Primo Cristo della Minerva: differenze tra le versioni

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[[File:Michelangelo-Genius of Victory-Palazzo vecchio3.jpg|thumb|La "vena nera"]]
La presunta '''''prima versione del [[Cristo della Minerva]]''''' {{cn|ormai(nota conosciuta nel mondoanche come ''Cristo Portacroce dei Giustiniani}}''), è una statua [[marmo]]rea attribuita a [[Michelangelo Buonarroti]], realizzata nel [[1514]]-[[1516]] circa e oggi nella chiesa del [[Monastero di San Vincenzo (Bassano Romano)|monastero di San Vincenzo]] a [[Bassano Romano]].
 
== Storia e descrizione ==
Bernando Cencio, canonico didella [[Basilica di San Pietro in Vaticano]], Mario Scappucci, Pietro Paolo Castellano e Metello Vari commissionarono a [[Roma]] nel [[1514]] un ''Cristo risorto'', da collocare nella [[basilica di Santa Maria sopra Minerva]]. L'artista lavorò alla statua con solerzia, ma unaa sgradevolerealizzazione quasi ultimata una venatura nera comparve proprio sul viso del Cristo, invalidando l'intera opera. L'artista, nel frattempo rientrato a Firenze, realizzò una [[Cristo della Minerva|seconda versione]] alla scadenza dei quattro anni previsti dal contratto, nel [[1518]], e la inviò a Roma nel marzo del [[1520]], ancora incompleta. A rimaneggiare l'opera ''in loco'' fu l'allievo Pietro Urbano; Michelangelo, sollecitato da [[Sebastiano del Piombo]], non ritenne il lavoro di Urbano all'altezza, e tentò di sostituirlo in corso d'opera con il più capace [[Federico Frizzi]]; nuovamente insoddisfatto del lavoro finito, si offrì di scolpire una terza versione. Il Vari non volle aspettare oltre e accettò la seconda versione, chiedendo a compensazione il dono della prima versione non finita. Vari accolse l'opera con grandi onori e la sistemò nel suo giardino, dove nel [[1556]] fu vista da [[Ulisse Aldovrandi]]; in seguito se ne persero le tracce.
 
Nel tempo si fecero vari tentativi di ritrovare l'opera, tutti senza successo. Alessandro Parronchi (1973) sostenne ad esempio che l'opera potesse essere il ''San Sebastiano'' nella cappella Aldobrandini in Santa Maria Sopra Minerva, rielaborato da Nicholas Cordier; lo storico fornì anche un disegno ricostruttivo in cui il Cristo ha la mano destra alzata. Nel [[2001]] venne scoperto nel [[Monastero di San Vincenzo (Bassano Romano)|Monastero di San Vincenzo]], a [[Bassano Romano]], un ''Cristo portacroce'' ritenuto opera seicentesca derivata da Michelangelo. Durante un restauro venne alla luce una venatura nera sul volto, che suggerirebbe l'identificazione della scultura con l'originale michelangiolesco.
L'artista, che nel frattempo era rientrato a Firenze, mise mano a una [[Cristo della Minerva|seconda versione]] alla scadenza dei quattro anni previsti dal contratto, nel [[1518]], completandola e inviandola a Roma nel marzo del [[1520]]. Accompagnò il lavoro l'allievo Pietro Urbano, che una volta sul posto portò a compimento l'opera in maniera così maldestra da allertare il maestro (sollecitato da [[Sebastiano del Piombo]]), il quale nonostante la sostituzione di Pietro con il più capace [[Federico Frizzi]] non fu soddisfatto del lavoro finito e si offrì di scolpire una terza versione. Ma il Vari non volle aspettare ulteriormente rischiando di non ottenere niente, accontendandosi dell'opera finita e chiedendo solo, come compensazione, il dono della prima versione non finita.
 
Secondo la documentazione ufficiale, la statua di Bassano Romano era stata acquistata nel [[1607]] dal marchese [[Vincenzo Giustiniani (marchese)|Vincenzo Giustiniani]], mecenate e intenditore d’arte, che la ottenne a un modico prezzo. A causa dei rigidi dettami artistici della [[Controriforma]], il marchese fece apportare alcune modifiche per coprire la nudità del Cristo e colmare alcune lacune; secondo alcune teorie, nelle modifiche fu coinvolto [[Gian Lorenzo Bernini]]. Nel [[1644]] il principe Andrea Giustiniani, successore del marchese, fece trasferire il Cristo Portacroce nella chiesa-mausoleo di famiglia, a Bassano Romano, dov’è visibile ancora oggi. In seguito alla sua riscoperta, la statua è stata esposta in diverse mostre, sia in Italia che all'estero, le più importanti a [[Berlino]], [[Londra]], in [[Messico]] o ai [[Musei Capitolini]] di Roma.
L'opera, accolta "come suo grandissimo onore, come fosse d'oro", venne sistemata nel suo giardino dove nel [[1556]] lo vide [[Ulisse Aldovrandi]], ma poi se ne persero completamente le tracce.
 
== Descrizione ==
Nel tempo si fecero vari tentativi di ritrovare l'opera, tutti senza successo. Parronchi (1973) sostenne ad esempio che l'opera potrebbe in realtà essere il ''San Sebastiano'' rielaborato da [[Nicholas Cordier]] nella cappella Aldobrandini in Santa Maria Sopra Minerva, fornendo un disegno ricostruttivo in cui il Cristo ha la mano destra alzata.
La scultura ritrae [[Gesù]] trionfante dopo la sua [[resurrezione]], assieme agli strumenti della sua [[Passione di Gesù|Passione]]. Il Cristo, totalmente nudo, si abbandona con tutto il suo peso addosso alla croce, cingendola col braccio destro; essa ha dimensioni ridotte, poiché ha una funzione puramente simbolica. Tra le dita della mano destra stringe la [[corona di spine]], i chiodi e la spugna, mentre con la sinistra regge un lembo della [[sindone]], drappeggiata alle sue spalle, su uno spuntone di roccia che potrebbe richiamare il [[Santo Sepolcro]].
 
Rispetto alla seconda versione, nella quale Cristo è impegnato in un'ardita torsione, qui assume una postura più morbida, che riprende canoni classici. Sebbene si possa apprezzare l'impostazione anatomica, più difficile è valutare il modellato e i dettagli, poiché verosimilmente la statua fu lasciata a uno stadio non-finito da Michelangelo, per essere completata solo in seguito da altri artisti.
Solo nel [[2001]] è stato riscoperto nel [[Monastero di San Vincenzo (Bassano Romano)|Monastero di San Vincenzo]] a [[Bassano Romano]] un ''Cristo portacroce'' ritenuto opera seicentesca derivata da Michelangelo. Dopo una pulitura però che ha riscoperto la famosa venatura nera sul volto si è giunti alla conclusione che si trattasse della perduta scultura michelangiolesca. L'opera di Bassano venne acquistata sul mercato d'arte da Metello Vari che, in cambio, gli donò un cavallo. Da allora il Cristo Portacroce restò a Roma, incompiuto, nel palazzo di Metello Vari. Proprio a due passi dalla Chiesa sopra Minerva dove, vent’anni più tardi, lo stesso Michelangelo avrebbe scolpito una seconda versione del Cristo Portacroce, visibile ancora oggi.
 
La statua, però, era solo all’inizio della sua avventura. Nel 1607 venne venduta sul mercato antiquario e attirò l’attenzione del Marchese [[Vincenzo Giustiniani (marchese)|Vincenzo Giustiniani]], mecenate e intenditore d’arte, che la volle per arricchire la sua già cospicua galleria di statue antiche. Il Marchese se l’assicurò alla modica cifra di trecento scudi, praticamente poco più del costo del marmo grezzo. Ma quelli erano gli anni della Controriforma e così un Cristo nudo era ritenuto osceno a tal punto che il Marchese decise di farla coprire con un perizoma e ultimare nelle parti mancanti. Giustiniani fece apportare qualche modifica alla parte frontale del corpo e alle labbra che, secondo il suo gusto, dovevano essere semichiuse e non serrate come le aveva precedentemente scolpite Michelangelo.
 
d E
 
Ed è a questo punto che entra in gioco il secondo colpo di scena nella storia del Cristo Portacroce di Bassano. Per secoli, infatti, si è ritenuto che l’opera fosse stata completata da un anonimo scultore del Seicento. Fino ai giorni nostri. Fino a quando il ricercatore d’arte tedesco, professor Frommel, ipotizzò che il Marchese Giustiniani avesse affidato la rifinitura della bozza michelangiolesca a Gian Lorenzo Bernini, allora stella nascente della scultura. Per la prima volta nella storia dell’arte, dunque, la stessa opera porterebbe la firma di due geni assoluti di tutti i tempi: Michelangelo e Bernini. «Non ci sono documenti ufficiali - precisa il professor Frommel - ma c’è l’evidenza stilistica. La superficie della statua non può essere di Michelangelo e ci sono tante somiglianze tra quest’questa e quelle giovanili del Bernini. Tutta la storia resta, comunque, avvolta da un alone di mistero».
 
Nel 1644, dopo il completamento dell’opera, il principe Andrea Giustiniani, successore del Marchese Vincenzo, trasferì il Cristo Portacroce nella chiesa-mausoleo di famiglia, a Bassano Romano, dov’è visibile ancora oggi.
 
Sebbene si possa apprezzare l'impostazione anatomica e la morbida torsione che crea una figura estremamente originale, più difficile è valutare il modellato e i dettagli, poiché è probabile che la statua fosse stata lasciata a uno stadio non-finito da Michelangelo e completata solo in seguito, da un altro artista, magari molti anni dopo. Intanto la statua è stata esposta in diverse mostre, sia in Italia che all'estero, le più importanti a Berlino, a Londra, in Messico o ai Musei Capitolini di Roma.
 
== Bibliografia ==
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[[Categoria:Bassano Romano]]
[[Categoria:Sculture nel Lazio]]
[[Categoria:Collezione Giustiniani]]