Publio Cornelio Scipione: differenze tra le versioni
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{{nota disambigua|
{{nota disambigua||Scipione Africano (disambigua)|Scipione Africano}}
{{nota disambigua|il film|Scipione l'Africano (film)|Scipione l'Africano}}
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|nome = Publio Cornelio Scipione
|titolo = [[Console (storia romana)|Console]] della [[Repubblica romana]]
|immagine =
|legenda = Busto di Scipione l'Africano esposto ai [[Musei Capitolini]] a [[Roma]]
|altrititoli =
|nome completo = ''Publius Cornelius Scipio
|coniuge
|figli = [[Publio Cornelio Scipione (augure)|Publio Cornelio Scipione]],<br />[[Lucio Cornelio Scipione (pretore 174 a.C.)|Lucio Cornelio Scipione]],<br />[[Cornelia Africana maggiore]],<br />[[Cornelia|Cornelia Africana minore]]
|padre = [[Publio Cornelio Scipione (console 218 a.C.)|Publio Cornelio Scipione]]
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|dinastia =
|Gens = [[Gens Cornelia|Cornelia]]
|data di nascita = [[236 a.C.|236]] o [[235 a.C.]]<ref name="PolibioX6,10">{{cita|Polibio|X, 6.10}}.</ref>
|luogo di nascita = [[Roma (città antica)|Roma]]
|data di morte = [[183 a.C.]]
|luogo di morte = ''[[Liternum]]''
|edilità = [[213 a.C.]],<ref name="Scullard278">{{cita|Scullard 1992|p. 278}}.</ref> prima dell'età richiesta<ref name="Periochae25.1">{{cita|Periochae|25.1}}.</ref><ref name="Livio25,2.6">{{cita|Livio|XXV, 2.6}}.</ref>
|consolato = [[205 a.C.]]<br />[[194 a.C.]]
|tribuno militare = [[216 a.C.]]
|proconsolato = [[
[[204 a.C.]] - [[202 a.C.]] in [[Africa Proconsolare|Africa]]
|censura = [[199 a.C.]]
|tribunato consolare =
|dittatura =
|princeps senatus = [[199 a.C.
|cognomina ex virtute = ''Africanus''
}}
{{Bio
|Nome = Publio Cornelio
|Cognome = Scipione Africano |PreData = {{latino|Publius Cornelius Scipio Africanus}}; [[Scrittura e pronuncia del latino|pronuncia classica o ''restituta'']]: {{IPA|[ˈpuːblɪ.ʊs kɔrˈneːli.ʊs ˈskiːpi.oː aːfrɪˈkaːnʊs]}}
|Sesso = M
|LuogoNascita = Roma
|LuogoNascitaLink = Roma (città antica)
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = [[236 a.C.|236]] o [[235 a.C.]]
|LuogoMorte = Liternum
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = 183 a.C.
|Epoca = -200
|Epoca2 = -100
|Attività = politico
|Attività2 = militare
|Nazionalità = romano
|FineIncipit = , noto anche semplicemente come '''Scipione
}}
Si guadagnò il ''[[Cognomina ex virtute|cognomen ex virtute]]'' di "Africano" a seguito della vittoriosa campagna in Africa, durante la quale sconfisse il generale cartaginese [[Annibale|Annibale Barca]] nella [[battaglia di Zama]]. Viene comunemente chiamato '''Africano maggiore''' (''Africanus Maior'') per differenziarlo dal suo omonimo [[Publio Cornelio Scipione Emiliano]], detto invece "Africano minore"
== Fonti e storiografia ==
{{Vedi anche|Fonti e storiografia su Publio Cornelio Scipione}}
Le principali fonti per la vita e il ruolo di Scipione Africano sono rappresentate da [[Polibio]] (''[[Storie (Polibio)|Storie]]''), [[Tito Livio]] (''[[Ab Urbe condita libri]]''), [[Appiano di Alessandria]] (''[[Storia romana (Appiano)|Historia romana]]''), [[Cassio Dione
== Biografia ==
=== Origini
{{Vedi anche|Gens Cornelia}}
Appartenente alla [[Gens Cornelia]], una delle più antiche e potenti [[gens|famiglie]] patrizie di Roma, figlio di [[Publio Cornelio Scipione (figlio di Lucio)|Publio Cornelio Scipione]], che fu console nel [[218 a.C.]] e che morì in [[Spagna cartaginese|Spagna]] assieme al fratello [[Gneo Cornelio Scipione Calvo]] durante la [[Seconda guerra punica]], sposò [[Emilia Terza|Emilia Paola]], figlia del console [[Lucio Emilio Paolo (console 219 a.C.)|Lucio Emilio Paolo]] e sorella di [[Lucio Emilio Paolo Macedonico]], e fu il padre di un omonimo Publio Cornelio Scipione, di [[Lucio Cornelio Scipione (pretore 174 a.C.)|Lucio Cornelio Scipione]] e di [[Cornelia]], la famosa "madre dei Gracchi".
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{{Vedi anche|battaglia del Ticino}}
Le prime notizie della vita pubblica di Publio che si hanno riportano al [[218 a.C.]]
{{Citazione|[...] suo padre gli aveva affidato il comando di una [[turma]] di [[cavalleria (storia romana)|cavalieri scelti]], destinati a garantire la sicurezza personale del console; egli [Publio], quando nel corso della battaglia vide che suo padre, insieme a soli due o tre cavalieri, era stato circondato dal nemico ed aveva subito pericolose ferite, inizialmente provò ad incitare gli uomini che aveva vicino a sé affinché portassero soccorso al padre, quando vide che questi, davanti al grande numero di nemici che circondavano suo padre, erano titubanti e impauriti, si racconta che egli, con incredibile audacia, si lanciò da solo alla carica contro i nemici che avevano accerchiato il padre. A quel punto anche gli altri cavalieri si sentirono obbligati ad attaccare. I nemici, spaventati, si diedero alla fuga e Publio Scipione [padre], salvato in modo tanto insperato, fu il primo a salutare alla presenza di tutti il proprio figlio come suo salvatore.|{{cita|Polibio|X, 3.4-6}}.}}
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====Partecipa alla disfatta di Canne (216 a.C.)====
{{Vedi anche|battaglia di Canne}}Due anni dopo, nel [[216 a.C.]] fu tra i superstiti della disastrosa [[battaglia di Canne]]. Gli storici antichi non dicono se Scipione partecipò direttamente alla battaglia e da Livio sappiamo che ricopriva la carica di [[tribuno militare]]. Nello scontro morì anche il futuro suocero di Publio, il console Emilio Paolo, che secondo la tradizione polibiana, sarebbe stato contrario ad affrontare la battaglia.<ref name="TL44">{{cita|Livio|XXII, 44}}.</ref><ref>{{cita|Polibio|III, 116, 9}}.</ref> Caddero sul campo anche i due consolari Servilio e Minucio che combattevano al centro dello schieramento<ref>{{cita|Polibio|III, 116, 11}}.</ref> e novanta tra ufficiali appartenenti alle grandi famiglie di Roma e delle città alleate, compresi consolari, pretori e senatori<ref name="Eutropio3.10">{{cita|Eutropio|''Breviarium ab Urbe condita'', III, 10}}.</ref><ref name="TL49">{{cita|Livio|XXII, 49}}.</ref>; i morti romani furono 70.000 mentre furono 10.000 i prigionieri;<ref>{{cita|Polibio|III, 117, 3}}.</ref> altre fonti parlano di 43.000<ref name="Eutropio3.10"/>/45.000 caduti e 19.000 prigionieri.<ref name="TL49"/> Il console superstite, Varrone, ritenuto da Polibio il responsabile della sconfitta, con 10.000 sbandati si rifugiò a [[Venosa|Venusia]].<ref>{{cita|Polibio|III, 116, 13}}.</ref> Si salvò anche il giovane Publio Cornelio.<ref name="Periochae22.11">{{cita|Periochae|22.11}}.</ref>[[File:Battaglia di Canne, 215 A.C. - Attacco iniziale romano.png|miniatura|Disposizione iniziale degli eserciti nella [[battaglia di Canne]]|alt=|sinistra|252x252px]]
Dopo la disfatta di [[Canne]], si adoperò per porre in salvo i pochi e sbandati superstiti delle [[Legione romana|legioni romane]], guidandoli verso [[Canosa di Puglia|Canosa]], dove ci fu una prima riorganizzazione dell'[[Esercito romano della media repubblica|esercito romano]]. Si trattava di un'impresa molto pericolosa, distando la città solo quattro miglia dal campo di Annibale.<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|p. 3}}.</ref> In questo frangente, dovette frenare il desiderio di fuga di numerosi patrizi che volevano fuggire in esilio minacciando di fermarli anche col [[Gladio (arma)|gladio]]. Per contro, si fa raccontare dai superstiti le fasi della battaglia, cercando di capire la tattica usata dagli avversari. Livio racconta che, di fronte alla prospettiva di sbandamento e di ammutinamento seguita alla sconfitta di Canne, Scipione fu l'unico dei capi militari a mostrare fermezza di carattere: alle insistenze degli altri comandanti, indecisi sul da farsi, di riunire un consiglio per deliberare sulla situazione, egli oppone un netto rifiuto dicendo che ci si trovava in un frangente in cui non bisognava discutere bensì osare e agire.<ref>{{cita|Periochae|22.11}}; {{cita|Liddell Hart 1987|p. 3}}.</ref>
==== Elezione
Nel [[213 a.C.]], sempre secondo la narrazione di [[Polibio]], alle elezioni per l'[[Edile (storia romana)|edilità]] si era candidato il fratello maggiore (in realtà minore di età), [[Lucio Cornelio Scipione Asiatico|Lucio]], ma con scarse speranze di successo. Publio, vedendo che la madre continuava
Secondo invece quanto narra [[Tito Livio]], i [[tribuno della plebe|tribuni della plebe]] si opposero alla sua nomina, accampando la non raggiunta età legale, a cui Publio rispose:<ref name="Livio25,2.6"/>
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Le [[tribù (storia romana)|tribù romane]] allora accorsero con tale fervore per dargli il voto, che i tribuni rinunciarono alla loro iniziativa.<ref>{{cita|Livio|XXV, 2.7}}.</ref>
Fu così che rivestì prima dell'età legale richiesta, la carica di [[edile (storia romana)|edile curule]]
I ''[[Ludi Romani]]'', organizzati insieme all'altro edile, [[Marco Cornelio Cetego (console 204 a.C.)|Marco Cornelio Cetego]], furono celebrati con grande
==== Il comando in Spagna (210 - 206 a.C.) ====
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===== Nomina a proconsole (211 a.C.) =====
Agli inizi del 211 a.C., giunse a Publio dalla Spagna la triste notizia che il padre [[Publio Cornelio Scipione (console 218 a.C.)|Publio Cornelio Scipione]] e lo zio [[Gneo Cornelio Scipione Calvo]] erano stati sconfitti e uccisi dalle soverchianti forze militari cartaginesi, dopo diversi anni di guerra (dal [[218 a.C.]]).<ref>{{cita|Livio|XXV, 33-36}}.</ref> Quello stesso anno, il possesso della Spagna sarebbe verosimilmente andato perduto senza l'iniziativa di [[Lucio Marcio Settimo]], che riuscì a riorganizzare i reparti sopravvissuti alla disfatta e fermare l'avanzata cartaginese, ottenendo una [[battaglie del Baetis superiore|insperata vittoria]].<ref>{{cita|Livio|XXV, 37-39}}.</ref> Una nuova spedizione romana venne inviata in Spagna sotto il comando di [[Gaio Claudio Nerone]]<ref>{{cita|Livio|XXVI, 17.1}}.</ref> e, verso la fine del [[211 a.C.]] a Roma, il senato e il popolo deliberarono per accrescere le proprie forze militari e per mandare in Spagna un nuovo comandante a sostituire lo stesso Claudio Nerone, tuttavia, vi era perplessità su chi mandare. Il nuovo generale, infatti, destinato a succedere ai due Scipioni, doveva essere scelto con grandissima cura.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 18.1-3}}.</ref>
[[Tito Livio]] racconta che vi era chi faceva il nome di questo, chi di quello. Alla fine si decise di convocare i [[comizi centuriati]] per provvedere all'elezione del [[proconsole]] da inviare in Spagna. I due [[console romano|consoli]] fissarono così il giorno di tale convocazione. Inizialmente attesero qualcuno che fosse stato degno di presentare la propria candidatura, ma nessuno si fece avanti, tanto da generare sconforto e rimpianto dei due generali caduti. Nel giorno stabilito, i comizi si adunarono nel Campo Marzio.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 18.4-6}}.</ref>
{{Citazione|Il popolo aveva gli sguardi rivolti ai magistrati ed osservava i volti dei più importanti cittadini, i quali a loro volta si guardavano l'un l'altro. Il popolo fremeva nel vedere quanto la situazione fosse compromessa e disperava della repubblica, tanto che nessuno si arrischiava a presentarsi per ottenere il comando dell'esercito in Spagna, quando all'improvviso P. Cornelio, figlio di quel Publio che era morto in Spagna, giovane di appena ventiquattro anni, dichiarò di porre la propria candidatura e si collocò subito in posizione elevata per attirare l'attenzione.<br />Dopo che tutti gli sguardi si rivolsero verso di lui, la moltitudine con grida di simpatia e favore gli augurò senza indugio un comando felice e fortunato. Quando poi si iniziò a votare, tutti fino all'ultimo, non solo le centurie ma i singoli cittadini, deliberarono che il [[imperium|comando supremo militare]] in Spagna fosse dato a P. Scipione.|{{cita|Livio|XXVI, 18.6-9}}.}}
Fu così che Publio, all'età di soli 25 anni,<ref name="Scullard278"/> ancora una volta al di sotto dell'età minima legale per poter entrare in carica, partì per l{{'}}''[[Hispania]]'' verso la fine dell'anno come cittadino ''privatus'', ma investito dell
Decise quindi di partire da ''Tarraco'' per visitare le città alleate e i quartieri d'inverno dell'[[esercito romano|esercito]] (''[[hiberna]]''), lodando il valore dei soldati che, malgrado due gravi sconfitte, avevano mantenuto il possesso della provincia, respingendo il nemico cartaginese a sud del fiume Ebro e proteggendo le popolazioni alleate. Accompagnava Scipione quel Marcio che si era distinto con grande onore negli anni precedenti. Sostituì quindi il comando di Nerone con Silano, mentre la nuova armata era condotta nei quartieri d'inverno. Dopo aver ispezionato e organizzato i territori a nord del fiume, si ritirò a Tarragona per elaborare il piano d'attacco dell'anno successivo.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 20.1-4}}.</ref>
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[[File:Iter Scipionis ab Tarraco ad Novam Carthago 209 aC.png|Marcia di Scipione (il futuro africano) da ''[[Tarraco]]'' a ''[[Nova Carthago]]'' in Spagna nel 210/209 a.C.|thumb|destra|upright=1.0]]
Scipione aveva come
Dopo aver trascorso l'intero inverno a preparare la sua prima azione in ''Iberia'' (regione dell'Ebro, in [[Lingua latina|latino]] ''Iber''), studiando mappe e percorsi da seguire, con il proposito di colpire il cuore delle forze nemiche in una delle più audaci azioni della storia militare romana, il comandante romano partì alla volta di [[Cartagena (Spagna)|''Nova Carthago'']], all'insaputa dell'intero esercito ad esclusione del solo e fidato [[Gaio Lelio]]. Questa importante fortezza racchiudeva la maggior parte delle risorse monetarie cartaginesi (vista la sua vicinanza ad alcune miniere di argento<ref name="Scullard280">{{cita|Scullard 1992|vol. I, p. 280}}.</ref>), oltre a materiale bellico in abbondanza e numerosi ostaggi di molte delle popolazioni della Spagna. Il suo porto era, inoltre, uno dei migliori del Mediterraneo occidentale, cosa che avrebbe permesso a Scipione di avere un'ottima base di partenza per la conquista del sud.<ref name="Scullard279"/>
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[[File:Iberia 210-206BC-it.png|miniatura|upright=1.4|Publio Cornelio Scipione [[Conquista romana della Spagna durante la seconda guerra punica|caccia i Cartaginesi dalla Spagna]] (dal 210 al 206 a.C.).]]
La [[Assedio di Cartagena|conquista di Cartagena]] è ricordata anche per la grande umanità con la quale Scipione trattò gli ostaggi. Si racconta infatti che ai 2.000 artigiani presenti in città disse che, per il momento, dovevano considerarsi [[Schiavitù nell'antica Roma|schiavi pubblici
Ricordiamo poi un famoso [[Clemenza di Scipione|episodio]], sempre al termine dell'assedio, raccontato da Polibio: i soldati romani, conoscendo la debolezza del proprio comandante per le donne, gli portarono una fanciulla molto bella nella quale si erano imbattuti durante il saccheggio. Ma Scipione ringraziandoli disse loro che, essendo il loro comandante in capo, non poteva accettare un simile dono e riconsegnò la ragazza a suo padre.<ref>{{cita|Polibio|X, 19.3-7}}.</ref> Poi, saputo che la fanciulla era promessa sposa di un giovane capo dei [[Celtiberi]] di nome Allucio, lo mandò a chiamare facendogli dono della fanciulla e consegnandogli come suo dono nuziale i ricchi donativi che i genitori della ragazza gli avevano fatto in segno di gratitudine. Grazie a questa sua continenza e moderazione, dice Livio, Scipione conquistò il rispetto dei popoli da lui sottomessi.<ref>{{cita|Polibio|X, 16-20}}; {{cita|Liddell Hart 1987|pp. 26-27}}.</ref>
Verso la fine del 209 a.C., dopo aver annunciato al Senato di Roma la vittoria riportata a ''Nova Cartago'' attraverso [[Gaio Lelio]], gli venne prorogato il comando insieme a Silano, non per un solo anno, ma fino a quando non fossero stati richiamati dal senato stesso.<ref name="LivioXXVII7,17">{{cita|Livio|XXVII, 7.17}}.</ref> Scullard aggiunge che Scipione passò il resto dell'anno ad [[Esercito romano della media repubblica|organizzare e addestrare l'esercito sulla base di nuovi criteri militari]], introducendo una [[Tattiche della fanteria romana|prima riforma tattica]] e istruendolo nell'utilizzo
===== Cacciata dei Cartaginesi dalla Spagna (208-206 a.C.) =====
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L'anno successivo, nel [[208 a.C.]], Scipione ottenne una nuova vittoria sconfiggendo [[Asdrubale Barca]] nella [[battaglia di Baecula]]; tuttavia, in questa fase, dal punto di vista strategico, la sua azione fu un fallimento. Asdrubale infatti evitò la disfatta, concentrò un forte corpo di spedizione e si diresse verso l'Italia per accorrere in aiuto del fratello Annibale, senza che Scipione riuscisse a bloccare o intralciare la sua marcia. [[Theodor Mommsen]] ha criticato fortemente il suo comportamento e ritiene che la sua strategia fosse errata non essendo riuscito a impedire la spedizione di Asdrubale che nel [[207 a.C.]] mise in grave difficoltà i romani in Italia.<ref>T. Mommsen, ''Storia di Roma antica'', vol. I, tomo 2, pp. 785-786.</ref> Lo Scullard invece minimizza le responsabilità di Scipione, ritenendo che fosse impossibile bloccare tutti i passi dei Pirenei e che egli avesse come obbiettivo principale la [[Conquista romana della Spagna durante la seconda guerra punica|sottomissione della Spagna]], non quello di abbandonarla agli altri due eserciti cartaginesi presenti nel sud del suo territorio.<ref>{{cita|Scullard 1992|vol. I, pp. 280-281}}.</ref>
In ogni caso, Scipione, dopo Baecula, si comportò ancora una volta con grande generosità verso i prigionieri, rilasciando tra gli altri Massiva, il giovane nipote di [[Massinissa]], [[re
Nello stesso anno, dopo la partenza di Asdrubale Barca per l'Italia, vennero inviati in Spagna dei rinforzi sotto il comando di [[Annone (figlio di Bomilcare)|Annone]], il quale, insieme a [[Magone Barca]], iniziò a reclutare nuove truppe mercenarie in Celtiberia. A metterli in difficoltà fu Marco Silano, il quale riuscì a catturare Annone che però Magone riuscì a mettere in fuga per unirsi ad [[Asdrubale Giscone]] a [[Cadice]]. Era giunto il momento per Scipione di spingersi a sud, nella speranza di portare a termine la conquista della Spagna cartaginese, ma Asdrubale si rifiutava di combattere, dividendo il suo esercito in numerose città. Publio però non cadde nel tranello, sprecando tempo prezioso in una guerra di assedi, nonostante il [[Lucio Cornelio Scipione Asiatico|fratello Lucio]] fosse riuscito a conquistare la ricca e importante città di ''Aurungis'' ([[Jaén]]).<ref name="Scullard281">{{cita|Scullard 1992|vol. I, p. 281}}.</ref>
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Il Senato di Roma, sotto la pressione dei Fabii, voleva prima sconfiggere Annibale in Italia e rifiutava di supportare Scipione che in Sicilia aveva a sua disposizione solo le legioni "cannensi" e poche navi.<ref name="LivioPeriochae23.10-28.10">{{cita|Periochae|23.10-28.10}}.</ref> Le legioni "cannensi" erano i resti delle forze sbaragliate a Canne da Annibale.<ref name="LivioXXIII,25.7">{{cita|Livio|XXIII, 25.7}}.</ref> Però mentre Varrone, il maggiore responsabile della disfatta, tornato a Roma era stato perdonato, i soldati, come punizione erano stati mandati in Sicilia col divieto di tornare a Roma fino a quando Annibale fosse rimasto in Italia.<ref name="LivioPeriochae23.10-28.10"/> Nonostante delegazioni di supplici avessero fatto notare al Senato la differenza di trattamento, la punizione era rimasta applicata e circa 15.000 uomini sognavano Scipione, la vendetta ed il riscatto sociale. Questo desiderio, alla fine, fu uno dei fattori determinanti della vittoria.
Preso atto dell'atteggiamento del Senato, Scipione si rivolse agli alleati italici per avere uomini, armi, navi e vettovaglie. La risposta, leggiamo in Tito Livio<ref>{{cita|Livio|XXVII, 45.5}}.</ref>, fu entusiastica. Le città dell'Etruria e del Lazio fornirono ciurme per le navi, tela per le vele, grano e farro e vivande di tutti i tipi, punte di frecce, scudi, spade, lance e uomini. In meno di due mesi Scipione aggiunse alle sue legioni "cannensi" circa 7.000 volontari italici e cominciò a preparare seriamente lo sbarco in Africa.
Convinto da alcuni abitanti di Locri a riconquistare la città, Scipione accettò e dopo la sua vittoria lasciò un luogotenente, Quinto Pleminio, a governare la città. Le malversazioni di Pleminio verso la popolazione vennero portate davanti a Scipione che però non credette ai locresi. Costoro allora si appellarono al Senato che inviò una commissione. Per fortuna di Scipione la commissione di inchiesta prima, a Locri, appurò che il console non aveva avuto parte nel comportamento di Pleminio e poi, a Siracusa, vide che l'esercito approntato da Scipione era perfettamente addestrato e rifornito. La commissione tornò a Roma lodando Scipione e le sue capacità di organizzazione e di comando.<ref>{{cita|Piganiol 1989|pp. 237-238}}.</ref>
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[[File:Campagna africana di Scipione 204-203 aC.png|thumb|left|La campagna di Publio Cornelio Scipione in Africa nel 204-203 a.C.|300x300px]]
Nel [[204 a.C.]] Publio Cornelio fu nominato [[proconsole]] e poté continuare con il suo progetto di portare la guerra in Africa. Partito da ''[[Lilibeo]]'' (oggi [[Marsala]]), sbarcò nei pressi di [[Utica (Tunisia)|''Utica'']] scompaginando i piani dei Cartaginesi, comunque superiori in forze (60.000 uomini contro i 35.000 di Publio), che lo attendevano a [[Empúries|''Emporia'']], in Spagna. Viene raggiunto da [[Massinissa]], con cui aveva accortamente negoziato, e dalla sua cavalleria. Legato alla causa cartaginese invece, era l'altro principe numida [[Siface]], che aveva sposato la bella figlia di [[Asdrubale Giscone]], [[Sofonisba]]. Dopo un vittorioso scontro con un contingente di cavalleria, Scipione poté dedicarsi al saccheggio del territorio e inviare a Roma ricchezze e schiavi, rinforzando la sua posizione politica e operativa. Cercò inoltre di conquistare Utica ma non vi riuscì e decise di accamparsi per l'inverno, facendo erigere "Castra Cornelia", l'accampamento fortificato dove passò l'inverno con il suo esercito.
Durante l'inverno, Scipione, considerata l'enorme superiorità numerica degli avversari, elaborò un piano per indebolire il nemico. Siface e Asdrubale si erano accampati su due alture adiacenti. Informato che i quartieri d'inverno dei nemici erano costituiti da ripari in legno e giunco addossati gli uni con gli altri, Scipione pensò di incendiare il campo nemico e approfittare della confusione che ne sarebbe seguita per sferrare un attacco a sorpresa. Con la scusa di cercare un accordo per evitare una guerra, mandò una serie di ambascerie, facendo mescolare tra gli ambasciatori esploratori e centurioni che approfittarono dei colloqui per raccogliere dettagliate informazioni topografiche utili per l'attacco. Poi, in primavera, sentendosi pronto, interruppe i negoziati e fece salpare le sue navi in direzione di Utica, come se avesse intenzione di assalire la città dal mare. Ma nottetempo si portò presso i quartieri d'inverno di Siface e, dopo aver bloccato ogni via di fuga, appiccò l'incendio che, come previsto, si estese in breve tempo all'intero accampamento. Non appena i cartaginesi dell'accampamento di Asdrubale, credendo accidentale l'incendio, si precipitarono fuori in aiuto, vennero annientati. Secondo Livio, furono uccisi o morirono tra le fiamme circa quarantamila uomini e quasi cinquemila furono fatti prigionieri. Scipione aveva sbaragliato in un colpo solo, quasi senza perdite, forze numericamente superiori. Polibio, che probabilmente ottenne le informazioni da Lelio, che partecipò all'attacco, giudicò, fra tutte le numerose e notevoli imprese di Scipione, come "il più straordinario dei fatti d'arme da lui ideato ed eseguito".<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|pp. 91-95}}.</ref> Sia Asdrubale che Siface riuscirono a mettersi in salvo, il primo si ritirò a Cartagine mentre l'altro tornò in Numidia. Grazie a nuovi arruolati e all'arrivo di 4.000 mercenari dalla Spagna, nel giro di un mese, Asdrubale e Siface ripresero le ostilità, ma vennero sconfitti ai Campi Magni (presso [[Souk El Khemis|Souk El Kremis]]), sul corso superiore del [[Bagrada]], a centoventi chilometri a ovest di Utica. Solo grazie all'eroica resistenza dei Celtiberi i due riuscirono a mettersi in salvo. Asdrubale ritornò nuovamente a Cartagine, mentre Siface si ritirò nella propria capitale, ''Cirta'': l'odierna [[Costantina (Algeria)|Costantina]].<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|pp. 96-98}}.</ref>
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[[File:Mommsen p265.jpg|upright=0.8|thumb|[[Annibale]]; [[Theodor Mommsen]] lo definì "il più grande generale dell'antichità".<ref>T. Mommsen, ''Storia di Roma antica'', vol. II, tomo 2, p. 661.</ref>]]
Scipione approfittò della vittoria per occupare varie città di importanza strategica, tra cui [[Tunisi]], a soli ventiquattro chilometri da Cartagine, da dove poté controllare le comunicazioni via terra del nemico. Nel frattempo, inviò Lelio e Massinissa all'inseguimento di Siface, il quale raccolte nuove forze marciò contro di loro, venendo sconfitto presso ''Cirta'' e, infine, fatto prigioniero; la moglie, Sofonisba, si avvelenò. Scipione conferì il titolo di re
In Africa la tregua durò poco. Una tempesta sospinse sulla costa di Cartagine duecento navi onerarie romane, salpate dalla Sicilia con rinforzi e rifornimenti per Scipione, e i Cartaginesi si impossessarono delle navi e del loro carico. Scipione mandò ambasciatori a protestare per l'accaduto ma i cartaginesi
[[File:Campagna africana di Scipione 202 aC.png|thumb|Atto finale della campagna africana di Scipione Africano, culminata nella [[Battaglia di Zama]] (202 a.C.)|alt=|sinistra|300x300px]]
La devastazione della valle del Bagrada – importante fonte di rifornimento per Cartagine – da parte di Scipione, costrinse Annibale ad andargli incontro e ad allontanarsi quindi dalla sua base militare, Cartagine. A [[Zama (Cartagine)|Zama]], Annibale inviò degli esploratori per scoprire le misure difensive dell'accampamento romano,<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|p. 117}}.</ref> ma tre spie vengono catturate. Portate davanti a Scipione, egli non solo non li punisce ma al contrario li affida a un tribuno militare, con l'ordine di mostrare loro apertamente tutto ciò che c'era nel campo. Ciò fatto, li interroga per sapere se la persona da lui incaricata aveva fatto loro vedere tutto accuratamente e, a loro risposta affermativa, li congeda invitandoli a riferire esattamente ad Annibale quello che era loro capitato.<ref>[[Polibio]], ''Storie'', Milano, Rizzoli, 1961, XV, 5</ref>
Questo insolito comportamento di Scipione era calcolato: serviva per dimostrare ad Annibale e ai cartaginesi la completa fiducia dei Romani nei propri mezzi e ad insinuare dubbi fra le loro file. Rientrati gli esploratori e riferito quanto accaduto, Annibale chiese un incontro con Scipione per discutere con lui l'intera situazione. Scipione accettò e scelse come luogo dell'incontro una pianura non lontana dalla città di ''Naraggara''. In tal modo si assicurò la battaglia su un terreno pianeggiante, l'ideale per sfruttare al massimo il vantaggio che gli derivava dalla superiorità della sua cavalleria.<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|p. 118}}.</ref>
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[[File:Battle of Zama.gif|thumb|destra|Il capolavoro tattico di Scipione contro Annibale nella [[battaglia di Zama]].|301x301px]]
Il giorno dell'incontro, Annibale fece al comandante romano una proposta di pace: Sicilia, Sardegna e Spagna sarebbero passate definitivamente ai Romani mentre le ambizioni di Cartagine si sarebbero limitate alla sola Africa. Ma Scipione non accettò queste proposte facendo notare ad Annibale come egli offrisse territori già da lungo tempo in mano ai romani. Terminato senza esito l'incontro,<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|pp. 118-120}}.</ref> l'indomani i due comandanti si diedero battaglia. L'esercito di Scipione doveva contare circa 36.000 uomini, mentre quello di Annibale superava i 50.000. Inoltre, Annibale disponeva di ottanta elefanti, più che in ogni altra battaglia da lui combattuta prima d'ora. Allo scopo di terrorizzare i Romani, il condottiero cartaginese schierò i pachidermi dinanzi alle proprie linee e quando la battaglia cominciò scagliò gli elefanti contro lo schieramento romano. Tuttavia, Scipione ordinò all'intera linea di suonare le trombe e i corni. Dallo schieramento romano si levò così un frastuono tremendo che terrorizzò i pachidermi a tal punto che molti di essi si voltarono e caricarono le loro stesse truppe, scatenando disordine e confusione tra i Cartaginesi, di cui i Romani approfittarono prontamente.<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|p. 124}}.</ref> Scipione, artista nei “boomerang”,<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|p. 125}}.</ref> ha ancora una volta ritorto la migliore arma dei nemici contro loro stessi. Polibio racconta che la battaglia rimase indecisa per parecchio tempo e che a deciderne le sorti furono le cavallerie di Lelio e Massinissa, che caricarono i cartaginesi alle spalle, vincendo la resistenza degli uomini di Annibale che restarono ai propri posti fino alla fine. Polibio e Livio riferiscono che da parte dei Cartaginesi ci furono ventimila uomini uccisi e quasi altrettanti catturati, mentre tra i Romani caddero circa millecinquecento uomini. Annibale riuscì a scampare alla mischia rifugiandosi con pochi uomini ad
Basil H. Liddell Hart, a proposito della battaglia di Zama, scrive: “Se si esaminano gli annali della storia, non è dato trovare un'altra battaglia in cui due grandi comandanti militari sapessero sempre dare il meglio di sé. [[Battaglia di Gaugamela|Arbela]], [[Battaglia di Canne|Canne]], [[Battaglia di Farsalo|Farsalo]], [[Battaglia di Breitenfeld (1631)|Breitenfeld]], [[Battaglia di Blenheim|Blenheim]], [[Battaglia di Leuthen|Leuthen]], [[Battaglia di Austerlitz|Austerlitz]], [[Battaglia di Jena|Jena]], [[Battaglia di Waterloo|Waterloo]], [[Battaglia di Sedan|Sedan]]: tutte furono segnate da inettitudine o approssimazione da una parte o dall'altra.”<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|p. 131}}.</ref>
Secondo alcune ricostruzioni la [[battaglia di Zama]] ricalca, con risultato invertito, la battaglia di Canne, segno che lo studio della tattica di Annibale, fatto da Scipione dopo quella sconfitta, era stato sommamente utile al condottiero romano.
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{{doppia immagine|sinistra|Schlacht bei Zama Gemälde H P Motte.jpg|300|Piatto con elefanti in assetto da guerra (Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, Roma).jpg|250|La carica dei "[[carro armato|carri armati]]" dell'antichità: gli elefanti schierati nelle prime linee delle forze [[cartaginesi]]|Particolare del piatto risalente al III secolo a.C. rinvenuto nella Tomba 233 (IV) della necropoli delle Macchie. Il piatto è stato probabilmente creato in occasione del trionfo di Curio Dentato su Pirro, re dell'Epiro, nel 275 a.C. e raffigura un elefante da guerra seguito da un elefantino.}}
Scipione sfruttò immediatamente gli effetti psicologici della vittoria ordinando a
Si racconta che, nonostante la moderazione delle condizioni di pace proposte da Scipione, quando il senato cartaginese si riunì per discuterle, uno dei senatori contrario all'accettazione di quei termini si alzò per parlare. Fece però appena in tempo ad iniziare il suo discorso che Annibale, favorevole invece alle condizioni proposte da Scipione, lo strappò di peso dalla tribuna.<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|p. 136}}.</ref> Alla fine il senato cartaginese accettò le condizioni di pace. Una volta ratificata la pace anche dal Senato Romano, Scipione fece immediatamente incendiare l'intera flotta da guerra cartaginese, cinquecento navi.<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|p. 138}}.</ref> Era la fine per Cartagine del suo ruolo di grande potenza mediterranea.
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[[Antioco III]] di Siria intanto, dopo aver vinto l'intera Asia Minore ed essersi spinto fino in Tracia, ora guardava alla Grecia dove era chiamato dagli Etoli, nemici dei romani. Annibale gli aveva proposto una spedizione contro l'Italia, unica soluzione a parere del cartaginese per sconfiggere Roma. Secondo il piano di Annibale, egli con truppe fornite da Antioco sarebbe sbarcato in Africa per sollevare i cartaginesi. Nel contempo Antioco si sarebbe dovuto spostare in Grecia pronto a balzare in Italia al momento più opportuno. Antioco occupa Efeso ma perde tempo impelagandosi in una campagna locale contro i Pisidi. Roma, esausta da anni di lotta, tenta di risolvere la questione diplomaticamente inviando a Efeso un'ambasceria, della quale fa parte anche Scipione Africano. Ad Efeso gli ambasciatori romani hanno colloqui con Annibale, presente casualmente in città.
È rimasto famoso il colloquio che Scipione ebbe con Annibale, riportatoci da Acilio. Scipione chiede ad Annibale quale secondo lui fosse il più grande condottiero. E il Cartaginese risponde Alessandro Magno. Scipione allora gli chiede chi ponesse al secondo posto, e Annibale risponde Pirro. Ed insistendo Scipione su chi ritenesse terzo, Annibale risponde lui stesso. A quel punto Scipione gli chiede cosa avrebbe mai risposto se a Zama avesse vinto lui. Annibale rispose che in quel caso avrebbe posto sé stesso prima di Alessandro, prima di Pirro, prima di qualunque altro.<ref name="AppianoGSiriaca10">{{cita|Appiano|''Guerra siriaca'', 10}}.</ref><ref>{{cita|Liddell Hart 1987|pp.
Non avendo ottenuto alcun risultato concreto da Antioco sul piano diplomatico, Roma si prepara alla guerra. Vengono eletti consoli per l'[[191 a.C.|anno successivo]] [[Publio Cornelio Scipione Nasica|Publio Scipione]], omonimo e cugino di Scipione, e [[Manio Acilio Glabrione (console 191 a.C.)|Manio Acilio]]. Vengono inviati a Cartagine e in Numidia commissari ad acquistare grano necessario per i rifornimenti delle truppe che dovevano partire per la Grecia. In quest'occasione i Cartaginesi non solo offrono il grano in dono ma si offrono anche di preparare a proprie spese una flotta e di pagare in blocco parecchie rate annuali del tributo dovuto a Roma in base al trattato di pace. Il generoso spirito dei Cartaginesi a tener fede alle clausole del trattato di pace è la prova della saggezza della politica di Scipione dopo Zama. Antioco avrebbe potuto conquistare l'intera Grecia prima che i romani fossero in grado di intervenire. Ma non sa approfittare del vantaggio temporale sui romani e anzi abbandona anche il piano di Annibale sulla spedizione in Africa perché temeva che se Annibale avesse ricevuto un ruolo operativo l'opinione pubblica lo avrebbe considerato come il vero comandante. Così mentre Antioco perde tempo in inutili attacchi contro città della Tessaglia e in piaceri a Calcide, l'esercito romano guidato dal console Acilio ha tutto il tempo di completare i preparativi e di sbarcare in Grecia. Sconfitto alle Termopili, Antioco riattraversa l'Egeo.<ref>{{cita|Liddell Hart 1987|pp. 151-152}}.</ref> Con un colpo solo i romani avevano scacciato dalla Grecia il loro temuto avversario.
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=== Declino politico e morte (188 - 183 a.C.) ===
{{vedi anche|Processi degli Scipioni}}
[[File:Escipión africano.JPG|thumb|upright=0.7|Busto presunto di [[Scipione l'Africano]] ([[Museo Archeologico Nazionale di Napoli]]), rinvenuto nella [[Villa dei Papiri]] di [[Antica Ercolano|Ercolano]]. Probabile ritratto di un [[sacerdote]] [[Iside|isiaco]]<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/scipione-l-africano_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/ {{Maiuscoletto|Scipione l'Africano}}] da ''Enciclopedia dell'Arte Antica'' (1966), [[Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani]]</ref>]]
La vittoria porta a Roma un immenso bottino e il dominio dell'Egeo. Publio Cornelio non ne trasse vantaggi. Tuttavia al rientro a Roma dei due fratelli viene scatenata contro di loro una campagna denigratoria con accuse di corruzione, soprattutto verso il fratello [[Lucio Cornelio Scipione Asiatico|Lucio]], da parte dei loro avversari politici, delusi dalla mitezza delle condizioni di pace di Magnesia e fortemente allarmati dalla loro potenza, ricchezza e influenza sulla popolazione. I due Scipioni vengono accusati di essersi appropriati di somme enormi ricevute da [[Antioco III]] senza fornire rendiconti all'[[Erario]] della Repubblica.▼
▲La vittoria
Dopo aver platealmente stracciato i rendiconti asserendo che la sua parola aveva lo stesso valore, nel 187 a.C. Publio Cornelio si ritirò nella sua villa a [[Liternum]] in [[Campania antica|Campania]], ove - di salute cagionevole - morì nel 183 a.C., a 53 anni. La tradizione fa avvenire la sua morte nello stesso periodo in cui a [[Libyssa]], sulle spiagge orientali del [[Mar di Marmara]] moriva, suicida, il suo grande nemico [[Annibale]]. Secondo un'altra tradizione, avrebbe dettato il suo epitaffio: ''[[Ingrata patria, ne ossa quidem mea habes]]'', amareggiato dal trattamento riservatogli da Roma nei suoi ultimi anni. La tomba di Scipione non è stata rintracciata con certezza,<ref>{{cita libro|autore=Giuseppe Camodeca|titolo=Liternum, in Supplementa Italica 25, 2010, pp. 11-70|url=https://www.academia.edu/4523462/Liternum_in_Supplementa_Italica_25_2010_pp._11-70|città=Roma|p=27}}</ref> tanto che già gli antichi erano in dubbio se fosse stato sepolto a Liternum o nella [[Tomba degli Scipioni|tomba di famiglia]] a Roma, poiché in entrambe si trovava un suo monumento funebre con statua.<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'' 38, 56.</ref> Nel I secolo d.C. [[Seneca]] durante il suo soggiorno a Liternum descrisse la villa e la tomba di Scipione l'Africano.<ref>Seneca, ''[[Epistulae morales ad Lucilium]]'' 86.</ref> Nel 1936 fu realizzata un'[[altare|ara]] votiva a lui dedicata e collocata nel foro dell'antica Liternum.<ref>{{cita libro|cognome=Chianese|nome=Domenico|titolo=Liternum|anno=1978|editore=Athena Mediterranea|città=Napoli|p=15}}</ref>
Nel celeberrimo ''Il Principe'' [[Niccolò Machiavelli]] menziona Scipione l'Africano nel capitolo XVII ''Della crudeltà e della pietà. e se sia meglio essere più amati che temuti o piuttosto temuti che amati'' descrivendo il condottiero romano come una figura fin troppo indulgente che aveva concesso ai suoi soldati ''più licenzia di quanto non fosse convenuto alla disciplina militare''. Questa troppa pietà per Machiavelli fu la causa della ribellione delle sue legioni in Spagna e della mancata punizione di un luogotenente che aveva, senza il suo permesso, depredato i locresi. Machiavelli inoltre aggiunge che la pietà se usata a dismisura è una qualità dannosa ma nel caso di Scipione fu un motivo di prestigio e gloria solo perché quest'ultimo viveva sotto la protezione del senato.▼
== Scipione nella cultura di massa ==
{{Vedi anche|Publio Cornelio Scipione nell'eredità storica culturale}}
▲
== Note ==
{{Note strette}}
==
;Fonti antiche
{{div col}}
* {{cita libro |autore=[[Appiano di Alessandria]]|titolo=[[Storia romana (Appiano)|Historia Romana (Ῥωμαϊκά)]]|volume=VII e VIII|cid=Appiano|lingua=grc}} ([http://www.livius.org/ap-ark/appian/appian_0.html traduzione inglese] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20151120053128/http://www.livius.org/ap-ark/appian/appian_0.html |data=20 novembre 2015 }}).
* {{Cita libro|autore=[[Cornelio Nepote]]|titolo=[[De viris illustribus (Nepote)|De viris illustribus]]|cid=Cornelio Nepote|lingua=latino}} ([[Wikisource:la:De viris illustribus (Cornelius Nepos)|testo latino]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}).
* {{Cita libro|autore=[[Eutropio]]|titolo=[[Breviarium ab Urbe condita]]|volume=vol. III|cid=Eutropio|lingua=latino}} ([[Wikisource:la:Breviarium historiae romanae|testo latino]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} e [[Wikisource:en:Abridgement of Roman History|traduzione inglese]] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}}).
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* Briscoe, John, ''Livy and Polybius''. In Wolfgang Schuller (Hrsg.), ''Livius - Aspekte seines Werkes'', Konstanz, 1993.
* {{Cita libro|autore=Giovanni Brizzi|wkautore=Giovanni Brizzi|titolo=Storia di Roma. 1. Dalle origini ad Azio|anno=1997|editore=Patron|città=Bologna|ISBN=978-88-555-2419-3|cid=Brizzi 1997}}
* {{Cita libro|autore=Giovanni Brizzi|wkautore=Giovanni Brizzi|titolo=Scipione e Annibale, la guerra per salvare Roma|url=https://archive.org/details/scipioneeannibal0000briz|anno=2007|editore=Laterza|città=Bari-Roma|ISBN=978-88-420-8332-0|cid=Brizzi 2007}}
* Burck, Erich, ''Das Geschichtswerk des T. Livius'', Heidelberg, 1992.
* Burck, Erich, ''Einführung in die dritte Dekade des Livius'', Heidelberg, 1962.
* {{cita libro|autore=Guido Clemente|titolo=La guerra annibalica|
* Flach, Dieter, ''Einführung in die römische Geschichtsschreibung'', Darmstadt, 1992.
* {{cita libro|autore=[[Basil Liddell Hart]]|titolo=Scipione l'Africano, il vincitore di Annibale|editore=Mondadori|collana=BUR|anno=1987|cid=Liddell Hart 1987}}
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* {{cita libro|autore=[[Santiago Posteguillo]]|titolo=L'Africano|editore=[[Edizioni Piemme|Piemme]]|città=Casale Monferrato|anno=2014|isbn=978-88-566-3295-8}}
* {{cita libro|autore=Santiago Posteguillo|titolo=Invicta Legio|editore=[[Edizioni Piemme|Piemme]]|città=Casale Monferrato|anno=2015|isbn=978-88-566-4955-0}}
* {{cita libro|autore=Santiago Posteguillo|titolo=Il tradimento di Roma|editore=[[Edizioni Piemme|Piemme]]|città=Casale Monferrato|anno=2018|isbn=978-88-566-
* {{cita libro|autore=Santiago Posteguillo|titolo=La fine di Scipione|editore=[[Edizioni Piemme|Piemme]]|città=Casale Monferrato|anno=2018|isbn=978-88-566-6481-2}}
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== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
{{Box successione
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|precedente = [[206 a.C.]]<br />[[Quinto Cecilio Metello]],<br />[[Lucio Veturio Filone (console 206 a.C.)|Lucio Veturio Filone]]
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[[Categoria:Publio Cornelio Scipione| ]]
[[Categoria:Condottieri romani antichi]]
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[[Categoria:Personaggi citati nella Divina Commedia (Inferno)]]
[[Categoria:
[[Categoria:Persone della seconda guerra punica|Scipione, Cornelio, Publio]] |