Questione adriatica: differenze tra le versioni

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[[File:Mare Adriatico.jpg|thumb|upright=1.3|Mappa del mare Adriatico]]
 
Con '''questione adriatica''', si indica la contesa per il dominio delle terre che si affacciano sul [[mare Adriatico]] orientale da [[Monfalcone]] fino alle [[Bocche di Cattaro]] e che corrispondono alle regioni storiche della [[Venezia Giulia]], dell'[[Istria]], del [[Quarnaro]] e della [[Dalmazia]]. Tali terre, a partire dalla [[Primavera dei Popoli]] del 1848, furono contese datra [[popolazione|popolazioni]] [[slavi|slave]] e italiane. TaleQuesta lotta si s'inserisce all'interno di un fenomeno più ampio e, che fu legato all'affermarsi degli [[Stato-nazione|stati nazionali]] in territori etnicamente misti.
 
== La composizione etnica della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia ==
{{vedi anche|Istria|Storia della Dalmazia|Lingua slovena in Italia|Toponimi italiani dell'Istria|Toponimi italiani della Dalmazia|Toponimi italiani della Liburnia, Morlacchia e Quarnaro}}
[[File:Frankenreich 768-811.jpg|thumb|upright=1.3|L'[[Impero carolingio]] nel 791|sinistra]]
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Alla fine del [[VIII secolo]] l'Istria interna e i dintorni, furono conquistate infatti da [[Carlo Magno]]: poiché tali terre erano scarsamente popolate, in quanto impervie, i [[Franchi]] e successivamente le autorità del [[Sacro Romano Impero]] vi consentirono l'insediamento degli slavi. Ulteriori insediamenti di slavi si verificarono in epoche successive; per quanto riguarda l'Istria, ad esempio, in seguito alle [[peste|pestilenze]] del XV e XVI secolo.
 
Le [[Lingua ladina|comunità ladine]] che popolavano l'area di [[Postumia (città)|Postumia]], [[Idria]] e dell'alto [[Isonzo]] sono scomparse dal [[Rinascimento]], assimilate dalle popolazioni slave. Del resto intorno all'anno 1000 tutta la valle dell'Isonzo, fino alle sue sorgenti nelle [[Alpi Giulie]], era popolata in maggioranza da popoli ladini.
[[File:Italy 1796 AD-it.pngsvg|thumb|upright=1.3miniatura|L'Italia nel 1796]]
 
La [[Repubblica di Venezia]], tra il IX e il XVIII secolo, estese il suo dominio (suddiviso in due "dipendenze": i ''[[Domini di Terraferma]]'' e lo ''[[Stato da Mar]]'') soprattutto sulle cittadine costiere dell'Istria, nelle isole del [[Quarnaro]] e sulle coste della Dalmazia, che erano abitate da popolazioni romanizzate fin dai tempi più antichi.
 
Fino al XIX secolo gli abitanti di queste terre non conoscevano l'[[nazionalità|identificazione nazionale]], visto che si definivano genericamente "istriani" e "dalmati", di cultura "[[Lingue romanze|romanza]]" oppure "[[Lingue slave|slava]]", senza il benché minimo accenno a concetti patriottici oppure nazionalistici, che erano sconosciuti<ref>{{cita web | url = http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/articoligiornali/artadriatico.htm| titolo = "L'Adriatico orientale e la sterile ricerca delle nazionalità delle persone" di Kristijan Knez; La Voce del Popolo (quotidiano di Fiume) del 2/10/2002 | data = Consultato il 10 luglio 2009| accesso = 4 agosto 2013| dataarchivio = 22 febbraio 2021| urlarchivio = https://web.archive.org/web/20210222025553/https://xoom.virgilio.it/jump.html| urlmorto = sì}} «... è privo di significato parlare di sloveni, croati e italiani lungo l'Adriatico orientale almeno sino al XIX secolo. Poiché il termine nazionalità è improponibile per un lungo periodo, è più corretto parlare di aree culturali e linguistiche, perciò possiamo parlare di dalmati romanzi, dalmati slavi, di istriani romanzi e slavi.»
«Nel lunghissimo periodo che va dall'alto Medioevo sino alla seconda metà del XIX secolo è corretto parlare di zone linguistico-culturali piuttosto che nazionali. Pensiamo soltanto a quella massa di morlacchi e valacchi (...) che sino al periodo su accennato si definivano soltanto dalmati. Sino a questo periodo non esiste affatto la concezione di stato nazionale, e come ha dimostrato lo storico Federico Chabod, nell'età moderna i sudditi erano legati soltanto alla figura del sovrano e se esisteva un patriottismo, questo era rivolto soltanto alla città d'appartenenza.»</ref>.
 
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== Gli opposti nazionalismi ==
{{vedi anche|Germanizzazione|Croatizzazione|Dalmati italiani}}
Fino all'[[XIX secolo|Ottocento]], in [[Venezia Giulia]], nel [[Quarnaro]] e in [[Dalmazia]], le popolazioni di lingua [[lingue romanze|romanza]] e [[Lingue slave meridionali|slava]] convissero pacificamente. Con la [[Primavera dei popoli]] del 1848-49, anche nell'Adriatico orientale, il sentimento di appartenenza nazionale cessò di essere una prerogativa delle classi elevate e cominciò, gradualmente, a estendersi alla masse<ref>Sul conflitto fra italiani e slavi a Trieste si veda: Tullia Catalan, ''I conflitti nazionali fra italiani e slavi alla fine dell'impero asburgico'', scheda in {{Cita|Pupo, Spazzali|ppp. 35-39}}</ref><ref>Sul conflitto nazionale fra italiani e slavi nella regione istriana, si consultino i seguenti link (sito del "Centro Di Documentazione della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata"): {{collegamentoCita interrottoweb|1url=[http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/istria/3e.html]|titolo=Istria Ottocento: Il 1848|datesito=gennaioCentro 2018Di Documentazione Della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata|botaccesso=InternetArchiveBot10 agosto 2020|urlarchivio=https://archive.is/20120717225414/http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/istria/3e.html|dataarchivio=17 luglio 2012}} {{collegamentoCita interrottoweb|1url=[http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/istria/7e.html]|titolo=Istria Ottocento: L'Irredentismo|datesito=gennaioCentro 2018Di Documentazione Della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata|botaccesso=InternetArchiveBot10 agosto 2020|urlarchivio=https://archive.is/20120718144310/http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/istria/7e.html|dataarchivio=18 luglio 2012}}</ref>.
Fu solo a partire da tale anno che il termine "italiano" (ad esempio) cessò, anche in queste terre, di essere una mera espressione di appartenenza geografica o culturale e cominciò ad implicare l'appartenenza a una "nazione" italiana<ref>''Istria nel tempo'', Centro Ricerche Storiche di Rovigno, 2006, [http://www.crsrv.org/it/istria_tempo/PDF/425-482.pdf cap. V] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160403173310/http://crsrv.org/it/istria_tempo/PDF/425-482.pdf |data=3 aprile 2016 }}, par. 3, 4</ref>. Analogo processo subirono le altre entità culturali e si vennero pertanto a definire i moderni gruppi nazionali: italiani, sloveni, croati e serbi.
 
Tra il [[1848]] e il [[1918]], in particolar modo dopo la nascita del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e la perdita del [[Veneto]] a seguito della [[Terza guerra d'Indipendenza]] ([[1866]]), l'[[Impero Austroungarico]] favorì l'affermarsi dell'etnia slovena<ref name="relazione.1">Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, Relazioni italo-slovene 1880-1956, [http://www.kozina.com/premik/porita2.htm "Capitolo 1980-1918"] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20180313025027/http://www.kozina.com/premik/porita2.htm |date=13 marzo 2018 }}, Capodistria, 2000</ref> e croata, per contrastare l'[[irredentismo]] (vero o presunto) e la buona organizzazione delle comunità urbane<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 38}}.</ref> della popolazione italiana, ritenuta inoltre meno leale e affidabile.<ref name="relazione.1" /><ref>[http://books.google.it/books?id=KNxpAAAAMAAJ&q=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&dq=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&hl=it&ei=nBGJTNGXGMiOjAf7oLDnCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCsQ6AEwAA L.Monzali, ''Italiani di Dalmazia (...)'', cit. p. 69]</ref> Nel corso della riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l'imperatore [[Francesco Giuseppe]] delineò compiutamente in tal senso un piano di ampio respiro:
[[File:Croatia-italian-language-2011.PNG|upright=2.0|thumb|Mappa della [[Croazia]] del 2011 indicante i residenti di [[madrelingua]] italiana per città e comuni, registrati al censimento ufficiale croato]]
 
{{citazione
Tra il [[1848]] e il [[1918]], in particolar modo dopo la nascita del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e la perdita del [[Veneto]] a seguito della [[Terza guerra d'Indipendenza]] ([[1866]]), l'[[Impero Austroungarico]] favorì l'affermarsi dell'etnia slovena<ref name="relazione.1">Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, Relazioni italo-slovene 1880-1956, [http://www.kozina.com/premik/porita2.htm "Capitolo 1980-1918"], Capodistria, 2000</ref> e croata, per contrastare l'[[irredentismo]] (vero o presunto) e la buona organizzazione delle comunità urbane<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 38}}</ref> della popolazione italiana, ritenuta inoltre meno leale e affidabile.<ref name="relazione.1" /><ref>[http://books.google.it/books?id=KNxpAAAAMAAJ&q=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&dq=%22dell%27elemento+italiano+ancora+presente+in+alcuni%22&hl=it&ei=nBGJTNGXGMiOjAf7oLDnCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCsQ6AEwAA L.Monzali, ''Italiani di Dalmazia (...)'', cit. p. 69]</ref> Nel corso della riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l'imperatore [[Francesco Giuseppe]] delineò compiutamente in tal senso un piano di ampio respiro:
|Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel [[Tirolo del Sud]], in [[Dalmazia]] e sul [[Litorale austriaco|Litorale]] per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.
|[[Francesco Giuseppe I d'Austria]], consiglio della Corona del 12 novembre 1866<ref>''Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi'', Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971</ref><ref>{{cita libro |autore=Jürgen Baurmann|autore2=Hartmut Gunther|autore3=Ulrich Knoop| titolo=Homo scribens : Perspektiven der Schriftlichkeitsforschung | anno= 1993 | editore= | città= Tübingen|ISBN= 3484311347|p=279|lingua=de|url=https://books.google.com.au/books?id=l3tCTXoeAysC&pg=279}}</ref>
|Seine Majestät sprach den bestimmten Befehl aus, daß auf die entschiedenste Art dem Einfluß des in einigen Kronländern noch vorhandenen italienischen Elements entgegengetreten und durch geeignete Besetzung der Stellen von politischen, Gerichts-Beamten, Lehrern, sowie durch den Einfluß der Presse, in Südtirol, Dalmatien, dem Küstenland, auf die Germanisierung oder Slawisierung der betroffenen Landestheile je nach Umständen mit allen Energien und ohne alle Rücksicht hingearbeitet werde. Seine Majestät legt es allen Zentralstellen als strenge Pflicht auf, in diesem Sinne planmäßig vorzugehen.
|lingua=de
|lingua2=it
}}
 
In conseguenza della politica del Partito del Popolo, che conquistò gradualmente il potere, in Dalmazia si verificò una [[Croatizzazione#Dal neoassolutismo alla fine del XIX secolo.La situazione in Dalmazia|costante diminuzione della popolazione italiana]], in un contesto di repressione che assunse anche tratti violenti<ref>Raimondo Deranez, [http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/bombardieritesti/particolari_dalmazia.htm Particolari del martirio della Dalmazia] {{Webarchive|url=https://archive.today/20121209103555/http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/bombardieritesti/particolari_dalmazia.htm |date=9 dicembre 2012 }}, Stab.Tipografico dell'Ordine, Ancona, 1919</ref>. Nel [[1845]] i censimenti austriaci (peraltro approssimativi) registravano quasi [[Croatizzazione#La croatizzazione durante il Regno di Jugoslavia|il 20% di Italiani in Dalmazia]], mentre nel 1910 [[Croatizzazione#Dal neoassolutismo alla fine del XIX secolo. La situazione in Dalmazia|erano ridotti a circa il 2,7%]]. Tutto ciò spinse sempre più gli autonomisti a identificare se stessi come italiani, fino ad approdare all'[[irredentismo]].
{{Citazione|Sua maestà ha espresso il preciso ordine di opporsi in modo risolutivo all'influsso dell'elemento italiano ancora presente in alcuni Kronländer, e di mirare alla [[germanizzazione]] o [[slavizzazione]] - a seconda delle circostanze - delle zone in questione con tutte le energie e senza alcun riguardo, mediante un adeguato affidamento di incarichi a magistrati politici ed insegnanti, nonché attraverso l'influenza della stampa in [[Trentino|Tirolo meridionale]], [[Dalmazia]] e [[Litorale adriatico]].|Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi'', Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971, vol. 2, p. 297.<ref>Citazione completa della fonte e traduzione in Luciano Monzali, ''Italiani di Dalmazia. Dal Risorgimento alla Grande Guerra'', Le Lettere, Firenze 2004, p. 69.</ref>.}}
 
La politica di collaborazione con i [[serbi]] locali, inaugurata dallo [[zara]]tino Ghiglianovich e dal raguseo Giovanni Avoscani, permise poi agli italiani la conquista dell'amministrazione comunale di [[Ragusa (Croazia)|Ragusa]] nel 1899.
In conseguenza della politica del Partito del Popolo, che conquistò gradualmente il potere, in Dalmazia si verificò una [[Croatizzazione#Dal neoassolutismo alla fine del XIX secolo.La situazione in Dalmazia|costante diminuzione della popolazione italiana]], in un contesto di repressione che assunse anche tratti violenti<ref>Raimondo Deranez, [http://xoomer.alice.it/histria/storiaecultura/testiedocumenti/bombardieritesti/particolari_dalmazia.htm Particolari del martirio della Dalmazia], Stab.Tipografico dell'Ordine, Ancona, 1919</ref>. Nel [[1845]] i censimenti austriaci (peraltro approssimativi) registravano quasi [[Croatizzazione#La croatizzazione durante il Regno di Jugoslavia|il 20% di Italiani in Dalmazia]], mentre nel 1910 [[Croatizzazione#Dal neoassolutismo alla fine del XIX secolo. La situazione in Dalmazia|erano ridotti a circa il 2,7%]]. Tutto ciò spinse sempre più gli autonomisti a identificare se stessi come italiani, fino ad approdare all'[[irredentismo]].
 
== L'irredentismo italiano in Istria e Dalmazia ==
{{vedi anche|Irredentismo italiano in Istria|Irredentismo italiano in Dalmazia}}
[[File:VenetianDalmatia1797.jpg|thumb|upright=1.8|Mappa linguistica austriaca del 1896, su cui sono riportati i confini (segnati con pallini blu) della Dalmazia veneziana nel 1797. In arancione sono evidenziate le zone dove la [[lingua madre]] più diffusa era l'italiano, mentre in verde quelle dove erano più diffuse le lingue slave]]
[[File:A-H ethnic 1910 Pict 4.JPG|thumb|upright=1.3|Caratterizzazione linguistica della popolazione in Istria, Quarnaro e Dalmazia nel 1910]]
 
L'[[irredentismo italiano in Istria]] fu un movimento esistente tra gli [[Irredentisti istriani|istriani di etnia italiana]] che nell'[[Ottocento]] e [[Novecento]] promuoveva l'unione dell'[[Istria]] al Regno d'Italia<ref>[{{Cita web |url=http://www.fvgnews.net/view.php?t=n&k=2790 |titolo=Paolo Radivo: Irredentismo italiano in Istria] |accesso=17 febbraio 2018 |dataarchivio=24 ottobre 2014 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141024074852/http://www.fvgnews.net/view.php?t=n&k=2790 |urlmorto=sì }}</ref>. Nella prima metà dell'[[Ottocento]] l'Istria era infatti parte dei territori austroungarici, ed il nascente nazionalismo italiano iniziò a manifestarsi, specialmente a [[Capodistria]]:
 
{{Citazione|Dal 1866 l'Istria e la Dalmazia si trovarono per la prima volta dopo molti secoli separate dal Veneto. Vienna adottò una politica di favoritismo verso sloveni e croati. Allora in Dalmazia molte scuole italiane furono trasformate in croate. Il croato venne imposto come lingua ufficiale ovunque, meno che a Zara. In Istria invece il movimento nazionale croato era più arretrato. Un grosso ruolo lo svolse il clero: in particolare i vescovi di Parenzo-Pola, Trieste-Capodistria e Veglia, nominati con l’approvazione dell’Imperatore, che favorirono gli slavi. Un vescovo di Veglia fu perfino richiamato in Vaticano dopo le proteste degli italiani di Veglia, Cherso e Lussino contro la soppressione dell’italiano nella liturgia e nella scuola. I sacerdoti slavi, tenendo i registri dello stato civile, compirono molti abusi. Nel 1877 il deputato istriano al Parlamento di Vienna Francesco Sbisà presentò un’interrogazione denunciando la slavizzazione di nomi e cognomi italiani. Nel 1897 il linguista rovignese Matteo Bartoli parlò di 20mila nomi modificati, soprattutto a Cherso, Lussino e Veglia. Per evitare il rito in croato molti optarono per i funerali civili o battezzarono altrove i propri figli. Nel 1900 nella diocesi di Trieste-Capodistria vi erano 100 preti italiani contro 189 slavi, neanche la metà dei quali originaria di queste terre|Gabriele Bosazzi, Unione degli Istriani}}
 
Nel 1861, in occasione della [[proclamazione del Regno d'Italia]], e nel 1866, dopo la [[terza guerra d'indipendenza]], l'Istria non fu annessa all'Italia per svariate ragioni, a causa delle quali molti istriani si organizzarono al fine di ottenere questa unione, abbracciando l'[[irredentismo italiano]]. Del resto gli irredentisti volevano l'annessione dell'Istria all'Italia perché la ritenevano ''terra irredenta'' in quanto culturalmente parte del retaggio identitario italiano e geograficamente inclusa nei confini naturali dell'[[Italia (regione geografica)|Italia fisica]]<ref>[http://www.arcipelagoadriatico.it/sommario.php?id=00209&sel=INTERVENTI Irredentismo italiano in Istria e Dalmazia, di Lucio Toth] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120406064420/http://www.arcipelagoadriatico.it/sommario.php?id=00209&sel=INTERVENTI |data=6 aprile 2012 }}</ref>. A dimostrazione di questo legame con l'Italia, si può citare il più noto fra gli [[irredentisti istriani]], [[Nazario Sauro]], che fu tenente di vascello nella [[Regia Marina]] italiana durante il primo conflitto mondiale e che venne giustiziato per tradimento dall'Austria-Ungheria. Un altro esempio noto, è il [[capodistria]]no generale [[Vittorio Italico Zupelli]], già distintosi nella [[Guerra italo-turca]] (1911-1912), a cui fu addirittura affidato il [[Ministero della guerra del Regno d'Italia|Ministero della guerra italiano]] durante la prima guerra mondiale.
[[ImmagineFile:Fiume cheering D'Annunzio.jpg|thumb|left|Manifestazione irredentista a Fiume (11 novembre 1918), all'epoca non ancora facente parte del Regno d'Italia. Fiume passò all'Italia nel 1924, per poi essere ceduta alla Jugoslavia nel 1947]]
 
Analogo movimento fu l'[[irredentismo italiano in Dalmazia]]. I primi avvenimenti che coinvolsero i [[dalmati italiani]] nel [[Risorgimento]] furono i [[Primavera dei popoli|moti rivoluzionari del 1848]], durante i quali essi presero parte alla costituzione della [[Repubblica di San Marco]] a [[Venezia]]. Gli esponenti dalmati più famosi che intervennero furono [[Niccolò Tommaseo]] e [[Federico Seismit-Doda]]<ref name="treccanitreccani1">''Dizionario Enciclopedico Italiano'' (Vol. III, pag. 729-730), Roma, Ed. Istituto dell'Enciclopedia Italiana, fondata da Giovanni Treccani, 1970</ref>.
 
Dopo tale fase storica in Dalmazia nacquero due movimenti a carattere [[nazionalismo|nazionalista]], quello italiano e quello slavo. Il movimento italiano trovò come guida [[Antonio Bajamonti]]<ref name="treccanitreccani1" />, che dal 1860 al 1880 fu podestà di Spalato per il partito autonomista filoitaliano che rappresentava la maggioranza italiana nella città.
 
Le istanze politiche dei dalmati italiani erano promosse dal [[Partito Autonomista]], fondato nel [[1878]] e scioltosi nel [[1919]]: membro di spicco ne fu proprio Antonio Bajamonti. Il partito, che originariamente ebbe il favore anche di parte della popolazione slava, sostituì progressivamente ad un programma autonomista per la regione un progetto irredentista per la stessa, considerati l'ostilità dell'autorità austriaca e i dissidi con l'elemento slavo. Il 26 aprile [[1909]], con provvedimenti legislativi entrati in vigore il 1º gennaio 1912, la [[lingua italiana]] perse il proprio status di lingua ufficiale della regione in favore del solo [[lingua croata|croato]] (precedentemente entrambe le lingue erano riconosciute): l'italiano non poté più essere usato a livello pubblico e amministrativo, sicché i dalmati italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali<ref name="treccanitreccani1"/>.
 
Allo scoppio della [[prima guerra mondiale]] molti dalmati italiani si arruolarono nel [[Regio Esercito]] per combattere a fianco dell'[[Italia]]: tra questi famoso fu [[Francesco Rismondo]]; altri, come [[Natale Krekich]] e [[Ercolano Salvi]] vennero internati in [[Austria]]. Tra gli irredenti oltreconfine che si arruolarono nel Regio Esercito, ci fu anche Antonio Bergamas, volontario di [[Gradisca d'Isonzo]], comune friulano annesso al Regno d'Italia solo dopo la guerra, morto in combattimento senza che il suo corpo fosse stato mai ritrovato. Sua madre, [[Maria Bergamas]], a guerra conclusa scelse la salma di un soldato italiano morto nella prima guerra mondiale, la cui identità resta sconosciuta, a cui fu in seguito data solenne sepoltura all'Altare della Patria al [[Vittoriano]]<ref name="treccanitreccani1"/>. La sua tomba divenne il [[sacello]] del [[Milite Ignoto (Italia)|Milite Ignoto]], che, ancora oggi, rappresenta tutti i caduti e i dispersi in guerra italiani<ref name="treccanitreccani1"/>.
 
== Grande Guerra e annessione all'Italia ==
{{vedi anche|Patto di Londra|Vittoria mutilata}}
[[File:Serenissima.svgpng|thumb|center|upright=5|Cartina della [[Dalmazia]] e della [[Venezia Giulia]] coi confini previsti dal [[Patto di Londra]] (linea rossa) e quelli invece effettivamente ottenuti dall'Italia (linea verde). In fucsia sono invece indicati gli antichi domini della [[Repubblica di Venezia]]|alt=|800x800px]]
 
Nel [[1915]] l'Italia [[interventismo|entrò]] nella [[Primaprima guerra mondiale|Grande Guerra]] a fianco della [[Triplice Intesaintesa]] in base ai termini del [[Patto di Londra]], che le assicuravano il possesso dell'intera [[Venezia Giulia]], di parte del [[Quarnaro]] e della [[Dalmazia]] settentrionale, incluse molte isole. La città di [[Fiume (Croazia)|Fiume]], invece, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o del [[Terre della Corona di Santo Stefano|Regno d'Ungheria]], nel caso in cui la Croazia avesse continuato ad essere un [[banato]] dello stato magiaro o della Duplice Monarchia<ref>Si vedano la voce [[Patto di Londra|Trattato di Londra]] e il '''[[s:it:Trattato di Londra|testo integrale del trattato]]''' su [[s:Pagina principale|Wikisource]]</ref>.
 
Al termine della guerra, il [[Regio Esercito]] occupò militarmente tutta la Venezia Giulia e la Dalmazia, secondo i termini dell'armistizio, inclusi i territori assegnatigli dal trattato di Londra. Ciò provocò le reazioni opposte delle diverse etnie, con gli italiani che acclamarono alla "redenzione" delle loro terre e gli slavi che guardavano con ostilità e preoccupazione i nuovi arrivati. La contrapposizione nazionale subì un nuovo e forte inasprimento.
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La questione dei confini fu infine risolta con i trattati [[Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|di Saint Germain]] e di [[Trattato di Rapallo (1920)|Rapallo]]. L'Italia ottenne [[Vittoria mutilata|solo parte]] di ciò che le era stato promesso dal patto segreto di Londra. In base al ''principio di nazionalità'', sostenuto dalla [[Quattordici punti|dottrina Wilson]], le fu negata la Dalmazia (dove ottenne solo la città di [[Zara (Croazia)|Zara]] e alcune isole). Per via del mancato rispetto del Patto di Londra, l'epilogo della prima guerra mondiale venne definito "[[vittoria mutilata]]".
 
Col trattato di Rapallo Fiume venne eretta a [[Stato libero di Fiume|stato libero]], per poi essere annessa all'Italia in seguito al [[trattato di Roma (1924)|trattato di Roma]] ([[1924]]). In base al trattato di Rapallo 356.000{{formatnum:356000}} sudditi dell'Impero austro-ungarico di lingua italiana ottennero la cittadinanza italiana, mentre circa 15.000{{formatnum:15000}} di essi rimasero in territori assegnati al [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]]. Contemporaneamente si ritrovarono entro i confini del Regno d'Italia 490.000{{formatnum:490000}} slavi (di cui circa 170.000{{formatnum:170000}} Croati e circa 320.000{{formatnum:320000}} Sloveni).
 
== Il biennio rosso e il "fascismo di confine" ==
{{vedi anche|Biennio rosso in Italia|Storia del fascismo italiano}}
[[File:FuneraliGulliRossi.xcf|thumb|left|I funerali di Gulli e Rossi a Sebenico]]
Nel biennio 1919-20 l'Europa fu investita da ondate di scioperi e agitazioni di operai che rivendicavano migliori condizioni di lavoro, il cosiddetto [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]]. Spesso le fabbriche furono occupate e gestite sul modello dei [[Soviet]], sorti dalla [[Rivoluzione russa]]. Contemporaneamente scoppiarono conflitti e scontri di carattere etnico in quei territori soggetti a opposte rivendicazioni nazionali. Nella [[Carinzia]] meridionale, ad esempio, vi fu l'[[domenica di sangue di Marburgo|eccidio di Marburgo]], causato da milizie slovene. Conflitti armati scoppiarono in varie regioni dell'Europa orientale, per lela definizione dei confini.
[[File:L'incendio dell'Hotel Balkan.jpeg|thumb|L'Hotel Balkan sede del ''[[Narodni Dom]]'' dopo l'incendio ([[1920]])]]
 
Anche l'Italia fu investita da un'[[biennio rosso in Italia|ondata di tensioni sociali]], con proteste, scioperi e agitazioni, che coinvolsero anche Trieste e la [[Venezia Giulia]], oltre che la vicina [[Dalmazia]] (in gran parte sotto occupazione militare italiana). Tali problematiche si sommarono alle preesistenti tensioni nazionali e al diffondersi dell'idea di "vittoria mutilata" e divennero un fertile terreno per l'affermazione del [[Fasci italiani di combattimento|nascente fascismo]], che si proponeva come tutore dell'italianità e del mantenimento dell'ordine nazionale della Venezia Giulia, talvolta con il tacito appoggio delle autorità. I contrasti etnici tra italiani e slavi nell'immediato dopoguerra provocarono, fra gli altri, gli [[incidenti di Spalato]], culminati nell'uccisione (il 12 luglio 1920) di due militari della [[Regia Marina]], il comandante della [[Regia Nave]] ''[[Puglia (ariete torpediniere)|Puglia]]'' [[Tommaso Gulli]] e il motorista Aldo Rossi. I fascisti, il giorno dopo la morte dei due militari, organizzarono una manifestazione anti-jugoslava a [[Trieste]].
 
Altri eventi degni di nota furono l'uccisione di un italiano<ref>Attilio Tamaro, ''Venti anni di storia'', Editrice Tiber, Roma, 1953, pp. 79: "Mentre si svolgeva l'imponente comizio e Francesco Giunta, segretario del fascio, parlava, uno slavo uccise un fascista, che s'era intromesso per salvare un ufficiale da quello aggredito</ref> da parte di un cittadino sloveno e l'incendio, da parte dei fascisti, del [[Narodni dom]] ("Casa nazionale slovena") di [[Trieste]]. Tale incidente assunse a posteriori un forte significato simbolico, venendo ricordato dagli slavi come l'inizio dell'oppressione italiana.
 
== L'italianizzazione fascista ==
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Simili politiche di [[assimilazione forzata]] erano all'epoca assai comuni in Europa, venendo applicate, fra gli altri, anche da paesi come la [[Francesizzazione dei toponimi dei comuni del Nizzardo|Francia]]<ref>Fabio Ratto Trabucco, [http://www.direonline.it/servlets/resources?contentId=165072&resourceName=allegato&border=false Il regime linguistico e la tutela delle minoranze in Francia] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090211105818/http://www.direonline.it/servlets/resources?contentId=165072&resourceName=allegato&border=false |data=11 febbraio 2009 }}, su "Il politico (Rivista italiana di scienze politiche)", Anno 2005, Volume 70)</ref> o il [[Regno Unito]], oltre che dalla stessa Jugoslavia soprattutto nei confronti delle proprie minoranze italiane, tedesche, ungheresi e albanesi<ref>Sull'assimilazione della minoranza tedesca in Slovenia si veda [http://books.google.it/books?id=xrlrIhUj_jwC&pg=PA126&dq=F%C3%BCr+echte+Deutsche+gibt+es+bei+uns+gen%C3%BCgend+Recht.+Die+Slowenen+und+ihre+deutsche+Minderheit+1918-1941&hl=it&ei=EER-TIePF8OOjAfg-_TyCg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCgQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false Harald Heppner (Hrsg.), ''Slowenen und Deutsche im gemeinsamen Raum: neue Forschungen zu einem komplexen Thema. Tagung der Südostdeutschen Historischen Kommission (Maribor), September 2001'', Oldenbourg, München 2002] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140116214508/http://books.google.it/books?id=xrlrIhUj_jwC&pg=PA126&dq=F%C3%BCr+echte+Deutsche+gibt+es+bei+uns+gen%C3%BCgend+Recht.+Die+Slowenen+und+ihre+deutsche+Minderheit+1918-1941&hl=it&ei=EER-TIePF8OOjAfg-_TyCg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CCgQ6AEwAA |data=16 gennaio 2014 }}. Per la situazione dei tedeschi del Gottschee: [http://www.gottschee.de/ ''Sito sui tedeschi del Gottschee (Slovenia)'']. Per la situazione della minoranza albanese, Robert Elsie, ''Kosovo: in the heart of the powder keg'', Columbia University Press, New York 1997.</ref>. Si potrebbe inoltre ricordare la situazione degli ungheresi di Transilvania, dei bulgari di Macedonia, o degli ucraini di Polonia.
 
La politica di "[[Pulizia etnica|bonifica etnica]]" avviata dal fascismo fu tuttavia particolarmente pesante, in quanto l'intolleranza nazionale, talora venata di vero e proprio razzismo, venne affiancata e coadiuvata dalle misure repressive tipiche di un regime totalitario<ref>[http://www.kozina.com/premik/porita3.htm Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena; Periodo 1918 - 1941] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131101161559/http://www.kozina.com/premik/porita3.htm |date=1 novembre 2013 }}. Consultato il 1º settembre 2010</ref>.
 
L'azione del governo fascista annullò l'autonomia culturale e linguistica di cui le popolazioni slave avevano goduto durante la dominazione asburgica e esasperò i sentimenti di avversione nei confronti dell'Italia. Le società segrete irredentiste slave, preesistenti allo scoppio della [[Grande Guerra]], si fusero in gruppi più grandi a carattere eversivo, come la [[Borba (quotidiano)|Borba]] e il [[TIGR]], che si resero responsabili di numerosi attacchi a militari, civili e infrastrutture italiane. [[Basovizza#Il monumento ai .22martiri di Basovizza.22|Alcuni elementi]] di queste società segrete furono catturati dalla polizia italiana e condannati a morte dal [[Tribunale speciale per la difesa dello Stato (1926-1943)|Tribunale speciale per la difesa dello Stato]] per le uccisioni di cui si erano resi responsabili (1 terrorista condannato e fucilato a Pola nel 1929, con 4 complici condannati a 25 anni di carcere ciascuno; 4 terroristi condannati e giustiziati a Trieste, con 12 complici condannati a pene detentive per complessivi 147 anni e 6 mesi - cosiddetto "1° processo di Trieste" - nel 1930; 9 terroristi condannati a morte per terrorismo e spionaggio in periodo bellico di cui 5 giustiziati, con 51 complici condannati, complessivamente, a 666 anni e 6 mesi di carcere - cosiddetto "2° processo di Trieste" - nel 1941, a guerra iniziata).
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A seguito del [[Trattato di Roma (1941)|trattato di Roma]] l'Italia annesse parte della Slovenia, parte della [[Banovina di Croazia]] nord-occidentale (che venne accorpata alla [[Provincia di Fiume]]), parte della [[Dalmazia]] e le [[Bocche di Cattaro]] (che andarono a costituire il [[Governatorato di Dalmazia]]), divenendo militarmente responsabile della zona che comprendeva la fascia costiera, e il relativo entroterra, della ex-Jugoslavia.
 
In Slovenia fu costituita la [[Provincia di Lubiana]], dove, a fini politici e in contrapposizione con i tedeschi, si progettò, senza successo, di instaurare un'amministrazione rispettosa delle peculiarità locali<ref>Regio decreto-legge del 3 maggio 1941, n. 291 (istituzione della Provincia di Lubiana: "ART. 2- Con decreti reali (...) saranno stabiliti gli ordinamenti della provincia di Lubiana, la quale, avendo una popolazione compattamente slovena, avrà un ordinamento autonomo con riguardo alle caratteristiche etniche della popolazione, alla posizione geografica del territorio e alle speciali esigenze locali"</ref>. Nella [[Provincia di Fiume]] e nel [[Governatorato di Dalmazia]] fu invece instaurata fin dall'inizio una politica di italianizzazione forzata, che incontrò una decisa resistenza da parte della popolazione a maggioranza croata.
 
La Croazia fu dichiarata indipendente con il nome di [[Stato Indipendente di Croazia]], il cui governo fu affidato al partito ultranazionalista degli [[ustascia]], con a capo [[Ante Pavelić]].[[File:Croatia-41-45.gif|thumb|upright=1.3|Divisione della Jugoslavia dopo la sua invasione da parte delle Potenze dell'Asse.
 
La resa dell'esercito jugoslavo non fermò i combattimenti e in tutto il paese crebbe un'intensa attività di [[Resistenza (politica)|resistenza]] che proseguì fino al termine della guerra e che vide da un lato la contrapposizione tra eserciti invasori e collaborazionisti e dall'altro la lotta fra le diverse fazioni etniche e politiche.
 
Durante tutta la durata del conflitto vennero perpetrati, da tutte le parti in causa, numerosi [[crimini di guerra]]<ref name="digilander.libero.it">{{cita web|url=http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/diari/pagliani.htm|titolo=Diari di guerra: Il diario di Renzo Pagliani, bersagliere nel battaglione "Zara"|autore= |editore=digilander.libero.it|data=|accesso=10 novembre 2009}}</ref>.
 
Nella [[Provincia di Lubiana]], fallito il tentativo di instaurare un regime di occupazione morbido, emerse presto un [[Provincia di Lubiana#La lotta tra guerriglia partigiana e Regio Esercito|movimento resistenziale]]: la conseguente repressione italiana fu dura e in molti casi furono commessi crimini di guerra con devastazioni di villaggi e ritorsioni contro la popolazione civile. Le sanguinose rappresaglie attuate dal Regio Esercito italiano, per reprimere le azioni di guerriglia partigiana, aumentarono il risentimento della popolazione slava nei confronti degli italiani.
[[File:Croatia-41-45.gif|thumb|upright=1.3|Divisione della Jugoslavia dopo la sua invasione da parte delle Potenze dell'Asse.
{{legenda|#339966|Aree assegnate all'Italia: l'area costituente la [[provincia di Lubiana]], l'area accorpata alla [[provincia di Fiume]] e le aree costituenti il [[Governatorato di Dalmazia]]}}
{{legenda|#ff0000|[[Stato Indipendente di Croazia]]}}
{{legenda|#0000ff|Area occupate dalla [[Germania nazista]]}}
{{legenda|#996666|Aree occupate dal [[Regno d'Ungheria (1920-1946)|Regno d'Ungheria]]}}]]
{{citazione|Si procede ad arresti, ad incendi [. . .] fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [. . .] La frase «gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi», che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi|Riportato da due riservatissime lettere personali del 30 luglio e del 31 agosto 1942, indirizzate all'Alto Commissario per la Provincia di Lubiana [[Emilio Grazioli]], dal Commissario Civile del Distretto di Longanatico (in sloveno: Logatec) Umberto Rosin<ref name="Boca, Italiani 2005">Angelo del Boca, Italiani, brava gente?, pagina 236, Vicenza 2005, ISBN 88-545-0013-5</ref>}}
A scopo repressivo, numerosi civili sloveni furono deportati nei campi di concentramento di [[Campo di concentramento di Arbe|Arbe]] e di [[Campo di concentramento di Gonars|Gonars]]<ref name="ReferenceA">Alessandra Kersevan, ''Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943'', Kappa VU, Udine, 2003 e Idem, ''Breve storia del confine orientale nel Novecento'', in Giuseppe Aragno (a cura di), ''Fascismo e foibe. Ideologia e pratica della violenza nei Balcani'', La Città del Sole, Napoli, 2008</ref>.
 
Nei territori annessi, accorpati alla [[Provincia di Fiume]] e al [[Governatorato della Dalmazia]], fu avviata una politica di italianizzazione forzata del territorio e della popolazione. In tutto il [[Quarnero]] e la Dalmazia, sia italiana che croata, si innescò dalla fine del 1941 una crudele guerriglia, contrastata da una repressione che raggiunse livelli di massacro dopo l'estate del [[1942]].
 
{{citazione|. . . Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori . . . | Dalla copia del proclama prot. 2796, emesso in data 30 maggio 1942 dal Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa, riportata a pagina 327 del libro di Boris Gombač, ''Atlante storico dell'Adriatico orientale'' (op. cit.)}}
 
Il 12 luglio 1942, nel villaggio di [[Podhum]], per rappresaglia furono fucilati da reparti militari italiani, su ordine del Prefetto della Provincia di Fiume [[Temistocle Testa]], tutti gli uomini del villaggio di età compresa tra i 16 e i 64 anni. Sul monumento che oggi sorge nei pressi del villaggio sono indicati i nomi delle 91 vittime dell'eccidio. Il resto della popolazione fu deportata nei campi di internamento italiani e le abitazioni furono incendiate<ref>Si veda Dino Messina [http://www.corriere.it/cultura/08_agosto_07/crimini_guerra_italia_indaga_messina_f6424ffc-6446-11dd-8c8a-00144f02aabc.shtml Crimini di guerra italiani, il giudice indaga. Le stragi di civili durante l'occupazione dei Balcani. I retroscena dei processi insabbiati] (articolo sul ''[[Corriere della Sera]]'', del 7 agosto 2008); [[Alessandra Kersevan]], ''Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento per civili jugoslavi 1941-1943'', Nutrimenti editore, 2008, p.61; [[Giacomo Scotti]] [http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2012/27-34_SCOTTI.pdf "Quando i soldati italiani fucilarono tutti gli abitanti di Podhum"] sul sito Anpi.it {{pdf}}.</ref>.
 
Nello [[Stato Indipendente di Croazia]], il regime [[ustascia]] scatenò una feroce pulizia etnica nei confronti dei [[serbi]], nonché di [[zingari]] ed [[ebrei]], simboleggiata dall'istituzione del [[campo di concentramento di Jasenovac]], e contro il regime e gli occupanti presero le armi i partigiani di [[Josip Broz Tito|Tito]], plurietnici e comunisti, e i [[cetnici]], nazionalisti monarchici a prevalenza serba<ref name="arcipelagoadriatico.it">{{cita web|url=http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|titolo=L'Italia in guerra e il Governatorato di Dalmazia|autore=|editore=Centro Di Documentazione Della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata|data=2007|accesso=10 novembre 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120309110640/http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|dataarchivio=9 marzo 2012}}</ref>, i quali perpetrarono a loro volta crimini contro la popolazione civile croata che appoggiava il regime ustascia e si combatterono reciprocamente. A causa dell'annessione della Dalmazia costiera al [[Regno d'Italia]], cominciarono inoltre a crescere le tensioni tra il regime [[ustascia]] e le forze d'occupazione italiane; venne perciò a formarsi, a partire dal 1942, un'alleanza tattica tra le forze italiane e i vari gruppi cetnici: gli italiani incorporarono i cetnici nella [[Milizia volontaria anticomunista]] (MVAC) per combattere la resistenza titoista.
 
Dopo la guerra la Jugoslavia chiese di giudicare i presunti responsabili di questi massacri (come il generale [[Mario Roatta]]), ma l'Italia negò la loro estradizione grazie ad alcune amnistie<ref name="Fondazione ISEC 1990. pp. 497-528">Fondo Gasparotto presso Fondazione ISEC (Istituto per la Storia dell'Età Contemporanea, Sesto S.Giovanni, Mi); War Crimes Commission ONU, Crowcass (Central register of war criminals and security sospects) presso Wiener Library, Londra rintracciato dalla storica Caterina Abbati; BBC, Fascist legacy, Londra 1990. (video documentario) di Ken Kirby, curato dallo storico Michael Palumbo; Filippo Focardi e [[Lutz Klinkhammer]] (a cura di), ''La questione dei "criminali di guerra" italiani e una Commissione di inchiesta dimenticata'', in Contemporanea, a. IV, n.3, luglio 2001, pp. 497-528; Mimmo Franzinelli, ''Salvate quei generali! Ad ogni costo'' e ''La memoria censurata'', in Millenovecento n. 3 gennaio 2003, pp. 112-120: Nicola Tranfaglia, ''Come nasce la repubblica. Documenti CIA e italiani 1943/1947'', Bompiani, Milano 2004.
Documenti custoditi nel Fondo Affari Politici del Ministero degli Affari Esteri italiano, in particolare il Telespresso N. 1506 del Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale Affari Politici, VIII, datato Roma, 28 ottobre 1946, indirizzato al Ministero della Guerra, Gabinetto e al Ministero della Giustizia, Gabinetto, Oggetto: Criminali di guerra Italiani richiesti dalla Jugoslavia, firmato da Pietro Nenni, e il Pro Memoria allegato al documento, in cui si legge testualmente: “La Legazione di Jugoslavia ha presentato al Ministero degli Affari Esteri una serie di Note Verbali in data 16,18,27 e 30 dicembre 1947, con le quali, in applicazione all'Art. 45 del Trattato di Pace, richiede la consegni di 27 presunti criminali di guerra italiani, specificando per ciascuno di essi vari capi d'accusa”. Interessante è anche la nota n. 10599.7./15.2 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, datata Roma, 16 febbraio 1948 e firmata dal Sottosegretario di Stato Giulio Andreotti, a cui è acclusa copia conforme della lettera protocollata Segr. Pol. 875, datata Roma, 20 agosto 1949, inviata all'Ammiraglio Franco Zannoni, Capo Gabinetto Ministero della Difesa</ref>.
 
=== Repressione, conflitti etnici e crimini contro i civili ===
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La resa dell'esercito jugoslavo non fermò i combattimenti ed in tutto il paese crebbe un'intensa attività di [[Resistenza (politica)|resistenza]] che proseguì fino al termine della guerra e che vide da un lato la contrapposizione tra eserciti invasori e collaborazionisti e dall'altro la lotta fra le diverse fazioni etniche e politiche.
 
Durante tutta la durata del conflitto vennero perpetrate da tutte le parti in causa numerosi [[crimini di guerra]]<ref name="digilander.libero.it">{{cita web|url=http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/diari/pagliani.htm|titolo=Diari di guerra: Il diario di Renzo Pagliani, bersagliere nel battaglione "Zara"|autore=|editore=digilander.libero.it|data=|accesso=10 novembre 2009}}</ref>.
 
Nella [[provincia di Lubiana]], fallito il tentativo di instaurare un regime di occupazione morbido, emerse presto un [[Provincia di Lubiana#La lotta tra guerriglia partigiana e Regio Esercito|movimento resistenziale]]: la conseguente repressione italiana fu dura ed in molti casi furono commessi crimini di guerra con devastazioni di villaggi e rappresaglie contro la popolazione civile. Le sanguinose rappresaglie attuate dal Regio Esercito italiano, per reprimere le azioni di guerriglia partigiana aumentarono il risentimento della popolazione slava nei confronti degli italiani.
 
{{citazione|Si procede ad arresti, ad incendi [. . .] fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [. . .] La frase »gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi«, che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi|Riportato da due riservatissime personali del 30 luglio e del 31 agosto 1942, indirizzate all'Alto Commissario per la Provincia di Lubiana [[Emilio Grazioli]], dal Commissario Civile del Distretto di Longanatico (in sloveno: Logatec) Umberto Rosin<ref name="Boca, Italiani 2005">Angelo del Boca, Italiani, brava gente?, pagina 236, Vicenza 2005, ISBN 88-545-0013-5</ref>}}
A scopo repressivo, numerosi civili sloveni furono deportati nei campi di concentramento di [[Campo di concentramento di Arbe|Arbe]] e di [[Campo di concentramento di Gonars|Gonars]]<ref name="ReferenceA">Alessandra Kersevan, ''Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943'', Kappa VU, Udine, 2003 e Idem, ''Breve storia del confine orientale nel Novecento'', in Giuseppe Aragno (a cura di), ''Fascismo e foibe. Ideologia e pratica della violenza nei Balcani'', La Città del Sole, Napoli, 2008</ref>.
 
Nei territori annessi, accorpati alla [[provincia di Fiume]] ed al [[Governatorato della Dalmazia]], fu avviata una politica di italianizzazione forzata del territorio e della popolazione. In tutto il [[Quarnero]] e la Dalmazia, sia italiana che croata, si innescò dalla fine del 1941 una crudele guerriglia, contrastata da una repressione che raggiunse livelli di massacro dopo l'estate [[1942]].
 
{{citazione|. . . Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori . . . | Dalla copia del proclama prot. 2796, emesso in data 30 maggio 1942 dal Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa, riportata a pagina 327 del libro di Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale (op. cit.)}}
 
Nello [[Stato Indipendente di Croazia]], il regime [[ustascia]] scatenò una feroce pulizia etnica nei confronti dei [[serbi]], nonché di [[zingari]] ed [[ebrei]], simboleggiata dall'istituzione del [[campo di concentramento di Jasenovac]], e contro il regime e gli occupanti presero le armi i partigiani di [[Josip Broz Tito|Tito]], plurietnici e comunisti, ed i [[cetnici]], nazionalisti monarchici a prevalenza serba.<ref name="arcipelagoadriatico.it">{{cita web|url=http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|titolo=L'Italia in guerra e il Governatorato di Dalmazia|autore=|editore=Centro Di Documentazione Della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata|data=2007|accesso=10 novembre 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120309110640/http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|dataarchivio=9 marzo 2012|urlmorto=sì}}</ref>, i quali perpetrarono a loro volta crimini contro la popolazione civile croata che appoggiava il regime ustascia e si combatterono reciprocamente.
A causa dell'annessione della Dalmazia costiera al [[Regno d'Italia]], cominciarono inoltre a crescere le tensioni tra il regime [[ustascia]] e le forze d'occupazione italiane; venne perciò a formarsi, a partire dal 1942, un'alleanza tattica tra le forze italiane ed i vari gruppi cetnici: gli italiani incorporarono i cetnici nella [[Milizia volontaria anticomunista]] (MVAC) per combattere la resistenza titoista.
 
Dopo la guerra la Jugoslavia chiese di giudicare i presunti responsabili di questi massacri (come il generale [[Mario Roatta]]), ma l'Italia negò la loro estradizione grazie ad alcune amnistie<ref name="Fondazione ISEC 1990. pp. 497-528"/>Fondo Gasparotto presso Fondazione ISEC (Istituto per la Storia dell'Età Contemporanea, Sesto S.Giovanni, Mi); War Crimes Commission ONU, Crowcass (Central register of war criminals and security sospects) presso Wiener Library, Londra rintracciato dalla storica Caterina Abbati; BBC, Fascist legacy, Londra 1990. (video documentario) di Ken Kirby, curato dallo storico Michael Palumbo; Filippo Focardi e [[Lutz Klinkhammer]] (a cura di), ''La questione dei "criminali di guerra" italiani e una Commissione di inchiesta dimenticata'', in Contemporanea, a. IV, n.3, luglio 2001, pp. 497-528; Mimmo Franzinelli, ''Salvate quei generali! Ad ogni costo'' e ''La memoria censurata'', in Millenovecento n. 3 gennaio 2003, pp. 112-120: Nicola Tranfaglia, ''Come nasce la repubblica. Documenti CIA e italiani 1943/1947'', Bompiani, Milano 2004.
Documenti custoditi nel Fondo Affari Politici del Ministero degli Affari Esteri italiano, in particolare il Telespresso N. 1506 del Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale Affari Politici, VIII, datato Roma, 28 ottobre 1946, indirizzato al Ministero della Guerra, Gabinetto e al Ministero della Giustizia, Gabinetto, Oggetto: Criminali di guerra Italiani richiesti dalla Jugoslavia, firmato da Pietro Nenni, e il Pro Memoria allegato al documento, in cui si legge testualmente: “La Legazione di Jugoslavia ha presentato al Ministero degli Affari Esteri una serie di Note Verbali in data 16,18,27 e 30 dicembre 1947, con le quali, in applicazione all'Art. 45 del Trattato di Pace, richiede la consegni di 27 presunti criminali di guerra italiani, specificando per ciascuno di essi vari capi d'accusa”. Interessante è anche la nota n. 10599.7./15.2 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, datata Roma, 16 febbraio 1948 e firmata dal Sottosegretario di Stato Giulio Andreotti, a cui è acclusa copia conforme della lettera protocollata Segr. Pol. 875, datata Roma, 20 agosto 1949, inviata all'Ammiraglio Franco Zannoni, Capo Gabinetto Ministero della Difesa</ref>.
 
== Gli eccidi delle foibe ==
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[[File:1943 foibe recupero salme.jpg|thumb|Autunno 1943: recupero di una salma in una foiba, gli uomini indossano maschere antigas per i miasmi dell'aria attorno alla foiba]]
 
Durante la [[seconda guerra mondiale]], etra nell'immediatoil [[secondo1943 dopoguerra]]e il (1943-1945), i [[Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia|partigiani jugoslavi]] e l'[[OZNA]] compironosi iresero responsabili dei [[massacri delle foibe]], ovvero degli [[strage|eccidi]] ai danni della [[Italiani|popolazione italiana]] della [[Venezia Giulia]] e della [[Dalmazia]]<ref>Raoul Pupo, Roberto Spazzali, ''[http://books.google.it/books?id=LLjVe4e0wm0C&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q=%22Quando%20si%20parla%20di%20foibe%22&f=false Foibe]'', Bruno Mondadori, 2003. ISBN 88-424-9015-6, p. 2.</ref><ref>Gianni Oliva, ''Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria'', Mondadori, Milano, 2003, ISBN 88-04-48978-2, pag. 4</ref>. Il nome deriva dai grandi [[inghiottitoio|inghiottitoi]] [[carsico|carsici]] dove furono gettati molti dei corpimolte delle vittime, vive o morte, che nella Venezia Giulia sono chiamati "[[foiba|foibe]]".
 
Per [[metonimia|estensione]] i termini "foibe" e il neologismo "infoibare" sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in massima parte perpetrate in modo diverso: la maggioranza delle vittime morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi<ref>{{Cita|Pupo 1996||Pupo1996}}: «È noto infatti che la maggior parte delle vittime non finì i suoi giorni sul fondo delle cavità carsiche, ma incontrò la morte lungo la strada verso la deportazione, ovvero nelle carceri o nei campi di concentramento jugoslavi.»</ref><ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. 1}}: «È questo un uso del termine [NdR: "foibe"] consolidatosi ormai, (...), anche in quello [NdR: linguaggio] storiografico, (...) purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale.»; pag. 3 «solo una parte degli omicidi venne perpetrata sull'orlo di una foiba (...) la maggior parte delle vittime perì nelle carceri, durante le marce di trasferimento o nei campi di prigionia ... nella memoria collettiva "infoibati" sono stati considerati tutti gli uccisi...»</ref>. SiIl stimanumero che ledi vittime in Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia sianoè statedifficile circada 11.000,calcolare compresee le salmestime recuperatevariano eda quelle{{formatnum:1000}} a {{formatnum:20000}} stimatepersone, anche se più iprobabilmente mortiil neitotale si aggira attorno alle 6-{{formatnum:7000}} persone, per le sole foibe, e fino a {{formatnum:11000}} considerando anche i campi di concentramento jugoslavi<ref name=autogenerato1>{{cita libro|autore=Guido Rumici|titolo=Infoibati (1943-1945). I Nomi, I Luoghi, I Testimoni, I Documenti|editore=Mursia|anno=2002|isbn=978-88-425-2999-6}}: «Lo storico [[Guido Rumici]] stima invece il numero delle vittime in minimo 6.000{{formatnum:6000}}, cifra che salirebbe però a oltre 11.000{{formatnum:11000}} se si considerano anche tutti coloro che sono scomparsi nei campi di concentramento jugoslavi.»</ref><ref>[http://www.huffingtonpost.it/micol-sarfatti/perche-quasi-nessuno-ricorda-le-foibe_b_2658946.html Micol Sarfatti, Perché quasi nessuno ricorda le foibe?]</ref>, comprese le vittime recuperate e quelle stimate, più i morti nei campi di concentramento jugoslavi<ref>[http://www.foibadibasovizza.it/in-breve.htm Le foibe in breve - foibadibasovizza.it] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090211072024/http://www.foibadibasovizza.it/in-breve.htm |data=11 febbraio 2009 }}</ref>.
 
Gli eccidi delle foibe e il successivo [[esodo istriano|esodo]] costituiscono l'epilogo di una secolare lotta per il predominio sull'[[Adriatico]] orientale, che fu conteso da popolazioni [[Italiani|italiane]] e [[Slavi|slave]]. Tale lotta si inserisce all'interno di un fenomeno più ampio (prevalentementeun caso analogo è quello dell'[[Croati|croateespulsione dei tedeschi dopo la seconda guerra mondiale]]) eche fu legato all'affermarsi degli [[SloveniStato-nazione|slovenestati nazionali]] in territori etnicamente misti e dove, masecondo anchealcuni storici, l'identità e l'etnia degli individui e delle popolazioni erano più processi costruiti politicamente che dati immutabili e naturali<ref>Antonio Ferrara, Niccolò Pianciola, L’età delle migrazioni forzate. Esodi e deportazioni in Europa: 1953, Il mulino, Bologna 2012</ref><ref>{{cita web [[Serbi|serbe]]) url = http://www.historialudens.it/didattica-della-storia/58-le-foibe-i-fatti-la-costruzione-della-memoria-la-ricerca-storica.html| titolo = "Le foibe: i fatti, la costruzione della memoria, la ricerca storica.
Tale lotta si inserisce all'interno di un fenomeno più ampio (un caso analogo è quello dell'[[espulsione dei tedeschi dopo la seconda guerra mondiale]]) che fu legato all'affermarsi degli [[Stato-nazione|stati nazionali]] in territori etnicamente misti e dove, secondo alcuni storici, l'identità e l'etnia degli individui e delle popolazioni erano più processi costruiti politicamente che dati immutabili e naturali<ref>Antonio Ferrara, Niccolò Pianciola, L’età delle migrazioni forzate. Esodi e deportazioni in Europa: 1953, Il mulino, Bologna 2012</ref><ref>{{cita web | url = http://www.historialudens.it/didattica-della-storia/58-le-foibe-i-fatti-la-costruzione-della-memoria-la-ricerca-storica.html| titolo = "Le foibe: i fatti, la costruzione della memoria, la ricerca storica.
Strumenti per la didattica" di Antonio Brusa| data = Consultato il 13 gennaio 2018}} Secondo Antonio Brusa «Occorre disporre “le foibe” sul tavolo dei fenomeni simili. In questo caso, quelli che caratterizzano l’immediato dopo-guerra, con le vendette, le espulsioni e gli eccidi di massa, a danno sia dei fascisti e dei nazisti, ma soprattutto delle popolazioni civili. A seguito di questo processo drammatico, oltre dieci milioni di civili furono cacciati dalle loro terre. Tedeschi dalla Polonia e dalla Cechia, ungheresi e rumeni dalla Jugoslavia, italiani dall'Istria. Si contarono oltre due milioni di vittime. La contestualizzazione è fondamentale sia per capire il fatto delle foibe, sia per discuterne in classe, evitando gli equivoci del dibattito pubblico, che tende a inserire nella stessa categoria di “massacro”, eccidi storicamente diversi, quali quelli perpetrati dal nazismo durante la guerra e quelli a danno delle popolazioni sconfitte, dopo la guerra. Alcuni storici, di recente, dilatano i tempi, includendo in questi processi di migrazione forzata una cronologia che risale a metà ottocento». «Inoltre, questo argomento richiama con insistenza parole/concetti quali “identità”, “memoria collettiva”, “memoria condivisa”, “etnia”, “confini” e così via. Si faccia attenzione, in questi casi, al fatto che questi termini designano dei processi di costruzione politica: non indicano dati “naturali” o “essenziali” di una popolazione, come spesso si crede. La vicenda delle foibe, in particolare, è anche un momento di costruzione identitaria, sia pure con tempi e modalità diversi, da entrambi i fronti; ed è stata un argomento per tracciare e rendere definitivi dei confini.»</ref>.
 
Alcuni storici hanno voluto vedere in questi atti, quasi tutti verificatisi nell'Istria meridionale (oggi croata), una sorta di ''[[jacquerie]]'', quindi di rivolta spontanea delle popolazioni rurali, in parte slave, come vendetta per i torti subiti durante il periodo fascista; altri, invece, hanno interpretato il fenomeno come un inizio di [[pulizia etnica]]<ref>{{cita web | autore=Silvia Ferreto Clementi | titolo=La pulizia etnica e il manuale Cubrilovic | url=http://www.lefoibe.it/approfondimenti/dossier/02-puliziaetnica.htm}}</ref> nei confronti della popolazione italiana.
 
In ogni caso queste azioni furono un preludio all'azione svolta in seguito dall'armata jugoslava.<br />Alcuni storici (come il francese Michel Roux) asserirono che vi era una similitudine tra il comportamento contro gli italiani nella Venezia Giulia ed a Zara e quello promosso da [[Vaso Čubrilović]] (che divenne ministro di [[Josip Broz Tito|Tito]] dopo il 1945) contro gli Albanesialbanesi della Jugoslavia<ref>[http://www.lefoibe.it/approfondimenti/dossier/02-puliziaetnica.htm Le Foibe - 1945/2005]</ref>.
 
{{citazione|Con la fine della guerra a questi si aggiunsero gli appartenenti alle unità fasciste che avevano operato agli ordini dei nazisti, soprattutto ufficiali, e il personale politico fascista che aveva collaborato con i nazisti... La borghesia italiana se ne andò... in quanto la trasformazione socialista della società presupponeva la sua espropriazione... numerosi anche coloro che erano arrivati in Istria dopo il 1918 al servizio dello Stato italiano e che seguirono questo Stato (ovvero l'impiego) quando dovette abbandonare la regione|Sandi Volk, ''Esuli a Trieste'', op. cit.}}
 
Nonostante la [[ricerca scientifica]] abbia, fin dagli anni novanta del [[XX secolo]], sufficientemente chiarito gli avvenimenti<ref>{{Cita|Pupo 1996||Pupo1996}}: «...dietro l'apparente caoticità delle situazioni e degli interventi sembra possibile discernere con una certa chiarezza le spinte fondamentali dell'onda di violenza politica che spazza la regione, fino a ricostruire le linee essenziali di una proposta interpretativa generale, che certo andrà vagliata e integrata alla luce dei nuovi apporti documentari, ma i cui connotati di fondo appaiono già delineati in maniera sufficientemente nitida.»</ref><ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. XI}}.</ref>, la conoscenza dei fatti nella [[pubblica opinione]] permane distorta e oggetto di confuse polemiche politiche, che ingigantiscono o sminuiscono i fatti a seconda della convenienza ideologica<ref>{{Cita|Pupo, Spazzali|p. X, 110}}: «A tutt'oggi, nonostante esse [N.d.R.: le tesi militanti] abbiano dimostrato tutta la loro fragilità sul piano scientifico, continuano a essere largamente diffuse, anche perché si prestano a un uso politico che non è mai venuto meno…»</ref><ref>Raoul Pupo, "Il lungo esodo", BUR, 2005, ISBN 88-17-00949-0, pp. 17-24.</ref>.
 
== L'esodo giuliano dalmata ==
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[[File:Esule con tricolore - Esodo giuliano-dalmata.png|thumb|Una giovane esule italiana in fuga trasporta, insieme ai propri effetti personali, una [[Bandiera d'Italia|bandiera tricolore]]]]
 
Al massacro delle foibe seguì l'[[esodo giuliano dalmata]], ovvero l'[[emigrazione]] forzata della maggioranza dei cittadini di [[Italiani|etnia]] e di [[lingua italiana]] in [[Istria]] e nel [[Quarnaro]], dove si svuotarono dai propri abitanti interi villaggi e cittadine. Nell'esilio furono coinvolti tutti i territori ceduti dall'[[Italia]] alla Jugoslavia con il [[Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di Parigi]] e anche la [[Dalmazia]], dove vivevano i [[dalmati italiani]].
 
Con la firma del trattato l'esodo s'intensificò ulteriormente. Da [[Pola]], così come da alcuni centri urbani istriani ([[Capodistria]], [[Parenzo]], [[Orsera]], ecc.) partì oltre il 90% della popolazione etnicamente italiana, da altri ([[Buie]], [[Umago]] e [[Rovigno]]) si desumono percentuali inferiori ma sempre molto elevate. Si stima che l'esodo giuliano-dalmata abbia interessato un numero compreso tra i 250.000{{formatnum:250000}} e i 350.000{{formatnum:350000}} italiani. I massacri delle foibe e l'esodo giuliano-dalmata sono ricordati dal [[Giorno del ricordo]], solennità civile nazionale [[italia]]na celebrata il [[10 febbraio]] di ogni anno.
 
L'ultima fase migratoria ebbe luogo dopo il [[1954]] allorché il [[Memorandum di Londra]] assegnò definitivamente la zona A del [[Territorio Libero di Trieste]] all'Italia, e la zona B alla Jugoslavia. L'esodo si concluse solamente intorno al [[1960]]. Dal censimento jugoslavo del 1971 in Istria e nel Quarnaro erano rimasti 17.516{{formatnum:17516}} italiani su un totale di 432.136{{formatnum:432136}} abitanti.
 
== La questione triestina ==
{{vedi anche|Questione triestina|Corsa per Trieste|Trattato di Osimo}}
[[File:Trieste 1954.jpg|miniatura|sinistra|La folla festante peruna settimana dopo il ritorno di Trieste all'Italia, 264 ottobrenovembre 1954]]
 
Nella parte finale della [[seconda guerra mondiale]] e durante il [[Secondo dopoguerra italiano|successivo dopoguerra]] ci fu la contesa sui territori della [[Venezia Giulia]] tra [[Italia]] e [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|Jugoslavia]], che è chiamata "questione giuliana" o "questione triestina". [[Trieste]] era stata occupata dalle truppe del Regno d'Italia il 3 novembre del 1918, al termine della [[prima guerra mondiale]], e poi ufficialmente annessa all'Italia con la ratifica del [[Trattato di Rapallo (1920)|Trattato di Rapallo del 1920]]: al termine della seconda, con l'Italia sconfitta, ci furono infatti le occupazioni militari tedesca e poi jugoslava.
 
L'occupazioneDurante jugoslavail [[Secondo dopoguerra italiano|successivo dopoguerra]] ci fu ottenutauna graziecontesa allasui territori della Venezia Giulia tra Italia e Jugoslavia chiamata "questione giuliana" o "questione triestina". [[Trieste]] era stata occupata dalle truppe del Regno d'Italia il 3 novembre del 1918, al termine della [[prima guerra mondiale]], e poi ufficialmente annessa all'Italia con la ratifica del [[Trattato di Rapallo (1920)|Trattato di Rapallo del 1920]]. Al termine della seconda guerra mondiale però, con l'Italia sconfitta, gli jugoslavi di Tito occuparono militarmente la città e i territori circostanti. Tale occupazione avvenne a seguito della cosiddetta "[[corsa per Trieste]]", ovvero alll'avanzata verso la città giuliana compiuta, per fini di politica postbellica, in maniera concorrenziale nella primavera del 1945 da parte della quartaQuarta armata jugoslava e dell'[[ottavaEighth Army (British Army)|Ottava armata britannica]].
 
Il 10 febbraio del [[1947]] fu firmato il [[Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di pace delltra l'Italia e gli Alleati]], che istituì il [[Territorio Libero di Trieste]] (TLT), costituito dal litorale triestino e dalla parte nordoccidentale dell'Istria, provvisoriamente diviso da un confine passante a sud della cittadina di [[Muggia]] ed amministrato dal Governo Militare Alleato (zona A) e dall'esercito jugoslavo (zona B), in attesa della creazione degli organi costituzionali del nuovo stato.
 
Nella regione la situazione si fece incandescente e numerosi furono i disordini e le proteste italiane: in occasione della firma del trattato di pace, la maestra [[Maria Pasquinelli]] uccise a Pola il generale inglese [[Robin De Winton]], comandante delle truppe britanniche. All'entrata in vigore del trattato (15 settembre [[1947]]) corse addirittura voce che le truppe jugoslave della zona B avrebbero occupato Trieste.<ref>Antonio Ciarrapico, ''L'impossibile revisione del trattato di pace con l'Italia'', in Nuova Storia Contemporanea n°8, Anno XIV, Settembre-ottobre 2010, pag. 125</ref> Negli anni successivi la diplomazia italiana cercò di ridiscutere gli accordi di Parigi per chiarire le sorti di Trieste, senza successo.
 
La situazione si chiarì solo il 5 ottobre [[1954]] quando col [[Memorandum di Londra]] la ''Zona "A"'' del TLT passò all'amministrazione civile del governo italiano, mentre l'amministrazione del governo militare jugoslavo sulla ''Zona "B"'' passò al governo della Repubblica socialista jugoslava. Gli accordi prevedevano inoltre alcune rettifiche territoriali a favore della Jugoslavia fra cui il centro abitato di [[Capodistria|Albaro Vescovà / Škofije]] con alcune aree appartenenti al Comune di [[Muggia]] (pari a una decina di km²). Il trattato fu un passo molto gradito alla NATO, che valutava particolarmente importante la stabilità internazionale della Jugoslavia.
 
== Note ==
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{{Portale|guerra|italia|storia|storia d'Italia|Venezia Giulia e Dalmazia}}
 
[[Categoria:StoriaQuestione contemporaneaadriatica| europea]]
[[Categoria:Storia della Venezia Giulia]]
[[Categoria:Storia della Slovenia]]
[[Categoria:Storia della Croazia]]
[[Categoria:Storia della Jugoslavia]]