Cinema italiano e Roberto Inglese: differenze tra le pagine

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{{Sportivo
[[File:Cinecitta studios rome italy entrance.jpg|thumb|upright|Stabilimenti di [[Cinecittà]] a [[Roma]]]]
|Nome = Roberto Inglese
Il '''cinema italiano''' comprende film prodotti e realizzati da registi italiani, sia in Italia che all'estero. A partire dallo sviluppo dell'industria cinematografica, avvenuto nei primi anni del Novecento, il cinema italiano ha riscontrato periodi di grande successo, influenzando svariati movimenti cinematografici in tutto il mondo.<ref>Silvia Bizio, Claudia Laffranchi, ''Gli italiani di Hollywood: il cinema italiano agli Academy Awards'', Gremesse editore, 2002, pag. 14</ref> Nel corso del tempo, molti lungometraggi italiani si sono aggiudicati premi e riconoscimenti di prestigio internazionale: a tutt'oggi si registrano 14 [[Oscar al miglior film in lingua straniera]] (più di qualsiasi altro paese), 12 [[Palma d'Oro|Palme d'Oro]] e 11 [[Leone d'oro al miglior film|Leoni d'Oro]].
|Immagine =
|Didascalia = Roberto Inglese con la maglia del Chievo Verona
|Sesso = M
|CodiceNazione = {{ITA}}
|Peso = 85
|Disciplina = Calcio
|Ruolo = [[Attaccante]]
|Squadra = {{Calcio Parma}}
|TermineCarriera =
|SquadreGiovanili = {{Carriera sportivo
|2007-2009|{{Calcio Pescara|G}}|
}}
|Squadre = {{Carriera sportivo
|2009-2010|{{Calcio Pescara|G}}|4 (1)
|2010-2013|→ {{Calcio Lumezzane|G}}|80 (16)
|2013-2015|→ {{Calcio Carpi|G}}|48 (8)
|2015-2018|{{Calcio Chievo|G}}|94 (25)
|2018|{{Calcio Napoli|G}}|0 (0)
|2018-|→ {{Calcio Parma|G}}|3 (1)
}}
|SquadreNazionali =
|Aggiornato = 30 giugno 2018
}}
{{Bio
|Nome = Roberto
|Cognome = Inglese
|Sesso = M
|LuogoNascita = Lucera
|GiornoMeseNascita = 12 novembre
|AnnoNascita = 1991
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte =
|Attività = calciatore
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità = , [[attaccante]] del {{Calcio Parma|N}} in prestito dal {{Calcio Napoli|N}}
}}
 
== Caratteristiche tecniche ==
== Gli inizi (1896-1909) ==
È un centravanti, forte fisicamente, dotato di discreta tecnica. Buona elevazione, nonostante la stazza fisica possiede discreta agilità nel dribbling ed ha un efficace tiro da lontano.
=== I primi documentari ===
[[File:Papst leo xiii a.jpg|miniatura|sinistra|upright|Un fotogramma del più antico documentario italiano tuttora visibile che ritrae [[papa Leone XIII]]]]
Per convenzione si fa risalire la nascita del cinema italiano alla prima proiezione pubblica del ''cinématographe'' dei [[fratelli Lumière]], avvenuta il 13 marzo 1896 presso lo studio Le Lieure di Roma<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", in ''Storia del cinema mondiale'', Einaudi, Torino, 2002, vol. III, pp. 33-34.</ref>. Nel giro di pochi giorni lo spettacolo arriverà in tutte le principali città del paese<ref>Fiorangelo Pucci, Valerio Angelini, ''1896-1914. Materiali per una storia del cinema delle origini'', Studioforma Editore, Torino, 1981.</ref>. Quelli successivi si svilupperanno nei più importanti teatri cittadini, quasi sempre proiettati al termine di una commedia o di un concerto.
 
== Carriera ==
I primi film prodotti in Italia sono [[documentario|documentari]] della durata di pochi secondi dedicati a regnanti, imperatori, papi e a vedute di alcune città. Il primo operatore di rilevanza storica è [[Vittorio Calcina]], autore di cortometraggi sia in forma documentaria che a soggetto. Tra le sue "vedute" più celebri va ricordata la ripresa della visita a [[Monza]] di re [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] e della regina [[Margherita di Savoia]], girata su commissione per conto dei fratelli Lumière<ref>Wladimiro Settimelli, ''Dall'agiografia al messaggio fotografico per la storia'', «Palatino», Roma, a. XI, 1967.</ref>. Suo è anche il più antico documentario italiano tuttora visibile, ''[[Sua Santità papa Leone XIII]]'' (1896), una breve inquadratura di [[papa Leone XIII]] nei [[Giardini Vaticani]].
=== Club ===
==== Gli inizi ====
Cresciuto nelle giovanili del [[Delfino Pescara 1936|Pescara]]<ref>{{Cita news|url=http://ilcentro.gelocal.it/sport/2015/11/04/news/da-vasto-alla-serie-a-un-gol-per-premiare-la-tenacia-di-inglese-1.12389854|titolo=Da Vasto alla serie A un gol per premiare la tenacia di Inglese - Sport - il Centro|pubblicazione=il Centro|data=4 novembre 2015|accesso=12 febbraio 2017}}</ref>, segna il suo primo gol da professionista in maglia biancoceleste contro il [[Ravenna Football Club 1913|Ravenna]], il 7 marzo [[2010]], siglando il momentaneo vantaggio (la partita finirà 1-1 con pareggio di [[Federico Piovaccari|Piovaccari]]). In [[Serie B]] debutta nella gara Pescara-[[Società Sportiva Robur Siena|Siena]] terminata 1 a 1 il 22 agosto [[2010]] (sarà la sua unica presenza in [[Serie B]] con i biancoazzurri). Il 28 agosto dello stesso anno, viene tesserato dal [[Associazione Calcio ChievoVerona|Chievo]], per poi venir ceduto in prestito al [[Associazione Calcio Lumezzane|Lumezzane]], dove gioca per 3 anni, disputando 84 gare e mettendo a segno 21 reti, tra Lega Pro (80 presenze e 16 reti) e Coppa Italia di Lega Pro (4 presenze e 5 reti). Trascorre le due stagioni successive in Serie B, venendo dato in prestito al neopromosso [[Carpi Football Club 1909|Carpi]]. Nella stagione 2013-2014 segna 2 gol in 22 presenze. Il 7 settembre 2013 realizza allo Stadio Picco contro lo [[Spezia Calcio|Spezia]] il 2-0 che certifica la prima vittoria del Carpi in Serie B.<ref>{{Cita web|url=http://www.ilmostardino.it/2013/09/08/il-carpi-si-regala-una-serata-di-gala-battendo-a-domicilio-lo-spezia/|titolo=Il Carpi si regala una serata di gala battendo a domicilio lo Spezia ‹ IL MOSTARDINO.IT|accesso=6 giugno 2017}}</ref> Nella stagione 2014-2015, con 6 reti (tutte nel girone d'andata) in 26 presenze, mette la firma sulla storica promozione dei biancorossi in [[Serie A]]<ref>{{Cita news|url=http://www.ilsussidiario.net/News/Calcio-e-altri-Sport/2015/4/29/Carpi-promosso-in-Serie-A-Il-commento-di-Giuseppe-Pillon-esclusiva-/604361/|titolo=Carpi promosso in Serie A/ Il commento di Giuseppe Pillon (esclusiva)|pubblicazione=Il Sussidiario.net|accesso=12 febbraio 2017}}</ref>. Il 22 novembre 2014, dopo essere entrato al 75' al posto di [[Fabio Concas|Concas]], segna all'87' e al 92' su rigore una doppietta al Rigamonti contro il [[Brescia Calcio|Brescia]] che permette alla sua squadra, ridotta in nove uomini per le espulsioni di [[Emanuele Suagher|Suagher]] e [[Raffaele Bianco|Bianco]], di pareggiare incredibilmente da 3-1 a 3-3.<ref>{{Cita web|url=http://www.ilmostardino.it/2014/11/22/il-mostardino-live-brescia-carpi-formazioni-ufficiali/|titolo=Carpi derubato e risorto nel finale: da 3-1 a 3-3 a Brescia dopo tre rigori regalati a Caracciolo e con 9 giocatori. Decisivo dalla panchina Inglese con una doppietta ‹ IL MOSTARDINO.IT|accesso=6 giugno 2017}}</ref>
 
==== Chievo ====
In poco tempo altri pionieri si fanno strada. A mettersi in luce è il regista e inventore [[Filoteo Alberini]], che già a partire dal 1895 perfeziona un apparecchio di ripresa non dissimile da quello dei Lumière<ref>[http://www.aicine.com/pubblicazioni/i_cineoperatori_vol1_2000.pdf Fernaldo Di Giammatteo (1999), "Un raggio di sole si accende lo schermo", in ''I Cineoperatori. La storia della cinematografia italiana dal 1895 al 1940 raccontata dagli autori della fotografia (volume 1°)'']</ref>. Sono attivi anche [[Italo Pacchioni]], [[Roberto Omegna]], [[Giuseppe Filippi]] e [[Giovanni Vitrotti]].
Terminati i due anni di prestito alla squadra bianco-rossa, ritorna al [[Associazione Calcio ChievoVerona|Chievo]], con cui esordisce in [[Serie A]] il 20 settembre [[2015]] nella partita Chievo-[[Football Club Internazionale Milano|Inter]], finita 0-1. Segna il suo primo gol in [[Serie A]] il 2 novembre [[2015]] contro la [[Unione Calcio Sampdoria|Sampdoria]], siglando il definitivo 1-1, per poi ripetersi due giornate dopo, nel match contro l'ex-squadra Carpi, vinto dai ''clivensi'', e nella successiva Chievo-[[Udinese Calcio|Udinese]] 2-3, in cui realizza un gol da 25 metri con un potente tiro in girata.
 
Il 13 maggio [[2016]] rinnova col club scaligero fino al [[2020]].<ref>{{Cita web|url=http://www.sportnotizie24.it/news/serie-a-tim/63704/rinnovo-contratto-di-riccardo-meggiorini-e-roberto-inglese-del-chievo-serie-a-13-maggio-2016|titolo=Serie A, due importanti rinnovi di contratto in casa Chievo|sito=www.sportnotizie24.it|accesso=12 febbraio 2017}}</ref> Il 26 novembre 2016 Inglese accorcia le distanze con il [[Torino Football Club|Torino]] segnando il gol dell'1-2 di testa su calcio d'angolo. Poco dopo arriva una doppietta in [[Coppa Italia]], nel match contro il [[Novara Calcio|Novara]].<ref>{{Cita news|url=http://www.gazzetta.it/Calcio/Coppa-Italia/29-11-2016/coppa-italia-chievo-novara-3-0-doppietta-inglese-gol-cesar-1701048315809.shtml|titolo=Coppa Italia, Chievo-Novara 3-0: doppietta di Inglese e gol di Cesar|pubblicazione=La Gazzetta dello Sport - Tutto il rosa della vita|accesso=12 febbraio 2017}}</ref> Il 12 febbraio 2017, nonostante un iniziale rigore sbagliato, il giocatore vastese segna la sua prima tripletta in carriera, nel match in trasferta contro il [[Unione Sportiva Sassuolo Calcio|Sassuolo]] terminato 1-3 per il ChievoVerona.<ref>{{Cita news|nome=Società Editrice Athesis|cognome=S.p.A.|url=http://www.larena.it/home/sport/chievo/tripletta-di-inglese-il-chievo-corsaro-affonda-il-sassuolo-1.5487822|titolo=Tripletta di Inglese Il Chievo corsaro affonda il Sassuolo|pubblicazione=L'Arena.it|accesso=12 febbraio 2017}}</ref> Con la doppietta siglata ai danni della [[Associazione Sportiva Roma|Roma]] il 20 maggio 2017 (match finito 5-3 per i giallorossi), Inglese ritorna, dopo quattro stagioni, alle dieci marcature stagionali in campionato, siglando anche il suo personale record di prolificità in una stagione di Serie A.
Il successo di questi "quadri in movimento" è immediato. Il cinematografo affascina per la sua capacità di mostrare con inedita precisione realtà geografiche lontane e, viceversa, di immortalare momenti quotidiani senza storia. Vengono ripresi eventi sportivi, avvenimenti locali, intensi traffici stradali, l'arrivo di un treno, visite di personaggi famosi, ma anche disastri e calamità naturali.
 
Il 31 agosto 2017 viene acquistato a titolo definitivo dal {{Calcio Napoli|N}}, che lo lascia in prestito alla società clivense fino al 30 giugno 2018.<ref>{{Cita news|url=http://www.sscnapoli.it/static/news/Napoli,-acquistato-Inglese-L-attaccante-restera-in-prestito-al-Chievo-12641.aspx|titolo=Napoli, acquistato Inglese. L'attaccante resterà in prestito al Chievo.|editore=sscnapoli.it|data=31 agosto 2017}}</ref> La nuova stagione parte alla grande per lui, che sigla la prima rete in campionato della sua squadra a [[Udine]] aprendo le marcature grazie ad uno splendido colpo di testa. Il risultato finale premierà il [[Associazione Calcio ChievoVerona|Chievo]], che uscirà dalla [[Dacia Arena]] vittorioso per 2 a 1. Il 22 ottobre realizza una doppietta nel derby contro l'{{Calcio Hellas Verona|N}}. Per Inglese si tratta dei primi gol nel [[Derby di Verona|derby della Scala]]. Conclude il campionato con 12 gol segnati contribuendo alla salvezza della squadra.
Se la risposta delle classi popolari è entusiasta, la novità tecnologica sarà trattata con riserva dalla stampa e da una parte del mondo intellettuale ancora per qualche anno. Nonostante le iniziali diffidenze, nell'arco di due anni il cinema scala le gerarchie della società incuriosendo le classi più abbienti. Il 28 gennaio 1897 i principi [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele]] e [[Elena del Montenegro|Elena di Montenegro]] assistono a una proiezione organizzata da Vittorio Calcina, in una sala di [[Palazzo Pitti]] a [[Firenze]]<ref>Gian Piero Brunetta, ''Guida alla storia del cinema italiano. 1905-2003'', Torino, Einaudi, 2003, p. 425.</ref>. Decisi a sperimentare il nuovo mezzo, si lasceranno riprendere in ''S.A.R. il Principe di Napoli e la Principessa Elena visitano il [[Battistero di San Giovanni (Firenze)|battistero di S. Giovanni a Firenze]]'' e il giorno del loro matrimonio in ''Dimostrazione popolare alle LL. AA. i Principi sposi (al [[Pantheon (Roma)|Pantheon - Roma]])''<ref>Elisabetta Bruscolini, ''Roma nel cinema tra realtà e finzione'', Roma, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema, [2003?], p.18</ref><ref>[http://www.torinocittadelcinema.it/schedafilm.php?film_id=14&stile=large Riprese degli operatori Lumière a Torino - Enciclopedia del cinema in Piemonte]</ref>.
 
==== NascitaNapoli dell'industriae cinematograficaParma ====
Terminata la stagione al Chievo, Inglese fa approdo al [[Società Sportiva Calcio Napoli|Napoli]], dove trova [[Carlo Ancelotti]]. Il 14 agosto 2018 Inglese viene girato al neo-promosso [[Parma Calcio 1913|Parma]] in prestito con diritto di riscatto e controriscatto per una stagione, in concomitanza con l'approdo di [[Alberto Grassi]].<ref>{{Cita news|url=http://parmacalcio1913.com/roberto-inglese-e-alberto-grassi-sono-giocatori-del-parma|titolo=ROBERTO INGLESE E ALBERTO GRASSI SONO GIOCATORI DEL PARMA - Parma Calcio 1913|pubblicazione=Parma Calcio 1913|data=14 agosto 2018|accesso=20 agosto 2018}}</ref> Esordisce con i gialloblù il 19 agosto seguente, nel match d'avvio di campionato contro l'[[Udinese Calcio|Udinese]], siglando anche la sua prima rete con gli emiliani.<ref>{{Cita news|url=https://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/Parma/19-08-2018/parma-inglese-non-basta-pari-udinese-rimonta-290302990322.shtml|titolo=Parma-Udinese 2-2: gol di Inglese, Barillà, De Paul e Fofana|pubblicazione=La Gazzetta dello Sport - Tutto il rosa della vita|accesso=20 agosto 2018}}</ref>
{{vedi anche|Nascita dell'industria cinematografica italiana}}
[[File:Image edited.jpg|thumbnail|destra|upright|Uno dei tanti loghi della [[Cines]]]]
Nei primi anni del XX secolo si sviluppa in tutta Italia il fenomeno dei cinema ambulanti che provvedono all'alfabetizzazione del mezzo visivo. Il cinema italiano resta ancora legato ai tradizionali spettacoli della [[commedia dell'arte]] o a quelli propri del folclore circense. Le proiezioni pubbliche avvengono nei caffè o nei teatri di varietà alla presenza di un [[ciarlatano|imbonitore]] che ha il compito di colorire e arricchire la storia.
 
===Nazionale===
Tra il [[1903]] e il [[1909]] il [[cinema]], sino ad allora considerato alla stregua di un fenomeno da baraccone, assume i caratteri di un'autentica industria. Centinaia di case di produzione nascono in tutto il paese: [[Cines]], [[Milano Film]], [[Itala Film]], [[Caesar Film]], [[Società Anonima Ambrosio]], [[Partenope Film]], [[Pasquali Film]], [[Roma Film]], e innumerevoli sigle minori destinate a durare il tempo di un film. Contemporaneamente si organizza una rete sempre più capillare di sale cinematografiche nei centri urbani (il [[Palazzo Agostini (Pisa)|Cinema Lumière]] di Pisa inizia le proiezioni già nel 1899). Questa trasformazione porta alla produzione dei [[film]] a soggetto, che per gran parte del [[Cinema muto|periodo muto]] affiancano il [[documentario]] fino a sostituirlo quasi completamente all'inizio della [[Prima guerra mondiale]].
Nella prima parte dell'anno 2017, Ventura lo convoca per degli stage di valutazione sui giocatori emergenti di [[Serie A]]<ref>https://sport.sky.it/calcio/nazionale/2017/04/09/nazionale-convocati-ventura-stage.html</ref>. Il 1º ottobre 2017 viene convocato in nazionale, in sostituzione dell'infortunato [[Andrea Belotti]], per le partite di [[Qualificazioni al campionato mondiale di calcio 2018 - UEFA - Fase a gironi, gruppo G|qualificazione ai mondiali 2018]] contro la [[Nazionale di calcio della Repubblica di Macedonia|Macedonia]] e l'[[Nazionale di calcio dell'Albania|Albania]]<ref>{{Cita news|url=http://www.gazzetta.it/Calcio/Nazionale/01-10-2017/nazionale-ventura-perde-belotti-suo-posto-inglese-barella-verratti-2201002149072.shtml|titolo=Nazionale, Ventura perde Belotti: al suo posto c'è Inglese. Barella per Verratti|pubblicazione=La Gazzetta dello Sport - Tutto il rosa della vita|accesso=1º ottobre 2017}}</ref>.
 
== Statistiche ==
La scoperta delle potenzialità spettacolari del mezzo cinematografico favorisce lo sviluppo di un cinema di grandi ambizioni, capace di inglobare tutte le suggestioni culturali e storiche del paese. La formazione scolastica è fonte inesauribile di idee e spunti facilmente assimilabili dal pubblico popolare. Decine di personaggi incontrati sui libri di testo fanno il loro esordio sul grande schermo: [[il conte di Montecristo]], [[Giordano Bruno]], [[Libro di Giuditta#La storia|Giuditta e Oloferne]], [[Francesca da Polenta|Francesca da Rimini]], [[Lorenzino de' Medici]], [[Rigoletto]], il [[Ugolino della Gherardesca|Conte Ugolino]] e altri ancora. Dal punto di vista iconografico i riferimenti principali sono i grandi artisti rinascimentali e neoclassici, ma anche i simbolisti e le illustrazioni popolari<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2002, p. 40.</ref>.
=== Presenze e reti nei club ===
''Statistiche aggiornate al 13 maggio 2018.''
 
{| class="wikitable" style="font-size:90%;width:99%;text-align:center;"
Nel 1905 la [[Cines]] inaugura il genere del [[film storico]], che negli anni dieci darà larga fortuna a molti cineasti italiani. Il primo film a soggetto, recante il titolo ''[[La presa di Roma]]'' (1905) di [[Filoteo Alberini]], è una vigorosa ricostruzione storica della [[Breccia di Porta Pia]].
|-
!rowspan="2"|Stagione
!rowspan="2"|Squadra
!colspan="3"|Campionato
!colspan="3"|Coppe nazionali
!colspan="3"|Coppe continentali
!colspan="3"|Altre coppe
!colspan="2"|Totale
|-
!Comp
!Pres
!Reti
!Comp
!Pres
!Reti
!Comp
!Pres
!Reti
!Comp
!Pres
!Reti
!Pres
!Reti
|-
|| [[Delfino Pescara 1936 2009-2010|2009-2010]] || {{Bandiera|ITA}} {{Calcio Pescara|N}} || [[Lega Pro Prima Divisione 2009-2010|1D]] || 4 || 1 || [[Coppa Italia Lega Pro 2009-2010|CI-LP]] || 1 || 0 || - || - || - || - || - || - || 5 || 1
|-
|| [[Associazione Calcio Lumezzane 2010-2011|2010-2011]] || rowspan=3|{{Bandiera|ITA}} {{Calcio Lumezzane|N}} || [[Lega Pro Prima Divisione 2010-2011|1D]] || 30 ||0|| [[Coppa Italia 2010-2011|CI]]+[[Coppa Italia Lega Pro 2010-2011|CI-LP]] || 0 || 0 || - || - || - || - || - || - || 30 || 0
|-
||[[Associazione Calcio Lumezzane 2011-2012|2011-2012]] || [[Lega Pro Prima Divisione 2011-2012|1D]] || 20 || 5 || [[Coppa Italia 2011-2012|CI]]+[[Coppa Italia Lega Pro 2011-2012|CI-LP]] || 2+0 || 3+0 || - || - || - || - || - || - || 22 || 8
|-
| [[Associazione Calcio Lumezzane 2012-2013|2012-2013]] || [[Lega Pro Prima Divisione 2012-2013|1D]] || 30 || 11 || [[Coppa Italia 2012-2013|CI]]+[[Coppa Italia Lega Pro 2012-2013|CI-LP]] || 2+0 || 2+0 || - || - || - || - || - || - || 32 || 13
|-
!colspan="3"|Totale Lumezzane || 80 || 16 || || 4 || 5 || || - || - || || - || - || 84 || 21
|-
|| [[Carpi Football Club 1909 2013-2014|2013-2014]] || rowspan=2|{{Bandiera|ITA}} {{Calcio Carpi|N}} || [[Serie B 2013-2014|B]] || 22 || 2 || [[Coppa Italia 2013-2014|CI]] || 0 || 0 || - || - || - || - || - || - || 22 || 2
|-
|| [[Carpi Football Club 1909 2014-2015|2014-2015]] || [[Serie B 2014-2015|B]] || 26 || 6 || [[Coppa Italia 2014-2015|CI]] || 1 || 0 || - || - || - || - || - || - || 27 || 6
|-
!colspan="3"|Totale Carpi || 48 || 8 || || 1 || 0 || || - || - || || - || - || 49 || 8
|-
|| [[Associazione Calcio ChievoVerona 2015-2016|2015-2016]] || rowspan=3|{{Bandiera|ITA}} {{Calcio Chievo|N}} || [[Serie A 2015-2016|A]] || 26 || 3 || [[Coppa Italia 2015-2016|CI]] || 0 || 0 || - || - || - || - || - || - || 26 || 3
|-
|| [[Associazione Calcio ChievoVerona 2016-2017|2016-2017]] || [[Serie A 2016-2017|A]] || 34 || 10 || [[Coppa Italia 2016-2017|CI]] || 3 || 2 || - || - || - || - || - || - || 37 || 12
|-
|| [[Associazione Calcio ChievoVerona 2017-2018|2017-2018]] || [[Serie A 2017-2018|A]] || 34 || 12 || [[Coppa Italia 2017-2018|CI]] || 2 || 1 || - || - || - || - || - || - || 36 || 13
|-
!colspan="3"|Totale Chievo || 94 || 25 || || 5 || 3 || || - || - || || - || - || 99 || 28
|-
|[[Parma Calcio 1913 2018-2019|2018-2019]]
|{{Bandiera|ITA}} [[Parma Calcio 1913|Parma]]
|[[Serie A 2018-2019|A]]
|3
|1
|[[Coppa Italia 2018-2019|CI]]
|0
|0
| -
| -
| -
| -
| -
| -
|3
|1
|-
! colspan="3" |Totale carriera || 229 || 50 || || 11 || 8 || || - || - || || - || - || 240 || 59
|}
 
== Palmarès ==
== Il periodo aureo (1910-1919) ==
=== Club ===
Nei primi anni dieci l'industria cinematografica conosce un rapido sviluppo. Nel [[1912]], l'anno della massima espansione, vengono prodotti a Torino 569 film, a Roma 420 e a Milano 120<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 38.</ref>. Nei tre anni che precedono la [[Prima guerra mondiale]], mentre la produzione si consolida, vengono esportati in tutto il mondo il mondo film mitologici, comici e drammatici. Nasce il fenomeno del divismo che per alcuni anni conoscerà un successo senza precedenti. Con la fine del decennio Roma si impone definitivamente come principale centro produttivo; tale resterà, nonostante le crisi che periodicamente scuoteranno l'industria, fino ai nostri giorni.
==== Competizioni nazionali ====
 
* {{Calciopalm|Campionato italiano Serie B|1|var=coppa}}
=== I kolossal storici ===
:Carpi: [[Serie B 2014-2015|2014-2015]]
[[File:Cabiria poster.jpg|thumb|sinistra|upright|Locandina di ''[[Cabiria]]'' ([[1914]]) di [[Giovanni Pastrone]]]]
Nel momento di massivo sviluppo produttivo, il genere storico perde il suo carattere pedagogico e illustrativo a favore di quello più spettacolare. I kolossal presentati nei primi anni del novecento mostrano tutte le ambizioni dell'[[Età giolittiana|Italia giolittiana]] che celebra sul grande schermo avvenimenti dell'antichità, con aspirazioni proprie di una potenza internazionale. Prima ancora dell'avvento del fascismo, questi film rievocano i trionfi degli antichi imperi romani, di cui si rivendica con orgoglio la discendenza culturale<ref>Maria Wyke, ''Projecting the Past. Ancient Rome, Cinema and History'', Psychology Press, Londra, 1997.</ref>. La [[Guerra italo-turca|conquista della Libia]] segna l'avvicinamento definitivo tra il sostrato nazionalista di questi film e la politica imperialista.
 
L'archetipo del filone è il ''[[Nerone (film 1909)|Nerone]]'' ([[1909]]) di [[Luigi Maggi]] e [[Arrigo Frusta]]. La pellicola si ispira all'opera di [[Pietro Cossa]] che si rifà iconograficamente alle acqueforti di [[Bartolomeo Pinelli]], al [[neoclassicismo]] e allo spettacolo ''Nero, or the Destruction of Rome'' rappresentato dal [[circo Barnum]].<ref>Mario Verdone, ''Spettacolo romano'', Golem, Roma, 1970, pp. 141-147.</ref> Seguono ''[[Marin Faliero, doge di Venezia]]'' ([[1909]]) di [[Giuseppe De Liguoro]], ''Otello'' (1909) di [[Yambo]] e ''[[L'Odissea (film 1911)|Odissea]]'' ([[1911]]) di Bertolini, Padovan e De Liguoro. ''[[L'Inferno (film 1911 Milano Films)|L'Inferno]]'' ([[1911]]) prima ancora che un adattamento della [[Inferno (Divina Commedia)|cantica dantesca]], è una traduzione cinematografica delle incisioni di [[Gustave Doré]] che sperimenta l'integrazione tra effetti ottici e azione scenica, mentre ''[[Gli ultimi giorni di Pompei (film 1913)|Gli ultimi giorni di Pompei]]'' ([[1913]]) di [[Mario Caserini]] ricorre a innovativi effetti speciali.
 
Il primo regista a sfruttare pienamente questo enorme apparato spettacolare è [[Enrico Guazzoni]], già pittore e scenografo. Nel suo ''[[Quo vadis? (film 1912)|Quo vadis?]]'' ([[1912]]) i personaggi e lo spazio scenico creano rapporti finora inediti, esaltando la dialettica tra individuo e massa che sarà al centro dei futuri film storici. La storia rimane sullo sfondo, mentre in primo piano si agitano drammi personali derivanti dal melodramma<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 43.</ref>. Il successo internazionale del film segna la maturazione del genere e permette a Guazzoni di realizzare film sempre più spettacolari, come ''[[Cajus Julius Caesar]]'' (1913) e ''[[Marcantonio e Cleopatra]]'' ([[1913]]). Dopo Guazzoni vengono [[Emilio Ghione]], [[Febo Mari]], [[Carmine Gallone]], [[Giulio Antamoro]] e tanti altri che contribuiscono all'espansione del genere.
 
[[Giovanni Pastrone]] è il regista più interessato alla ricerca di soluzioni scenografiche inedite. Già in ''[[La caduta di Troia]]'' ([[1911]]) sperimenta originali costruzioni prospettiche, ma è con il celebre ''[[Cabiria]]'' ([[1914]]) che la sua filmografia e l'intero genere raggiungono l'apice. Concepito come un autentico film-evento (anche grazie alla collaborazione di [[Gabriele D'Annunzio]]), il film colpisce il pubblico per la sua ambizione: le innovazioni tecniche (tra cui l'uso dei carrelli e del primo piano), la complessità della trama, l'uso espressivo del trucco e dell'illuminazione e l'opulenza scenografica contribuiscono alla sua fama di "oggetto d'arte" capace di superare i limiti del mezzo cinematografico<ref>Gianni Rondolino, Paolo Bertetto, ''Cabiria e il suo tempo'', Torino, 1998.</ref>. Negli anni a venire, pellicole come ''[[Intolerance (film 1916)|Intolerance]]'' (1916) di [[David W. Griffith]] o ''[[Metropolis (film 1927)|Metropolis]]'' (1927) di [[Fritz Lang]] saranno debitrici del film di Pastrone.
 
Dopo il grande successo di ''Cabiria'', con il mutare dei gusti del pubblico e le prime avvisaglie della crisi industriale, il genere comincia a mostrare segni di stanchezza. Il progetto di Pastrone di adattare la ''Bibbia'' con migliaia di comparse resta irrealizzato. Il ''[[Christus (film 1916)|Christus]]'' ([[1916]]) di Antamoro e ''[[La Gerusalemme liberata (film 1918)|La Gerusalemme liberata]]'' ([[1918]]) di Guazzoni restano notevoli per la complessità iconografica ma non offrono novità sostanziali. Nonostante sporadici tentativi di riallacciarsi al ''grandeur'' del passato, il filone dei kolossal storici si esaurisce all'inizio degli anni venti.
 
=== Le dive ===
[[File:FBertiniAssunta S1915.jpg|destra|thumb|[[Francesca Bertini]] sul set del film ''[[Assunta Spina (film 1915)|Assunta Spina]]'' ([[1915]])]]
Tra il [[1913]] e il [[1920]] si assiste all'ascesa, allo sviluppo e al declino del fenomeno del divismo cinematografico, nato con l'uscita di ''[[Ma l'amor mio non muore (film 1913)|Ma l'amor mio non muore]]'' ([[1913]]) di [[Mario Caserini]]. Il film ha un successo di pubblico enorme e codifica l'impostazione e l'estetica del divismo femminile. La recitazione di [[Lyda Borelli]] esercita una grandissima influenza per tutto il decennio e contribuisce a rinnovare l'immaginario romantico con influenze melodrammatiche, decadenti e simboliste.
 
[[Francesca Bertini]] è, dopo Lyda Borelli, la seconda grande diva del cinema italiano. Dotata di una maggiore versatilità rispetto alle dive contemporanee, passa dalla commedia al dramma passionale ricoprendo vari ruoli sociali e comunicando con efficacia un'ampia gamma di sentimenti. In ''[[Assunta Spina (film 1915)|Assunta Spina]]'' ([[1915]]) di [[Gustavo Serena]] si allontana dalle influenze liberty per avvicinarsi a una recitazione più naturalistica che ne favorisce la forza espressiva<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 51.</ref>.
 
Nel giro di pochi anni si affermano anche [[Eleonora Duse]], [[Pina Menichelli]], [[Rina De Liguoro]], [[Leda Gys]], [[Vittoria Lepanto]] e [[Italia Almirante Manzini]]. Film come ''[[Fior di male]]'' ([[1914]]) di [[Carmine Gallone]], ''[[Il fuoco (film)|Il fuoco]]'' ([[1915]]) di [[Giovanni Pastrone]], ''[[Rapsodia satanica]]'' ([[1917]]) di [[Nino Oxilia]] e ''[[Cenere (film)|Cenere]]'' ([[1917]]) di [[Febo Mari]] arrivano a modificare il costume nazionale, imponendo canoni di bellezza, modelli di comportamento e oggetti del desiderio. Questi modelli, fortemente stilizzati secondo le tendenze culturali e artistiche dell'epoca, si allontanano dal naturalismo a favore della recitazione melodrammatica, del gesto pittorico e della posa teatrale<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., pp. 47-52.</ref>.
 
Nonostante la diversità delle interpreti e dei film, il modello femminile che emerge dal cinema di questo periodo è sostanzialmente riconducibile al modello melodrammatico, anche se contaminato dal decadentismo dannunziano e dalle teorie di Lombroso: «ora innocenti e pure, ora deliranti e in preda al "déreglement de tous les sens", ora madri dolcissime a cui viene negata la maternità, ora donne capaci di amare oltre la stessa morte»<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 52.</ref>. Soltanto negli anni venti, con la crisi produttiva e il tramonto delle dive, sarà possibile l'emergere di una figura femminile più realistica, priva dell'aura divina e più accessibile allo spettatore.
 
=== Le comiche ===
Nonostante un discreto successo nel primo decennio del secolo, le comiche mute non sono mai diventate un genere di rilievo per il cinema italiano. Il tratto rilevante di questa produzione, che conta centinaia di film (quasi tutti cortometraggi), è la capacità di assimilare varie forme di spettacolo popolare, dal teatro di piazza al ''vaudeville''. Costruiti attorno a esili trame o semplici spunti umoristici portati alle estreme conseguenze, questi brevi film fungono da semplice accompagnamento a film più ambiziosi.
 
Il comico di maggior successo in Italia è André Deed, più noto come [[Cretinetti]], protagonista di innumerevoli corti per la [[Itala Film]]. Il suo successo apre la strada a [[Marcel Fabre]] (Robinet), [[Ernesto Vaser]] (Fricot) e tanti altri. L'unico attore di una certa sostanza è però [[Ferdinand Guillaume]], che diventerà celebre come Polidor<ref>{{cita pubblicazione | cognome=AAVV |titolo=I comici del muto italiano |rivista=Griffithiana |numero=24-25 |anno=1985}}</ref>.
 
L'interesse storico di questi film sta nella loro capacità di rivelare le aspirazioni e le paure di una società piccolo-borghese divisa tra il desiderio di affermazione e le incertezze del presente. È significativo che i protagonisti delle comiche italiane non si pongano mai in aperto contrasto con la società né incarnino desideri di rivalsa sociale (come accade per esempio con [[Charlie Chaplin|Chaplin]]), ma cerchino piuttosto di integrarsi in un mondo fortemente desiderato<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 46.</ref>.
 
=== Il cinema futurista ===
[[File:Thais bragaglia 1918 03.jpg|thumb|sinistra|Un fotogramma di ''[[Thaïs (film 1917 Italia)|Thaïs]]'' ([[1917]]) di [[Anton Giulio Bragaglia]]]]
{{vedi anche|Cinema futurista}}
Anche se marginalmente, l'avanguardia futurista ha effetti sul cinema del periodo e soprattutto ne è influenzata. Con il suo interesse per la rapidità e la violenza espressiva, il futurismo trova nel cinema un'arte giovane, meno compromessa con la retorica passatista rispetto alle altre, e soprattutto aperta ai futuri sviluppi tecnologici. Nel Manifesto della cinematografia futurista (1916) [[Filippo Tommaso Marinetti]], [[Bruno Corra]], [[Emilio Settimelli]], [[Arnaldo Ginna]] e [[Giacomo Balla]] descrivono il cinema come l'arte capace di sintetizzare tutte le tendenze sperimentali dell'epoca. Rivendicano l'uso di "drammi di oggetti", "sinfonie di linee e colori" e "giochi delle proporzioni" per superare i limiti del naturalismo ottocentesco. Il cinema che auspicano è "antigrazioso, deformatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero"<ref name = "ft">{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/futurismo_%28Enciclopedia_del_Cinema%29/|titolo=Il cinema futurista - Treccani |accesso=26 maggio 2015}}</ref>.
 
Al di là della dichiarazione d'intenti, il futurismo non riuscirà a far proprio il nuovo mezzo di espressione, né sarà in grado di lasciare un segno duraturo nella sua evoluzione. L'influenza opera piuttosto in senso contrario: sarà il cinema a condizionare la produzione artistica del movimento, con il montaggio dei materiali più disparati, i primi piani e i dettagli, il taglio eccentrico delle immagini, l'uso di didascalie, stacchi e dissolvenze<ref>Giovanni Lista, "Futurisme et cinéma", in ''Peinture, cinéma, peinture'', Nathan, Parigi, 1989, p. 59.</ref>.
 
I film riconducibili al movimento sono pochissimi. Oltre ai film astratti dipinti su pellicola da Bruno Corra e Arnaldo Ginna, andati perduti, le opere più significative sono soltanto due. ''[[Thaïs (film)|Thaïs]]'' (1917), di [[Anton Giulio Bragaglia]], nasce sulla base del trattato estetico ''Fotodinamismo futurista'' (1911) dello stesso autore. Il film, costruito attorno a una vicenda melodrammatica e decadente dall'impianto teatrale, rivela in realtà molteplici influenze artistiche diverse dal futurismo marinettiano; le scenografie [[Secessione viennese|secessioniste]], l'arredamento [[Stile liberty|liberty]], e i momenti astratti e [[Surrealismo|surreali]] contribuiscono a creare un forte sincretismo formale. Nello stesso periodo Bragaglia realizza altri film (''Perfido incanto'', ''Il mio cadavere'' e il cortometraggio ''Dramma nell'Olimpo'') andati perduti. ''[[Vita futurista]]'' (1916), di Arnaldo Ginna, è invece una sorta di verifica pratica delle tesi esposte nel ''Manifesto'': ironico e intenzionalmente provocatorio, il film ricorre a numerosi effetti speciali (parti colorate a mano, viraggi, inquadrature eccentriche, montaggio anti-naturalistico) per stimolare le reazioni emotive dello spettatore.
 
== La grande crisi e l'arrivo del sonoro (1920-1930) ==
[[File:Roberto Roberti 1918.jpg|miniatura|destra|upright|Il regista [[Roberto Roberti]]]]
Con la fine della [[Prima guerra mondiale|Grande guerra]] il cinema italiano attraversa un periodo di crisi dovuto a molti fattori: disorganizzazione produttiva, aumento dei costi, arretratezza tecnologica, perdita dei mercati esteri e incapacità di far fronte alla concorrenza internazionale, in particolare quella hollywoodiana<ref>Gian Piero Brunetta, ''Storia del cinema italiano'', vol. I, Laterza, Roma, 1993, p. 245.</ref>. Tra le cause principali va segnalata la mancanza di un ricambio generazionale con una produzione ancora dominata da autori e produttori di formazione letteraria e teatrale, incapaci di far fronte alle sfide della modernità. La prima metà degli anni venti segna un netto riflusso produttivo: dai 350 film prodotti nel 1921 si passa ai 60 del 1924<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 57.</ref>.
 
Resistono ancora i drammi passionali, perlopiù ripresi da testi classici o popolari e diretti da specialisti come [[Roberto Roberti]], i [[kolossal]] religiosi di [[Giulio Antamoro]] e i [[feuilleton]]. Letteratura e teatro sono ancora le fonti narrative privilegiate. Sulla scorta dell'ultima generazione di dive, si diffonde un cinema sentimentale al femminile, incentrato su figure ai margini della società che, invece di lottare per emanciparsi (come accade nel contemporaneo cinema hollywoodiano), attraversano un autentico calvario allo scopo di preservare la propria virtù. La protesta e la ribellione da parte delle protagoniste femminili sono fuori discussione. È un cinema fortemente conservatore, legato a regole sociali sconvolte dalla guerra e in via di dissoluzione in tutta Europa. Un caso esemplare è quello di ''[[La storia di una donna]]'' ([[1920]]) di [[Eugenio Perego]], che usa una costruzione narrativa originale per proporre con toni melodrammatici una morale ottocentesca<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., p. 56.</ref>. Un filone particolare è quello di ambientazione napoletana, grazie all'opera della prima regista donna del cinema italiano, [[Elvira Notari]], che dirige numerosi film influenzati dal teatro popolare e tratti da famose sceneggiate, canzoni napoletane, romanzi d'appendice oppure ispirati a fatti di cronaca<ref>Gwendolyn Audrey Foster, ''Women Film Directors: An International Bio-Critical Dictionary'', Greenwood Publishing Group, Santa Barbara, 1995 pp. 282-284.</ref>.
 
In realtà la produzione italiana di questo periodo è marginale e il mercato è dominato dai film hollywoodiani. L'unico produttore capace di adeguarsi alla situazione è [[Stefano Pittaluga]], destinato a esercitare un controllo quasi assoluto sui film italiani fino agli anni trenta. Tra i registi in grado di misurarsi con le produzioni europee troviamo [[Lucio D'Ambra]], [[Carmine Gallone]] e soprattutto [[Augusto Genina]]. Realizzatore versatile e attento ai gusti del pubblico, Genina si dedica con facilità alla commedia brillante, ai melodrammi e ai film d'avventura, ottenendo spesso grandi successi al botteghino. Per tutti gli anni trenta sarà uno dei registi di punta del cinema fascista<ref>Sergio Grmek Germani, Vittorio Martinelli, ''Il cinema di Augusto Genina'', Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, 1989.</ref>.
 
Si dovrà attendere la fine del decennio per trovare pellicole di maggior respiro. In questo periodo un gruppo di intellettuali vicini alla rivista ''[[Rivista del cinematografo|Cinematografo]]'' e guidati da [[Alessandro Blasetti]] lancia un programma semplice quanto ambizioso. Consapevoli dell'arretratezza culturale italiana, decidono di rompere ogni legame con la tradizione precedente attraverso una riscoperta del mondo contadino, fino ad allora praticamente assente nel cinema italiano. ''[[Sole (film 1929)|Sole]]'' (1929) di Alessandro Blasetti mostra l'evidente influenza delle avanguardie sovietiche e tedesche nel tentativo di rinnovare la cinematografia italiana in accordo con gli interessi del regime fascista. ''[[Rotaie (film)|Rotaie]]'' ([[1930]]) di [[Mario Camerini]] fonde il genere tradizionale della commedia con il [[kammerspiel]] e il film realista, rivelando l'abilità del regista nel tratteggiare i caratteri della media borghesia<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema muto italiano", cit., pp. 59-60.</ref>. Pur non essendo paragonabili ai risultati più alti del cinema internazionale del periodo, i lavori di Alessandro Blasetti e Mario Camerini testimoniano un avvenuto passaggio generazionale tra i registi e gli intellettuali italiani, e soprattutto un'emancipazione dai modelli letterari e un avvicinamento ai gusti del pubblico. Una volta riorganizzata l'industria, i frutti di questa rinascita saranno presto messi al servizio del regime fascista.
 
[[File:Dria_Paola_1930.jpg|thumb|destra|upright=0.7|Locandina del film ''[[La canzone dell'amore]]'' (1930) di [[Gennaro Righelli]]]]
Lo scetticismo iniziale nei confronti del cinema sonoro coinvolge produttori e cineasti di molti paesi, restii fin da subito a cimentarsi con la nuova invenzione. Tale ideazione stravolge le regole della grammatica cinematografica ed è vista come una minaccia per la distribuzione internazionale. Il sonoro arriva in Italia nel 1930, tre anni dopo l'uscita del ''[[Il cantante di jazz (film 1927)|Il cantante di jazz]]'' (1927), e porta immediatamente a un dibattito sulla validità del cinema parlato e i suoi rapporti con il teatro.
 
Alcuni registi affrontano con entusiasmo la nuova sfida. Il primo film sonoro italiano è ''[[La canzone dell'amore]]'' ([[1930]]) di [[Gennaro Righelli]], che un grande successo di pubblico. Anche alessandro Blasetti sperimenta subito l'uso del sonoro in ''[[Resurrectio]]'' (1930), girato prima della ''Canzone dell'amore'' ma distribuito dopo<ref name=Gori20>Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti'', La Nuova Italia, Firenze, 1984, p. 20.</ref>. Simile al film di Righelli è ''[[Gli uomini, che mascalzoni...]]'' (1932) di [[Mario Camerini]], che fa debuttare sugli schermi [[Vittorio De Sica]].
 
Con il passaggio al sonoro la maggior parte degli attori italiani del cinema muto, ancora legati alla stilizzazione teatrale, si ritrova squalificata. L'epoca delle dive e dei forzuti, sopravvissuti a stento agli anni venti, è definitivamente conclusa. Anche se alcuni interpreti passeranno alla regia o alla produzione, l'arrivo del sonoro favorisce il ricambio generazionale già in atto e la modernizzazione delle strutture.
 
== Il cinema fascista (1922-1945) ==
{{vedi anche|Cinecittà}}
[[File:luce2.jpg|upright=1.3|thumb|sinistra|L'Istituto Luce nella nuova sede del 1937]]
Consapevole dell'importanza del cinema nella gestione del consenso sociale, il regime [[fascismo|fascista]] si preoccupa fin da subito di rilanciare una cinematografia in declino. Nel 1924 viene fondata l'[[Istituto Luce|Unione Cinematografica Educativa Luce]], una società di produzione e distribuzione a controllo statale. Nello stesso periodo viene istitutito il [[Ministero della Cultura Popolare]] che, attraverso considerevoli contributi a fondo perduto (regolati dalla legge 918 del 1931), finanzia direttamente l'industria dello spettacolo. Tra i maggiori beneficiari c'è la casa di produzione Cines-Pittaluga, che nel 1925 costruisce nuovi teatri di posa alle porte di Roma. Nonostante l'aumento degli investimenti derivato da questa politica dirigista, l'arretratezza tecnologica e culturale condanna alla marginalità l'ultimo periodo del cinema muto. Nel primo anno di vita della Cines saranno prodotti in Italia soltanto 12 film, contro i 350 importati dall'estero<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", in ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2000, p. 342.</ref>.
 
Entro la fine del decennio, il regime diventa il principale finanziatore dell'industria cinematografica. Da questo momento fino allo scoppio della guerra, la crescita della produzione si manterrà costante. Nel 1934 è istituita la Direzione generale per la Cinematografia guidata da [[Luigi Freddi]], che di fatto controllerà la produzione fino alla caduta del regime. Lo stesso anno viene creata la Corporazione dello spettacolo, dove trovano posto tutti i principali produttori e distributori del paese. In questo periodo, oltre alla Cines, nascono altre società di produzione, tra cui la [[Lux Film]], specializzata in adattamenti letterari e film religiosi, e la Novella Film di [[Angelo Rizzoli (1889-1970)|Angelo Rizzoli]]. Tra i produttori più attivi vanno ricordati [[Gustavo Lombardo]] (presidente della [[Titanus]]), [[Giovacchino Forzano]] e i [[Scalera Film|fratelli Scalera]]. Tutti i produttori e i distributori ricevono fondi dallo Stato, che si dota anche di una propria catena di sale, l'Enic.
 
Nel 1935 viene istituito il [[Centro Sperimentale di Cinematografia]], destinato a imporsi come il principale luogo di formazione professionale del cinema italiano. Nello stesso anno gli stabilimenti della Cines vengono distrutti da un incendio. Sulle ceneri del vecchio sito industriale sorge nel 1937 [[Cinecittà]], uno dei complessi produttivi più grandi d'Europa, inaugurato in aperta sfida agli studios di Hollywood. Nel 1940 gli stabilimenti vengono statalizzati e ben presto diventano il cuore produttivo dell'industria cinematografica, portando metà della produzione a girare nei suoi teatri di posa. Da quel momento [[Roma]] diventa la capitale indiscussa del cinema italiano, con Cinecittà e il Centro Sperimentale destinati a esercitare per circa mezzo secolo un dominio incontrastato nella formazione delle competenze e nella produzione.
 
Fino alla fine del 1938 il regime fascista non si oppone all'importazione di film stranieri (basti pensare che il 73% degli incassi di quell'anno vanno a film hollywoodiani), ma con il rafforzamento produttivo e il sempre maggiore ruolo dello Stato nella produzione vengono adottate misure protezionistiche volte a limitare le importazioni. La legge Alfieri del 6 giugno 1938 blocca la circolazione di film stranieri, dando impulso alla produzione nazionale. Nel 1939 si realizzano 50 film, che diventeranno 119 nel 1942; contemporaneamente la quota di mercato nazionale dei film italiani passa dal 13% al 50%<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 348.</ref>. Nemmeno la guerra è capace di arrestare questo stato di euforia produttiva, che durerà fino al 1943.
 
Fino al momento del suo crollo, il regime imporrà senza opposizioni un cinema strutturato in generi codificati. Il cinema del fascismo non sarà il veicolo privilegiato della propaganda (un compito svolto molto più persuasivamente dai Cinegiornali Luce), ma contribuirà a formare l'idea di società che il fascismo vuole imporre: una società pacificata, priva di conflitti interni, capace di slanci produttivi ma non toccata dai mali della modernità.
 
A questo intento celebrativo contribuisce anche una nuova generazione di attori, in gran parte provenienti dal teatro. [[Vittorio De Sica]] incarna una virilità comune e per questo capace di catturare le attenzioni del pubblico; al suo fianco recitano [[Assia Noris]], [[Isa Pola]], [[Gino Cervi]], [[Fosco Giachetti]], [[Carlo Ninchi]], [[Roldano Lupi]], [[Rossano Brazzi]] e [[Isa Miranda]]. Tutti questi attori rappresentano un felice tentativo di riportare in auge un divismo di statura internazionale. Durante gli anni trenta, allo stesso modo, interpreti come [[Amedeo Nazzari]], [[Massimo Girotti]], [[Leonardo Cortese]], [[Osvaldo Valenti]] e [[Raf Vallone]] continueranno a incarnare la virilità italiana, divisa tra orgoglio nazionale e avvicinamenti progressivi alla realtà; [[Alida Valli]], [[Dria Paola]], [[Clara Calamai]], [[Doris Duranti]], [[Valentina Cortese]] ed [[Elsa De Giorgi]] portano sul grande schermo una bellezza più comune, lontana dal fascino stilizzato delle grandi Dive. Un discorso a parte meritano alcuni attori provenienti dal varietà e capaci di portare al cinema fortunate maschere comiche: è il caso di [[Ettore Petrolini]], [[Totò]], [[Gilberto Govi]], i fratelli [[Eduardo De Filippo|Eduardo]] e [[Peppino De Filippo]], [[Aldo Fabrizi]] ed [[Erminio Macario]]<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', cit., pp. 203-2015.</ref>.
 
=== Film di propaganda ===
{{vedi anche|Cinema di propaganda fascista}}
 
[[File:Scipione l'africano - Carmine Gallone - 1937.png|miniatura|sinistra|Un'immagine del film ''[[Scipione l'Africano (film 1937)|Scipione l'Africano]]'', diretto da [[Carmine Gallone]] nel [[1937]]]]
Le rappresentazioni cinematografiche dello squadrismo e delle prime azioni fasciste sono rare. ''[[Vecchia guardia]]'' (1934) di Alessandro Blasetti rievoca la supposta spontaneità vitalistica dello squadrismo con toni populisti, ma non viene apprezzato dalla critica di regime<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Bari, 1991, p. 194.</ref>. ''[[Camicia nera (film)|Camicia nera]]'' (1933) di [[Giovacchino Forzano]], realizzato per il decennale della [[marcia su Roma]], celebra i successi del regime (la bonifica delle paludi pontine e la costruzione di [[Littoria]]) alternando sequenze narrative a brani documentari.
 
Con il consolidamento politico, l'autorità governativa impone all'industria cinematografica di rafforzare l'identificazione del regime con la storia e la cultura del paese. Da qui nasce la necessità di rileggere la storia italiana dalla prospettiva fascista, riducendo teleologicamente ogni avvenimento passato a un prodromo della "rivoluzione fascista", in continuità con l'opera storiografica di [[Gioacchino Volpe]]. Dopo i primi tentativi in questa direzione, volti soprattutto a sottolineare la presunta continuità tra Risorgimento e fascismo (''[[Villafranca (film)|Villafranca]]'' di Forzano, 1933; ''[[1860 (film)|1860]]'' di Blasetti, 1933), la tendenza raggiunge l'apice poco prima della guerra. ''[[Cavalleria (film)|Cavalleria]]'' (1936), di [[Goffredo Alessandrini]], rievoca la nobiltà dei combattenti sabaudi presentandone le gesta come anticipazioni dello squadrismo. ''[[Condottieri (film 1937)|Condottieri]]'', (1937) di [[Luis Trenker]], racconta la storia di [[Giovanni dalle Bande Nere]] stabilendo esplicitamente un parallelo con [[Benito Mussolini]], mentre ''[[Scipione l'Africano (film 1937)|Scipione l'Africano]]'' (1937) di [[Carmine Gallone]] (uno dei maggiori sforzi produttivi dell'epoca), celebra l'impero romano e indirettamente quello fascista<ref name=Brunetta352>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., pp. 352-355.</ref>.
 
L'[[Guerra d'Etiopia|invasione dell'Etiopia]] dà ai registi italiani la possibilità di estendere gli orizzonti delle ambientazioni<ref>Gian Piero Brunetta, Jean A. Gili, ''L'ora d'Africa del cinema italiano, 1911-1989'', Materiali di Lavoro, Rovereto, 2000.</ref>. ''[[Il grande appello]]'' (1936) di [[Mario Camerini]] esalta l'imperialismo descrivendo la "nuova terra" come un'opportunità di lavoro e redenzione, contrapponendo l'eroismo dei giovani soldati alla pavidità borghese. La polemica antipacifista che accompagna le imprese coloniali è evidente anche in ''[[Lo squadrone bianco]]'' (1936) di [[Augusto Genina]], che unisce la retorica propagandistica a notevoli sequenze di battaglia girate nel deserto della [[Tripolitania]]. La maggior parte dei film a celebrazione dell'impero sono in prevalenza documentari, volti a presentare la guerra come una lotta della civiltà contro la barbarie. La [[Guerra civile spagnola|guerra di Spagna]] è descritta nei documentari (''Los novios de la muerte'' di [[Romolo Marcellini]], 1936; ''Arriba España, España una, grande, libre!'' di [[Giorgio Ferroni]], 1939) e fa da sfondo a un'altra dozzina di film, tra i quali il più spettacolare è ''[[L'assedio dell'Alcazar]]'' (1940) di Augusto Genina<ref name=Brunetta352/>.
 
[[File:Vecchia guardia 1934.JPG|thumb| Una scena del film ''[[Vecchia guardia]]'' (1934) di [[Alessandro Blasetti]]]]
Con l'entrata in guerra, il regime fascista rafforza ulteriormente il controllo sulla produzione e richiede un impegno più deciso nella propaganda. Oltre agli ormai canonici documentari, cortometraggi e cinegiornali, aumentano anche i film a soggetto in elogio delle imprese belliche italiane. Tra i più rappresentativi troviamo ''[[Bengasi (film)|Bengasi]]'' (1940) di Genina, ''[[Gente dell'aria]]'' (1942) di [[Esodo Pratelli]], ''[[I tre aquilotti]]'' (1942) di [[Mario Mattoli]] su sceneggiatura di [[Vittorio Mussolini]] e ''[[Quelli della montagna]]'' (1943) di Cino Betrone con la supervisione di Blasetti. Una citazione a parte merita ''[[Uomini sul fondo]]'' (1941) di [[Francesco De Robertis]], un film notevole grazie al suo approccio quasi documentaristico<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 354.</ref>.
 
Il film di maggiore successo del periodo è il dittico ''[[Noi vivi]]''-''[[Addio Kira!]]'' (1942) di [[Goffredo Alessandrini]]. Riconducibile al genere del dramma anticomunista, questo cupo melodramma ambientato in un'improbabile [[Unione Sovietica]] è ispirato a un [[Noi vivi (romanzo)|romanzo]] della scrittrice [[Ayn Rand]] che esalta l'individualismo più radicale. Proprio a causa di questa generica critica all'autoritarismo, il dittico ha potuto essere interpretato come una blanda accusa al morente regime fascista<ref name=Brunetta355>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 355.</ref>.
 
Tra i registi che danno il loro contributo alla propaganda bellica c'è anche [[Roberto Rossellini]], autore di una trilogia composta da ''[[La nave bianca]]'' (1941), ''[[Un pilota ritorna]]'' (1942) e ''[[L'uomo dalla croce]]'' (1943). Anticipando per certi versi le sue opere della maturità, il regista adotta uno stile dimesso e immediato, che non contrasta l'efficacia della propaganda ma neppure esalta la retorica bellica dominante: è lo stesso approccio anti-spettacolare a cui resterà fedele per tutta la vita<ref name=Brunetta355/>.
 
=== Il cinema dei telefoni bianchi ===
{{vedi anche|Cinema dei telefoni bianchi}}
[[File:casadelpeccato.jpg|thumb|sinistra|upright|[[Assia Noris]] in ''[[La casa del peccato (film 1938)|La casa del peccato]]'' ([[1938]]) di [[Max Neufeld]]]]
La stagione cinematografica dei "telefoni bianchi" interessa un periodo di tempo relativamente breve, dalla seconda metà degli anni trenta alla caduta del fascismo. Il riferimento ai telefoni di colore bianco (all'epoca un segno di benessere sociale) indica fin da subito i caratteri di questo cinema che portano al rifiuto di qualunque problematica sociale, ponendo al centro della scena esili commedie sentimentali, che conoscono un effimero successo negli anni in cui il fallimento delle promesse del fascismo si fa sempre più evidente. Se da un lato l'ambientazione piccolo-borghese rivela le speranze e i sogni collettivi di una società italiana sull'orlo dell'impoverimento, dall'altro il carattere ameno delle storie è in netto contrasto con la politica imperiale del fascismo e il cinema di propaganda a essa legato<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Bari, 1991, p. 248.</ref>.
 
Una denominazione alternativa del genere è "cinema déco"<ref name=brunetta356>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 356.</ref>, per sottolineare i frequenti riferimenti alla moda e al costume dell'epoca. Infatti, tali commedie traboccano di macchine di grido, case di lusso arredate con stile e vestiti alla moda, degno contorno delle innocue vicende sentimentali di [[Amedeo Nazzari]], [[Vittorio De Sica]], [[Alida Valli]] e [[Assia Noris]]. Il cosmopolitismo superficiale del genere è spiegabile anche per le necessità produttive: molti film sono adattamenti di commedie mitteleuropee di inizio secolo, che tentavano di mascherare la frivolezza del contenuto con la brillantezza dello stile. L'ambientazione straniera di molte storie (spesso in un'Europa centrale indifferente alle tragedie del continente),<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Bari, 1991, p. 250.</ref>, contribuisce a relegare questo cinema nel puro disimpegno, lontano dalle preoccupazioni dei tempi difficili. Il "cinema déco" è il banco d'esordio di numerosi sceneggiatori destinati a imporsi nei decenni successivi (tra i quali [[Cesare Zavattini]] e [[Sergio Amidei]]), ma più ancora dei soggetti contano spesso le invenzioni grafiche di scenografi come [[Guido Fiorini]], Gino Sensani e [[Antonio Valente]], summa dell'estetica piccolo-borghese del periodo fascista<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', p. 251-257.</ref><ref name=brunetta356/>.
 
[[Mario Camerini]] è il maggior regista del genere. Dopo aver praticato i filoni più diversi, negli anni trenta si sposta felicemente nel territorio della commedia con ''[[Gli uomini, che mascalzoni...]]'' ([[1932]]), ''[[Il signor Max]]'' ([[1937]]) e ''[[I grandi magazzini]]'' ([[1939]]), nei quali mette a punto una leggerezza di tocco capace di valorizzare i divi dell'epoca. In altri film si confronta con la commedia di impronta hollywoodiana sul modello di [[Frank Capra]] (''Batticuore'', 1939), con quella surreale alla [[René Clair]] (''Darò un milione'', 1935) e con adattamenti letterari più tradizionali (''[[I promessi sposi (film 1941)|I promessi sposi]]'', 1941). Camerini è interessato alla figura dell'italiano tipico e popolare, tanto da anticipare alcuni elementi della futura commedia all'italiana<ref>Alberto Farassino, ''Mario Camerini'', Editions du Festival International du Film de Locarno, Locarno, 1992.</ref>. Il suo interprete maggiore, [[Vittorio De Sica]], ne continuerà la lezione in ''[[Maddalena... zero in condotta]]'' (1940) e ''[[Teresa Venerdì]]'' (1941), valorizzando soprattutto la direzione degli attori e la cura per le ambientazioni, prima di portare tutte le capacità acquisite verso una direzione inedita con ''[[I bambini ci guardano]]'' (1944).
 
Tra gli altri registi, più convenzionali, troviamo [[Mario Mattoli]] (''[[Ore 9 lezione di chimica]]'', 1941), [[Jean de Limur]] (''[[Apparizione (film)|Apparizione]]'', 1944) e [[Max Neufeld]] (''[[La casa del peccato (film 1938)|La casa del peccato]]'', 1938; ''[[Mille lire al mese (film)|Mille lire al mese]]'', 1939).
 
=== Il calligrafismo ===
{{vedi anche|Calligrafismo (cinema)}}
[[File:Tragica notte fotoscena.jpg|destra|thumb|Una foto di scena di ''[[Tragica notte (film)|Tragica notte]]'' (1942) di [[Mario Soldati]]]]
Il [[Calligrafismo (cinema)|calligrafismo]] è una tendenza cinematografica relativa ad alcuni film realizzati in Italia nella prima metà degli [[Anni 1940|anni quaranta]] e dotati di una complessità espressiva e molteplici riferimenti figurativi, letterari e cinematografici che li isolano dal contesto cinematografico dominante. L'esponente più noto di questa tendenza è [[Mario Soldati]], scrittore e regista di lungo corso destinato a imporsi con film di ascendenza letteraria e solido impianto formale: ''[[Dora Nelson]]'' ([[1939]]), ''[[Piccolo mondo antico (film 1941)|Piccolo mondo antico]]'' ([[1941]]), ''[[Malombra (film 1942)|Malombra]]'' ([[1942]]), ''[[Tragica notte (film)|Tragica notte]]'' ([[1942]]), ''[[Quartieri alti]]'' ([[1943]]). I suoi film mettono al centro della storia personaggi femminili dotati di una forza drammatica e psicologica estranea ai caratteri del cinema dei telefoni bianchi. [[Luigi Chiarini]], già attivo come critico, approfondisce la tendenza nei suoi ''[[La bella addormentata (film 1942)|La bella addormentata]]'' ([[1942]]), ''[[Via delle Cinque Lune]]'' ([[1942]]) e ''[[La locandiera (film 1944)|La locandiera]]'' ([[1944]]). I conflitti interiori dei personaggi e la ricchezza scenografica sono ricorrenti anche nei primi film di [[Alberto Lattuada]] (''[[Giacomo l'idealista (film)|Giacomo l'idealista]]'', [[1942]]) e [[Renato Castellani]] (''[[Un colpo di pistola]]'', [[1942]]), dominati da un senso di disfacimento morale e culturale che sembra anticipare la fine della guerra.
 
La caratteristica dominante in questo corpus eterogeneo di film è la volontà di competere con il cinema europeo affermando l'autonomia espressiva del cinema nei confronti delle altre arti e, al tempo stesso, la possibilità di confrontarlo pari a pari con esse mediante uno stile che possa fondere e contaminare i diversi linguaggi artistici ed espressivi<ref>Roberto Campari, ''Il fantasma del bello. Iconologia del cinema italiano'', Marsilio, Venezia, 1994. ISBN 88-317-5898-5</ref>. Il risultato è un cinema formalmente complesso, capace di rievocare numerose tendenze culturali e di armonizzarle in una forma espressiva compiuta mediante l'attenzione formale, la rivalutazione del carattere "artigianale" del cinema, svilito nel periodo del cinema dei telefoni bianchi. I riferimenti letterari principali sono quelli della narrativa ottocentesca, in prevalenza italiana (da [[Antonio Fogazzaro]] a [[Emilio De Marchi (scrittore)|Emilio De Marchi]]), russa e francese. Ai film collaborano letterati come [[Corrado Alvaro]], [[Ennio Flaiano]], [[Emilio Cecchi]], [[Francesco Pasinetti]], [[Vitaliano Brancati]], [[Mario Bonfantini]] e [[Umberto Barbaro]]. Sul versante visivo, il calligrafismo si rifà ai [[macchiaioli]] toscani, ai [[preraffaeliti]] e ai [[simbolisti]]<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., pp. 357-359.</ref>.
 
I film di questa breve tendenza non hanno vocazione realista o di impegno sociale. L'interesse principale resta la cura formale e la ricchezza di riferimenti culturali racchiusi in un cinema capace di valorizzare la professionalità di ogni componente produttiva. Il calligrafismo non porta a innovazioni nel sistema produttivo, ma ne eleva la qualità e rivela le ambizioni di una nuova generazione di autori e intellettuali interessati a superare i limiti ristretti della cultura ufficiale fascista<ref>Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', cit., p. 258.</ref>. La critica del tempo bolla i film del calligrafismo come velleitari e superficiali (coniando appositamente l'espressione "calligrafismo"); in seguito, a partire dagli anni Sessanta, questo giudizio riduttivo è stato corretto<ref>Andrea Martini, ''La bella forma. Poggioli, i calligrafici e dintorni'', Marsilio, Venezia, 1992. ISBN 88-317-5774-1</ref>.
 
=== Il cinema della Repubblica di Salò ===
{{vedi anche| Cinevillaggio}}
[[File:Osvaldo Valenti prigioniero 1945.jpg|thumb|sinistra|[[Osvaldo Valenti]] con la divisa della [[Xª Flottiglia MAS (Repubblica Sociale Italiana)|Xª MAS]]]]
Per la brevità della sua storia, la fragilità delle strutture produttive e la debolezza dei film, il cinema della [[Repubblica Sociale Italiana|Repubblica di Salò]] è un campo scarsamente considerato dalla storiografia. Questa "non storia"<ref>L'efficace definizione è di Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 363.</ref> inizia all'indomani dell'[[armistizio di Cassibile|armistizio dell'8 settembre]], quando [[Luigi Freddi]] stabilisce il nuovo centro della cinematografia fascista a [[Venezia]] allo scopo di riprendere la produzione. [[Ferdinando Mezzasoma]], nominato Ministro della Cultura Popolare, tenta di creare una piccola [[Cinevillaggio|Cinecittà veneziana]] con i registi, le maestranze e gli attori di second'ordine che hanno risposto all'appello di trasferirsi al nord. Ma il cinema della Repubblica Sociale è da subito condannato a lottare contro la scarsità di mezzi concessi dalle autorità, ormai prive di interesse per quella che Mussolini stesso aveva definito "l'arma più forte". Giorgio Venturini, Direttore generale dello spettacolo (peraltro privo di qualunque esperienza in campo cinematografico), descrive con realismo la situazione in cui si trova a operare:
{{quote|Quel che vedete non è certo Cinecittà: chiamiamolo pure un [[cinevillaggio]]; ma il piano urbanistico ne è stato così ben tracciato da consentire domani ogni più ampio sviluppo<ref>{{cita pubblicazione | nome=Giorgio | cognome=Venturini |titolo=Discorso e cronaca della cerimonia d'inaugurazione |rivista=Film |volume=VII |numero=6 |anno=1944}}.</ref>}}
 
All'inizio del [[1944]] vengono inviate da [[Praga]] le apparecchiature cinematografiche requisite dai tedeschi a [[Cinecittà]] e la produzione può iniziare. Il tentativo di stabilire un solido gruppo di attori è però fallimentare: [[Osvaldo Valenti]] e [[Luisa Ferida]] sono i soli nomi di richiamo ad aver giurato fedeltà al nuovo regime, mentre gli altri (tra cui [[Emma Gramatica]], [[Elena Zareschi]], [[Nada Fiorelli]]...) non bastano a suscitare l'interesse del pubblico. Tra i registi che aderiscono al cinema repubblichino troviamo [[Piero Ballerini]], [[Francesco De Robertis]], [[Fernando Cerchio]], [[Ferruccio Cerio]]; tra gli sceneggiatori [[Corrado Pavolini]] e [[Alessandro De Stefani]].
 
Le risorse del Ministero vengono usate principalmente per riportare in vita il Cinegiornale Luce. I 55 servizi realizzati dalla metà del [[1943]] alla fine della guerra si occupano di cronache mondane, eventi sportivi, curiosità dall'estero. La guerra resta spesso sullo sfondo, e in un solo numero si parla dei partigiani<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal sonoro a Salò", cit., p. 362.</ref>. I lungometraggi a soggetto, una quarantina in totale, evitano con cura la propaganda. Tra i titoli più significativi c'è ''[[La vita semplice]]'' (uscito nel 1946) di De Robertis, un'amena storia sentimentale ambientata nella Venezia popolare.
 
La fine della guerra è anche la fine di questo debole cinevillaggio. Subito dopo i dissidi saranno ricomposti in nome della ricostruzione nazionale e nella vana speranza di mantenere anche in tempo di pace una parte della produzione a Venezia<ref>Ernesto G. Laura, ''L'immagine bugiarda. Mass-media e spettacolo nella Repubblica di Salò (1943-1945)'', ANCCI, Roma, 1986, p. 333.</ref>.
 
== Il cinema del dopoguerra (1945-1960) ==
Negli ultimi anni del conflitto l'Italia conosce distruzioni immani. Uno dei sistemi produttivi più avanzati d'Europa si è dissolto e la produzione è praticamente ferma. In questo scenario desolante si manifesta una volontà di rinascita, che nel 1944 porta alla fondazione dell'[[Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali|ANICA]], erede diretta della FNFIS di epoca fascista, che raccoglie gli interessi di produttori, distributori ed esercenti. Un articolo del ''Mondo Nuovo'', rotocalco statunitense in lingua italiana, sintetizza così questa volontà di resurrezione:
{{quote|Produrre film in Italia è come costruire una casa cominciando dal tetto. [...] Eppure nei teatri di posa italiani si continua a girare film. Meraviglia come soltanto ora, che non si hanno più i mezzi di una volta, la cinematografia italiana corrisponda a quello che è l'animo del paese<ref>"Manca tutto ma si lavora lo stesso", ''Mondo Nuovo'', I, n. 1, 19 marzo 1945, p. 24</ref>.}}
 
All'indomani del 25 aprile, i partiti formano un [[governo di coalizione]] su base [[cattolica]], [[liberale]], [[socialista]] e [[comunista]]. Nel giro di pochi anni la produzione si stabilizza: nel [[1945]] vengono prodotti 28 film, che salgono a 62 l'anno successivo e a 104 all'inizio degli anni cinquanta. Alla fine del decennio si arriverà a 167<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", ''Storia del cinema mondiale'', vol. III, Einaudi, Torino, 2000, p. 586.</ref>. La crescita è facilitata anche da una politica di assistenza da parte del governo intesa a garantire la stabilità dell'assetto industriale, in opposizione all'azione degli studios hollywoodiani, della [[Psychological Warfare Branch|PWB]] e della diplomazia statunitense, che puntano invece a impedire la ripresa produttiva<ref>Ennio Di Nolfo, "La diplomazia del cinema americano", in David W. Ellwood, Gian Piero Brunetta (a cura di), ''Hollywood in Europa'', La Casa Husher, Firenze, 1991, pp. 29-40.</ref>. Nel corso del decennio la cinematografia nazionale si imporrà su i film statunitensi, che si sono abbattuti in massa sul mercato alla fine della guerra.<ref>Lorenzo Quaglietti, ''Storia economico-politica del cinema italiano. 1945-1980'', Editori Riuniti, Roma, 1980.</ref>
 
=== Il neorealismo (1945-1953) ===
{{vedi anche|Neorealismo (cinema)}}
In questo campo di contraddizioni si sviluppa il [[neorealismo]], una stagione artistica e culturale che riguarda tutte le forme d'arte, ma che trova nel cinema i suoi risultati più compiuti. Il neorealismo nasce dal libero incontro di alcune individualità all'interno di un clima storico comune, rappresentato dal trauma della guerra e la relativa lotta di liberazione. <ref>Vincenzo De Caprio, Stefano Giovanardi, ''Il Neorealismo in Storia della letteratura italiana'', Einaudi, Milano, 1993, p. 1197.</ref>. Per tali motivi il cinema neorealista non può essere considerato una corrente né un movimento, dato che i registi di spicco ([[Roberto Rossellini]], [[Vittorio De Sica]], [[Luchino Visconti]], [[Giuseppe De Santis]]) manterranno sempre una personalità autonoma e originale. I tratti comuni del neorealismo, inseparabili dal contesto storico, sono identificabili piuttosto nel senso etico di fratellanza nato dall'[[antifascismo]], nella centralità di personaggi comuni e nell'intreccio tra vicende private e storia pubblica, tutti elementi spingono all'uso preferenziale (ma non esclusivo) di attori non professionisti e di ambientazioni reali. Si evolve in tal modo un cinema di stampo realista che assurge a simbolo di riscatto del popolo italiano, di quella società povera ma vitale che il cinema d'epoca fascista aveva rimosso.
 
[[File:Roma città aperta.png|thumb|left|[[Aldo Fabrizi]] in una scena di ''[[Roma città aperta]]'' ([[1945]]) di [[Roberto Rossellini]]]]
Il momento di svolta avviene con ''[[Roma città aperta]]'' (1945) di [[Roberto Rossellini]], rievocazione della lotta antifascista a Roma negli ultimi mesi della guerra in cui le diverse anime della [[resistenza romana]] (comunista, liberale, cattolica) collaborano nel rispetto reciproco. Quello che più interessa al regista sono "le strade, le chiese, i tetti, le case popolari, quegli spazi vitali che l'uomo è chiamato a difendere"<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita'', cit., p. 595.</ref>. Il film ottiene grande successo internazionale e consacra Rossellini a portavoce del neorealismo. La visione ecumenica ritorna nel film successivo, ''[[Paisà]]'' (1946), affresco bellico sull'avanzata degli alleati dalla Sicilia alla valle del Po, che rispetto al precedente sacrifica la psicologia individuale alla necessità dell'itinerario storico e geografico. Per certi versi speculare a ''[[Paisà]]'' è invece ''[[Germania anno zero]]'' (1947), girato tra le macerie di una Berlino distrutta dai bombardamenti: il trauma bellico è qui inserito nella visione cattolica della lotta dell'uomo contro le avversità della storia, che nel tragico finale sembra sancire la morte della solidarietà. ''[[Francesco giullare di Dio]]'' (1950) rinnova la ricerca tematica del regista rappresentando la religione popolare come risposta al senso del vivere. Nei film successivi (''[[Stromboli]]'', 1950; ''[[Europa '51]]'', 1952; e soprattutto ''[[Viaggio in Italia (film)|Viaggio in Italia]]'', 1954), segnati dalla collaborazione con [[Ingrid Bergman]], Rosselini si interroga sul rapporto tra individuo e società, sulla solitudine dell'esistenza, sul silenzio di Dio, rappresentando i dati visibili come correlativi di una ricerca interiore. Questi film, accolti inizialmente con freddezza dalla critica, avranno grande influenza nello sviluppo del cinema europeo dei decenni successivi<ref>Mario Morcellini, Paolo De Nardis, ''Società e industria culturale in Italia'', Meltemi, 1998, p. 102.</ref>.
 
[[File:LadriDiBicicletteStaiola1948.jpg|thumb|destra|[[Enzo Staiola]] in una scena di ''[[Ladri di biciclette]]'' ([[1949]]) di [[Vittorio De Sica]]]]
Sul versante opposto, la parabola di [[Vittorio De Sica]] è inseparabile da quella del suo sceneggiatore [[Cesare Zavattini]], che rappresenta quasi la coscienza teorica del neorealismo. Insieme realizzano nel 1944 ''[[I bambini ci guardano]]'', che mostra una forte attenzione alla realtà contemporanea, ma è con ''[[Sciuscià (film)|Sciuscià]]'' (1946) che la coppia si impone definitivamente a livello internazionale. A differenza di Rossellini, De Sica carica il film di intensità emotiva e cerca il coinvolgimento dello spettatore nella storia patetica di due ragazzini sconfitti dalla società. Con ''[[Ladri di biciclette]]'' (1949) il dramma individuale, inserito in una più ampia problematica sociale, si carica di un pathos abilmente gestito dal regista, capace di impiegare al massimo grado le interpretazioni di attori non professionisti. ''[[Miracolo a Milano]]'' (1951) entra invece nel territorio della favola (portando allo scoperto una tendenza latente nella poetica di Zavattini) sotto forma di un apologo fantastico sul bisogno della solidarietà sociale, ma questa rivendicazione del potere dell'immaginazione viene accolta con scetticismo dalla critica e non avrà seguito. La descrizione della vita quotidiana raggiunge invece il punto più alto con ''[[Umberto D.]]'' (1953), per molti versi l'apice del neorealismo. La storia di un individuo qualunque alle prese con il dramma di vivere procede per accumulazione di dettagli quotidiani che la regia porta fino al culmine della forza espressiva. Dopo questo exploit la coppia si limiterà a forme narrative più consolidate, e lo stesso neorealismo sembrerà aver esaurito le sue potenzialità.
 
[[File:Girotti e Bosè.jpg|thumb|sinistra|[[Massimo Girotti]] e [[Clara Calamai]] in ''[[Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' ([[1943]]) di [[Luchino Visconti]]]]
Tra i registi di questo periodo, [[Luchino Visconti]] è il più complesso, solo in parte riconducibile ai moduli del neorealismo. Il suo cinema apre la strada alla riscoperta della realtà con ''[[Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' (1943), autentico film-spartiacque che mostra già l'ascendenza letteraria del suo cinema, l'interesse per il melodramma e l'ambientazione rurale. Piegando i motivi del noir americano ai moduli del cinema realista (in particolare francese), questo tragico dramma psicologico risulta del tutto anomalo nel contesto del cinema fascista e sarà un punto di riferimento obbligato per tutto il cinema del decennio successivo<ref>Guido Aristarco, "Il neorealismo cinematografico", ''L'Europeo'', XXXIV, 4 giugno 1976, n. 20.</ref>. Dopo la partecipazione al film collettivo ''[[Giorni di gloria (film)|Giorni di gloria]]'' (1945) e un'importante attività teatrale, Visconti raggiunge uno degli apici del suo cinema con ''[[La terra trema]]'' (1949). Interpretato da attori non protagonisti e parlato in dialetto, il film è la summa di tutte le influenze artistiche del regista, figura unica di intellettuale aristocratico e comunista. Il regista guarda alla storia di una comunità di pescatori attraverso la lettura esplicitamente marxista della lotta di classe. Il complesso apparato figurativo rende funzionale al dramma ogni elemento della messa in scena, con sequenze costruite secondo precisi rapporti plastici, cromatici, sonori, musicali<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", cit., p. 600.</ref>. Il film è un insuccesso di pubblico e Visconti ripiega su progetti meno ambiziosi. ''[[Bellissima]]'' (1951) torna quindi alla contemporaneità con una descrizione minuziosa del mondo del cinema e del fascino esercitato sui popolani, ma non rinuncia alla costruzione narrativa romanzesca né alla complessità figurativa.
 
[[File:Riso Amaro.jpg|thumb|destra|[[Silvana Mangano]] in ''[[Riso amaro]]'' ([[1949]]) di [[Giuseppe De Santis]]]]
Interessato a estendere i confini del neorealismo è anche Giuseppe De Santis. Dopo un lungo apprendistato critico per la rivista ''Cinema'', De Santis esordisce nel 1946 con ''[[Caccia tragica]]'', che mostra già la sua preferenza per il racconto corale, la complessità della messa in scena e la tendenza epicizzante. Nell'arco di una dozzina di film, De Santis cercherà di adattare i moduli neorealisti al cinema popolare contemporaneo, nonché il realismo socialista sovietico allo spettacolo hollywoodiano. L'ambizione è meglio espressa in ''[[Riso amaro]]'' (1949), grande successo internazionale, che coniuga ambizione sociale e cultura popolare. In ''[[Non c'è pace tra gli ulivi]]'' (1950) vengono riassunti tutti i temi a lui più cari: la centralità del personaggio femminile, l'ambientazione agricola, la precisa descrizione sociale<ref>Gian Piero Brunetta, "Cinema italiano dal neorealismo alla ''Dolce vita''", cit., pp. 601-602.</ref>. ''[[Roma ore 11]]'' (1952) abbandona l'abientazione rurale per descrivere il processo di inurbamento e le contraddizioni della ripresa economica. I pochi film successivi tra cui: ''[[Un marito per Anna Zaccheo]]'' (1953), ''[[Giorni d'amore]]'' (1954), ''[[Uomini e lupi (film 1956)|Uomini e lupi]]'' (1956) e ''[[La strada lunga un anno]]'' (1958), saranno accolti con freddezza dalla critica, quasi a significare l'esaurimento creativo del neorealismo e la difficoltà di rappresentare una società più complessa<ref>Alberto Farassino, ''Giuseppe De Santis'', Moizzi, Milano, 1978.</ref>.
 
Fino alla metà degli anni cinquanta molti film riprenderanno, in forme più o meno consapevoli, temi e ambientazioni del neorealismo. In ''[[Roma città libera (La notte porta consiglio)]]'' (1948) [[Marcello Pagliero]] contamina il neorealismo con diverse tendenze di matrice comica. [[Alberto Lattuada]] coniuga realismo e necessità spettacolare con ''[[Il bandito]]'' (1946), influenzato dal genere noir; seguono l'ambizioso affresco storico ''[[Il mulino del Po]]'' (1949) e ''[[Il cappotto]]'' (1952), entrambi di origine letteraria. Anche [[Mario Soldati]] mette la vocazione letteraria al servizio del realismo con ''[[Le miserie del signor Travet]]'' (1946), prima di dedicarsi soprattutto alla narrativa. [[Luigi Zampa]] realizza i suoi film più noti con la collaborazione di [[Vitaliano Brancati]] (''[[Anni difficili]]'', 1948; ''[[L'arte di arrangiarsi]]'', 1954). [[Pietro Germi]] guarda invece ai moduli del cinema statunitense (''[[Il testimone (film 1945)|Il testimone]]'', 1945; ''[[Gioventù perduta]]'', 1947); con l'opera ''[[In nome della legge]]'' (1949) conferma la solidità della sua regia<ref>Mario Sesti, ''Tutto il cinema di Pietro Germi'', Baldini e Castoldi, Milano, 1997.</ref>.
 
[[File:Domenica d'agosto 2.jpg|thumb|sinistra|uprigth=1.3|Anna Medici e [[Marcello Mastroianni]] nel film ''[[Domenica d'agosto]]'' ([[1950]]) di [[Luciano Emmer]]]]
Una certa attenzione sociale, ormai ridotta a puro sfondo per commedie sentimentali, sopravviverà fino alla fine del decennio in un filone bollato dalla critica come "neorealismo rosa", di cui i film di [[Luciano Emmer]] (''[[Domenica d'agosto]]'', 1950; ''[[Le ragazze di Piazza di Spagna]]'', 1952; ''[[Terza liceo]]'', 1953) costituiscono gli esempi più noti. Anche [[Renato Castellani]] contribuisce a riportare in auge la commedia di ambientazione realista con ''[[Sotto il sole di Roma]]'' (1948) ed ''[[È primavera]]'' (1949), entrambe girate in esterni e con attori non professionisti, e soprattutto con il successo di pubblico e critica di ''[[Due soldi di speranza]]'' (1952). Il suo stile, abile nel coniugare commedia popolare e motivi realisti, arriverà a influenzare i registi maggiori della [[commedia all'italiana]]: è il caso di [[Luigi Comencini]] e [[Dino Risi]] nei rispettivi ''[[Pane, amore e fantasia]]'' (1953) e ''[[Poveri ma belli]]'' (1956)<ref>Enrico Giacovelli, ''La commedia all’italiana'', Gremese, Roma, 1995, pp. 23-24.</ref>.
 
A metà del decennio la tendenza neorealista può dirsi esaurita. Tra le cause vanno citate la crescita produttiva (con la contemporanea affermazione di generi più codificati), il raffreddamento ideologico imposto dal governo in cambio del sostegno all'industria, l'evoluzione dei registi maggiori e la difficoltà di rappresentare una società in continuo cambiamento. A segnare la chiusura di questa esperienza provvedono i film di Roberto Rossellini dei primi anni cinquanta, l'esaurimento della vena realista di Vittorio De Sica (con l'insuccesso produttivo e critico di ''[[Stazione Termini]]'', 1953, e la conseguente conversione alla commedia) e soprattutto il dibattito critico suscitato da ''[[Senso (film)|Senso]]'' (1954) di [[Luchino Visconti]], che supera il realismo contemporaneo nella direzione dell'affresco storico risorgimentale (riletto attraverso [[Antonio Gramsci|Gramsci]]) e dell'interesse per la complessità psicologica<ref>Per una sintesi del dibattito, si vedano gli articoli raccolti in ''Antologia di Cinema nuovo, 1952-1958. Dalla critica cinematografica alla dialettica culturale'', Guaraldi, Rimini, 1975.</ref>.
 
=== I generi popolari ===
==== Melodramma ====
[[File:figlidinessuno.jpg|destra|thumb|upright|[[Yvonne Sanson]] e [[Amedeo Nazzari]] in una scena del film ''[[I figli di nessuno (film 1951)|I figli di nessuno]]'' ([[1951]]) di [[Raffaello Matarazzo]]]]
Fra la metà degli [[Anni 1940|anni quaranta]] e la metà degli [[Anni 1950|anni cinquanta]] fiorisce il genere dei melodrammi popolari, detti comunemente ''strappalacrime''. Rispetto ai drammi sentimentali dei decenni precedenti, i melodrammi degli anni cinquanta sono caratterizzati da ambientazioni più realistiche e popolari (anche se spesso idealizzate), popolate da una piccola borghesia all'alba del boom economico. Le esili trame sono spesso costruite attorno a giovani coppie unite dall'amore ma divise dai ceti sociali di appartenenza, con particolare insistenza sulle sofferenze, le vessazioni e le rinunce che i personaggi (soprattutto femminili) sono costretti a subire. I melodrammi sono poco apprezzati dalla critica, che li considera alla stregua di [[fotoromanzi]] cinematografici, ma il successo di pubblico è immediato.
 
Il regista principale del genere è [[Raffaello Matarazzo]], attivo già dai tempi del fascismo (aveva esordito nel 1933 con ''[[Treno popolare (film)|Treno popolare]]'') e prolifico autore di una serie di film interpretati da [[Amedeo Nazzari]] e [[Yvonne Sanson]]. Il suo film più celebre, ''[[Catene (film 1949)|Catene]]'' (1949), è il maggior incasso in Italia nella stagione 1949-1950. L'anno successivo il successo commerciale si ripete con ''[[I figli di nessuno (film 1951)|I figli di nessuno]]'' ([[1951]]) e ''[[Tormento (film 1950)|Tormento]]'' ([[1950]]), privi del tradizionale finale consolatorio. Di Matarazzo si ricordano ancora: ''[[Chi è senza peccato...]]'' ([[1952]]), ''[[Torna! (film 1953)|Torna!]]'' ([[1953]]), ''[[L'angelo bianco (film 1955)|L'angelo bianco]]'' ([[1955]]) e ''[[La nave delle donne maledette]]'' ([[1953]]), tutti film di grande successo commerciale ma per lungo tempo invisi alla critica.
 
Gli altri grandi successi sono ''[[Anna (film 1951)|Anna]]'' (1951) di [[Alberto Lattuada]], ''[[I figli non si vendono]]'' (1952) di [[Mario Bonnard]], ''[[Perdonami!]]'' (1953), ''[[Ti ho sempre amato!]]'' (1954) e ''[[Pietà per chi cade]]'' (1954) di [[Mario Costa]]. Altri registi specializzati nel genere sono [[Guido Brignone]], [[Luigi Capuano]], [[Gennaro Righelli]], [[Mario Bonnard]] e [[Carmine Gallone]]. Anche [[Riccardo Freda]], [[Sergio Corbucci]] e [[Vittorio Cottafavi]], prima di prendere strade diverse nell'ambito del cinema popolare, inizieranno le carriere con questo genere di film.
 
Nel decennio successivo il melodramma tenta di aggiornarsi ai gusti del pubblico. I film di questo periodo hanno come argomento storie di minori con genitori distaccati o in procinto di separarsi, destinati a morire per una disgrazia o una malattia. Altri copioni raccontano coppie in crisi che ritrovano l'amore, prima di essere nuovamente separate da un destino avverso. Capostipite di questo ''revival'' è la pellicola ''[[Incompreso (film 1966)|Incompreso]]'' di [[Luigi Comencini]] (1966). La popolarità del film dà il via a una serie di imitazioni più o meno esplicite lungo tutti gli anni settanta. Tra i titoli di maggior successo si ricordano: ''[[Anonimo veneziano]]'' (1970) di [[Enrico Maria Salerno]], ''[[Cuore (film 1973)|Cuore]]'' (1973) di [[Romano Scavolini]], ''[[Il venditore di palloncini]]'' (1974) di [[Mario Gariazzo]], ''[[L'albero dalle foglie rosa]]'' (1974) di [[Armando Nannuzzi]]. Contemporaneamente si provvede a una riconsiderazione critica dei film di [[Raffaello Matarazzo]], a lungo considerato un mestierante senza personalità e ora rivalutato per la competenza della messa in scena e le invenzioni cinematografiche<ref>''Raffaello Matarazzo. Materiali'', Torino, 1977.</ref>. Il filone continua con successo fino alla metà degli [[Anni 1980|anni ottanta]], quando la scomparsa dei generi popolari relega i film sentimentali alla produzione televisiva.
 
In questo genere va inserito anche il fortunato sotto-filone delle sceneggiate napoletane, interpretate da un'autentica schiera di divi regionali (tra i quali [[Mario Merola]] è il più celebre a livello nazionale). I titoli più famosi sono ''[[Zappatore (film 1980)|Zappatore]]'' (1980), ''[[Lacrime napulitane]]'' (1981), ''[[Carcerato (film 1981)|Carcerato]]'' (1981) e ''[[I figli... so' pezzi 'e core]]'' (1981), tutti diretti dal regista romano [[Alfonso Brescia]].
 
==== Peplum e Cappa e spada ====
{{vedi anche|Peplum}}
Al filone del peplum appartengono numerosi film nati sulla scia del successo di [[kolossal]] hollywoodiani come ''[[Ben-Hur (film 1959)|Ben Hur]]'' (1959). Tali film sono ambientati perlopiù nell'[[antichità]] e hanno come argomento accadimenti riguardanti fatti [[Mitologia|mitologici]] o biblici. Tra i titoli di maggiore successo troviamo: ''[[Ulisse (film 1954)|Ulisse]]'' (1954) di [[Mario Camerini]], ''[[Le fatiche di Ercole (film)|Le fatiche di Ercole]]'' (1958) di [[Pietro Francisci]] ed ''[[Ercole al centro della Terra]]'' (1961) di [[Mario Bava]]. Queste pellicole narrano le gesta di potenti eroi mitologici come [[Ercole]], [[Golia]], [[Maciste]], [[Sansone]] o [[Ursus]], in lotta per liberare interi popoli da mostri o sovrani malvagi oppure con la missione di salvare [[Damigella in pericolo|fanciulle in pericolo]]. Interpretati da attori americani con esperienze da body-builder come [[Gordon Scott]], [[Steve Reeves]] e [[Brad Harris]], i forzuti entrano ben presto nell'immaginario collettivo. Le esili trame, spesso costruite su improbabili compresenze di miti ed eroi, il [[dialogo]] fuori sincrono, la recitazione legnosa dei personaggi, uniti ai primitivi [[effetti speciali]] hanno contribuito ad etichettare queste opere come mere riproposizioni dei più abbienti kolossal di hollywood. Il filone si esaurisce all'inizio degli anni sessanta.
Analogo al [[peplum]] è il genere "[[cappa e spada]]", in cui si inseriscono film storici ambientati in epoca medievale o nel [[Rinascimento]]. Questi film narrano gesta di uomini e donne realmente esistiti, oppure vedono protagonisti i personaggi della [[romanzo di avventura|narrativa avventurosa]]. La critica bolla questi generi come immensi spettacoli di cartapesta, promossi al puro scopo commerciale, volutamente privi di qualsiasi velleità artistica.
 
== Il cinema d'autore degli anni cinquanta, sessanta e settanta ==
[[File:MichelangeloAntonioniFoto-2.jpg|miniatura|sinistra|Nella foto il regista [[Michelangelo Antonioni]]]]
A partire dalla metà degli [[anni 1950|anni cinquanta]] il cinema italiano si svincola dal [[neorealismo (cinema)|neorealismo]] affrontando tematiche prettamente esistenziali, filmate con stili e punti di vista differenti, spesso più introspettivi che descrittivi. Si assiste così ad una nuova fioritura di cineasti che contribuiscono in maniera fondamentale allo sviluppo della settima arte. L'artista ferrarese [[Michelangelo Antonioni]] è il primo a imporsi, divenendo in breve tempo un autore di riferimento per tutto il cinema moderno. Tale carica di novità è ravvisabile fin dal principio. Infatti, la prima opera del regista, ''[[Cronaca di un amore]]'' (1950), segna un'indelebile frattura con il mondo del [[neorealismo]] e la conseguente nascita di una nuova stagione cinematografica.
 
[[File:L'eclisse (1962) - 1.jpg|thumb|destra|upright|[[Monica Vitti]] e [[Alain Delon]] nel film ''[[L'eclisse]]'', di [[Michelangelo Antonioni]]]]
Dopo aver girato pellicole come ''[[La signora senza camelie]]'' (1953), ''[[Le amiche]]'' (1955) e ''[[Il grido (film)|Il grido]]'', negli anni tra il [[1960]] e il [[1962]], dirige la celebre "trilogia dell'incomunicabilità", composta dai film ''[[L'avventura]]'' , ''[[La notte (film 1961)|La notte]]'' e ''[[L'eclisse]]''. In tali pellicole (che vedono come protagonista una giovane [[Monica Vitti]]) Antonioni affronta in maniera diretta i moderni temi dell'incomunicabilità, dell'[[alienazione]] e del [[Esistenzialismo|disagio esistenziale]], dove i rapporti interpersonali sono volutamente descritti in maniera oscura e sfuggente. Il regista riesce così a rinnovare la drammaturgia filmica e a creare un forte smarrimento tra pubblico e critica, i quali accolgono queste opere in maniera spesso contrastante.<ref name="Aldo Tassone" >Aldo Tassone, ''I film di Michelangelo Antonioni: un poeta della visione'', Gremesse editore, 2002</ref>
 
Si consacra definitivamente all'attenzione internazionale con i successivi ''[[Il deserto rosso]]'' (1964) - [[Leone d'oro al miglior film]] al [[Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica|Festival]] di [[Venezia]] - e ''[[Blow-Up]]'' (1966), vincitore l'anno successivo della [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. Il film, sceneggiato con [[Tonino Guerra]], è una profonda riflessione sul rapporto arte-vita e sull'impossibilità del cinema di rappresentare la realtà, simbolicamente riassunta nell'ultima sequenza, dove alcuni saltimbanchi mimano ripetutamente una partita di tennis.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 460}}</ref>
Durante gli anni settanta ottengono visibilità oltre i confini nazionali ''[[Zabriskie Point (film)|Zabriskie Point]]'' (1970) e ''[[Professione: reporter]]'' (1974), quest'ultimo interpretato dall'attore americano [[Jack Nicholson]]. La pellicola (resa famosa dal virtuosistico [[piano sequenza]] finale di sette minuti), si avvale di molteplici scenografie che spaziano dai deserti africani alla Barcellona surreale di [[Antoni Gaudí|Gaudì]], fotografati in maniera vitrea e assolata<ref name="Aldo Tassone" />
 
[[File:Federico Fellini negli anni settanta.jpg|thumb|sinistra|upright|[[Federico Fellini]]]]
Altra figura centrale per lo sviluppo della settima arte è il cineasta [[Federico Fellini]], autore che più di ogni altro ha racchiuso ogni aspetto del reale e del surreale in una dimensione poetica e favolistica. Dopo aver debuttato come scrittore umoristico nella rivista ''[[Marc'Aurelio]]'' ed aver dato il proprio contributo come sceneggiatore in importanti film neorealisti, esordisce al cinema con [[Alberto Lattuada]] nel film ''[[Luci del varietà]]'' (1950). Con capolavori come ''[[Le notti di Cabiria]]'' (1957) e ''[[La dolce vita]]'' (1960), oltre ai precedenti ''[[I vitelloni]]'' (1953) e ''[[La strada]]'' (1954), si impone come uno dei massimi punti di riferimento del cinema italiano. Il suo stile altamente immaginifico viene esaltato dal fortunato sodalizio con il compositore [[Nino Rota]], le cui [[colonna sonora|colonne sonore]] entreranno nell'immaginario collettivo.
 
[[File:Dolce vita.gif|thumb|destra|upright| La celebre sequenza del bagno nella fontana di Trevi, nel film ''[[La dolce vita]]'', di [[Federico Fellini]]]]
Alcune scene dei suoi film più noti assurgeranno a simboli di un'intera epoca, come la famosa sequenza di [[Anita Ekberg]] che, ne ''[[La dolce vita]]'', entra nella [[Fontana di Trevi]] divenendo, da allora, un'icona del cinema internazionale. Alla sua uscita l'opera scatena polemiche che vedono scendere in campo la rivista cattolica dell' ''[[Osservatore Romano]]'', la quale denigra il film come amorale e impuro.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 990}}</ref> L'opera è, infatti, un programmatico affresco di una Roma frivola e decadente, assolutamente priva di qualsiasi certezza morale. Ne consegue un composito viaggio nel sonno della ragione dove i disvalori della società borghese emergono in maniera autentica e viscerale.
 
Nel corso degli [[anni 1960|anni sessanta]] l'artista romagnolo inizia una fase di sperimentazione col monumentale, onirico e visionario ''[[8½]]'' ([[1963]]), che aprirà una nuova fase della sua lunga e luminosa carriera. Il film è un'autobiografia immaginaria dello stesso regista che, con apparente svagatezza, tocca temi centrali come l'arte, la persistenza della memoria e la morte, valendo al cineasta un Oscar come miglior film straniero.<ref name = "ff" >{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2413}}</ref> Gli anni settanta si aprono col funereo e nostalgico ''[[I clowns]]'' (1970), dove l'autore ha modo di mettere in vetrina il delirante universo del circo, a cui segue un rinnovato omaggio alla capitale nel film ''[[Roma (film 1972)|Roma]]'' (1972), sgargiante e brioso documentario, costantemente sospeso tra impennate liriche e impietosa satira di costume. Con il coeso ''[[Amarcord]]'' - Oscar al miglior film straniero nel 1974 - torna al successo internazionale, descrivendo i propri luoghi d'infanzia con nostalgia e complicità, contrapponendo alla mediocrità del fascismo la spontanea vitalità dell'età adolescenziale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 138}}</ref>
 
Opere successive come ''[[Il Casanova di Federico Fellini]]'' (1976), ''[[La città delle donne]]'' (1980), ''[[E la nave va]]'' (1983), ''[[Ginger e Fred]]'' (1985), ''[[Intervista (film)|Intervista]]'' e ''[[La voce della luna]]'' (1990), consacrano Fellini come uno dei più grandi artisti della macchina da presa del [[XX secolo]]. Già insignito di quattro premi [[Oscar al miglior film straniero]], gli è stato conferito nel [[1993]] l'[[Oscar alla carriera]].
 
[[File:Il gattopardo ballo01.jpg|thumb|sinistra|upright|La sequenza del ballo nel film ''[[Il Gattopardo (film)|Il Gattopardo]]'', di [[Luchino Visconti]]]]
Lo stesso [[Luchino Visconti]] continuerà a regalare al cinema italiano altre prestigiose creazioni. Nel 1960 esce nelle sale cinematografiche ''[[Rocco e i suoi fratelli]]''. L'opera, ispirata ai racconti contenuti in ''Il ponte della Ghisolfa'', di [[Giovanni Testori]], mette a confronto una storia di miseria meridionale con la civiltà industriale del Nord, raccontando l'afflusso migratorio delle popolazioni del Sud con lucida introspezione psicologica.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2867}}</ref> Nel 1963 giunge sugli schermi ''[[Il Gattopardo (film)|Il Gattopardo]]'' (Palma d'oro al [[Festival di Cannes]]), con [[Alain Delon]], [[Claudia Cardinale]] e [[Burt Lancaster]]. La pellicola è una fedele illustrazione del passaggio della Sicilia dei [[Borbone|Borboni]] a quella dei [[Sabaudi]], non tradendo - da intellettuale di sinistra - lo spirito scettico e amaro dell'omonimo romanzo. Celebre la sequenza conclusiva del ballo tra Burt Lancaster e Claudia Cardinale, per cui [[Nino Rota]] ha arrangiato un valzer inedito di [[Giuseppe Verdi]]<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1383}}</ref>. La sua vasta produzione continua con le opere ''[[La caduta degli dei]]'' (1969), ''[[Morte a Venezia (film)|Morte a Venezia]]'', ''[[Ludwig (film)|Ludwig]]'' (1973) e ''[[Gruppo di famiglia in un interno]]'' (1974). Con la pellicola ''[[Vaghe stelle dell'Orsa]]'', riceve nel 1965 Il [[Leone d'oro]] come miglior film al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3611}}</ref>
 
[[File:Luchino Visconti 5.jpg|miniatura|destra|upright|[[Luchino Visconti]]]]
[[Roberto Rossellini]], dopo la conquista nel 1959 del [[Leone d'oro]] a Venezia per il film ''[[Il generale Della Rovere]]'', aprirà una nuova fase della sua carriera con la sperimentazione di nuove pellicole per il cinema e la televisione, dal puro scopo umanistico e didattico. [[Vittorio De Sica]] tornerà al successo internazionale con svariate commedie: in special modo con ''[[L'oro di Napoli (film)|L'oro di Napoli]]'' (1955) e ''[[Ieri, oggi, domani (film 1963)|Ieri, oggi, domani]]'' (1963), quest'ultima con [[Marcello Mastroianni]] e [[Sophia Loren]] e porterà il regista a ricevere un nuovo [[Premio Oscar|Oscar]] nella sezione miglior film straniero. La sequenza più famosa del film resta il negligé con cui la Loren si mostra nell'ultimo episodio, lasciando il segno nell'intero immaginario collettivo.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1068}}</ref> Con il drammatico ed elegante ''[[Il giardino dei Finzi-Contini (film)|Il giardino dei Finzi-Contini]]'', l'artista si aggiudicherà nel 1971 l'[[Orso d'oro]] al [[Festival internazionale del cinema di Berlino|Festival di Berlino]] e l'anno dopo l'Oscar per il [[Oscar al miglior film straniero|Miglior film straniero]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1407}}</ref>
Come allievo di Visconti si mette in luce il regista fiorentino [[Franco Zeffirelli]]. Tra le sue opere più note vi sono le trasposizioni [[William Shakespeare|shakespeariane]] de ''[[La bisbetica domata (film 1967)|La bisbetica domata]]'' ([[1967]]) e ''[[Romeo e Giulietta (film 1968)|Romeo e Giulietta]]'' ([[1967]]), con cui ottiene la candidatura all'Oscar come miglior regista; traguardo raggiunto nuovamente con ''[[La traviata (film 1983)|La traviata]]'', uscito nelle sale cinematografiche nel 1982.
 
[[File:Vittorio De Seta.jpg|miniatura|sinistra|upright| [[Vittorio De Seta]]]]
Da sottolineare la peculiare carriera del palermitano [[Vittorio De Seta]] che negli anni cinquanta realizza vari [[documentari]] ambientati prevalentemente in terra siciliana e sarda. Queste opere descrivono con potente espressività gli usi e costumi del proletariato meridionale e, allo stesso tempo, mettono a nudo le dure condizioni di vita dei pescatori siciliani, dei minatori di zolfo [[Caltanissetta|nisseni]] e dei pastori della [[Barbagia]]. Nel 1955, il regista riceve la [[Palma d'oro]] a Cannes per il miglior documentario grazie al film ''Isola di fuoco''.<ref name=Cannes>Scheda su [http://www.festival-cannes.fr/fr/archives/artist/id/18334.html ''Isola di Fuoco'', miglior documentario - corto metraggio] del [[Festival di Cannes]] 1955. Consultato il 15 luglio 2010</ref> Anni più tardi abbandona il documentario dirigendo nel 1961 il film a soggetto ''[[Banditi a Orgosolo]]''. L'opera, stilisticamente asciutta, è un resoconto a sfondo neorealista della vita e delle abitudini di un pastore sardo che varrà al regista il premio ''Opera prima'' al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]].<ref>[http://www.imdb.com/title/tt0053632/awards ''Banditi a Orgosolo'' - Scheda premi] su [[Internet Movie Database|IMBd]]. Consultato il 14 luglio 2010</ref>
 
Restando al documentario (e ancor prima di De Seta), il regista [[Domenico Paolella]] - fecondo autore di molti generi cinematografici - si aggiudica nel 1951 la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]], per il docufilm ''La tragedia dell'etna''. Allo stesso modo, l'autore e scrittore [[Folco Quilici]] riceve premi oltre confine, aggiudicandosi un [[Orso d'argento]] e una [[Concha de Plata al miglior regista]] nei rispettivi documentari ''L'ultimo paradiso'' (1956) e ''[[Dagli Appennini alle Ande (film 1960)|Dagli Appennini alle Ande]]'' (1960).
 
In un tempo coevo si afferma il regista romano [[Carlo Lizzani]]. Dopo aver contribuito all'affermazione del [[Neorealismo]], soprattutto in veste di critico e sceneggiatore, si è imposto come autore di un cinema politicamente impegnato, affrontando momenti scottanti della storia italiana, dal fascismo alla cronaca più recente. Dopo aver realizzato alcuni documentari (''Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato'', 1950), nel 1951 dirige il suo primo lungometraggio, ''[[Achtung, banditi!]]'' - storia di un episodio di guerra partigiana - cui fa seguito ''[[L'amore che si paga]]'' (episodio di ''[[L'amore in città]]'', 1953). La sua filmografia continua con ''[[Cronache di poveri amanti (film)|Cronache di poveri amanti]]'' (1954) - resoconto della Firenze degli anni Venti tratto dal romanzo di [[Vasco Pratolini]] - ''[[Il gobbo]]'' (1960) - vivido ritratto di un bandito della periferia romana - ''[[Il processo di Verona]]'' (1963) e ''[[La vita agra (film)|La vita agra]]'' (1964).
Sempre negli [[Anni 1950|anni cinquanta]], [[Alessandro Blasetti]] mette in campo la sua innata voglia di sperimentare inaugurando, con il dittico ''[[Altri tempi (film 1952)|Altri tempi (Zibaldone n. 1)]]'' (1952) e ''[[Tempi nostri|Tempi nostri (Zibaldone n. 2)]]'' (1954), la realtà dei film a episodi, che verrà sfruttata in modo capillare da tutto il cinema a venire, sia autoriale che farsesco.
 
[[File:P p pasolini.jpg|destra|thumb|upright|[[Pier Paolo Pasolini]]]]
Altro protagonista del cinema d'autore è sicuramente [[Pier Paolo Pasolini]]. Figura iconoclasta del cinema e della letteratura italiana, nella varietà delle sue opere si è spesso opposto ai costumi e alla [[morale]] del tempo, risultando a posteriori uno dei maggiori intellettuali del [[XX secolo]]. Attento osservatore della trasformazione della società italiana dal [[secondo dopoguerra]] sino alla metà degli [[anni 1970|anni settanta]], ha spesso suscitato forti polemiche per la radicalità e vivacità del suo pensiero. Vivacità che ha saputo mettere in evidenza anche in campo cinematografico lasciando una serie ininterrotta di capolavori a partire dal suo film d'esordio ''[[Accattone]]'' (1961). Lontano dall'esperienza neorealista, Pasolini - con movimenti di macchina asciutti e funzionali - rivela la matrice sacra e populista della propria ispirazione, descrivendo un'umanità sottoproletaria autentica e tragica.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 28}}</ref>
 
Le medesime ambientazioni le si ritrova in ''[[Mamma Roma]]'' (1962), con [[Anna Magnani]], dove il regista nobilita i suoi personaggi suburbani con richiami alla pittura rinascimentale del [[Mantegna]].<ref name="Merenghetti 1968">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1968}}</ref>
[[File:Mamma Roma.png|thumb|sinistra|upright|[[Anna Magnani]] nel film ''[[Mamma Roma]]'', diretto da [[Pier Paolo Pasolini]]]]
Nel contiguo ''[[Il Vangelo secondo Matteo]]'', l'artista racconta la vita del [[Cristo]] rinunciando agli orpelli dell'iconografia tradizionale, avvalendosi di uno stile registico che alterna camera a mano a immagini proprie della pittura quattrocentesca.<ref name="Merenghetti 1968" /> In ''[[Uccellacci e uccellini]]'' (1966) il suo cinema vira sull'apologo fantastico descrivendo le varie trasformazioni del proletariato con una libertà di scrittura che mescola abilmente il documentario alla finzione, con trovate sovente corrosive e intelligenti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3504}}</ref> Tra le sue varie pellicole si ricordano: ''[[Edipo re (film)|Edipo re]]'' (1967), ''[[Teorema (film)|Teorema]]'' (1968), ''[[Medea (film 1969)|Medea]]'' (1969) e le trasposizioni cinematografiche della "trilogia della vita" : ''[[Il Decameron]]'' (1971) , ''[[I racconti di Canterbury (film)|I racconti di Canterbury]]'' ([[Orso d'oro]] a Berlino nel 1972) e ''[[Il fiore delle Mille e una notte]]'' (1974). Da ultimo si evidenzia l'agghiacciante ''[[Salò o le 120 giornate di Sodoma]]'' (1975), (che avrebbe dovuto far parte della ''trilogia della morte'', assieme a ''Porno-Teo-Kolossal'', ed un terzo film che non saranno mai realizzati a causa dell'assassinio del regista). Tali pellicole hanno proposto chiavi di lettura differenti, scatenando sovente lunghe polemiche, talvolta con strascichi giudiziari ed episodi di [[censura]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2741}}</ref>
 
[[File:Mauro Bolognini 1990.jpg|miniatura|destra|upright|[[Mauro Bolognini]]]]
Sulla scia del cinema di borgata pasoliniano si inserisce l'opera di [[Gian Vittorio Baldi]], che nei film ''Luciano, una vita bruciata'' (1962) e ''[[Fuoco!]]'' (1968) ritrae spaccati di un'Italia minore e periferica, sospesa tra passato e modernità; il tutto filmato con precisione sociologica e coerente controllo espressivo.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1353}}</ref> Autore di un'estesa produzione documentaria, riceve nel 1958 il Premio speciale della Giuria alla [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Mostra di Venezia]] per il cortometraggio ''[[Il pianto delle zitelle (film 1958)|Il pianto delle zitelle]]''; due anni dopo, nel 1960, conquista il [[Leone d'oro]] per il miglior cortometraggio grazie al film ''La casa delle vedove''. Sempre all'inizio degli anni sessanta si registra l'opera di [[Ansano Giannarelli]], autore per molti decenni di svariate biografie cinematografiche, dedicate a illustri matematici, scienziati o autorevoli esponenti di partito. Con il suo primo film, ''16 ottobre 1943'' (1960), tratto dall'omonimo romanzo di [[Giacomo Debenedetti]], viene candidato all'Oscar nella relativa sezione cortometraggi.
 
Un altro regista di rilievo è [[Valerio Zurlini]]: i suoi film, da ''[[Estate violenta]]'' (1959) a ''[[La ragazza con la valigia]]'' (1961), da ''[[Cronaca familiare (film)|Cronaca familiare]]'' ([[Leone d'oro]] al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|festival di Venezia]] nel 1962) a ''[[Il deserto dei Tartari (film)|Il deserto dei Tartari]]'' (1976), alternano suggestive rievocazioni letterarie ad analisi psicologiche raffinate e complesse, con risultati spesso notevoli.
Molto raffinato sul piano formale è il cinema di [[Mauro Bolognini]] che, pur soffrendo talora di eccessi di decadentismo e affettazione, presenta una ricchezza scenografica di ampia derivazione viscontiana. A tal proposito si ricordano i lungometraggi ''[[La giornata balorda]]'' (1960), ''[[Metello (film)|Metello]]'' (1970) e ''[[Il bell'Antonio (film)|Il bell'Antonio]]'' (1960).
 
Nello stesso periodo si mette in evidenza l'attore e regista [[Gian Luigi Polidoro]] che con la pellicola ''[[Il diavolo (film)|Il diavolo]]'' (1963), si aggiudica l'[[Orso d'Oro]] al [[Festival internazionale del cinema di Berlino|Festival di Berlino]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 946}}</ref> Da rilevare, l'esperienza cinematografica dell'attore e regista teatrale [[Carmelo Bene]], che grazie alla discussa opera ''[[Nostra Signora dei Turchi]]'' (1968), riceve al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]] il Gran premio della giuria. A seguire si riportano le pellicole ''[[Salomè (film 1972)|Salomè]]'' (1972) e ''[[Un Amleto di meno]]'', uscito nelle sale nel 1973. In aggiunta, nei primi anni settanta, si cimenta con il mezzo cinematografico lo scrittore [[Alberto Bevilacqua]], spesso presentando lungometraggi derivanti dalle sue opere letterarie. Tra i suoi film più noti vi sono: ''[[La Califfa]]'' (1970) e il seguente ''[[Questa specie d'amore]]'' (1972).
 
== Altri autori del cinema italiano ==
[[File:Ermanno Olmi alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1965.JPG|miniatura|sinistra|upright|Ermanno Olmi alla [[Mostra del cinema di Venezia]] del 1965]]
Pur individuando nei decenni cinquanta, sessanta e settanta il periodo aureo del cinema d'essai, numerosi altri registi hanno conquistato la nomea di autori anche nei decenni successivi, in special modo dalla metà degli anni settanta. Questa nutrita schiera di cineasti, coltivando stili e tematiche differenti, è riuscita, anch'essa, a raccogliere consenso e prestigio internazionale.
 
[[Ermanno Olmi]] esordisce con il film ''[[Il tempo si è fermato (film 1958)|Il tempo si è fermato]]'' (1958), emozionante parabola sui rapporti tra uomo e natura che fa subito emergere le sue peculiari doti artistiche. La notorietà arriverà tre anni dopo con ''[[Il posto]]'' (1961), un ritratto dolce-amaro della Milano del boom economico. Dopo alcuni lavori interlocutori gli anni settanta consacrano Olmi a livello internazionale con l'uscita nelle sale de ''[[L'albero degli zoccoli]]'' (1978), commosso e partecipe omaggio a un mondo contadino in via d'estinzione, premiato, nello stesso anno, con la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]].
Dopo una lunga malattia Olmi ritorna alla ribalta negli anni ottanta col surreale ''[[Lunga vita alla signora!]]'' (1987) e l'intenso ''[[La leggenda del santo bevitore (film)|La leggenda del santo bevitore]]'' (1988) premiato col [[Leone d'oro]] al festival di Venezia.
Nel 2001 il regista realizza quello che molti critici considerano il suo miglior lavoro: ''[[Il mestiere delle armi]]'', dedicato al mito di [[Giovanni dalle Bande Nere]]. Il film, ottiene a sorpresa un grande successo di pubblico e conquisterà nel 2002 ben nove [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]].
Un rinnovato interesse critico accompagna l'uscita dei successivi lungometraggi ''[[Cantando dietro i paraventi]]'' (2003), ''[[Centochiodi]]'' (2007) e ''[[Il villaggio di cartone]]'' (2011). Nel 2008 gli viene assegnato a Venezia il prestigioso [[Leone d'oro alla carriera]].
 
[[File:Marco Ferreri.jpg|miniatura|destra|Il regista [[Marco Ferreri]]]]
[[Marco Ferreri]] si cimenta alla regia verso la fine degli anni cinquanta presentando un cinema grottesco e provocatorio, con tratti e accenti parzialmente "[[Luis Buñuel|bunueliani]]". I titoli più importanti della prima fase della sua carriera sono ''[[El pisito]]'' (1958), ''[[La carrozzella]]'' (1960) (girati entrambi in [[Spagna]]) e ''[[La donna scimmia]]'' (1964).
Raggiunge la piena maturità artistica con ''[[Dillinger è morto]]'' (1969), stralunato e attualissimo capolavoro sull'alienazione della vita moderna. Dopo il percorso [[Franz Kafka|kafkiano]] e surreale de ''[[L'udienza]]'' (1971) ottiene la massima popolarità internazionale con il sorprendente e discusso ''[[La grande abbuffata]]'' (1973). Scritto dal regista assieme a [[Rafael Azcona]], il film è un'allegoria della società del benessere condannata all'autodistruzione e, al tempo stesso, un limpido saggio sui vari intrecci tra ''eros'' e ''thanatos'', filmati con raggelante ironia.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1486}}</ref> Nel 1978 riceve il Gran premio della giuria a Cannes per la pellicola ''[[Ciao maschio]]''. Il regista meneghino torna alla ribalta nel 1991 con la direzione del lungometraggio ''[[La casa del sorriso]]'' che si aggiudicherà l'[[Orso d'oro]] al [[Festival internazionale del cinema di Berlino|Festival di Berlino]]. Tra i suoi ultimi lavori si ricordano ''[[Diario di un vizio]]'' (1993) e ''[[Nitrato d'argento]]'', uscito nelle sale cinematografiche nel 1996.
 
Sempre negli anni sessanta si impone all'attenzione di pubblico e critica l'opera del giovane [[Marco Bellocchio]] che tramite pellicole apertamente in contrasto con la società e i valori borghesi anticipa il fermento generazionale del [[sessantotto]]. La sua pellicola d'esordio ''[[I pugni in tasca]]'' (1965), a causa dei suoi contenuti altamente drammatici, scuote l'opinione pubblica aprendo la strada ad una prolifica serie di film tra i quali si ricordano: ''[[La Cina è vicina]]'' (1967), ''[[Nel nome del padre (film 1972)|Nel nome del padre]]'' (1972), ''[[Sbatti il mostro in prima pagina]]'' (1973), ''[[Marcia trionfale (film)|Marcia trionfale]]'' (1976) e il documentario ''Matti da slegare - Nessuno o tutti'' (1975) - diretto con [[Silvano Agosti]] - uno dei primi esempi di cinema militante a difesa del metodo psichiatrico di [[Franco Basaglia]], teso al reinserimento sociale del malato. A partire dagli anni ottanta instaura un sodalizio artistico con lo psichiatra Massimo Fagioli (autore di molte sceneggiature) fino al ritorno in auge negli anni duemila con numerose pellicole che ne hanno consolidato il prestigio autoriale. Tra queste si menzionano: ''[[L'ora di religione]]'' (2002), ''[[Buongiorno, notte]]'' (2003), ''[[Il regista di matrimoni]]'' (2006), ''[[Vincere]]'' (2009) e da ultimo ''[[Bella addormentata]]'' (2012), liberamente ispirato agli ultimi giorni di vita della giovane [[Eluana Englaro]]. Nel 2010 riceve a Venezia il [[Leone d'oro alla carriera]], seguito nel 2015 dal [[Pardo d'onore]] al [[Festival di Locarno]].
 
[[File:Bernardo Bertolucci.jpg|sinistra|thumb|upright|Nella foto [[Bernardo Bertolucci]]]]
[[Bernardo Bertolucci]] si avvicina al cinema grazie a [[Pier Paolo Pasolini]] di cui sarà assistente sul set di ''[[Accattone]]''.
Ben presto si stacca dal mondo pasoliniano per inseguire una personale idea di cinema, basata sullo studio antropologico dell'individuo e del suo relazionarsi ai mutamenti sociali che la storia impone.
Esordisce giovanissimo nel lungometraggio ''[[La commare secca]]'' (1962), e desta attenzione con ''[[Prima della rivoluzione]]'' (1964). Nei primi anni settanta realizza in rapida successione tre capisaldi del suo cinema: ''[[Il conformista]]'' (1970) tratto dal romanzo di [[Alberto Moravia|Moravia]], il metafisico ''[[La strategia del ragno]]'' (1970) e il film scandalo ''[[Ultimo tango a Parigi]]'' (1972), con [[Marlon Brando]] e [[Maria Schneider (attrice)|Maria Schneider]]. Il film, a causa dei suoi contenuti altamente erotici, viene sequestrato, assolto, nuovamente sequestrato e condannato alla distruzione per oscenità dalla Cassazione il 29 gennaio 1976 (con perdita dei [[diritti civili]] per cinque anni dello stesso regista). Il 9 febbraio 1987 la pellicola viene riabilitata con sentenza "di non oscenità" in quanto "mutato il comune senso del pudore.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3537}}</ref>
 
Consolida la fama internazionale con il [[kolossal]] ''[[Novecento (film)|Novecento]]'' (1976), della durata di oltre cinque ore e che vede come primi attori [[Robert De Niro]] e [[Gerard Depardieu]]. La pellicola è un potente affresco sulle lotte di classe contadine dagli albori del novecento fino alla [[seconda guerra mondiale]], dove l'autore cerca di caricare le immagini con luci e colori propri di certa "pittura contadina", rinvenibile nei quadri di Miller, [[Vincent Van Gogh]] e [[Pellizza da Volpedo]].<ref>{{cita web|url=http://www.mymovies.it/film/1976/novecentoatto1/|titolo=Novecento - Atto I - MYmovies |accesso=29 giugno 2015}}</ref>
Il 1987 segna un'ulteriore svolta: dirige, infatti, il ciclopico e suggestivo ''[[L'ultimo imperatore]]'', che si aggiudicherà ben nove [[Premi Oscar]], tra cui quelli per miglior film e regia.
Negli anni successivi Bertolucci prosegue sulla strada del kolossal per il mercato internazionale con ''[[Il tè nel deserto]]'' (1990) e il ''[[Piccolo Buddha]]'' (1993), ambientato in [[Nepal]] e negli [[Stati Uniti]].
La seconda metà degli anni novanta e i primi anni del nuovo millennio vedono Bertolucci virare verso un cinema più intimista con ''[[Io ballo da sola]]'' (1996), ''[[L'assedio]]'' (1998) e ''[[The Dreamers - I sognatori]]'' (2003). Costretto su una sedia a rotelle per problemi di salute, dopo quasi dieci anni torna dietro la macchina da presa per dirigere il delicato ''[[Io e te (film)|Io e te]]'', uscito nelle sale nell'autunno del 2012. Dopo il [[Pardo d'onore]] a Locarno (1997), a consacrare la sua lunga carriera giungono nel 2007 e nel 2010 i rispettivi [[Leone d'oro alla carriera]] e Palma d'onore al [[Festival di Cannes]].
 
[[File:Padre padrone.png|miniatura|destra|Una scena di ''[[Padre padrone (film)|Padre Padrone]]'', di [[Paolo e Vittorio Taviani]]]]
I fratelli [[Paolo e Vittorio Taviani]], appassionati fin da giovanissimi al cinema, conoscono un primo discreto successo con il film ''[[I sovversivi]]'' (1967), che vede come primo attore il cantautore [[Lucio Dalla]], a cui seguono ''[[Sotto il segno dello scorpione]]'' (1969) e il film sulla restaurazione ''[[Allonsanfan]]'' (1974). Il seguente ''[[Padre padrone (film)|Padre padrone]]'' (1977), tratto dal romanzo di [[Gavino Ledda]], racconta la lotta di un pastore sardo contro le regole feroci del proprio universo patriarcale. Il film riscuote critiche favorevoli aggiudicandosi nello stesso anno la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]]. Ne ''[[Il prato]]'' ([[1979]]) si riscontrano echi neorealisti, mentre ''[[La notte di San Lorenzo]]'' ([[1982]]) racconta, con uno stile vicino al [[realismo magico]], la deliberata fuga di un gruppo di abitanti della Toscana, nella notte in cui tedeschi e fascisti compiono una sanguinosa rappresaglia nel Duomo della città. Lo scenario della battaglia nel grande campo di grano (avvenuta tra i fascisti di Salò e i partigiani), rappresenta il momento culminante di un film che riscuote grandi consensi e che vince il gran [[Grand Prix Speciale della Giuria|premio speciale della giuria]] al [[Festival di Cannes]]. Nel 2012 si aggiudicano l'[[Orso d'oro]] al [[Festival internazionale del cinema di Berlino|Festival di Berlino]] con il film ''[[Cesare deve morire]]'', realmente recitato dai detenuti del carcere romano di [[Rebibbia]]. Nel 1986 ricevono il [[Leone d'oro alla carriera]].
 
[[File:Gianni Amelio 01.jpg|miniatura|sinistra|upright|Il regista [[Gianni Amelio]]]]
[[Gianni Amelio]], dopo molte regie televisive per la [[Rai]], esordisce al cinema con ''[[Colpire al cuore]]'' (1982), un film sul terrorismo che non passa inosservato. Dopo l'interessante ''[[I ragazzi di via Panisperna]]'' (1988), sul leggendario gruppo di fisici guidato da [[Enrico Fermi]], raggiunge l'acclamazione internazionale con il secco e riflessivo ''[[Porte aperte (film)|Porte aperte]]'' (1990).
Nei film che seguono, Amelio sviluppa tematiche legate alla realtà sociale con dolorosa partecipazione e sensibilità artistica.
Con ''[[Il ladro di bambini]]'' (1992) vince nel 1992 il Premio speciale della giuria al [[Festival di Cannes]] e l'[[European Film Award]] come miglior lungometraggio. L'opera è un aggiornato "viaggio in Italia" in senso rosselliniano dove il regista - attraverso lo sguardo muto e dolente dei suoi piccoli protagonisti - descrive lo squallore morale dell'Italia anni novanta, senza chiudersi in facili nichilismi, né aprirsi a sogni illusori.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1808}}</ref>
 
Nel seguente ''[[Lamerica]]'' (1994), descrive la situazione politica dell'[[Albania]] post-comunista, trovandovi un paese devastato come quello di ''[[Germania anno zero]]'' di Rossellini, filmando il tutto con il proprio stile asciutto e oggettivo.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1815}}</ref>. Quattro anni dopo, ''[[Così ridevano]]'' (1998), probabilmente il suo lavoro di più difficile comprensione per il pubblico, vince il [[Leone d'oro]] alla Mostra del cinema di Venezia.
Dopo ''[[Le chiavi di casa]]'' (2004), sul problematico rapporto tra un padre e il figlio disabile, Amelio cerca una storia di più ampio respiro con ''[[La stella che non c'è]]'' (2006) ambientato tra l'Italia e la Cina. Negli ultimi anni è tornato alla regia con regolare continuità come dimostrano i lungometraggi ''[[Il primo uomo (film)|Il primo uomo]]'' (2011), ''[[L'intrepido (film)|L'intrepido]]'' (2013), e il documentario ''[[Felice chi è diverso]]'', uscito nel marzo del 2014.
 
Tra gli altri autori del cinema italiano si ricordano [[Liliana Cavani]], che conosce notorietà con le opere ''[[Il portiere di notte]]'' (1973), ''[[La pelle (film 1981)|La pelle]]'' (1981) e ''[[Il gioco di Ripley]]'' (2002) e [[Citto Maselli]] che ottiene un Gran premio della giuria a Venezia per il film ''[[Storia d'amore]]'' (1986). A seguire si fanno notare [[Corrado Farina]], Mario Garriba, [[Lino Del Fra]] e [[Fabio Carpi]], tutti vincitori del [[Pardo d'oro]] a Locarno per i rispettivi film: ''[[Hanno cambiato faccia]]'' (1971), ''[[In punto di morte]]'' (1971), ''[[Antonio Gramsci - I giorni del carcere]]'' (1977) e ''[[Quartetto Basileus]]'', del 1982.
 
[[File:Hqdefault.jpg|miniatura|destra|Un fotogramma del film ''[[Anna (film 1975)|Anna]]'', di [[Alberto Grifi]] e [[Massimo Sarchielli]] (1975)]]
Tra i vari film del periodo, un significativo esempio di [[cinema sperimentale]] è da ritrovarsi nell'opera di [[Alberto Grifi]], in particolar modo nel film ''[[Anna (film 1975)|Anna]]'', diretto assieme all'attore [[Massimo Sarchielli]] e presentato nei maggiori festival europei nel 1975. Il lungometraggio è un'inedita esperienza di cinema-diretto, che riprende, in undici ore di girato (ridotte poi a quattro), l'aberrante quotidianità di una giovane tossicodipendente incinta e senza dimora. I due autori, privi di soggetto e sceneggiatura, abbandonano la telecamera a una sorta di [[flusso di coscienza]] in tempo reale, facendo irrompere sullo schermo ''una tranche de vie'' libera da compromessi narrativi e mediazioni estetiche.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 220}}</ref>
 
Da ultimo, si menziona l'operato dei due cineasti sperimentali Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian che, in oltre trent'anni di carriera, hanno presentato documentari inerenti ai tragici fatti del primo conflitto mondiale. I due registi, nel fare ciò, hanno recuperato numerosi materiali di archivio, successivamente ingranditi e virati per dare ulteriore valore ai fotogrammi esistenti e portare lo spettatore a riflettere sulle atrocità di tutte le guerre.<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/2000/novembre/15/registi_della_memoria_co_7_0011154759.shtml?refresh_ce-cp|titolo=Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian - I registi della memoria - Corriere della Sera |accesso=16 giugno 2015}}</ref> Pressoché sconosciuti in Italia, hanno incontrato stima ed apprezzamenti in molti festival europei; tra i loro film più noti si riportano: ''Uomini anni vita'' (1990) - incentrato sul massacro degli armeni - e il trittico bellico ''Prigionieri della guerra'' (1995), ''Su tutte le vette è pace'' (1998) e ''[[Oh! uomo]]'', presentato nella [[Quinzaine des réalisateurs]] del [[Festival di Cannes]] nel maggio del 2004.
 
== La grande stagione della commedia (1958-1980) ==
{{vedi anche|Commedia all'italiana}}
[[File:I soliti ignoti scena.jpg|destra|thumb|upright|Sopra il film di [[Mario Monicelli]], dal titolo ''[[I soliti ignoti]]'']]
Verso la fine degli [[anni 1950|anni cinquanta]] si sviluppa il genere della [[commedia all'italiana]]; una definizione che fa riferimento al titolo di un film di [[Pietro Germi]]: ''[[Divorzio all'italiana]]'' ([[1961]]) con [[Marcello Mastroianni]] e [[Stefania Sandrelli]]. Il termine, più che indicare un vero genere, riguarda una particolare stagione cinematografica, segnata da un nuovo modo di intendere gli elementi costitutivi della commedia. Tali elementi si pongono in contrasto con la commedia leggera e disimpegnata del ''Neorealismo rosa'', assai in voga per tutti gli [[anni 1950|anni cinquanta]]. Tenendo a mente la lezione del [[neorealismo]], la nuova commedia all'italiana pone le proprie attenzioni sulla realtà prodotta dal boom economico. Di conseguenza, accanto alle situazioni comiche e agli intrecci tipici della farsa tradizionale, vediamo emergere una pungente satira di costume, che evidenzia con tagliente ironia le contraddizioni della società industriale. A partire dalla fine degli anni sessanta e per tutti gli anni settanta, l'Italia vive numerose fasi che muteranno in maniera radicale la mentalità e il costume degli italiani. La crisi economica, le agitazioni studentesche e la ricerca di nuove emancipazioni nel mondo del lavoro e della famiglia, diverranno il luogo ideale entro il quale proiettare i personaggi della commedia, pronti a far rivivere sulla scena i mutamenti della società civile.
 
[[File:Mario Monicelli camera.jpg|thumb|sinistra|upright|Monicelli alla [[macchina da presa]]]]
A tale stagione cinematografica si ricollegano i nomi dei principali attori italiani del tempo: da [[Alberto Sordi]] a [[Ugo Tognazzi]], da [[Monica Vitti]] a [[Claudia Cardinale]], da [[Vittorio Gassman]] a [[Nino Manfredi]], senza dimenticare [[Sophia Loren]], [[Silvana Mangano]], [[Giancarlo Giannini]] e [[Mariangela Melato]], oltre ai già citati Mastroianni e Sandrelli.
Generalmente si ritiene sia stato il regista [[Mario Monicelli]], capostipite e fra i massimi esponenti (con [[Ettore Scola]], [[Pietro Germi]], [[Luigi Comencini]] e [[Dino Risi]]) della commedia italica, a inaugurare questa nuova fase con il lungometraggio ''[[I soliti ignoti]]'', distribuito nelle sale nel [[1958]]. L'opera, versione caricaturale del film noir francese ''[[Rififi (film)|Rififi]]'' (1955), di [[Jules Dassin]], coniuga spunti grotteschi a sequenze proprie del dramma sottoproletario, filmando con minuzia di dettagli una [[Roma]] periferica e degradata, ancora estranea ai processi economici del ''boom''. Il film si rivela un successo (anche oltre confine) tanto da venir candidato all'Oscar come miglior film straniero. Originario di Roma (e non di [[Viareggio]] come molte biografie riportano) Monicelli entra nel mondo del cinema a soli vent'anni, dirigendo assieme al collega [[Alberto Mondadori]] la sua prima pellicola dal titolo ''[[I ragazzi della via Paal (film 1935)|I ragazzi della via Paal]]'' (1935). Oltre al successo del già citato ''[[I soliti ignoti]]'', il regista darà vita a una serie di pellicole di fondamentale valore non solo per la commedia ma per l'intero cinema italiano.
 
[[File:Risi Garroni.jpg|thumb|[[Dino Risi]] e il direttore della fotografia [[Romolo Garroni]]]]
Nel 1959 esce nelle sale ''[[La grande guerra]]'' ([[Leone d'oro]] al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]]), con [[Alberto Sordi]] e [[Vittorio Gassman]]. Il lungometraggio, prendendo spunto da un racconto di [[Maupassant]], contamina la tragedia storica con i moduli della commedia dissacrando un tema - gli inutili massacri della [[prima guerra mondiale]] - fino allora tabù per tutto il cinema nazionale.<ref name="Merenghetti 1494">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1494}}</ref> Dopo ''[[I compagni]]'' (1963) - malinconico resoconto della nascita del movimento operaio - nel 1966 il cineasta dirige il picaresco e folcloristico ''[[L'armata Brancaleone]]''. La pellicola (con protagonista [[Vittorio Gassman]]) è un capolavoro di fantasia e avventure farsesche che si dispiegano lungo un [[Medioevo]] sbrigliato e carnevalesco, in chiara polemica con l'opposta visione dell'età mezzana proposta dal cinema hollywoodiano.<ref name="Merenghetti 1494" /> Tra i suoi film successivi si riportano: ''[[Romanzo popolare]]'', ''[[Amici miei]]'' (campione d'incassi nella stagione 1975/76) e ''[[Un borghese piccolo piccolo (film)|Un borghese piccolo piccolo]]'' (1977); opera quest'ultima che risente esplicitamente del clima repressivo degli [[anni di piombo]] e consegna all'attore Alberto Sordi uno dei suoi personaggi più neri e sofferti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 477}}</ref>
Nel [[1991]] ha ricevuto il [[Leone d'oro alla carriera]].
 
[[File:Luigi Comencini.jpg|miniatura|sinistra|[[Luigi Comencini]]]]
Gli anni sessanta sono il periodo del ''[[Miracolo economico italiano|boom economico]]'' e di riflesso il cinema risente dei cambiamenti che modificano la società italiana. Uno dei primi artisti a documentare tali cambiamenti è senz'altro il cineasta milanese [[Dino Risi]]. Nel suo lungometraggio più conosciuto - ''[[Il sorpasso]]'' (1962) - il regista mescola, con acuta sensibilità, comicità e serietà del soggetto, virando (in maniera inconsueta) in un finale drammatico e raggelante. L'istrionismo dell'attore protagonista (Vittorio Gassman) e la colonna sonora, con brani di [[Edoardo Vianello]] (''Guarda come dondolo'') e [[Domenico Modugno]] (''Vecchio frack''), fotografano perfettamente il quadro sociale del tempo, facendo raggiungere al genere della commedia una piena maturità autoriale. Sempre per la regia di Dino Risi vanno menzionati il film a episodi ''[[I mostri]]'' (1963) e ''[[Una vita difficile]]'' (1961), che vede come attore protagonista Alberto Sordi. Il film (sceneggiato da [[Rodolfo Sonego]]) è un imponente documento artistico sull'Italia del [[dopoguerra]] e sulla nascente [[democrazia]], in un perfetto equilibrio tra la farsa e il dramma, tra ambizioni sociologiche e disillusione politica.<ref name="Merenghetti 3709">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3709}}</ref> Altre pellicole da segnalare sono: ''[[Straziami ma di baci saziami]]'' (1968), ''[[In nome del popolo italiano]]'' (1971) e ''[[Profumo di donna]]'' (1974). Nel 2002 riceve al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]] il [[Leone d'oro alla carriera]].
 
[[File:Pietro Germi.jpg|miniatura|destra|upright|[[Pietro Germi]]]]
Va messo in evidenza come spesso gli elementi costitutivi della commedia siano stati intrecciati ad arte con generi differenti, dando vita a pellicole decisamente inclassificabili. Nell'inaugurare tale tecnica, Il cineasta [[Luigi Comencini]] è stato senz'altro uno degli autori di maggior rilievo. Dopo aver raggiunto la popolarità negli anni cinquanta con alcune commedie rosa (tra tutte la celebre ''[[Pane, amore e fantasia]]''), nel 1960 regala al cinema italiano l'opera bellica ''[[Tutti a casa]]'' (con protagonista Alberto Sordi). Il lungometraggio, costantemente in bilico tra humour e dramma, ricostruisce i giorni seguenti l'[[armistizio di Cassibile]], contribuendo a spezzare il muro di silenzio calato sulla [[Resistenza italiana|Resistenza]], argomento fino allora ignorato da gran parte del cinema nazionale.<ref name="Merenghetti 3709" /> Tra le sue opere migliori si ricordano: ''[[Lo scopone scientifico]]'' (1972), lo sceneggiato ''[[Le avventure di Pinocchio (sceneggiato televisivo)|Le avventure di Pinocchio]]'' (1972) e ''[[Il gatto (film)|Il gatto]]'' (1978), in cui si fondono generi e stili differenti. Nel 1987 si aggiudica, a Venezia, Il [[Leone d'oro alla carriera]].
 
Altra figura di primo piano per lo sviluppo e l'imposizione della [[commedia all'italiana]] è il regista [[Pietro Germi]]. Dopo essersi cimentato in opere a evidente contenuto sociale, spesso riconducibili entro i canoni del [[Neorealismo]], nell'ultima fase della sua carriera ha diretto pellicole inseribili a pieno titolo entro il raggio d'azione della commedia,<ref>Un filone cinematografico che prese il nome dal film di Germi ''Divorzio all'italiana'' (In Gianfranco Cercone, ''Enciclopedia del cinema'', ed. Treccani, 2004)</ref>
dove accanto agli abituali toni umoristici sopravvivono componenti di critica sociale.<ref>I suoi primi film sono «caratterizzati dall’intransigenza morale, l’idealismo civile, l'intervento sociale che saldavano il cinema con l’orientamento politico e l’etica dominante più di quanto riuscisse a fare in media il neorealismo puro.» (In Mario Sesti, ''Tutto il cinema di Pietro Germi'', Dalai editore, 1997, p.55)</ref> Il già citato ''[[Divorzio all'italiana]]'' apre a Germi le porte del successo che si concretizzerà nel [[1965]] con il limpido e caustico ''[[Signore & signori]]''. Il film (satira sull'ipocrisia borghese di una cittadina dell'alto [[Veneto]]), vince la [[Palma d'oro]] al [[Festival di Cannes]] ex aequo con ''[[Un uomo, una donna]]'' (1966), di [[Claude Lelouch]].
[[File:C'eravamo tanto amati, film.jpg|thumb|sinistra|upright| [[Vittorio Gassman]], [[Nino Manfredi]] e [[Stefano Satta Flores]] nel film ''[[C'eravamo tanto amati (film)|C'eravamo tanto amati]]'', per la regia di [[Ettore Scola]]]]
L'ultimo protagonista della grande stagione della commedia è il regista romano [[Ettore Scola]]. Dopo aver vestito i panni dello sceneggiatore, esordisce alla regia nel [[1964]] con il film ''[[Se permettete parliamo di donne]]''. Nel [[1974]] dà alla luce il suo film più noto, ''[[C'eravamo tanto amati (film)|C'eravamo tanto amati]]'', che ripercorre trent'anni di storia italiana attraverso le vicende di tre amici: l'avvocato Gianni Perego ([[Vittorio Gassman]]), il portantino Antonio ([[Nino Manfredi]]) e l'intellettuale Nicola ([[Stefano Satta Flores]]).
Altre pellicole di sicura importanza sono: ''[[Brutti, sporchi e cattivi]]'' (1976) e ''[[Una giornata particolare]]'' (1977). Nel 1980 il regista tira le somme della [[commedia all'italiana]] nel [[pamphlet]] generazionale de ''[[La terrazza]]'', che descrive con lucida efficacia l'amaro bilancio esistenziale di un gruppo di intellettuali di sinistra. La pellicola, secondo gran parte della critica, è una delle ultime opere ancora ascrivibile alla tradizione "alta" della commedia.
[[File:Alberto Sordi Il vigile.jpg|thumb|destra|upright| [[Alberto Sordi]] in una scena de ''[[Il vigile]]'' ([[1960]]) di [[Luigi Zampa]], manifesto dell'[[Italia]] degli anni sessanta]]
Altre opere significative sono i sempre attuali ''[[Il vigile]]'' (1960) e ''[[Il medico della mutua]]'' (1968) , ambedue del regista [[Luigi Zampa]]. Tra gli anni sessanta e settanta conosce notorietà il cinema di [[Luciano Salce]], autore di molteplici commedie dal sicuro incasso al botteghino. Oltre al ciclo comico dei film basati sulle avventure del ragionier [[Ugo Fantozzi|Fantozzi]], si ricordano ''[[Il federale]]'' (1961), ''[[La voglia matta]]'' (1962) e ''[[L'anatra all'arancia]]'' (1975), tutti interpretati dall'attore [[Ugo Tognazzi]]. Da non dimenticare il film di [[Franco Brusati]], ''[[Pane e cioccolata]]'' (1974), che rivisita con mordace intelligenza le varie problematiche dell'immigrazione italiana.
Sempre in questo ambito, si menziona il lavoro svolto dalla regista [[Lina Wertmuller]], che assieme alla rodata coppia di attori [[Giancarlo Giannini]] e [[Mariangela Melato]] ha dato vita, nella prima metà degli anni settanta, a pellicole di sicuro successo tra le quali si evidenziano: ''[[Mimì metallurgico ferito nell'onore]]'' (1972), ''[[Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..."]]'' (1973) e da ultimo ''[[Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto]]'' (1974).
 
Di rilievo è il cinema di [[Sergio Citti]], che dirige con spiccate abilità autoriali commedie grottesche e surreali, sulla falsariga di certo cinema pasoliniano. Il regista romano raggiunge risultati convincenti in più di una pellicola tra le quali si menzionano: ''[[Ostia (film)|Ostia]]'' (1970), ''[[Il minestrone]]'' (1981) e ''[[Mortacci]]'' (1989). Da sottolineare, ancora, l'opera di [[Antonio Pietrangeli]], che in quasi tutti i suoi film si è occupato di psicologia femminile, delineando con precisione amari e finissimi ritratti di donna. Tra i suoi migliori lavori si menzionano: ''[[Il sole negli occhi]]'' (1953), ''[[Adua e le compagne]]'' (1960), ''[[La Parmigiana]]'' (1963) e ''[[Io la conoscevo bene]]'' (1965), considerato il suo capolavoro.
 
Vi è infine da ricordare che nell'arco di oltre un ventennio (a partire dagli anni sessanta), sono stati numerosissimi i registi che hanno partecipato e contribuito allo sviluppo della commedia. Tra questi è possibile ricordare [[Nanny Loy]] - il quale riceve una candidatura all'Oscar per il film ''[[Le quattro giornate di Napoli]]'' (1962) - [[Sergio Corbucci]], [[Steno]], [[Salvatore Samperi]], [[Marcello Fondato]], [[Pasquale Festa Campanile]], [[Luigi Filippo D'Amico]], [[Tonino Cervi]], [[Franco Rossi (regista)|Franco Rossi]] e [[Luigi Magni]], che nel corso del tempo ha delineato commedie ambientate nella [[Roma]] [[papa]]lina e [[Risorgimento|risorgimentale]] e che hanno visto come attore protagonista [[Nino Manfredi]].
 
== Il cinema comico ==
[[File:Antonio De Curtis - Totò.jpg|thumb|destra|upright|[[Antonio De Curtis]], in arte [[Totò]]]]
[[File:Gaetano Pappagone.jpg|thumb|left|upright=0.7|[[Peppino De Filippo]]]]
Il luogo ideale dove il genere comico trova ampia affermazione è senz'altro il [[teatro]] dove, tra gli anni trenta e quaranta, si sviluppano numerose scuole di avanspettacolo che vedono tra le proprie file attori comici di prim'ordine come [[Carlo Dapporto]], [[Gilberto Govi]], [[Ettore Petrolini]], [[Erminio Macario]], [[Nino Taranto]], [[Renato Rascel]] e [[Antonio De Curtis]], in arte [[Totò]]. Proprio a quest'ultimo si deve il merito di aver spostato e integrato tale prodotto artistico dal palcoscenico alla celluloide. Ideatore di un'autentica maschera nel solco della tradizione della [[commedia dell'arte]], Totò ha spaziato dal teatro (con oltre 50 titoli) al cinema (con 97 pellicole) e alla televisione (con 9 telefilm e vari sketch pubblicitari). I suoi film riscuotono ancora oggi molto successo, e talune sue battute sono diventate perifrasi entrate nel linguaggio comune.<ref name="Maltin" >{{cita|Maltin, 2007|p. 2051}}.</ref>
 
Tra i suoi innumerevoli lungometraggi si ricordano: ''[[I pompieri di Viggiù]]'' (1949), ''[[Totò cerca casa]]'' (1949), ''[[Totò le Mokò]]'' (1949), ''[[Totò a colori]]'' (1952), ''[[Miseria e nobiltà (film 1954)|Miseria e nobiltà]]'' (1954) e ''[[Signori si nasce]]'' (1960). Non è da trascurare il sodalizio artistico con il grande attore di teatro [[Peppino De Filippo]], con il quale ha dato vita a numerosi lungometraggi di sicura presa sul pubblico. Tra i tanti si menzionano: ''[[La banda degli onesti]]'' (1956), ''[[Totò, Peppino e... la dolce vita]]'' (1961) e il celebre ''[[Totò, Peppino e la... malafemmina]]'' (1956), per la regia di [[Camillo Mastrocinque]]. Oltre ad aver rappresentato per oltre un ventennio l'attore comico per antonomasia, Totò si è cimentato in altre pellicole rientranti più esplicitamente nel filone della [[commedia all'italiana]], finanche nel [[cinema d'autore]] (in particolar modo negli anni sessanta).
 
[[File:Fantozzi 1.jpg|destra|thumb|[[Paolo Villaggio]] nelle vesti del ragionier [[Ugo Fantozzi]]]]
Analogo discorso avviene nei successivi anni settanta con l'emergere di una nuova personalità comica facente capo all'autore, attore e scrittore [[Paolo Villaggio]]. Dopo aver esordito nel programma televisivo ''[[Quelli della domenica]]'', presentando personaggi dalla mimica grottesca e inedita, fa esordire sul grande schermo la maschera di [[Ugo Fantozzi|Fantozzi]], ideata dallo stesso artista alla fine degli anni sessanta e pubblicata con notevole richiamo nell'omonimo libro, uscito per la ''[[Rizzoli]]'' nel 1971. Il capostipite ''[[Fantozzi (film)|Fantozzi]]'' (1975), diretto da [[Luciano Salce]] e campione di incassi nella stagione 1974 - 1975, ha dato vita a una saga di ampio successo, che si è protratta con altre nove pellicole fino alla fine degli anni novanta.
 
Accanto all'artista hanno poi recitato tutta una serie di attori divenuti fin da subito molto popolari tra i quali si ricordano: [[Milena Vukotic]], [[Anna Mazzamauro]] e soprattutto [[Gigi Reder]], il quale ha composto con Villaggio un fortunato sodalizio, riscontrabile in oltre quattordici pellicole. Allo stesso modo di [[Totò]] anche Villaggio ha effettuato svariate incursioni nel cinema d'autore, continuando in parallelo la principale attività di attore comico e scrittore satirico. Se si esclude l'[[Premio Oscar|Oscar]] a [[Roberto Benigni]] (il quale è sia interprete che regista), entrambi gli artisti sono gli unici attori comici in Italia ad aver vantato riconoscimenti di grande prestigio internazionale. Totò ha infatti ricevuto nel 1966 una menzione speciale al [[Festival di Cannes]], per l'interpretazione nel film ''[[Uccellacci e uccellini]]''; a Villaggio sono andati rispettivamente il [[Leone d'oro alla carriera]] (1992) e il [[Pardo d'onore]] al [[Festival di Locarno]] (2000).
 
[[File:Ciccio e Franco Fine.jpg|sinistra|thumb|upright|Il duo comico composto da [[Franco Franchi]] e [[Ciccio Ingrassia]]]]
Non è da tralasciare l'ampia popolarità del duo comico composto da [[Franco Franchi]] e [[Ciccio Ingrassia]], che per tutti gli anni sessanta ha dato vita a numerosi lungometraggi di stampo parodistico (i più diretti da [[Giorgio Simonelli]]), proponendo mimiche e gag derivanti dall'avanspettacolo e dal teatro di strada. Si segnalano, inoltre, le numerose partecipazioni della coppia a molti film autoriali, mettendo la propria arte al servizio di registi quali [[Pier Paolo Pasolini]], [[Vittorio De Sica]] e i [[Fratelli Taviani]]. Lo stesso Ingrassia lavorerà singolarmente per cineasti del calibro di [[Elio Petri]] e [[Federico Fellini]].
 
Una ritrovata linfa nel contesto di tale forma artistica viene alla luce all'inizio degli anni ottanta con la comparsa di una nuova generazione di attori e registi che avrebbe, seppur con tematiche sociali differenti, continuato il percorso già tracciato dalla commedia all'italiana. Attori comici quali [[Roberto Benigni]], [[Carlo Verdone]], [[Massimo Troisi]], [[Francesco Nuti]] e [[Maurizio Nichetti]], hanno proposto in maniera coeva un nuovo modo di fare comicità, passando con disinvoltura dallo [[sketch]] televisivo al cinema, presentando pellicole quasi sempre dirette e interpretate da se medesimi.
 
== Il cinema sociale e politico ==
[[File:Francesco Rosi - foto di Augusto De Luca.jpg|miniatura|destra|upright|Nell'immagine il regista [[Francesco Rosi]]]]
Il cinema d'autore degli anni sessanta continua il proprio percorso affrontando tematiche differenti. Dalle vene surreali ed esistenziali di Fellini e Antonioni si emancipa una nuova visone autoriale che vede nel cinema un mezzo ideale per denunciare corruzioni e malaffare, sia del sistema politico che del mondo industriale. Nasce così la struttura del film inchiesta che partendo dall'analisi neorealista dei fatti, aggiunge a essi un conciso giudizio critico, con il manifesto intento di scuotere le coscienze dell'opinione pubblica. Tale tipologia tocca volutamente questioni scottanti, spesso prendendo di mira il potere costituito, con l'intento di ricostruire una verità storica il più delle volte negata o celata. Vero precursore di questo modo di intendere il mestiere del regista è l'artista napoletano [[Francesco Rosi]]. Dopo essere stato sceneggiatore e aiuto regista di [[Luchino Visconti]], nel 1958 dirige la sua prima pellicola ''[[La sfida]]'', a cui segue un anno dopo ''[[I magliari]]'' (1959). Nel 1962, inaugura il progetto dei film-inchiesta ripercorrendo, attraverso una serie di lunghi [[analessi|flashback]], la vita del malavitoso [[sicilia]]no ''[[Salvatore Giuliano (film)|Salvatore Giuliano]]''. L'anno successivo dirige [[Rod Steiger]] ne ''[[Le mani sulla città]]'' ([[1963]]), nel quale denuncia con coraggio le collusioni esistenti tra i diversi organi dello Stato e lo sfruttamento edilizio a [[Napoli]]. La pellicola viene premiata con il [[Leone d'Oro]] al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]].
[[File:Il caso Mattei Rosi.png|thumb|sinistra|upright|[[Gian Maria Volonté]] in ''[[Il caso Mattei]]'' (1972) di [[Francesco Rosi]]]]
Questi film sono generalmente considerati i capostipiti del [[cinema]] ad argomento politico, che vedrà spesso, la recitazione duttile e spontanea di [[Gian Maria Volontè]]. Uno dei punti di arrivo del percorso artistico di Francesco Rosi è senz'altro ''[[Il caso Mattei]]'' ([[1972]]); un rigoroso documento in cui il regista cerca di far luce sulla misteriosa scomparsa di [[Enrico Mattei]], manager del più importante gruppo statale italiano: l'[[Eni]].
La pellicola vince la [[Palma d'oro]] al [[festival di Cannes]] e diviene un vero modello per analoghi film di denuncia civile prodotti nei successivi decenni (a partire dal cinema di Costa-Gravas e più avanti dal film ''[[JFK - Un caso ancora aperto]]'' di [[Oliver Stone]]). Nel 2008 ha conseguito l'[[Orso d'Oro alla carriera]] e successivamente, nel 2012, il [[Leone d'Oro alla carriera]].
 
[[File:Elio Petri.jpg|miniatura|destra|upright|Elio Petri]]
I [[Sessantotto|movimenti studenteschi, operai ed extra-parlamentari]] della fine degli [[anni 1960|anni sessanta]] e quelli del decennio successivo influenzeranno molte arti, in particolar modo il cinema, che sviluppa sulle orme di Rosi un percorso socialmente e politicamente impegnato. In questo contesto nuovi registi continuano e potenziano l'opera del regista napoletano; tra questi il più attivo è l'autore romano [[Elio Petri]], che utilizza il discorso politico in un'ottica di superamento e completamento del cinema neorealista. A tal proposito il regista milanese dichiara: «Il "[[Neorealismo]]" se non è inteso come vasta esigenza di ricerca e di indagine, ma come vera e propria tendenza poetica, non ci interessa più (...) Occorre fare i conti con i miti moderni, con le incoerenze, con la corruzione, con gli esempi splendidi di eroismi inutili, con i sussulti della morale: occorre sapere e potere rappresentare tutto ciò».<ref> "Città aperta", 4-5, 25 luglio 1957, in Elio Petri, ''Scritti di cinema e di vita'', p. 56, Bulzoni Editore, 2007</ref>
 
[[File:Uomini contro - Volonté.png|thumb|sinistra|upright| [[Gian Maria Volonté]], qui in ''[[Uomini contro]]'' ([[1970]]) di [[Francesco Rosi]]]]
Dopo aver lavorato con [[Alberto Sordi]] nel film ''[[Il maestro di Vigevano]]'' (1963), verso la metà degli anni sessanta stringe un autentico sodalizio con l'attore e alter ego [[Gian Maria Volontè]]. Tra i loro film vanno ricordati: ''[[A ciascuno il suo (film)|A ciascuno il suo]]'' (1967), tratto da un romanzo di [[Leonardo Sciascia]], ''[[La classe operaia va in paradiso]]'' (1971), corrosiva satira sulla vita in fabbrica (vincitrice della [[Palma d'oro]] a Cannes) e ''[[Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto]]'' (1970). Quest'ultimo (sorretto dall'incisiva colonna sonora di [[Ennio Morricone]]) è un asciutto thriller psicoanalitico incentrato sulle aberrazioni del potere, analizzate in chiave sulfurea e patologica.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1654}}</ref> La pellicola, tra le più note del regista, ottiene un vasto consenso, aggiudicandosi l'anno seguente l'[[Oscar al miglior film straniero]]. Nel 1976 Petri porta al cinema un altro romanzo di [[Leonardo Sciascia|Sciascia]], ''[[Todo modo (romanzo)|Todo modo]]'', che racconta il grottesco decadimento di una classe dirigente, rifugiatasi in un albergo-eremo, allo scopo di praticare esercizi spirituali.
[[File:Detenuto in attesa di giudizio.JPG|thumb|destra|upright|[[Alberto Sordi]] in ''[[Detenuto in attesa di giudizio]]'' ([[1971]]) di [[Nanni Loy]]]]
Evidenti tematiche proprie del cinema d'impegno civile si ritrovano nell'opera di [[Damiano Damiani]], che con ''[[Il giorno della civetta (film)|Il giorno della civetta]]'' (1967), conosce un notevole successo. Altri lungometraggi da citare sono: ''[[Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica]]'' (1971), ''[[L'istruttoria è chiusa: dimentichi]]'' e ''[[Girolimoni, il mostro di Roma]] '' (1972), ''[[Perché si uccide un magistrato]]'' (1974) e ''[[Io ho paura]]'', del 1977. Si menziona, inoltre, [[Giuliano Montaldo]], che dopo alcune esperienze come attore mette in scena alcune pellicole di carattere storico e politico come ''[[Gott mit uns (Dio è con noi)|Gott mit uns]]'' (1970), ''[[Sacco e Vanzetti (film 1971)|Sacco e Vanzetti]]'' (1971) e ''[[Giordano Bruno (film)|Giordano Bruno]]'' (1973).
 
[[File:Gillo Pontecorvo.jpeg|miniatura|sinistra|[[Gillo Pontecorvo]]]]
A seguire, di estrema importanza risulta il duro e realistico ''[[Detenuto in attesa di giudizio]]'' ([[1971]]), di [[Nanni Loy]], con protagonista un insolito [[Alberto Sordi]]. Il film del regista sardo è una sorta di incubo [[Franz Kafka|kafkiano]], perfettamente calato nella realtà sociale del tempo. La pellicola ha suscitato ampio scalpore, in quanto, per la prima volta, un'opera cinematografica denunciava la drammatica arretratezza dei sistemi giudiziario e carcerario italiani.
 
Anche se non strettamente legato alla realtà italiana si può ricordare ''[[La battaglia di Algeri]]'' (1966), dell'autore toscano [[Gillo Pontecorvo]]. L'opera è una vibrante ricostruzione degli eventi civili e militari che portarono l'[[Algeria]] all'indipendenza dal colonialismo francese, rievocata con un rigore e uno stile prossimi a molti cinegiornali dell'epoca.<ref>Fernaldo Di Giammatteo, ''Dizionario del cinema - cento grandi film'', pag 28, Edizioni Newton, 1995</ref> Acclamato da critica e pubblico, Il film ([[Leone d'oro]] a Venezia), è divenuto nel tempo una delle opere italiane più conosciute nel mondo.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/la-battaglia-di-algeri_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/|titolo=La battaglia di Algeri - Treccani |accesso=01 giugno 2015}}</ref>
Nel 1969 [[Marlon Brando]] è il protagonista di un nuovo film politico sempre diretto da Pontecorvo: ''[[Queimada]]'', che descrive le sopraffazioni del colonialismo e la rivolta dei popoli oppressi in un paese del [[Sud America]]. Da ultimo, Il regista pisano affronta, nel 1979, il tema della [[Euskadi Ta Askatasuna|resistenza antifranchista basca]] in ''[[Ogro]]'', raccontando la vicenda dell'attentato all'Ammiraglio [[Luis Carrero Blanco]], avvenuto nel [[1973]]. Un altro regista legato al cinema politico e d'impegno sociale è l'emiliano [[Florestano Vancini]], che nelle sue opere più riuscite ha coniugato la robustezza della ricostruzione storica con il resoconto di crisi sentimentali e soggettive. Tra le sue opere più note si ricordano: ''[[La lunga notte del '43]]'' (1960) , ''[[Le stagioni del nostro amore (film)|Le stagioni del nostro amore]]'' (1966) e ''[[Il delitto Matteotti (film 1973)|Il delitto Matteotti]]'' (1973).
 
== Il cinema d'animazione ==
{{vedi anche|Storia dell'animazione italiana}}
[[File:Supervip.jpg|miniatura|destra| Fotogramma del film ''[[Vip - Mio fratello superuomo]]'' ([[1968]]) di [[Bruno Bozzetto]].]]
Nonostante l'Italia non abbia una grande tradizione nell'ambito del cinema d'animazione, nel corso del tempo si sono rivelati diversi autori degni d'attenzione. Il pioniere del cartone animato italiano è stato Francesco Guido, meglio conosciuto come [[Gibba]]. Subito dopo la fine della guerra, produce il primo mediometraggio animato del nostro cinema dal titolo ''L'ultimo sciuscià'' (1946), che riprende tematiche proprie del [[neorealismo]] e nel decennio successivo i lungometraggi ''Rompicollo'' e ''I picchiatelli'', in collaborazione con Antonio Attanasi. Negli [[anni 1970|anni settanta]], dopo molti documentari animati, lo stesso [[Gibba]] tornerà al lungometraggio con ''Il racconto della giungla'' (1974), preceduto dall'erotico ''[[Il nano e la strega]]'' (1973).
Interessanti anche i contributi del pittore e scenografo [[Emanuele Luzzati]] che dopo alcuni pregevoli cortometraggi, realizza nel 1976 uno dei capolavori dell'animazione italiana: ''[[Il flauto magico]]'', basato sull'omonima opera di Mozart.
 
Nel 1949, il disegnatore [[Nino Pagot]] presenta al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]] ''[[I fratelli Dinamite]]'', uno dei primi e più importanti cartoni animati dell'epoca, uscito nelle sale in concomitanza con ''[[La rosa di Bagdad]]'' (1949), realizzato dall'animatore [[Anton Gino Domeneghini]]. Nei primi anni cinquanta il fumettista [[Romano Scarpa]] crea il cortometraggio ''[[La piccola fiammiferaia (film 1953)|La piccola fiammiferaia]]'' (1953), che resta, come i due film precedenti, poco più che un caso isolato. Infatti, all'infuori di questi esempi, l'animazione italiana a cavallo degli anni cinquanta e sessanta rimane confinata nel settore televisivo, specialmente nella pubblicità, grazie alle varie committenze fornite dal contenitore [[Carosello]].
 
Ma è con [[Bruno Bozzetto]] che il cartoon italiano raggiunge una dimensione internazionale: il suo lungometraggio d'esordio ''[[West and Soda]]'' (1965), irresistibile caricatura del genere Western, accoglie consensi sia di pubblico che di critica.
Pochi anni dopo sarà la volta di ''[[Vip - Mio fratello superuomo]]'' (1968). Dopo tanti cortometraggi satirici (incentrati sulla popolare figura del "Signor Rossi") torna al lungometraggio con quello che viene considerato il suo lavoro più ambizioso: ''[[Allegro non troppo]]'' (1977). Ispirato al noto ''[[Fantasia (film)|Fantasia]]'' della [[The Walt Disney Company|Disney]] è un film a tecnica mista, in cui gli episodi animati vengono plasmati sulle note di molti brani di musica classica. Altro disegnatore da sottolineare è l'artista [[Pino Zac]]. Dopo aver collaborato con [[Mauro Bolognini]], cura la parte animata nel mediometraggio ''Viaggio di lavoro'', facente parte del film a episodi ''[[Capriccio all'italiana]]'' (1968). Nel 1971 gira con tecnica mista ''[[Il cavaliere inesistente (film)|Il cavaliere inesistente]]'', tratto dall'[[Il cavaliere inesistente|omonimo romanzo]] di [[Italo Calvino]].
 
Negli anni novanta l'animazione italiana entra in una nuova fase produttiva grazie allo studio torinese [[Lanterna Magica (azienda)|Lanterna Magica]] che nel 1996, con la regia di [[Enzo D'Alò]], realizza l'intrigante favola natalizia ''[[La freccia azzurra]]'', basata su un racconto di [[Gianni Rodari]].
Il film è un successo e apre la strada, negli anni successivi, ad altri lungometraggi. Infatti, nel 1998, dopo soli due anni di lavoro, viene distribuito ''[[La gabbianella e il gatto]]'' tratto dal romanzo ''[[Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare]]'' di [[Luis Sepúlveda]], che risulta essere un grande successo di pubblico, toccando un nuovo vertice del nostro cinema animato.
 
Il regista [[Enzo d'Alò]], separatosi dallo studio Lanterna Magica, produrrà negli anni seguenti altre pellicole come ''[[Momo alla conquista del tempo (film)|Momo alla conquista del tempo]]'' (2001) e ''[[Opopomoz]]'' (2003).
Lo studio torinese distribuisce dal canto suo le pellicole ''[[Aida degli alberi]]'' (2001) e ''[[Totò Sapore e la magica storia della pizza]]'' (2003), accompagnati da un buon riscontro di pubblico.
Nel [[2003]] esce il primo film d'animazione in computer grafica di produzione interamente italiana dal titolo ''[[L'apetta Giulia e la signora Vita]]'', per la regia di Paolo Modugno. Da sottolineare l'opera ''La Storia di Leo'' (2007), del regista Mario Cambi, vincitore, l'anno seguente, del [[Giffoni Film Festival]].
 
Nel [[2010]] giunge il primo film d'animazione italiano in tecnologia [[Cinema tridimensionale|3D]], diretto da [[Igino Straffi]], dal titolo ''[[Winx Club 3D - Magica avventura]]'', tratto dall'omonima serie che ha goduto di fama e successo in tutto il mondo. Nel frattempo torna nelle sale [[Enzo D'Alò]], presentando il suo ''[[Pinocchio (film 2012)|Pinocchio]]'' (2012).
Nel [[2012]] ottiene credito presso il pubblico la pellicola ''[[Gladiatori di Roma]]'', anch'esso girato in tecnologia [[Cinema tridimensionale|3D]], seguita dal lungometraggio ''[[Winx Club - Il mistero degli abissi]]'' (2014), entrambi ancora di [[Igino Straffi]].
 
== Il cinema di genere italiano ==
Accanto al cinema neorealista ed esistenziale degli autori, della commedia all'italiana e del cinema di denuncia sociale, a partire dal [[secondo dopoguerra]], si sviluppa un cinema italiano più popolare che se da una parte viene snobbato e osteggiato dalla critica, dall'altra viene accolto con entusiasmo da gran parte del pubblico, nazionale e internazionale.
Dopo aver toccato il proprio culmine negli [[Anni 1960|anni sessanta]] e [[Anni 1970|settanta]] del [[XX secolo|Novecento]], il cinema di genere entra in declino a metà degli [[Anni 1980|anni ottanta]] per due motivi principali: da una parte la grave crisi che colpisce tutto il cinema italiano e dall'altra l'affermazione della [[televisione commerciale]], che in pochi anni priva le sale cinematografiche del suo pubblico abituale. Questo tipo di cinema è venuto ad affievolirsi ed a scomparire all'inizio degli [[Anni 1990|anni novanta]].
 
I [[generi cinematografici]] prodotti in [[Italia]] sono stati molteplici (variando a seconda dei decenni) e molte volte si sono incrociati tra loro, attraverso varie commistioni e fusioni. Qui di seguito è rappresentata una sommaria lista dei vari generi cinematografici che hanno incontrato, in periodi diversi, maggior successo.
 
=== Film musicali e musicarelli ===
{{vedi anche | Musicarello}}
[[File:Ettoregiannini.jpg|miniatura|destra|[[Ettore Giannini]], autore del film ''[[Carosello napoletano]]'' (1953) : unico musical cinematografico italiano ad aver ricevuto riconoscimenti di prestigio internazionale]]
 
La cinematografia italiana risulta pressoché estranea al genere del [[musical]], che in maniera opposta ha avuto ampio richiamo negli Stati Uniti e in altri Paesi europei. Tra i pochi film italiani ascrivibili al genere si può citare ''[[Carosello napoletano]]'' (1953) di [[Ettore Giannini]], interpretato tra gli altri dal cantante [[Giacomo Rondinella]] e da un'esordiente [[Sophia Loren]].
La pellicola è una versione cinematografica dell'omonima opera teatrale, presentata per la prima volta al [[Teatro]] [[La Pergola]] di [[Firenze]] il 14 aprile [[1950]], e successivamente al [[Teatro Quirino]] di [[Roma]], e portata al successo in molti paesi d' oltreoceano.
Questo insolito film-rivista, aiutato da procedimenti stilistici piuttosto originali (con le scenografie di [[Mario Chiari]] e la fotografia di [[Giorgio Sommer]]), fonde l'eredità colta del [[vedutismo]] con l'ingenuità surreale degli ex voto, mescolando regia teatrale e cinematografica con ambizioni proprie del musical hollywoodiano.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 590}}</ref>
In virtù di queste caratteristiche, il lungometraggio riceve, nella primavera dello stesso anno, il Prix International al [[Festival di Cannes]].<ref>{{cita web|url=http://www.festival-cannes.fr/en/archives/1954/allAward.html|titolo=Awards 1954|editore=festival-cannes.fr|accesso=1º giugno 2011|lingua=en}}</ref>
 
Dalla fine degli anni cinquanta e fino a tutti gli anni settanta, si sviluppa con notevole fortuna il sottofilone dei cosiddetti ''musicarelli'', che prevedono l'ingaggio e la partecipazione di numerosi cantanti di musica leggera, con l'unico intento di trasformare gli artisti in autentiche star del grande schermo. Queste produzioni (il più delle volte commedie a carattere sentimentale) vedono come protagonisti i cantanti italiani più in voga come Adriano Celentano, [[Mina (cantante)|Mina]], [[Little Tony]], [[Rita Pavone]], [[Gianni Morandi]], [[Caterina Caselli]], [[Iva Zanicchi]], [[Domenico Modugno]] e [[Claudio Villa]], i quali, tra una sequenza e l'altra, propongono i vari successi del momento. L'operazione si rivela un successo, consolidando la fama di molte voci italiane, soprattutto di [[Gianni Morandi]] e [[Rita Pavone]], che più di tutti incarnavano l'allegria e la spensieratezza del mondo degli [[adolescenza|adolescenti]]. Tra i titoli più rappresentativi si ricordano: ''[[I ragazzi del juke-box]]'' (1959) e ''[[Urlatori alla sbarra]]'' (1960), di [[Lucio Fulci]], ''[[In ginocchio da te]]'' (1964), di [[Ettore Maria Fizzarotti]] e ''[[Rita la zanzara]]'' (1966), per la regia di [[Lina Wertmuller]].
 
=== Fantascienza ===
{{vedi anche|Cinema italiano di fantascienza}}
 
[[File:Terrore nello spazio (film 1965).JPG|sinistra| thumb| Una scena del film ''[[Terrore nello spazio (film 1965)|Terrore nello spazio]]'' (1965) di [[Mario Bava]]]]
 
Per quanto non molto ricordato, il cinema italiano ha saputo esprimere un proprio filone di [[cinema di fantascienza|fantascienza]], sebbene realizzato in maniera assai più artigianale rispetto a quello [[hollywood]]iano, di cui è rimasto prevalentemente al traino. Se si escludono pellicole del periodo del muto<ref name="Chiavini 2003">{{cita libro
|titolo=Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967)
|altri=Volume 2 di Il grande cinema di fantascienza, Collana gli Album
|autore=Roberto Chiavini, [[Gian Filippo Pizzo]], [[Michele Tetro]]
|url=http://books.google.it/books?id=2L52yZx9YCwC&pg=PA145&lpg=PA145
|editore=Gremese
|anno=2003
|isbn=88-8440-266-2
|p=145
}}</ref> e film [[Farsa (genere teatrale)|farseschi]] come ''[[Mille chilometri al minuto!]]'' (1939), ''[[Baracca e burattini]]'' (1954), e ''[[Totò nella luna]]'' (1958) - nei quali gli elementi fantascientifici sono utilizzati in funzione della [[commedia]] - la fantascienza ''"made in Italy"'' si sviluppa in modo pertinente a partire dagli anni cinquanta quando, venuto meno il [[Censura fascista|protezionismo del regime]], il mercato italiano viene invaso dai ''[[blockbuster]]'' d'oltreoceano.<ref name="Pagetti">Carlo Pagetti, {{SFEncyclopedia|Italy}}</ref> Tra i primi registi a cimentarsi nel genere si segnalano [[Paolo Heusch]], con ''[[La morte viene dallo spazio]]'' (1958), e [[Riccardo Freda]], con ''[[Caltiki, il mostro immortale]]'' (1959).
 
Nel corso degli anni sessanta le produzioni di fantascienza crescono a dismisura con la peculiarità di fondersi frequentemente con altri generi o sottogeneri, come quello [[Fantaspionaggio|fanta-spionistico]] e dell'orrore. Tra gli autori emergono soprattutto il regista [[Antonio Margheriti]] e il già citato [[Mario Bava]], che si distinguono rispettivamente negli ambiti dell'[[space opera|avventura spaziale]] e del [[fanta-horror]]. Margheriti - quasi sempre sotto lo pseudonimo di Anthony M. Dawson - è stato autore di numerosi film di genere dal solido impianto tecnico e realizzativo, seppur minati da pesantissimi limiti di budget.<ref name="Pagetti" /> Il suo lungometraggio dal titolo ''[[Space Men]]'' (1960) è uno dei primi esempi di "space opera" del cinema italiano, cui seguono ''[[Il pianeta degli uomini spenti]]'' (1961) e il ciclo della stazione spaziale [[Gamma Uno]] (composto da quattro film girati contemporaneamente in 12 settimane e distribuiti tra il 1965 e il 1967). Nonostante il livello degli [[effetti speciali]] risulti [[film a basso costo|a basso costo]], le opere di Margheriti riescono a riscuotere una certa attenzione sia in Italia sia all'estero, contribuendo all'espansione del filone. Tra i vari registi influenzati dalle opere di Margheriti troviamo [[Ubaldo Ragona]], [[Carlo Ausino]] e [[Pietro Francisci]]. Nel frattempo, il maestro dell'[[cinema dell'orrore|orrore]] [[Mario Bava]] dirige ''[[Terrore nello spazio (film 1965)|Terrore nello spazio]]'' (1965), che mescola horror e fantascienza.<ref name="Chiavini 2003" />
[[File:Decimavittima.jpg|thumb|[[Marcello Mastroianni]] in una scena de ''[[La decima vittima]]'' (1965) di [[Elio Petri]]]]
 
Il genere ha inoltre catturato l'attenzione di altri cineasti, alcuni dei quali propriamente ascrivibili al [[cinema d'autore]].<ref name="Chiavini 2003">{{cita libro
|titolo=Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967)
|altri=Volume 2 di Il grande cinema di fantascienza, Collana gli Album
|autore=Roberto Chiavini, [[Gian Filippo Pizzo]], [[Michele Tetro]]
|url=http://books.google.it/books?id=2L52yZx9YCwC&pg=PA145&lpg=PA145
|editore=Gremese
|anno=2003
|isbn=88-8440-266-2
|p=161
}}</ref> [[Elio Petri]] dirige nel 1965 ''[[La decima vittima]]'' - basato su un racconto di [[Robert Sheckley]] - mentre [[Marco Ferreri]] porta sullo schermo l'apocalittico ''[[Il seme dell'uomo]]'' (1969), dove il pessimismo dell'autore si trasforma in una feroce critica verso tutto il genere umano. Nello stesso periodo il cinema di fantascienza viene a incrociarsi con quello della [[satira]] sociale, offrendo in questo ambito alcuni contributi originali.<ref name="Pagetti" /> Esempi di questo tipo sono ''[[Il disco volante]]'' di [[Tinto Brass]] (1964)<ref name="Pagetti" /> e la bizzarra commedia [[fantapolitica]] ''[[Colpo di stato (film 1969)|Colpo di stato]]'' (1969), diretta dal regista [[Luciano Salce]].
 
Dalla fine degli anni settanta - esauritasi la [[Il Sessantotto|spinta contestatrice]] - la produzione vira verso temi più avventurosi, spensierati e infantili. Tra le opere più emblematiche del periodo viene citata ''[[Scontri stellari oltre la terza dimensione]]'' (1978), di [[Luigi Cozzi]], uscita a poca distanza dal primo episodio di ''[[Guerre stellari (film)|Guerre stellari]]'' (1977), diretto da [[George Lucas]] e promosso come risposta italiana a tale film, nonostante risultasse, per gli standard hollywoodiani, poco più di un ''[[B movie]]''.
 
Dopo una produzione commerciale relativamente ricca di film a basso costo e sempre a imitazione di film statunitensi, alla fine degli anni ottanta il cinema di genere italiano entra in crisi e il filone fantascientifico perde consistenza fino a scomparire quasi del tutto all'inizio degli anni novanta. Eccezione rilevante è ''[[Nirvana (film)|Nirvana]]'' (1997), di [[Gabriele Salvatores]], un film ispirato al [[cyberpunk]] che costituisce la produzione di fantascienza italiana per il cinema<ref>La produzione fantascientifica più costosa, oltre il cinema, è stata quella per lo sceneggiato televisivo Rai del 1987 ''[[L'isola del tesoro (sceneggiato televisivo 1987)|]]'' per la regia di [[Antonio Margheriti]], con un budget di oltre 25 miliardi di lire. {{cita web|url=http://www.antoniomargheriti.com/tutti_i_suoi_film/Fantascienza/Isola%20del%20Tesoro.htm|titolo=L'isola del Tesoro|sito=AntonioMargheriti.com|accesso=28 luglio 2015}}</ref> più costosa di sempre e quella di maggiore successo commerciale.<ref name="Muccino 2003">{{cita web|url=http://www.repubblica.it/online/spettacoli_e_cultura/rabbiamuccino/rabbiamuccino/rabbiamuccino.html|sito=La Repubblica/spettacoli_e_cultura|titolo=Muccino: "Mi hanno punito ma non mi lascio abbattere"|accesso=9 aprile 2012}}</ref><ref name="business Nirvana">{{Cita libro|autore=Roberto Chiti|autore2=Enrico Lancia|autore3=Roberto Poppi|titolo=Dizionario del cinema italiano|url=http://books.google.com/books?id=Wi9fOUNFoDgC&pg=PA68|accesso=5 maggio 2012|anno=2002|editore=Gremese Editore|pagine=68|isbn=978-88-8440-137-3}}</ref> L'autore napoletano torna a testare il genere nel 2014 con il [[film drammatico]]-fantascientifico ''[[Il ragazzo invisibile]]''.
 
=== Western ===
{{vedi anche|Western all'italiana}}
[[File:Sergio Leone.jpg|thumb|upright|sinistra|[[Sergio Leone]] sul set di ''[[C'era una volta in America]]'']]
 
[[Sergio Leone]] è unanimemente considerato il precursore del cinema western all'italiana. Figlio del cineasta [[Roberto Roberti]], dopo alcune prove come aiuto regista in varie produzioni hollywoodiane, fa il suo esordio alla regia nel 1961, con il [[peplum]] ''[[Il colosso di Rodi]]''. Tre anni più tardi, sulla scia dei grandi maestri americani, si dedica al genere western lanciando nelle sale il film ''[[Per un pugno di dollari]]'' (1964), seguito da ''[[Per qualche dollaro in più]]'' (1965) e da ''[[Il buono, il brutto, il cattivo]]'' (1966). Queste produzioni, tutte interpretate dall'attore americano [[Clint Eastwood]], vengono comunemente denominate la [[trilogia del dollaro]].
 
La forza innovativa di tali pellicole risiede nel rifiuto del western americano tradizionale, non più incentrato su trame sentimentali, sul mito della frontiera o sulle guerre con gli indiani ma su eroi cinici e disincantati, avvolti in un mondo dove conta solo la violenza e la sopraffazione.<ref name = "ws" >{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2517}}</ref> Tutto ciò è rafforzato da uno stile registico irreale e iperbolico, perfettamente coadiuvato dalle colonne sonore di [[Ennio Morricone]]. È l'inizio di un nuovo modo di concepire il genere, tutto giocato sulla forza dei primi piani che svelano la crudele ieraticità degli attori e conquistano il pubblico con la forza di un pugno nello stomaco.<ref name = "ws" />
La qualità filmica della trilogia raggiunge l'apice con ''[[Il buono, il brutto, il cattivo]]'': una sorta di aggiornamento de ''[[La grande guerra]]'' di [[Mario Monicelli]] e raccontato mescolando toni picareschi a momenti di grande lirismo.
A questo trittico seguiranno il [[kolossal]] epico ''[[C'era una volta il West]]'' ([[1968]]), girato in parte nella [[Monument Valley]], e ''[[Giù la testa]]'' ([[1971]]), che risente esplicitamente del clima della contestazione. [[Sergio Leone]], snobbato all'epoca da buona parte della critica, viene oggi celebrato come uno dei registi italiani più noti e acclamati nel mondo.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/sergio-leone_(Enciclopedia-del-Cinema)/|titolo= Sergio Leone - Treccani |accesso=01 giugno 2015}}</ref>
 
[[File:Django-12.jpg|thumb|destra| [[Franco Nero]] in ''[[Django]]'' ([[1966]]) di [[Sergio Corbucci]]]]
Il successo mondiale dei film di Leone apre la strada a una moltitudine d'imitazioni ''made in Italy'' (circa cinquecento pellicole spalmate in quindici anni), alcune delle quali hanno riscontrato un notevole seguito sia nazionale che estero. È il caso del lungometraggio ''[[Django]]'' ([[1966]]), diretto da [[Sergio Corbucci]]. ''Django'' (primo western italiano vietato ai minori di diciotto anni) ha conosciuto una larga fortuna oltre oceano, lanciando il divo e primo attore [[Franco Nero]]. Il film ha dato vita a una miriade di imitazioni e un solo [[sequel]] originale: ''[[Django 2 - Il grande ritorno]]'' (1987), per la regia di Ted Archer. Il regista americano [[Quentin Tarantino]] ha intitolato il suo primo e unico western con il nome di ''[[Django Unchained]]'' (2012), dichiarato omaggio al film di Corbucci.
 
[[File:Lo chiamavano Trinità.png|thumb|sinistra|[[Bud Spencer]] e [[Terence Hill]] in una scena di ''[[Lo chiamavano Trinità...]]'' ([[1970]]) di [[E.B. Clucher]]]]
Tra le altre pellicole rientranti nella medesima categoria si ricordano: ''[[Duello nel Texas]]'' ([[1963]]), di [[Mario Caiano]], ''[[Il grande silenzio (film 1968)|Il grande silenzio]]'' ([[1969]]) e ''[[Vamos a matar, compañeros]]'' ([[1970]]), sempre di [[Sergio Corbucci]], ''[[La resa dei conti (film 1966)|La resa dei conti]]'' ([[1966]]) e ''[[Faccia a faccia (film 1967)|Faccia a faccia]]'' ([[1967]]) di [[Sergio Sollima]], ''[[Una pistola per Ringo]]'' ([[1965]]), ''[[Il ritorno di Ringo]]'' ([[1966]]) e ''[[Viva la muerte... tua!]]'' ([[1972]]) di [[Duccio Tessari]], ''[[Quién sabe?]]'' ([[1966]]) di [[Damiano Damiani]], ''[[Arizona Colt]]'' ([[1966]]) di [[Michele Lupo (regista)|Michele Lupo]], ''[[Sugar Colt]]'' ([[1966]]) di [[Franco Giraldi]], ''[[Dio li crea... Io li ammazzo!]]'' ([[1968]]), ''[[Ehi amigo... sei morto!]]'' ([[1970]]) di [[Paolo Bianchini]] e ''[[Tepepa]]'' ([[1968]]) di [[Giulio Petroni]]. Negli anni settanta si evidenziano: ''[[La vendetta è un piatto che si serve freddo]]'' ([[1971]]) di [[Pasquale Squitieri]], ''[[Keoma]]'' ([[1976]]) di [[Enzo G. Castellari]], ''[[I quattro dell'apocalisse]]'' ([[1975]]) e ''[[Sella d'argento]]'' ([[1978]]) di [[Lucio Fulci]].
 
Al filone degli [[spaghetti-western]] si ricollegano le [[commedia|commedie]] vicine all'ambito del [[film comico]], scritte e dirette dal regista [[E.B. Clucher|Enzo Barboni]] (firmatosi sempre con lo pseudonimo di [[E.B. Clucher]]) e con protagonisti gli attori [[Bud Spencer]] e [[Terence Hill]] (nomi d'arte degli italiani [[Bud Spencer|Carlo Pedersoli]] e [[Terence Hill|Mario Girotti]]). I due film più importanti del duo, che coniugano con simpatia risate e scene d'azione, sono ''[[Lo chiamavano Trinità...]]'' ([[1970]]) e il seguito ''[[...continuavano a chiamarlo Trinità]]'' ([[1972]]), quest'ultimo è risultato [[campione d'incassi]] nella stagione cinematografica [[1971]]-[[1972]]. Entrambi gli attori, su proposta del regista [[Ermanno Olmi]], vengono insigniti, nel 2010, del [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] alla carriera. Da menzionare, inoltre, il film del [[1973]] ''[[Il mio nome è Nessuno]]'', per la regia di [[Tonino Valerii]]. La pellicola, prodotta da [[Sergio Leone]] e interpretata da [[Terence Hill]] ed [[Henry Fonda]], unisce l'epicità di opere come ''C'era una volta il West'' con elementi tipici della farsa e della commedia.
 
=== Giallo, thriller e horror ===
{{vedi anche|Giallo all'italiana}}
[[File:Mario Bava.jpg|destra|thumb|[[Mario Bava]]]]
All'interno del [[cinema di genere]], grande rilevanza assumono le categorie del [[Film thriller|thriller]] e dell'[[cinema dell'orrore|horror]], che proprio in Italia hanno avuto, all'inizio degli anni sessanta, un notevole successo, protrattosi felicemente per molti decenni. I registi italiani che si sono cimentati in queste produzioni sono stati spesso fonte d'ispirazione per un'intera schiera di registi internazionali tra i quali si ricordano: [[Brian De Palma]], [[Tim Burton]] e [[Quentin Tarantino]].<ref name = "tt" >{{cita web|url=http://www.corriere.it/solferino/severgnini/09-10-30/09.spm|titolo=Tarantino e i film italiani degli anni settanta|accesso=29 giugno 2015}}</ref>
 
[[File:DarioArgento.jpg|sinistra|thumb|[[Dario Argento]]]]
I due registi di maggior rilievo sono stati [[Mario Bava]] e [[Dario Argento]]. Il primo, direttore della fotografia passato alla regia, ha creato un deciso presupposto per creare un vero horror di qualità, rivelandosi, al tempo stesso, un notevole narratore di immagini, colto e raffinato. Centrale per lo sviluppo del genere è il suo film d'esordio ''[[La maschera del demonio (film 1960)|La maschera del demonio]]'' (1960), la cui trama prende spunto dal racconto ''[[Il Vij]]'' di [[Nikolaj Vasil'evič Gogol']], che tratteggia la figura del vampiro in maniera inedita e originale, in aperta opposizione a quella dell'iconografia tradizionale.<ref>Pezzotta, Alberto. Note interne dell'edizione italiana del film in DVD, RHV, 2004</ref> La ricercata fotografia, gli innovati effetti speciali e il fascino misterioso dell'attrice [[Barbara Steele]] contribuiscono a creare un soggetto gotico molto personale, venendo più volte elogiato da molta critica inglese e francese.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2012}}</ref>
Altri titoli fondamentali della sua filmografia sono: ''[[La frusta e il corpo]]'' ([[1962]]), ''[[I tre volti della paura]]'' ([[1965]]), ''[[Operazione paura]]'' ([[1966]]) e l'antesignano del moderno [[slasher]] ''[[Reazione a catena (film 1971)|Reazione a catena]]'' ([[1971]]).
 
[[Dario Argento]], ideale continuatore di certe atmosfere baviane, ha avuto il merito di trainare l'horror italiano verso il grande pubblico, riscontrando successo per tutti gli anni settanta e ottanta. La poesia macabra di Argento è resa tale da una sapiente miscela che varia dal thriller all'horror di natura [[fantastico|fantastica]], con lungometraggi che sono tuttora presi a modello sia dal punto di vista estetico che da quello narrativo.
Pur avendo attinto a piene mani da pellicole come ''[[La ragazza che sapeva troppo]]'' ([[1963]]) e ''[[Sei donne per l'assassino]]'' ([[1964]]) di Mario Bava, Argento, nelle sue opere migliori, ha saputo emanciparsi dal suo maestro grazie ad un uso incalzante del montaggio in combinazione a colonne sonore rimaste negli annali (fondamentale la collaborazione con il gruppo musicale dei [[Goblin (gruppo musicale)|Goblin]]). Opere come ''[[L'uccello dalle piume di cristallo]]'' (1970) e ''[[Profondo rosso (film 1975)|Profondo rosso]]'' (1975), hanno imposto figure e maniere (killer con impermeabile nero, soggettive dell'assassino, telefonate misteriose etc..) ampiamente riprese da tutto il thriller italiano e internazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3505}}</ref>
Tra i vari titoli della sua filmografia si ricordano: ''[[Il gatto a nove code]]'' ([[1971]]), ''[[4 mosche di velluto grigio]]'' ([[1971]]), ''[[Suspiria]]'' ([[1977]]), ''[[Inferno (film 1980)|Inferno]]'' ([[1980]]), ''[[Tenebre (film 1982)|Tenebre]]'' ([[1982]]), ''[[Phenomena]]'' ([[1985]]) ed ''[[Opera (film)|Opera]]'' ([[1987]]).
[[File:Profondo rosso.jpg|thumb|destra|[[Giuliana Calandra]] in una famosa sequenza di ''[[Profondo rosso (film 1975)|Profondo rosso]]'' ([[1975]]) di [[Dario Argento]]]].
Un altro pioniere è l'artista [[Riccardo Freda]], che con il gotico ''[[I vampiri (film 1957)|I vampiri]]'' (1956), diviene il primo regista italiano, dall'epoca del sonoro, a dirigere un film dal solido impianto horror. Altri lungometraggi da segnalare sono ''[[L'orribile segreto del dr. Hichcock]]'' (1962) e ''[[Lo spettro]]'' (1963). Sempre negli anni sessanta si registra la pellicola ''[[Danza macabra (film 1964)|Danza macabra]]'' (1964), di [[Antonio Margheriti]], dove l'eleganza classica della messa in scena fonde il romanticismo macabro con temi sessuali morbosi e suggestivi.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 883}}</ref>
 
[[File:Lucio Fulci.jpg|miniatura|sinistra|[[Lucio Fulci]]]]
Nell'ambito di questi due generi, tuttavia, intorno agli anni settanta si sviluppa un'ondata di registi che ha reinventato diverse forme di [[cinema horror]] lasciando contributi di assoluto rilievo. Fra i tanti è possibile ricordare [[Lucio Fulci]] con le opere ''[[Non si sevizia un paperino]]'' (1972), ''[[Zombi 2]]'' (1979), ''[[Paura nella città dei morti viventi]]'' (1980), ''[[...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà]]'' (1981) e ''[[Quella villa accanto al cimitero]]'' (1981), che gli fanno guadagnare dalla stampa francese gli appellativi di ''poeta del macabro'' e ''Godfather of gore''.<ref name="monografiaILTERRORISTADEIGENERI1">{{cita libro|Paolo Albiero &|Giacomo Cacciatore|Perché Lucio Fulci?, in op. cit.|p=15}}</ref> La critica italiana, viceversa, ha rivalutato le opere fulciane solo in tempi recenti, considerando molti suoi film veri e propri capisaldi del genere [[splatter]].<ref name="monografiaFILMARELAMORTE">{{cita libro|As Chianese &|Gordiano Lupi|Filmare la morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci|2006|Edizioni Il Foglio|Piombino|isbn=88-7606-101-0|p=9}}</ref>
 
Non passa inosservato il regista bolognese [[Pupi Avati]] che si mette in evidenza con le pellicole ''[[La casa dalle finestre che ridono]]'' (1976) e ''[[Zeder]]'' (1983). Si segnalano ulteriormente le opere di [[Ubaldo Ragona]] con ''[[L'ultimo uomo della Terra]]'' (1963) e [[Francesco Barilli]] che dirige ''[[Il profumo della signora in nero]]'' (1974). Si possono menzionare ancora: [[Sergio Martino]] per i film ''[[Lo strano vizio della signora Wardh]]'' (1970) e ''[[I corpi presentano tracce di violenza carnale]]'' (1972), [[Ruggero Deodato]] con ''[[La casa sperduta nel parco]]'' (1980), [[Pasquale Festa Campanile]] per la pellicola ''[[Autostop rosso sangue]]'' (1977), [[Aldo Lado]] con ''[[La corta notte delle bambole di vetro]]'' (1971) e ''[[Chi l'ha vista morire?]]'' (1972) e [[Massimo Dallamano]] nei seguenti ''[[Cosa avete fatto a Solange?]]'' (1972)'' e [[Il medaglione insanguinato]]'' (1974).
 
Nel decennio successivo si mette in mostra [[Lamberto Bava]], presentando numerosi lungometraggi che virano decisamente verso l'[[horror]] e lo [[splatter]]. Tra i molti si riportano: ''[[La casa con la scala nel buio]]'' (1983), il dittico ''[[Dèmoni (film)|Dèmoni]]'' (1985) e ''[[Dèmoni 2... L'incubo ritorna]]'' (1986), ''[[Morirai a mezzanotte (film 1986)|Morirai a mezzanotte]]'' (1986) e il remake de ''[[La maschera del demonio (film 1989)|La maschera del demonio]]'', uscito nel 1989.
Ugualmente si mette in evidenza [[Michele Soavi]], autore di numerosi film prodotti dal cineasta [[Dario Argento]]. Tra le sue opere più note vi sono: ''[[Deliria]]'' (1987), ''[[La chiesa]]'' (1989), ''[[La setta]]'' (1991) e ''[[Dellamorte Dellamore (film)|Dellamorte Dellamore]]'' (1994). Lo stesso [[Federico Fellini]] si è concesso un'intrigante divagazione horror nell'episodio ''Toby Dammit'', facente parte del film a episodi ''[[Tre passi nel delirio]]'' (1967).
 
==== Il sottogenere splatter ====
{{vedi anche|Splatter}}
[[File:Zombi Holocaust.JPG|thumb|destra|Una scena del film ''[[Zombi Holocaust]]'' ([[1979]]) di [[Marino Girolami]]]]
Nel corso degli [[anni 1970|anni settanta]] il [[cinema horror]] sconfina più volte nel sottogenere ''[[splatter]]'' e nel ''[[splatter|gore]]'', dando vita a un filone esecrato dalla critica dell'epoca ma che, in alcuni casi, è stato decisamente rivalutato, lasciando un proprio segno nell'immaginario cinematografico italiano.
 
Suscita interesse internazionale il genere "[[cannibalismo|cannibalistico]]", avviato da [[Umberto Lenzi]] con ''[[Il paese del sesso selvaggio]]'' ([[1972]]).
L'idea di ambientare storie horror/avventurose in scenari esotici e solari si rivela vincente, soprattutto sotto il profilo commerciale, tanto da far sviluppare negli anni successivi un vero e proprio filone.
Esempi ne sono ''[[La montagna del dio cannibale]]'' ([[1978]]), di [[Sergio Martino]], e il trittico ''[[Mangiati vivi!]]'' ([[1979]]), ''[[Cannibal Ferox]]'' ([[1980]]) e ''[[Incubo sulla città contaminata]]'' ([[1980]]), di [[Umberto Lenzi]] (precursore, quest'ultimo, di film come ''[[28 giorni dopo]]'' e ''[[28 settimane dopo]]''). Si rilevano ancora: ''[[Emanuelle e gli ultimi cannibali]]'' ([[1977]]) e ''[[Antropophagus]]'' ([[1980]]), di [[Joe D'Amato]], ''[[Zombi Holocaust]]'' ([[1979]]), di [[Marino Girolami]], ''[[Ultimo mondo cannibale]]'' ([[1977]]) e ''[[Cannibal Holocaust]]'', di [[Ruggero Deodato]]. Quest'ultimo lungometraggio, uscito nel [[1980]], ha avuto numerosi strascichi polemici per via dell'estrema violenza impartita realmente a molti animali. Condannato e sequestrato più volte è tornato nuovamente in circolazione con appositi tagli di censura.<ref name="Merenghetti 560">{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 560}}</ref> Tale compiacimento nel mostrare efferatezze di ogni tipo ha avuto un diretto antecedente nel semidocumentario ''[[Mondo cane (film)|Mondo cane]]'' (1961), diretto da [[Gualtiero Jacopetti]], [[Paolo Cavara]] e [[Franco Prosperi]], che in virtù delle curiose sequenze e delle violenze rappresentate ha riscosso un successo addirittura internazionale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2144}}</ref>
 
Nel corso degli [[anni 1980|anni ottanta]], questi film d'eccezione diventano una prassi, quasi una regola. Non a caso vengono prodotte decine di pellicole thriller/horror di bassa qualità (all'epoca si preferiva usare la definizione "Serie Z", analoga al ''[[B-movie]]''), spesso [[sequel|seguiti]] [[apocrifo|apocrifi]] di film d'oltreoceano.
Gli scarsi mezzi produttivi (con regie approssimative, sceneggiature stiracchiate e cast poco più che dilettanteschi), non hanno impedito a tali film di conquistarsi, nel tempo, un'ampia schiera di estimatori.<ref name="Merenghetti 560" />
 
=== Poliziesco all'italiana ===
{{vedi anche|Poliziottesco}}
[[File:Fernando Di Leo.jpg|miniatura|sinistra|upright|Il regista [[Fernando Di Leo]]]]
Altro genere di successo negli [[Anni 1970|anni settanta]] è il cosiddetto [[poliziesco all'italiana]] (detto in gergo [[poliziottesco]]), in cui vengono trattate storie di poliziotti o commissari dai metodi poco ortodossi, talvolta non tanto differenti da quelli dei loro antagonisti. Codeste figure sono spesso alle prese con delinquenti, terroristi e organizzazioni criminali e agiscono sullo sfondo delle principali città italiane come [[Roma]], [[Milano]], [[Napoli]] e altre ancora. Protagonisti di questi lungometraggi possono essere, altresì, normali cittadini, sovente vittime di episodi criminosi che, di fronte all'inefficienza e alla lentezza della giustizia, agiscono in solitudine, divenendo una sorta di vendicatori in lotta contro il crimine.
 
I film in questione, carichi di azione, inseguimenti e scene violente, hanno evidenti richiami a fatti di cronaca nera. Non bisogna dimenticare che tali operazioni cinematografiche risentivano fortemente del clima angusto formatosi durante gli [[anni 1970|anni settanta]], caratterizzato dagli [[anni di piombo]] e dalla [[strategia della tensione in Italia|strategia della tensione]]. In questo contesto, la larga diffusione del poliziesco ha generato nel pubblico un forte consenso emotivo, spingendo numerosi registi a intraprendere la strada del cinema di genere. Al contrario la critica tende, fin da subito, a ridimensionare la portata del fenomeno nonché la qualità artistica di tali prodotti, denigrandone esplicitamente i contenuti; spesso bollati come qualunquisti se non addirittura eversivi.
 
[[File:Il cinico, l%27infame, il violento (commissario tanzi).JPG|thumb|destra|[[Maurizio Merli]] in una scena del film ''[[Il cinico, l'infame, il violento]]'' ([[1977]]) di [[Umberto Lenzi]]]]
 
Bisogna, inoltre, aggiungere come la diffusione del [[poliziesco]] sia mutuata dall'esplosione precedente del genere [[western]], di cui, in parte ne riprende stili e contenuti. A mutare è solo il paesaggio che vira bruscamente dal mondo rurale ai bassifondi urbani dove la continua lotta tra bene e male non è altro che una moderna riproposizione dei tipici duelli in salsa western. Tale genere diviene, dunque, il naturale erede del [[western all'italiana]], dove atmosfere e situazioni tipiche dei fuorilegge e degli sceriffi vengono abilmente calate nel contesto moderno. La critica individua nel film ''[[Banditi a Milano]]'' (1968), per la regia di [[Carlo Lizzani]], uno dei diretti antesignani del relativo filone.<ref>{{cita web|url=http://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2011/01/06/news/vallanzasca-cosi-milano-sparava-1.27314|titolo=Vallanzasca, così Milano sparava - L'Espresso |accesso=10 settembre 2015}}</ref> L'opera prende spunto dalle imprese criminali operate in Lombardia dall'allora [[banda Cavallero]].
 
Uno dei principali artefici della fortuna del poliziesco italiano è senz'altro [[Fernando Di Leo]], che in più occasioni, con film come ''[[Milano calibro 9]]'' (1972), ''[[La mala ordina]]'' (1972) e ''[[Il boss]]'' (1973), ha saputo creare un cinema di genere maturo ed efficace. Autore di alcuni dei più interessanti [[film noir]] [[Italia|italiani]], è stato oggetto negli anni duemila di una autentica riscoperta critica, venendo tutt'oggi considerato un maestro del cinema di azione.<ref name="dossierNOCTURNO">{{cita libro|Autori|vari|Calibro 9. Il cinema di Fernando Di Leo|settembre 2003|Dossier Nocturno n.14|Milano}}</ref> Si ricorda, inoltre, l'atipico noir ''on the road'' ''[[Cani arrabbiati]]'' (1974), del cineasta [[Mario Bava]]. La pellicola, cinica, iperviolenta e beffarda, viene subito bloccata per fallimento dal produttore, per poi essere rimontata e doppiata negli anni novanta, facendone uscire sul mercato almeno sei versioni differenti.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 558}}</ref> Altri registi di sicura importanza sono stati: [[Steno]], [[Umberto Lenzi]], [[Stelvio Massi]], [[Sergio Grieco]], [[Franco Martinelli]], [[Mario Caiano]] ed [[Enzo G. Castellari]]. Tra gli attori hanno avuto fortuna interpreti come [[Maurizio Merli]], [[Franco Nero]], [[Gastone Moschin]], [[Mario Adorf]], [[Tomás Milián]], [[Luc Merenda]], [[Ray Lovelock]], [[Franco Gasparri]], [[Henry Silva]], [[Helmut Berger]] e [[John Saxon]].
 
[[File:Squadra volante 1974.jpg|thumb|sinistra|[[Tomás Milián]] in una scena di ''[[Squadra volante (film)|Squadra volante]]'' ([[1974]]) di [[Stelvio Massi]]]]
Opere come ''[[La polizia ringrazia]]'' (1972), ''[[La polizia incrimina, la legge assolve]]'' (1973), ''[[Il cittadino si ribella]]'' (1974) , ''[[Roma violenta]]'' (1975), ''[[Mark il poliziotto]]'' (1975), ''[[Roma a mano armata]]'' (1975), ''[[Napoli violenta]]'' (1976), ''[[Il cinico, l'infame, il violento]]'' (1977), ''[[La banda del gobbo]]'' (1977) e ''[[La belva col mitra]]'' (1978), sono stati di recente oggetto di rivalutazione da molta parte della critica, anche in virtù del regista [[Quentin Tarantino]], che in più occasioni ha pubblicamente elogiato l'artigianato di lusso di tali pellicole.<ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2013/12/03/foto/da_castellari_a_martino_quando_il_poliziottesco_cult-72564805/1/#1|titolo=Da Castellari a Martino, quando il poliziottesco è cult. |accesso=28 maggio 2015}}</ref>
 
Così come nello spaghetti-western, anche in questo genere si è sviluppato un sottofilone comico, in particolar modo nella serie di film che hanno visto protagonista il colorito commissario [[Nico Giraldi]], interpretato da [[Tomas Milian]], che in precedenza aveva preso parte a molti poliziotteschi di carattere drammatico. Nel medesimo sottofilone rientra la saga del poliziotto napoletano [[Piedone lo sbirro|Piedone]], che vede la pubblicazione di quattro lungometraggi, tutti diretti da [[Steno]] e interpretati dall'attore [[Bud Spencer]]. Il successo del poliziesco all'italiana è stato, comunque, tanto intenso quanto breve, coprendo un arco temporale di appena 15 anni, per poi scomparire del tutto alla fine degli [[anni 1980|anni ottanta]]. All'inizio degli anni duemila il poliziesco ha trovato una sua dimensione sul piccolo schermo (sotto forma di [[fiction]]), ad uso e consumo di un pubblico familiare, privando il genere della carica violenta e iperrealistica che lo aveva caratterizzato al cinema.
 
=== Spionistico ===
{{vedi anche|Cinema italiano di spionaggio}}
Il [[film di spionaggio|genere spionistico]] fa la sua comparsa nel cinema italiano tra la metà degli anni [[anni 1960|anni sessanta]] e la metà dei [[anni 1970|settanta]], raggiungendo il suo culmine tra il [[1965]] e il [[1967]] con l'uscita di oltre cinquanta film [[Fantaspionaggio|fanta-spionistici]], tutti di poche pretese e realizzati sull'onda del successo mondiale conseguito dalle pellicole di [[James Bond]] (all'epoca interpretato da [[Sean Connery]]).<ref>{{cita web|url=http://books.google.com/books?id=qT1FhClzMkEC|titolo=Dizionario del Cinema spionistico italiano|accesso=14 giugno 2015}}</ref>
 
Questa serie di film (realizzati sempre in tempi brevissimi e a basso costo), si propongono di ricreare situazioni e azioni che vedono come protagonisti agenti segreti in lotta contro [[terrorismo|organizzazioni terroristiche]] o talvolta contro scienziati con deviazioni comportamentali, che spesso detengono per fini eversivi ordigni o armi apocalittiche. I protagonisti di turno hanno il compito di ricalcare pedissequamente la figura dell'agente James Bond, con anch'essi annessa la notoria sigla ''007'' o declinata in altri numeri come ''008'', ''009'' e molti ancora. Per la scelta del cast femminile sono state ingaggiate spesso attrici di fama, che in precedenza avevano lavorato in film spionistici americani ad alto budget e sicuro successo.
Proprio come lo spaghetti-western e il poliziottesco, anche questo genere ha partorito un sottofilone comico-parodistico, in voga specialmente negli anni sessanta come si evince nel film ''[[Le spie vengono dal semifreddo]]'' (1966), del regista [[Mario Bava]]. La realizzazione della pellicola ha coinvolto una coproduzione Italia-USA, in cui recita la coppia comica [[Franco e Ciccio]] assieme all'attore statunitense [[Vincent Price]]. Non mancano le [[parodia|parodie]] aventi come protagonista l'agente [[James Tont]] interpretate da [[Lando Buzzanca]], e la simpatica caricatura del superagente ''Flit'' impersonato dal comico televisivo [[Raimondo Vianello]].
 
Tra i pochi precursori del genere spionistico in Italia troviamo ''[[Lotte nell'ombra]]'' (1938) di [[Domenico Gambino]] e ''[[La casa senza tempo]]'' (1943) di [[Andrea Forzano]]: un fanta-spionistico "giallo-rosa" realizzato come [[Cinema di propaganda fascista|film di propaganda fascista]] e poi ridoppiato nel 1945 subito dopo la fine della guerra.
Tale filone si è sviluppato non solo in Italia ma anche in altri paesi come la Francia (è nota la serie dell'agente segreto Francis Coplan). Di conseguenza la critica americana dell'epoca ha etichettato questi film europei (inclusi quelli italiani) sotto il nome di ''Eurospy''.
 
=== Guerra ===
{{Vedi anche|Euro War}}
[[File:Quel maledetto treno blindato (assalto).PNG|upright=1.4|destra|thumb|upright|Una scena del film ''[[Quel maledetto treno blindato]]'' ([[1978]]) di [[Enzo G. Castellari]]]]
Euro War (o in gergo Macaroni Combat) è la dicitura americana che indica specifici film bellici sviluppatisi in Italia tra gli anni settanta e ottanta.
Il genere, per ovvie ragioni propagandistiche, ha avuto una prima diffusione già in epoca fascista, senza incontrare tuttavia un largo consenso di pubblico. Il cinema a tematica bellica, già attivo negli [[Stati Uniti]] negli anni cinquanta, conosce una certa popolarità alla fine degli anni sessanta, spesso dotandosi di mezzi produttivi esigui e con attori il più delle volte sconosciuti. Il soggetto e la sceneggiatura si ispirano in gran parte a scene di guerra realmente accadute o, in alcuni casi, semplicemente immaginarie ed hanno come ambientazione luoghi esotici come l'[[America latina]], l'[[Asia]] o il [[Medio Oriente]]. Durante gli anni ottanta si assiste a una vertiginosa produzione di opere belliche, spesso con il palese intento di omaggiare film [[stati Uniti d'America|statunitensi]] più costosi ed eclatanti come ''[[Papillon (film)|Papillon]]'' (1973), ''[[Apocalypse Now]]'' (1979) e ''[[Rambo (film)|Rambo]]'' (1982).
 
Tra i registi che si sono distinti in questo genere troviamo: [[Enzo G. Castellari]], [[Umberto Lenzi]], [[Joe D'Amato]], [[Claudio Fragasso]], [[Bruno Mattei]], [[Fabrizio De Angelis]], [[Camillo Teti]], [[Armando Crispino]], [[Ignazio Dolce]] e [[Antonio Margheriti]], mentre tra gli attori ricorrenti si ricorda l'attore tedesco [[Klaus Kinski]]. Il film più famoso del genere è ''[[Quel maledetto treno blindato]]'' di [[Enzo G. Castellari]] ([[1978]]).
 
Altri titoli da citare sono: ''[[Commandos (film 1968)|Commandos]]'' (1968), ''[[5 per l'inferno]]'' (1969), ''[[La legione dei dannati]]'' (1969), ''[[I lupi attaccano in branco]]'' (1970), ''[[Il grande attacco]]'' (1978), ''[[L'ultimo cacciatore (film 1980)|L'ultimo cacciatore]]'' (1980), ''[[Fuga dall'arcipelago maledetto]]'' (1981), ''[[Tornado (film 1983)|Tornado]]'' (1983), ''[[Arcobaleno selvaggio]]'' (1984), ''[[Un ponte per l'inferno]]'' (1985), ''[[Squadra selvaggia]]'' (1985), ''[[Commando Leopard]]'' (1985), ''[[Tempi di guerra]]'' (1987), ''[[Il triangolo della paura]]'' (1987), ''[[Trappola diabolica]]'' (1987), ''[[Cobra Mission]]'' (1986) e ''[[Cobra Mission 2]]'' (1989). Altre realizzazioni inseribili nel filone sono: ''[[Bianco Apache]]'' (1987), ''[[Double Target (Doppio bersaglio)]]'' (1987), ''[[Bye Bye Vietnam]]'' (1988), ''[[Commander (film)|Commander]]'' (1988), ''[[Strike Commando]]'' (1988), ''[[Angel Hill - L'ultima missione]]'' (1988), ''[[I ragazzi del 42º plotone]]'' (1989), ''[[Nato per combattere]]'' (1989), ''[[L'ultimo volo all'inferno]]'' (1990) e il dittico ''[[Indio (film)|Indio]]'' (1989) e ''[[Indio 2 - La rivolta]]'', uscito nelle sale nel 1991.
 
=== Cinema erotico ===
[[File:Malizia-1973-Antonelli01.jpg|sinistra|thumb|[[Laura Antonelli]] in una scena del film ''[[Malizia]]'' (1973), per la regia di [[Salvatore Samperi]]]]
All'interno del cinema erotico italiano un caso a parte rappresenta l'attività del regista veneziano [[Tinto Brass]]. Già assistente di maestri quali [[Roberto Rossellini]] e [[Joris Ivens]], intraprende la carriera di regista con il lungometraggio ''[[In capo al mondo]]'' ([[1963]]) a cui segue l'anarcoide ''[[Chi lavora è perduto]]'' (1963).
Durante gli [[Anni 1970|anni settanta]] dirige alcune eccentriche produzioni come ''[[Salon Kitty]]'' (1976) e ''[[Io, Caligola]]'' (1979), ottenendo un buon successo con ''[[La chiave (film 1983)|La chiave]]'' (1983), dramma erotico con [[Stefania Sandrelli]] in vesti inedite e provocanti. Negli anni successivi la produzione di Brass vira decisamente verso il cinema erotico, lanciando di volta in volta un numero cospicuo di attrici emergenti. Tra i suoi film di maggior successo si ricordano: ''[[Miranda (film 1985)|Miranda]]'' (1985), ''[[Capriccio (film)|Capriccio]]'' (1987), ''[[Paprika (film 1991)|Paprika]]'' (1991) e ''[[Così fan tutte (film)|Così fan tutte]]'' (1992).
 
Tra le numerose pellicole [[softcore]], che tra gli anni settanta e ottanta hanno invaso il mercato italiano, ottiene attenzione il lungometraggio ''[[La seduzione]]'' (1973), di [[Fernando Di Leo]], e in maniera maggiore il film ''[[Malizia]]'' (1973), di [[Salvatore Samperi]], vero e proprio trampolino di lancio per l'attrice [[Laura Antonelli]]. Nel corso della sua carriera l'interprete istriana ha partecipato a numerosi film dal sapore erotico e disimpegnato, non disdegnando cast e produzioni più autoriali. Tra i suoi titoli si enumerano: ''[[Il merlo maschio]]'' (1971), di [[Pasquale Festa Campanile]] , ''[[Sessomatto]]'' (1973), del regista [[Dino Risi]], ''[[Divina creatura]]'' (1975), di [[Giuseppe Patroni Griffi]] e ''[[L'innocente (film 1976)|L'innocente]]'' (1976), di [[Luchino Visconti]], dove recita al fianco dell'attore [[Giancarlo Giannini]].
 
=== Commedia sexy e commedia trash ===
{{vedi anche|Commedia sexy all'italiana}}
[[File:Quel Gran Pezzo Della Ubalda Tutta Nuda E Tutta Calda 1972 0001.jpg|thumb|destra| Edwige Fenech in una scena del film ''[[Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda]]'' di [[Mariano Laurenti]] ([[1972]])]]
Negli [[anni 1970|anni settanta]] l'allentarsi dei confini della censura, la degenerazione del gusto, e soprattutto la ricerca del successo commerciale mediante investimenti di modesta entità, permettono lo sviluppo, accanto alla più autoriale commedia, della [[commedia sexy all'italiana]]. Trame, sceneggiature e dialoghi, generalmente risibili, fanno da pretesto per sviluppare pellicole a sfondo più o meno erotico e dal puro disimpegno. A questo genere di film hanno legato la propria popolarità (almeno inizialmente) attori come [[Lando Buzzanca]], [[Lino Banfi]], [[Gianfranco D'Angelo]], [[Renzo Montagnani]], [[Pippo Franco]], [[Alvaro Vitali]], [[Enzo Cannavale]] ed attrici come [[Nadia Cassini]], [[Gloria Guida]], [[Barbara Bouchet]], [[Edwige Fenech]], [[Carmen Villani]], [[Anna Maria Rizzoli]] e [[Lilli Carati]]. Tra gli autori, i registi che più di tutti si sono distinti nel dirigere tali pellicole sono stati i romani [[Mariano Laurenti]] e [[Michele Massimo Tarantini]].
 
Parimenti, a partire dagli [[Anni 1980|ottanta]], si inseriscono numerose sottoproduzioni farsesche dove le varie sceneggiature vengono infarcite di situazioni e gag volutamente grevi, al solo scopo di attirare nelle sale il maggior numero di pubblico. La critica ha sovente bollato queste operazioni come cinema trash (ovvero commedie-spazzatura), non riconoscendogli nessun crisma artistico. All'interno di tale categoria vengono annoverati i film aventi come protagonista la scherzosa maschera di [[Pierino (personaggio)|Pierino]], che riprende con toni più smaccati l'anarcoide personaggio letterario di Gian Burrasca.
 
A incarnare nell'immaginario popolare il personaggio di [[Pierino (personaggio)|Pierino]] è stato più di tutti l'attore [[Alvaro Vitali]] (già spalla felliniana negli anni settanta), che ha visto esaurire il proprio successo con il venir meno di tale genere.
Come già ricordato, sia la commedia sexy che la commedia trash sono state categorie apertamente disprezzate dalla critica, non altrettanto dal pubblico, che ha costantemente portato le pellicole ad avere elevati incassi al botteghino. In virtù di ciò, svariati caratteristi, presenti in molti set del periodo, sono divenuti nel tempo molto popolari: basti pensare a [[Ennio Antonelli]], [[Giorgio Ariani]], [[Giacomo Rizzo]], [[Salvatore Baccaro]], Franco Lechner (in arte [[Bombolo]]), [[Nino Terzo]] e Luigi Origene Sofrano, meglio conosciuto come [[Jimmy il Fenomeno]].
 
== La crisi e gli anni ottanta ==
[[File:Nanni Moretti Giffoni.jpg|sinistra|thumb|upright=0.8|Nanni Moretti al [[Giffoni Film Festival]], nel 1986]]
Dalla seconda metà degli anni settanta si avvertono i primi sintomi di una crisi che esploderà nella seconda metà degli [[anni 1980|anni ottanta]] e che si protrarrà, con alti e bassi, fino all'inizio degli anni novanta. Per dare un'idea delle proporzioni di questa crisi industriale, basti pensare che nel 1985 vengono prodotti soltanto 80 film (il minimo dal dopoguerra)<ref>Vito Zagarrio, ''Storia del cinema italiano 1977/1985'', Marsilio, Venezia, 2005, p. 329.</ref> e il numero totale di spettatori dai 525 milioni del 1970 scende a 123 milioni.<ref>Vito Zagarrio, ''Storia del cinema italiano 1977/1985'', cit., p. 348.</ref> Si tratta di un processo fisiologico, che investe nello stesso periodo altri Paesi dalla grande tradizione cinematografica come il [[cinema giapponese|Giappone]], la [[Cinema britannico|Gran Bretagna]] e la [[cinema francese|Francia]]. Tramonta l'era dei produttori: [[Carlo Ponti]] e [[Dino De Laurentiis]] lavorano all'estero, [[Goffredo Lombardo]] e [[Franco Cristaldi]] non sono più figure chiave. La crisi colpisce soprattutto il [[cinema di genere|cinema italiano di genere]], il quale, in virtù dell'affermazione della [[televisione commerciale]], viene privato della stragrande maggioranza del suo pubblico. Di conseguenza le sale si trovano ad essere monopolizzate dalle più abbienti pellicole hollywoodiane, che prendono stabilmente il sopravvento. Molte sale chiudono, e altre per sopravvivere si converto al [[cinema pornografico|cinema a luci rosse]].
 
Restano fenomeni del tutto isolati gli ''exploit'' di autori affermati, come ''[[L'ultimo imperatore]]'' (1987) di [[Bernardo Bertolucci]], kolossal storico di grande successo che si avvale di una coproduzione internazionale. Un caso unico è altresì l'ultimo film di [[Sergio Leone]], ''[[C'era una volta in America]]'' (1984), interamente supportato da capitali di provenienza hollywoodiana, che, malgrado l'insuccesso di pubblico, resta una summa della poetica del regista e il film italiano più importante del decennio.
 
Il [[cinema d'autore]] tende dunque a isolarsi, con una serie di film che difficilmente si inseriscono in uno sviluppo comune. Molte grandi personalità del cinema italiano scompaiono: [[Vittorio De Sica]] e [[Pietro Germi]] (1974), [[Pier Paolo Pasolini]] (1975), [[Luchino Visconti]] (1976), [[Roberto Rossellini]] (1977), [[Elio Petri]] e [[Valerio Zurlini]] (1982). Gli altri autori consolidati ritroveranno solo occasionalmente un concreto seguito popolare, come nel caso dell'ultimo film di successo di [[Michelangelo Antonioni]], dal titolo ''[[Identificazione di una donna]]'' (1982), mentre [[Federico Fellini]] ritroverà la sua vena migliore con la pellicola ''[[Ginger e Fred]]'' (1985). Tuttavia tali film, favoriti anche dalla legge 1213 del 1965 che stanzia fondi pubblici per la produzione (istituendo tra l'altro l'Italnoleggio), non colmeranno la frattura tra pubblico e cinema d'autore, sempre più relegato ai margini della distribuzione. Tra gli esponenti del "cinema giovane" si ricordano almeno [[Giuseppe Bertolucci]] con ''[[Berlinguer ti voglio bene]]'' (1977), [[Paolo Pietrangeli]] con ''[[Porci con le ali (film)|Porci con le ali]]'' (1977), [[Salvatore Piscicelli]] con ''[[Immacolata e Concetta, l'altra gelosia]]'' (1979), [[Peter Del Monte]] con ''Invito al Viaggio'' (1982) e [[Claudio Caligari]] con ''[[Amore tossico]]'' (1983).
 
Il debutto più clamoroso di questa nuova fase è quello di [[Nanni Moretti]], che nel 1976 gira in [[Super 8 millimetri|super 8]] il lungometraggio ''[[Io sono un autarchico]]'', libera commedia sulla sinistra del dopo-[[sessantotto]], sulla piccola borghesia romana e sulle mode del ceto medio giovanile. Il film è un grande successo di pubblico e fa di Moretti il massimo esponente del "cinema giovane", in aperto contrasto con il cinema dominante. La sua cifra stilistica si consolida con ''[[Ecce bombo]]'' (1978) e ''[[Sogni d'oro (film)|Sogni d'oro]]'' (1981), a metà tra commedia satirica e sguardo critico sulla società dell'epoca. I film successivi ricorrono a una struttura narrativa più solida per mettere in scena le incertezze di personaggi incapaci di adattarsi alla società che li circonda: è il caso del giallo esistenziale ''[[Bianca (film)|Bianca]]'' (1984) e del drammatico ''[[La messa è finita]]'' (1985). Il decennio di Moretti si chiude con uno dei suoi film più complessi e apprezzati, ''[[Palombella rossa]]'' (1989), riflessione critica sulla difficile trasformazione della sinistra italiana alla vigilia dello scioglimento del [[Partito Comunista Italiano|PCI]]<ref>Memmo Giovannini, Enrico Magrelli, Mario Sesti, ''Nanni Moretti'', Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1986</ref><ref>Flavio De Bernardinis, ''Nanni Moretti'', Il Castoro, Milano, 1993</ref>.
 
=== I nuovi comici ===
[[File:Non ci resta che piangere2.jpg|destra|thumb|[[Massimo Troisi]], [[Paolo Bonacelli]] e [[Roberto Benigni]] in ''[[Non ci resta che piangere]]'' (1984)]]
Al nome di Moretti vengono affiancati quelli dei "nuovi comici", registi e attori di stili diversi ma tutti indicati come promesse di rinnovamento della moribonda commedia all'italiana. La nuova commedia rappresentata da questi originali artisti sarà per tutti gli anni ottanta il genere di maggior successo commerciale. Il primo a esordire è [[Roberto Benigni]], che con ''[[Berlinguer ti voglio bene]]'' (1977) di Giuseppe Bertolucci porta al cinema una maschera comica di impronta popolare. In seguito, senza rinunciare a farsi dirigere ai massimi livelli (da [[Marco Ferreri]] in ''[[Chiedo asilo]]'', 1979; da [[Federico Fellini]] nella ''[[La voce della luna|Voce della luna]]'', 1990; da [[Blake Edwards]] nel ''[[Il figlio della pantera rosa|Figlio della pantera rosa]]'', 1993), diventerà regista dei propri film spostandosi dal registro surreale (''[[Tu mi turbi]]'', 1983; ''[[Il piccolo diavolo]]'', 1988) alla farsa comica (''[[Johnny Stecchino]]'', 1991; ''[[Il mostro (film 1994)|Il mostro]]'', 1994) fino a progetti più impegnativi e di successo internazionale (''[[La vita è bella (film 1997)|La vita è bella]]'', 1997).
 
Proveniente dal [[mimo|teatro mimico]] e dal [[cinema di animazione]], [[Maurizio Nichetti]] aggiorna il registro delle comiche mute e della ''[[slapstick comedy]]'' in ''[[Ratataplan]]'' (1979) e ''[[Ho fatto splash]]'' (1980), parodizza i generi cinematografici in ''[[Ladri di saponette]]'' (1989) e fonde riprese dal vivo e cartoni animati in ''[[Volere volare (film)|Volere volare]]'' (1991). Su un versante più tradizionale, [[Carlo Verdone]] propone in ''[[Un sacco bello]]'' (1980) e ''[[Bianco rosso e Verdone]]'' (1981) una comicità strutturata in sketch autonomi e retta dalla sua abilità nel creare personaggi tipizzati; più complessi sono invece il film corale ''[[Compagni di scuola (film)|Compagni di scuola]]'' (1988), ''[[Maledetto il giorno che ti ho incontrato]]'' (1992) e ''[[Perdiamoci di vista]]'' (1994), nei quali affiora una vena malinconica fino ad allora latente. [[Massimo Troisi]] rinnova la comicità napoletana con ''[[Ricomincio da tre]]'' (1981), per poi contaminarla con il sentimentalismo (''[[Pensavo fosse amore invece era un calesse]]'', 1991). Dopo aver recitato in pellicole altrui, anche [[Francesco Nuti]] esordisce alla regia con ''[[Casablanca, Casablanca]]'' (1985), ma dopo alcuni film di successo la sua vena creativa sembra esaurirsi<ref>Paolo D'Agostini, "Il cinema italiano da Moretti a oggi", cit., p. 1089.</ref>. Nel 1984 arriva nelle sale il film più celebre della nuova comicità, ''[[Non ci resta che piangere]]'', interpretato e diretto da Troisi e Benigni.
 
Molti comici provenienti dalla televisione e dal cabaret avranno grande popolarità nel corso del decennio, sostituendo gradualmente i caratteristi della commedia erotica: è il caso di [[Renato Pozzetto]], [[Enrico Montesano]], [[Massimo Boldi]], [[Christian De Sica]] e [[Diego Abatantuono]] (che in seguito si sposterà su un registro più impegnato grazie alle collaborazioni con [[Gabriele Salvatores]] e [[Pupi Avati]]). Il regista più significativo di questa produzione è [[Carlo Vanzina]], che negli anni lancerà svariati filoni di successo: la farsa natalizia corale (''[[Vacanze di Natale]]'', 1983), le commedie milanesi sul fenomeno degli [[yuppie]] (''[[Yuppies, i giovani di successo]]'', 1986), il thriller di intrattenimento ormai estraneo ai moduli del giallo (''[[Sotto il vestito niente]]'', 1985), fino alla rivisitazione nostalgica dell'immaginario degli anni sessanta (''[[Sapore di mare]]'', 1983)<ref>Stefano Della Casa, "Cinema popolare italiano del dopoguerra", ''Storia del cinema mondiale'', cit., p. 820.</ref><ref>Paolo D'Agostini, "Il cinema italiano da Moretti a oggi", cit., pp. 1085-1086.</ref>.
 
=== Lontano da Roma ===
Nel corso degli anni ottanta le modalità e i contesti produttivi cambiano radicalmente. In tutta Italia prendono vita numerosi poli creativi e di diffusione, diversi per ambizioni e risultati ma che condividono la lontananza dal centro produttivo di Roma, dai produttori e dai registi del cinema consolidato. Nasce una figura inedita nel cinema italiano, il ''filmmaker'' che cura personalmente tutto il processo produttivo di un film (dalla scrittura alla fotografia, dalla regia al montaggio), spesso realizzato in [[video]] con capitali esigui. L'emergere di questa figura, frutto di una scolarizzazione di massa che ha aumentato le possibilità di accesso alle professioni intellettuali e artistiche, troverà degli interlocutori sensibili sul versante critico, soprattutto grazie alle pagine culturali del ''[[Il Manifesto|manifesto]]'' e di ''[[Rinascita (rivista)|Rinascita]]''<ref>Per una testimonianza del dibattito critico si veda Goffredo Fofi, ''Dieci anni difficili. Capire con il cinema parte seconda'', Ponte alle Grazie, Firenze, 1985.</ref>.
 
Milano è il centro principale di questa tendenza grazie alle numerose cooperative e al supporto della provincia. Il gruppo di registi comprende [[Massimo Mazzucco]] (''[[Summertime (film 1982)|Summertime]]'', 1982), il video-artista Paolo Rosa (''L'osservatorio nucleare del signor Nanof'', 1985), [[Giancarlo Soldi]] (''Polsi sottili'', 1985). Il solo a lasciare una traccia duratura è [[Silvio Soldini]], che con ''[[Giulia in ottobre]]'' (1985) e ''[[L'aria serena dell'ovest]]'' (1990) rinnova la lezione di Antonioni. A Milano è attivo anche [[Gabriele Salvatores]], che porta al cinema la sua esperienza teatrale in ''[[Sogno di una notte d'estate (film 1983)|Sogno di una notte d'estate]]'' (1983) e ''[[Kamikazen - Ultima notte a Milano]]'' (1987).
 
A Torino il Festival del Cinema Giovani (poi [[Festival di Torino]]) afferma la pratica del cortometraggio come forma di espressione lontana dai condizionamenti industriali. In questo contesto passa al cinema [[Daniele Segre]], già fotografo militante, con documentari di argomento sociale spesso realizzati per la [[RAI]] e due film a soggetto, ''Testadura'' (1982) e ''Manila paloma blanca'' (1992). Un percorso affine è quello dell'ex critico [[Davide Ferrario (regista)|Davide Ferrario]], che alla fine del decennio esordisce con il film ''[[La fine della notte (film 1989)|La fine della notte]]'' (1989). Il [[Festival di Bellaria]] raccoglie una produzione indipendente in crescita grazie alla diffusione della tecnologia video, mentre a Bassano del Grappa [[Ermanno Olmi]] organizza la scuola [[Ipotesi Cinema]], frequentata tra gli altri da [[Maurizio Zaccaro]] e [[Giacomo Campiotti]]. Anche il ramo italiano della [[Gaumont]] è attivo nel supporto agli esordienti, ma il fallimento precoce impedisce esiti di rilievo.
 
=== I nuovi autori ===
Altri registi esordiscono in sordina, ma sono destinati a lasciare segni più duraturi negli anni successivi. [[Marco Tullio Giordana]] debutta nel 1979 con ''[[Maledetti vi amerò]]'', che insieme al seguente ''[[La caduta degli angeli ribelli]]'' (1981) indaga il modo dell'estrema sinistra nel periodo del riflusso. Negli anni successivi torna al cinema solo occasionalmente, dedicandosi a film di impianto sociale con ''[[Appuntamento a Liverpool]]'' (1988) e soprattutto ''[[Pasolini, un delitto italiano]]'' (1996). L'altro importante esordio del decennio è quello di [[Gianni Amelio]], che dopo anni di cortometraggi e documentari per la RAI gira ''[[Colpire al cuore]]'' (1983), uno dei rari film sul terrorismo, e ''[[I ragazzi di via Panisperna]]'' (1988)<ref>Emanuela Martini (a cura di), ''Gianni Amelio: le regole e il gioco'', Lindau, Torino, 1999</ref>. [[Marco Risi]] dirige alcuni film comici interpretati da [[Jerry Calà]], per poi cambiare radicalmente registro con ''[[Soldati - 365 all'alba]]'' (1987) e soprattutto con i drammi carcerari ''[[Mery per sempre]]'' (1989) e ''[[Ragazzi fuori]]'' (1990), testimonianza della rinascita di un filone realista. Tra le altre rivelazioni del decennio meritano di essere ricordati anche [[Francesca Comencini]] con ''[[Pianoforte (film 1984)|Pianoforte]]'' (1984) e [[Carlo Mazzacurati]] con ''[[Notte italiana]]'' (1987).
 
Tra gli autori più originali e appartati del periodo va citato [[Franco Piavoli]], che pur non essendo mai entrato nel mondo del cinema professionale ha lasciato testimonianze uniche nel cinema italiano. Dopo aver realizzato alcuni documentari negli anni sessanta, esordisce nel lungomentraggio con ''[[Il pianeta azzurro]]'' (1983), un'originale meditazione sui cicli della natura che piega i codici del documentario verso una forma poetica; il talento del regista è confermato da ''[[Nostos - Il ritorno]]'' (1990), inedita interpretazione del mito di Ulisse che si trasforma in un'esplorazione dell'ignoto, e da ''[[Voci nel tempo]]'' (1996), affresco visivo e sonoro sulle stagioni della natura e della vita<ref>,Alberto Morsiani, Serena Augusto (a cura di), ''Paesaggi sonori. Il cinema di Franco Piavoli'', Le Mani, 2012</ref>.
 
== Anni novanta ==
[[File:Giuseppe Tornatore.jpg|miniatura|sinistra|upright|Il regista [[Giuseppe Tornatore]]]]
La crisi creativa ed economica emersa negli [[anni 1980|anni ottanta]] comincerà ad attenuarsi nel decennio successivo. Ciononostante, le stagioni 1992-1993 e 1993-1994 segneranno il minimo storico nel numero di film realizzati, nella quota di mercato nazionale (15%), nel numero totale di spettatori (sotto i 90 milioni annui) e nel numero di sale<ref>Paolo D'Agostini, "Il cinema italiano da Moretti a oggi", in ''Storia del cinema mondiale'', cit., pp. 1102-1103.</ref>. L'effetto di questa contrazione industriale sancisce la definitiva affermazione della televisione come mezzo di intrattenimento privilegiato, tanto da inglobare in sé tutto il [[cinema di genere]], non più idoneo a competere con i grandi [[blockbuster]] hollywoodiani.
 
In tale situazione di ristagno emergono nuove personalità cinematografiche che raggiungono in breve tempo fama e notorietà. Oltre alle varie pellicole di [[Gianni Amelio]], si afferma il cinema del regista siciliano [[Giuseppe Tornatore]]. Dopo aver debuttato sul grande schermo con la pellicola ''[[Il camorrista]]'' (1986), due anni più tardi realizza ''[[Nuovo cinema Paradiso]]'' (1988), dolceamaro ''amarcord'' raccontato attraverso il punto di vista di una sala di provincia. La pellicola riscuote visibilità in tutto il mondo, vincendo il gran premio della giuria al [[Festival di Cannes]] e in seguito, nel 1990, l'[[Oscar al miglior film straniero]].
Nel 1995 dirige [[Sergio Castellitto]] ne ''[[L'uomo delle stelle]]'', aggiudicandosi il Gran Premio della Giuria al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]]. Dopo una serie di film quali ''[[La leggenda del pianista sull'oceano]]'' (1998), ''[[Malèna]]'' (2000) e ''[[La sconosciuta]]'' (2006), nel 2009 gira il film ''[[Baarìa]]'', la cui trama racconta una parte di vita vissuta nella sua città d'origine.
 
[[File:Gabriele Salvatores.jpg|destra|thumb|[[Gabriele Salvatores]]]]
Altro regista ad imporsi tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta è senz'altro [[Gabriele Salvatores]]. Nel 1989 si fa notare per l'opera ''[[Marrakech Express]]'', cui segue, nel 1990, ''[[Turné]]''.
Il terzo lungometraggio, dal titolo ''[[Mediterraneo (film)|Mediterraneo]]'' (1991), conclude la cosiddetta "trilogia della fuga", che verrà idealmente proseguita con il successivo ''[[Puerto Escondido (film)|Puerto Escondido]]'' (1992). Dedicando il film "a tutti quelli che fuggono" il regista napoletano tesse un elogio della ribellione usando gli anni quaranta come metafora dei sogni e delle speranze post-sessantottine.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2041}}</ref> L'opera gli vale il [[Premio Oscar]] come [[Oscar al miglior film straniero|miglior film straniero]]. Nel 2003 dirige ''[[Io non ho paura (film)|Io non ho paura]]'', il cui soggetto è tratto dall'[[Io non ho paura (romanzo)|omonimo romanzo]] di [[Niccolò Ammaniti]].
 
Opere non meno importanti uscite nella prima metà degli anni novanta sono certamente l'ultima fatica di Fellini (''[[La voce della Luna]]'' 1990), ''[[Jona che visse nella balena]]'' (1993), che mette in luce le qualità artistiche del cineasta [[Roberto Faenza]] e ''[[L'amore molesto]]'' (1995) dell'artista napoletano [[Mario Martone]]. L'esordio alla [[regia cinematografica]] di Martone è del 1980 con un [[cortometraggio]] sponsorizzato dal [[Banco di Napoli]], a cui segue ''Foresta Nera'' (1982). Dopo 10 anni, nel 1992, si rivela al grande pubblico con il suo primo lungometraggio ''[[Morte di un matematico napoletano]]'', che gli vale il [[Gran premio della giuria]] alla [[Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia|Mostra di Venezia]]. Nel 1998 esce nelle sale ''[[Teatro di guerra]]''. Il film, presentato nella sezione [[Un Certain Regard]] al [[Festival di Cannes 1998|51º Festival di Cannes]], è una cupa riflessione sulla consistenza del dolore, che descrive con arguzia e verità d'accenti tutte le bellezze (e contraddizioni) della capitale campana.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3320}}</ref>
[[File:Mario Martone.jpg|miniatura|sinistra|upright|[[Mario Martone]]]]
Sempre in questo periodo si sviluppa un piccolo filone cinematografico di derivazione neorealista, ampiamente contaminato da tematiche civili aderenti all'attualità. A tale filone (denominato ''Nuovo neorealismo'') appartengono film come ''[[Ultrà (film)|Ultrà]]'' ([[1991]]), incentrato sulla violenza delle tifoserie calcistiche, ''[[La scorta]]'' (1993) ispirato alle contemporanee [[Bombe del 1992-1993|stragi mafiose siciliane]] e ''[[Vite strozzate]]'' (1996), tutti diretti dal cineasta [[Ricky Tognazzi]]. Da citare in questo senso sono anche: ''[[Teste rasate]]'' (1993) di [[Claudio Fragasso]], violento ritratto dell'ambiente [[skinhead]] e [[neonazista]], e ''[[Poliziotti (film 1994)|Poliziotti]]'' (1994), diretto dall'attore e regista [[Giulio Base]]. Altra pellicola ascrivibile al genere e profondamente influenzata dai convergenti avvenimenti di [[Cosa nostra]] è ''[[Giovanni Falcone (film)|Giovanni Falcone]]'' (1993) di [[Giuseppe Ferrara]], opera che ripercorre gli ultimi giorni di vita dei magistrati siciliani [[Giovanni Falcone]] e [[Paolo Borsellino]], interpretati da [[Michele Placido]] e [[Giancarlo Giannini]].
 
Lontano da mode e correnti si sviluppa il cinema di [[Pasquale Pozzessere]], che nel film d'esordio ''[[Verso sud (film)|Verso sud]]'' (1992) esplora senza retorica lo sfacelo urbano e ambientale dell'Italia anni novanta, con inquadrature che rimandano direttamente al cinema di [[Michelangelo Antonioni]] e di [[Pier Paolo Pasolini]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3666}}</ref> Tra i lavori a venire vi sono ''[[Padre e figlio (film 1994)|Padre e figlio]]'' (1994) e il lungometraggio di impegno civile ''[[Testimone a rischio]]'' (1997). Da citare ancora i registi [[Fulvio Ottaviano]] per il film ''[[Cresceranno i carciofi a Mimongo]]'' (1997) e [[Alessandro D'Alatri]], il quale debutta sul grande schermo con il film ''[[Americano rosso]]'' (1991).
 
A seguito di una duratura gavetta televisiva come scenografo, esordisce nel mondo del cinema il regista e pittore [[Antonio Capuano]]. Nel lungometraggio ''[[Vito e gli altri]]'' (1991), l'autore filma con sprezzante coraggio la cruda e difficile situazione delinquenziale dei minorenni napoletani. Seguono ''[[Pianese Nunzio, 14 anni a maggio]]'' (1996), ''[[Polvere di Napoli]]'' (1998) e ''[[La guerra di Mario]]'' (2005), che tratta con finezza psicologica una storia d'amore contrastato tra una madre e un figlio.
 
Dopo un lungo periodo di apprendistato come [[aiuto regista]] di [[Luigi Comencini]], [[Maurizio Sciarra]] realizza il suo primo [[lungometraggio]] denominato ''[[La stanza dello Scirocco]]'' (1997). Quattro anni più tardi, nel 2001, riceve il [[Pardo d'oro]] al Festival di [[Locarno]] per il film ''[[Alla rivoluzione sulla due cavalli]]''. Infine, raggiunge il grande pubblico il cinema di [[Giuseppe Piccioni]], che con il suo quinto lungometraggio dal titolo ''[[Fuori dal mondo]]'' (1998), riceve nel 1999 una candidatura agli [[Premio Oscar|Oscar]] come miglior film straniero.
 
=== La commedia negli anni novanta ===
[[File:Io speriamo che me la cavo.jpg|miniatura|sinistra|upright|[[Paolo Villaggio]] nel film ''[[Io speriamo che me la cavo (film)|Io speriamo che me la cavo]]'', di [[Lina Wertmuller]] ([[1992]])]]
Gradualmente riprende quota la commedia, anch'essa rivisitata con temi e stili contemporanei. Nella prima metà degli anni novanta ricevono consensi [[Alessandro Benvenuti]], con ''[[Benvenuti in casa Gori]]'' (1990), [[Massimo Troisi]], con ''[[Pensavo fosse amore... invece era un calesse]]'' (1991), [[Lina Wertmuller]], con ''[[Io speriamo che me la cavo (film)|Io speriamo che me la cavo]]'' (1992) e l'artista romano [[Carlo Verdone]], con i film ''[[Maledetto il giorno che t'ho incontrato]]'' (1992) e ''[[Viaggi di nozze]]'' (1995).
Allo stesso modo [[Nanni Moretti]] continua il proprio percorso autoriale con i film ''[[Caro diario]]'' (1993) e ''[[Aprile (film)|Aprile]]''.
Nel 1994 fa il suo esordio cinematografico il regista livornese [[Paolo Virzì]], subito salutato dalla critica come una vera rivelazione. Tra i suoi primi lungometraggi si evidenziano: ''[[La bella vita]]'' (1994), ''[[Ferie d'agosto]]'' (1995) e ''[[Ovosodo]]'' (1997), quest'ultimo vincitore del gran premio della giuria al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]].
 
Si afferma agli inizi del decennio il cinema di [[Daniele Luchetti]], costantemente diviso fra la classica commedia e una matura attenzione all'impegno civile. Fra le sue opere più significative si ricordano: ''[[Il portaborse]]'' (1991), ''[[La scuola (film 1995)|La scuola]]'' (1995), ''[[I piccoli maestri (film)|I piccoli maestri]]'' (1998) e in tempi più recenti ''[[Mio fratello è figlio unico (film)|Mio fratello è figlio unico]]'' (2006).
Verso la metà degli anni novanta dividono la critica le grottesche messe in scena degli artisti [[Ciprì e Maresco]] che mettono a frutto l'esperienza televisiva di ''[[Cinico TV]]'' nel film d'esordio ''[[Lo zio di Brooklyn]]'' (1995) e nei successivi ''[[Totò che visse due volte]]'' (1998) e ''Noi e il Duca - quando Duke Ellington suonò a Palermo'' (1999). Lo stile surreale e immaginifico dei due autori che procedono per accumulo di episodi in un universo totalmente iperbolico sconcerta, tra entusiasmi e stroncature.
 
[[File:Troisiof1.jpg|miniatura|destra|upright|[[Massimo Troisi]], candidato nel 1996 ai [[premi Oscar]] come [[Oscar al miglior attore|miglior attore]] per il film ''[[Il postino]]'']]
Alla fine degli anni ottanta debutta dietro la macchina da presa la cineasta romana [[Francesca Archibugi]] con la commedia ''[[Mignon è partita]]'' (1988), che vede come protagonista [[Stefania Sandrelli]]. Dopo la pellicola ''[[Verso sera]]'' (1990), dirige nel 1993 ''[[Il grande cocomero (film)|Il grande cocomero]]''. In quest'opera la Archibugi affronta il difficile tema della [[neuropsichiatria infantile]], ispirandosi ad un saggio dello psichiatra [[Marco Lombardo Radice]] e alle sue esperienze nel reparto di via dei Sabelli a Roma.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1490}}</ref>. Tra le sue varie pellicole si riportano: ''[[L'albero delle pere]]'' (1998), ''[[Lezioni di volo]]'' (2006) e ''[[Questione di cuore]]'' (2009). Inoltre prende campo l'opera del regista [[Carlo Mazzacurati]] che con il lungometraggio ''[[Il toro]]'' (1994), riceve un Leone d'argento al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|festival di Venezia]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 3407}}</ref>
 
[[File:Roberto Benigni Nicoletta Braschi.jpg|thumb|upright|sinistra|[[Roberto Benigni]] con [[Nicoletta Braschi]] al [[Festival di Cannes 1998]]]]
Un discorso a parte merita l'italo-svizzero [[Silvio Soldini]] il cui stile dolce-amaro non rientra facilmente in nessun genere predefinito. Nel corso degli anni novanta dirige alcuni dei suoi film più noti come ''[[L'aria serena dell'ovest]]'' (1990), ''[[Un'anima divisa in due]]'' (1993) e ''[[Le acrobate]]'' (1997). Nel 2000 arriva al successo di pubblico e critica grazie al film ''[[Pane e tulipani]]'', che si aggiudica nove [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]] e cinque [[Nastri d'argento]]. Tra gli esordienti del periodo vi è [[Mimmo Calopresti]] che dirige [[Nanni Moretti]] ne ''[[La seconda volta]]'' (1995) e conferma le proprie qualità con il successivo ''[[La parola amore esiste]]'' (1998). Da ultimo, riceve grandi consensi di pubblico l'attore e regista fiorentino [[Leonardo Pieraccioni]], specialmente con commedie leggere come ''[[I laureati]]'' (1995), ''[[Il ciclone (film)|Il ciclone]]'' (1996) e ''[[Fuochi d'artificio (film 1997)|Fuochi d'artificio]]'' (1997).
 
Nel settembre del 1994 esce nelle sale cinematografiche ''[[Il postino]]'', diretto da [[Michael Radford]] e interpretato dall'attore [[Massimo Troisi]]. Il film, tratto dal romanzo ''[[Il postino di Neruda|Ardiente paciencia]]'' ([[1986]]) del cileno [[Antonio Skármeta]], rappresenta il testamento artistico dell'attore campano che centra l'obbiettivo di rinverdire la tradizione alta della [[commedia all'italiana]] in chiave internazionale e anti-hollywoodiana.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2599}}</ref> L'opera riceve grandi consensi sia in Italia che all'estero e ottiene 5 candidature agli [[Premi Oscar 1996|Oscar 1996]]. L'interprete napoletano, morto dodici giorni dopo la fine della riprese, verrà insignito dal [[Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani]] di un apposito [[Nastro d'argento speciale]].
 
Gli ultimi anni del decennio vedono il trionfo internazionale di [[Roberto Benigni]] con l'acclamato ''[[La vita è bella (film 1997)|La vita è bella]]'' (1997). L'attore-regista, già premiato dal pubblico coi precedenti ''[[Johnny Stecchino]]'' (1991) e ''[[Il mostro (film 1994)|Il mostro]]'' (1994), porta sullo schermo una commedia sull'[[Italia fascista]], accentuandone la drammaturgia con lo spostamento dell'azione all'interno dei lager [[nazismo|nazisti]]. Inizialmente il progetto prevede una stesura ad esclusivo impianto comico; in seguito lo script viene ad assumere volutamente le vesti di una commedia a sfondo drammatico. La pellicola ([[Oscar al miglior film straniero]] nel 1999) ottiene un vasto clamore in tutto il mondo, portando l'attore toscano a ricevere, nello stesso anno, l'Oscar come migliore attore protagonista.
 
== Il nuovo millennio ==
[[File:Marco Bellocchio FCI Tokyo 2010.jpg|miniatura|destra|upright|Il cineasta [[Marco Bellocchio]]]]
Con l'arrivo del nuovo millennio il cinema d'autore ritrova il proprio appeal grazie a una nutrita schiera di cineasti, molti dei quali già attivi nei decenni precedenti. Oltre al successo ottenuto da [[Nanni Moretti]] al [[Festival di Cannes]] per ''[[La stanza del figlio]]'' (2001), recupera nuova linfa creativa il cinema di [[Marco Bellocchio]]. Definitivamente archiviata la sua discussa collaborazione con lo psicanalista Fagioli, produce due acclamati lungometraggi: ''[[L'ora di religione]]'' (2002) e ''[[Buongiorno, notte]]'' (2003) dedicato al rapimento di [[Aldo Moro]] che senza offrirci ricostruzioni storiche carica il film di grande inventiva espressiva, ampiamente mostrata nelle sequenze finali che prevedono una fantasiosa liberazione dello statista democristiano.
 
Giunge a piena maturità artistica il cinema di [[Pupi Avati]] che fin dagli anni settanta ha alternato con intelligenza cinematografica pellicole vicine alla commedia a vere e proprie incursioni nel genere horror. A partire dal film ''[[Regalo di natale]]'' (1986), unisce con verve autoriale elementi farseschi e drammatici con compattezza ed equilibrio. Negli anni duemila conoscono riscontro e acclamazioni pellicole come: ''[[Il cuore altrove]]'' (2003), ''[[Il papà di Giovanna]]'' (2007) e il film corale ''[[Gli amici del bar Margherita]]'' (2009).
[[File:Pupi Avati.jpg|miniatura|sinistra|upright|[[Pupi Avati]]]]
In egual misura raggiungono il crisma dell'autorialità i lungometraggi di [[Paolo Virzì]] che fotografano con lucidità e pungente ironia le varie facce dell'Italia attuale. Film come ''[[Caterina va in città]]'' ([[2003]]), ''[[Tutta la vita davanti]]'' ([[2008]]) e ''[[La prima cosa bella (film)|La prima cosa bella]]'' ([[2010]]), lo impongono come uno degli eredi naturali della [[commedia all'italiana]]. Sempre nel merito della commedia, dopo 7 anni, torna dietro la macchina da presa il novantunenne [[Mario Monicelli]] che firma la regia del suo ultimo film a soggetto ''[[Le rose del deserto]]'' (2006). Lo stesso [[Michelangelo Antonioni]], dopo quasi 10 anni di silenzio torna alla regia nel film a episodi ''[[Eros (film 2004)|Eros]]'' (2004).
 
All'inizio del decennio ottiene richiamo l'artista milanese [[Marco Tullio Giordana]], in particolar modo con la pellicola ''[[I cento passi]]'' (2000), incentrata sulla figura di [[Peppino Impastato]] e soprattutto con l'opera fiume ''[[La meglio gioventù]]'' (2003), che attraverso le vicende di una famiglia italiana, ripercorre la storia contemporanea della nazione, dagli anni sessanta del [[Novecento]] ai primi anni del duemila. Il film fonde coinvolgimento melodrammatico e riflessione sociale, e questo anche in virtù della collaudata coppia di sceneggiatori [[Stefano Rulli]] e [[Sandro Petraglia]].<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 2042}}</ref> L'opera lancia una serie di attori assai versatili come [[Alessio Boni]], [[Luigi Lo Cascio]], [[Fabrizio Gifuni]], [[Sonia Bergamasco]] e [[Jasmine Trinca]]. Si consolida oltremodo il cinema di [[Cristina Comencini]]. Figlia d'arte del noto regista [[Luigi Comencini]], debutta sul grande schermo alla fine degli anni ottanta. Raggiunge un notevole seguito negli anni duemila con la pellicola ''[[La bestia nel cuore]]'' ([[2005]]), che si aggiudica, un anno più tardi, la candidatura agli [[Premio Oscar|Oscar]] come miglior film straniero.
 
[[File:Matteo Garrone cropped.jpg|miniatura|destra|upright|[[Matteo Garrone]]]]
Il lascito più importante del cinema italiano del nuovo millennio arriva dai registi [[Paolo Sorrentino]] e [[Matteo Garrone]].
Sorrentino realizza il suo primo lungometraggio nel 2001 con ''[[L'uomo in più]]'' che narra la storia parallela di due ''losers'', segnando la prima collaborazione con l'attore [[Toni Servillo]]. Il successivo ''[[Le conseguenze dell'amore]]'' (2004), ottiene una considerazione di pubblico e critica ancora maggiore. Nel 2008 esce nelle sale cinematografiche ''[[Il divo (film)|Il divo]]'', liberamente ispirato alla biografia dell'onorevole [[Giulio Andreotti]], che vede ancora protagonista l'interprete [[Toni Servillo]]. L'opera, accolta positivamente dalla critica, si aggiudica il [[Premio della giuria]] al [[Festival di Cannes]]. Il regista (anche sceneggiatore), nel ricostruire la vita dello statista intreccia pubblico e privato, alternando scene ipotetiche ad altre basate sui fatti con uno stile spesso frenetico e pirotecnico.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 979}}</ref>
 
[[File:Paolo Sorrentino 2008 cropped.jpg|miniatura|upright|sinistra|Sopra il regista napoletano [[Paolo Sorrentino]]]]
Garrone dopo alcuni lungometraggi e vari film documentari conosce il successo critico con il film ''[[L'imbalsamatore]]'' (2002) che segna un'autentica svolta nella carriera e nella poetica dell'artista. L'opera combina, in maniera rigorosa, gli elementi tipici del [[noir]] dentro una narrazione in bilico tra realismo e astrazione pittorica. Nel 2008 il regista romano arriva sulla croisette con il film ''[[Gomorra (film)|Gomorra]]'', tratto dal [[Gomorra (romanzo)|omonimo libro denuncia]] di [[Roberto Saviano]] e conquista il [[Grand Prix Speciale della Giuria]]. La pellicola lascia volutamente da parte le componenti più cronachistiche riguardanti la malavita organizzata per incentrarsi su cinque storie personali che hanno tutte il compito di svelare il sottile rapporto esistente tra mondo legale e illegale.<ref>{{Cita|Paolo Mereghetti|p. 1476}}</ref>
 
Pur stilisticamente differenti, sia ''[[Il divo (film)|Il divo]]'' che ''[[Gomorra (film)|Gomorra]]'' si accomunano nel tentativo di tornare a raccontare, attraverso il cinema, aspetti critici della società italiana. L'ottimo riscontro al botteghino delle due pellicole segna un deciso rilancio del cinema italiano d'autore, capace nello stesso tempo di raggiungere un vasto richiamo di pubblico. Da ricordare il regista italo-turco [[Ferzan Özpetek]] che ottiene seguito dirigendo film imperniati sulle difficoltà di coppia, l'elaborazione del lutto e la condizione omosessuale, tutte tematiche rintracciabili in lavori come ''[[Il bagno turco]]'' ([[1997]]), ''[[Le fate ignoranti]]'' ([[2000]]), ''[[La finestra di fronte]]'' ([[2003]]), ''[[Cuore sacro]]'' ([[2005]]) e ''[[Saturno contro]]'' ([[2007]]).
Trovano, inoltre, consenso presso il pubblico alcuni film sentimentali dal carattere adolescenziale, alcuni dei quali girati dal regista romano [[Gabriele Muccino]]. Tra i suoi titoli più significativi si ricordano: ''[[L'ultimo bacio]]'' (2001), ''[[Ricordati di me]]'' (2003) e il più maturo ''[[La ricerca della felicità]]'' (2006), girato in terra americana e interpretato da [[Will Smith]].
 
[[File:Paolo Virzì.JPG|miniatura|destra|upright|[[Paolo Virzì]]]]
Negli anni duemila si afferma una nuova generazione di interpreti, tra i quali [[Claudio Santamaria]], [[Stefano Accorsi]], [[Kim Rossi Stuart]], [[Pierfrancesco Favino]], [[Elio Germano]] e [[Riccardo Scamarcio]]. Tutti gli attori sopracitati recitano insieme in ''[[Romanzo criminale (film)|Romanzo criminale]]'', film del [[2005]] diretto da [[Michele Placido]], basato sull'[[Romanzo criminale (romanzo)|omonimo romanzo]] di [[Giancarlo De Cataldo]] e incentrato sulle sanguinarie vicende della [[Banda della Magliana]] (da cui è stata tratta una [[Romanzo criminale - La serie|serie televisiva]]). Il film ottiene molto successo sia in Italia che all'estero. In questi anni, oltre a Michele Placido, passano alla regia attori di fama come [[Sergio Rubini]] e [[Sergio Castellitto]] che conosce un buon riscontro di pubblico e critica con il film ''[[Non ti muovere (film)|Non ti muovere]]'' (2004).
Altri apprezzati attori della nuova generazione sono: [[Giovanna Mezzogiorno]], [[Valerio Mastrandrea]], [[Filippo Timi]], [[Giuseppe Battiston]], [[Micaela Ramazzotti]] ed [[Alba Rohrwacher]].
 
Nell'ambito del cinema comico oltre alle commedie del regista [[Carlo Verdone]], ottiene un grande richiamo popolare il trio comico [[Aldo, Giovanni & Giacomo]], autori e interpreti di film come ''[[Tre uomini e una gamba]]'' (1997), ''[[Così è la vita (film 1998)|Così è la vita]]'' (1998), ''[[Chiedimi se sono felice]]'' (2000) e ''[[Tu la conosci Claudia?]]'' (2004), tutti diretti dal regista [[Massimo Venier]]. Lo stesso [[Roberto Benigni]] torna al cinema con il controverso ''[[Pinocchio (film 2002)|Pinocchio]]'' (2002), seguito da ''[[La tigre e la neve]]'' (2005), che vede la partecipazione dell'attore francese [[Jean Reno]]. Parimenti, tra gli anni novanta e duemila, conoscono consenso le pellicole dell'attore [[Antonio Albanese]], del regista toscano [[Giovanni Veronesi]], di [[Massimo Ceccherini]] (già spalla di [[Leonardo Pieraccioni]]) e a seguire dell'interprete e regista teatrale [[Vincenzo Salemme]].
 
Sempre sul fronte del cinema comico si confermano campioni di incassi i cosiddetti ''[[cine-panettone|cine-panettoni]]'', così chiamati per l'annuale distribuzione nelle sale durante il periodo natalizio. Tale filone è costantemente interpretato dal popolare duo comico formato da [[Massimo Boldi]] e [[Christian De Sica]] (poi separatisi) e diretti da registi specialisti come [[Neri Parenti]] e [[Carlo Vanzina]]. I cinepanettoni si presentano come film dal carattere nazionalpopolare che descrivono senza alcuna pretesa narrativa le disavventure di vari personaggi all'interno di spazi esotici, spesso adibiti a luoghi di vacanza. Nonostante tali pellicole siano spesso accusate di banalità, se non addirittura di volgarità, hanno conosciuto presso il pubblico un vasto e duraturo successo.
 
=== Altre leve del cinema italiano ===
[[File:Giorgio Diritti.jpg|miniatura|sinistra|Il regista [[Giorgio Diritti]]]]
Il nuovo millennio porta con sé una nuova ondata di registi, che aggiorna e rilegge il cinema d'autore italiano, ponendosi spesso e volentieri in una sorta di zona franca, tra tradizione e modernità. A tale riguardo, viene salutato come una rivelazione [[Emanuele Crialese]], che suscita interesse con l'opera seconda ''[[Respiro (film)|Respiro]]'' (2003) e in misura maggiore con l'affresco ''[[Nuovomondo]]'' (2006), in cui descrive la tragica realtà dell'emigrazione italiana del primo novecento. Allo stesso modo attira attenzione l'opera di [[Saverio Costanzo]]. Il suo film d'esordio, ''[[Private (film)|Private]]'' (2004), storia della convivenza forzata tra una famiglia [[Palestina|palestinese]] e un gruppo di militari [[Israele|israeliani]], si è aggiudicato diversi premi tra cui il [[Pardo d'oro]] al [[Festival di Locarno]] nel [[2004]].
 
Tra il 2007 e il 2009 si fanno conoscere registi come [[Giorgio Diritti]], autore del premiatissimo ''[[L'uomo che verrà]]'', [[Antonello Grimaldi]], con il film ''[[Caos calmo (film)|Caos calmo]]'', [[Gianni Di Gregorio]], per il film ''[[Pranzo di ferragosto]]'', Vittorio Mieli per l'opera ''[[Dieci inverni]]'' e [[Andrea Molaioli]], con i lungometraggi ''[[La ragazza del lago]]'' e ''[[Il gioiellino]]''. In aggiunta si fanno notare giovani leve come [[Claudio Cupellini]], regista di ''[[Una vita tranquilla]]'' (2010), e [[Aureliano Amadei]], all'esordio con ''[[20 sigarette]]'' (2010) e imperniato sulla [[Attentati di Nāṣiriya|strage di Nassiriyya]].
[[File:Sabina Guzzanti 3.jpg|thumb|destra|[[Sabina Guzzanti]]]]
Nel frattempo, solleva molta curiosità l'opera prima dell'attrice teatrale e televisiva [[Sabina Guzzanti]]. Nel [[2005]] presenta alla [[62ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia|Mostra del cinema]] di Venezia il film-documentario ''[[Viva Zapatero!]]''. L'opera, rivendicando con forza il diritto alla satira, denuncia i limiti di libertà d'espressione e informazione presenti in Italia, portando sullo schermo il contributo di molti intellettuali sia nazionali che esteri. Negli anni seguenti è autrice di altri due docufilm, anch'essi di spiccata denuncia sociale dal titolo ''[[Le ragioni dell'aragosta]]'' (2007) e ''[[Draquila - L'Italia che trema]]'' (2010).
Infine, nel 2010, desta sorpresa il debutto cinematografico di [[Ascanio Celestini]], che grazie al film ''[[La pecora nera (film 2010)|La pecora nera]]'', dirige un surreale spaccato sul mondo delle malattie mentali, non senza una velata critica all'inadeguatezza delle strutture ospedaliere.
 
Un caso peculiare di cinema alternativo rappresenta l'esperienza del cineasta milanese [[Michelangelo Frammartino]] che a partire dal film ''Il dono'' (2003) ricostruisce percorsi narrativi pregni di realismo poetico, dando grande rilevanza all'ambiente scenico; ciò diviene ancora più evidente nel successivo ''[[Le quattro volte]]'' (2010). Contemporaneamente conosce i favori della critica il primo lungometraggio del regista romano [[Francesco Munzi]], dal titolo ''[[Saimir]]'' (2004). Raccoglie un nuovo consenso critico con il seguente ''[[Il resto della notte]]'' (2008), presentato nella [[Quinzaine des Réalisateurs]] del [[Festival di Cannes 2008|Festival di Cannes]].
 
Ugualmente si fa conoscere il giovane regista [[Pietro Marcello (regista)|Pietro Marcello]]. Nel 2007 gira ''[[Il passaggio della linea]]'', un progetto che racconta la favolistica storia di un anziano che decide di passare il resto della propria vita a bordo di un treno. Il film offre un magma di situazioni notturne che annullano la forma tradizionale del documentario, lasciando libero lo spettatore di farsi guidare dalla pura forza delle immagini.<ref>[http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=12096&url_target=http%3A//www.cinematografo.it/bancadati/consultazione/schedafilm_2009.jsp%3Fcodice%3D49271%26completa%3Dsi Scheda del film] su cinematografo.it.</ref>. Nel 2009, grazie alla fondazione gesuita San Marcellino di [[Genova]], realizza il documentario drammatico ''[[La bocca del lupo (film)|La bocca del lupo]]'', che si aggiudica (primo italiano) il [[Torino Film Festival]]<ref>[http://www.torinofilmfest.org/index.php?action=detail&id=8652 Scheda del film] sul sito del [[Torino Film Festival]].</ref>.
 
== Gli anni dieci ==
[[File:Paolo Taviani and Vittorio Storaro.jpg|miniatura|sinistra|Sopra [[Paolo Taviani]] col direttore della fotografia [[Vittorio Storaro]]]]
Nei primi anni dieci una profonda crisi economica colpisce molti settori industriali tra cui quello cinematografico. Secondo i dati presentati dalla Direzione generale per il Cinema del Ministero e dai produttori dell’ANICA (per l'anno solare 2012), gli spettatori presenti in sala, rispetto al 2011, calano inesorabilmente del 10%, con ulteriore decremento del 5% nel primo trimestre del 2013. Sul versante produttivo i vari investimenti pubblici a sostegno del cinema divengono sempre più precari, passando dai 71 milioni del 2008 agli appena 24,4 milioni del 2012. In questo clima di ampia [[recessione]] economica, nello stesso 2012, vengono comunque prodotti 166 film di nazionalità italiana, facendo registrate, nonostante tutto, un incremento produttivo dell’1,07%.<ref>{{cita web|url=http://www.lastampa.it/2013/04/16/spettacoli/cinema-calano-gli-incassi-cresce-la-produzione-2FIIwS7m0DxQchlipOWSXK/pagina.html|titolo=Cinema, calano gli incassi cresce la produzione|accesso=03 luglio 2015}}</ref>
Tuttavia, a fronte di tale crisi, il cinema italiano torna alla ribalta internazionale. Il [[2012]] si apre con la vittoria dei [[Fratelli Taviani]] al [[Festival internazionale del cinema di Berlino|Festival di Berlino]] che conquistano l'[[Orso d'oro]] con il film ''[[Cesare deve morire]]''. L'opera (girata con la tecnica della ''docu-fiction'') è ambientata all'interno del carcere di [[Rebibbia]] e interpretata dagli stessi detenuti che mettono in scena il ''[[Giulio Cesare]]'' di [[William Shakespeare]]. A maggio dello stesso anno, al [[Festival di Cannes]], [[Matteo Garrone]] vince per la seconda volta il ''Grand Prix della giuria'' con la pellicola ''[[Reality (film)|Reality]]'', film di denuncia sull'influenza altamente negativa che i [[reality show]] producono sulla gente comune.
 
A settembre è la volta di [[Emanuele Crialese]], che grazie al film ''[[Terraferma]]'' si aggiudica il gran premio della giuria al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|Festival di Venezia]].
Acclamato da gran parte della critica è il dramma risorgimentale ''[[Noi credevamo]]'' (2011), diretto dal regista [[Mario Martone]], che nel [[2014]] ottiene successo grazie al [[biopic]] sul poeta [[Giacomo Leopardi]] dal titolo ''[[Il giovane favoloso]]'', impersonato dall'attore [[Elio Germano]]. Ricevono attenzione l'opera prima del regista [[Leonardo Di Costanzo]], denominata ''[[L'intervallo]]'' (2012) e l'instant movie ''[[Diaz - Don't Clean Up This Blood]]'' dell'autore [[Daniele Vicari]], che si aggiudica nel 2012 il ''Premio speciale del pubblico'' al 62º [[Festival internazionale del cinema di Berlino]]<ref>[http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2012/02/18/news/festival_di_berlino_a_diaz_di_vicari_secondo_posto_premio_del_pubblico-30112405/ "Diaz" conquista il Festival di Berlino. Al film sul G8 il Premio del pubblico]</ref> Il film ricostruisce con duro realismo i tragici [[fatti del G8 di Genova]] (avvenuti nel luglio del 2001), e in maniera rilevante la [[Fatti della scuola Diaz|violenta irruzione]] della [[Polizia di Stato]] nella scuola elementare Armando Diaz, pacificamente occupata da numerosi manifestanti, giornalisti e semplici civili.
 
Gli anni dieci mantengono il cinema italiano sotto i riflettori internazionali. Un'altra riprova arriva nel settembre del 2013, con il film documentario ''[[Sacro GRA]]'', diretto dal regista [[Gianfranco Rosi (regista)|Gianfranco Rosi]], che si aggiudica il [[Leone d'oro]] al [[Mostra internazionale d'arte cinematografica|festival di Venezia]]. L'opera riprende, senza alcun commento esterno, scene di vita vissuta che si dispiegano a Roma lungo il [[Autostrada A90|Grande Raccordo Anulare]]. Il film, nato da un'idea del paesaggista e urbanista Nicolò Bassetti<ref>{{cita web|url=http://www.sacrogra.it/progetto.php|titolo=Il Progetto|editore=sacrogra.it|accesso=6 settembre 2014}}</ref>, è vagamente ispirato al romanzo ''[[Le città invisibili]]'' di [[Italo Calvino]].<ref name=yrh>{{cita web|lingua=en|autore=Deborah Young|titolo=Sacro GRA, Tales from Rome’s Ring Road (Sacro GRA): Venice Review|url=http://www.hollywoodreporter.com/review/sacro-gra-tales-rome-s-622256|editore=hollywoodreporter.com|data=5 settembre 2013|accesso=6 settembre 2014}}</ref><ref>{{cita web|lingua=en|autore=Jay Weissberg|url=http://variety.com/2013/more/reviews/venice-film-review-sacro-gra-1200601049/|titolo=Venice Film Review: ‘Sacro GRA’|editore=variety.com|data=5 settembre 2013|accesso=6 settembre 2014}}</ref>
[[File:Cast La Grande Bellezza Napolitano.jpg|miniatura|destra| Il Presidente [[Giorgio Napolitano]] riceve al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]] il cast del film premio Oscar ''[[La grande bellezza]]'']]
Sulla scia di questo fortunato periodo, grande clamore internazionale suscita il film di [[Paolo Sorrentino]], ''[[La grande bellezza]]'', interpretato principalmente da [[Toni Servillo]]. L'opera è una versione moderna de ''[[La dolce vita]]'' di Fellini, dove il regista filma con opulenza artistica una Roma assolata e quasi metafisica. La pellicola ottiene numerosi riconoscimenti tanto da ricevere nel gennaio [[2014]] il [[Premio Golden Globe|Golden Globe]] come ''Miglior film straniero'', seguito, Il 16 febbraio [[2014]], dal premio [[premi BAFTA 2014|BAFTA]]. Infine, il 2 marzo [[2014]], la pellicola si aggiudica l'[[Oscar al miglior film straniero]].<ref>{{cita web|url=http://www.repubblica.it/speciali/cinema/oscar/edizione2014/2014/03/03/news/oscar_2014-80065778/|titolo=La grande bellezza" vince l'Oscar: con Sorrentino la statuetta torna in Italia|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
 
Un anno più tardi la regista toscana [[Alice Rohrwacher]] diviene la vera rivelazione del [[festival di Cannes]] con l'opera seconda ''[[Le meraviglie]]'', che le vale, nel maggio 2014, il gran premio della giuria. Con tale affermazione la Rohrwacher diviene la prima cineasta italiana ad aggiudicarsi l'ambito riconoscimento.<ref>{{cita web|url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/24/festival-di-cannes-2014-le-meraviglie-di-alice-rohrwacher-vince-il-grand-prix/998841/|titolo=Cannes 2014, i vincitori.|accesso=26 maggio 2015}}</ref> Ottiene nuovi favori dalla critica il cineasta [[Francesco Munzi]], che grazie al suo terzo lungometraggio dal titolo ''[[Anime nere (film 2014)|Anime nere]]'' (incentrato sulle vicende di una famiglia della [['Ndrangheta]] calabrese), viene insignito, nel giugno del 2015, di nove [[David di Donatello (premio)|David di Donatello]], tra cui miglior film e regia.
 
Grande consenso di pubblico ottengono le commedie del regista [[Luca Miniero]] (''[[Benvenuti al Sud]]'' del 2010 e il sequel ''[[Benvenuti al Nord]]'' del 2012), con [[Claudio Bisio]] e [[Alessandro Siani]] e in maniera maggiore le pellicole dell'interprete [[Checco Zalone]]. Il comico pugliese, dopo aver esordito in televisione, debutta sul grande schermo con due film diretti da [[Gennaro Nunziante]] : ''[[Cado dalle nubi]]'' (2009) e ''[[Che bella giornata]]'' (2011). Quest'ultimo film, con oltre 40 milioni di euro d'incassi, diventa il lungometraggio italiano di maggior successo commerciale di sempre.<ref>{{cita web|url=http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/incassi-zalone-supera-i-40-milioni/399441|titolo=Incassi, Zalone supera i 40 milioni|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
Il fortunato periodo del comico è confermato dalla pellicola successiva, ''[[Sole a catinelle]]'' (2013), sempre diretta da [[Gennaro Nunziante]], che in appena diciotto giorni di programmazione riesce a superare gli incassi del film precedente.<ref>{{cita web|url=http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/supercinema/2013/notizia/checco-zalone-nuovo-record-sole-a-catinelle-il-piu-visto-di-sempre_2010216.shtml|titolo=Checco Zalone nuovo record: "Sole a catinelle" il più visto di sempre|accesso=26 maggio 2015}}</ref>
 
== Note ==
{{<references|auto}} />
 
== Bibliografia ==
* Gian Piero Brunetta, ''Cent'anni di cinema italiano'', Laterza, Roma-Bari, 1991. ISBN 88-420-3851-2
* Gian Piero Brunetta (a cura di), ''Storia del cinema mondiale'', Vol. III, Einaudi, Torino, 2002. ISBN 978-88-06-14528-6
* Gian Piero Brunetta, ''Guida alla storia del cinema italiano. 1905-2003'', Einaudi, Torino, 2003. ISBN 978-88-06-16485-0
* Roberto Campari, ''Il fantasma del bello. Iconologia del cinema italiano'', Marsilio, Venezia, 1994. ISBN 88-317-5898-5
* Fiorangelo Pucci, Valerio Angelini (a cura di), ''1896-1914. Materiali per una storia del cinema delle origini'', Studioforma Editore, Torino, 1981.
* Lorenzo Quaglietti, ''Storia economico-politica del cinema italiano. 1945-1980'', Editori Riuniti, Roma, 1980.
* Ernesto G. Laura, ''L'immagine bugiarda. Mass-media e spettacolo nella Repubblica di Salò (1943-1945)'', ANCCI, Roma, 1986
* C. Carabba, ''Il cinema del ventennio nero'', Vallecchi, Firenze, 1974.
* R. Chiti - E. Lancia, ''Dizionario del cinema italiano: I film'', Vol.1: Dal 1930 al 1944, e Vol 2: dal 1945 al 1992 Gremese, Roma, 1993.
* R. Chiti - E. Lancia - A. Orbicciani, R. Poppi, ''Dizionario del cinema italiano'': ''Le attrici'', Gremese, Roma, 1999.
* F. Di Giammatteo, ''Dizionario del cinema italiano'', Editori Riuniti, Roma, 1995.
* F. Faldini - G. Fofi, (a cura di), ''L'avventurosa storia del cinema italiano: 1933-1959'', Feltrinelli, Milano, 1979.
* F. Faldini - G. Fofi, ''Il cinema italiano d'oggi: 1970-1984'', Mondadori, Milano, 1984
* M. Giusti, ''Dizionario dei film italiani stracult'', Frassinelli, Milano, 2004.
* E. Lancia, ''Dizionario del cinema italiano: I film'', Vol.6: Dal 1990 al 2000. Gremese, Roma, 2001-2002.
* C. Lizzani, ''Il cinema italiano: Dalle origini agli anni Ottanta'', Editori Riuniti, Roma, 1992.
* R. Poppi, ''Dizionario del cinema italiano: I registi'', Dal 1930 ai giorni nostri, Gremese, Roma, 1993.
* F. Savio, ''Cinecittà anni Trenta'', Bulzoni, Roma, 1979.
* Salvatore Cianciabella, ''Siamo uomini e caporali. Psicologia della dis-obbedienza''. Franco Angeli, 2014. ISBN 978-88-204-9248-9.
* {{Cita libro|titolo=Dizionario dei film 2011|autore=[[Paolo Mereghetti]]|editore= B.G Dalai editore|anno= 2011|isbn=978-88-6073-626-0|cid=Paolo Mereghetti}}.
* {{Cita libro|titolo=Breve storia del cinema comico in Italia|autore=Enrico Giacovelli|editore= [[Edizioni Lindau|Lindau]]|anno= 2006|isbn=978-88-7180-595-5|cid=Enrico Giacovelli,Breve storia del cinema comico in Italia}}.
* {{Cita libro|titolo=La commedia all'italiana|autore=Enrico Giacovelli|editore= Lindau|anno= 1995|isbn=88-7605-873-7|cid=Enrico Giacovelli,La commedia all'italiana}}.
* Fernaldo Di Giammatteo, ''Dizionario del cinema - cento grandi film'', Edizioni Newton, Roma, 1995.
* Mario Morcellini, Paolo De Nardis, ''Società e industria culturale in Italia'', Meltemi, 1998.
* Silvia Bizio, Claudia Laffranchi, ''Gli italiani di Hollywood: il cinema italiano agli Academy Awards'', Gremesse editore, 2002.
* Aldo Tassone, ''I film di Michelangelo Antonioni: un poeta della visione'', 3. ed. riveduta e aggiornata, Roma, Gremesse editore, 2002
 
== Voci correlate ==
* [[Film italiani proposti per l'Oscar al miglior film straniero]]
* [[Film italiani premiati al Golden Globe per il miglior film straniero]]
* [[Film italiani di maggior incasso nella storia del cinema]]
* [[Attori italiani]]
* [[Altre figure del cinema italiano]]
 
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{ThesaurusCollegamenti BNCFesterni}}
* {{AIC|21101}}
* [http://www.cinema.beniculturali.it/ Cinema nel sito ufficiale del ministero dei beni culturali];
* [http://www.italica.rai.it/cinema/index.htm Italica RAI - Momenti del cinema italiano];
* {{lingue|it|en}} [http://www.filmitalia.org/ Filmitalia];
* [http://www.activitaly.it/immaginicinema/index.htm ActivCinema, Rivista Attiva di Archeologia Cinematografica];
* [http://www.giusepperausa.it/storia_del_cinema_italiano_onl.html Storia del cinema italiano: gli anni quaranta];
* [http://www.cinemaitaliano.info CinemaItaliano.Info - Cinema italiano dal 2000 in poi];
* [http://www.movieplayer.it/film/archivio/?nazione=italia Tutti i film prodotti in Italia]: la guida ai film, al cinema e alle serie tv (su [[Movieplayer.it]]).
 
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