<div align="center"><div style="width:98%; padding:8px; background:white; border:2px solid green; margin-left:1px; margin-right:6px;margin-bottom:4px; text-align:center">
{{WIP|Lalupa}}
<div style="width:100%; border:0px; overflow:hidden;">[[Immagine:Portale Lombardia.jpg|790px]]</div>
[[File:Regola - monte di pietà 1230478.JPG|thumb|250px|Il palazzo del Monte di Pietà dopo il restauro del 2012]]
[[File:Regola - Arco del monte verso Tevere 1230479.JPG|thumb|250px|L'arco del Monte, facciata verso la piazza; a destra, la "Casa grande dei Barberini"]]
'''Monte di Pietà''', a [[Roma]], è l'espressione con cui si designa sia il complesso immobiliare nel [[Regola (rione di Roma)|rione Regola]] che ospita dal [[1604]] il servizio di [[Prestito (finanza)|prestito]] su [[pegno]], sia il servizio stesso.
<div style="padding:.5em; font-size:95%; color:#606060;">
== Storia dell'istituzione ==
''"O fresc'aure volanti sui vaghi ruscelletti dei prati lombardi! Fonti eterne, purissimi laghi, o vigneti indorati dal sol!"''
In confronto ad altre città dell'Italia centrale, l'istituzione del "Monte della Pietà" fu a Roma relativamente tardiva. Ne furono sollecitatori anche qui i [[Frati minori]], e patrono [[Paolo III]] [[Farnese]], che nel [[1539]] approvò la costituzione di una ''"[[Congregazione]] di persone facoltose, che prestassero ai Poveri denari sopra i pegni, rendendogli senza interesse alcuno al restituire de' denari"''<ref>si veda in ''Roma moderna'' cit., pag. 353.</ref>. Il capitale iniziale venne fornito in forma di [[elemosina]] dai membri della Congregazione.
<span style="margin-top:10px; font-size:85%; color:#606060;">[[Image:Wikiquote-logo.svg|15px|Collabora a Wikiquote]]   [[Giuseppe Verdi]], ''[[I Lombardi alla prima crociata]]''</span> </div>
'''[[Portale:Lombardia|Portale]]''' — '''[[Progetto:Lombardia|Progetto]]''' — '''[[Discussioni progetto:Lombardia|Sotto il Pirellone]]''' — '''[[:Categoria:Lombardia|Categorie]]''' — '''[[:commons:Category:Lombardy|Immagini]]'''
L'amministrazione fu inizialmente tenuta dal francescano padre Calvo che aveva sollecitato l'opera, e dopo di lui dai [[Cardinale protettore|cardinali protettori]] dei francescani, tra i quali si distinse particolarmente il cardinale [[Carlo Borromeo]], che ne scrisse i primi regolamenti e pare fornisse nel suo palazzo la prima sede all'opeera<ref>Si veda in Morichini citato, pag. 167.</ref>.
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La prima sede fu ai Banchi Vecchi, vicino a [[Chiesa di Santa Lucia del Gonfalone|Santa Lucia del Gonfalone]], e non era neppure di proprietà della Congregazione; ma il successo dell'opera incrementava i depositi, che domandavano spazi sempre maggiori (va ricordato che i beni impegnabili erano di tutti i tipi e di tutti gli ingombri possibili): Sisto V acquistò perciò nel [[1585]], per 7.000 scudi, un edificio ai [[Via dei Coronari|Coronari]]; di questa sistemazione resta ancora traccia nella denominazione dei luoghi: vicolo e piazza di ''Monte vecchio''. Ma anche questo spazio non bastò per molto.
In poco più di sessant'anni, e grazie anche all'attenzione di vari papi, tra i quali si distinsero [[Gregorio XIII]] [[Boncompagni]], [[Sisto V|Sisto V Peretti]] e [[Clemente VIII]] [[Aldobrandini]], il "sacro" Monte crebbe vigorosamente, sia nel giro di affari, che nelle funzioni, che nello spazio occupato, e assunse presto alcune funzioni di banco pubblico: già dal 1584 Gregorio XIII aveva voluto fare del Monte ''"il banco de' depositi che doveansi fare ne' giudizi civili, o per l'assicurazione delle sostanze de' pupilli e vedove. Sisto V, Peretti, permise che al Monte si facessero depositi di qualunque specie di somma si volesse"''<ref>Si veda in Nibby, op. cit. pag. 105</ref>.
=== Organizzazione ===
La composizione della Congregazione si stabilizzò a 40 deputati, provenienti dalle principali famiglie della città; il fatto che ne facesse parte d'ufficio il tesoriere della [[Camera Apostolica]] indica la rilevanza che l'opera aveva assunto nell'orizzonte dell'economia cittadina. Il che ben si comprende, se si considera che il Monte divenne presto anche una vera e propria banca di deposito, che corrispondeva interessi ai depositanti, e inoltre luogo di custodia - di preziosi, ma anche di documenti - grazie alla apprezzata solidità degli edifici e alla sorveglianza costante che vi esercitava un apposito distaccamento di [[guardia svizzera|Svizzeri]]<ref>Continua il Morichini cit.: ''II pubblico ha pel nostro Monte una somma fiducia: oggetti di gran valore gli vengono spesso affidati da persone facoltose, formandone pegni per una piccola somma di danaro non tanto per servirsi di questo, quanto per avere gli oggetti impegnati in serbo in luogo di sicurezza. Tali somme di danaro vengono ancora date all'amministrazione del Monte la quale ne paga un discreto frutto e mette il capitale nella circolazione de' pegni. E a dare un'idea dello stato florido dell'opera basterà dire che sono molto maggiori le somme che gli vengono per tal modo affidate anche a piccoli frutti di quelle ch'esso possa porre in circolazione de' pegni, dimodoché spesso avviene che debba ricusarle.''.</br>A Roma l'uso di depositare al Monte beni di lusso come pellicce, tappeti importanti ecc., soprattutto l'estate, al riparo dai ladri e dalle tarme, è durato fino ad anni non lontani, in quanto il lieve interesse richiesto era molto meno costoso del normale servizio di custodia. Lo stesso si può dire per gioielli e preziosi, più facili ed economici da custodire in pegno che in cassette di sicurezza.</ref>.
L'opera aveva poi anche una sorta di succursali, sparse nella città, ed erano i ''rigattieri'': si trattava di persone che, in cambio di un piccolo aggio, raccoglievano pegni di minor valore (fino a 4 scudi), li stimavano sotto la propria responsabilità ed esercitavano il prestito per conto e sotto il controllo del Monte, al quale poi conferivano i beni impegnati. Il sistema consentiva a chi ne avesse bisogno di trovare soldi anche quando il Monte era chiuso e allo stesso tempo di sottrarsi alle pressioni usurarie, in quanto il debito veniva contratto con il Monte, che garantiva la custodia del pegno e condizioni di rimborso certe e favorevoli.
Nel 1835 i dipendenti del Monte (comprese le guardie) erano un centinaio ed erano un costo notevole<ref>Si veda ancora il Morichini:''"Le rendite annuali che toccano i quarantamila scudi si cavano da fondi rustici, case, censi, canoni, vacabili, consolidato, e si erogano per metà a stipendiare il numeroso ministero del Monte e del banco de' depositi."''.</ref>. L'organizzazione dell'opera era tuttavia così efficace e ordinata da essere fonte di sorpresa e di ammirazione anche per gli stranieri<ref>''"Sei sono le custodie che or sono in attività: ogni due custodie v'è una sala dove ricevesi il pubblico: due custodie ed una sala formano ciò che dicesi con vocabolo tecnico ''un Monte''. Le custodie si usano alternativamente nel modo seguente: per sei mesi l'una riceve i pegni, mentre l'altra si occupa delle riscossioni, rinnovazioni o vendite, fin ad esaurire il deposito che avea raccolto. Con questa regola e coll'ajuto di esatte scritture evitasi il disordine che facilmente avverrebbe in un'amministrazione così complicata. Le due custodie del ''terzo monte'' così detto, aperte di recente, sono solo destinate a ricevere i pegni d'oro, argento e gioje di valore superiore a quattro scudi. Il facile disbrigo de' concorrenti e la riservatezza d'officio che usasi specialmente in questa sezione, dove vengono spesse volte anche oneste persone tratte dal bisogno, è novello esempio di delicatezza della romana carità."''.</ref>.
=== Consistenza e funzione economica ===
Il variare del tasso d'interesse e del valore dei prestiti ammessi e il progressivo incremento del capitale disponibile, a vario titolo, segna nei decenni l'evoluzione dall'attività del Monte da puramente caritativa a più propriamente bancaria<ref>Questa la chiara sintesi che ne dà il Morichini cit.: ''"Fin dal principio il Monte esigeva un piccolo frutto del danaro imprestato. Ne' tempi più felici dell'opera i pegni ritenevansi diciotto mesi; erano gratuiti, cioè senza frutto, sino a trenta scudi, gli altri pagavano il due per cento. Nel 1783 la prestanza gratuita fu ristretta a venti scudi, perché si vedea che una maggior somma giovava piuttosto l'intraprendente che il povero: i frutti di una somma maggiore si determinarono al tre e mezzo. Nel 1785 si sminuì il prestito gratuito a quindici scudi e si accrebbero i frutti al cinque per cento come si prattica oggidì. Ora il solo pegno di uno scudo si riceve e rinnova gratuitamente nel che il nostro Monte vince in generosità tutti gli altri istituti di simil fatta, i quali esiggono un frutto da ogni specie di pegni. Nè il sacrificio è lieve, perocché i piccoli pegni sono in gran numero e si calcola che per essi abbia il Monte in circolazione ben novanta mila scudi al tutto infruttiferi. I pegni che sì fanno giornalmente sommano alle volte ancor sino a mille. Essi crescono nell'ottobre e nel carnevale e diminuiscono nel natale e nell'agosto, allorché in Roma si danno ai domestici ed altrettali que' piccoli donativi che diconsi mance. In questo tempo medesimo avvengono molte restituzioni. </br>Per far conoscere le forze economiche del Monte dirò che le giornaliere prestanze ammontano per termine medio a quasi quattromila scudi; che il capitale ch'è in circolazione giunge a mezzo milione di scudi; che il numero de pegni è di più centinaia di migliaja. Gli altri capitali della pia opera, se si calcolano i crediti colla Camera ed i fondi infruttiferi, sommano a più milioni. "''</ref>; la sostanziale separazione tra le due avverrà al momento della nascita della [[Cassa di Risparmio di Roma]] nel [[1836]] (della quale del resto il Monte fu tra i primi azionisti)<ref>Morichini, op. cit. pag. 173: ''"Quanto al nostro [Monte di Pietà] dirò che vi si osservava un progressivo accrescimento di pegni sino al 1836 quando s'istituì fra noi una Cassa di risparmio. Da quel tempo i pegni non si aumentano più e giova sperare che mano a mano che cotesta benefica opera va producendo i suoi buoni effetti i pegni sminuiscano e il popolo si renda preveggente e costumato."''</ref>.
Già dal [[1611]] Paolo V aveva autorizzato il Monte all'esercizio del prestito agrario fino a 2000 scudi, e poco dopo lo autorizzava ad erogare a soggetti economici importanti appartenenti allo Stato pontificio - grandi famiglie, ordini religiosi - prestiti anche ingenti, garantiti sui beni e ad un assai modesto tasso del 2%. La disponibilità si estese anche a personaggi stranieri, come [[Cristina di Svezia]] e il [[Giacomo Luigi Sobieski|principe Sobieski]]. Nel [[XVIII secolo]] il Sacro Monte era divenuto praticamente la banca dello Stato pontificio, al quale concedeva sostanziosi prestiti, e per conto del quale esercitava le funzioni di [[depositeria]] camerale, e anche di [[Zecca (moneta)|zecca]] (dal [[1749]]). Del resto dal [[1724]] le "cedole" rilasciate dal Monte come ricevuta di credito per depositi effettuati, erano state dichiarate pagabili al portatore, e circolavano quindi come una sorta impropria di carta moneta (talché era stata autorizzata anche l'emissione di cedole "a vuoto" - rilasciate cioè non a fronte di depositi materiali, ma di crediti vantati dal Monte verso il governo).<ref>Si veda in Gugnoni cit., pag. 41-42.</ref>.
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XIII che consentì all’istituto una politica di prestiti gratuiti per i piccoli importi e con modesto tasso d’interesse per importi maggiori. Paolo V, con chirografo dell’11 ottobre 1611 attribuì al Monte l’esercizio del prestito agrario a favore degli operatori dei territori laziali per somme dai 1000 ai 2000 scudi, mentre con Breve del 5 febbraio 1615, dopo aver vietato lo storno e l’inversione dei capitali del Monte, lo autorizzava a concedere prestiti anche ingenti a nobili famiglie e ad istituzioni ed ordini religiosi romani al modico interesse del 2% e dietro garanzia sui beni. A questo stesso tasso e previa autorizzazione dei pontefici, furono concessi prestiti, garantiti dal pegno di gioielli e preziosi, anche a sovrani europei: così, ad esempio, Alessandro VII nel 1660 approvò un prestito di ventimila scudi alla regina Cristina di Svezia, mentre Clemente XII, nel 1732, consentì un prestito di centomila scudi al principe polacco Luigi Sobieski. Nel 1743, con chirografo del 13 luglio, Benedetto XIV affidava al Monte la depositeria camerale mentre, nel 1749, aggiungeva anche il servizio della zecca. Nato per alleviare i bisogni dei poveri, in meno di un secolo era divenuto non solo la banca dei nobili romani e stranieri, ma dello stesso Stato pontificio il cui erario fu sempre generosamente finanziato, al punto che l’esposizione della Santa Sede verso il Monte ammontava, all’epoca del trattato di Tolentino (19 febbraio 1797), alla considerevole somma di oltre undici milioni e trecentomila scudi. Per ogni deposito, il Monte rilasciava, quali fedi di credito, delle “cedole” che, a partire del 1724, per incentivarne la circolazione, furono rese, da Benedetto XIII, pagabili al portatore; per
Apresi ogni mattina l'istituto quattr'ore innanzi il mezzodì né chiudesi finché non sia sbrigato il tutto. Si prendono a pegno robe di ogni sorta, esclusi solo gli arredi sacri e gli oggetti con marchio di pubblici istituti, poiché in questo caso il pegno sarebbe certamente furtivo. Gli stimatori determinano il valore del pegno, la prestanza è sempre un terzo meno del valore. Gli ori e gli argenti stimansi a valore intrinseco, nulla calcolando l'opera dell'artista. Dato il pegno e ricevuto il danaro, l'oppignorante ne ha poliza dove è notato il numero d'ordine del registro, la custodia, la data e la somma prestata: ne' protocolli evvi oltrecciò il nome, condizione e domicilio dell'oppignorante. Sono nel Monte per serbare i pegni alcune gran sale che si appellano ''custodie'' ed hanno un ministro detto ''custode'', il quale come gli stimatori dà conveniente cauzione quando entra in officio. Nelle custodie ritengonsi i pegni sei mesi ed ancor sette; scorso questo tempo vendonsi al pubblico incanto se l'oppignorante non gli rinnovellasse pagando i frutti del cinque per cento ed anno. Il giovedì é destinato alla rinnovazione che può farsi tranne le robe di lana ancor più volte pagando sempre i frutti della somma prestata. I pegni inferiori ad uno scudo si rinnovano gratuitamente. Se il pegno non si redime, vendesi come ho detto all'asta; il Monte si reintegra della prestanza e de' frutti e tiene il soprappiù, se v'abbia, a credito dell'oppignorante. Che se avvenisse che il ritratto dalla vendita non giungesse al valore della prestanza gli stimatori sarebbero obbligati del proprio.
Un gran numero di pegni é anche quotidianamente recato al Monte dai ''rigattieri''. Costoro, così impropriamente chiamati, debbonsi distinguere da quelli che si occupano di comprare e vendere oggetti usati. Il loro ufficio è di tenere come altrettanti Monti sussidiarii sparsi ne' diversi quartieri della città. Sono dallo stesso sa[cro] Monte provvisoriamente destinati a ricevere i pegni sino alla somma di quattro scudi; affinché i poveri possano ritrovare un istantaneo sollievo a qualunque ora, segnatamente nella sera e ne dì festivi, quando è chiuso l'istituto. Eglino sono soggetti a diverse leggi loro imposte per sicurezza del pubblico e dalla direzione generale di polizia e dal Monte medesimo il quale può rimuoverli quando stimi opportuno. Possono togliersi a titolo dì compenso dell'agenzia un piccolo lucro fissato dalle leggi dell'istituto. I pegni però che sono da loro recati tornansi a stimare, il Monte gli riceve nelle sue custodie e ne rilascia poliza a nome de' proprietarii che vengono ad essere emancipati dal rigattiere.
Gli stranieri lo visitano di frequente e rimangono assai soddisfatti sì della bellezza e scompartimenti della fabbrica come dell ordine che vi regna in tanta affluenza di persone del popolo più minuto. Gli ordinamenti dell'istituto sono spesso richiesti massime dagl'Inglesi che non hanno questa specie di opere di beneficenza. ll principal difetto che si appone ai Monti di Pietà è che se somministrano denaro per liberarsi dalle usure gravose degli avari, somministrano altresì danaro che può scialacquarsi in bagordi e stravizzi. Però siccome de' due mali dee sciegliersi sempre il minore; pare che sia men male il tollerare anche l'abuso che può farsi del danaro del Monte di quello che soggettare i bisognosi o alla rovinosa vendita delle cose loro o al farli cadere nelle ingorde mani dell'usurajo. Se si abolissero i Monti non per questo gli uomini diverrebbero più costumati; ma restando i medesimi vizii si produrrebbero danni ancor maggiori per soddisfarli. Certo che l'attento studio de' fatti che somministra alla morale e all'economia un monte di Pietà può essere di sommo vantaggio.
Moroni, Dizionario, vol LVII, Venezia 1852, p. 149: ''"nel vol Llll p 219 e 232, raccontai la sua recente estensione di prestiti sopra oggetti d'arte, particolarmente di pitture antiche, onde nel medesimo se n'è formata per incanto una magnifica raccolta"''.
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=== L'edificio ===
Il Monte trovò la propria sede definitiva nel [[1604]], quando fu comperato un isolato composto da due immobili vicino alla [[Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini (Roma)|Trinità dei Pellegrini]], originariamente edificati dal cardinale [[Prospero Santacroce]]. Siccome anche questo spazio non bastava fu acquistato il terzo palazzo, collegandolo all'isolato principale con l'arco voltato che si vede nella foto. L'ultimo palazzo acquistato era parte della "Casa grande dei Barberini", che era stato in origine il palazzo dei [[Barberini]] prima del pontificato di Maffeo Barberini come [[Urbano VIII]] e del trasferimento della famiglia nel nuovo [[Palazzo Barberini|palazzo]] sul [[colle Quirinale]].
== Note ==
{{References|auto}}
<references/>
== Bibliografia ==
*[http://books.google.it/books?id=X-D7NAnHM20C&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false ''Roma moderna, distinta per Rioni e cavata dal Panvinio, Pancirolo, Nardini, e altri autori (…) fino all'anno 1741''], Roma 1741, pagg. 353-354.
* [[Antonio Nibby]], [http://books.google.it/books?id=RyAB6sWY55MC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false ''Roma nell'anno MDCCCXXXVIII''], Roma 1841, pp. 102-109.
* [[Carlo Luigi Morichini]], [http://books.google.it/books?id=KmWBujFv7wEC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false ''Degl'istituti di pubblica carità ed istruzione primaria e delle prigioni in Roma''], Roma 1842, vol. I cap. XVI Sacro Monte di Pietà, pag. 165-173.
* Gabriele Gugnoni, [http://amsdottorato.cib.unibo.it/2332/1/TESI_TERZO_ANNO_DI_DOTTORATO_FEB_2010.pdf ''Dai Monti di Pietà e le Casse di Risparmio alle Fondazioni Bancarie: evoluzione e profili di riforma''], tesi di dottorato, Bologna 2010.
== Voci correlate ==
*[[Camera Apostolica]]
*[[Cassa di Risparmio di Roma]]
*[[Monte di Pietà]]
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Palazzo del Monte di Pietà (Roma)}}
== Collegamenti esterni ==
*[http://www.iltempo.it/roma/2010/09/16/1200612-cresce_monte_pegni_cassa_sono_milioni.shtml Cresce il Monte dei Pegni In cassa ci sono 79 milioni], ''Il Tempo, 16 settembre 2010''
*[http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/crisi_il_ritorno_del_monte_di_piet_tra_pensionati_giovanissimi_e_truffatori/notizie/203528.shtml CRISI/ Il ritorno del Monte di Pietà tra pensionati, giovanissimi e truffatori], Il Messaggero, 19 giugno 2012
*[http://www.specchioromano.it/fondamentali/Lespigolature/2004/Gennaio/Il%20Sacro%20Monte%20di%20Pietà%20antico%20asilo%20dall'usura.htm Il Sacro Monte di Pietà antico asilo dall’usura] in ''Specchio Romano''
[[Categoria:Roma R. VII Regola]]
[[Categoria:Monti di Pietà|Roma]]
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