Proairesi: differenze tra le versioni
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La '''proairesi''' è un concetto filosofico che ha un rilievo centrale nella [[filosofia]] di [[Aristotele]] e in quella di [[Epitteto]].
==Storia==
Il sostantivo greco
Il termine non compare negli scritti di [[Lisia]] (450-380 a.C.) né in quelli di [[Andocide]] (440-390 a.C.), ed è usato soltanto quattro volte da [[Isocrate]] (436-338 a.C.). [[Senofonte]] (430-354 a.C.) non lo utilizza mai; [[Platone]] (429-348 a.C.) lo impiega una volta soltanto, mentre esso non compare in nessun testo di [[Iseo]] (415-344 a.C.). [[Licurgo]] (396-325 a.C.) lo usa due volte; [[Iperide]] (390-322 a.C.) ed [[Eschine]] (390-315 a.C.) entrambi tre volte; [[Demostene]] (385-322 a.C.) alcune decine di volte, ma di nuovo non compare in alcun testo di [[Dinarco]] (361-291 a.C.).
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Aristotele è il primo filosofo ad avere introdotto la proairesi nel linguaggio filosofico. Il termine e i suoi derivati compaiono almeno 105 volte nell<nowiki>'</nowiki>''[[Etica Nicomachea]]'', 94 volte nell<nowiki>'</nowiki>''[[Etica Eudemia]]'' e 50 volte nei ''Magna Moralia''.
L'uso aristotelico è di difficile comprensione e ha sempre lasciato intorno a sé molta incertezza, poiché si presenta con una molteplicità di determinazioni polivalenti e in parte contraddittorie. Lo Stagirita
*il "volontario preceduto da una deliberazione" (''probebouleuménon''), oppure
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Ma parrebbe potersi intendere la ''prohaíresis'' aristotelica anche come "processo che porta al raggiungimento di un fine" oppure come "il piano iniziale del processo che porta al raggiungimento di un fine".
==Epitteto e la ''proairesi''==
La proairesi è definita da Epitteto:
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# insubordinabile<ref>''Diatribe'' II,10,1; I,17,21; IV,1,161</ref>
# capace di usare le rappresentazioni e di comprenderne l'uso<ref>''Diatribe'' II,8,4-8</ref>
# facoltà alla quale tutte le altre facoltà umane sono subordinate<ref>''Diatribe'' II,23,6-15; II,23,20-29</ref>
===Manifestazione===
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La controdiairesi è il supergiudizio opposto, il quale invece decreta ''proairetico'' ciò che è ''aproairetico'', e dunque essere in nostro esclusivo potere ciò che non è in nostro esclusivo potere; oppure essere ''aproairetico'' ciò che invece è ''proairetico'', dunque non essere in nostro esclusivo potere ciò che invece è in nostro esclusivo potere.
Ne consegue che per Epitteto la proairesi umana può atteggiarsi in due modi diversi: diaireticamente oppure controdiaireticamente. E siccome l'uomo è la sua proairesi ecco che, a differenza di Aristotele, per Epitteto comunque l'uomo agisca egli non può mai agire in contrasto con la propria proairesi (''parà
Per riassumere, la comprensione che la proairesi ha del proprio uso delle rappresentazioni le lascia aperti due possibili atteggiamenti:
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*C. Cassanmagnago, ''Il problema della ''prohairesis'' in Epitteto'', in ''Rivista di Filosofia Neoscolastica'' LXIX (1977), pp. 232–246
*R. Dobbin, Prohairesis ''in Epictetus'', in ''Ancient Philosophy'' XI (1991), pp. 111–135
*R. Sorabji, ''Epictetus on ''Proairesis'' and Self'', in Theodore Scaltsas, Andrew S. Mason (eds.), ''The philosophy of Epictetus''
{{Stoicismo}}
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