e la [[Grande Guerra]]. Nonostante la mancanza di [[Documento storico|documenti]] che permettano calcoli precisi, oggigiorno si [[Stimazione|stima]] che le [[Vittime di guerra|vittime]] dirette della guerra si elevino centinaia di migliaia. Le cifre ufficiali dell’epoca citano decine di migliaia di morti fra i ranghi dei [[Rivolta|ribelli]], ma, oltre ad essere inattendibili, tali fonti indicano solo i morti in battaglia. Si stima che solo il 10 % delle casualità siano dovute ai combattimenti, il restante 90 % essendo dovute ad [[Esecuzione (termine giuridico)|esecuzioni]], scontri fra insorti, [[Carestia|carestie]] ed [[Epidemia|epidemie]].
Gli stessi parlamentari piemontesi non nascosero le loro riserve per le gesta di Cavour e dei suoi [[Generale|generali]], tanto che il deputato Francesco Noto nel 1861 dichiarò al parlamento: "Questa è invasione, non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra come conquista. Il governo di Piemonte vuol trattare le province meridionali come il [[Hernán Cortés|Cortés]] ed il [[Francisco Pizarro|Pizarro]] facevano nel [[Peru#La conquista spagnola e il vicereame (1492 - 1821)|Perú]] e nel [[Messico#Il periodo coloniale|Messico]], come gli [[Inghilterra|inglesi]] nel [[regno del Bengala]]".
L’economia dell’ex Regno delle Due Sicilie finì col collassare, non già per la conquista, breve e di poco impatto, quanto per la guerra civile che ne seguì ed il capillare [[sfruttamento]] che i piemontesi misero in atto.
 
==Repressione militare==
 
Quando i Mille sbarcarono in Sicilia nel 1860 la [[Contadino|classe contadina]] si ribellò massicciamente contro la [[Chiesa]], l’[[aristocrazia]], e in alcuni casi anche all’[[esercito borbone]], sperando di [[Riforma agraria|ottenere la proprietà delle terre]] che coltivavano, come promesso da Garibaldi stesso. I volontari del nord tradirono le aspettative che avevano seminato tra la popolazione, e repressero nel sangue ogni [[rivolta]], mostrando nel ristabilire l’ordine un favoritismo per borghesia locale a spese delle prerogative della nobiltà, che prese in gran parte la via dell’[[esilio]]. I Mille, sostituiti ben presto dall’esercito regolare piemontese, trattarono il sud come [[bottino di guerra]], [[Espropriazione|espropriando]] le proprietà statali, bruciando villaggi, [[Crimini di guerra|violentando donne]] (incluse molte suore) senza curarsi delle consecuenze del loro comportamento. Famosa fu la [[strage]] perpetuata da [[Nino Bixio]] a [[Bronte]].
Il nuovo potere si preoccupò di [[Repressione|reprimere i dissidenti]], praticò politiche di [[Rappresaglia (guerra)|rappresaglia]] sulle popolazioni civili, uttilizzò largamente la [[tortura]], le [[taglie]], ed impose un [[servizio militare]] obbligatorio di cinque anni e senza paga a tutti i giovani maschi, cosa che invalidò la già povera agricoltura di sussistenza. Vennero inoltre emanate [[legge speciale|leggi speciali]] che davano libertà d’azione ai [[Comandante (forze armate)|comandati]] militari, furono messe sotto [[Crimine contro l'umanità|embargo alimentare]] intere [[Regione (ente)|regioni]], e si vietò la diffusione dei giornali, peraltro già [[Censura|censurati]], del nord. L’occupante si distinse anche per atti di [[Terrorismo|terrorismo]]. Sono attestati almeno tre i casi in cui la magistratura nordista attribuì la responsabilità di diversi fatti di sangue, perpetrati indiscriminatamente sulla popolazione, a personalità piemontesi che cercavano di aumentare la tensione fra le parti in conflitto e giustificare così la repressione.
Le rovine della guerra e del saccheggio spinsero gran parte della popolazione rurale alla lotta armata, e la resistenza di [[Esercito irregolare|irregolari]] meridionali, nata come naturale reazione all’invasione e come risposta all’incapacità delle armate borboniche, ricevette presto rinforzi massici da chiunque patisse la fame, fosse perseguito dall’esercito regolare, o cercasse di sottrarsi al servizio di leva.
Nel 1860-61 i [[Soldato|soldati]] piemontesi presenti nel sud erano 22.000, ma l’inasprirsi della guerra richiese l’invio di [[Rinforzi (guerra)|rinforzi]], e le [[Soldato|truppe]] raggiunsero quota 55.000 a fine 1861, diventarono 105.000 nel 1862, ed arrivarono a 120.000 (circa metà dell’intero esercito) negli anni successi.
 
==Repressione economica==
 
Il nuovo governo eliminò le antiche barriere doganali, cosa che provocò l’immediato [[fallimento]] di ogni industria del sud. La manufattura del nord conquistò automaticamente i mercati meridionali, arrivando in certi casi fino a riuttilizzare i macchinari delle fabbriche dissolte. Il Mezzogiorno si ritrovò a riequilibrare la bilancia commerciale esportando derrate alimentari, a prezzi molto ridotti. L’esportazione di prodotti agricoli indispensabili alla popolazione, vietata sotto i Borboni, portò la fame fra il popolo, e servì solo a finanziare l’acquisto di beni di consumo della borghesia locale. Le terre appartenute alla nobiltà, al clero e allo stato borbone furono espropriate senza indennizzo, messe all’asta, e acquistate da capitali settentrionali. Il denaro liquido (monete d’oro), risultato di [[Secolo|secoli]] di [[Risparmio|risparmio]], fu ritirato dalla circolazione e sostituito da banconote, ma l’inflazione che seguì ne erose gravemente il valore. Contravvenendo alle sue stesse leggi, il governo centrale vietò che fosse la banca che aveva emesso le monete borboniche, il [[Banco delle Due Sicilie]], ad incamerare l’oro ritirato dalla circolazione, equivalente a due miliardi e mezzo di lire di allora, e confiscò direttamente il ricavato. Si stima peraltro che la [[corruzione]] fu responsabile della perdita del 60 % di tale somma, ed il resto venne usato per onorare parte dei crediti che banche e risparmiatori europei reclamavano al governo piemontese. Cavour divise il Banco delle Due Sicilie in Banco di Napoli e Banco di Sicilia, privatizzò i due instituti, e li nazionalizzò senza indennità pochi anni dopo. Le due banche furono in seguito inglobate dalla neonata [[Banca d'Italia]], per svolgere le funzioni della [[Banca Romana]], l’istituto nazionale, [[Scandalo della Banca Romana|fallito per insolvenza]]. Ancora oggi le banche italiane agiscono seguendo lo stesso schema, raccogliendo capitali da piccoli risparmiatori nel meridione per investirli nelle aziende del settentrione.
 
==Motivi della rivolta==
 
La guerra civile assunse proporzioni talmente drammatiche, che da resistenza contro un occupante il conflitto degenerò in una guerra multipolare senza regole né obbiettivi. I ribelli adottarono i metodi dei piemontesi, e ben presto incominciarono a moltiplicarsi le ragioni che li animavano. Accanto ai [[Legittimista|legittimisti]] borboni, o anche in mezzo ad essi, comparvero [[rivoluzionari]], [[anarchici]], [[garibaldini]] delusi, [[repubblicani]], [[Criminale (legge)|criminali comuni]], [[Minoranza etnica|minoranze etniche]], persone che si erano fatte dei nemici, ma soprattutto semplici [[Renitente (guerra)|renitenti alla leva]], o contadini colpiti dalla carestia, senza nessuna ideologia precisa.
Bande di delinquenti assalivano i [[Villaggio|villaggi]] senza nessuno scopo politico ma per pura rapina, reparti dell’esercito regolare entravano in competizione arrivando perfino a farsi guerra l’un l’altro, partigiani monarchici e repubblicani si scontravano o si denunciavano a vicenda. Le comunità rurali subivano attacchi ed estorsioni dalle varie fazioni e a volte si facevano giustizia da sole. Rivalità, vendette private, malintesi e tradimenti si moltiplicarono rapidamente, in breve lo scontro si trasformò in una guerra incerta e confusa, e quando le ultime bande furono eliminate nel 1870 le rivendicazioni borboniche erano state totalmente dimenticate.
 
==Il dopoguerra==
 
Le devastazioni della guerra contro il Brigantaggio furono talmente gravi che ancora oggi sono visibili. In tal senso si potrebbe affermare che il [[dopoguerra]] perdura ancora oggi, a un secolo e mezzo di distanza. Ad ogni modo nei decenni successivi alla repressione sabaudia il meridione si ritrovò in una situazione di [[povertà]] estrema. Le direttive economiche della [[classe dirigente]] peggiorarono, se possibile, la situazione, tanto che a fine secolo i tassi di [[Mortalità infantile|mortalità infantile]] o per certe [[Malattia virale|malattie infettive]] aumentarono sensibilmente, come pure l’analfabetismo. L’emigrazione raggiunse ritmi frenetici, e la regione rimase esclusa da ogni commercio, sviluppo industriale o evento culturale. Per quasi un secolo scoppiarono epidemie e carestie, che regolarmente sfociavano in ribellioni più o meno gravi, sempre soffocate nel sangue. Il sud visse in un permanente stato di fermento ed insicurezza, fino a considerare le continue rivolte e repressioni come fatti ordinari. Al contrario, le regioni padane conobbero un moderato sviluppo industriale, una volta superate le crisi postbelliche ed il crack finanziario che ne seguì. Tale crescita non fece che accrescere il divario economico fra nord e sud. Tutti i provvedimenti che il governo prese fino al novecento favorirono il nord, come la [[Tassa sul macinato|tassa sul macinato]], che gravava sull’unico prodotto meridionale, indispensabile oltretutto alla sopravvivenza della popolazione; come l’innalzamento delle [[Imposte|imposte indirette]], che colpì le fascie più povere della popolazione; o come gli [[Unione doganale|accordi doganali]] con gli altri stati, che favorirono l’[[Esportazione (commercio)|esportazione]] degli articoli manufatturieri del settentrione ma [[Importazione|invasero]] il sud di prodotti stranieri.
 
==Il nuovo ordinamento==
 
In seguito alla pacificazione della regione si sviluppò un dibattito politico in seno alla classe dirigente vincitrice in merito all’ordinamento che il [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno Italiano]] avrebbe dovuto assumere. Si creò una contesa fra [[Federalismo|federalisti]], che volevano concedere una certa autonomia agli [[Ente pubblico#Tipologie|enti locali]], e [[Centralismo|centralisti]], che invece rivendicavano per il parlamento nazionale e la [[Monarchia|corona]] tutto il potere. Alla fine vari fattori giocarono a favore dei centralisti, e lo [[Statuto albertino]], che datava del 1848 ed era stato pensato per il solo Piemonte, divenne la costituzione di tutta l’Italia. I motivi per cui la monarchia e le classi al potere si decisero per la seconda opzione furono molti.
* Un maggiore potere decentrato avrebbe potuto facilitare o addirittura scatenare nuove rivolte.
* Una leva centrale delle imposte avrebbe consentito un più ampio gettito fiscale per il governo, ed avrebbe consentito un maggiore [[Corruzione|dirottamento illicito dei fondi pubblici]].
* Una gestione globale delle risorse avrebbe creato un margine di manovra più grande per dirigere l’economia secondo le linee guida decise dal governo;
* Un potere decentrato in uno stato monarchico avrebbe suggerito la presenza di nobili locali al posto di anonimi funzionari borghesi ai posti di comando nelle diverse regioni, e numerose [[Dinastia|dinastie]], alcune [[Destituzione|spodestate da poco]], erano pronte a reclamare [[Feudo|feudi]] e [[Elenco dei diritti e tributi feudali|diritti]]. La casata di Savoia, preoccupata di legittimare e consolidare il suo potere, fu molto sensibile a quest’argumento, ed il Regno d’Italia si distinse dalle altre monarchie europee durante tutta la sua durata per l’esiguo numero di nobili. La cosa era logica considerando che il solo Piemonte aveva occupato l’intera penisola in pochi anni, ma la consequenza fu un vuoto instituzionale, che la corona cercò di riempire attribuendo titoli dietro pagamento. Tale attitudine, della quale lo stesso Cavour profittò acquistando il titolo di conte, destò scandalo presso le altre corone.
* Soprattutto, la classe dirigente era cosciente delle diversità linguistiche, storiche, sociali ed economiche che dividevano il paese, e sperava che un governo centralizzato avrebbe [[Assimilazione forzata|fuso le diverse identità locali]] in un’unica [[Nazionalismo|coscienza nazionale]]. Concretamente, però, ben poco fu intrapreso in tale direzione.
 
==Tentativo di assimilazione==
 
Le varie leggi che cercarono di istituire una, seppur minima, [[Educazione|istruzione gratuita ed obbligatoria]], vennero semplicemente ignorate, particolarmente al sud, dove solo nel novecento si arrivò ad una sporadica creazione di scuole. Bisognerà aspettare il fascismo per assistere ad un’istruzione base, il secondo dopoguerra per un’istruzione di massa, e la televisione per assistere all’utilizzo dell’italiano in sostituzione dei vari dialetti.
Sul versante storiografico, invece, si cercò sistematicamente di falsificare i fatti: come sempre accade i vincitori furono descritti come eroi, i vinti come criminali. Ma a facilitare il compito contribuì soprattutto l’esilio e la suppressione della già esigua elite del Regno delle Due Sicilie.
Solamente a partire dell’[[Giovanni Giolitti#Biografia|epoca giolittiana]] il governo centrale fece prova di un primo e tentennante interessamento (positivo, è il caso di specificare) verso il meridione. Benchè non abbia ridotto la povertà o l’emigrazione, nei primi anni del novecento si dotò il sud di [[pubblica amministrazione|amministrazioni pubbliche]] analoghe a quelle del nord, cosa che portò all’assunzione di un certo numero di impiegati statali. La cosa si accompagnò alla corruzione e al nepotismo che che ancora oggi contraddistinguono l’Italia, ma si trattò pur sempre di una costante, benchè modesta, somma di denaro che la fiscalità nazionale rimettava in circolo al sud. Fu sempre merito del governo centrale se nel 1911, quando lo stato si prese carico dell’istruzione elementare, fino ad allora prerogativa dei [[Comune|comuni]], il mezzogiorno vide le prime, seppur rare, scuole elementari, e l’analfabetismo incominciò a diminuire anziché aumentare come avvenuto dall’unità fino ad allora.
 
==Genesi della [[mafia]]==
 
Il Bringantaggio, così come espresso durante la guerra civile, fu sconfitto militarmente e dimenticato politicamente in pochi anni. Ma la massa contadina aveva dato vita ad una nuova forma di resistenza al dominio sabaudio, strutturata attorno ad [[Alleanza|alleanze]] di [[Clan (antropologia)|clan]] familiari impegnati alla reciproca assistenza, chiamati collettivamente mafia. Sebbene il termine fosse anteriore all’Unità, e benché già da prima agissero gruppi violenti dediti allo sfruttamento dei coltivatori giornalieri, fu solo durante e dopo il Brigantaggio che la mafia nella sua forma attuale prese vita. I clan mafiosi di oggi sono i diretti discendenti di certe bande di briganti che, con diverse provenienze geografiche e intenti politici, finirono ben presto con integrarsi in organizzazioni ed alleanze più grandi e con abbandonare la resistenza armata in favore di attività più lucrative: il [[Crimine#Reato proprio e reato comune|crimine privato e pubblico]].
Questa specie di standardizzazione delle attività e delle bande portò alla creazione, nella seconda metà dell’ottocento, di federazioni di familie organizzate su base regionale, che sarebbero poi diventate: la [[Cosa Nostra]] in [[Sicilia]], la [['Ndrangheta]] in [[Calabria]], la [[Camorra]] in [[Campania]], e la [[Sacra Corona Unita]] in [[Puglia]], dalla quale nacque, molto più tardi, il gruppo dei [[Basilischi]] in [[Basilicata]]. Furono i clan formati da italiani espatriati negli [[Stati Uniti]], attraverso i film che ispirarono ai produttori di [[Hollywood (California)|Hollywood]], che diffusero nel mondo intero il termine “mafia” come sinonimo di “crimine organizzato”.
Con gli anni, oltre a crearsi un equilibrio sulla competenza territoriale di gruppi e familie, si instaurò anche un [[modus vivendi]], che ricalcava e ricalca il [[despotismo]] [[Feudalesimo#Il potere sugli uomini e sui territori|feudale]]. Il “[[Padrino|guardapiazza]]”, litteralmente “colui che difende il territorio”, cioè il [[Patriarcato (antropologia)|capo patriarcale]] di un clan, impone con le armi il suo dominio su di un gruppo, ed il dominio di tale gruppo su una zona, e poi fornisce agli [[Popolazione|abitanti]] del [[territorio]], in cambio di fedeltà e sottomissione, protezione da altri gruppi rivali. All’interno del suo feudo amministra [[giustizia]], riscuote [[Tributo (diritto)|tributi]], elimina ogni minaccia interna o esterna, assicura per lui e il suo cerchio di fedeli le migliori risorse.
In quanto centro di potere, un clan mafioso entra automaticamente in conflitto e competizione con qualunque [[stato]] che lo ospiti, sfidando apertamente il [[Stato#Definizioni|monopolio statale dell’uso legittimo della forza]].
I diversi gruppi mafiosi rinunciarono ad attaccare le truppe regolari, e questo consentì la loro sopravvivenza nei primi decenni dopo la conquista del sud. Poi continuò ad impiantarsi profondamente nel tessuto sociale, profittando dell’assoluta latitanza dello [[Governo|stato civile]], che lasciò la zona priva d’[[istruzione]], [[Infrastrutture|collegamenti]] e di [[Carestia#Cause della carestia|cibo]]. Poi, dal novecento in avanti, incominciarono ad arrivare crescenti flussi di capitali che, attraverso la spesa pubblica, si riversarono nel meridione, e le organizzazioni criminali ne approfittarono prendendo il controllo di tali risorse. Le attività mafiose rendevano impraticabili la strade, pericolosi gli scambi ed inoperanti i meccanismi di domanda - offerta, sabotando ogni possibile [[investimento]] commerciale.
 
==La [[Prima Guerra Mondiale]]==
 
La Prima Guerra Mondiale vide l’Italia combattere contro l’[[Impero Austro-Ungarico|Austria-Ungheria]]. Sebbene il conflitto prosciugò le risorse di tutto il paese, il meridione, come al solito, ne risentì maggiormente il peso. Il relativo sviluppo del nord, fondato sull’industria, venne favorito dalle commesse belliche, mentre al sud, ad esclusiva vocazione agricola, il richiamo alle armi dei giovani lasciò nell’incuria i campi, privando le loro familie di ogni sostentamento. A guerra finita, poi, fu la borghesia imprenditoriale a profittare dell’allargamento dei mercati e delle riparazioni di guerra, ma tale classe era presente solo al nord.
 
==Il [[fascismo]]==
 
Il fascismo ebbe un ruolo molto importante nelle vicende del Mezzogiorno. Nonostante il sui forti legami con la borghesia, lo stato fascista, ansioso di allargare il proprio consenso e interessato ad una crescita economica che sostenesse la sua politica espansionista, prese seriamente in carico il problema dello sviluppo del meridione.
Attraverso vari organismi quali l’[[IRI|I.R.I.]] (Istituto per la Ricostruzione Industriale) e l’[[IMI|I.M.I.]] (Istituto Mobiliare Italiano), il governo promosse numerose [[opere pubbliche]] che dotarono di infrastrutture le aree più depresse del paese, diedero lavoro a numerose persone, e favorirono commerci ed investimenti. Vennero migliorati i [[Porto (struttura)|porti]] (come a [[Napoli]] e [[Taranto]]), costruite [[Strada|strade]] e [[Ferrovia|ferrovie]] (tra cui il tratto marittimo adriatico, iniziato sotto i Borboni ed abbandonato per quasi un secolo), furono [[bonifica idraulica|bonificate]] [[Palude|paludi]] e [[Acquitrino|acquitrini]] (prime fra tutte le [[Bonifica delle Paludi Pontine|Paludi Pontine]], dove fu fondata [[Littoria]] poi ribattezzata [[Latina]]), creati [[Canale artificiale|canali]] e [[Acquedotto|acquedotti]] (come quello del [[Tavoliere delle Puglie|Tavoliere Pugliese]]), razionalizzate e meccanizzate certe colture (come quelle dell’[[Viticoltura|uva]] e delle [[Olivicoltura|olive]] in [[Sicilia]]). Vennero presi anche diversi provvedimenti per migliorare le condizioni di vita della popolazione attraverso la creazione di un embrione di uno [[stato sociale]]: venne data un’istruzione elementare ai bambini, nacquero le prime [[Pensione|pensioni]] di anzianità, vennero favorite, anche se non ancora finanziate direttamente, le [[Assicurazione#Assicurazioni obbligatorie|assicurazioni mediche]], venne tutelata e incentivata la [[maternità]]. Dopo la [[crisi di Wall Strett]], quando tutti gli [[Occidente (civiltà)|stati occidentali]] incominciarono ad intervenire pesantemente sull’economia di mercato, il fascismo aumentò ulteriormente il suo impegno economico nel meridione: venne finanziata la creazione di industrie, lo stesso stato ne fondò diverse (soprattutto belliche), vennero acquistati macchinari agricoli per [[Agricoltura meccanizzata|meccanizzare l’agricoltura]], l’[[Funzione pubblica (diritto)|impiego pubblico]] raddoppiò i propri salariati.
La politica bellica e coloniale ai danni di [[Seconda guerra Italo-Abissina|Africa]], [[Albania#Storia|Albania]] e [[Storia dell’Italia fascista#La guerra fratricida in Spagna|Spagna]] portarono alla conquista di nuovi mercati ma soprattutto di nuove terre, cosa che permise di indirizzare verso rotte migratorie utili alle finanze del regno l’enorme massa di emigranti che ogni anno lasciava l’Italia, la crescita dell’esercito fornì un’occupazione a molti giovani, e le loro [[rimesse]] diedero un mezzo di sussistenza alle rispettive familie.
Nel 1938 il governo sottoscrisse il “[[Leggi razziali fasciste|Manifesto della razza]]”, una presa di posizione accompagnata da leggi e [[Razzismo|provvedimenti razzisti]] visanti le [[Ebrei|persone di religione o discendenza ebraica]] o di [[Semiti|origine semitica]]. Assimilando i popoli mediterranei d’Italia alla [[razza]] [[Razza ariana|ariana]], i meridionali si videro ufficialmente riconoscere lo statuto di [[etnia]] non inferiore, visione condivisa anche negli Stati Uniti, che nel 1940 concessero lo statuto di bianchi (whites) agli immigranti provenienti dall’Italia del sud, fino ad allora considerati non bianchi (non-whites).
Il fascismo fu anche l’unico governo italiano che cercò seriamente di sradicare la mafia. [[Benito Mussolini]] mal tollerava altri centri di potere all’infuori della propria persona, e così diede guerra senza quartiere alla malavita organizzata, spesso guidando personalmente le operazioni. Per farlo si servì di metodi già noti: tortura, esecuzioni di massa, leggi speciali. Tuttavia la mafia non fu sradicata, e questo conflitto la portò ad allearsi agli anglo - americani durante la Seconda Guerra Mondiale.
 
==La [[Seconda Guerra Mondiale]]==
 
La Seconda Guerra Mondiale, esattamente come la Prima, sfavorì più il sud che il nord. Ma questa volta le disparità che ne risultarono, più ancora che economiche, furono di carattere politico.
Nel 1943 gli [[Alleati#Principali alleati 2|alleati]] stavano preparando lo [[Operazione Husky|sbarco in Sicilia]] per invadere l’Italia, e, tramite i clan operanti negli Stati Uniti, trovarono un’alleata nella mafia, che si offrì di fornire informazioni strategiche e legittimazione morale agli invasori in cambio del controllo civile del sud Italia. Il comando alleato accettò, e così le zone via via conquistate da questi passarono sotto il controllo dei vari clan mafiosi, che approfittarono della fase per consolidare, anche militarmente, il loro potere. Quando poi, a guerra finita, i Savoia cercarono di riprendere il controllo del paese, il sud si ribellò nuovamente, e le montagne tornarono a riempirsi di bande di partigiani che combattevano il potere centrale. La resistenza si dimostrò particolarmente dura in Sicilia, dove i ribelli chiedevano l’[[Indipendenza|indipendenza]] dell’isola o l’[[Annessione (guerra)|annessione]] come 49° [[Stato federale|stato]] agli Stati Uniti.
Questa volta, però, l’approccio dello stato fu radicalmente diverso, e non si ripeterono le stragi precedenti. Il [[Governo provvisorio (1946-1948)|governo provvisorio]] decise di non reprimere il movimento, che peraltro non aveva contenuti o rivendicazioni sociali, ma di corromperlo. Grosse quote del [[piano Marshall]] furono dirottate verso le zone in fermento, e la protesta venne privata dell’interessamento attivo della popolazione. I capi banda vennero pagati per deporre le armi, e, attraverso manovre politiche complesse, si convinsero alcune delle bande rimaste, pagandole, a compiere attentati contro la popolazione civile, che finì per isolare i gruppi armati. Parallelamente si scatenò una campagna stampa denigratoria nei confronti degli insorti. Per finire la nuova [[Costituzione della Repubblica Italiana|costituzione repubblicana]] concesse, almeno in teoria, una certa [[Regione autonoma a statuto speciale|autonomia alla Sicilia]], cosa che privò gli ultimi ribelli di ogni legittimazione politica. Le poche bande rimaste vennero individuate ed eliminate nell’indifferenza della popolazione. Come ottant’anni prima, però, la mafia aveva già preso le distanze dai gruppi armati, ritornando in clandestinità e confondendosi fra la popolazione. Parte integrante di questa strategia è la collaborazione della gente ordinaria, particolarmente attraverso l’[[omertà]], ovvero il fatto di ostacolare la forza pubblica nascondendo o tacendo informazioni sensibili.
 
==La [[Prima Repubblica]]==
 
Dopo la guerra la mafia acquistò un enorme potere nel sud Italia, particolarmente in Sicilia. Fondamentale nella sua strategia era l’alleanza conclusa con le forze cattoliche, monarchiche e borghesi, in vista di vincere le elezioni nazionali del 1948. Con l’approbazione degli americani, questo coordinazione di forze anticomuniste vinse lo scrutino, inaugurato mezzo secolo di governo [[Democrazia cristiana|democristiano]]. Il [[partito politico]] della [[Democrazia Cristiana]], al quale si aggiunse negli anni settanta il [[Partito Socialista Italiano]] ed altri partiti minori, aveva il compito di fornire protezione giudiziaria, leggi su misura ed appalti pubblici, la mafia apportava la massa di voti elettorali che controllava, finanziamenti per le campagne elettorali, ed eseguiva i lavori sporchi, la [[Chiesa Cattolica]] provvedeva alla legittimazione morale e all’inquadramento della popolazione. Questo sistema era estremamente efficace e finì per istituzionalizzarsi e negli anni estese il suo campo d’azione anche al nord Italia. Col tempo il controllo dei [[Mediaset|mass media]] si inserì naturalmente nella logica, e relazioni ambigue vennero stabilite con altri centri di potere come settori della [[Massoneria]].
A varie riprese il governo destinò fondi allo sviluppo del meridione, creò pure un istituto finanziario chiamato [[Cassa del Mezzogiorno]] per gestirne i movimenti, e la mafia investì i propri proventi in attività legali, ma tali movimenti non erano destinati a finanziare imprese produttive, bensì, rispettivamente, a dirottare denaro pubblico ed a [[Riciclaggio di denaro|reciclare]] i proventi di crimini.
Queste [[Corporativismo|pratiche corporative]] ebbero come consequenza la profonda alterazione delle [[leggi di mercato]] e l’aborto di ogni possibile sviluppo economico delle aree depresse del paese. I capitali privati, italiani come stranieri, evitavano di impiantarsi nel Mezzogiorno, considerando che ogni investimento effettuato in chiave produttiva era destinato a fallire, dato che le [[Leggi di mercato|regole capitaliste]] erano sovvertite da sistemi [[Clientelismo|clientelisti]] e [[Nepotismo|nepotisti]]. Benchè oggigiorno la situazione sia sensibilmente diversa, questo atteggiamento perdura ancora.
Quando il governo si ritrovò a prendere [[Legge ordinaria|provvedimenti legislativi]] o a negoziare [[Trattato (accordo)|accordi internazionli]] in ambito economico, l’attenzione si diresse, ancora, alle industrie del nord. Per esempio, quando negli anni 1940 et 1950 emigranti italiani, soprattutto meridionali, incominciarono a raggiungere massivamente le [[Miniera|miniere]] del [[Belgio]], il governo italiano chiese e ottenne da quello fiammingo una [[tonnellata]] di [[carbone]] all’anno per ogni [[lavoratore]] italiano, ma questo approvvigionamente non beneficiò ai minatori o alle loro regioni d’origine, fu destinato alle fabbriche settentrionali. L’antenato dell’[[Unione Europea]], la [[Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio]], era un accordo finallizzato sempre ad incentivare la [[manufattura]].
Negli anni 1960 et 1970 il nord visse un altro periodo di sviluppo economico, incentrato sull’esportazione di prodotti finiti, inappropriatamente chiamato [[Miracolo italiano (storia)|miracolo “italiano”]]. Il fenomeno attirò manodopera dal Mezzogiorno, ed il confronto diretto dei differenti livelli di vita diventò evidente e largamente discusso. Gli emigranti inviarono rimesse alle loro familie rimaste nel sud, e lo stato dedicò importanti risorse allo sviluppo dei servizi essenziali, ma queste risorse non erano di natura ad essere reinvestite in circoli produttivi, e rinforzarono al contrario i meccanismi di quello che diventerà noto col termine dispregiativo di [[Assistenzialismo|assistenzialismo]]: un innalzamento limitato delle condizioni di vita attraverso [[Sussidio|sussidi]] esterni, di natura ad aumenta le attese della popolazione e che necessita di continui finanziamenti per restare in funzione.
 
==[[Tangentopoli]]==
 
Negli anni settanta in Italia operarono numerosi [[Lista delle principali organizzazioni armate di sinistra|gruppi terroristici di estrema sinistra]], e lo stato multiplicò i mezzi umani e finanziari della magistratura per combatterli. Uscito di scena il terrorismo, l’[[Magistratura (diritto)|organo giudiziario]] cercò un altro compito, e si focalizzò sulla criminalità organizzata. Evoluzioni sociali come l’[[individualismo]] e l’avvento di una [[Berlusconi#Campagna elettorale ed elezioni del 1994|spettacolarizzazione della vita pubblica]] contribuirono a creare le condizioni dove il sistema di potere utilizzato dalla classe dirigente incominciò rivelare delle faglie. Due leggi, una confermando la separazione del potere giudiziario da quello esecutivo, e l’altra autorizzando sconti di pena e altri avvantaggi agli accusati che collaborano con le indagini in corso, rinforzarono la lotta contro la corruzione e la criminalità. Negli anni ottanta vennero fatti [[Cosa nostra#La stagione dei maxiprocessi|i primi progressi nella lotta antimafia]], vennero a galla [[Strategia della tensione|alcuni dei legami]] fra i [[Informazione militare|servizi segreti]] [[SISDE|italiani]] e [[Lista delle principali organizzazioni armate di destra in Italia|gruppi terroristici di estrema destra]], e portato alla luce un processo sovversivo messo in piazza dalla [[P2|Loggia Massonica Propaganda Due]]. Questi fatti furono all’origine di tensioni fra i differenti detentori del potere in Italia, e contribuirono al radicale cambiamento del panorama politico del paese nel 1991 - 1994. Personalità di primo piano della [[Salvatore Riina|mafia]], della [[Caf#Storia|classe politica]], e della [[Michele Giordano|Chiesa]] furono perseguiti in giustizia e in qualche caso anche condannati. I [[Mani pulite|partiti di governo si sciolsero]], [[P2#L’Italia dopo la P2|la Massoneria a perso molta della sua influenza]] sulle vicende del paese, e [[Cosa nostra#Situazione odierna|il crimine organizzato ne uscì ridimensionato]], al punto da reagire con [[Uffizi#Ottocento e Novecento|attentati alla bomba contro il patrimonio storico]] nel 1993.
 
==La [[Seconda Repubblica]]==
 
L’equilibrio che emerse da questi cambiamenti venne chiamato Seconda Repubblica, un periodo caratterizzato dall’instabilità politica e da cambiamenti instituzionali. In questo periodo venne intrapreso un parziale risanamento del debito pubblico accumulato dalle amministrazioni precedenti, impresa che si accompagnò da riduzioni e razionalizzazioni della spesa pubblica. La fine di sovvenzioni pubbliche significò la chiusura di molte imprese nel sud Italia, ma anche la timida emergenza di una mentalità imprenditoriale inedita.
L’Unione Europea prese parzialmente la releva finanziando progetti imprenditoriali a carattere [[Sociologia|sociale]], [[Ecologia|ecologico]] o [[Cultura|culturale]], ma queste iniziative non erano di natura tale da creare meccanismi di auto - finanziamento, ed il loro montante è molto ridotto.
I crescienti problemi giudiziari della mafia e le crescenti difficoltà elettorali dei loro nuovi alleati politici, il club [[Forza Italia]] ed il partito di [[Alleanza Nazionale]], crearono nuove tensioni, che sfociarono in [[Proteste dei mafiosi nel 2002|vivaci proteste nel 2002]] da parte dei detenuti mafiosi sottoposti a [[Articolo 41 bis|carcere duro]], accompagnate da sostanziali richieste politiche e giudiziarie. Le forze politiche di destra presero le loro distanze, ed in risposta la criminalità organizzata le privò del suo appoggio elettorale nelle elezioni locali del 2003 nel sud. Oggigiorno, comunque, la massa elettorale che la mafia riesce a manipolare rappresenta circa un terzo dell’elettorato della Sicilia, molto meno nelle altre regioni meridionali, e percentuali negligiabili al nord, tutte cifre drasticamente ridimensionata rispetto a quelle della Prima Repubblica.
 
=ANALISI=
 
==Situazione attuale ==
 
In termini assoluti la situazione economica del meridione è indubbiamente migliorata negli ultimi sessant’anni; in termini relativi, però, il divario con il nord è drasticamente aumentato. Anche inglobato nell’Unione Europea, difficilmente il Mezzogiorno potrà conoscere uno sviluppo economico in tempi brevi. Non già per la mole di lavoro che ciò comporterebbe, quanto perché mancano le premesse e la volontà.
Ancora oggi vari problemi strutturali ipotecano le sue possibilità di progresso economico: il basso livello d’istruzione, la mancanza d’infrastrutture, la scarsità di risorse naturali, la mediocre fertilità delle terre. Ma a bloccare l’idea stessa di sviluppo capitalistico sono soprattutto meccanismi sociali: l’influenza della criminalità organizzata, il peso della religione, la mancanza di uno spirito imprenditoriale, la negazione di un’identità culturale incarnata da una borghesia locale.
Di sicuro la questione meridionale sarà un tema di attualità per [[Decennio|decenni]] e decenni a venire.
 
==Studi==
 
Vari studiosi hanno affrontato la questione meridionale cercando le cause dell’arretratezza del sud. Fra di loro i principali furono:
 
[[Giuseppe Massari]] (1821 - 1884) et [[Stefano Castagnola]] (1825 - 1891) furono due deputati italiani che diressero una [[commissione parlamentare]] d’inchiesta sul Brigantaggio fra il 1862 ed il 1863. Sebbene imparziale e puramente descrittivo, il loro lavoro espose bene come la miseria e l’invasione sabauda avessero un ruolo capitale nella nascita della rivolta.
 
[[Pasquale Villari]] (1827 - 1917) passò tutta la vita a studiare il fenomeno. Ne concluse che il Mezzogiorno era affetto da una serie di handicap: non aveva terre pianeggianti, scarseggiava d’acqua, i collegamenti erano difficili, era più affetto da malattie e il sole toglieva ogni energia ai suoi abitanti. Prese seriamente in conto il carattere caotico dell’evoluzione della sua economia, e sottolineò forse più di ogni altro intellettuale il peso che la criminalità organnizzata costituiva per lo sviluppo della regione.
 
[[Stefano Jacini]] (1827 - 1891), a lungo ministro dei lavori pubblici, si interessò alla necessità di costruire infrastrutture e creare una classe di piccoli proprietari terrieri.
 
[[Stefano Jacini]] (1886 - 1952), suo nipote, constatò che la situazione era la stessa che due generazioni prima, e riprese le stesse posizioni.
 
[[Leopoldo Franchetti]] (1847 - 1917), [[Sidney Sonnino|Giorgio Sidney Sonnino]] (1847 - 1922) ed [[Enea Cavalieri]] (1848 - 1929) realizzarono nel 1876 una celebre e documentata inchiesta sulla Questione Meridionale, nella quale mettevano in luce i nessi fra l’analfabetismo, il latifondo, la mancanza di una borghesia nazionale, la corruzione e la mafia, sottolineando la necessità di una riforma agraria.
 
[[Giustino Fortunato]] (1848 - 1932), uomo politico conservatore, effettuò vari studi in materia, fra cui il più conosciuto, pubblicato nel 1879, esponeva gli svantaggi fisici e geografici del sud, i problemi legati alla proprietà della terra, e il ruolo della conquista nella nascita del Brigantaggio. Era decisamente ostile ad ogni tipo di federalismo, e sebbene difendesse la necessità di ridistribuire la terra e di finanziare servizi indispensabili come [[Scuola|scuole]] e [[Ospedale|ospedali]], era molto pessimista quanto all’utilità di ogni misura.
 
[[Benedetto Croce]] (1866 - 1952) [[filosofo]] idealista, rivide in chiave [[Storiografia|storiografica]] le vicende del Mezzogiorno dell’Unità fino al [[XX secolo|novecento]], mettendo l’accento sull’imparzialità delle fonti, e sulla distruzione di ogni riferimento culturale e di ogni borghesia locale in seguito alla conquista.
 
[[Gaetano Salvemini]] (1873 - 1957), uomo politico [[Socialismo|socialista]], perse la sua famiglia durante il [[Terremoto del 1908|terremoto di Messina del 1908]]. Concentrò le sue analisi sugli svantaggi che il sud aveva ereditato dalla storia, criticò aspramente la gestione centralizzata del paese, e predicò l’alleanza degli operai del nord coi contadini del sud.
 
[[Francesco Saverio Nitti]] (1868 - 1953), più volte ministro, si dedicò molto allo studio dell’economia meridionale. Ne analizzò il timido sviluppo industriale, l’emigrazione, e spronò alla creazione di un primo stato sociale. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, propose anche un vasto programma di lavori pubblici, di [[irrigazione]] e di [[rimboschimento]], ed affermo come altri prima di lui l’urgenza di una riforma agraria.
 
[[Antonio Gramsci]] (1891 - 1937), noto [[Intellettuale|pensatore]] [[Marxismo|marxista]], lesse il ritardo del sud attraverso il prisma della [[lotta di classe]]. Studiò i meccanismi in corso dalle rivolte contadine della fine dell’ottocento fino agli anni venti, spiegò come la classe operaia era stata divisa dai braccianti agricoli attraverso misure protezionistiche che indirettamente li favorivano, e come lo stato aveva artificialmente inventato una [[classe media]] nel sud attraverso l’impiego pubblico. Auspicava la maturazione politica dei contadini attraverso l’abbandono della rivolta fine a sé stessa per assumere una posizione rivendicativa e propositiva, e sperava in una svolta più [[Radicalismo|radicale]] da parte dei proletari [[Urbanistica|urbani]] che dovevano considerare e includere le [[Campagna (ambiente)|campagne]] nelle loro lotte.
 
[[Guido Dorso]] (1892 - 1947) fu un intellettuale che rivendicò la dignità della cultura meridionale, denunciando i torti commessi dal nord ed in particolare dai partiti politici. Effettuò esaurienti studi sull’evoluzione dell’economia del Mezzogiorno dall’Unità fino agli anni trenta e difese la necessità dell’emergenza di una classe dirigente locale.
 
[[Rosario Romeo]] (1924 - 1987), [[Storiografia|storico]] di [[formazione]] [[Benedetto Croce |crociana]], si oppose alle tesi [[Rivoluzione|rivoluzionarie]] ed evidenziò le differenze esistenti, prima e dopo il Risorgimento, fra la Sicilia e la parte meridionale del continente.
 
[[Paolo Sylos Labini]] (1920 - 2005) [[professore]] ed [[economista]], riprese tesi che vedevano nell’assenza di sviluppo civile e culturale le origini del divario economico. Considerò la corruzione e la criminalità come endemiche della società meridionale, e vide l’assistenzialismo come principale ostacolo allo sviluppo.
 
==Storiografia del problema==
 
L’interpretazione della questione meridionale ha vissuto profonde evoluzioni nel tempo. Originalmente il dibattito era fortemente influenzato dalla [[censura]] e [[propaganda]] della corona sabaudia, preoccupata di legittimare la conquista, l’annessione e lo sfruttamento del sud. Tale censura ha impedito che ci parvengano fino ad oggi documenti attendibili su molti aspetti, come il numero di vittime della repressione. Anche dopo la fine del regno i dati storiografici disponibili impedirono una corretta lettura degli eventi. È solo recentemente che nuovi studi hanno messo in causa la visione classica della vicenda, e certi fatti, come lo stato economico del Regno delle Due Sicilie o il Brigantaggio hanno preso un’altra dimensione. Oggiogiorno tesi come l’inferiorità genetica delle popolazioni del sud Italia, una volta abbastanza consensuali, non sono più accettate accademicamente.
Si possono comunque distinguere due approcci principali, che ricalcano in grosse linee dibattiti ideologici e politici più ampi.
* La storiografia classica, così chiamata perché nata prima, tende a vedere l’arretratezza del Mezzogiorno come segno di un’evoluzione atipica o ritardata, dove altre condizioni avrebbero permesso alla regione di inserirsi con successo in una dinamica di crescita e di integrazione.
* La storiografia moderna, così chiamata perché proposta a partire da Gramsci e Salvemi, vede il persistere della miseria come una componente essenziale del [[Capitalismo|capitalismo]], che è basato sulle dualità sfruttatore/sfruttato, sviluppo/sottosviluppo, anche su base geografica.
 
==[[ Razzismo#In Italia|Razzismo]]==
 
Prima ancora dell’unità le [[Elitismo|élite]] del nord Italia guardavano con superiorità e a volte disprezzo il sud e i suoi abitanti. I diversi stati settentrionali godevano di allianze più strette con le potenze dell’Europa occidentale, sperimentavano un certo sviluppo industriale ed rivendicavano una posizione più indipendente rispetto alla [[religione]] ed al [[clero]], e questi fattori li spingevano a considerarsi più simili fra di loro di quanto non lo fossero con il Regno delle Due Sicilie o lo [[Stato Pontificio|Stato della Chiesa]]. Soprattutto, questa polarità veniva interpretata come segno dell’inferiorità del sud rispetto al nord.
Durante eventi che misero affianco gente proveniente da tutto il paese, come le due guerre mondiali, le differenze di [[Mentalità|mentalità]], [[Tasso di scolarità|livello di istruzione]] e [[Status sociale|posizione sociale]] sottolinearono la polarità economica nord/sud, ma fu negli anni 1960 e 1970 che la tensione raggiunse il suo apice. L’[[emigrazione]] massiccia di contadini o sottoproletari dal sud al nord si accompagnò di difficoltà materiali estreme per i nuovi arrivati e mise in luce comportamenti di manifesta [[Discriminazione|discriminazione]] e [[xenofobia]] nei loro confronti. Si diffuse il termine dispregiativo “[[Terrone|terroni]]”, usato per designarli, e fu creato il partito politico [[Lega Nord#Accuse di razzismo e xenofobia|Lega Nord - Lega Lobarda]] allo scopo di combatterli ed espellerli.
Negli anni 1990 e 2000 questa attitudine su attenuò lievemente a causa dell’afflusso in Italia d’[[Immigrazione|immigranti]] provenienti dal [[Terzo Mondo]], che occuparono gli ultimi scalini della società e diventarono il bersaglio principale degli attacchi razzisti. Tuttavia, sebbene questa idea di superiorità del nord sul sud abbia subìto costanti evoluzioni nel tempo, ed abbia fatto appello successivamente a spiegazioni [[Eugenetica|genetiche]], poi [[Etnocentrismo|culturali]], poi [[Questione meridionale#Le origini del ritardo|storiche ed economiche]], ancora oggi perdura.
 
=VOCI CORRELATE=
 
*'''[[Risorgimento]]''';
*'''[[Spedizione dei Mille]]''';
*'''[[Unità d'Italia]]''';
*'''[[Brigantaggio]]''';
*'''[[Guerra civile]]''';
*'''[[Riforma agraria]]''';
*'''[[Latifondo]]''';
*'''[[Fascismo]]''';
*'''[[Cassa del Mezzogiorno]]''';
*'''[[Miracolo italiano]]''';
*'''[[Tangentopoli]]''';
*'''[[Razzismo]]''';
*'''[[Terrone]]''';
*'''[[Lega Nord]]''';
 
 
*'''[[Casa Savoia]]''';
*'''[[Borbone di Napoli]]''';
*'''[[Camillo Cavour]]''';
*'''[[Giuseppe Garibaldi]]''';
*'''[[Nino Bixio]]''';
*'''[[Giovanni Giolitti]]''';
*'''[[Benito Mussolini]]''';
 
 
*'''[[Antichi Stati italiani]]''';
*'''[[Regno di Sardegna]]''';
*'''[[Regno di Napoli]]''';
*'''[[Regno delle Due Sicilie]]''';
*'''[[Regno d’Italia]]''';
*'''[[Repubblica italiana]]''';
*'''[[Prima Repubblica]]''';
*'''[[Seconda Repubblica]]''';
*'''[[Regioni italiane]]''';
*'''[[Regione autonoma a statuto speciale]]''';
*'''[[Statuto Albertino]]''';
*'''[[Costituzione della Repubblica Italiana]]''';
 
 
*'''[[Mafia]]''';
*'''[[Cosa Nostra]]''';
*'''[['Ndrangheta]]''';
*'''[[Camorra]]''';
*'''[[Basilischi]]''';
*'''[[Corporativismo]]''';
*'''[[Nepotismo]]''';
*'''[[Clientelismo]]''';
*'''[[Economia di mercato]]'''.