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==Vita==
Nacque nel 1902, figlio di Emerico Schiffrer e Anna Zanettig. La famiglia paternadel padre era originaria di [[Lubiana]], ed Emerico fu un pittore di una certa notorietà a Trieste. Il giovane Carlo studiò alla "Civica Scuola Reale", rimanendo solo con i nonni negli anni della guerra, dopo che i genitori vennero internati in un campo nell'interno dell'Austria quali "politicamente infidi". 
 
Scoppiata la prima guerra mondiale e mentre studiava alla "Civica Scuola Reale Superiore", il giovane Carlo dovette vivere gli anni del conflitto da solo con i nonni per via dell'internamento dei genitori - considerati "politicamente infidi" – in un campo nell'interno dell'allora [[Impero austro-ungarico|Impero Austro-ungarico]].
Nel dopoguerra - con il passaggio di Trieste e della [[Venezia Giulia]] al [[Regno d'Italia (1861-1946)|regno d'Italia]] - riuscì a frequentare l'università di [[Firenze]] grazie ad un sussidio corrisposto dal governo italiano agli studenti delle regioni "''redente''". Gli anni universitari sono segnati in particolare dall'incontro di Schiffrer con [[Gaetano Salvemini]]: in quel periodo lo storico pugliese si impegna sovente nel dibattito in Italia sulla "questione adriatica", ed è da lui che Schiffrer decide di farsi assegnare la tesi sulle origini dell'irredentismo triestino. Nel frattempo conosce sempre a Firenze Geppina Frittelli, che sposerà nel 1929. Passato quindi un periodo di supplenza all'istituto commerciale «» di Trieste, e svolto il servizio militare in Piemonte negli [[alpini]], nel dicembre del 1925 Schiffrer tornò a Firenze per discutere la tesi, non più però davanti a Salvemini (espatriato nel frattempo per i contrasti col regime [[Fascismo|fascista]]) ma davanti ad una commissione che giudicò il suo lavoro in modo più prevenuto.
 
Finita la guerra - e passata la [[Venezia Giulia]] sotto la sovranità italiana - poté intraprendere gli studi universitari a [[Firenze]] (), grazie anche ad un contributo rilasciato agli studenti delle regioni "redente". Qui si appassionò specie alle materie storiche e geografiche, seguendo in particolare le lezioni di [[Olinto Marinelli]] e di [[Gaetano Salvemini]]. Con quest'ultimo strinse un particolare legame di solidarietà umana e politica.
Dedicatosi all'insegnamento, Schiffrer approfondisce in quegli anni varie tematiche di geografia politica, curando con [[Giorgio Roletto]] vari manuali per le scuole e scrivendo articoli per la rivista «''Geopolitica»'' diretta dall'allora ministro dell'educazione nazionale [[Giuseppe Bottai]].
 
Prima ancora della laurea, iniziò alcune supplenze in un istituto tecnico a Trieste. Prima di completare poi il servizio militare iniziato a [[Torino]], nel corpo degli alpini, nel dicembre del 1925 tornò a Firenze per discutere la tesi di laurea sull'irredentismo triestino. Contrariamente a quanto avrebbe voluto, la discussione avvenne davanti ad una commissione non più presieduta dal Salvemini (poco prima espatriato per i suoi contrasti col [[Regime Fascista|regime fascista]]) ma da altri membri, che giudicarono il suo lavoro in modo più prevenuto, data la sua vicinanza allo storico pugliese.
Allo scoppio della nuova [[Seconda guerra mondiale|guerra mondiale]], viene richiamato e quindi destinato nella zona di [[Bisterza|Villa del Nevoso]] (sopra Fiume). Dopo un periodo di congedo, è richiamato nuovamente per controllare i convogli di soldati che da Mestre vengono indirizzati verso Trieste e le regioni orientali. Dopo l'armistizio, Schiffrer inizia a lavorare presso l'Istituto di studi geografici a Trieste, conoscendo [[Giorgio Cosattini]], nembro del [[Partito d'Azione]] di Udine. L'amicizia con Cosattini determina, oltre alla definitiva partecipazione di Schiffrer alla [[Resistenza italiana]], anche il suo inevitabile coinvolgimento nelle discussioni con il movimento resistenziale jugoslavo a proposito del confine orientale. Date le sue competenze in materia, Cosattini chiede infatti a Schiffrer di redigere uno studio sulla composizione etnica della Venezia Giulia, da poter utilizzare negli incontri tra gli esponenti del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN Alta Italia]] e quelli del [[Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno|Fronte di Liberazione Sloveno]].
 
Negli anni tra le due guerre, Schiffrer si dedicò all'insegnamento. Ottenne una cattedra di ruolo al liceo "Francesco Petrarca" di Trieste e approfondì numerose tematiche di geografia politica. Collaborò in tal senso con [[Giorgio Roletto]] - docente di geografia all’Università di Trieste - di cui divenne assistente volontario e collaboratore per la rivista "[[Geopolitica (rivista 1939)|Geopolitca]]" e altre pubblicazioni. Decise però di non spingersi oltre per evitare troppi compromessi col regime.
Arrestato una volta dalla polizia, e rilasciato su intervento del podestà [[Cesare Pagnini]], Schiffrer viene nuovamente arrestato, insieme al padre, nel maggio 1945, dopo l'ingresso a Trieste dell'armata jugoslava. Verrà liberato solo dopo qualche giorno, su probabile intervento del vescovo, mons. [[Antonio Santin]].
 
All'intervento dell'Italia nel nuovo conflitto mondiale, fu richiamato e destinato all'inizio in alcune località prossime al confine dell'epoca, perlopiù nella zona di Villa del Nevoso (allora nella [[provincia del Carnaro]]), e quindi alla stazione di Trieste, qui con compiti di controllo sui convogli ferroviari.
Inserito quindi del gruppo di esperti giuliani aggregato alla delegazione italiana nella [[Trattati di Parigi (1947)|Conferenza di Parigi]], nel dopoguerra si impegna nella politica locale triestina, negli anni del [[Allied Military Government of Occupied Territories|Governo Militare Alleato]]. Membro del «''Partito Socialista della Venezia Giulia''», è come molti favorevole alla restituzione all'Italia di tutto il mai nato [[Territorio Libero di Trieste]], un indirizzo che viene ribadito dai socialisti triestini al congresso di Copenaghen del 1951. Malgrado ciò, Schiffrer si segnala anche per la netta opposizione alle ingerenze nella politica triestina del governo italiano, che a suo dire privilegiava i partiti di centro e di destra a scapito delle sinistre.
 
Dopo l'[[Armistizio di Cassibile|armistizio]] e l'occupazione tedesca, tornò agli studi di geografia presso l'Università. Qui entrò definitivamente dentro il movimento [[Antifascismo|antifascista]] locale, che stava costituendo il locale Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). Ormai inserito negli ambienti della [[Resistenza italiana]], all'Università Schiffrer conobbe [[Giovanni Cosattini]], esponente friulano del Partito d'Azione. Le sue competenze e il legame con Cosattini lo portarono ad occuparsi più direttamente delle tematiche del confine orientale (specie - ovviamente - nei confronti delle rivendicazioni jugoslave): Cosattini infatti gli chiese di redigere uno studio sulla composizione etnica della Venezia Giulia. Il lavoro sarebbe servito per le discussioni che si facevano a Milano tra esponenti del CLN dell'Alta Italia e del [[Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno]].
Dopo alcuni mesi di insegnamento universitario, e nominato nel frattempo vice-commissario di zona (carica analoga a quella di sotto-prefetto), dopo il ritorno di Trieste all'Italia, per l'incompatibilità delle cariche sceglie di riprendere l'insegnamento superiore, invitato a farlo anche dal ministero e rinunciando quindi definitivamente ad ogni ipotesi di carriera universitaria.
 
Mentre lavorava al suo studio, nell'ottobre 1944 viene arrestato dalla polizia, anche se rilasciato poco dopo su intervento di [[Cesare Pagnini]] (podestà di Trieste entro la Zona di Operazioni del Litorale Adriatico). Un nuovo arresto sopraggiunse ai primi di maggio del 1945, stavolta ad opera delle forze jugoslave (che in quei giorni erano entrate in città). Arrestato con il padre, e assieme ad altri esponenti del CLN di Trieste venne però anche qui rilasciato successivamente<ref>L'arresto di Schiffrer per mano jugoslava - come altri episodi della sua vita in quel periodo - è ricordato con un certo dettaglio dallo scrittore istriano [[Pier Antonio Quarantotti Gambini]] nel suo diario sugli avvenimenti triestini del 1945 (''Primavera a Trieste'', p, 138). Questi ricorda che Schiffrer, al rientro dall'Università, seppe che i militari jugoslavi lo attendevano fuori, al che si consegnò spontaneamente ad essi. E aggiunge: "Verrò a conoscere, un giorno, un'astuzia usata dai titini allo scopo di riuscire a catturarlo anche se egli, trovandosi in casa al loro sopraggiungere, avesse tentato la fuga. Precedentemente durante i suoi contatti per un'intesa con gli slavi [...] un agente di Tito, mostrando di preoccuparsi della sua incolumità gli aveva domandato [...] "Ha in casa una seconda uscita, un'uscita di sicurezza?" "Si - aveva risposto Schiffrer - c'è nel cortile un albero che arriva coi suoi rami sino alle mie finestre. [...] Se volessi". Ebbene, ieri, al momento del suo arresto, gli slavi vigilavano armati anche quell'albero". L'episodio è citato anche in </ref>.
Ormai dedito perlopiù alla sua attività, passò gli
 
InseritoFece quindiparte del gruppo di esperti giuliani aggregatoaggregati alla delegazione italiana nellaa Parigi, alla [[Trattati di Parigi (1947)|Conferenzaconferenza di Parigipace]], nelper dopoguerrale siquestioni impegnarelative nellaal politicanuovo localeconfine triestinaitalo-jugoslavo. Dopodiché, neglioltre anniad deliniziare ad insegnare all'Università a Trieste, si impegnò nell'attività politica, durante il [[Allied Military Government of Occupied Territories|Governo Militare Alleato]]. MembroFu membro del «''"Partito Socialista della Venezia Giulia''»", èe come molti favorevoleesponenti allatriestini restituzionee all'Italiaistriani si espresse per il ritorno di tutto il mai natocostituito [[Territorio Libero di Trieste]], un(compresa indirizzola cheZona vieneB, ribaditosotto daioccupazione socialistijugoslava) triestinisotto alsovranità congresso di Copenaghen del 1951italiana. MalgradoAl ciò,contempo Schiffrer si segnalafu anche persostenitore ladi nettauna opposizionecerta alleautonomia ingerenze nelladella politica triestina deldal governo italianodi Roma, che a suoriteneva direfavorisse privilegiavatroppo i partiti di centro e di destra a scapito delle sinistre.
 
Divenuto anche vice-presidente della Zona A, dopo il ritorno di Trieste all'Italia (1954) venne sollecitato - per incompatibilità di cariche - dal ministero dell'istruzione a riprendere l'insegnamento al liceo Petrarca. A malincuore, rinunciò dunque alle ultime prospettive di carriera universitaria.
 
Ormai dedito perlopiù a quell'attività, dedicò gli anni a venire soprattutto allo studio e al racconto della storia recente di Trieste e della Venezia Giulia. Scrisse numerosi articoli e tenne numerose conferenze, anche presso i circoli dei pochi italiani rimasti dopo l'[[Esodo giuliano dalmata|esodo]] nei territori passati alla Jugoslavia.
 
Oggetto anche di un attentato dinamitardo di matrice [[Neofascismo|neofascista]] alla sua abitazione nel 1962, si spense poco prima di aver compiuto sessantotto anni, a causa di un tumore che lo aveva colpito da tempo.
 
== Note ==
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