La '''saltarella''' è un ballo tradizionale di area [[Abruzzo|abruzzese]] (e in parte anche nel [[Molise]]), ancora molto in uso fino alla seconda metà degli anni '60 ed in occasione di feste e rituali popolari (matrimoni, fidanzamenti, comunioni, uccisione del maiale, carnevale, feste religiose, serenate). La forma più diffusa è la saltarella in coppia (non necessariamente eterosessuale), ma si conservano anche esempi di saltarella a quattro persone o in cerchio. Sono stati individuate delle sottotipologie coreutiche che si esprimono con varianti ritmico-melodiche e coreutiche ben evidenti. La ricerca etnocoreologica sulla saltarella è tuttora in corso.
{{Buddhismo dei Nikaya}}
Il termine [[sanscrito]] e [[pāli]] '''nikāya''' significa “raggruppamento” e viene in questo caso tradotto come “scuola”, non va confuso con lo stesso termine utilizzato nel ''[[Sutta Piṭaka]]'' del [[Canone pāli]] per dividere i suoi cinque raggruppamenti testuali.
==Voci correlate==
== Origini della definizione e sue problematiche ==
*[[Saltarello]]
Per '''Buddhismo dei Nikāya''' la storiografia contemporanea<ref>Il termine fu coniato, negli anni '80, dal professor Masatoshi Nagatomi, studioso del Buddhismo Mahāyāna della Harvard University, per indicare le scuole pre-Mahāyāna del Buddhismo indiano, evitando l'utilizzo del termine ''Hīnayāna'' che poteva risultare offensivo per i buddhisti [[Theravāda]].</ref> intende quindi un insieme di scuole buddhiste sorte nei primi secoli dopo la morte del [[Gautama Buddha|Buddha Śakyamuni]] (vedi anche [[Concili buddhisti]]) che non riconoscevano la canonicità degli insegnamenti riportati nei ''[[Prajñāpāramitā Sūtra]]'' e nel ''[[Sutra del Loto]]'', scritture successivamente denominate come ''[[sutra]]'' [[Mahāyāna]] e che oggi compaiono nel [[Canone cinese]] e nel [[Canone tibetano]]. Un termine sinonimo, più spesso usato nella manualistica italiana e non solo, è quello di ''Buddhismo Hīnayāna''. Va tenuto presente che quest'ultimo termine, ''[[Hīnayāna]]'' (Veicolo inferiore), è invalso nel suo utilizzo storiografico perdendo i contenuti dispregiativi con cui era stato utilizzato dai seguaci del [[Buddhismo Mahāyāna]] per indicare i seguaci di quegli insegnamenti buddhisti che non riconoscevano la canonicità degli insegnamenti riportati nei ''[[Prajñāpāramitā Sūtra]]'' e nel ''[[Sutra del Loto]]'', in particolar modo riferito ai seguaci della scuola [[Sarvāstivāda]]. Come altri termini sorti con significato dispregiativo oggi ha perso quel significato nell'uso comune, basti pensare ai nomi di: ''cristiano'', ''quacchero'' o ''mormone''<ref>Cfr. Richard H. Robinson e Williard L. Johnson ''op.cit.'' pag.108</ref>, pur non avendo questi termini il significato etimologico di "inferiore" o analogo<ref>Di questi termini è offerta l'etimologia seguente:
* ''cristiano'', dal lat. tardo ''Christiānus'', che è dal gr. ''Christianòs'';
* ''quàcchero'', ingl. ''quaker'' «tremante»; propr. «che trema di fronte alla volontà di Dio»;
* ''mormone'', dal nome di ''Mormone'', cristiano del IV secolo, a cui vennero attribuite le lastre d'oro contenenti il testo di questa religione, che Joseph Smith (1805-1844) pretese di aver trovato
Da: {{cita libro
| titolo= Il Dizionario della lingua italiana
| editore= DeAgostini
| anno=
| id= ISBN 88-415-1990-8
| pagine= 2294}}</ref>.
D'altronde, utilizzare per queste scuole la definizione di 'Primo Buddhismo' non rende ragione della nascita al loro interno delle correnti che poi si denomineranno [[Mahāyāna]]. L'utilizzo del termine ''Mahāyāna'' si è diffuso a partire dal II sec. d.C. circa e si ritiene che la prima letteratura di riferimento possa forse avere avuto origine nel I sec. a.C., ma non si sa quando si siano formati i primi gruppi di monaci che sottolineavano l'importanza e l'urgenza dell'insegnamento dello ''[[śunyātā]]'' e della ''[[prajñā]]'', tratti caratteristici della dottrina mahāyāna. Di certo vi è stato fin dai primi concili ampia discordia su quali fossero gli effettivi insegnamenti del Buddha Śakyamuni<ref>
{{citazione|Perfino tradizioni che ritengono che il canone fu redatto e chiuso durante il primo concilio di Rajaghra, poco dopo la morte del Buddha, ammettono che non tutti gli anziani buddhisti furono presenti a quella assemblea e che almeno un gruppo di "cinquecento monaci" insistette nel mantenere la propria versione degli insegnamenti come essi se la ricordavano. Tutta la documentazione disponibile indica che la maggior parte dei canoni non fu mai chiusa. La scuola Theravāda orgogliosa del suo conservatorismo in questioni scritturali ancora nel V secolo d.C. dibatteva sul contenuto del proprio canone. Perfino oggi non vi è concordia completa tra i theravādin riguardo alla sezione del ''Khuddaka Nikāya'' del proprio canone. Pertanto non è sempre possibile distinguere chiaramente fra letteratura buddhista canonica, postcanonica e paracanonica. Tutte le scuole ritengono che almeno alcuni testi siano stati perduti, troncati od alterati, e che un certo numero di testi posteriori o falsi siano stati incorporati nei canoni di varie scuole. Sebbene occasionalmente queste affermazioni siano state utilizzate per sostenere le posizioni di una scuola contro quella dell'altra, probabilmente esse rappresentano una accurata descrizione dello stato generale delle cose nel tempo in cui furono costituite formalmente le prime raccolte scritturistiche. ... I canoni buddhisti furono il risultato di un lungo processo di redazione e compilazione che non siamo più in grado di ricostruire.|Luis O. Gómez, op. cit. 2006 pag.357}}E anche: {{citazione|Sin dalle prime comunità di monaci itineranti c'è stato un ampio ambito di discordia e di dissenso. Ma alcune forze hanno contribuito al mantenimento dell'unità: il potere secolare, ad esempio, aveva una forte posta in gioco nel preservare l'armonia nel sangha, specialmente se poteva esercitarvi una qualche forma di controllo.|Luis O. Gómez, op. cit. 2005 pag. 1108}}</ref>, ma nei testi buddhisti più antici pervenuti non c'è traccia di alcuna dottrina riconducibile a quelle mahāyāna<ref>{{citazione|Cospicuamente assente nel nuovo materiale è un qualsiasi riferimento significativo a, oppure indizi di, concetti e ideali Mahāyāna. Le origini – storiche, geografiche e dottrinali - del Mahāyāna sono state per lungo tempo oggetto di un'attenzione intensa e di un'accesa controversia negli studi buddhisti, ed è ritenuto da molti che la regione del Gandhāra abbia ricoperto un ruolo cruciale nel suo sviluppo. Ma si direbbe che se questi documenti debbano contribuire un qualsiasi apporto a riguardo, questo debba essere negativo o al più indiretto.|R. Salomon, op. cit., pag. 13}}</ref>.
{{portale|Danza|Abruzzo}}
Philippe Cornu azzarda una soluzione interpretativa della nascita del Buddhismo Mahāyāna considerando come possibile che il Buddha Śakyamuni:
{{citazione|insegnò la ''Prajnaparamita'' e altri argomenti del grande veicolo a un gruppo ristretto e particolarmente maturo, i cui discepoli rimasero una minoranza durante i primi secoli; le loro file si ingrossarono verso il primo secolo dell'era cristiana, rendendo possibile la diffusione del Mahāyāna alla luce del giorno tanto nel saṅgha monastico come tra i laici.|Philippe Cornu, op. cit. pag.358}} Questo varrebbe come tesi speculativa, non esistendo testimonianze letterarie, litografiche o archeologiche né dirette né indirette a sostegno e scontrandosi invece con quanto risulta nel [[canone pāli]] <!-- e sanscrito? http://www.nirvanasutra.net, quale edizione di quelli sanscriti? --> il quale riferisce il Buddha negare al monaco e attendente personale [[Ānanda]] l'aver mai tenuto insegnamenti segreti o ristretti a monaci privilegiati<ref>{{citazione|Ma Ānanda, cos'altro può chiedermi la comunità dei monaci? Io, Ānanda, ho insegnato il [[Dhamma]] evitando di creare una dottrina esoterica ed una essoterica:''<small>[nota 31]</small>'' il ''[[Tathāgata]]'' è ben lungi dall'essere un maestro dal "pugno chiuso" (''ācariyamuṭṭhi'') per quando riguarda gli insegnamenti!|''Mahāparinibbāna sutta'', Dīgha Nikāya, 16, II 32}}Nota 31:{{citazione|Leggiamo nel commento: «Non ho mai fatto di questo Dhamma né una questione interna, privata, pensando "Non insegnerò questo Dhamma ad altri", né una questione esterna, pubblica, pensando "Insegnerò questo Dhamma ad altri"»|}}R. Gnoli, op. cit., pag. 1140</ref>.
[[Categoria:Danze popolari italiane]]
Gli studiosi R. H. Robinson e W. L. Johnson ritengono infatti il Mahayana il frutto successivo dell'evoluzione delle prime scuole dottrinali buddhiste, dette del nikaya, e considerano il Mahayana frutto anche dell'assorbimento di diverse dottrine, riti e culti buddhisti diffusi in India al tempo della sua formazione dottrinale<ref>{{citazione|A ogni modo, dato che i monaci buddhisti giravano l'India in lungo e largo, i partigiani dell'anti-Abhidharma unirono infine le loro forze a quelle dei nuovi culti di salvazione buddhisti e ad altre fazioni con idee analoghe, per evolversi in un esteso movimento che si definì 'Mahāyāna' (la 'Grande Via' o 'Grande Veicolo' - ''yāna'': andare, via, viaggio, veicolo).|R. H. Robinson e W. L. Johnson, op. cit., pag. 108}}
{{citazione|La definizione di 'buddhismo del ''nikāya'', a[d] esempio, si può applicare correttamente alle scuole precedenti la nascita del Mahāyāna, ma non a quelle che seguirono, poiché il Mahāyāna formava un sottogruppo entro ciascuna di loro.|''Ivi'', pag. 108}}
{{citazione|Sembra che il Mahāyāna abbia avuto origine nelle sette [[mahāsāṅghika]], che fin dall'inizio avevano denigrato l<nowiki>'</nowiki>''arahant'' e sostenuto innovazioni dottrinali e insegnamenti che più tardi saranno tipici del Mahāyāna, come l'affermazione che il Buddha storico è una mera apparizione del vero ''buddha'', in realtà oltremondano|''Ivi'', pag. 109}}</ref>.
Il pellegrino cinese mahāyāna [[Yìjìng]] (義淨, 635-713) registra ancora nel VII secolo che varie scuole allora esistenti con cui era entrato in contatto ([[Mahāsāṃghika]], [[Vatsīputrīya]], [[Sarvāstivāda]] e [[Vibhajyavāda]]) avevano ancora tutte al loro interno monaci [[Mahāyāna]]<ref>Cfr. Richard H. Robinson e Williard L. Johnson, pag.108.</ref>. Secondo alcuni studiosi ciò indicherebbe che le divisioni tra monasteri, almeno fino al VII secolo, inerivano quindi ancora alla disciplina monastica (''[[Vinaya]]'')<ref>Le differenze sul ''vinaya'' non dovevano essere così preoccupanti in quanto come ricordano Richard H. Robinson e Williard L. Johnson «Può darsi che questo riflettesse il commento del Buddha, fatto verso la fine della sua vita (D.29) quando, a proposito delle differenze nel ''vinaya'', disse che dopo la sua morte non avrebbero dovuto preoccupare quanto quelle del ''dharma''», pag. 72.</ref> piuttosto che alle dottrine di riferimento<ref>Così Richard H. Robinson e Williard L. Johnson «Monaci appartenenti a scuole diverse vivevano spesso in armonia entro i confini dello stesso monastero. [...] Se un gruppo qualsiasi avesse ritenuto le sue differenze rispetto agli altri così forti da non poter vivere insieme si sarebbe ritirato altrove e si sarebbe stabilito in un altro monastero.», pag.77.</ref>. Altri studiosi rilevano invece come i codici della disciplina monastica (''Vinaya'') che ci sono giunti siano invece molto simili tra di loro, almeno per quanto riguarda le controversie dei [[Concili buddhisti|concili]] in cui le comunità si scontrarono tra loro<ref>B. Sujato, pag. 4</ref>, e che fu proprio grazie a ciò che le comunità antiche, nonostante fossero divise dalle loro interpretazioni della dottrina (in primo luogo dell'[[Abhidharma]]), potevano convivere negli stessi monasteri. Infatti anche gli studiosi R. H. Robinson e W. L. Johnson fanno risalire la spaccatura tra le scuole del ''nikāya'' e il ''Mahāyāna'' alle reciproche divergenze non disciplinari, ma relative all'[[Abhidharma]]<ref>{{citazione|Gli studiosi dell<nowiki>'</nowiki>''abhidharma'' riuscirono a far accettare i loro testi come parte di questo corpus stabilito, sullo stesso piano del ''Sūtrapiṭaka'' e del ''Vinayapiṭaka'', ma si sviluppò gradualmente una reazione ''[...]'' fra coloro i quali ritenevano che l'analisi dell<nowiki>'</nowiki>''Abhidharma'' non avesse afferrato il cuore dell'insegnamento. Essi si trovarono a fronteggiare la convinzione che l<nowiki>'</nowiki>''Abhidharma'' fosse, direttamente o no, la parola del Buddha e dunque iniziarono a comporre di propria mano nuovi ''sūtra'', ponendo i loro argmenti contro l<nowiki>'</nowiki>''abhidharma'' in bocca al Buddha e ai grandi ''arahant'', e li giustificarono come testi scoperti di recente che erano stati nascosti all'epoca del Buddha. Il disaccordo sull'accettare o no questi nuovi ''sūtra'' come normativi sembra aver generato la prima incrinatura che avrebbe condotto poi alla scissione più grande.|R. H. Robinson e W. L. Johnson, op. cit., pag. 107}}</ref>.
Ritornerebbe quindi opportuno l'utilizzo<ref>Nakamura Hajime si risolve utilizzando la definizione di Buddhismo dei ''Nikāya dello Hinayana'' (in: ''Buddhism, Schools of: Mahayana'', The Encyclopedia of Religion, Mc Millan, NY 1986). Mentre Collett Cox utilizza ''Mainstream stream buddhist schools'' (in ''Encyclopedia of Buddhism'', New York, McMillan, 2004, pag. 501). Luis O. Gomez utilizza invece ''early sect'' a anche di ''Hinayana schools'' in: ''Buddhism: Buddhism in India'', ''The Encyclopedia of Religion'', New York, Mc Millan, 2005. Andre Bareau invece spiega che «Sarebbe più corretto dare il nome di "primo buddhismo" al cosiddetto Hinayana, denotando il termine l'intera raccolta delle più antiche forme di buddhismo: quelle che precedono il sorgere del Mahāyāna e quelle che condividono la loro stessa ispirazione e nutrono lo stesso ideale, ossia l'arhat.» Tradotto da: ''Buddhism schools of: early doctrinal school of Buddhism'' in ''The Encyclopedia of Religion'', New York, Mc Millan, 2005.</ref>, come sostenuto da Richard H. Robinson e Williard L. Johnson, del termine ''Hīnayāna'', ma esso continua a suonare offensivo per molti aderenti al [[Buddhismo Theravāda]], anche se il termine fu coniato dal [[Mahāyāna]] per 'insultare' essenzialmente la scuola [[Sarvāstivāda]] ed oggi ha perso qualsivoglia caratteristica denigrativa. In questo ambito tuttavia occorre ribadire che si intende come ''Buddhismo dei Nikāya'' quelle scuole, e quei monaci di quelle scuole, che non si riconoscevano negli insegnamenti dei ''[[Prajñāpāramitā Sūtra]]'' e nel ''[[Sutra del Loto]]'', essendo inoltre tra loro divisi da differenti ''[[Vinaya]]'' e differenti [[Abhidharma]].
Occorre poi precisare che l'attuale scuola [[Theravāda]] non può essere considerata a pieno titolo una scuola del Buddhismo dei Nikāya, o ''Hīnayāna'', avendo essa stessa subìto, nel corso dei secoli, degli sviluppi dottrinali che l'hanno portata ad accogliere persino alcuni insegnamenti [[Mahāyāna]], ancora più distanti dalle dottrine delle scuole del Buddhismo dei Nikāya, anche se ha sempre rifiutato la canonicità delle scritture fondamentali più in contrasto con le proprie.
== Canonicità delle scritture ==
Dal punto di vista storiografico è difficile stabilire la "canonicità" di questa o di quella scrittura buddhista. Di certo sia gli ''[[Āgama-Nikāya]]'' (testi a cui fanno riferimento le scuole del Buddhismo dei Nikāya) che alcuni ''[[Prajñāpāramitā Sūtra]]'', come presumibilmente alcuni capitoli del ''[[Sutra del Loto]]'', sono stati messi per iscritto nello stesso periodo, ovvero nel I sec. a.C., anche se buona parte del Nikāya è fatto risalire al IV secolo a.C. grazie a testimonianze indirette e studi letterari comparativi (vedai in proposito [[Canone pāli|Datazione dei Nikāya del Canone pāli]]). Tutte, o alcune, delle dottrine riportate erano state precedentemente, e per secoli, trasmesse oralmente (e forse, almeno in parte, anche per iscritto a partire dall'epoca del sovrano [[Aśoka]]<ref>Così Amulyachandra Sen in ''Asoka's edicts'', Calcutta, 1956, citato in: K. Lal Hazra, BBLEIE, pag. 107</ref>) da monaci chiamati ''bāṇaka''. Non si ha contezza di quale sia l'effettivo insegnamento del [[Buddha Śakyamuni]] lì contenuto.
Generalmente si ritiene che gli ''[[Āgama-Nikāya]]'' contengano molti degli insegnamenti del [[Gautama Buddha|Buddha]] storico, ma ciò secondo alcuni studiosi non esclude la stessa cosa riguardo ai ''[[Prajñāpāramitā Sūtra]]'' più antichi, nonostante di questi ultimi non si abbiano testimonianze, dirette o indirette, precedenti il I secolo aC, contrariamente a numerosi testi oggi presenti nel [[Canone pāli]]<ref name="pali">Per un'ulteriore trattazione della datazione dei testi del canone pāli si rimanda a: [[Canone pāli#Datazione dei Nikāya del Canone pāli|Datazione dei Nikāya del Canone pāli]]</ref>. È certo invece che sia gli ''[[Abhidharma]]'' della scuola [[Theravāda]] e delle scuole Buddhismo dei Nikāya che gli altri ''[[sūtra]]'' [[Mahāyāna]] siano successivi all'insegnamento del Buddha storico e che non siano in alcun modo riferibili ad esso, come invece la tradizione di queste scuole sostiene<ref name="pali"/>.
Ciononostante va precisato che già durante la vita del [[Buddha Śakyamuni]] esisteva la figura del ''[[Buddhavācana]]'', ovvero di colui che, realizzata l' "illuminazione", poteva parlare con la "voce" del Buddha, altrimenti detta il "ruggito del leone", avendone avuto l'autorizzazione o l'invito a farlo. Seguendo questa antica tradizione è comprensibile come, nel corso dei secoli, sia le scuole del Buddhismo dei Nikāya che del [[Buddhismo Mahāyāna]] abbiano attribuito al Buddha storico degli insegnamenti (come gli ''Abhidharma'' o i ''sutra'' Mahāyāna) di "illuminati" contemporanei. Tutto questo alla luce di una ulteriore considerazione che fa riferimento, ad esempio, al ''Nettippakaraṇa'' (122-4), antica guida extracanonica all'''[[Abhidhamma]]'' del [[Canone pāli]]. In questo testo si stabilisce così la canonicità di un insegnamento: «Con che cosa il ''sutra'' deve concordare? Con le [[Quattro nobili verità]]. Con che cosa il ''vinaya'' deve concordare? Con il controllo della cupidigia, della avversione e dell'illusione. Con che cosa il ''Dharma'' deve concordare? Con l'insegnamento della [[coproduzione condizionata]]». Ne segue che ciò che rispetta queste caratteristiche può essere considerato canonico. Analoghe considerazioni si trovano nella letteratura buddhista [[sanscrita]] del ''Mahāpadesasūtra'', come nel rispettivo ''Mahāpadesasutta'' (''Digha-nikāya'', 123) del [[Canone pāli]]. Questa lettura, più filosofica che storica della canonicità di un testo, ha consentito l'ingresso in tutti i [[canoni buddhisti]] di testi che non possono essere riferiti "storicamente" al [[Buddha Śakyamuni]]. Anche se certamente la scuola [[Theravāda]] (come le scomparse scuole del Buddhismo dei Nikāya) ha cercato di attenersi maggiormente, rispetto alle scuole [[Mahāyāna]], ad una interpretazione storica del criterio piuttosto che a quella filosofica.
== Divisione delle scuole ==
Dopo la morte (''[[parinirvāṇa]]'') del [[Buddha Śakyamuni]] il [[monachesimo buddhista]] si diffuse presto per tutto il subcontinente indiano. A questa diffusione corrispose anche una lenta ma graduale differenziazione nella interpretazione degli insegnamenti, all'epoca riportati oralmente, attribuiti allo stesso [[Buddha Śakyamuni]].
La prima divisione registrata all'interno della comunità buddhista (''[[saṅgha]]'') risale alla metà del IV sec. a.C. quando la maggioranza della comunità denominatasi [[Mahāsāṃghika]] si divise dagli [[Sthaviravāda]], una minoranza che si autodenominò come gli ''anziani'', fedeli all'insegnamento autentico del Buddha.
Il gruppo degli Sthaviravāda rimase unito fino al III sec. a.C. quando da esso si separò un gruppo denominato [[Vatsīputrīya]] che sosteneva l'esistenza di un ''pudgala'' (persona; e per questo conosciuti anche come ''Pudgalavāda'') all'interno di ciascuno di noi, dottrina che evidentemente contraddiceva, per i suoi oppositori, l'[[anatman]] insegnato dallo stesso [[Buddha Śakyamuni]].
Alcuni decenni dopo questo scisma, se ne produsse uno nuovo e la comunità [[Sthaviravāda]] si suddivise in due: [[Vibhajyavāda]] e [[Sarvāstivāda]].
All'inizio del II sec. a.C. dalla comunità [[Vibhajyavāda]] sorsero due ulteriori scuole: i [[Dharmaguptaka]] e i [[Mahīśāsaka]]. Mentre nello stesso periodo dalla scuola [[Sarvāstivāda]] sorse la scuola [[Sautrantika]]. Poco si sa di una ulteriore scuola, i [[ Kāśyapīya]], che sembra sintetizzare le posizioni dottrinali dei [[Sarvāstivāda]] con quelle [[Vibhajyavāda]].
Intorno III sec. a.C. alcuni gruppi di [[Sthaviravāda]]-[[Vibhajyavāda]] si stabilirono nell'[[India]] meridionale giungendo da qui nello [[Sri Lanka]]. Essi adottarono come lingua canonica il dialetto [[pracrito|pracritico]] [[pāli]] e convissero accanto a comunità [[Mahīśāsaka]] che possedevano un ''[[vinaya]]'' simile. Si denominarono [[Theravāda]] che è la traduzione in [[pāli]] del [[sanscrito]] ''Sthaviravāda''. Anche questa comunità si divise sul suolo cingalese in due monasteri che adottarono diversi canoni: il ''[[Mahāvihāra ]]'' (che promosse la scuola [[Theravāda]]) e l' ''[[Abhayagiri]]'' (che invece accolse gli insegnamenti riportati nei sutra [[Mahāyāna]] e [[Vajrayāna]]). Una terza corrente sorse intorno al IV sec. d.C. presso il monastero ''[[Jetavana]]''.
Secondo le cronache redatte all'epoca da monaci theravāda<ref>Cūlavaṁsa, cap. XLII, v. 35, cit. in Lal Hazra, pag. 52</ref>, gli ''Abhayagirivasa'' e gli ''Jetavanyasa'' scomparvero nel XII sec. a causa di una controversia tra esponenti dei monasteri interessati che fu vinta dal monaco theravada Jotipāla, del monastero di Mahāvihāra. In seguito a tale sconfitta, sempre secondo le cronache theravada, le scuole che facevano capo ai monasteri Abhayagiri e Jetavanagiri persero la loro popolarità e i monaci di questi due monasteri «desistettero dal loro orgoglio e vissero in sottomissione al Mahāvihāra<ref>Nikāyasaṅgraha, pag. 15, cit. in Lal Hazra, pag. 52</ref>.». Secondo gli storici del [[Buddhismo]], invece, tale scomparsa fu dovuta all'imposizione di una riforma del ''saṅgha'' da parte del re cingalese [[Parakkamabahu I]], il quale avrebbe costretto tutti i monaci dell'isola ad aderire alle dottrine del Mahāvihāra ([[Theravāda]]) pena l'allontanamento dai monasteri<ref>Cfr. Piantelli, pagg. 78 e segg., Bareau, pagg. 265 e segg., Robinson e Johnson, pagg. 182 e segg., H. Bechert, pag. 286.</ref>. Tale atto di riforma ecclesiastica portato avanti con l'appoggio del sovrano non impedì tuttavia che culti Mahāyāna continuasse ad essere praticato nello Sri Lanka, tanto che sono note fonti che evidenziano come la devozione alla divinità ''Natha'', che è stata identificata con [[Avalokitesvara]], fiorisse nel XV secolo e che godette del pieno appoggio e protezione di diversi sovrani singalesi<ref>Riferisce in proposito il Lal Hazra (BSL, pag. 101): {{citazione|Il culto di Natha o [[Avalokitesvara]] divenne molto popolare nel XV secolo in Sri Lanka durante il regno di Parākramabāhu VI di [[Sri Jayewardanapura Kotte|Koṭṭe]] (1412-1467 dC) <small>(Paramavitana, 230)</small>. Totagamuwa ne fu il principale centro di culto. Sri Rāhula, il poeta, prete e grammatico, era un seguace dei Bodhisattva Mahāyāna. A Pepiliyana la divinità riceveva un culto quotidiano e per questa ragione erano elargite donazioni regali. È stata trovata un'iscrizione del re Bhuvanaikabāhu o Bhuvanakabāhu V del ⅩⅣ secolo dC nella provincia centrale di Sagama che cita la divinità. L'iscrizione ''Vegiriya'' del XV secolo dC tratta della dedica di certi campi per l'offerta quotidiana da rendersi a Lokesvara Nātha <small>(ibid., 230)</small>. Un'iscrizione diffusa a Gadaladeniya nella provincia centrale (metà del ⅩⅣ secolo) cita insieme Natha e Matteyya (Maitreya) mentre anche i capitoli ottantasettesimo e centesimo del Mahāvaṃsa descrivono Natha <small>(ibid., 230)</small>. Durante l'era delle dinastie kandiane il Natha Devale occupava un posto di primo piano a [[Kandy]]. Nella festività annuale "ora condotta in relazione al Tempio della Reliquia del Dente, procede accanto alla Reliquia del Dente" <small>(ibid., 230)</small>. A Natha Devale si teneva un'importante cerimonia che si celebrava in occasione dell'incoronazione dei re singalesi. "Questo era il rito della scelta del nome e dell'investitura della spada reale. Siccome la maggior parte delle istituzioni kandiane manteneva le antiche tradizioni ed era un articolo di fede dei monaci dell'Abhayagiri (X secolo) che ogni re di Ceylon (Sri Lanka) fosse un Bodhisattva e che l'epiteto di "Bodhisattvavatara" (incarnazione di Bodhisattva) fosse riferito ai re dell'era tarda, è probabile che la cerimonia di cui sopra ai capi dei Bodhisattva Avalokitesvara fosse una tradizione antica" <small>(ibid., 231)</small>.}}</ref>.
Tuttavia anche questo culto fu incorporato nel sistema di credenze della scuola Theravāda singalese e considerato come altre divinità popolari<ref> «Natha was fast being incorporated into the Theravada ethos and was treated very much like the other major gods in the manner discussed chapter 2.»Gananath Obeyesekere. ''The cult of the goddess Pattini''. University of Chicago Press, 1984, pag. 290. «Moreover, the gods as bodhisattvas are made to fit in with the larger tradition of Theravada Buddhism.» Gananath Obeyesekere. ''Op. cit.'' pag. 60.</ref> assimilabile dalla sua tradizione<ref>Gananath Obeyesekere. ''Op. cit.'' pag. 60. Cfr. anche A.G.S. Kariyawasam. ''Buddhist Ceremonies and Rituals of Sri Lanka''. Access to insight edition, 1996</ref>. È difficile stabilire con contezza la distribuzione geografica di tutte queste antiche scuole. Le iscrizioni ci dicono poco sulla presenza di quella o dell'altra scuola, perché una iscrizione di una scuola non esclude la presenza di un'altra che non ha lasciato iscrizioni. Tuttavia sulla distribuzione geografica di queste scuole possediamo la preziosa testimonianza dei pellegrini cinesi [[Xuánzàng]] (玄奘, 602-664) e [[Yìjìng]] che viaggiarono lungo il sub-continente indiano intorno al VII sec.. Queste testimonianze ci dicono che non vi era una distribuzione omogenea, ma certamente tutte le scuole sembrano essere state presenti nel [[bacino del Gange]] dove si situavano i più importanti siti di pellegrinaggio. Anche nell'[[India]] orientale ([[Bengala]]) convivevano due grandi gruppi di scuole: [[Mahāsāṃghika]] e [[Sthaviravāda]]. Nel VII sec. la scuola [[Vibhajyavāda]] prossima se non identica al [[Theravāda]] controllava tutta la regione [[Tamil]] dell'[[India]] meridionale ed era presente anche sulla costa a Nord di [[Bombay]]. I [[Mahīśāsaka]] sono a Nord-Ovest sulle rive del [[Fiume Kṛṣṇa]] ma anche in [[Sri Lanka]]; i [[Dharmaguptaka]] sembrano essere presenti sono nell'[[India]] nord-occidentale come i [[Kāśyapīya]]; i [[Sarvāstivāda]] dominano invece tutta l'[[India]] settentrionale dal III sec. a.C. fino ad almeno il VII sec.
Tutte le scuole buddhiste oggi esistenti derivano da queste scuole antiche ma con degli specifici sviluppi dottrinali.
== Note ==
<references/>
==Bibliografia==
* Richard H. Robinson e Williard L. Johnson. ''La religione buddhista''. Ubaldini, Roma, 1998. ISBN 88-340-1268-2
* Philippe Cornu. ''Dizionario di Buddhismo''. Bruno Mondadori Editore, Milano, 2001
* Luis O. Gomez. ''Buddhism: Buddhism in India, The Encyclopedia of Religion''. Mc Millan, New York, 2005.
* Luis O. Gomez. ''Letteratura buddhista- Esegesi ed ermeneutica'', in ''Enciclopedia delle Religioni'' vol.10 Milano, Jaca Book-Città Nuova, 2006
* Mario Piantelli, Giovanni Filoramo (a cura di). ''Il Buddhismo indiano'', in ''Buddhismo''. Laterza, Bari,2001 ISBN 978-88-420-8363-4
* André Bareau, Henri-Charles Puech. ''Il Buddhismo a Ceylon e nel Sud-Est asiatico'', in ''Storia del Buddhismo''. Laterza, Bari, 1984
* Kanai Lal Hazra. ''History of Theravāda Buddhism in South-East Asia'' (HTB). Munshiram Manoharlal Publishers, New Delhi, 1981, seconda edizione 2002. ISBN 81-215-0164-4
* Kanai Lal Hazra. ''Buddhism in Sri Lanka'' (BSL). Buddhist World Press. Delhi, 2008. ISBN 978-81-906388-2-1
* {{cita libro
| cognome= Lal Hazra
| nome= Kanai
| titolo= Buddhism and Buddhist Literature in Early Indian Epigraphy (BBLEIE)
| editore= Munshiram Manoharlal Publishres Pvt.
| città= New Delhi
| anno= 2002
| id= ISBN 81-215-1037-6
| pagine= 204}}
* Heinz Bechert, Giovanni Filoramo (a cura di). ''Il Buddhismo Srilanka e nel Sud-Est asiatico'', in ''Buddhismo''. Laterza, Bari,2001. ISBN 978-88-420-8363-4
* S. Paramavitana, ''Mahāyānism in Ceylon''
* {{cita libro
| curatore= Raniero Gnoli
| titolo= La Rivelazione del Buddha, Vol.I: i testi antichi
| editore= Mondadori
| città= Milano
| anno= 2001
| id= ISBN 88-04-47898-5
| pagine= }}
* {{cita libro
| cognome= Salomon
| nome= Richard
| titolo= Ancient Buddhist Scrolls from Gandhāra - The British Library kharoṣṭhī Fragments
| editore= University of Washington Press
| città=
| anno= 1999
| id= ISBN 029597768X
| pagine= 273}}
* {{Cita web | autore= Bhante Sujato | url= http://www.congress-on-buddhist-women.org/fileadmin/files/bhikkhuniforTibet2.pdf | titolo= Bhikṣuṇīs in Theravāda | accesso= 25-04-2009 | formato= PDF | lingua= EN | opera= Pubblicazione del "Congresso Internazionale sul ruolo delle donne buddhiste nel Vinaya Bhikhsuni Sangha e i lignaggi di ordinazione" | data= 18-07-2007 | pagine= 21 }}
== Voci correlate ==
*[[Hīnayāna]]
*[[Concili buddhisti]]
*[[Āgama-Nikāya]]
*[[Canone buddhista]]
*[[Canone pāli]]
*[[Canone cinese]]
*[[Canone tibetano]]
*[[Buddhismo Mahāyāna]]
[[Categoria:Buddhismo]]
[[Categoria:Buddhismo indiano]]
[[en:Early Buddhist schools]]
[[fr:Dix-huit écoles anciennes]]
[[ja:部派仏教]]
[[nl:Vroege boeddhistische scholen]]
[[zh:小乘佛教#部派佛教]]
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