Caduta della Repubblica Sociale Italiana: differenze tra le versioni

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{{P|Repubbliche partigiane, insurrezioni (Genova in primis), dove sono? (Vito, gennaio 2011)|storia contemporanea|gennaio 2008}}
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[[File:Benito Mussolini a Milano il 25 aprile 1945.jpg|thumb|upright=1.4|Il 25 aprile 1945 Mussolini, qui raffigurato insieme al capo scorta delle SS tenente [[Fritz Birzer]], abbandona la prefettura di [[Milano]]: è l'ultima foto che ritrae il duce vivo.]]
{{Campagnabox Campagna d'Italia (Seconda guerra mondiale)}}
 
La '''caduta della Repubblica Sociale Italiana''' fu l'ultimo atto della [[Campagna d'Italia (1943-1945)|campagna d'Italia]] durante la [[seconda guerra mondiale]],. comportandoEbbe come esito la sconfitta definitiva di [[Benito Mussolini]] e del [[regimestoria del fascismo italiano|fascismo fascistaitaliano]].
 
== Il contesto storico ==
A partire dal [[1943]], l'andamento della guerra in risalita lungo la [[penisola italiana]] favoriva sempre più gli angloamericani, che, seppur con maggiore lentezza rispetto alle previsioni, riuscivano a superare le linee di resistenza verso il [[Italia settentrionale|Nord Italia]]. Di conseguenza, la [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] si indeboliva sul proprio territorio, sia in estensione sia in sovranità.
 
I bombardamenti aerei colpivano anche piccoli centri abitati, oltre alle attività produttive e alle vie di comunicazione, grazie al consolidamento della supremazia aerea, che, dall'estate [[1944]], era contrastata solamente dall'esigua [[Aeronautica Nazionale Repubblicana]] (ANR). La popolazione era stata ripetutamente provata dai rastrellamenti, dalle requisizioni, e dalle prevaricazioni degli "alleati"occupanti tedeschi. A ciò si aggiungevano la crisi crescente dei nuclei familiari senza uomini validi e il rigido [[razionamento]] alimentare. Quindi, nella popolazione civile il desiderio di pace era pressante.
 
Ma lL'emergenza più grave, però, era il crescendo degli attentati e delle azioni di guerriglia messe in atto dai [[partigiano|partigiani]], {{citazioneSenza necessariafonte|spesso guidati da ex prigionieri di guerra scampati daidalle campi di concentramento italianiprigioni<ref>https://arts.units.it/retrieve/e2913fdc-1605-f688-e053-3705fe0a67e0/La%20genesi%20del%20neofascismo%20in%20Italia.pdf</ref>}}, e talvolta animati dai reduci dalladi [[guerra civile spagnola]]. {{citazioneSenza necessariafonte|A questi, talvolta, si aggiunsero anche disertori della [[Wehrmacht]] che non avevano più fiducia nella vittoria del nazismo.}}
 
La [[resistenzaResistenza italiana]] operò numerosi atti di sabotaggio e attacchi alle retrovie nemiche che rendevano insicuri i movimenti di tedeschi e repubblichini isolati o in piccoli gruppi. Gli angloamericani, pur titubanti per l'orientamento politico prevalente tra i partigiani (spesso [[comunismoComunismo|comunista]] o [[socialismoSocialismo|socialista]]), quasidecisero sempre [[Repubblica|repubblicano]]) deciserocomunque di appoggiarlo con aviolanci di armi e viveri e poi con finanziamenti tramite la [[Svizzera]].
Le rappresaglie in risposta ai sabotaggi, che colpivano spesso vittime incolpevoli, resero impopolare la RSI.
 
Dal 10 settembre [[1943]], con un drastico ordine di [[Adolf Hitler]], in seguito attenuato, ma non annullato, l'Italia fu per i tedeschi territorio di operazioni militari. La relativa legge marziale fu applicata integralmente nelle Provincieprovince coinvolte nelle linee di combattimento, in quelle verso il [[Brennero]] (Alpenvorland-OZAV) e verso i territori sloveni annessi dai tedeschi e verso il Regno di Croazia (Adriatisches Kuestenland-OZAK).
 
Nelle due zone di Confineconfine vennero nominati Alti Commissari, che, secondo pubblica dichiarazione di Hitler, "riceveranno da me le indicazioni fondamentali per la loro attività”<ref> ''Documenti diplomatici tedeschi Serie E VI n.311''</ref>. Gli Alti Commissari furono l'SS Oberfuehrer [[Franz Hofer (Gauleiter)|Franz Hofer]], per le Provincie di Bolzano, Trento e Belluno, e l'SS Oberfuehrer [[Friedrich Rainer]], per le Provincie di [[Udine]], [[Gorizia]], Trieste, [[Pola]], [[Fiume (Croazia)|Fiume]] e [[Lubiana]]. Hofer e Rainer non nascosero volontà annessionistiche, rispettivamente verso il [[Tirolo]] e verso la [[Carinzia]], loro territori di origine. Il 1º ottobre il Gauleiter prendeva il controllo militare e civile della Carinzia<ref>per decreto con valore retroattivo al 29 settembre ''Gazzetta Ufficiale del Litorale Adriatico n.1 del 15 ottobre 1943''</ref><ref>[[Franco Filanci]]., ''Trieste, tra alleati e pretendenti'', ediz. Poste Italiane – Museo Postale dicembre 1995”</ref>.
 
Hitler abbandonò [[Spalato]], e, in un primo momento, anche [[Zara]], alla annessione croata che, dichiarata il 9 settembre [[1943]], fu subito seguita da operazioni di conquista delle due Provincieprovince italiane della [[Dalmazia]]. La strategia annessionistica di territori italiani da parte della [[Croazia]] comprendeva Fiume e l'intera [[Istria]] fino ai sobborghi di Trieste.
 
Altre perdite territoriali, seppure temporanee, si ebbero nell'estate del 1944, quando, in molte vallate alpine e appenniniche, ribelli e popolazioni diedero vita alla breve esperienza delle [[repubblicheRepubbliche partigiane]]. Sul restante territorio della RSI, divenuto ''retrovia'', i reparti della RSI (se impiegati in operazioni di rastrellamento) erano agli ordini del Plenipotenziario per l'Ordine e la Sicurezza quali Reparti ''Hilfspolizei'', ossia Reparti ausiliari adibiti ad operazioni condotte dai tedeschi.
 
Venerdì 20 aprile [[1945]] il generale [[Heinrich Vietinghoff|Heinrich von Vietinghoff-Scheel]], in ossequio alle clausole dell{{'}}''[[Operazione Sunrise]]'', dette l'ordine alla 10ª e 14ª armata di ripiegare verso la Germania<ref>[http://www.historychannel.it/lucieombre/puntata7.html PEOPLE | The History Channel Italia<!-- Titolo generato automaticamente -->] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080116172029/http://www.historychannel.it/lucieombre/puntata7.html |data=16 gennaio 2008 }}</ref>.
 
Con la successiva [[offensivaOffensiva di primavera del 1945 in Italia|offensiva di primavera]] gli angloamericani, dopo aver sfondato la [[linea Gotica]], non ebbero ostacoli ad un facile dilagare verso e oltre il [[fiume Po]]. [[Benito Mussolini|Mussolini]] venne privato in pratica della possibilità di gestire il poco potere rimastogli nel Nord Italia. Faceva eccezione Milano, gremita di militari e di politici, dove dal 18 aprile aveva trasferito da [[Gargnano]] il Quartier Generale della RSI. I tedeschi apparivano più che mai in difficoltà perché, avendo in corso negoziati di resa separata, erano privi di univoci ordini sul disporre o meno estreme difese di luoghi strategici del Nord Italia. {{citazioneSenza necessariafonte|Tra l'altro, si erano impegnati con [[Angelo Tarchi (politico)|Angelo Tarchi]], Ministro della Produzioneproduzione Industrialeindustriale della RSI, a non distruggere, ma a ''inertizzare'', ossia soltanto a disattivare, gli impianti di produzione idroelettrica.
}}
 
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Assieme ai Ministri rientrati dall'incontro con il Cardinale Arcivescovo di Milano [[Alfredo Ildefonso Schuster]], erano presenti il Ministro [[Alessandro Pavolini]], Segretario del [[Partito Fascista Repubblicano|PFR]], e il Generale [[Renzo Montagna]], già Comandante di Grandi Unità della MVSN in Africa e in Balcania.
 
Quest'ultimo, in carenza di Governo, {{citazioneSenza necessariafonte|non volle assicurare l'ordine pubblico come avrebbe dovuto quale Capo della Polizia}} e potendo contare sull'appoggio di [[Junio Valerio Borghese]], nominato il 24 aprile da Mussolini, appositamente per la difesa, Comandante della Piazza di Milano. Si limitò a depositare presso una Banca i sostanziosi fondi della Polizia, quale ''patrimonio dello Stato''. Infatti fu soltanto, e in parte, la [[Guardia di Finanza]] a adempiere, iniziando da [[Corso Sempione]] dopo l'ultimo giornale radio [[EIAR]] trasmesso alle ore 8.00 del 26 aprile [[1945]], il tradizionale ruolo dei ''poliziotti di pace'' nei trapassi di potere.
 
{{citazioneSenza necessariafonte|Ci fu anche un confuso tentativo di passaggio di consegne ''socialistico'', com'era stato proposto da [[Carlo Silvestri]] nelle sue visite a Gargnano, che però fu prontamente respinto dai dirigenti del [[Partito Socialista Italiano#Nascita del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria|PSIUP]] a cui fu rivolto. }} Nel pomeriggio del 25 aprile nell'Arcivescovado di Milano si erano rifugiati molti gerarchi: insieme a [[Rodolfo Graziani|Graziani]] vi erano [[Paolo Zerbino]] e [[Francesco Maria Barracu|Francesco Barracu]] oltre il Capo Provincia Mario Bassi e l'industriale Gian Riccardo Cella (aveva acquistato il palazzo del «[[Il Popolo d'Italia|Popolo d'Italia]]»<ref>Il quotidiano era stato chiuso dopo il 25 aprile 1943.</ref> per 50 milioni di lire); lo scoraggiamento che vi regnava contribuì a indurre Mussolini all'improvviso scioglimento del Governo.
 
Nel contempo venivano esonerati dal combattere, ma anche privati di protezione e orientamenti, gli italiani che avevano militato sotto le insegne della RSI: militari, iscritti al [[Partito Fascista Repubblicano|PFR]] e dipendenti statali. La decisione di Mussolini di lasciare Milano in balia di sé stessa e di affrontare il suo futuro nella massima incertezza risulterà tragica per molti. Rifiutata la fuga in aereo verso l'ospitale Spagna, Mussolini forse riteneva ancora possibile un indiretto contatto con [[Winston Churchill]] e attuabili le promesse protezioni tedesche a Merano o, con un aereo da Chiavenna, in Baviera. Invece, anch'egli allo sbando, fuggì su una autoblindo della Brigata Nera di Lucca comandata dal Capitano Evandro Tremi, che precedeva l'autocolonna del Maggiore Hermann Schallmeyer della [[contraerea|Flak]]-avvistamenti, comprendente anche l'automezzo del Tenente [[Fritz Birzer]] e i pochi armati del Tenente Willy Flamminger (che da Musso tornarono a Como).
 
Fu riconosciuto malgrado un sommario travestimento poco dopo le 4 del pomeriggio del 27 aprile a [[Dongo (Italia)|Dongo]], divenne un prigioniero scomodo e con urgenza il [[CLNAI]] confermò la sentenza di morte del 16 agosto [[1944]]. {{citazioneSenza necessariafonte|Mussolini accolse la richiesta del cardinale [[Ildefonso Schuster]] di disarmare o allontanare i reparti che presidiavano Milano}} evitando ulteriori scontri cruenti casa per casa. I primi armati a entrare a Milano furono i Garibaldini dell'[[Oltrepò Pavese]], il 28 aprile alle ore 17.30, nell'attesa dei vincitori angloamericani, che, nonostante la mancanza di notizie, non potevano esser lontani.
 
La [[United States Army North|Quinta Armata]] americana il 25 aprile aveva cinque divisioni oltre il Po, e una di queste, la 1ª, con oltre diecimila carristi e settecento cingolati, da Cremona puntava su Torino e la ValValle d'Aosta, mentre una seconda, la 34ª, da Brescia marciava su Bergamo, diretta a Como e poi in Piemonte. Non sollecitate da niente e da nessuno, truppe americane raggiungeranno il centro di Milano il 29 aprile [[1945]]. In Arcivescovado, appena dopo aver confermato la rinuncia alla difesa di Milano e stante la diserzione dei tedeschi ai ''colloqui a tre'', Mussolini disse ai delegati del CLNAI [[Raffaele Cadorna Jr]], [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]] e [[Achille Marazza]] che non poteva dare prima di un'ora una risposta alle richieste di ''resa incondizionata''. Una risposta che non fu mai data, perché Mussolini abbandonerà la Prefettura, diretto a Como, alle 8 di sera dello stesso 25 aprile, con accanto [[Nicola Bombacci]] e con [[Rodolfo Graziani|Graziani]] nell'automezzo della scorta SS comandata da [[Fritz Birzer]].
 
Fino all'ultimo Pavolini tentò di convincerli a unirsi agli uomini già presenti in [[Valtellina]] per un'ultima simbolica resistenza nel [[ridotto alpino repubblicano]]. Mussolini venne giustiziato a [[Giulino]] il 28 aprile alle ore 16.30. Il suo cadavere, assieme a quelli dell'amante [[Clara Petacci|Claretta Petacci]] e dei quindici gerarchi fucilati a [[Dongo (Italia)|Dongo]], venne portato nella notte a [[Milano]] dove venne esposto in [[Piazzale Loreto]].
 
==La fine militare==
[[File:0129Sikh soldier with captured Swastika flag.jpg|thumb|Italia, maggio 1945: un soldato sikh, della ottavadell'Ottava armata britannica, osserva una bandiera tedesca catturata davanti ad un muro con una scritta inneggiante a [[Mussolini]].]]
 
{{citazioneSenza necessariafonte|Le ostilità in Italia terminarono formalmente nella notte del 3 maggio [[1945]], alle ore 4.30.}} I pochi reparti della RSI che avevano ripiegato verso il [[Brennero|Brennero,]] in particolare quelli che avevano svolto funzioni di retroguardia anche per le truppe tedesche in ritirata, dal 3 maggio ebbero semplificate condizioni di resa sulla linea americana di ''cessate il fuoco'' a [[Rovereto]].
 
I reparti dipendenti dal Gruppo Divisioni di [[Otto Fretter-Pico]] e provenienti dalla [[Garfagnana]], dopo un ultimo combattimento, consegnarono le armi alla ''[[Força Expedicionária Brasileira]] ''il 29 aprile 1945, a [[Medesano]]. Tra gli appartenenti all'[[Armata Liguria (Wehrmacht)|Armata Liguria]], quelli in organico all'A.K.Lombardia si dissolsero in parte ad Alessandria-Valenza e in parte a Magenta entro il 30 aprile, mentre quelli in organico al LXXV A.K. e che scelsero di radunarsi a Strambino-Ivrea insieme ai tedeschi rimasero in armi più a lungo di tutti.
 
Questi ultimi, oltre sessantamila tedeschi e italiani radunati in una ''zona franca'' agli ordini del generale [[Hans Schlemmer]], in gran parte furono fatti prigionieri dalla [[U.S. 34th Infantry Division|US 34.ID]]: vennero poi trasferiti nei campi di concentramento della Toscana (dei quali il più grande era il [[campo di Coltano]]), dopo un breve transito a Modena presso la [[U.S. 88th Infantry Division|US 88.ID]]. La resa avvenne a seguito di un ordine del giorno indirizzato da Schlemmer ai soldati, che ripeteva quello di resa incondizionata dell'O.B. Süd West a più riprese radiodiffuso dal pomeriggio del 2 maggio in ottemperanza alla [[resa di Caserta]].
 
Altri reparti consegnarono le armi ai britannici: tra essi i Gruppi da combattimento della Divisione ''Decima'' e gli artiglieri della Divisione GNR ''Etna'', incorporata nella Flak-Italia; essi, insieme ai diecimila fatti stazionare per sette mesi in Algeria-Marocco (ove erano i catturati della RSI nei combattimenti fine 1944 - inizio 1945), poterono uscire dai campi di concentramento della fascia costiera orientale italiana soltanto nella primavera-estate del [[1946]]. {{citazioneSenza necessariafonte|Per ultimi furono liberati, se non sottoposti a giudizio di Corti Straordinarie d'Assise o Tribunali Militari, i ''recalcitrants'' di [[Laterina]] e di [[Terni]].}} I reparti dipendenti dal Comando Egeo Orientale obbedirono all'o.d.g. del 5 maggio [[1945]] del Comandante delle Forze Armate collegate Wilhelm Wagener e si consegnarono l'indomani agli angloamericani: una parte dei Volontari della Legione Kreta, via Brindisi, furono trasportati a Cap Matifou-PW Camp 211.
 
== Note ==
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[[Categoria:Campagna d'Italia]]
[[Categoria:Storia di Como]]
[[Categoria:Dissoluzioni di Stati|Italiana, Repubblica Sociale]]