Anime: differenze tra le versioni

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Gli {{nihongo|'''anime'''|アニメ|extra=/{{IPA|aɲime̞}}/ {{Link audio|Ja-Anime.oga|ascolta}}}} sono le opere commerciali di [[animazione]] di produzione giapponese; in [[Giappone]] invece il termine comunemente indica tutti i tipi di animazione, sia quelli prodotti in patria sia quelli importati dall'estero.<ref name="Tavassi25"/>
[[File:Wikipe-tan full length.svg|thumb|''Wikipe-tan'', la ''mascotte'' del [[Progetto:anime e manga|progetto ''anime'' e ''manga'']] su Wikipedia.]]
 
Il termine {{nihongo|'''''anime'''''|アニメ|extra=/{{IPA|anime}}/ {{Link audio|Ja-Anime.oga|ascolta}}), dall'abbreviazione di ''animēshon'' (traslitterazione [[lingua giapponese|giapponese]] della parola [[lingua inglese|inglese]] ''animation'', "[[animazione]]"}}, è un [[neologismo]] con cui in [[Giappone]], a partire dalla fine degli [[anni 1970|anni settanta]] del [[XX secolo]],<ref>{{Cita|Pellitteri 2002|p. 455|Pellitteri2002}}.</ref><ref>{{Cita|Benecchi 2005|p. XIII|Benecchi2005}}. Tuttavia, alcuni ritengono che l'origine del termine sia da individuarsi invece nel [[lingua francese|francese]] ''animé'', "animato" ({{Cita|Marcovitz 2008|p. 9|Marcovitz2008}}).</ref> si indicano l'animazione e i [[film d'animazione]] (giapponesi e non), fino ad allora chiamati {{nihongo|''dōga eiga''|動画 映画,||film animato}} o {{nihongo|''manga eiga''|漫画 映画,||film di [[fumetti]]}}, mentre in [[Occidente (civiltà)|Occidente]] viene comunemente utilizzato per indicare le opere di animazione di produzione giapponese,<ref>{{Cita|Tavassi 2012|p. 19 e segg|Tavassi2012}}.</ref> comprese quelle precedenti l'esordio del lemma stesso.<ref name="ReferenceA">{{Cita|Pellitteri 2008|p. 102|Pellitteri2008}}.</ref>
I primi esempi commerciali di anime risalgono al 1917, ma è solo negli [[anni 1960|anni sessanta]], grazie soprattutto all'influenza delle opere e delle pratiche produttive di [[Osamu Tezuka]], che il ''[[Mezzo di comunicazione di massa|medium]]'' ha acquisito le sue caratteristiche salienti. Nel corso dei decenni successivi gli anime hanno ottenuto grande popolarità in Giappone e all'estero, e dagli anni novanta godono di una distribuzione e di un richiamo globale. Gli anime possono essere prodotti in diversi formati: per il [[cinema]] come [[lungometraggio|lungometraggi]], [[mediometraggio|mediometraggi]] o [[cortometraggio|cortometraggi]], per la [[televisione]] come [[serie televisiva|serie televisive]], direttamente per il mercato [[home video]] come [[original anime video]] (OAV) e, più di recente, per [[Internet]] e la [[web TV]] come [[original net anime]] (ONA).<ref>{{cita|Tavassi 2022|p. 28 e segg}}.</ref>
 
Gli anime costituiscono un ''medium'' eterogeneo e variegato: possono infatti trattare di soggetti, argomenti e generi molto diversi tra loro, e indirizzarsi a diverse [[Target (media)|tipologie di pubblico]], dai bambini, agli adolescenti, agli adulti, da grandi platee fino a categorie socio-demografiche più piccole e specifiche.<ref name="Napier6"/><ref name="Castellazzi8"/><ref name="Marcovitz10"/> Rispetto all'animazione occidentale, gli anime si concentrano meno sulla rappresentazione del movimento, impiegando tecniche come l'[[animazione limitata]], effetti di camera cinematografici, e una maggiore enfasi sulla narrazione, la veste grafica e la caratterizzazione dei personaggi. Seppure non esista uno stile unico, è possibile individuare degli elementi estetici e visuali comuni, quali un design semplice ma con dettagli estremizzati come pettinature e colori di capelli innaturali o dimensione degli occhi esagerata.
 
Il medium è strettamente legato ad altri settori della [[cultura di massa]] e dell'intrattenimento giapponese, come [[manga]], [[light novel]] e [[videogioco|videogiochi]], con cui spesso condivide storie, personaggi e interi [[media franchise]]. Il mercato degli anime rappresenta un'importante branca economica in costante crescita e nel XXI secolo costituisce da solo il 60% di tutte le opere di animazione nel mondo.<ref name="Napierx"/>
 
== Definizione ==
In giapponese "anime" indica qualsiasi forma di [[animazione]], indipendentemente dall'origine geografica e dallo stile. Al di fuori del Giappone il termine viene invece utilizzato per riferirsi esclusivamente alle opere di animazione di produzione giapponese.<ref name="Tavassi25">{{cita|Tavassi 2022|p. 23 e segg}}.</ref><ref name="MacWilliams48">{{cita|MacWilliams 2008|p. 48}}.</ref> Secondo l'ipotesi più accreditata, la parola {{nihongo|''anime''|アニメ}} deriva dall'abbreviazione di {{nihongo|''animēshon''|アニメーション}}, traslitterazione giapponese della parola [[Lingua inglese|inglese]] ''animation'', ovvero "animazione".<ref name="Berndt"/> Un filone minoritario ritiene invece che l'origine del termine sia da individuarsi nel [[lingua francese|francese]] ''animé'', "animato".<ref>{{cita|Marcovitz 2008|p. 9}}.</ref> In Giappone l'uso del [[neologismo]] iniziò ad attestarsi negli anni sessanta e settanta,<ref name="Berndt">{{cita pubblicazione|autore=Jaqueline Berndt|titolo=Anime in Academia: Representative Object, Media Form, and Japanese Studies|rivista=Arts|volume=7|numero=4|data=30 settembre 2018|ISSN=2076-0752|pp=5-7|doi=10.3390/arts7040056|lingua=en}}</ref><ref>{{cita|Tavassi 2022|p. 25}}.</ref><ref>{{cita|Benecchi 2005|p. XIII}}.</ref> sostituendo denominazioni precedenti, come {{nihongo|''senga''|線画||"arte di linee"}}, ''kuga'' ("[[flip-book]]"), {{nihongo|''manga eiga''|漫画 映画||"film di [[fumetto|fumetti]]"}} o {{nihongo|''dōga''|動画||"film animato"}}.<ref>{{cita|Pellitteri 2008|p. 102}}.</ref><ref name="Clements29">{{cita|Clements 2013|p. 29 e segg}}.</ref> Dal Paese il lemma si è poi diffuso in tutto il mondo nel corso degli anni ottanta.<ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|p. 24}}.</ref><ref>{{cita|Patten 2004|pp. 19, 85-86}}.</ref>
Secondo un'accezione generica in Occidente si tende a definire ''anime'' come sinonimo di "cartone animato giapponese", sennonché una simile definizione non fornisce l'esatta idea della complessità e della varietà che caratterizzano questo [[medium]].<ref name=Napier-2005-6>{{Cita|Napier 2005|p. 6|Napier2005}}.</ref><ref>Sull'animazione come ''mezzo espressivo'' e non come ''genere'', v. pure {{cita libro|autore=[[Gianni Rondolino]]|titolo=Storia del cinema d'animazione|città=Torino|editore=[[UTET]]|p=4}}</ref> Nonostante un ormai sorpassato luogo comune occidentale che riduce l'animazione giapponese a un prodotto rivolto ad un pubblico infantile o, al contrario, a carattere pornografico, confondendo in entrambi i casi una parte per il tutto, in realtà l<nowiki>'</nowiki>''anime'' è allo stesso tempo un prodotto di intrattenimento commerciale, un fenomeno culturale popolare di massa e una forma d'arte tecnologica.<ref>{{Cita|Napier 2005|pp. 3 e segg|Napier2005}}.</ref> Esso è potenzialmente indirizzato a diverse tipologie di pubblico, dai bambini, agli adolescenti, agli adulti, fino ad arrivare ad una specializzazione del [[Target (media)|target]] sostanzialmente mutuata da quella esistente per i [[manga]] (fumetti giapponesi), con anime concepiti per categorie [[Società (sociologia)#Società umana|socio]]-[[demografia|demografiche]] specifiche quali impiegati, casalinghe, studenti e altro. Essi possono, pertanto, trattare soggetti, argomenti e generi molto diversi tra loro come amore, avventura, [[fantascienza]], [[Letteratura per ragazzi|storie per bambini]], [[letteratura]], [[sport]], [[fantasy]], [[erotismo]] e molto altro ancora.<ref>{{Cita|Napier 2005|pp. 19 e segg|Napier2005}}.</ref><ref>{{Cita|Castellazzi 1999|p. 8|Castellazzi1999}}.</ref><ref>{{Cita|Marcovitz 2008|p. 10|Marcovitz2008}}.</ref>
 
Sebbene nell'accezione più generica e accettata "anime" venga appunto usato come sinonimo di "cartone animato giapponese",<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 30}}.</ref> in ambito accademico, giornalistico e commerciale questa definizione è controversa e ne sono state proposte anche formulazioni alternative.<ref name="Clements29"/><ref name="Ruh">{{cita pubblicazione|autore=Brian Ruh|titolo=Conceptualizing Anime and the Database Fantasyscape|rivista=[[Mechademia]]|volume=9|numero=1|anno=2014|ISSN=2152-6648|pp=164-167|doi=10.1353/mec.2014.0012|lingua=en}}</ref> Per [[Susan J. Napier]] anime è allo stesso tempo un prodotto di intrattenimento commerciale, un fenomeno culturale popolare di massa e una forma d'arte tecnologica.<ref>{{cita|Napier 2005|pp. 3-14}}.</ref> Studiosi come Tsunaga Nobuyuki, [[Thomas Lamarre]] e [[Marco Pellitteri]] ne hanno proposto una definizione più ristretta, come una tipologia di animazione giapponese che si è diversificata a partire dagli anni sessanta con le produzioni televisive, e incentrata su un insieme di stilemi comuni fatto di tecniche, processi e multimedialità.<ref name="Clements29"/><ref>{{cita|Lamarre 2009|p. 184}}.</ref><ref name="Pellitteri106">{{cita|Pellitteri 2008|pp. 106-107}}.</ref> Seguendo questa prospettiva, altri accademici come Jonathan Clements hanno sottolineato che una definizione complessiva di anime non può prescindere dal suo essere oggetto ed evento, analizzandolo quindi nel contesto di come viene generato, distribuito e fruito: sarebbero quindi elementi indissolubilmente legati a esso i processi produttivi degli studi di animazione nipponici, il mercato, i canali di distribuzione e l'intermedialità con altre forme espressive come i manga, le [[light novel]] o le [[visual novel]]. In questo modo l'anime non sarebbe quindi un'entità precisa e immutabile, ma «un'articolazione di sistemi concettuali che si è formata e modificata nel corso del tempo in risposta a problematiche, tradizioni e influenze».<ref name="Clements29"/>
 
Più spesso, in termini non rigorosi, gli anime vengono identificati in base alle loro caratteristiche narrative, estetiche, stilistiche e visuali, che sono anche quelle più immediatamente riconoscibili dai fruitori. Secondo questa lettura il medium in oggetto è definito come un insieme di immagini, tematiche e linguaggi comuni, tra cui quelli più frequentemente citati sono: una narrazione continua che si dipana per più episodi, l'utilizzo di [[Cliffhanger (narrativa)|cliffhanger]] e la loro risoluzione tramite [[Eucatastrofe|eucatastrofi]], un [[character design]] minimale e iconico, grande varietà cromatica, l'uso della tecnica di [[animazione limitata]], la creazione di un senso di spazio tramite il movimento, una grande abbondanza di tagli, e l'utilizzo di tecniche cinematografiche e di montaggio per rappresentare più prospettive e dettagli di una stessa scena.<ref name="Pellitteri106"/><ref name="Iglesias">{{cita pubblicazione|autore=José Andrés Santiago Iglesias|titolo=The Anime Connection. Early Euro-Japanese Co-Productions and the Animesque: Form, Rhythm, Design|rivista=Arts|volume=7|numero=4|anno=2018|pp=5-10|doi=10.3390/arts7040059|lingua=en | issn=2076-0752 }}</ref> Considerando questa definizione di anime come stile e non per forza legato a una particolare area geografica e viste le caratteristiche di transnazionalità proprie del medium,<ref name="Ruh"/> alcuni autori, giornalisti e case di produzione occidentali hanno iniziato a riferirsi a certe opere di animazione occidentali come "anime", sebbene la tendenza prevalente sia di considerarle animazioni "in stile anime" o "influenzate dagli anime".<ref name="ClementseMcCarthy190">{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 190-191}}.</ref>
 
Nella definizione di anime viene spesso anche posto l'accento su quanto l'animazione giapponese differisca da quello che gli spettatori occidentali sono soliti aspettarsi dai cartoni animati, ovvero opere destinate ai bambini e con contenuti e tematiche perlopiù leggeri.<ref name="MacWilliams48"/> Gli anime sono infatti indirizzati a diverse tipologie di pubblico, bambini così come adulti, e possono trattare di soggetti, argomenti e generi molto diversi tra loro come amore, avventura, fantascienza, sport, fantasy, dramma, erotismo, pornografia e molto altro ancora.<ref name="Napier6">{{cita|Napier 2005|pp. 6-7}}.</ref><ref name="Castellazzi8">{{cita|Castellazzi 1999|p. 8}}.</ref><ref name="Marcovitz10">{{cita|Marcovitz 2008|p. 10}}.</ref>
== Format ==
Gli ''anime'' possono essere prodotti in diversi [[format televisivo|format]]: per la [[televisione]] come [[serie televisiva|serie televisive]], direttamente per il mercato ''[[home video]]'' come ''[[original anime video]]'' (OAV), per il [[cinema]] come [[lungometraggio|lungometraggi]], [[mediometraggio|mediometraggi]] o [[cortometraggio|cortometraggi]] e, più di recente, per [[internet]] e la [[web TV]] come ''[[original net anime]]'' (ONA).<ref>{{Cita|Castellazzi 1999|p. 19|Castellazzi1999}}.</ref> In Giappone i [[Format televisivo|format]] descritti vengono normalmente indicati rispettivamente come ''TV Anime'' (TVA), ''Original Video Anime'' (OVA), ''Movie'' e ''NET Anime'' (NETA).
 
== Cenni storiciStoria ==
=== Le origini ===
[[File:Katsudō Shashin (1907).webm|sinistra|miniatura|''[[Katsudō Shashin]]'', antecedente al 1915]]
Il principio della storia dell'animazione giapponese può farsi risalire già alla fine del [[periodo Edo]], quando alcuni pittori presero a riprodurre dettagliatamente sequenze di movimenti, come nel caso delle danze orientali disegnate da [[Katsushika Hokusai]], e in Giappone comparve l<nowiki>'</nowiki>{{nihongo|''utsushie''|写し絵}}, una sorta di variante della [[precinema|lanterna magica]]. Tuttavia, i veri pionieri dell'animazione giapponese, colpiti dalle prime opere occidentali arrivate nel Sol Levante, furono il pittore [[Seitarō Kitayama]], e i vignettisti [[Oten Shimokawa]] e [[Jun'ichi Kōuchi]].<ref>Per l'intero paragrafo sulle origini, {{Cita|Prandoni 1999|pp. 3 e segg|Prandoni1999}}, {{Cita|Tavassi 2012|pp. 45-54|Tavassi2012}}.</ref>[[File:Saru Kani Gassen.jpg|thumb|Immagine da ''Saru to kani no kassen'' ("La sfida tra la scimmia e il granchio") di Seitaro Kitayama, 1917]]
Basandosi su soggetti tradizionali, nel [[1914]] furono proprio loro ad iniziare a sperimentare, ognuno autonomamente, alcune tecniche di animazione rudimentali come ad esempio fotografare in sequenza disegni realizzati col gesso su una lavagna. Nel [[1917]], a pochi mesi l'uno dall'altro, furono presentati diversi filmati d'animazione frutto della loro fatica, all'epoca chiamati {{nihongo|''senga eiga''|腺画 映画,||film di linee}}. Il primo a partire pare sia stato, nel [[1916]], Seitaro Kitayama con {{nihongo|''Saru to kani no kassen''|サルとカニの合戦}}, prodotto dalla ''Nikkatsu Uzumasa'', anche se ad essere proiettato per primo fu {{nihongo|''Imokawa Mukuzo genkanban no maki''|芋川椋三玄関番の巻}} di Oten Shimokawa nel marzo del 1917, seguito a maggio dall'opera di Kitayama e a giugno da {{nihongo|''Hanawa hekonai meitō no maki''|塙凹内名刀之巻}} di Jun'ichi Kōchi, che introdusse per la prima volta l'uso delle sfumature di grigio per le ombre. Del [[1918]] è invece {{nihongo|''Momotarō''|桃太郎}}, ancora di Kitayama, proiettato con successo anche in [[Francia]]. Certamente da menzionare tra i pionieri pure [[Sanae Yamamoto]], che nel [[1925]] realizzò il cortometraggio {{nihongo|''Ubasute yama''|姥捨て山}}, e [[Noburō Ōfuji]], autore nel [[1927]] di {{nihongo|''Kujira''|くじら}}, realizzato con una tecnica innovativa che conferiva maggiore fluidità ai movimenti rispetto al passato, e primo ''senga eiga'' ad essere importato e distribuito in [[Unione Sovietica]]. In particolare, Ofuji utilizzò una tradizionale carta semitrasparente {{nihongo||千代紙,|chiyogami}} su cui disegnò le [[silhouette]] dei personaggi, con risultati di maggiore suggestione nelle trasparenze e nelle ombre. [[File:Chikara to onna.jpg|left|thumb|Immagine da ''Chikara to onna no yononaka'' ("Quello che conta al mondo sono la forza e le donne") di Kenzo Masaoka, 1932]]
Nel [[1932]] vide quindi la luce la prima produzione con il sonoro parlato, {{nihongo|''Chikara to onna no yononaka''|力と女の世の中}} di [[Kenzō Masaoka]], che però non reggeva ancora il confronto con le coeve produzioni americane.<ref>{{Cita|Baricordi 1991|p. 14|Baricordi1991}}.</ref> Proprio negli [[Anni 1930|anni trenta]], tuttavia, la politica espansionistica e nazionalista del Governo giapponese prese ad imporre uno stretto controllo sull'industria cinematografica e, conseguentemente, anche la produzione di animazione, caratterizzata da una cronica carenza di fondi, venne incoraggiata e finanziata soprattutto come strumento di propaganda e valorizzazione della cultura nipponica. E così il primo lungometraggio animato giapponese, {{nihongo|''Momotarō umi no shinpei''|桃太郎 海の神兵}} di [[Mitsuyo Seo]], venne prodotto nel [[1945]] con fondi della [[Marina imperiale giapponese|Marina imperiale]]<ref name=Raffaelli-2005-194>{{Cita|Raffaelli 2005|p. 194|Raffaelli2005}}.</ref><ref>{{Cita|Castellazzi 1999|p. 10|Castellazzi1999}}.</ref> per raccontare la storia patriottica di Momotaro, che con il suo esercito di animali antropomorfi pone sotto assedio e conquista una base navale nemica in [[Nuova Guinea]]. Complessivamente, tra il 1917 e il [[1945]] furono realizzati almeno 400 filmati d'animazione, dei quali, tra terremoti, bombardamenti e censura governativa, è rimasto ben poco.<ref name=Prandoni-1999-2>{{Cita|Prandoni 1999|p. 2|Prandoni1999}}.</ref>
 
Le origini dell'animazione giapponese vengono fatte risalire a una ricca tradizione nel Paese di forme di narrazione e di intrattenimento basate sulle immagini. Gli ''[[emakimono]]'', ovvero dei racconti illustrati che contenevano storie e leggende realizzati su rotoli, erano diffusi dall'XI secolo e furono d'ispirazione per forme artistiche successive che tendevano a riprodurre dettagliatamente sequenze di movimenti, come gli ''[[ukiyo-e]]'' o i [[manga]].<ref>{{cita pubblicazione|autore=Massimo Nicora|titolo=Alle radici del cinema d'animazione giapponese. Gli emakimono, gli spettacoli di lanterna magica e il kamishibai|rivista=Manga Academica|editore=La Torre|volume=15|anno=2022}}</ref><ref name="Novielli">{{cita libro|autore=Maria Roberta Novielli|titolo=Floating Worlds: A Short History of Japanese Animation|url=https://books.google.it/books?id=SFJHDwAAQBAJ|editore=CRC Press|anno=2018|ISBN=978-1-351-33481-5|lingua=en|capitolo=From Pre-Cinema to the Birth of Industry}}</ref> Tra gli spettacoli e le rappresentazioni teatrali, importanti apripista furono anche il ''[[kamishibai]]'', il [[teatro d'ombre]], il teatro di burattini noto come ''[[bunraku]]'' e l'{{nihongo|''utsushie''|写し絵}}, una sorta di variante della [[lanterna magica]] che si sviluppò alla fine del [[periodo Edo]] e che veniva impiegata come forma di [[precinema]] in spettacoli fissi o itineranti o venduta come giocattolo alle classi più abbienti.<ref name="Novielli"/><ref name="Clements20">{{cita|Clements 2013|pp. 20-32}}.</ref>
=== Il dopoguerra ===
Finita la [[seconda guerra mondiale]], la situazione dell'animazione giapponese mutò radicalmente, nel senso che la grave crisi economica conseguente rese molto difficile l'impegno di risorse nel settore. Ci vollero diversi anni perché l'attività riprendesse in modo costante, e la produzione che segnò l'inizio vero e proprio della «nuova era dell'animazione nipponica»<ref name=Raffaelli-2005-194 /> fu anche il primo lungometraggio animato a colori, nonché primo della neonata ''[[Toei Dōga]]'': si tratta di {{nihongo|''[[La leggenda del serpente bianco]]''|白蛇伝|Hakujaden}} di [[Taiji Yabushita]] (cofondatore della Toei insieme a Sanae Yamamoto), realizzato nel [[1958]] e distribuito anche in Occidente (in [[Italia]] con il titolo ''La leggenda del serpente bianco''). Ad esso seguirono numerosi altri lungometraggi prodotti dalla Toei, tra i quali {{nihongo|''Shōnen sarutobi Sasuke''|少年猿飛佐助}} nel [[1959]], nonché {{nihongo|''Saiyuki''|最遊記}} tratto da un ''manga'' di [[Osamu Tezuka]] nel [[1960]], {{nihongo|''[[Anju to Zushiōmaru]]''|安寿と厨子王丸}} nello stesso anno, e {{nihongo|''Arabian nights - Sindbad no boken''|アラビアンナイト シンドバッドの冒険}} nel [[1962]], questi ultimi pure distribuiti in Occidente.<ref>{{Cita|Pellitteri 2002|p. 136|Pellitteri2002}} In particolare, il primo fu distribuito in Italia con il titolo ''Le tredici fatiche di Ercolino'', il secondo con quello di ''Shirab, il ragazzo di Bagdad'', mentre il terzo fu intitolato ''[[Robin e i 2 moschettieri e mezzo]]''.</ref>[[File:Momotaro 1945.jpg|thumb|upright|Immagine tratta da ''Momotaro umi no shinpei'' di Mitsuyo Seo, 1945]]
 
[[File:Saru Kani Gassen.jpg|thumb|Immagine da ''Saru to kani no kassen'' di Seitaro Kitayama, 1917]]
=== ''Manga'' e televisione: nasce l'industria dell<nowiki>'</nowiki>''anime'' ===
Tuttavia, l'industria dell<nowiki>'</nowiki>''anime'' moderna deve senza dubbio la sua nascita e la sua fortuna a due fattori determinanti: da un lato l'esistenza risalente in Giappone di un mercato dei fumetti (''manga'') estremamente fiorente e dinamico, dall'altro l'avvento della [[televisione]] negli [[Anni 1960|anni sessanta]].<ref>{{Cita|Castellazzi 1999|p. 11 e pp. 21 e segg|Castellazzi1999}}.</ref> Il 1º gennaio [[1963]], giorno della messa in onda del primo episodio della serie televisiva in bianco e nero ''Tetsuwan Atom'' (''[[Astro Boy]]'') di Osamu Tezuka, può, pertanto, essere senz'altro considerata la data di nascita dell'industria moderna dell'animazione giapponese:<ref>{{Cita|Raffaelli 2005|pp. 193 e segg|Raffaelli2005}}.</ref> prodotta dalla [[Mushi Production]], fondata dallo stesso Tezuka, e tratta dal suo omonimo ''manga'', la serie riscuoterà un grande successo anche all'estero, e conterà alla fine ben 193 episodi, l'ultimo dei quali trasmesso in Giappone alla fine del [[1966]].<ref>{{Cita|Murakami 1998|pp. 6 e segg.|Murakami1998}}.</ref> Primo ''anime'' televisivo seriale con puntate di trenta minuti, Tetsuwan Atom è, assieme al coevo ''Tetsujin 28-Go'' (''Super Robot 28'') tratto dal ''manga'' di [[Mitsuteru Yokoyama]], anche il primo ''anime'' robotico, capostipite di un filone certamente tra i più rappresentativi dell'animazione giapponese,<ref name=Pellitteri-2002-137>{{Cita|Pellitteri 2002|p. 137|Pellitteri2002}}.</ref> che conoscerà il suo apice negli anni settanta con le saghe dei ''super robot'' di [[Gō Nagai]]<ref>{{Cita|Mognato 1999|pp. 31 e segg|Mognato1999}}.</ref> e il realismo inaugurato da [[Yoshiyuki Tomino]].<ref>{{Cita|Mognato 1999|pp. 53 e segg|Mognato1999}}.</ref> Ulteriore e definitivo impulso alla neonata industria dell'animazione del Sol Levante venne poi ancora da Osamu Tezuka, che nel [[1965]] realizzò sempre con la Mushi anche la prima serie televisiva animata a colori di successo, ''Jungle taitei'' (''[[Kimba il leone bianco]]''), basata su un altro suo ''manga'';<ref>{{Cita|Prandoni 1999|p. 43 |Prandoni1999}}; la prima serie a colori in assoluto fu ''Dolphin oji'' della TV Doga, interrotta però dopo soli tre episodi per lo scarso gradimento incontrato nell'aprile del 1965 ({{Cita|Murakami 1998|p. 15|Murakami1998}}).</ref> da questa, due anni dopo, lo stesso autore trasse il lungometraggio omonimo, molto più rifinito, che arrivò in Italia "camuffato" da produzione americana con il titolo ''Leo il re della giungla'', e con il quale Tezuka vinse il Leone d'oro alla XIX Mostra del cinema per ragazzi di Venezia.<ref name=Pellitteri-2002-137 />
 
Fu in questo humus culturale che all'inizio del XX secolo cominciarono a diffondersi in Giappone le prime animazioni rudimentali, composte da brevi filmati di disegni fotografati in sequenza, provenienti dalla Francia, Germania, Stati Uniti e Russia, che spinsero artisti nipponici a sperimentare con queste nuove tecniche pioneristiche. ''[[Katsudō Shashin]]'', un filmato ritenuto antecedente al 1915 di autore sconosciuto e mai proiettato pubblicamente, viene a volte citato come il primo esempio di anime.<ref name="Clements20"/><ref name="ClementsMcCarthy169">{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 169-171}}.</ref> I pionieri dell'animazione giapponese furono il pittore [[Seitarō Kitayama]] e i vignettisti [[Oten Shimokawa]] e [[Jun'ichi Kōuchi]].<ref>{{cita|Prandoni 1999|pp. 3 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Tavassi 2022|pp. 57-71}}.</ref> A partire dal 1917, a pochi mesi l'uno dall'altro, furono presentati diversi filmati d'animazione, all'epoca chiamati {{nihongo|''senga eiga''|腺画 映画||{{lett|film di linee}}}}, frutto dei loro sforzi. A essere proiettato per primo fu probabilmente {{nihongo|''[[Imokawa Mukuzo genkanban no maki]]''|芋川椋三玄関番の巻}} di Shimokawa, nel gennaio del 1917 per lo studio cinematografico Tenkatsu; la prima opera di Kitayama, {{nihongo|''[[Saru to kani no kassen]]''|サルとカニの合戦}}, seguì a maggio per lo studio Nikkatsu, mentre a giugno uscì {{nihongo|''[[Namakura katana|Hanawa Hekonai meitō no maki]]''|塙凹内名刀之巻}} di Kōuchi, che lavorava per lo studio Kobayashi Shokai. I tre realizzarono 18 filmati nel solo 1917 e furono anche i primi a fondare studi di animazione dedicati: Kitayama nel 1921 e Kōuchi nel 1923; tuttavia già negli anni trenta avevano abbandonato il medium e gran parte delle loro opere venne distrutta nel [[grande terremoto del Kantō del 1923]].<ref name="ClementsMcCarthy169"/><ref>{{cita web|autore=Frederick S. Litten|url=http://litten.de/fulltext/ani1917.pdf|titolo=Some remarks on the first Japanese animation films in 1917|accesso=25 novembre 2021|lingua=en|dataarchivio=10 agosto 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140810001217/http://litten.de/fulltext/ani1917.pdf|urlmorto=no}}</ref> Questi primi lavori erano realizzati con tecniche sperimentali e artigianali: con illustrazioni fatte su lavagna o carta e poi fotografate, disegnando direttamente sulla pellicola o usando la più economica e pratica [[cutout animation]].<ref name="Clements20"/><ref name="ClementsMcCarthy169"/>
=== ''Anime boom'' ===
Dalla metà degli anni sessanta in poi la scena dell'animazione giapponese conosce sostanzialmente una crescita continua, gli studi di produzione si moltiplicano, si affinano sempre più le tecniche, e le televisioni private, così come la televisione di Stato [[NHK]] aumentano progressivamente la loro domanda di serie animate. Inoltre, sin dal principio e sempre più spesso, i personaggi degli ''anime'' vengono sfruttati a fini pubblicitari per i prodotti più disparati, garantendo così alle case di produzione entrate ulteriori, e comincia anche a prendere piede il finanziamento diretto delle serie da parte dei produttori di giocattoli, soprattutto nell'ambito del genere robotico, finalizzato al successivo ''[[merchandising]]'' di ''[[gadget]]'' e [[modellismo|modellini]].<ref>{{Cita|Prandoni 1999|p. 31|Prandoni1999}}.</ref><ref>{{Cita|Mognato 1999|p. 29|Mognato1999}}.</ref> Fino agli [[anni 1980|anni ottanta]] si parlerà dunque di vero e proprio ''anime boom'',<ref name=Pellitteri-2002-137 /> alimentato anche dalla diffusione dei [[videoregistratore|videoregistratori]] e dalla conseguente esplosione del mercato ''[[home video]]'', cui sarà destinato un apposito tipo di produzione, il cosiddetto ''[[Original Anime Video]]'' (OAV), nato ufficialmente nel [[1983]] con l'opera di fantascienza ''[[Dallos]]''.<ref>{{Cita|Tavassi 2012|pp. 174-175|Tavassi2012}}</ref> Nell'arco di oltre un trentennio, poi, la produzione, per venire incontro alle richieste di un pubblico sempre più vasto e variegato, si articolerà in una molteplicità di generi e sottogeneri, del tutto sconosciuta nel mondo dell'animazione televisiva occidentale, e ciò sia prelevando a piene mani dall'enorme serbatoio creativo dei ''manga'' e della cultura tradizionale giapponese, sia grazie all'emergere di autori originali che ne segneranno la storia, quali tra gli altri [[Isao Takahata]], [[Hayao Miyazaki]], [[Mamoru Oshii]] e [[Katsuhiro Ōtomo]], il cui film ''kolossal'' ''[[Akira (film)|Akira]]'' del [[1988]], in particolare, contribuirà in maniera determinante alla diffusione e al successo degli ''anime'' in Occidente.<ref>{{Cita|Napier 2005|p. 41|Napier2005}}.</ref> Dal dopoguerra alla metà degli [[anni 1990|anni novanta]] si stimava fossero state prodotte, tra serie TV, OAV e lungometraggi, complessivamente circa 3.000 opere ufficiali,<ref name=Prandoni-1999-2 /> di cui al [[1990]] ben 350 importate in Italia.<ref name=Pellitteri-2002-137 />[[File:Studio GAINAX.jpg|left|thumb| La vecchia sede di [[Tokyo]] della [[Gainax]], lo studio che ha prodotto il blockbuster ''[[Neon Genesis Evangelion]]''.]]
 
[[File:Chikara to onna.jpg|left|thumb|Immagine da ''Chikara to onna no yononaka'' di Kenzo Masaoka, 1932]]
=== La nuova animazione seriale ===
A cavallo tra gli anni ottanta e novanta, tuttavia, se la produzione ''home video'' si consolida, l'animazione seriale televisiva conosce, invece, una vera e propria fase di stanca, anche per la prepotente crescita del mercato dei [[videogioco|videogiochi]] da casa. Ci vorranno quindi alcuni anni perché i creativi dell'animazione nipponica trovino un'efficace risposta alla crisi di idee, dai più individuata nella serie ''Shin Seiki Evangelion'' (''[[Neon Genesis Evangelion]]'') di [[Hideaki Anno]], che nel [[1995]] ha imposto con successo i canoni della cosiddetta "nuova animazione seriale" giapponese.<ref>Stefano Gariglio in A. Fontana; D. Tarò, ''Anime. Storia dell'animazione giapponese 1984-2007'', Piombino, Eif, 2007, pp. 105 e segg.</ref> In quest'opera è, infatti, possibile riscontrare paradigmaticamente tutte quelle innovazioni che hanno consentito la rinascita tecnica e artistica dell<nowiki>'</nowiki>''anime'' televisivo, ossia una maggiore autorialità, la concentrazione delle risorse in un minor numero di episodi (13 o al massimo 26), un'impostazione registica ancora più vicina alla [[cinematografia]] dal vero, un drastico ridimensionamento del rapporto di dipendenza dai soggetti dei ''manga'' e una maggiore libertà dai vincoli del ''merchandising''.<ref>Stefano Gariglio, ''op. cit.'', pp. 105 e segg.</ref> È nell'ambito di questo rilancio che quindi emergono nuovi talenti e figure di riferimento quali, oltre al già citato Hideaki Anno, [[Satoshi Kon]] e [[Shinichirō Watanabe]].
 
Con il terremoto del Kantō la nascente industria dell'animazione giapponese si trasferì nella regione del [[Kansai]], che ne rimase il fulcro per i successivi trent'anni. Durante questo periodo il settore subì una radicale trasformazione verso una produzione più strutturata e industrializzata, che poteva reggersi autonomamente grazie ai propri profitti, e vennero fissati i primi standard per le tecniche e i processi produttivi. Influenzata dalle contemporanee produzioni animate statunitensi, una nuova generazione di autori contribuì a raffinare e ad apportare innovazioni al medium.<ref name="Clements35">{{cita|Clements 2013|pp. 35-51}}.</ref> Tra le figure di riferimento ci furono [[Sanae Yamamoto]], che nel 1924 realizzò il cortometraggio {{nihongo|''Ubasute yama''|姥捨て山}}, e [[Noburō Ōfuji]], autore nel 1927 di {{nihongo|''Kujira''|くじら}}, il primo anime a incorporare una traccia audio in forma dell'[[ouverture del Guglielmo Tell]].<ref name="ClementsMcCarthy169"/> Nel 1932 vide la luce la prima produzione con il sonoro parlato, {{nihongo|''Chikara to onna no yononaka''|力と女の世の中}} di [[Kenzō Masaoka]], che però non reggeva ancora il confronto con le più raffinate produzioni coeve americane.<ref name="Clements35"/><ref>{{cita|Baricordi 1991|p. 14}}.</ref> Masaoka fu anche il primo a utilizzare come materiale di lavoro i cosiddetti ''[[rodovetro|cel]]'', ovvero fogli trasparenti di [[acetato di cellulosa]], che diventeranno lo standard del settore. In questo periodo avvennero inoltre i primi esperimenti con il colore, che però si impose definitivamente solo negli anni cinquanta.<ref name="ClementsMcCarthy169"/> I filmati prodotti erano di breve durata e raffiguravano soprattutto commedie umoristiche o racconti di miti e favole orientali, ma anche opere a scopi didattici e pubblicitari, ovvero produzioni che avrebbero più facimente potuto aggirare la rigida [[censura]] di quegli anni.<ref name="Clements20"/><ref name="ClementsMcCarthy169"/> Venivano proiettati prevalentemente nelle sale cinematografiche, ma anche in negozi, scuole e istituzioni pubbliche per le quali spesso erano commissionati.<ref name="Clements35"/>
=== Industria e mercato attuali ===
Si può dire che quello degli ''anime'', grazie anche all'ulteriore crescita del mercato ''home video'' con l'avvento dei [[DVD]] e alla competitività dei costi, sia quindi diventato un fenomeno internazionale, con un ''[[esportazione (commercio)|export]]'' in costante aumento, tanto che nel [[2004]] il 60% circa dell'animazione in circolazione in tutto il mondo era di produzione giapponese.[[File:Anime DVDs.JPG|thumb| ''Anime'' in [[DVD]] pronti per la vendita.]]
L'industria degli ''anime'', il cui mercato annuale vale intorno ai 200 miliardi di [[yen]] (oltre 1 miliardo e mezzo di [[euro]]), conta circa 430 case di produzione in Giappone, di cui più della metà (264) ha sede nei [[Quartieri speciali di Tokyo|quartieri centrali]] di [[Tokyo]], con un [[indotto]] rilevantissimo.
Il costo di produzione di un episodio di 30 minuti per la TV si aggira mediamente attorno ai dieci milioni di yen (circa 80.000 euro) ma può scendere fino a cinque.<ref>{{Cita|JETRO, ''Japan Animation Industry Trends''|pp. 2 e segg.|JETRO2005}}.</ref> Proprio al fine di contenere i costi, infatti, sempre più spesso i grandi studi giapponesi appaltano alcune fasi della produzione ad aziende estere, soprattutto in [[Cina]], [[Corea del Sud]] e [[Filippine]], quando non aprano direttamente filiali in quei paesi, come fatto ad esempio dalla Toei Animation.
 
Tali rapidi progressi furono possibili per via della politica espansionistica e nazionalista del governo giapponese degli anni trenta, il quale incoraggiò e finanziò l'industria cinematografica e dell'animazione soprattutto come strumento di propaganda e valorizzazione della cultura nipponica.<ref>{{cita|Clements 2013|pp. 53-65}}.</ref> Così il primo lungometraggio animato giapponese, {{nihongo|''[[Momotarō: umi no shinpei]]''|桃太郎 海の神兵}} di [[Mitsuyo Seo]], venne prodotto nel 1945 con fondi della [[Marina imperiale giapponese|Marina imperiale]]<ref name="Raffaelli194">{{cita|Raffaelli 2005|p. 194}}.</ref><ref>{{cita|Castellazzi 1999|p. 10}}.</ref> per raccontare la storia patriottica di [[Momotarō]], che con il suo esercito di animali antropomorfi pone sotto assedio e conquista una base navale nemica in [[Nuova Guinea]].<ref name="DFM51">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 51-63}}.</ref> Complessivamente, tra il 1917 e il 1945 furono realizzati almeno 400 filmati d'animazione, dei quali però, tra terremoti, bombardamenti e censura governativa, è rimasto ben poco.<ref name="Prandoni2">{{cita|Prandoni 1999|p. 2}}.</ref>
La ''[[JETRO|Japan External Trade Organization]]'' nel ''2004 JETRO White Paper on International Trade and Foreign Direct Investment'' indica l'industria dei contenuti, e l'animazione in particolare, quale rilevante fenomeno produttivo e come una «''importante risorsa culturale e turistica''»<ref>{{Cita|JETRO, ''Japan Animation Industry Trends''|p. 35|JETRO2005}}.</ref> cruciale per la promozione dell'immagine del Giappone nel mondo (''[[soft power]]'') in vista della auspicata creazione, sotto la sua guida, di un'area di libero scambio in [[Estremo Oriente]].
 
[[File:Momotaro 1945.jpg|thumb|upright|Immagine tratta da ''Momotaro umi no shinpei'' di Mitsuyo Seo, 1945]]
Nei primi dieci anni del [[XXI secolo]] la produzione di animazione commerciale in Giappone è cresciuta enormemente, contando quasi la metà delle oltre 6000 opere prodotte dal 1958 nei vari formati.<ref>{{Cita|Tavassi 2012|p. 536|Tavassi2012}}.</ref>
 
=== Dal dopoguerra agli anni ottanta ===
== Riferimenti culturali ==
Al termine della [[seconda guerra mondiale]], la grave crisi economica e i contrasti politici e sociali resero molto difficile l'impiego di risorse nel settore. Le dimensioni degli studi d'animazione, le produzioni e la qualità diminuirono, e ci vollero diversi anni perché l'attività riprendesse in modo costante.<ref name="Raffaelli194"/><ref name="Clements74">{{cita|Clements 2013|pp. 74-91}}.</ref> Un ruolo chiave giocò la neonata [[Toei Dōga]], che nel 1958 fece uscire {{nihongo|''[[La leggenda del serpente bianco]]''|白蛇伝|Hakujaden}} di [[Taiji Yabushita]], il primo lungometraggio anime a colori. Questa produzione segnò l'inizio della «nuova era dell'animazione nipponica»,<ref name="Raffaelli194"/> caratterizzata da una serie di film dello stesso studio che divennero dei classici dell'animazione e che ebbero un'influenza notevole sulle opere successive.<ref>{{cita|Pellitteri 2018|pp. 167-174}}.</ref> Alle loro produzioni erano inoltre coinvolti numerosi artisti che in seguito fonderanno propri studi di animazione, portando con sé le esperienze maturate alla Toei.<ref name="DFM51"/>
Come accade per qualsiasi ''medium'' ovunque nel mondo, anche gli ''anime'' veicolano inevitabilmente la [[cultura]] dei loro autori e, nello specifico, [[cultura giapponese|quella giapponese]], pur se nel quadro di una ormai tendenziale contaminazione delle fonti.<ref>Andrea Fontana; Davide Tarò, ''op. cit.'', p. 147.</ref> Vari e numerosi sono infatti negli ''anime'' i riferimenti e i richiami ad elementi fondamentali del costume e della società nipponici, elementi che spesso offrono contributi determinanti del contenuto e dell'estetica, e che possono individuarsi, in via di estrema approssimazione, nelle tradizioni shintoista e buddhista, nel {{nihongo|''[[bushidō]]''|武士道}}, in particolari relazioni o regole sociali, quali, ad esempio, il rapporto {{nihongo|''[[senpai]]-kōhai''|先輩-後輩}} e il {{nihongo|''giri''|義理}}, ma anche nel controverso dibattito sociale sul rapporto tra uomo, natura e [[tecnologia]]. Non mancano, tuttavia, frequenti riferimenti espliciti e impliciti anche alla cultura occidentale, come nel caso dei numerosi ''anime'' concepiti nell'ambito del ''Sekai Meisaku Gekijō'' (''[[World Masterpiece Theater]]''), una "etichetta" data a serie indipendenti l'una dall'altra, ma con in comune l'essere tratte in particolar modo da romanzi americani ed europei per ragazzi.<ref>Andrea Fontana; Davide Tarò, ''op. cit.'', p. 96. Tra le serie più note, ''Alps no shojo Heidi'' (''[[Heidi (anime)|Heidi]]''), ''Huckleberry Finn no boken'' (''[[Le avventure di Huckleberry Finn (anime)|Le avventure di Huckleberry Finn]]''), ''Akage no Anne'' (''[[Anna dai capelli rossi (anime)|Anna dai capelli rossi]]''), ''Tom Sawyer no boken'' (''[[Tom Story]]''), ''Ai no wakakusa monagatari'' (''[[Una per tutte, tutte per una]]'').</ref>
 
In questo periodo due fattori si rivelarono decisivi per lo sviluppo dell'animazione giapponese: da un lato l'esistenza in Giappone di un mercato estremamente fiorente e dinamico dei fumetti, detti [[manga]], che avrebbero formato un campionario inesauribile di materiale a cui attingere e un traino economico da sfruttare; dall'altro la diffusione della [[televisione]] negli anni sessanta, che allargherà enormemente la platea e le possibilità commerciali degli anime.<ref>{{cita|Castellazzi 1999|pp. 11, 21 e segg}}.</ref> {{nihongo|''Mittsu no hanashi''|新しい動画 3つのはなし}} del 1960 fu il primo film anime a essere trasmesso in televisione,<ref>{{cita|Patten 2004|p. 271}}.</ref> seguito nel 1961 dalla prima serie televisiva con {{nihongo|''[[Otogi Manga Calendar]]''|おとぎマンガカレンダー}}.<ref>{{cita|Patten 2004|p. 219}}.</ref> Fu però il successo della serie ''[[Astro Boy (serie animata 1963)|Astro Boy]]'' di [[Osamu Tezuka]] a segnare uno spartiacque nella storia del settore. Tezuka, che era già attivo come ''[[mangaka]]'' e aveva lavorato a tre film della Toei, realizzò il progetto dopo aver fondato il suo proprio studio di animazione, [[Mushi Production]], nel 1961. La serie, tratta dal [[Astro Boy|manga omonimo]] dello stesso Tezuka, segue le avventure di Atom, un robot dall'aspetto di un bambino che protegge il mondo dai crimini e dalle ingiustizie. La serie televisiva in bianco e nero durò per ben 193 episodi, dal 1963 al 1966, e fu la prima a presentare puntate di trenta minuti.<ref>{{cita|Murakami 1998|pp. 6 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Patten 2004|221}}.</ref> Nel 1965 Tezuka realizzò sempre con la Mushi anche la prima serie televisiva animata a colori di successo, ''[[Kimba - Il leone bianco]]'', basata su un altro suo manga.<ref>{{cita|Prandoni 1999|p. 43}}.</ref> Influenzato dall'estetica e dalla tecnica dei film di [[Walt Disney]], Tezuka emulò e affinò i processi produttivi statunitensi per permettere una produzione continua, ridurre i costi e limitare il numero di [[Fotogramma|fotogrammi]] nelle sue produzioni. Inoltre aprì la strada a nuovi canali di finanziamento come la vendita di licenze e il [[merchandising]].<ref name="Clements114">{{cita|Clements 2013|pp. 114-130}}.</ref> Le sue opere e le sue pratiche ebbero un'influenza profonda e duratura sui suoi successori e sullo sviluppo dell'animazione giapponese in una vera e propria industria.<ref name="DFM51"/>
=== Shintoismo e buddhismo ===
Lo [[shintoismo]] è la religione autoctona del Giappone, caratterizzata da una visione [[animismo|animistica]] della natura. Lo {{nihongo|''shin-tō''|神道}} è la via degli dei, la condotta che si armonizza con gli spiriti della natura e degli antenati, i {{nihongo|''[[kami]]''|神}}, generalmente positivi, cui si contrappongono gli {{nihongo|''[[oni (folclore)|oni]]''|鬼}}, demoni violenti. Innumerevoli sono quindi i miti e le leggende tratti dalla tradizione shintoista, a cominciare da quelli raccolti nel ''[[Kojiki]]'' e nel ''[[Nihongi]]'' (testi risalenti all'[[VIII secolo]] d.C.), che forniscono agli ''anime'' ben più di uno spunto per le storie che narrano.<ref>{{Cita|Levi 1996|p. 34|Levi1996}}.</ref><ref>{{Cita|Ghilardi 2003|p. 38|Ghilardi2003}}.</ref> In particolare, un tratto caratteristico dello shintoismo è proprio quello di combinare elementi fantastici e appartenenti a realtà situate oltre la normale soglia della percezione umana con l'ordinaria vita quotidiana, caratteristica che è facile riscontrare anche in moltissime opere animate giapponesi.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|p. 40|Ghilardi2003}}.</ref>
Ma a giocare spesso un ruolo nella trama è anche il [[Buddhismo giapponese|buddhismo]], in particolare lo {{nihongo|''[[Buddhismo Zen|zen]]''|禅}}. A prescindere dalla frequente presenza nelle storie di un [[monaco buddhista|monaco]], sia in chiave caricaturale che seria, la tradizione ''zen'', per il suo approccio pragmatico e diretto alla realtà, poco incline alla costruzione di sistemi concettuali che pretendano di spiegarla, ben si presta per storie in cui i personaggi svolgono ruoli d'azione, significando gli ''anime'' pur sempre intrattenimento e spettacolarità.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|p. 42|Ghilardi2003}}.</ref>[[File:Kuniyoshi Utagawa, Dragon 2.jpg|thumb|left| Leggende mitologiche di tradizione shintoista (opera dell'artista Kuniyoshi Utagawa, XIX secolo).]]
 
Dalla metà degli anni sessanta in poi la scena dell'animazione giapponese conobbe una crescita continua, gli studi di produzione si moltiplicarono, si affinarono sempre più le tecniche e le televisioni private, così come la televisione di Stato [[NHK]], aumentarono progressivamente la loro domanda di serie animate. Inoltre i personaggi degli anime vennero sfruttati a fini pubblicitari per i prodotti più disparati, garantendo così alle case di produzione entrate ulteriori, e cominciò anche a prendere piede il finanziamento diretto delle serie da parte di comitati produttivi e sponsor, finalizzato al successivo merchandising di [[gadget]] e [[modellismo|modellini]].<ref>{{cita|Prandoni 1999|p. 31}}.</ref><ref>{{cita|Mognato 1999|p. 29}}.</ref> Questo vero e proprio ''anime boom'' continuò fino agli anni ottanta,<ref name=Pellitteri-2002-137 /> tanto che dal dopoguerra alla metà degli anni novanta si stima siano state prodotte complessivamente circa {{formatnum:3000}} opere ufficiali.<ref name="Prandoni2"/>
=== Il ''bushidō'' ===
Altro fattore che porta negli ''anime'' tradizioni, aneddoti e situazioni è senz'altro l'etica marziale riconducibile fondamentalmente a quel complesso codice di comportamento costituito dal ''bushi-dō'', la via del nobile guerriero.<ref>Il testo di riferimento in materia è costituito da ''Hakagure kikigaki'' (Annotazioni su cose udite all'ombra delle foglie), scritto dal samurai [[Yamamoto Tsunetomo]] nel XVIII secolo. Vedi Gianluca Di Fratta, ''La via dei samurai'', in {{Cita|Ponticiello e Scrivo 2005|pp. 217 e segg.|Ponticiello2005}}.</ref><ref>{{Cita|Mognato 1999|p. 85|Mognato1999}}.</ref> Le storie degli ''anime'' tendono in particolare ad unire gli aspetti del {{nihongo|''[[bujutsu]]''|武術,|'la tecnica e l'abilità marziale'}} e del {{nihongo|''[[budō]]''|武道,|'la via marziale che conduce alla pace'}} per fornire il giusto grado di spettacolarizzazione dei combattimenti, ma anche per rappresentare il percorso morale e formativo del protagonista.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|p. 45|Ghilardi2003}}.</ref> Tuttavia, considerato che il ''bushidō'' è connotato dalla presenza di qualità morali guida, quali la giustizia, il senso del dovere, la lealtà, la compassione, l'onore, l'onestà e il coraggio, è bene tener presente che esso fa da sfondo culturale non solo agli ''anime'' che in qualche modo siano incentrati sul combattimento, sul conflitto oppure direttamente ambientati nel Giappone feudale, ma anche a molte storie di vita ordinaria, vissute tra i banchi di scuola come tra le mura domestiche.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|p. 46|Ghilardi2003}}.</ref><ref>Gianluca Di Fratta, ''La via dei samurai'', in {{Cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 218|Ponticiello2005}}.</ref> È infatti lo {{nihongo|''shugyō''|修行}}, il severo tirocinio praticato dal ''[[Samurai|bushi]]'' (o ''budōka'') per arrivare al dominio di sé e all'autodisciplina, a caratterizzare il percorso e l'evoluzione dei protagonisti degli ''anime'', spesso impegnati in imprese che mettono a dura prova le loro risorse interiori e che richiedono loro di superare le proprie paure e debolezze.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|pp. 47 e 108|Ghilardi2003}}.</ref> Talvolta, poi, il fine ultimo di tale percorso, passando per il controllo del {{nihongo|''[[Ki (filosofia)|ki]]''|氣 oppure 气}}, l'energia interiore, è addirittura l'acquisizione di una consapevolezza della vacuità della realtà che porti a rinunciare alle pretese dell'ego e ad apprezzare la caducità dell'esistenza materiale, così che nemmeno la morte sia più motivo di timore.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|p. 50|Ghilardi2003}}.</ref><ref>Gianluca Di Fratta, ''La via dei samurai'', in {{Cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 222|Ponticiello2005}}.</ref> Tuttavia, prodromica a questa rinuncia è anche la ricerca e la definizione da parte dell'eroe della propria identità, in contrapposizione alla pretesa omologante della società.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|p. 79|Ghilardi2003}}.</ref>
 
Contemporaneamente si assistette all'articolazione della produzione in una molteplicità di target, formati e generi, per venire incontro alle richieste di un pubblico sempre più vasto e variegato.<ref name="Clements133">{{cita|Clements 2013|pp. 133-155}}.</ref> Tra i filoni più rappresentativi si affermarono gli anime robotici o ''[[mecha]]'',<ref name=Pellitteri-2002-137>{{cita|Pellitteri 2018|p. 165}}.</ref> che conobbero il loro apice negli anni settanta con le saghe dei ''super robot'' di [[Gō Nagai]]<ref>{{cita|Mognato 1999|pp. 31 e segg}}.</ref> e il realismo inaugurato da [[Yoshiyuki Tomino]] nel franchise ''[[Gundam]]''.<ref>{{cita|Mognato 1999|pp. 53 e segg}}.</ref> Per i più piccoli abbondarono le serie fantasy, fiabesche o storiche prodotte da grandi studi come [[Toei Animation]] e [[Nippon Animation]], la quale con il ''[[World Masterpiece Theater]]'' diede avvio nel 1975 a una popolare serie di adattamenti di romanzi occidentali per ragazzi. Le commedie e le opere drammatiche furono altresì tra i generi più diffusi, soprattutto i [[spokon|drammi sportivi]].<ref name="Clements133"/><ref name="Patten_2004">{{cita|Patten 2004|}}.</ref> Risalgono a questo periodo anche le prime opere indirizzate a un pubblico femminile: una corrente inaugurata da ''[[La principessa Zaffiro]]'' di Tezuka e ''[[Mimì e la nazionale di pallavolo]]'' della [[Tokyo Movie Shinsha]] sul finire degli anni sessanta, a cui si aggiunse negli anni ottanta il sottogenere ''[[mahō shōjo]]'', e che portò nuovi temi nel medium come l'emancipazione, la scoperta di sé stessi e le storie d'amore.<ref name="DFM149">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 149-154}}.</ref> La diffusione delle [[VHS|videocassette]] e dei [[videoregistratore|videoregistratori]] e la conseguente esplosione del mercato [[home video]] negli anni ottanta diede origine a un nuovo tipo di produzione, il cosiddetto [[original anime video]] (OAV), nato ufficialmente nel dicembre 1983 con il primo episodio di ''[[Dallos]]''.<ref>{{cita|Tavassi 2022|pp. 32, 224-227}}.</ref> Questo nuovo canale di distribuzione favorì la nascita di studi e progetti più piccoli, che potevano finanziarsi anche senza i cospicui budget televisivi, e costituì la valvola di sfogo per contenuti più maturi o pornografici che non avrebbero potuto trovare spazio nei palinsesti tv.<ref name="Patten_2004" /><ref name="ClementseMcCarthyxx" /> In questo periodo emersero anche alcuni autori innovativi che segneranno i decenni a seguire, quali tra gli altri [[Isao Takahata]], [[Hayao Miyazaki]] e [[Katsuhiro Ōtomo]], il cui film [[colossal]] ''[[Akira (film)|Akira]]'' del 1988, in particolare, contribuì in maniera determinante alla diffusione e al successo degli anime in Occidente.<ref>{{cita|Napier 2005|p. 41}}.</ref>
=== ''Senpai'' e ''kōhai'' ===
{{vedi anche|Senpai e kōhai}}
Il cammino del ''budōka'', però, di regola non può avere inizio senza una guida, sia essa rappresentata da un genitore o da un {{nihongo|maestro|先生,|sensei}} poco importa, che indichi la via con il proprio comportamento.<ref>Gianluca Di Fratta, ''La via dei samurai'', in {{Cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 220|Ponticiello2005}}.</ref> Questo rapporto, nella società giapponese, è normalmente rappresentato dalla coppia ''senpai-kōhai'', dove il primo è "colui che ha iniziato prima", e il secondo "colui che ha iniziato dopo". Tale relazione, che implica rispetto e devozione del ''kōhai'' verso il ''senpai'', ma anche che questi sia effettivamente in grado di consigliarlo e indirizzarlo nella vita, può individuarsi pressoché in ogni contesto sociale, dalla scuola al lavoro, dallo sport alla politica, e inevitabilmente si riflette anche negli ''anime'', dove spesso costituisce il rapporto principale tra i personaggi.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|pp. 48 e segg.|Ghilardi2003}}.</ref>
 
=== Sviluppi contemporanei ===
=== Il ''giri'', ovvero il senso del dovere ===
[[File:Studio GAINAX.jpg|left|thumb|La vecchia sede di [[Tokyo]] della [[Gainax]], lo studio che ha prodotto il ''blockbuster'' ''[[Neon Genesis Evangelion]]'']]
Per la mentalità giapponese, dunque, la vera forza consiste nel non curarsi della propria personale felicità allo scopo di perseguire un ideale e adempiere un dovere.<ref>Gianluca Di Fratta, ''La via dei samurai'', in {{Cita|Ponticiello e Scrivo 2005|pp. 223 e segg.|Ponticiello2005}}.</ref> Il ''giri'' è appunto il dovere di saldare un debito, che può essere nei confronti del proprio sovrano, dei genitori, degli antenati e finanche nei confronti del proprio nome, ma che nelle storie di molti ''anime'' arriva ad essere nei confronti del mondo intero, rispetto al quale il protagonista, superando spesso i propri sentimenti personali e a dispetto dell'isolamento che la sua inevitabile diversità comporta, assume la responsabilità di salvatore fino all'estremo {{nihongo|sacrificio di sé|我慢,|gaman}}.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|pp. 78 e segg|Ghilardi2003}}.</ref><ref>Gianluca Di Fratta, ''La via dei samurai'', in {{Cita|Ponticiello e Scrivo 2005|pp. 226 e segg|Ponticiello2005}}.</ref> Ciò, tuttavia, in un'ottica assolutamente laica, in quanto la moralità è un concetto proprio dell'uomo, laddove l'universo è considerato dai giapponesi amorale e indifferente.<ref>{{Cita|Levi 1996|p. 98|Levi1996}}.</ref> Gli esempi negli ''anime'' di una tale impostazione culturale sono innumerevoli, e i più facili da individuare si trovano certamente in quel ricchissimo filone robotico (''[[mecha]]'') fiorito negli anni settanta e ottanta e che, seppur con sfumature diverse, si è perpetuato fino a oggi. Ma non solo, perché anche serie come ''Saint Seiya'' (''[[I Cavalieri dello zodiaco (anime)|I Cavalieri dello zodiaco]]'') tratta dal ''manga'' di [[Masami Kurumada]], per dirne un'altra tra le tante, ne costituiscono un chiaro derivato.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|pp. 97 e segg|Ghilardi2003}}.</ref>
 
Con lo scoppio della [[bolla speculativa giapponese]] nel 1991 e la seguente [[Decennio perduto (Giappone)|recessione e stagnazione economica]], anche il mercato degli anime subì una brusca battuta di arresto, e gli studi di animazione dovettero affrontare debiti crescenti, difficoltà finanziarie e una generale crisi di idee. La risposta furono una serie di opere innovative che uscirono a partire dal 1995, esemplificate da ''[[Neon Genesis Evangelion]]'' di [[Hideaki Anno]], che segnarono i canoni di una cosiddetta «nuova animazione seriale»: ossia una maggiore autorialità, la concentrazione delle risorse in serie più brevi e facili da vendere, un'impostazione registica ancora più vicina alla [[cinematografia]] dal vero, un drastico ridimensionamento del rapporto di dipendenza dai soggetti dei manga e una maggiore libertà dai vincoli del merchandising.<ref name="ClementseMcCarthyxx"/><ref>{{cita|Fontana e Tarò 2007|pp. 105 e segg}}.</ref> È nell'ambito di questo rilancio che emersero nuovi talenti e figure di riferimento quali, oltre al già citato Anno, [[Mamoru Oshii]], [[Satoshi Kon]] e [[Shin'ichirō Watanabe]].<ref>{{cita|Napier 2005|p. xvii}}.</ref>
=== Uomo, natura e tecnologia ===
 
[[File:Francobolli giapponesi scienza, tecnologia e anime.png|thumb|upright=1.4|Emissione filatelica delle poste giapponesi dedicata a scienza, tecnologia e animazione.]]
Intanto se in Giappone gli anime faticavano, a livello internazionale negli anni novanta e duemila raccolsero sempre più interesse e un bacino di spettatori in costante crescita. Questo permise ad alcuni franchise e studi di animazione di consolidarsi e fece aumentare la domanda per nuove serie, al cui finanziamento iniziarono a interessarsi anche aziende occidentali.<ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 24-35, 51-63}}.</ref><ref name="Clements177">{{cita|Clements 2013|pp. 177-189}}.</ref> Nei primi venti anni del [[XXI secolo]] la produzione di animazione commerciale in Giappone è cresciuta enormemente, contando più della metà delle oltre {{formatnum:13000}} opere prodotte dal 1958 nei vari formati.<ref>{{cita|Tavassi 2022|p. 590}}.</ref> In questo periodo si è assistito a un aumento della polimedialità, alla diffusione dell'[[animazione digitale]] e della [[computer grafica 3D]] per contenere i costi di produzione, e a un'apertura a fasce di mercato sempre più diversificate. L'avvento di [[Internet]] ha assicurato nuove possibilità di distribuzione, come lo [[streaming]], il [[simulcast]] e gli [[original net anime]] (ONA), garantendo una diffusione e una richiesta senza precedenti dell'animazione giapponese, ma generando anche una serie di sfide e interrogativi per il futuro del medium, come la copia e la fruizione illegale di contenuti, lo sviluppo di animazione in "stile anime" al di fuori del Giappone, la concorrenza di altri media, la necessità di nuovi impulsi creativi e tecnici, o la saturazione del mercato.<ref name="Clements191">{{cita|Clements 2013|pp. 191-210}}.</ref><ref name="Sudo">{{cita web|autore=Tadashi Sudo|url=https://www.animenewsnetwork.com/feature/2021-11-03/what-is-happening-in-the-anime-industry-in-2020-2021-an-analysis-of-the-animation-industry-report-/.179153|titolo=What Is Happening In the Anime Industry in 2020-2021? An Analysis of The Animation Industry Report 2021|sito=[[Anime News Network]]|data=3 novembre 2021|accesso=27 novembre 2021|lingua=en|dataarchivio=27 novembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211127085532/https://www.animenewsnetwork.com/feature/2021-11-03/what-is-happening-in-the-anime-industry-in-2020-2021-an-analysis-of-the-animation-industry-report-/.179153|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita|Litten 2008|pp. 101-102}}.</ref>
Quanto detto a proposito della tradizione shintoista è utile per illustrare anche come la complessa discussione sul rapporto tra natura e tecnologia da lungo tempo in atto nella società giapponese (ma anche nel mondo tutto) si rifletta negli ''anime''. Se da un lato, infatti, la tecnologia viene talvolta rappresentata come positiva per l'uomo, laddove gli garantisce maggiore benessere e sviluppo, per non dire di quando lo salva da terribili minacce, d'altro canto essa, in altre opere, si trasforma nella peggiore sciagura, in quanto causa di devastazione ambientale o, addirittura, fautrice della distruzione totale. Rispetto a questa ambivalenza esiste poi una posizione di sintesi, rinvenibile in quelle opere in cui questa duplice valenza positiva e negativa si manifesta contestualmente, con un risultato drammatico spesso paradossale: il danno causato dalla tecnologia solo per mezzo di essa può essere riparato.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|pp. 133 e segg|Ghilardi2003}}.</ref> Anche qui gli esempi più immediati si incontrano nel genere ''mecha'', specie per quanto riguarda la tecnologia nella sua valenza salvifica (si pensi alle opere di Go Nagai), mentre la sua stigmatizzazione, per le caratteristiche disarmoniche rispetto alla natura che le sono proprie, si ritrova sovente nell'opera di autori come Hayao Miyazaki e [[Tatsuo Yoshida]].<ref>cfr. ad esempio, per Go Nagai, la trilogia formata dalle serie TV ''[[Mazinga Z]]'', ''[[Grande Mazinga]]'' e ''[[UFO Robot Goldrake]]''; per Hayao Miyazaki, la serie TV ''[[Conan, il ragazzo del futuro]]'' e il lungometraggio ''[[Princess Mononoke]]''; per Tatsuo Yoshida, la serie TV ''[[Kyashan il ragazzo androide]]''.</ref> Sotto altro profilo, il rapporto uomo-tecnologia, in particolare, costituisce anche il versante privilegiato attraverso il quale gli ''anime'' recepiscono e rielaborano la modernità, risultando in definitiva un connubio inscindibile di antico e di nuovo.<ref>{{Cita|Cavallaro 2007|p. 6|Cavallaro2007}}.</ref>
 
== Contenuti e riferimenti culturali ==
Gli anime presentano spesso storie più complesse e articolate rispetto a quelle dei cartoni animati occidentali.<ref name="Mangatopia143">{{cita|Perper e Cornog 2011|pp. 143-144}}.</ref> La caratterizzazione e lo sviluppo dei personaggi hanno un peso maggiore: così per i [[protagonista|protagonisti]] è più importante la loro motivazione, lealtà e forza di volontà invece della semplice vittoria; i [[cliché]] sugli [[antagonista|antagonisti]] vengono deliberatamente evitati, rendendo i cattivi spesso particolarmente belli d'aspetto o dando loro trascorsi e motivazioni convincenti che spiegano il loro comportamento; frequenti sono poi gli [[antieroe|antieroi]] e i cambi di fazione dei personaggi, e anche la morte di protagonisti o figure amate dal pubblico non è rara.<ref name="DFM24">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 24-35}}.</ref><ref>{{cita|Levi 1996|pp. 20-23, 68-73, 84, 97-98}}.</ref> Il ruolo delle donne spazia da figure di primo piano che godono della stessa considerazione degli uomini, quali [[donna guerriera|donne guerriere]] o [[mahō shōjo|ragazze con poteri magici]], a parti femminili più tradizionali come quella della madre e casalinga premurosa che resta in secondo piano o della studentessa carina, tranquilla ed empatica, epitomizzate dal concetto di ''yasashii'', ovvero "semplice, dolce, gentile".<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 117-141}}.</ref> La corrispondenza di queste immagini femminili con la reale [[Condizione della donna in Giappone|condizione della donna nella società giapponese]] è tuttora oggetto di dibattito.<ref name="Levi115">{{cita|Levi 1996|pp. 115-117}}.</ref><ref name="Mangatopia144">{{cita|Perper e Cornog 2011|pp. 144-145}}.</ref>
 
Gli anime sono radicati nella [[cultura giapponese]] e presentano pertanto frequenti richiami a elementi del costume e della società nipponici: elementi che spesso sono determinanti nel definirne il contenuto e l'estetica e che possono risultare difficili da comprendere per gli spettatori stranieri.<ref>{{cita|Fontana e Tarò 2007|p. 147}}.</ref> Questo fenomeno è più marcato nelle produzioni più vecchie, che erano state realizzate considerando il solo mercato domestico, mentre, con l'internazionalizzazione del medium, nelle opere più recenti si assiste di frequente a una contaminazione delle fonti.<ref name="Drazenvii">{{cita|Drazen 2003|pp. vii-ix}}.</ref> I riferimenti culturali giapponesi risultano più evidenti nelle opere storiche, mitologiche o ''[[slice of life]]'', ma sono riscontrabili come sottotesto anche in tanti altri generi, compresi quelli che meno hanno a che fare con la realtà, come il fantasy e la fantascienza.<ref name="DFM24"/><ref name="Levi20">{{cita|Levi 1996|pp. 20-23}}.</ref>
 
[[File:Kuniyoshi Utagawa, Dragon 2.jpg|thumb|left|Leggende mitologiche di tradizione shintoista (opera dell'artista Kuniyoshi Utagawa, XIX secolo)]]
 
Le religioni e i sistemi di pensiero tradizionali giapponesi hanno grande influenza sul medium. Lo [[shintoismo]] si esplicita in una visione [[animismo|animistica]] della natura, popolata da spiriti e demoni, nella citazione di innumerevoli miti, leggende e figure folcloristiche, spesso reinterpretati in chiave moderna e con una morale esplicita,<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 40-47}}.</ref> e nell'inclusione nella vita quotidiana di elementi fantastici e appartenenti a realtà situate oltre la normale soglia della percezione umana.<ref>{{cita|Levi 1996|p. 34}}.</ref><ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 38-40}}.</ref> Il rispetto tipicamente asiatico per la società e le gerarchie trae origine dagli insegnamenti del [[confucianesimo]], mentre dal [[buddhismo giapponese]] e dallo [[zen]] derivano compassione e un approccio pragmatico e diretto alla realtà, che si manifesta anche nella scelta di storie d'azione, significando gli anime pur sempre intrattenimento e spettacolarità.<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 146-147}}.</ref><ref>{{cita|Ghilardi 2003|p. 42}}.</ref>
 
Altro fattore che porta nell'animazione nipponica tradizioni, aneddoti e situazioni è il ''[[bushido]]'', il codice di condotta del nobile guerriero.<ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|pp. 217 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Mognato 1999|p. 85}}.</ref> Le storie degli anime tendono in particolare a unire gli aspetti del {{nihongo|''[[bujutsu]]''|武術||la tecnica e l'abilità marziale}} e del {{nihongo|''[[budō]]''|武道||la via marziale che conduce alla pace}} per fornire il giusto grado di spettacolarizzazione dei combattimenti, ma anche per rappresentare il percorso morale e formativo del protagonista e le sue qualità di giustizia, senso del dovere, lealtà, compassione, onore, onestà e coraggio, che possono esprimersi negli ambiti più disparati.<ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 45-46}}.</ref><ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 218}}.</ref> Talvolta il fine ultimo di tale processo di crescita è addirittura l'acquisizione di una consapevolezza della vacuità della realtà, dell'ego e dell'esistenza materiale, così che nemmeno la morte sia più motivo di timore.<ref>{{cita|Ghilardi 2003|p. 50}}.</ref><ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 222}}.</ref> Classico è anche il conflitto tra ''giri'' e ''ninjō'', ovvero tra il senso del dovere nei confronti degli altri e più in generale della società, e la propria felicità personale,<ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|pp. 223 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Levi 1996|p. 84}}.</ref> che si riflette nei comportamenti e nelle scelte dei protagonisti degli anime, fino ad arrivare anche all'estremo {{nihongo|sacrificio di sé|我慢|gaman}}.<ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 78 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|pp. 226 e segg}}.</ref>
 
Un ruolo importante riveste il rispetto delle relazioni e delle regole sociali, che vanno dall'attenzione alla famiglia, al rispetto per i più anziani e in generale per le figure guida come il {{nihongo|maestro|先生|sensei}} o il ''[[senpai]]'', all'uso di [[Linguaggio onorifico giapponese|linguaggio]] e [[Suffissi onorifici giapponesi|suffissi onorifici]],<ref>{{cita|Ponticiello e Scrivo 2005|p. 220}}.</ref><ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 48 e segg.}}</ref> a cui fa da contraltare la vita allettante, libera ma anche pericolosa dei lupi solitari.<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 29-36}}.</ref> A questi temi sociali si aggiungono tematiche ambientali come il complesso rapporto tra uomo, natura e tecnologia, la protezione dell'ambiente, o i vantaggi e i pericoli della tecnica,<ref>{{cita|Ghilardi 2003|pp. 133 e segg}}.</ref> a cui è strettamente legato il trauma collettivo tutto giapponese della [[bomba atomica]], che prende forma nell'animazione in ordigni e catastrofi dalle conseguenze spaventose per il mondo e per l'umanità.<ref name="Mangatopia144"/> Sotto altro profilo, il rapporto uomo-tecnologia costituisce anche il versante privilegiato attraverso il quale gli anime recepiscono e rielaborano la modernità, risultando un connubio inscindibile di antico e di nuovo.<ref name="Cavallaro6">{{cita|Cavallaro 2007|p. 6}}.</ref> A livello politico e militare, a fianco a opere pacifiste ambientate in mondi fantastici, realistici o distopici, esistono anche storie legate alla propaganda, apologetiche della guerra, che minimizzano l'imperialismo giapponese o che attribuiscono al Paese un ruolo di vittima nella seconda guerra mondiale.<ref name="Mangatopia144"/><ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 183-207}}.</ref>
 
Infine un certo grado di [[sessualità]] e di [[nudità]] non è considerato [[tabù]] neanche nell'ambito più [[mainstream]] o nelle opere rivolte ai più piccoli, e trae origine dal diverso rapporto che i giapponesi hanno col corpo umano rispetto agli occidentali.<ref name="Levi115"/><ref name="Drazen50">{{cita|Drazen 2003|pp. 50-58}}.</ref> Anche personaggi velatamente o esplicitamente [[omosessualità|omosessuali]], figure androgine o ambigue, e comportamenti in contrasto coi tradizionali [[Ruolo di genere|ruoli di genere]] compaiono frequentemente, e si manifestano in immagini ideali di uomini ''[[bishōnen]]'', in donne che agiscono in ambiti tipicamente maschili, nel [[travestitismo]] e nel ''[[gender bender|gender bending]]''.<ref name="Drazen78">{{cita|Drazen 2003|pp. 78-103}}.</ref> Conseguenza di questa diversa sensibilità è anche l'abbondanza di comicità legata all'[[umorismo scatologico]] e sessuale.<ref name="Mangatopia143"/><ref name="Drazen50"/>
 
== Generi ==
Nel loro insieme gli anime si rivolgono all'intero campionario di fasce d'età e strati sociali.<ref name="Drazenvii"/> Mutuando la tradizionale classificazione dei manga in [[Target (media)|target]] demografici, anche i prodotti animati vengono spesso catalogati per pubblico di destinazione in base all'età e al sesso. Per molti anime, tuttavia, specie quelli non tratti da fumetti, questa attribuzione può rivelarsi difficile o addirittura impossibile. E non è infrequente che opere concepite per un particolare target finiscano per accattivare anche altre fasce.<ref name="MacWilliams60">{{cita|MacWilliams 2008|p. 60}}.</ref> Si distinguono le seguenti tipologie di massima:<ref name="Levi11">{{cita|Levi 1996|pp. 11-14}}.</ref><ref name="Tavassi50">{{cita|Tavassi 2022|pp. 50-52}}.</ref>
* ''[[kodomo]]'', opere indirizzate ai bambini;
* ''[[shōnen]]'', produzioni per ragazzi e adolescenti, che spesso ricadono nei generi azione, fantascienza e fantasy;
* ''[[shōjo]]'', anime per ragazze, principalmente storie sentimentali e d'amore;
* ''[[seinen]]'', per un pubblico maschile dai 18 anni in su, con contenuti più sofisticati, violenti o erotici;
* ''[[josei]]'', per un pubblico femminile dai 18 anni in su, che tratta soprattutto della vita quotidiana, lavorativa o sentimentale di giovani donne.
 
I target hanno un'influenza anche sui generi, sui formati e sulla distribuzione degli anime. Ciascun gruppo demografico privilegia infatti determinati soggetti rispetto ad altri, per cui un anime che ad esempio tratti di fantascienza sarà più probabilmente uno ''shōnen'' che uno ''shōjo'', e così via.<ref name="Tavassi50"/> Similmente, le produzioni cinematografiche e televisive sono destinate principalmente ai bambini e alle famiglie, mentre nel mercato home video o nella fascia televisiva notturna è più probabile incontrare opere indirizzate a un pubblico più maturo.<ref name="Clements191"/><ref name="DFM24"/>
 
Gli anime presentano la stessa varietà di [[Genere (arte)|generi narrativi]] di qualsiasi altro [[Mezzo di comunicazione di massa|medium]]: dalla [[commedia]] al [[Film drammatico|drammatico]], [[letteratura per ragazzi|storie per bambini]], [[letteratura]], [[storico]], [[avventura]], [[Azione (genere)|azione]], [[fantascienza]], [[fantasy]], [[orrore]], [[thriller]], [[Giallo (genere)|giallo]], [[sportivo]], [[Romanzo rosa|romantico]], ''[[slice of life]]'', [[umoristico]] o [[erotico]].<ref name="Napier6"/><ref name="Drazenvii"/> Si ritrovano tuttavia anche generi, sottogeneri e tipi esclusivi della narrativa giapponese. ''[[Aniparo]]'', ad esempio, indica [[parodia|parodie]] di altri anime spesso realizzati in stile ''[[super deformed]]''.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 108}}.</ref> Nel campo dell'azione e sportivo, frequenti sono le storie di [[arte marziale|arti marziali]], che pescano a piene mani dalla cultura giapponese e orientale, oppure i cosiddetti ''[[spokon]]'', anime sportivi in cui il protagonista raggiunge la vittoria tramite un percorso di crescita fatto di fatica, tenacia, coraggio e duri allenamenti. A fianco agli sport tradizionali e popolari in tutto il mondo, trovano spazio anche storie incentrate su attività più sedentarie e locali, come il [[Go (gioco)|go]], lo [[shōgi]], il [[mah jong]], il [[pachinko]], il [[collezionismo]],<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 607-608}}.</ref> o la cucina.<ref>{{cita web|url=https://www.cbr.com/cooking-themed-anime-watch-skip/|titolo=8 Cooking-Themed Anime To Watch (& 7 To Skip)|autore=Vivienne Chen|sito=[[CBR (sito web)|CBR]]|data=16 agosto 2020|accesso=11 maggio 2022|lingua=en|dataarchivio=11 maggio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220511085506/https://www.cbr.com/cooking-themed-anime-watch-skip/|urlmorto=no}}</ref> Uno dei sottogeneri più vecchi e diffusi è il ''[[mecha]]'', una tipologia di anime fantascientifici incentrata sulla tecnologia e le macchine, in cui a dominare la scena sono sovente [[robot]] giganti.<ref name="ClementseMcCarthy31">{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 31}}.</ref><ref>{{cita|Poitras 2000|p. 35}}.</ref> Due correnti del fantastico tipicamente giapponesi sono invece l{{'}}''[[isekai]]'', storie in cui il protagonista viene trasportato in un [[universo parallelo]] o mondo alternativo,<ref>{{cita web|autore=Naomi Starlight|url=https://reelrundown.com/animation/Thoughts-on-the-History-of-the-Isekai-Genre|titolo=Isekai Anime: Explaining the Genre's History, and How It's Changed|data=11 agosto 2020|accesso=5 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=5 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211205093909/https://reelrundown.com/animation/Thoughts-on-the-History-of-the-Isekai-Genre|urlmorto=no}}</ref> e il ''[[mahō shōjo]]'', un sottogenere con protagoniste dotate di [[magia|poteri magici]] che solitamente impiegano ricorrendo a vistose trasformazioni.<ref name="ClementseMcCarthy31"/>
 
In ambito sentimentale l'[[Harem (genere)|harem]] denota ambientazioni in cui un personaggio è circondato e riceve le attenzioni di diversi membri del sesso opposto, tipicamente dai tre in su.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 542}}.</ref> Una nicchia dell'animazione giapponese è occupata dai generi [[erotismo|erotico]] e [[pornografia|pornografico]], per i quali si è diffusa a livello internazionale la dizione di ''[[hentai]]''. Gli hentai presentano contenuti espliciti e si manifestano in una varietà di sottogeneri e tipologie.<ref name="ClementseMcCarthy180">{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 180-182}}.</ref> Di contro, più diffuso è l{{'}}''[[ecchi]]'', ovvero l'inclusione in altri generi di tematiche o allusioni sessuali senza mostrare atti amorosi espliciti, in quella che può essere considerata una forma di [[fanservice]].<ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 89, 295}}.</ref> Alcuni generi infine esplorano rapporti omosessuali, come ''[[yaoi]]'' (omosessualità maschile), ''[[Bara (genere narrativo)|bara]]'' (per maschi [[gay]] adulti), e ''[[yuri]]'' ([[lesbismo]]). Sebbene spesso utilizzati in contesto pornografico, i termini ''yaoi'' e ''yuri'' nelle loro varianti ''[[shōnen-ai]]'' e ''[[shōjo-ai]]'' possono essere usati anche per riferirsi a storie focalizzate sullo sviluppo della relazione affettiva senza contenuti sessuali espliciti.<ref name="ClementseMcCarthy180"/><ref>{{cita|Poitras 2000|p. 50}}.</ref>
 
In ogni caso una categorizzazione per genere e soggetto che sia esaustiva e univoca non è riscontrabile nella letteratura in materia, e comunque essa trova accreditamento spesso e volentieri più presso il pubblico che da parte degli autori.<ref>{{cita|Tavassi 2022|p. 51}}.</ref> Molti anime, inoltre, non si lasciano ascrivere facilmente nelle categorie esistenti, ricadendo in più generi contemporaneamente o mischiando generi e temi in modo creativo.<ref name="DFM24"/><ref name="Levi20"/><ref>{{cita|Poitras 2000|pp. 34, 41-43}}.</ref>
 
== Linguaggio, stile e forme di espressione ==
Soprattutto se paragonati ad altre opere di animazione, gli anime presentano delle peculiarità nel linguaggio, nel simbolismo e nello stile, che sono il risultato dei processi di animazione che a lungo hanno dominato il medium in Giappone, della cultura [[estetica giapponese]], e di influssi da parte dei manga e dell'animazione statunitense delle origini.<ref name="DFM24"/> Queste caratteristiche si ritrovano in gran parte delle opere dagli anni sessanta in poi, anche se sono sempre esistite eccezioni e in tempi più recenti, vista la crescente varietà e contaminazione, è sempre più difficile parlarne in termini generali.<ref name="DFM50">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 50-51, 56-57}}.</ref>
 
[[File:Wikipe-tan in Different Anime Styles.png|thumb|upright=1.4|left|Lo stesso personaggio rielaborato in nove stili diversi, ispirati, in ordine, a [[Kyoto Animation]], ''[[Naruto]]'', ''[[Type-Moon]]'', ''[[Detective Conan]]'', ''[[Sailor Moon (serie animata)|Sailor Moon]]'', [[Fujiko Fujio]], [[Studio Ghibli]] e [[Makoto Shinkai]].]]
 
A differenza dell'animazione occidentale, l'enfasi nell'animazione giapponese non è posta sulla rappresentazione di un movimento realistico.<ref name="DFM24"/> Trova infatti largo impiego l'[[animazione limitata]],<ref>{{cita|Castellazzi 1999|p. 13}}.</ref> in cui dai quindici disegni al secondo, tipici della media delle produzioni cinematografiche della [[Disney]], i creatori di anime scendono fino a cinque, con la conseguenza di un'animazione meno fluida. Questa tecnica è impiegata non solo per risparmiare tempo e denaro, ma anche come vero e proprio espediente artistico.<ref name="chicks">{{cita web|url=https://www.animenewsnetwork.com/chicks-on-anime/2008-09-16|titolo=Chicks on Anime|sito=Anime News Network|data=16 settembre 2008|accesso=8 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=8 novembre 2012|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121108150611/http://www.animenewsnetwork.com/chicks-on-anime/2008-09-16|urlmorto=no}}</ref> Il movimento finisce quindi per avere minore peso nella narrazione, laddove diventano invece più importanti la forza del soggetto, la qualità dei disegni, la storia, il ritmo narrativo fatto anche di pause e di silenzi, il character design e la caratterizzazione dei personaggi.<ref name="DFM50"/><ref name="chicks"/><ref>{{cita|Benecchi 2005|p. 3}}.</ref><ref>{{cita|Pellitteri 2018|p. 287}}.</ref> Nell'animazione limitata giapponese viene risparmiato in prima linea sulle pose intermedie, così che la narrazione procede soprattutto come alternanza di [[key frame|fotogrammi chiave]] in cui si sottolineano pose volutamente espressive dei personaggi. Ciò è dovuto anche alla tradizione estetica giapponese, basti pensare alle forme narrative del [[teatro kabuki]] o del [[kamishibai]], in cui la fisicità e la mimica hanno un ruolo centrale.<ref name="DFM24"/> Momenti importanti possono essere anche solo accennati od omessi del tutto, e sta all'immaginazione dello spettatore completare le ellissi rappresentative.<ref>{{cita|Raffaelli 2005|p. 214}}.</ref><ref>{{cita|Ghilardi 2003|p. 66}}.</ref>
 
Una delle innovazioni cruciali introdotte dagli anime e utilizzata per compensare le mancanze dell'animazione limitata è l'impiego di tecniche di ripresa simili a quelle usate nella cinematografia dal vero.<ref name="chicks"/> Tale approccio, in cui il movimento è simulato muovendo fisicamente il disegno, si pone in antitesi con l'impostazione teatrale predominante nell'animazione americana.<ref>{{cita|Poitras 2000|p. 58}}.</ref> Tra gli effetti più usati si possono distinguere: il ''fix'', ossia il fermo immagine; lo zoom, in cui la cinepresa si avvicina o si allontana; movimenti di camera come lo ''slide'', il ''pan'' e il ''tilt''; frequenti tagli; inquadrature angolate; prospettive multiple; variazioni di [[Piano (fotografia)|piano]] e [[Campo (fotografia)|campo]]; lo ''[[split screen]]'', in cui l'inquadratura viene suddivisa in più parti, ciascuna con una visuale diversa della stessa o di più scene.<ref>{{cita|Cavallaro 2007|pp. 12-13}}.</ref><ref>{{cita|Tavassi 2022|pp. 44-45}}.</ref><ref name="Frazier3">{{cita pubblicazione|autore=Scott Frazier|anno=1998|url=http://www.ex.org/3.1/10-bts1.html|titolo=Japanese animation camera work|volume=3|numero=1|lingua=en|rivista=EX|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080511211110/http://www.ex.org/3.1/10-bts1.html}}</ref> Frequente è anche l'impiego di tali tecniche e il riuso di fotogrammi per ottenere un effetto di dilatazione temporale, che può portare in casi estremi un combattimento, una partita o un incontro di pochi istanti a durare per più di un episodio;<ref name="Pellitteri307">{{cita|Pellitteri 2018|p. 307}}.</ref> una tendenza dovuta anche a questioni di risparmio, ma soprattutto per aumentare la tensione e la partecipazione emotive,<ref name="Pellitteri307" /> e nell'ottica della mentalità giapponese di non considerare il tempo in semplici termini cronometrici, ma valorizzando invece la qualità dell'istante, l'intensità con cui lo si vive.<ref>{{cita|Ghilardi 2003|p. 56}}.</ref><ref>{{cita|Raffaelli 2005|p. 213}}.</ref>
 
Le figure vengono rappresentate generalmente in modo semplice e stilizzato, mentre gli sfondi sono più dettagliati e realistici. In questo modo si facilita l'immedesimazione degli spettatori nei personaggi e l'immersione nell'ambientazione della storia.<ref name="DFM24"/> Nelle scene d'azione i fondali spariscono invece del tutto e viene dato risalto al solo movimento.<ref name="Drazen18">{{cita|Drazen 2003|pp. 18-25}}.</ref> I dettagli sono impiegati con parsimonia ma in modo molto preciso, in modo da dare l'impressione di una maggiore ricchezza di particolari di quella effettiva.<ref name="Levi20"/> Tipico è anche l'uso abbondante di colori,<ref name="Iglesias"/> il ricorso alle linee cinetiche (''dōsen'') per esaltare i movimenti, e la resa iperbolica dei gesti per aumentare il ''pathos''.<ref>{{cita web|url=https://www.japanpowered.com/anime-articles/anime-visual-language-guide|titolo=Anime Visual Language Guide|autore=Chris Kincaid|sito=Japan Powered|data=29 settembre 2019|lingua=en|accesso=7 dicembre 2021|dataarchivio=24 novembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211124145905/https://www.japanpowered.com/anime-articles/anime-visual-language-guide|urlmorto=no}}</ref> Un'attenzione particolare viene inoltre riservata a sottolineare lo stato d'animo e le emozioni dei personaggi, in modo da coinvolgere e generare empatia negli spettatori.<ref name="Levi20"/><ref>{{cita|MacWilliams 2008|pp. 60-61}}.</ref>
 
Il [[character design]] è fortemente influenzato dai manga e segue sovente i canoni di bellezza giapponesi per ragazze e ragazzi attraenti, ''[[bishōjo]]'' e ''[[bishōnen]]'', o i concetti di ''cool'' ("affascinante", carismatico") e di ''[[kawaii]]'' ("carino", "adorabile").<ref name="DFM149"/><ref>{{cita|Pellitteri 2008|pp. 116-119}}.</ref> I personaggi mantengono alcuni tratti espressamente fanciulleschi, come gli occhi molto grandi o comunque preponderanti rispetto al resto del viso. Questo segno caratteristico degli anime, che è stato diffuso dalle opere di Osamu Tezuka, a sua volta influenzato da figure dell'animazione occidentale con occhi esageratamente grandi come [[Betty Boop]],<ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 6-7}}.</ref> è funzionale a una maggiore resa espressiva.<ref>{{cita|Pellitteri 2018|p. 290}}.</ref><ref>{{cita|Benecchi 2005|p. 17 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Castellazzi 1999|p. 23}}.</ref> I capelli sono spesso rappresentati in modo innaturale, con acconciature peculiari e colori sgargianti come il verde, il blu o il rosa; e stesso discorso si può fare anche per il fisico e l'abbigliamento. Tutte queste caratteristiche servono a rendere i personaggi più attrattivi e riconoscibili, e veicolano a volte anche un significato simbolico.<ref name="Levi11"/><ref>{{cita|Poitras 2000|pp. 61-62}}.</ref> L'aspetto risultante appare spesso ben diverso da quello tipico dei [[giapponesi]], che hanno solitamente occhi a mandorla e capelli scuri, risultando invece più marcatamente europeo; mentre però in Occidente questa tendenza può risultare evidente e contraddittoria, gli autori e gli spettatori giapponesi non percepiscono i soggetti ritratti in questo modo come più o meno stranieri, o legati a una particolare provenienza etnica o geografica.<ref name="Levi11"/><ref>{{cita|Napier 2005|pp. 24-25}}.</ref>
 
[[File:AngryWikipe-tan.png|thumb|upright|Wikipe-tan disegnata in formato ''super deformed'' e con l'utilizzo di espressioni facciali standard per indicare la collera]]
 
Nel disegno dei personaggi trova largo impiego un ventaglio consolidato di espedienti grafici ed espressioni facciali, per denotare in modo sintetico, velato o comico particolari stati d'animo. Tra la grande varietà di simboli utilizzati: una croce pulsante sul capo per indicare l'ira, una goccia di sudore per nervosità o tensione, arrossamento per l'imbarazzo legato all'attrazione sentimentale, occhi lucidi per uno sguardo intenso e carico di emozione, o una bolla dal naso per il sonno profondo.<ref>{{cita|Benecchi 2005|pp. 25 e segg}}.</ref><ref>{{cita|Pellitteri 2018|p. 311}}.</ref><ref>{{cita|Brenner 2007|p. 52}}.</ref> Un'altra varietà di design è il ''[[chibi]]'' o ''[[super deformed]]'', uno stile caricaturale in cui i personaggi assumono dimensioni ridotte, teste sproporzionatamente grandi e altri tratti infantili e graziosi, e che viene impiegato in serie parodistiche, in commedie o per siparietti comici improvvisi.<ref name="Drazen18"/> Va tenuto presente, tuttavia, che non tutti gli anime seguono queste convenzioni, e in opere di certi autori o per adulti trova invece impiego un design più realistico.<ref name="DFM149"/>
 
== Formati ==
Gli anime si presentano in una varietà di formati. I [[film]] sono stati la prima forma espressiva del medium<ref>{{cita|Litten 2008|p. 91}}.</ref> e si dividono in base alla durata in [[lungometraggio|lungometraggi]], [[mediometraggio|mediometraggi]] o [[cortometraggio|cortometraggi]]. Hanno solitamente un budget e una qualità superiore alle altre produzioni anime e vengono concepiti per ampie platee, soprattutto di bambini, giovani e famiglie. Vengono distribuiti principalmente al [[cinema]] o più raramente prodotti per la televisione.<ref>{{cita|Castellazzi 1999|p. 19}}.</ref><ref name="ClementseMcCarthyxiv">{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. xiv}}.</ref> La presentazione di film, cortometraggi o brevi filmati promozionali da parte degli studi di animazione è diventata anche una caratteristica di vari festival e ''convention'' annuali in Giappone a tema anime e manga.<ref name="Clements133"/> Tra gli anni 2000 e 2020 il numero di lungometraggi anime prodotti annualmente è passato da 31 a 91.<ref name="AIR2020"/>
 
Le [[serie televisiva|serie televisive]] rappresentano la fetta più grande e importante delle produzioni anime. Hanno una portata molto eterogenea, in quanto possono essere trasmesse su grandi network nazionali o anche su piccole stazioni che coprono solo una parte del territorio nipponico. Inoltre le serie televisive diurne hanno ascolti più alti e si indirizzano a un pubblico di bambini e giovani, mentre dagli anni novanta ha preso piede la programmazione notturna con gli {{nihongo|''shin'ya anime''|深夜アニメ}}, che contengono temi più maturi e hanno ascolti sensibilmente più bassi.<ref name="MacWilliams60"/><ref name="Litten93">{{cita|Litten 2008|pp. 93-94}}.</ref> Nei primi vent'anni del XXI secolo a causa dell'[[invecchiamento della popolazione in Giappone]] e della maggiore richiesta di esportazione di anime, l'animazione per adulti si è affermata sempre più e rappresenta ora la maggior parte delle produzioni televisive.<ref name="AIR2020"/><ref>{{cita|Litten 2008|pp. 100-101}}.</ref> Il numero di serie tv è andato progressivamente aumentando: negli anni ottanta e novanta si registravano tra i 50 e i 100 nuovi titoli all'anno, negli anni duemila si è passati da 100 a 200, nel 2013 si sono superate per la prima volta le 300 serie annuali, e da allora il valore oscilla tra 300 e 350.<ref name="AIR2020"/> Le serie tv anime sono caratterizzate da scadenze più serrate e da una qualità media inferiore rispetto ad altre produzioni. Contano generalmente 12-13, 24-26, o più raramente 52 o più episodi, così che, trasmesse settimanalmente, raggiungono una durata di un trimestre, un semestre o un anno di programmazione.<ref name="MacWilliams60"/><ref name="Litten93"/> Un intervallo di tre mesi viene definito {{nihongo|''cour''|クール|kūru}} e ha una collocazione tipicamente stagionale che si riflette sui palinsesti televisivi giapponesi: ci sono infatti ''cour'' invernali, primaverili, estivi e autunnali che iniziano rispettivamente a gennaio, aprile, luglio e ottobre.<ref>{{cita web|autore=Thanasis Karavasilis|url=https://manga.tokyo/columns/what-is-a-cour-and-a-season-in-anime/|titolo=What is a Cour and a Season in Anime?|accesso=31 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=31 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211231094330/https://manga.tokyo/columns/what-is-a-cour-and-a-season-in-anime/|urlmorto=no}}</ref> La maggior parte delle serie ha una durata prestabilita, ma ad esempio adattamenti di manga lunghi e di successo possono essere prodotti continuativamente e arrivare a contare anche centinaia di episodi.<ref name="Litten93"/> Una caratteristica delle serie anime è che presentano solitamente una trama continua che si snoda attraverso i diversi episodi e che si conclude con la fine dell'opera, a differenza delle produzioni animate occidentali che hanno tipicamente un formato episodico in cui ogni puntata narra una storia autoconclusiva.<ref name="MacWilliams60"/>
 
Anime prodotti direttamente per il mercato [[home video]] prendono il nome di [[original anime video]] (OAV). Si tratta solitamente di singoli film o di brevi serie composte da pochi episodi. La durata è variabile e può andare da puntate di trenta minuti a film di due ore.<ref name="Patten281">{{cita|Patten 2004|pp. 281-282}}.</ref> Generalmente è un formato che riguarda storie non sufficienti a sviluppare una serie televisiva o per le quali non si prevede un grande pubblico, in quanto si possono produrre anche per nicchie specifiche di mercato<ref name="ClementseMcCarthyxiv"/> e con budget sensibilmente più contenuti rispetto a film e serie tv.<ref>{{cita|Poitras 2000|p. 14}}.</ref> Poiché non sono sottoposti alla censura televisiva, gli OAV si possono permettere di includere [[fanservice]], azione, violenza e contenuti pornografici, ma trovano spazio anche opere più tradizionali, artistiche, innovative o storie extra e [[Spin-off (mass media)|spin-off]] a corredo di franchise famosi. La qualità può essere molto variabile, in alcune produzioni anche piuttosto bassa, ma spesso sensibilmente più alta delle serie per la tv.<ref>{{cita|Patten 2004|pp. 268-276, 280-282}}.</ref><ref name="Clements157">{{cita|Clements 2013|pp. 157-172}}.</ref><ref>{{cita|MacWilliams 2008|p. 54}}.</ref> I formati degli OAV seguono i principali supporti multimediali, quali [[laserdisc]], [[VHS]], [[DVD]] e [[Blu-ray]].
 
Infine, gli [[original net anime]] (ONA) sono un formato di anime sviluppatisi nei primi anni duemila e distribuiti originariamente in [[streaming]] su [[Internet]] e [[web TV]]. Spesso, come nel caso degli OAV, si tratta di serie brevi o con episodi di breve durata, alcune volte, specie nei primi tempi, a carattere amatoriale o promozionale.<ref>{{cita web|url=https://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=37|titolo=Original Net Anime (ONA)|sito=Anime News Network|accesso=31 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=2 ottobre 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131002014105/http://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=37|urlmorto=no}}</ref>
 
== Processo produttivo ==
[[File:Anime production it.png|thumb|center|upright=4.5|La struttura dell'industria moderna degli anime<ref name="JETRO">{{cita pubblicazione|autore=Japanese Economy Division|titolo=Japan Animation Industry Trends|rivista=JETRO Japan Economic Montly|data=giugno 2005|lingua=en|url=http://www.jetro.go.jp/en/reports/market/pdf/2005_35_r.pdf|accesso=11 gennaio 2009|dataarchivio=21 luglio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110721214211/http://www.jetro.go.jp/en/reports/market/pdf/2005_35_r.pdf|urlmorto=no}}</ref>]]
 
== Il processo di produzione ==
=== Pianificazione ===
Il processo di produzioneproduttivo di un ''anime'',<ref>{{Cita|Tavassi 2012|pp. 28 e segg|Tavassi2012}}.</ref> ora come in passato, è preceduto da una fase di pianificazione {{nihongo||計画 段階,|keikaku dankai}}, che può essere di due tipi: l'uno, il {{nihongo|''gensaku anime''|原作 アニメ}}, consiste nella scelta di un ''manga'', oun diromanzo, una [[light novel]] o un romanzovideogioco dasu cui trarrebasare la [[sceneggiatura]] e comporta una serie di negoziazioni tra autori, [[Editoria|editori]] e produttori; l'altro, il cosiddetto {{nihongo|''gen an''|原ニメ,|gensaku anime}}, l'altro vede un soggetto originale concepito dal {{nihongo|[[regista]]|監督,|kantoku}},<ref>Sulle figureo professionalida nellun altro autore appositamente per la creazione dell'animazioneanime.<ref>{{cita|Tavassi giapponese2022|pp. in37 generale,e vsegg}}.</ref><ref name="Frazier">{{Citacita pubblicazione|autore=Scott Frazier|anno=1997|url=http://www.ex.org/2.1/12-beyondtvsafety.html|titolo=Titles and positions in japanese animation industry|rivista=EX|volume=2|numero=1|lingua=ingleseen|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/19980523114600/http://www.ex.org/2.1/12-beyondtvsafety.html|dataarchivio=23 maggio 1998}} e </ref><ref>{{Citacita pubblicazione|autore=Scott Frazier|url=http://www.ex.org/2.2/11-bts1.html|titolo=Even more of those japanese animation industry job titles|rivista=EX|volume=2|numero=2|lingua=ingleseen|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080828122406/http://www.ex.org/2.2/11-bts1.html|dataarchivio=28 agosto 2008}}</ref> o da un altro {{nihongo|autore|原作者,|''gensakusha''}}, appositamente per la trasposizione in video {{nihongo||原 アン,|gen an}}. Poiché, peraltro,inoltre difficilmente uno [[studio di medie dimensionianimazione]] si imbarca in una produzione contando solo sui propri mezzi finanziari, spesso vengono coinvolti sponsor esterni, oltre al {{nihongo|comitato produttivo|製作委員会|seisaku iinkai}} composto da [[Casa di produzione cinematografica|case di produzione]], [[Emittente televisiva|emittenti televisive]] ed editori, i quali rischianoinvestono i propri capitali più facilmente su soggetti già collaudati, come nel caso dei ''gensaku'', piuttosto che al buio, come in un ''gen an''.<ref name=Cavallaro-2007-6"Cavallaro6"/> Conseguenza dell'alto numero di persone coinvolte nei processi decisionali e produttivi dell'opera è che nei prodotti finiti è spesso difficile riconoscere l'autorialità dei singoli contributi. Un apporto creativo più marcato è individuabile nei film cinematografici di particolari autori e registi illustri, che mantengono un controllo più serrato sulle idee e le decisioni, anche se tali opere d'autore sono piuttosto rare negli anime.<ref>{{Citacita|CavallaroClements 20072013|pp1-2, 4-8}}.</ref><ref 6name="Hui">{{cita|Berndt e seggKümmerling-Meibauer 2013|Cavallaro2007pp. 222-239}}.</ref>
 
=== Sceneggiatura ed ''ekonte''Produzione ===
Scelto il soggetto, si procede quindi alla stesura della {{nihongo|[[sceneggiatura|脚本,|kyakuhon}}]], in base alla quale il regista, affiancato dal direttore di produzione {{nihongo||演出,|enshutsu}}, comincia a fornire le prime direttive al ''[[character designerdesign]]er'' {{nihongo||キャラクターデザイナー}}, al {{nihongo|[[Direttore artistico (animazione)|direttore artistico]]|美術 監督,|''bijutsu kantoku''}} e, ove necessario, al ''[[mecha designerdesign]]er'' {{nihongo||メカデザイナー}} per un primo abbozzo delle ambientazioni e dei personaggi. Con il materiale grezzo così elaborato si passa alla realizzazione dell'{{nihongo|''[[ekonte]]''|絵コンテ}},<ref>{{Cita|Tavassi 2012|p. 32|Tavassi2012}}.</ref> una sorta di ''[[storyboard]]'' dell<nowiki>'</nowiki>''anime'' che funge da traccia base per tutto lo staff, fornendo già dettagli quali il numero di ''[[fotogramma|frame]]'' per scena, gli effetti visivi e gli sfondi necessari, le inquadrature, i movimenti di camera, la dinamica e la composizione delle scene.<ref>{{cita|Tavassi (per2022|p. 41}}.</ref> Per la realizzazione di 26circa minutimezz'ora di ''ekonte'' sono necessarie normalmente circa tre settimane di lavoro.<ref name="Cavallaro6"/> Nel caso di trasposizioni si assiste sovente a modifiche del materiale originale, come la rimozione di parti di storia o l'aggiunta di archi narrativi inediti, detti ''[[filler (media)|filler]]''. UnaAnche voltaun definitiadattamento a un'altra fascia di pubblico è possibile, sottocon ilconseguenze coordinamentonell'estetica, delnei temi e nel tono della narrazione. Nel caso di serial un regista e uno sceneggiatore principale si occupano della composizione generale della serie, lma poi spetta ai registi e agli sceneggiatori dei singoli episodi applicare e declinare concretamente le direttive.<nowikiref name="Hui"/> In questa fase il ''character designer'' si occupa di definire l'aspetto dei vari personaggi e di tracciare dei modelli di riferimento, detti {{nihongo|''settei''|設定}}, che ne illustrano le caratteristiche principali come fisionomia, proporzioni e principali espressioni facciali, fornendo una guida il più possibile dettagliata per il successivo lavoro degli animatori.<ref name="Frazier"/nowiki> Una volta definiti l{{'}}''ekonte'', il ''character design'', il ''mecha design'' e gli sfondi, vengonoviene poi realizzati i disegni preliminari che vanno a formarerealizzato l<nowiki>{{'</nowiki>}}''animatic'', ossia una versione filmata dell<nowiki>{{'</nowiki>}}''ekonte'' necessaria per verificare sia i tempi e il ritmo delle scene, sia&nbsp;– con l'aggiunta dei dialoghi e delle musiche in versione grezza&nbsp;– la coerenza di suoni e immagini.<ref name=Cavallaro-2007-6 "Cavallaro6"/><ref>Elena{{cita|Ponticiello Vitagliano.e ''MangaScrivo e2005|p. anime265}}.</ref>. aSuperato confronto'',il invaglio AA.VV.del regista, dall{{'}}''animatic''Con glisi occhipassa aquindi mandorlaalla fase di realizzazione dell'',[[animazione]] citvera e propria coordinata dal [[direttore dell'animazione]].,<ref>{{cita|Tavassi p2022|pp. 26538-47}}.</ref>
 
Gli anime vengono realizzati comunemente impiegando l'[[animazione tradizionale]], e per lungo tempo il medium è stato caratterizzato dall'uso della ''cel animation''.<ref name="Clements35"/> In essa i fotogrammi vengono disegnati su fogli di acetato trasparenti, detti ''[[rodovetro|cel]]'' appunto, e poi sovrapposti in più strati sugli sfondi per comporre i ''frame'' da fotografare: a ogni scatto corrisponde la sostituzione di uno o più ''cel'' contenenti la variazione necessaria per rendere il movimento. Questo procedimento viene quindi ripetuto per ogni scena.<ref name="DFM24"/> Per ricreare l'illusione di un movimento fluido, in animazione così come in cinematografia si considerano standard 24 [[Frequenza dei fotogrammi|fotogrammi al secondo]]. Negli anime è d'uso invece impiegare l'[[animazione limitata]], nella quale da 24 ''frame'' si può passare a 12 o 8 o anche meno, in modo da risparmiare tempo e denaro, ma da garantire una fluidità comunque soddisfacente. A tal fine lo stesso ''cel'' viene filmato per più fotogrammi successivi; si può avere quindi ad esempio un'animazione ''shot on twos'' in cui i ''frame'' al secondo sono 12, o ''shot on threes'' in cui ogni fotogramma viene ripreso per 3/24, ossia 1/8, di secondo. Negli anime la media è 8 ma si può arrivare a numeri inferiori, per scene statiche, o superiori, fino anche a 24, per sequenze particolarmente cariche d'azione.<ref name="ClementseMcCarthy645">{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 645-646}}.</ref><ref>{{cita web|url=https://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=61|titolo=Shot on threes (ones, twos, etc.)|sito=Anime News Network|accesso=11 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=11 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211211083214/https://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=61|urlmorto=no}}</ref> La frequenza dei fotogrammi dipende dal budget e dalla qualità che si vuole ottenere: solitamente i film hanno un numero di fotogrammi al secondo più alto delle produzioni televisive.<ref name="DFM24"/>
=== Animazione ===
Superato il vaglio del regista, dall<nowiki>'</nowiki>''animatic'' si passa alla fase di realizzazione dell'[[animazione]] vera e propria gestita dal direttore dell'animazione {{nihongo||作画 監督,|sakuga kantoku|contratto in ''[[sakkan]]''}}, che comprende i cosiddetti ''keyframe'', ossia le immagini che illustrano i momenti chiave dell'azione realizzate dagli [[Animazione|animatori]] {{nihongo||原画,|genga}}, e gli ''in-between'', ossia quelle di passaggio da un keyframe all'altro realizzate dagli [[intercalatore|intercalatori]] {{nihongo||動画,|dōga}}. Nell'animazione tradizionale ossia quando i disegni venivano colorati a mano, tutti i disegni, all'infuori degli sfondi, vengono trasposti su fogli di plastica trasparente (''rodovetro'' o ''cel''), dove vengono colorati, e poi sovrapposti in più strati sugli sfondi per comporre i frame da fotografare: ad ogni scatto/frame corrisponde la sostituzione di uno o più cel contenenti la variazione necessaria per rendere il movimento. Questo procedimento è ripetuto per ogni scena. Nel caso dell'animazione la cui fase di colorazione viene assistita dal [[computer]] (anche detta "animazione 2D"), invece, tutti i disegni (keyframe e in-between) vengono digitalizzati tramite ''[[Scansionatore d'immagine|scanner]]'', colorati e ombreggiati al computer tramite appositi programmi,<ref>Circa il periodo precedente l'avvento dei computer è il caso di precisare che tra gli anni sessanta e settanta le fasi più semplici dell'intercalazione e della colorazione venivano affidate a studenti e massaie pagati al ribasso, mentre negli anni ottanta e nei primi anni novanta, gli studi giapponesi frequentemente subappaltavano tali operazioni ai più economici studi sudcoreani ({{Cita|Castellazzi 1999|p. 18-19|Castellazzi1999}}), in seguito soppiantati soprattutto da quelli cinesi e filippini.</ref> vengono poi sovrapposti agli sfondi, anch'essi digitalizzati, e animati impiegando ''[[software]]'' appositi con i quali i vari frame vengono composti e memorizzati in sequenza, anziché fotografati uno per uno come si faceva una volta con la colorazione a mano per poi essere fissati direttamente su pellicola, con un consistente e notevole risparmio di tempo, abbassamento dei costi e miglioramento della qualità del prodotto. A partire dai primi [[anni 2000|anni duemila]], circa il 95% degli ''anime'' prodotti ogni anno si avvale di processi di animazione digitalizzati, anche se la maggior parte dei disegni è tuttora realizzata a mano, con un impiego ancora marginale (seppure in crescita) delle tecniche di [[Computer-generated imagery|generazione digitale]] di [[Computer grafica 3D|immagini 3D]] e di ''[[animazione al computer]]''.<ref>{{Cita|Cavallaro 2007|p. 6|Cavallaro2007}}. Recentemente l'animazione 3D sta guadagnando maggiori spazi nell'animazione giapponese grazie alle tecniche cosiddette di ''[[cel-shading]]'', in cui alla maggiore fluidità tipica della ''animazione al computer'' si unisce una resa grafica molto simile a quella del tradizionale ''cel''.</ref>
 
[[File:Anime cel with Wikipe-tan.jpg|thumb|Un esempio del processo di realizzazione di un fotogramma. Si notino i bordi dell'inquadratura e il campo per il ''time sheet''.]]
=== Sonorizzazione ===
Una volta completata l'animazione, ha luogo la sonorizzazione, consistente nell'aggiunta delle voci e della [[colonna sonora]] costituita dagli effetti sonori, dalla [[musica di sottofondo]] (BGM) e dalle [[canzone (musica)|canzoni]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Scott Frazier|anno=1997|url=http://www.ex.org/2.4/15-bts_1.html|titolo=Music and sound|volume=2|numero=2|lingua=inglese|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080511212359/http://www.ex.org/2.4/15-bts_1.html|dataarchivio=11 maggio 2008}}</ref> Per quanto riguarda la scelta delle voci, è fondamentalmente il regista a selezionare gli attori nell'ambito di una vera e propria categoria di professionisti specializzati nel prestare la voce ai personaggi degli ''anime'', che spesso interpretano anche le canzoni e le sigle, oggi sempre più assimilate al [[J-pop]]. Il {{nihongo|direttore degli effetti|効果 監督,|''kōka kantoku''}} si occupa, invece, della creazione degli effetti sonori, ormai realizzati quasi esclusivamente con generatori di suoni elettronici, quali [[Sintetizzatore|sintetizzatori]] e [[Campionatore|campionatori]], mentre il {{nihongo|direttore del suono|音響監督,|''onkyō kantoku''}} sovrintende alle registrazioni e alla qualità dell'audio. La parte artisticamente più rilevante della sonorizzazione, però, è indubbiamente rappresentata dalla musica, cruciale per la riuscita complessiva dell'opera.<ref>{{Cita|Pellitteri 2002|pp. 311|Pellitteri2002}}</ref> È per questo che in Giappone viene posta un'estrema cura nella composizione ed esecuzione delle musiche per ''anime'', che alimentano un prospero mercato discografico e che vantano una tradizione di compositori eccellenti, quali in passato maestri come [[Shunsuke Kikuchi]], [[Chūmei Watanabe]] e [[Takeo Watanabe]], ovvero artisti contemporanei come [[Kenji Kawai]], [[Yōko Kanno]] e [[Joe Hisaishi]], solo per citarne alcuni. Non è raro, peraltro, che a cimentarsi nella composizione di colonne sonore per ''anime'' siano anche musicisti già affermati al di fuori di questo settore, come nel caso di [[Ryūichi Sakamoto]] e [[Susumu Hirasawa]].
[[File:Animeproduction it4.svg|thumb|center|upright=4.5|La struttura dell'industria moderna degli ''anime''.]]
 
L'animazione si compone di {{nihongo|''[[key frame]]''|原画|genga}}, ossia i disegni che definiscono gli stati chiave del movimento, e di {{nihongo|''[[Intercalazione (animazione)|inbetween frame]]''|動画|dōga}}, i fotogrammi di passaggio da un ''key frame'' all'altro, necessari a dare l'illusione del movimento. Negli studi di animazione giapponesi i ''key frame'' vengono affidati ai capi animatori, lavoratori esperti e meglio pagati, che definiscono anche i ''time sheet'' dei fotogrammi, ovvero le impostazioni di ripresa delle scene e la posizione che devono occupare nella sequenza di montaggio finale. Le intercalazioni invece, che sono in numero maggiore e richiedono meno creatività, vengono svolte dagli ''inbetweener'', animatori più giovani o alle prime armi e peggio retribuiti. Gli animatori seguono il modello del ''settei'' ma questo processo a cascata può portare a delle difformità di stile; spetta quindi al direttore dell'animazione ricontrollare, correggere o ricommissionare i singoli fotogrammi.<ref name="Frazier"/> I disegni sono eseguiti solitamente su carta e devono essere poi trasferiti su ''cel''; nel primo periodo dell'animazione giapponese quest'operazione veniva svolta con della [[Carta carbone|carta copiativa]] soprattutto da donne, poi l'introduzione della [[xerografia]] ha permesso di accelerare e meccanizzare il processo.<ref>{{cita|Clements 2013|p. 142f}}.</ref> Su ''cel'' le tavole sono poi colorate, tradizionalmente a mano. Tra gli anni sessanta e settanta le fasi più semplici dell'intercalazione e della colorazione venivano affidate a studenti e massaie pagati al ribasso, e dallo stesso periodo si è iniziato a subappaltare tali operazioni ad altri studi di animazione, in Giappone ma soprattutto all'estero, in particolare Cina, Corea, Filippine e Thailandia;<ref>{{cita|Castellazzi 1999|pp. 18-19}}.</ref> il fenomeno è andato consolidandosi, tanto che attorno al 2010 si stimava che circa il 60-70% del personale impiegato nella produzione di anime risiedeva fuori dal Giappone.<ref name="Clements191"/>
== Il linguaggio degli ''anime'' ==
=== Animazione limitata ===
Circa la genesi e la peculiarità del [[linguaggio]] e dello stile degli ''anime'' – ammesso che oggi sia ancora possibile parlarne in termini generali data la loro varietà&nbsp;– può dirsi senz'altro che si sia fatta di necessità virtù. La principale caratteristica di questo medium, ossia quella che taluni chiamano ''animazione limitata'',<ref>{{Cita|Castellazzi 1999|p. 13|Castellazzi1999}}, che tra l'altro la distingue dalla ''semianimazione'' inventata dagli americani [[Hanna-Barbera]] per l'impostazione "teatrale" anziché "cinematografica" di questa.</ref> trova infatti la propria ragion d'essere nell'iniziale necessità delle produzioni di sopperire alla cronica scarsità di risorse economiche. Dai quindici disegni al secondo, tipici della media delle produzioni cinematografiche della [[Disney]], i creatori delle prime serie televisive animate giapponesi si videro costretti a scendere fino a cinque, risparmiando soprattutto nelle pose intermedie, con la conseguenza di un'animazione sicuramente meno fluida. È proprio per ovviare a questo inconveniente, quindi, che si stabilì immediatamente uno stile narrativo assolutamente originale, fondato da un lato sul massimo sfruttamento delle tecniche di ripresa (in aperta violazione della regola d'oro di [[Norman McLaren]] secondo cui «in animazione non si deve mai muovere il disegno, ma disegnare il movimento»), e dall'altro sulla forza del soggetto.<ref>{{Cita|Benecchi 2005|p. 3|Benecchi2005}}.</ref> La "rivoluzione" degli ''anime'' può pertanto riassumersi in tre capisaldi: enfatizzazione del movimento attraverso le tecniche di ripresa, storie avvincenti ed efficaci, elevata produttività degli staff,<ref>{{Cita|Pellitteri 2002|pp. 255|Pellitteri2002}}.</ref> rispetto ai quali la fluidità disneyana smette quindi di essere una necessità narrativa, lasciando spazio ad un linguaggio suggestivo e stimolante, in cui spesso è l'immaginazione dello spettatore a dover completare le ellissi rappresentative.<ref>{{Cita|Raffaelli 2005|p. 214|Raffaelli2005}}.</ref><ref>{{Cita|Ghilardi 2003|p. 66|Ghilardi2003}}.</ref> Volendo fare un parallelo, è un po' quanto già accadeva in passato per il lettore di {{nihongo|''[[haiku]]''|俳句}}.<ref name="ReferenceA"/>
 
Una volta che i fotogrammi sono completati, vengono assemblati davanti alla fotocamera e filmati. Quest'operazione è solitamente svolta da due operatori: uno che riporta le indicazioni del ''time sheet'', e uno incaricato di comporre e muovere i vari elementi per formare le scene e creare gli effetti cinematografici.<ref name="Frazier3"/> I ''cel'' vengono fissati al banco di lavoro tramite dei fori posti sul bordo e che ricadono fuori dall'inquadratura,<ref name="ClementseMcCarthy645"/> questo permette di evitare disallineamenti indesiderati e di velocizzare la variazione dei vari livelli agendo su delle manovelle. Il formato più comune per le riprese è la pellicola da [[16 millimetri]], che viene poi convertita per la televisione o l'home video tramite [[telecinema]].<ref name="Frazier3"/><ref name="ClementseMcCarthy645"/>
=== Regia cinematografica ===
Una delle innovazioni cruciali introdotte dagli ''anime'' è dunque quella delle tecniche di ripresa utilizzate per compensare l'animazione limitata, molto simili a quelle impiegate nella regia cinematografica. Tra i movimenti di camera e gli effetti più usati si possono distinguere: il ''fix'', ossia il fermo immagine; lo ''sliding'', lo scorrimento del disegno attraverso l'inquadratura; lo ''zoom'', in cui la cinepresa si avvicina o si allontana; il ''fairing'', una tecnica basata sul posizionamento e la distanza relativa dei disegni per accelerare o rallentare il movimento di un elemento; il ''pan'', quando la cinepresa effettua una ''panoramica'' orizzontale del frame; il ''tilt'', quando la panoramica è verticale; il ''follow'', simile al pan, con la cinepresa che segue l'azione, o un singolo elemento della stessa da ferma (''follow pan'') oppure ancora lo stesso elemento ma fianco a fianco (''tracking''); il ''fading'', ossia la [[dissolvenza]] al nero o incrociata (spesso su un fotogramma fisso molto curato); il ''wipe'', in cui l'immagine successiva spinge quella precedente fuori dall'inquadratura; lo ''split screen'', in cui l'inquadratura viene suddivisa in più parti, ciascuna con una visuale diversa della stessa scena; il ''backlighting'', in cui al frame viene aggiunto un cel nero tranne che per la parte che si vuole illuminare.<ref>{{Cita|Cavallaro 2007|p. 12-13|Cavallaro2007}}.</ref><ref>{{Cita|Pellitteri 2002|p. 235|Pellitteri2002}}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Scott Frazier|anno=1998|url=http://www.ex.org/3.1/10-bts1.html|titolo=Japanese animation camera work|volume=3|numero=1|lingua=inglese|rivista=EX|urlmorto=sì}}</ref>
 
Dagli anni novanta l'[[animazione al computer]] trova sempre più spazio nella produzione di anime, e ogni studio l'impiega ormai correntemente per ridurre tempi e costi. In essa tutti i disegni vengono digitalizzati tramite [[Scanner (informatica)|scanner]] o realizzati direttamente su supporti appositi come una [[tavoletta grafica]], e colorati digitalmente tramite appositi programmi; vengono poi sovrapposti agli sfondi, anch'essi digitalizzati o [[Pittura digitale|dipinti digitalmente]], e composti impiegando ''[[software]]'' appositi con i quali i vari fotogrammi vengono memorizzati in sequenza, anziché fotografati uno per uno.<ref name="Clements191"/> Questi processi di animazione digitalizzati non hanno però soppiantato la resa grafica tradizionale 2D della ''cel animation'', tanto che la maggior parte dei disegni è tuttora realizzata a mano. Produzioni anime interamente in [[computer grafica 3D]] restano limitate a pochissimi esperimenti, mentre le tecniche di animazione digitale vengono più spesso impiegate a corredo dell'animazione tradizionale, ad esempio per aggiungere effetti particolari come ''[[cel-shading]]'', [[illuminazione]] o ''[[rendering]]''.<ref name="Cavallaro6"/><ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 121-133}}.</ref> Questa modernizzazione dell'industria ha reso necessarie nuove competenze e figure professionali.<ref name="Clements191"/>
=== Dilatazione temporale ===
Diverse delle tecniche di ripresa sopra illustrate (''fix'', ''fading'', ''pan'') risultano peraltro funzionali a quella che viene definita la ''dilatazione temporale'' degli ''anime''.<ref name=Pellitteri-2002-238>{{Cita|Pellitteri 2002|p. 238|Pellitteri2002}}.</ref> Prendendo le mosse dal fatto che per la mentalità e la spiritualità giapponesi non ha molto senso parlare del tempo in termini cronometrici, di misura oggettiva, dato che esso non ha inizio né fine, si può affermare che ciò che conta è invece la qualità dell'istante, l'intensità con cui lo si vive.<ref>{{Cita|Ghilardi 2003|p. 56|Ghilardi2003}}.</ref><ref>{{Cita|Raffaelli 2005|p. 213|Raffaelli2005}}.</ref> Per questo negli ''anime'' ci si ritrova spesso dinnanzi a momenti "eterni", in cui il tempo della narrazione coincide con quello dell'emozione, così che quanto più questa è intensa tanto più l'attimo si estende, fino a porsi fuori dal tempo, in un fermo immagine, in una panoramica, in una dissolvenza.<ref>{{Cita|Benecchi 2005|pp. 31 e segg.|Benecchi2005}}.</ref> Un rallentamento enfatico che può portare un combattimento, una partita o un incontro di pochi istanti a durare per più di un episodio, con uno scopo che certamente non è più quello di economizzare, quanto quello di aumentare la tensione e la partecipazione emotive, come nella migliore tradizione cinematografica, dall'[[Cinema espressionista|espressionismo tedesco]] ad [[Sergej Michajlovič Ėjzenštejn|Ejzenštejn]], fino al cinema di genere americano ed europeo, ''[[Film noir|noir]]'' innanzitutto.<ref name=Pellitteri-2002-238 />
 
Secondo i dati di uno studio del 2013 gli addetti nel campo degli anime lavorano in media 10-11 ore al giorno per 25-26 giorni al mese. Il salario annuale [[Media (statistica)|medio]] è di 3,3 milioni di [[yen]] (circa {{formatnum:25400}} €) e la [[Moda (statistica)|norma]] è di 4 milioni ¥ ({{formatnum:30800}} €): a partire dai 1,1 milioni ¥ ({{formatnum:8500}} €) dei ruoli meno qualificati e iniziali come gli intercalatori, 2,8 milioni ¥ ({{formatnum:21500}} €) per i capi animatori, i 3,8 milioni ¥ ({{formatnum:29200}} €) degli storyboarder/animatori 3D, fino ai 6,5 milioni ¥ ({{formatnum:50000}} €) dei registi.<ref>{{cita web|autore=Jennifer Sherman|url=https://www.animenewsnetwork.com/news/2015-05-15/study-animators-earned-usd28000-on-average-in-japan-in-2013/.87762|titolo=Study: Animators Earned US$28,000 on Average in Japan in 2013|sito=Anime News Network|data=15 maggio 2015|accesso=14 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=14 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211214091928/https://www.animenewsnetwork.com/news/2015-05-15/study-animators-earned-usd28000-on-average-in-japan-in-2013/.87762|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|url=http://www.janica.jp/survey/survey2015Report.pdf|titolo=アニメーション制作者実態調査報告書2015|editore=Japanese Animation Creators Association|anno=2015|accesso=14 dicembre 2021|lingua=ja|dataarchivio=28 agosto 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210828201128/http://janica.jp/survey/survey2015Report.pdf|urlmorto=no}}</ref> I disegnatori sono pagati secondo uno schema che prevede un compenso fisso e una parte variabile che dipende dal numero di tavole disegnate; una situazione che insieme al basso stipendio fisso causerebbe turni di lavoro massacranti per le nuove leve.<ref>{{cita web|autore=Chris Nishijima|url=https://www.animenewsnetwork.com/interest/2015-02-25/animation-veteran-claims-that-industry-newcomers-only-make-120-yen-an-hour/.85323|titolo=Animation Veteran Claims That Industry Newcomers Only Make 120 Yen An Hour|sito=Anime News Network|data=25 febbraio 2015|accesso=14 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=14 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211214091930/https://www.animenewsnetwork.com/interest/2015-02-25/animation-veteran-claims-that-industry-newcomers-only-make-120-yen-an-hour/.85323|urlmorto=no}}</ref> Dagli anni sessanta agli anni novanta, a ridosso delle scadenze, era inoltre frequente lavorare a oltranza fino a passare la notte nello studio, in quelle che venivano soprannominate ''satsujin shūkan'' ("settimane della morte"). Un retaggio di questa impostazione è che comunque le donne e gli uomini con famiglia vengono penalizzati, e gli studi di animazione preferiscono ingaggiare giovani maschi single, che sono più flessibili per quanto riguarda orari e salari.<ref>{{cita|Clements 2013|pp. 102-104}}.</ref> Le condizioni di lavoro e gli stipendi sono comunque migliorati sensibilmente a partire dagli anni novanta grazie a tre fattori: l'avvento dell'industria dei videogiochi, che ha offerto per la prima volta agli animatori un'alternativa meglio retribuita; la nascita nel 2007 dell'associazione di settore Japanese Animation Creators Association (JAniCA); e una riforma delle pratiche lavorative degli studi d'animazione imposta dall'amministrazione giapponese.<ref name="Clements191"/><ref name="AIR2020">{{cita pubblicazione|titolo=Anime Industry Report 2020|data=marzo 2021|editore=The Association of Japanese Animations|url=https://aja.gr.jp/download/anime-industry-report-2020-summary?wpdmdl=1691&refresh=61eb0d39e11171642794297|lingua=en|accesso=22 gennaio 2022|dataarchivio=21 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220121195354/https://aja.gr.jp/download/anime-industry-report-2020-summary?wpdmdl=1691&refresh=61eb0d39e11171642794297|urlmorto=no}}</ref>
=== I segni degli ''anime'' ===
Sempre in tema di linguaggio, non va trascurata la particolare simbologia grafica degli ''anime'', in gran parte mutuata da quella dei ''manga''. Frequente è infatti il ricorso alle linee cinetiche (''dōsen'') per esaltare i movimenti, l'uso espressivo dei fondali per sottolineare lo stato d'animo dei personaggi, la resa iperbolica dei gesti per aumentare il ''pathos''; ma anche tutta una serie di espedienti grafici tipici dei fumetti, spesso utilizzati in chiave comica, quali la goccia di sudore per significare imbarazzo o tensione, la bolla dal naso per indicare il sonno profondo, oppure l'improvvisa rappresentazione in stile ''[[super deformed]]'' del personaggio.<ref>{{Cita|Benecchi 2005|pp. 25 e segg|Benecchi2005}}.</ref><ref>{{Cita|Pellitteri 2002|p. 241|Pellitteri2002}}.</ref> Forse, però, il segno più caratteristico negli ''anime'' è dato dal modo di rappresentare gli occhi, spesso molto grandi o comunque preponderanti rispetto al resto del viso, la cui ragion d'essere, al di là di inconsistenti speculazioni, va ravvisata senz'altro nella maggiore resa espressiva.<ref>{{Cita|Pellitteri 2002|p. 224|Pellitteri2002}}.</ref><ref>{{Cita|Benecchi 2005|p. 17 e segg.|Benecchi2005}}.</ref><ref>{{Cita|Castellazzi 1999|p. 23|Castellazzi1999}}.</ref>
 
Una volta completata l'animazione ha luogo la sonorizzazione, consistente nell'aggiunta delle voci e della [[colonna sonora]], costituita dagli effetti sonori, dalla [[musica di sottofondo]] e dalle [[canzone (musica)|canzoni]].<ref name="Frazier2">{{cita pubblicazione|autore=Scott Frazier|anno=1997|url=http://www.ex.org/2.4/15-bts_1.html|titolo=Music and sound|volume=2|numero=2|lingua=en|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080511212359/http://www.ex.org/2.4/15-bts_1.html}}</ref> Poiché a differenza delle produzioni occidentali il doppiaggio avviene dopo l'animazione e per risparmiare vengono utilizzate solo poche animazioni della bocca dei personaggi, è possibile che il suono non corrisponda sempre precisamente al labiale.<ref name="Drazen18"/> Gli attori vocali, o ''[[seiyū]]'', sono scelti dal regista, dal produttore musicale o affidandosi a un'agenzia.<ref name="Frazier2"/> Il doppiaggio avviene in [[studi di registrazione]] e si avvale in alcuni casi di ''animatic'' o di copie dei ''frame'' con informazioni sul tempo e sul ritmo delle battute,<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 708}}.</ref> ma più spesso fornendo agli attori solo un'immagine del personaggio e i propri dialoghi.<ref>{{cita web|autore=Megan Peters|url=https://comicbook.com/anime/news/anime-know-how-voice-acting-101/|titolo=Anime Know-How: Voice Acting 101|data=5 settembre 2017|accesso=14 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=14 dicembre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211214160856/https://comicbook.com/anime/news/anime-know-how-voice-acting-101/|urlmorto=no}}</ref> La musica degli anime viene composta seguendo le indicazioni del regista e dei produttori, e vanta una tradizione di compositori eccellenti. Il direttore degli effetti si occupa della creazione degli effetti sonori, ormai realizzati quasi esclusivamente con generatori di suoni elettronici, quali [[Sintetizzatore|sintetizzatori]] e [[Campionatore|campionatori]], mentre il direttore del suono sovrintende alle registrazioni e alla qualità dell'audio.<ref name="Frazier2"/><ref>{{cita|Pellitteri 2018|p. 313}}.</ref> Canzoni vengono impiegate per le sequenze di apertura e di chiusura o come ''insert song'' all'interno delle opere. Sono generalmente composte da band [[J-pop]] o [[J-rock]], tenendo presente sia l'anime che devono andare a corredare sia il mercato discografico più ampio, per questo spesso non alludono se non molto vagamente all'ambientazione della storia.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 433}}.</ref><ref>{{cita web|url=https://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=74|titolo=Original Soundtrack (OST)|sito=Anime News Network|accesso=14 dicembre 2021|lingua=en|dataarchivio=17 ottobre 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141017134333/http://www.animenewsnetwork.com/encyclopedia/lexicon.php?id=74|urlmorto=no}}</ref>
== Autori principali ==
{| class="wikitable sortable"
!style="width: 20%;"|autore<ref>Jonathan Clements; Helen McCarthy. ''The Anime Encyclopedia – A guide to japanese animation since 1917''. Berkeley, Stone Bridge Press, 2006.</ref>
!classe
!attività
|-
|[[Hideaki Anno|Anno, Hideaki]]
|[[1960]]
|Autore di ''anime'' come ''Fushigi no umi no Nadia'' (''[[Nadia - Il mistero della pietra azzurra]]'') e, soprattutto, ''Shin seiki Evangelion'' (''[[Neon Genesis Evangelion]]''). È stato uno dei fondatori dello studio [[Gainax]], dove ha prodotto le sue opere e ha collaborato in altre; a partire dalla fine degli [[Anni 1990|anni novanta]] si dedica anche alla regia cinematografica di film [[live action]] con titoli come ''[[Love & Pop]]'' e ''[[Cutie Honey (film)|Cutie Honey]]''.
|-
|[[Osamu Dezaki|Dezaki, Osamu]]
|[[1943]] - [[2011]]
|Fra i più importanti registi nell'ambito del genere drammatico, ha lasciato una produzione enorme durata 40 anni e caratterizzata dall'uso espressionistico di inquadrature, luci e colori. Fra i primi animatori della [[Mushi Production]] di Tezuka e collaboratore abituale di [[Shingō Araki]], è noto soprattutto per le tre serie ''[[Rocky Joe]]'', ''[[Remì le sue avventure]]'' e ''[[Lady Oscar]]''. È morto di malattia nel [[2011]] all'età di 67 anni.
|-
|[[Kunihiko Ikuhara|Ikuhara, Kunihiko]]
|[[1964]]
|Personaggio emblematico e di culto, ha iniziato come semplice animatore nello studio [[Toei Animation]], per poi fare carriera nello stesso e infine uscirne e arrivare a dirigere importanti ''anime'' come ''Bishōjo senshi Sailor Moon'' (''[[Sailor Moon]]'') (seconda, terza e quarta serie) e ''Shōjo kakumei Utena'' (''[[La rivoluzione di Utena]]''). Membro fondatore del gruppo di artisti [[Be-Papas]].
|-
|[[Shōji Kawamori|Kawamori, Shōji]]
|[[1960]]
|Coautore della ''[[space opera]]'' ''Chōjikū yōsai Makurosu'' (''[[Macross]]'') e di quasi tutti i relativi ''[[sequel]]'', ha inoltre ideato altri ''anime'' di successo, come ''Tenku no Escaflowne'' (''[[I cieli di Escaflowne]]'') e ''Sōsei no Aquarion'' (''[[Aquarion]]''). È anche un apprezzato ''[[mecha designer]]'': oltre all'intero mecha design di ''Macross'', ha curato, fra gli altri, quello di ''Kōkaku kidōtai'' (''[[Ghost in the Shell (film 1995)|Ghost in the Shell]]'') e ''Kōkyōshihen Eureka Sebun'' (''[[Eureka Seven]]'').
|-
|[[Yoshiaki Kawajiri|Kawajiri, Yoshiaki]]
|[[1950]]
|Autore e regista, tra i fondatori dello studio [[Madhouse (azienda)|Madhouse]], ha portato al successo l'animazione per adulti con capolavori quali ''Jubei ninpuchō'' (''[[Ninja Scroll]]''), ''Yoju toshi'' (''[[La città delle bestie incantatrici]]'') e ''[[Vampire Hunter D - Bloodlust]]''. Tra le altre opere, nel [[2001]] dirige la [[serie TV]] di ''[[X (manga)|X]]'', tratta dal celebre [[manga]] del quartetto [[CLAMP]], e nel [[2003]] partecipa alla produzione nippoamericana ''[[Animatrix]]'' con gli episodi ''Program'' e ''World record''.
|-
|[[Satoshi Kon|Kon, Satoshi]]
|[[1963]] - [[2010]]
|Autore contemporaneo molto apprezzato in patria come all'estero per le sue opere (fumetti, serie TV e film) di pregnante contenuto psicologico e sociologico. Sono suoi i lungometraggi, ormai noti in tutto il mondo, ''[[Perfect Blue]]'', ''Sennen joyū'' (''[[Millennium Actress]]''), ''[[Tokyo Godfathers]]'' e ''[[Paprika - Sognando un sogno]]'', e la serie televisiva ''Mōsō dairinin'' (''[[Paranoia Agent]]''). È prematuramente scomparso nel 2010, a soli 46 anni.
|-
|[[Mamoru Hosoda|Osoda, Mamoru]]
|[[1967]]
|Regista e animatore giapponese, ha lavorato inizialmente presso gli studi della [[Toei Animation]], per un breve periodo presso lo [[Studio Ghibli]], e infine presso lo Studio Chizu, da lui fondato. Ha diretto tra gli altri: [[La ragazza che saltava nel tempo]], [[Summer Wars]], [[Wolf Children - Ame e Yuki i bambini lupo]], [[The Boy and the Beast]].
|-
|[[Leiji Matsumoto|Matsumoto, Leiji]]
|[[1938]]
|Prolifico ''[[mangaka]]'' e autore, ha creato l'universo di ''Uchū kaizoku Captain Hārokku'' (''[[Capitan Harlock]]''), nel quale sono state ambientate molte altre serie, e la saga della ''Uchū senkan Yamato'' (''[[La corazzata Yamato]]''). È anche l'autore dell'esperimento ''[[Interstella 5555]]'', un lungo [[videoclip]] animato su musica dei [[Daft Punk]].
|-
|[[Hayao Miyazaki|Miyazaki, Hayao]]
|[[1941]]
|Celebrato autore, animatore, regista e produttore di ''anime'', tra cui successi internazionali come il lungometraggio ''Mononoke-hime'' (''[[Princess Mononoke]]''), già noto in Italia soprattutto per la prima serie di ''Rupan sansei'' (''[[Le avventure di Lupin III]]'') e la serie ''Mirai shōnen Conan'' (''[[Conan il ragazzo del futuro]]''). Tra i fondatori dello [[Studio Ghibli]], ha ricevuto l'[[Premio Oscar|Oscar]] e l'[[Orso d'Oro]] nel [[2002]] per il film ''Sen to Chihiro no kamikakushi'' (''[[La città incantata]]''), oltre al Leone d'oro alla carriera alla [[61ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia]] nel [[2005]]. Viene spesso soprannominato "il dio degli ''anime''".
|-
|[[Gō Nagai|Nagai, Gō]]
|[[1945]]
|La sua importanza nell'animazione giapponese può essere paragonata a quella di [[Jack Kirby]] nel fumetto americano. Nagai è stato il precursore di molti generi, tra cui quello robotico con serie come ''Majingā Z'' (''[[Mazinga Z]]'') e ''UFO Robo Grendizer'' (''[[UFO Robot Goldrake]]''), e il suo stile è stato largamente imitato dai produttori per anni. Si ritiene sia stato anche l'autore del primo ''[[hentai]] manga''.
|-
|[[Mamoru Oshii|Oshii, Mamoru]]
|[[1951]]
|Autore e regista di lungometraggi complessi e maturi come ''Kōkaku kidōtai'' (''[[Ghost in the Shell (film 1995)|Ghost in the Shell]]''), ''Inosensu'' (''[[Ghost in the Shell: L'attacco dei Cyborg]]''), ''[[Tenshi no tamago (film 1985)|Tenshi no tamago]]'' e dell'importante saga di ''Kidō keisatsu Patoreibā'' (''[[Patlabor]]'') insieme al gruppo [[Headgear]], ma anche di opere più leggere, quali gran parte della serie TV di ''Urusei yatsura'' (''[[Lamù]]''), e i relativi film ''[[Lamù: Only You|Only You]]'' e ''[[Lamù: Beautiful dreamer|Beautiful Dreamer]]''.
|-
|[[Katsuhiro Ōtomo|Ōtomo, Katsuhiro]]
|[[1954]]
|Autore e regista del ''kolossal'' ''[[Akira (film)|Akira]]'', tratto dal suo [[Akira (manga)|omonimo manga]], e del più recente ''[[Steamboy]]'' (presente come film di chiusura alla [[61ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia]]), malgrado abbia realizzato in fondo non molte opere, ha esercitato ed esercita una enorme influenza stilistica e tematica nel mondo dell'animazione giapponese.
|-
|[[Rintarō]]
|[[1941]]
|Cofondatore dello studio [[Madhouse (azienda)|Madhouse]], è diventato famoso e rispettato grazie alla regia della prima serie di ''Capitan Harlock'' e dei film della serie ''Ginga tetsudo 999'' (''[[Galaxy Express 999]]''), entrambi tratti dai manga di Leiji Matsumoto e considerati veri e propri ''cult''. Famose sono le sue collaborazioni con altri autori, in particolare quelle con Osamu Tezuka (è stato supervisore di diversi ''anime'' del maestro) e quelle con Katsuhiro Ōtomo (con cui ha realizzato ''[[Metropolis (film 2001)|Metropolis]]'').
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|[[Isao Takahata|Takahata, Isao]]
|[[1935]] -
[[2018]]
|Raffinato autore e regista, ha condiviso gran parte della sua carriera con Hayao Miyazaki, insieme al quale ha fondato lo [[Studio Ghibli]]. Tra i suoi maggiori successi serie televisive come ''Alps no shōjo Heidi'' (''[[Heidi (anime)|Heidi]]'') e ''Akage no Anne'' (''[[Anna dai capelli rossi (anime)|Anna dai capelli rossi]]''), ma anche lungometraggi di grande rilievo come ''Hotaru no haka'' (''[[Una tomba per le lucciole]]''), ''Omohide poro poro'' (''[[Pioggia di ricordi]]''), ''Heisei tanuki kassen ponpoko'' (''[[Pom Poko]]'') e ''Kaguya-hime no monogatari'' (''[[La storia della principessa splendente]]'').
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|[[Osamu Tezuka|Tezuka, Osamu]]
|[[1928]] - [[1989]]
|Considerato unanimemente il primo ''[[mangaka]]'' in senso moderno (e definito perciò "il dio dei ''manga''"), autore di fumetti di altissimo prestigio internazionale, è stato anche il primo autore di ''anime'' televisivi. Tra le sue opere, oltre ai già citati ''Astro Boy'' e ''Kimba, il leone bianco'', ''Adorufu ni tsugu'' (''[[La storia dei tre Adolf]]'') e ''[[Black Jack]]''. È morto nel [[1989]].
|-
|[[Yoshiyuki Tomino|Tomino, Yoshiyuki]]
|[[1941]]
|Tra i fondatori della [[Sunrise (azienda)|Sunrise]], autore e regista tra l'altro delle serie ''Muteki kōjin Daitarn 3'' (''[[Daitarn 3]]'') e soprattutto ''Kidō senshi Gundam'' (''[[Mobile Suit Gundam]]''), che introdusse l'innovativo concetto del cosiddetto "real robot" nel genere robotico. Questa serie ha dato origine ad una [[Gundam|fortunatissima saga]] che continua ancora oggi, e la cui influenza nel panorama degli ''anime'' è paragonabile a quella delle produzioni nagaiane.
|-
|[[Shinichirō Watanabe|Watanabe, Shinichirō]]
|[[1965]]
|Soprannominato "il Guru della Sunrise", tra le altre opere ha scritto e diretto uno degli ''anime'' più importanti degli anni novanta, ''[[Cowboy Bebop]]'', e due cortometraggi di ''[[Animatrix]]'', la popolare ''suite'' d'animazione voluta dai [[fratelli Wachowski]].
|-
|[[Tatsuo Yoshida|Yoshida, Tatsuo]]
|[[1932]] - [[1977]]
|Fondatore dello storico studio di animazione [[Tatsunoko]], è stato creatore e produttore di importanti ''anime'' televisivi a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, come ''Mach Go! Go! Go!'' (''[[Superauto Mach 5]]''), ''Kagaku ninja tai Gatchaman'' (''[[La battaglia dei pianeti]]'') e ''Shinzo ningen Casshan'' (''[[Kyashan il ragazzo androide]]''). Morì nel [[1977]] a soli 45 anni.
|}
 
=== Distribuzione e localizzazione ===
== Principali studi di animazione in attività ==
[[File:Anime DVDs.JPG|thumb|Anime in [[DVD]] pronti per la vendita]]
<div class="toccolours itwiki_template_avviso rad noprint">I dati aziendali sono sincronizzati con quelli delle voci specifiche, dove sono indicate fonti e data di aggiornamento.</div>[[File:Kyoto Animation HQ entrance 20061105.jpg|thumb|upright=1.4| La sede della ''[[Kyoto Animation]]''.]]
{|class="wikitable sortable"
!nome
!fondazione
!dipendenti
|-
|[[A-1 Pictures]]
|[[2005]]
|152 <small>(2014)</small>
|-
|[[Bee Train]]
|[[1997]]
|70 <small>(2007)</small>
|-
|[[Bones (azienda)|BONES]]
|[[1998]]
|
|-
|[[Eiken (azienda)|Eiken]]
|[[1952]]
|50
|-
|[[Gainax]]
|[[1981]]
|20
|-
|[[Gonzo (azienda)|Gonzo]]
|[[1992]]
|85 <small>(2009)</small>
|-
|[[J.C.Staff]]
|[[1986]]
|145 <small>(2015)</small>
|-
|[[Kyoto Animation]]
|[[1981]]
|129 <small>(2010)</small>
|-
|[[Madhouse (azienda)|Madhouse]]
|[[1972]]
|70
|-
|[[Manglobe]]
|[[2002]]
|
|-
|[[MAPPA (azienda)|MAPPA]]
|[[2011]]
|
|-
|[[Nippon Animation]]
|[[1975]]
|100
|-
|[[Pierrot (azienda)|Pierrot]]
|[[1979]]
|
|-
|[[Production I.G]]
|[[1987]]
|120 <small>(2015)</small>
|-
|[[Satelight]]
|[[1995]]
|110 <small>(2013)</small>
|-
|[[Shaft (azienda)|Shaft]]
|[[1975]]
|188 <small>(2015)</small>
|-
|[[Studio 4°C]]
|[[1986]]
|
|-
|[[Studio Deen|Studio DEEN]]
|[[1975]]
|
|-
|[[Studio Ghibli]]
|[[1985]]
|300
|-
|[[Studio Nue]]
|[[1972]]
|
|-
|[[Sunrise (azienda)|Sunrise]]
|[[1972]]
|188 <small>(2015)</small>
|-
|[[Tatsunoko]]
|[[1962]]
|
|-
|[[TMS Entertainment]]
|[[1995]]
|193 <small>(2015)</small>
|-
|[[Toei Animation]]
|[[1956]]
|325 <small>(2014)</small>
|-
|[[ufotable]]
|[[2000]]
|150 <small>(2013)</small>
|-
|}
 
Della distribuzione degli anime si occupano le [[Casa di distribuzione|compagnie di distribuzione]], che spesso siglano i loro accordi con gli studi di animazione in anticipo ed entrano a far parte del comitato produttivo come finanziatori. Al cinema entrano in gioco case di distribuzione cinematografiche, per le serie televisive sono le emittenti a fare da tramite, mentre nel mercato home video aziende specializzate si occupano della conversione dei filmati nei diversi formati commerciali.<ref name="JETRO"/><ref name="Patten104">{{cita|Patten 2004|pp. 104-108}}.</ref>
== Generi e sottogeneri ==
Gli ''anime'', come detto, vengono catalogati in numerosi generi e sottogeneri, così come avviene per i ''manga'', a seconda delle tematiche trattate e del pubblico cui sono destinati.<ref>Cristian Posocco. ''MangArt''. Milano, costa & nolan, 2005, pp. 46 e segg.; イタリアにおけるコミック・アニメ市場 基礎調査 ([http://www.jetro.go.jp/jfile/report/05001432/05001432_001_BUP_0.pdf ''Italian comic and animation market report''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110721214201/http://www.jetro.go.jp/jfile/report/05001432/05001432_001_BUP_0.pdf |data=21 luglio 2011 }}), JETRO, marzo 2007, p. 19.</ref> In base al ''criterio demografico'' (o "esterno"), in particolare, si distinguono, a prescindere dall'argomento trattato dal soggetto, le seguenti tipologie di massima:
* ''[[Kodomo]]'' – per bambini fino ai 10 anni;
* ''[[Shōjo]]'' – per ragazze dai 10 anni fino alla maggiore età;
* ''[[Shōnen]]'' – per ragazzi dai 10 anni fino alla maggiore età;
* ''[[Seinen]]'' – per un pubblico maschile dai 18 anni in su;
* ''[[Josei]]'' (o ''Redīsu'', dall'inglese ''ladies'') - per un pubblico femminile dai 18 anni in su.
Evidentemente, poi, ciascun genere demografico privilegia determinati soggetti rispetto ad altri, per cui un ''anime'' che ad esempio tratti di fantascienza sarà più probabilmente uno ''shōnen'' che uno ''shōjo'', e così via.<ref>{{Cita|Tavassi 2012|p. 39|Tavassi2012}}.</ref>
 
La distribuzione internazionale è effettuata da aziende che si assicurano i diritti di [[Localizzazione audiovisiva|localizzazione]] delle opere. Si tratta perlopiù di pochi grandi distributori concentrati in Occidente.<ref name="Litten99">{{cita|Litten 2008|pp. 99-100}}.</ref> Come prima cosa l'adattamento della sceneggiatura originale viene affidato a un [[traduttore]], che è spesso un professionista con un'ottima padronanza della lingua giapponese e di destinazione. Il traduttore è responsabile di fornire un adattamento che salvaguardi il senso dell'originale e che sia fluido anche nella lingua di destinazione; un compito difficile per via delle marcate differenze linguistiche e culturali tra il giapponese e le lingue occidentali, e che può portare in questa fase a derive semantiche, perdita di significati e giochi di parole voluti o a una traduzione più libera e meno letterale.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 671-672}}.</ref> La traduzione serve come base per la realizzazione dei [[sottotitolo|sottotitoli]] e del [[doppiaggio]]. Le opere solo sottotitolate sono la minoranza, mentre una localizzazione doppiata risulta più costosa ma anche più facile da rivendere e quindi più proficua.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 671}}.</ref> La traccia vocale viene registrata dai doppiatori locali in studi di registrazione ed è poi sostituita e sincronizzata digitalmente al posto di quella giapponese. In questa fase possono avvenire ulteriori modifiche alla traduzione e deviazioni dal significato originale.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 672}}.</ref>
È quindi possibile individuare diverse categorie anche in base al soggetto, tuttavia questo tipo di distinzione può rivelarsi fuorviante, laddove spesso un ''anime'' può trattare al contempo tematiche differenti. Ancora, una categorizzazione per soggetto che sia esaustiva e univoca non è riscontrabile nella letteratura in materia, e comunque essa trova accreditamento spesso e volentieri più presso il pubblico che da parte degli autori. Ad ogni modo, volendo procedere per completezza ad un'indicazione di massima delle varie categorie di ''anime'' individuate secondo un ''criterio tematico'' (o "interno"), nell'ambito dei generi demografici sopra detti si può distinguere tra i seguenti sottogeneri:<ref>{{Cita|Tavassi 2012|p. 40|Tavassi2012}}.</ref>
 
Poiché gli anime presentano dei marcati riferimenti alla cultura giapponese e dei contenuti spesso più maturi o in contrasto con la concezione occidentale tradizionale dei cartoni animati, che li rendono non sempre facilmente comprensibili e adatti alle platee straniere, i distributori internazionali hanno operato frequentemente degli adattamenti invasivi. Una prima strategia è stata di esportare inizialmente solo quelle opere con contenuti neutri o basate su fiabe e racconti di tradizione occidentale, che venivano avvertite come di origine non giapponese, prima che prendessero piede anche prodotti più marcatamente nipponici.<ref name="DFM24"/> Frequenti nella localizzazione sono anche [[Adattamento e censura degli anime|modifiche e censure]] al materiale originale, al fine soprattutto di rendere i prodotti più adatti al target televisivo dei più piccoli e allinearsi alle linee guida più stringenti in materia di censura, con conseguente rimozione di scene o interi episodi di nudità e violenza, o allusioni alla sessualità, la religione, gli alcolici o le droghe. Semplificazioni culturali sono state messe in atto per evitare riferimenti espliciti al Giappone e ai suoi costumi, come la sostituzione di sigle e canzoni, cibo, festività, nomi o titoli onorifici.<ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 230-233}}.</ref><ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 93-95}}.</ref> In anni più recenti tuttavia questo fenomeno si è ridotto, ed è pratica comune eseguire un adattamento che mantiene inalterate le opere rispetto all'originale giapponese.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 95}}.</ref>
* ''Kodomo''
** ''[[Aniparo]]'' – parodie di altri ''anime'', spesso in stile ''super-deformed'';
** ''Fantasī'' – storie [[Fantastico|fantastiche]] e ''[[fantasy]]'';
* ''Shōjo'' – ''Josei''
** ''[[Mahō shōjo]]'' – storie con protagoniste dotate di poteri magici;
** ''[[Shōjo-ai]]'' – storie d'amore tra ragazze;
** ''[[Shōnen-ai]]'' – storie d'amore tra ragazzi;
** ''Ren'ai'' – storie d'amore;
** ''Romakome'' – commedie romantiche;
* ''Shōnen'' – ''Seinen''
** ''SF'' – storie di [[fantascienza]];
** ''[[Mecha]]'' – storie di fantascienza incentrate sui [[robot]];
** ''[[Spokon]]'' – storie sportive;
** ''[[Meitantei]]'' – storie poliziesche;
** ''Fantasī'' – storie fantastiche e ''fantasy'';
* ''Seinen'' – ''Josei''
** ''[[Gekiga]]'' – storie drammatiche;
** ''[[Splatter|Gore]]'', ''Kyōfu'' o ''Horā'' – storie violente, del terrore o dell'orrore;
** ''[[Giallo (genere)#Thriller|Suriraa]]'' – storie di ''suspense'' e azione (gialli);
** ''[[Hentai]]'' – storie a carattere [[pornografia|pornografico]];
** ''[[Ecchi]]'' – storie a carattere [[erotismo|erotico]];
*** ''[[Yaoi]]'' – erotismo/pornografia omosessuale maschile;
*** ''[[Yuri]]'' – erotismo/pornografia omosessuale femminile;
*** ''[[Lolicon]]'' – erotismo/pornografia adolescenziale femminile;
*** ''[[Shotacon]]'' – erotismo/pornografia adolescenziale maschile.
 
Ai canali distributivi legali si affianca il fenomeno del ''[[fansub]]bing'', in cui gli anime vengono resi disponibili in modo non autorizzato con l'aggiunta di sottotitoli da parte di gruppi di appassionati e distribuiti su Internet tramite portali web o programmi di ''[[file sharing]]''. Questa pratica è nata per poter fruire di opere giapponesi non disponibili in Occidente, ma prosegue spesso indisturbata anche dopo un'eventuale uscita [[Licenza (economia)|licenziata]].<ref name="Litten99"/><ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 206-207}}.</ref><ref>{{cita|Patten 2004|pp. 119-122}}.</ref> Per limitare le perdite derivate dal ''fansubbing'' e rimuovere la necessità di intermediari, canali e distributori hanno iniziato a diffondere le opere sottotitolate e in alcuni casi anche doppiate in ''[[simulcast]]'' o poco dopo l'uscita giapponese su piattaforme online a sottoscrizione ma anche libere, quali [[Funimation]] o [[Crunchyroll]], alle quali si aggiunge l'offerta di servizi [[video on demand]] internazionali come [[Amazon Prime]] o [[Netflix]].<ref>{{cita web|url=http://www.asahi.com/showbiz/manga/TKY200905040063.html|titolo=アニメバブル崩壊 DVD不振、新番組も減|sito=[[Asahi Shinbun]]|data=4 maggio 2009|accesso=31 dicembre 2021|lingua=ja|dataarchivio=29 novembre 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20181129141650/http://www.asahi.com/showbiz/manga/TKY200905040063.html|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|url=https://comicbook.com/anime/news/how-internet-streaming-will-change-anime-access/|titolo=Sugoi Streaming: How The Internet Is Changing Anime Access|autore=Megan Peters|data=5 settembre 2017|accesso=11 maggio 2022|lingua=ja|dataarchivio=11 maggio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220511163704/https://comicbook.com/anime/news/how-internet-streaming-will-change-anime-access/|urlmorto=no}}</ref><ref name="ClementseMcCarthy476">{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 476}}.</ref>
== Gli ''anime'' in Italia ==
=== Cenni storici ===
==== La prima "invasione" ====
I primi ''anime'' ad arrivare in Italia sono stati alcuni lungometraggi distribuiti nei cinema tra il [[1959]] e il [[1975]], tra i quali, oltre ai già citati ''[[La leggenda del serpente bianco]]'', ''Saiyuki'' e ''Jungle taitei'', ''Andersen monogatari'' del [[1968]], tradotto in ''[[Le fiabe di Andersen]]'', ''Taiyo no Ōji – Horusu no daiboken'' dello stesso anno, distribuito con il titolo ''[[La grande avventura del piccolo principe Valiant]]'', e ''Nagagutsu o haita neko'' del 1969, edito con il titolo ''[[Il gatto con gli stivali (film 1969)|Il gatto con gli stivali]]''. Si trattava di lungometraggi proiettati nell'ambito di matinée domenicali o distribuiti spacciandoli per prodotti americani. Tuttavia la vera svolta nella diffusione degli ''anime'' in Italia si è avuta nella seconda metà degli anni settanta, con l'importazione di serie televisive da parte, inizialmente, della [[RAI Radiotelevisione Italiana|televisione di Stato]]. Il 13 gennaio [[1976]] la Rete 2 (oggi [[Rai 2]]) diede infatti il via alla messa in onda di ''[[Barbapapà]]'' (''Bābapapa''), il primo anime giapponese trasmesso in Italia, seguito nel gennaio [[1977]] da ''[[Vicky il vichingo]]'' (''Chiisana Viking Vikke''), e nel [[1978]] da ''[[Heidi (anime)|Heidi]]'' (''Alps no shōjo Heidi'') e ''[[UFO Robot Goldrake|Atlas UFO Robot]]'' (''UFO Robot Grendizer'').<ref>{{Cita|Pellitteri|pp. 256 e segg.|Pellitteri2002}}.</ref><ref>Roberta Ponticiello. ''TV Invaders. Quando gli anime arrivarono in Italia'', in AA.VV., ''Con gli occhi a mandorla'', cit., p. 11, che riporta le fonti ufficiali della RAI.</ref>
 
== Industria e mercato ==
L'Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad importare ''anime'' e soprattutto tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta furono oltre un centinaio le serie acquistate (probabilmente come in nessun altro paese occidentale),<ref>In quei pochi anni fu "consumato" un enorme numero di serie proposte in Giappone nel corso di decenni, e ciò perché mentre in patria esse sono trasmesse settimanalmente, in Italia (come nel resto del mondo) la messa in onda è quotidiana; anche questa circostanza concorse ad evidenziare il meccanismo seriale che portò molta critica italiana a stigmatizzare la ripetitività di certe opere ({{Cita|Castellazzi 1999|p. 6|Castellazzi1999}}).</ref> sia ad opera della RAI-TV, sia delle [[televisioni locali|emittenti private]] liberalizzate nel 1976<ref>v. sentenza della [[Corte costituzionale della Repubblica Italiana|Corte costituzionale]] n. 202 del 28 luglio 1976.</ref> (in maggior misura le reti che poi sarebbero diventate [[Fininvest]], ma anche altre realtà prettamente locali),<ref>{{Cita|Pellitteri 2002|pp. 262 e segg.|Pellitteri2002}}.</ref> per quella che è stata definita una pacifica "invasione".<ref>{{Cita|Murakami 1998|pp. 1 e segg.|Murakami1998}}.</ref>
L'industria degli anime in senso stretto si riferisce al [[mercato]] generato dalle sole case di produzione, che ammontano a 622 [[studio di animazione|studi di animazione]] in Giappone, la quasi totalità dei quali ha sede a [[Tokyo]] con una particolare concentrazione nei [[Quartieri speciali di Tokyo|quartieri]] di [[Nerima]] e [[Suginami]].<ref name="AIR2020"/> L'[[associazione di categoria]] principale è la Association of Japanese Animations.<ref name="Brenner17">{{cita|Brenner 2007|p. 17}}.</ref> Questo mercato annuale è in costante espansione e ha superato i 300 miliardi di [[yen]] nel 2019. Le fonti di reddito principali per gli studi sono rappresentate dalla televisione, dal cinema, dall'home video, da Internet, dal merchandising, dalla musica, dalla commercializzazione all'estero e da altri canali, quali licenze ''[[pachinko]]'' a tema ed eventi. Negli ultimi vent'anni si è assistito a un aumento dei ricavi da televisione e cinema, e contestualmente a un forte calo nell'home video, vendita e noleggio, settori che soffrono la concorrenza della distribuzione digitale e che sono passati da essere la fonte principale di guadagni a cavallo degli anni novanta e duemila a fornire un apporto trascurabile;<ref name="AIR2020"/><ref>{{cita|Litten 2008|p. 96}}.</ref> questo calo è però compensato dall'emergere della distribuzione su Internet, che in percentuale ha avuto l'incremento maggiore e rappresenta una delle branche più promettenti del settore.<ref name="AIR2020"/>
 
In senso più ampio nel mercato degli anime vengono contate anche tutte quelle aziende che fanno parte dell'[[indotto]] e che sono attive in campi come la distribuzione o il merchandising, in Giappone e all'estero. Se si considera tutta questa catena produttiva il mercato annuale sale a oltre 2500 miliardi di yen, con i ricavi maggiori che derivano dai settori del merchandising e delle licenze.<ref name="AIR2020"/> Inoltre una parte cospicua dei guadagni proviene dall'estero, con una tendenza in costante aumento dato che sempre più spettatori e distributori si interessano agli anime negli ultimi anni.<ref>{{cita web|url=https://www.bbc.com/future/article/20191127-the-spirited-world-of-japanese-anime|titolo=Is Japanese anime going mainstream?|sito=[[BBC]]|accesso=21 gennaio 2022|lingua=en|dataarchivio=20 maggio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200520104218/https://www.bbc.com/future/article/20191127-the-spirited-world-of-japanese-anime|urlmorto=no}}</ref> Nel 2020 per la prima volta il mercato internazionale ha superato quello giapponese ammontando a più della metà dei ricavi mondiali di anime.<ref name="Sudo"/>
A partire però dalla metà degli anni ottanta, soprattutto a causa di una crescente campagna di demonizzazione degli ''anime'' operata da buona parte dell'opinione pubblica,<ref>{{Cita|Castellazzi 1999|p. 6|Castellazzi1999}}.</ref><ref>{{Cita|Raffaelli 2005|p. 226 e segg.|Raffaelli2005}}.</ref><ref>{{Cita|Pellitteri 2002|pp. 290 e segg.|Pellitteri2002}}.</ref> la RAI iniziò ad importare sempre meno serie, e per oltre un decennio restò praticamente solo il gruppo Fininvest a proporre qualche novità. Per lo più si trattava di serie indirizzate ad un pubblico di età appena scolare, o di serie prevalentemente ''shōjo'', mentre i pochi prodotti ''shōnen'' venivano dirottati sui circuiti di reti locali associati al gruppo ([[Italia 7]], [[Odeon TV]]). Le reti private locali, invece, si limitarono per anni a trasmettere repliche delle serie acquistate in precedenza, in quanto le sempre più elevate spese per l'acquisizione dei diritti e per il doppiaggio imponevano loro tabelle di marcia rallentate per l'importazione di nuove opere.<ref>{{Cita|Castellazzi 1999|pp. 5 e segg.|Castellazzi1999}}.</ref>
 
{{#chart:Mercato degli anime in senso stretto.Area.chart}}
==== ''Second Impact'' ====
Tali circostanze hanno determinato un notevole ritardo per quanto riguarda la distribuzione di nuovi ''anime'' in Italia (tanto nel mercato televisivo quanto su [[DVD]] o [[VHS]]), colmato soltanto in parte nel corso della seconda metà degli anni novanta grazie alla crescita del genere nel mercato ''home video'', da taluni definita il «''Second Impact''» dell'animazione giapponese in Italia.<ref>{{Cita|Gomarasca 2001|p. 15|Gomarasca2001}}.</ref> A partire dal [[1999]], tuttavia, reti nazionali come [[MTV (Italia)|MTV Italia]], e in misura minore [[La7]], hanno iniziato a trasmettere regolarmente animazione giapponese proprio grazie ad accordi stretti con i maggiori editori italiani di ''home video'' del settore, quali soprattutto [[Dynit]], [[Panini Video]] e [[Shin Vision]], all'epoca ancora attiva. Specialmente la scelta editoriale di MTV ha contribuito in maniera considerevole al citato ''Second Impact'' dell'animazione nipponica, favorendo l'ulteriore espansione del mercato e l'importazione di serie studiate in particolar modo per il suo pubblico di riferimento, vale a dire la fascia di età degli ''over'' 14. Le sinergie messe in campo con gli editori di ''home video'' hanno, inoltre, consentito apprezzabili risparmi sull'acquisto dei diritti e una qualità media degli adattamenti molto elevata.<ref>{{Cita|Benecchi 2005|pp. 188 e segg.|Benecchi2005}}.</ref> Gli accordi tra MTV e le case editrici hanno anche favorito particolari trasmissioni a scopo promozionale, quali, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre [[2000]], la "maratona" ''Robothon'', comprendente vari primi episodi di ''anime'' robotici (da cui il nome), e le due ''Anime Week'' durante l'ultima settimana di settembre del [[2005]] e del [[2006]], in cui la trasmissione di ''anime'' in via promozionale costituiva buona parte della programmazione giornaliera della rete. In tutti questi casi, oltre ad episodi regolarmente doppiati, ne sono stati trasmessi alcuni solo sottotitolati, principalmente in seconda serata. Qualcosa di simile ha fatto anche [[Italia 1]], la rete del gruppo [[Mediaset]] che trasmette normalmente animazione giapponese, con le sue cosiddette ''Notti Manga'', programmi promozionali andati in onda in fascia notturna tra il 1999 e il [[2001]], in cui sono stati trasmessi, in aggiunta all'ordinaria programmazione pomeridiana, alcuni ''anime'' editi dalla [[Yamato Video]]. Dal [[2009]] anche la RAI è tornata a trasmettere animazione giapponese sul canale [[televisione digitale terrestre|digitale terrestre]] [[Rai 4]], che in quell'anno ha mandato in onda in versione integrale serie come ''[[Gurren Lagann]]'' e ''[[Code Geass: Lelouch of the Rebellion]]''.<ref>{{Cita web |url=http://www.animeclick.it/news/23144-gurren-lagann-e-code-geass-da-questa-sera-su-rai-4|titolo=''Gurren Lagann e Code Geass da questa sera su Rai 4''|editore=AnimeClick.it|data=24 settembre 2009}}</ref> La stessa piattaforma digitale ha favorito la creazione di canali tematici dedicati all'animazione giapponese, come [[Man-ga]] o [[Anime Gold]].
 
Negli ultimi anni anche ''[[internet]]'' è diventata un nuovo canale distributivo globale per gli ''anime'', sia per iniziativa delle stesse case di produzione, che sempre più di frequente pubblicano le opere inizialmente come [[Original net animation|ONA]] per Web TV, sia ad opera di privati che le diffondono però in modo illecito. Nell'ultimo caso si possono distinguere due tipologie: l'immissione in rete di copie di prodotti già pubblicati in Italia, oppure di copie di prodotti inediti nel mercato italiano sottotitolati da gruppi amatoriali, cosiddetti ''[[fansub]]''. In quest'ultimo caso i gruppi in genere si impegnano a sospendere la distribuzione quando i diritti per quel determinato titolo vengono acquistati in patria e a non trarre lucro dall'attività, che rimane comunque illecita per la violazione del [[diritto d'autore]].<ref>{{Cita libro|autore=Sean Leonard|titolo=Progress Against th Law: Fan Distribution, Copyright, and the Explosive Growth of Japanese Animation|editore=MIT|anno=2004|formato=pdf|url=http://web.mit.edu/seantek/www/papers/progress-columns.pdf}}.</ref>
 
Gli anime rappresentano una parte sostanziale del comparto economico video in Giappone. Negli anni duemila l'animazione costituiva il 7% del mercato dei film, superiore al 4,6% delle opere in live action.<ref name="Brenner17"/> Pur ammontando ad appena il 10% del totale dei film giapponesi, i lungometraggi anime figurano tra le opere più viste del Paese, rappresentano da soli la metà del botteghino cinematografico annuale nipponico, e molti dei film di maggiore incasso in Giappone sono anime.<ref name="AIR2020"/> Nello stesso periodo le vendite di anime nel Paese ammontavano al 70% del mercato home video.<ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 16-17}}.</ref> A livello internazionale gli anime non arrivano a emulare i successi domestici o di produzioni più consolidate e popolari, come i film Disney o le pellicole di Hollywood,<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 528}}.</ref> ma si sono attestati come un'importante industria e fenomeno globale,<ref>{{cita|Napier 2005|p. 8}}.</ref><ref name="CNN">{{cita web|autore=Emiko Jozuka|url=https://edition.cnn.com/style/article/japan-anime-global-identity-hnk-intl/index.html|titolo=Japanese anime: From 'Disney of the East' to a global industry worth billions|sito=[[CNN]]|data=29 luglio 2019|accesso=22 gennaio 2022|lingua=en|dataarchivio=7 febbraio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220207140801/https://edition.cnn.com/style/article/japan-anime-global-identity-hnk-intl/index.html|urlmorto=no}}</ref> tanto che nel 2004 si stimava che il 60% dell'animazione in circolazione in tutto il mondo era di produzione giapponese.<ref name="Napierx">{{cita|Napier 2005|p. x}}.</ref> I mercati internazionali maggiori sono, nell'ordine, l'Estremo Oriente, l'Europa e il Nord America.<ref name="AIR2020"/>
=== La ''vexata quaestio'' della censura ===
{{vedi anche|Adattamento e censura degli anime}}
In Italia, a partire dalla metà degli anni ottanta, l'animazione giapponese ha subito nei passaggi televisivi sulle reti nazionali (RAI e soprattutto Fininvest/Mediaset) una [[censura]] sistematica operata attraverso adattamenti invasivi e incongrui, traduzioni superficiali dei copioni originali, giunti talvolta incompleti, tagli e modifiche arbitrarie.<ref>{{Cita|Pellitteri 2002|pp. 270 e segg.|Pellitteri2002}}.</ref><ref name=Pellitteri2008>{{Cita|Pellitteri 2008|p. 428|Pellitteri2008}}.</ref> A causa di un equivoco culturale di fondo, che in Italia e in Occidente vuole l'animazione rivolta sempre e solo ai bambini, molti ''anime'' destinati originariamente ad adulti o adolescenti sono stati infatti adattati forzatamente per una fascia di età infantile.<ref>Paolo Buscaglino Strambio. ''Pericolo Giallo. I cartoni giapponesi e il loro impatto sul pubblico''. ADAM Italia-Lulu.com, 2008, p. 27;.</ref><ref>{{Cita|Ghilardi 2003|pp. 20 e segg.|Ghilardi2003}}.</ref><ref>{{Cita|Benecchi 2005|p. 101|Benecchi2005}}.</ref><ref>{{Cita|Pellitteri 2008|p. 275|Pellitteri2008}}.</ref> Il cambiamento di ''target'' ha così comportato una revisione, se non talvolta la riscrittura dei dialoghi, per edulcorarli e renderli fruibili da un pubblico molto più giovane e il taglio di sequenze o, più raramente, di intere puntate, ritenute non adatte ad una platea infantile.
Anche per questo l'associazione [[Moige]] (Movimento italiano genitori), come pure giornalisti e psicologi, hanno spesso criticato gli ''anime'', colpevoli di presentare contenuti ritenuti inadatti ai bambini. I cultori dell'animazione nipponica si sono a loro volta organizzati in associazioni quali l'[[ADAM Italia]], con l'obiettivo di tutelare l'integrità delle opere e restituirle al pubblico per cui erano state pensate originariamente.<ref>{{Cita|Pellitteri 2008|pp. 332-33|Pellitteri2008}}.</ref> In Giappone, come detto, l'animazione è infatti considerata, al pari della [[cinematografia]], una forma d'espressione artistica che può veicolare contenuti d'ogni genere e tipo, destinati a fasce d'età differenziate.<ref>{{Cita|Benecchi 2005|p. 102|Benecchi2005}}.</ref>
 
I costi di realizzazione degli anime sono andati costantemente aumentando: un singolo episodio di 30 minuti per la TV richiedeva mediamente attorno ai 5-10 milioni di yen nel 2005<ref name="JETRO"/>, 12-15 milioni nel 2010, e ha raggiunto i 20 milioni nel 2020, con punte che possono arrivare fino a 30-50 milioni per alcune serie.<ref name="Sudo"/> Ciononostante questo non si traduce sempre in un guadagno per le case di produzione, e anzi più di un terzo di loro ha i conti in rosso.<ref name="Sudo"/> Infatti i finanziamenti da parte dei committenti in Giappone — che possono essere comitati produttivi, fondi, banche,<ref name="JETRO"/> o investitori stranieri<ref name="Clements177"/> — e i ricavi della prima trasmissione non sono spesso sufficienti a coprire i costi i produzione. Per questo si rendono necessarie altre fonti di guadagno, attraverso il merchandising o la vendita di diritti all'estero o di licenze per altri media, per permettere la sopravvivenza degli studi di animazione.<ref name="Clements114"/><ref>{{cita|Litten 2008|pp. 98-99}}.</ref>
A segnare una svolta hanno contribuito le scelte editoriali di MTV, che ha effettuato le sue trasmissioni di animazione giapponese in fasce orarie appropriate e in versione identica all'edizione proposta per il mercato ''home video'' dagli editori italiani; nella maggior parte dei casi, quindi, la trasmissione è del tutto priva di censure (come avvenuto nel caso di ''[[Ranma ½]]''), anche se per certi prodotti (ad esempio ''[[Golden Boy (manga)|Golden Boy]]'' o gli OAV di ''[[Kenshin Samurai vagabondo]]'') è stata scelta la doppia programmazione: censura delle scene ritenute inadatte nella trasmissione in fascia protetta, e versione integrale durante il passaggio in tarda serata.<ref>{{Cita|Benecchi 2005|pp. 203 e segg.|Benecchi2005}}.</ref><ref>{{Cita|Raffaelli 2005|p. 265|Raffaelli2005}}.</ref> In tema va anche segnalata la trasmissione notturna senza censure su Italia 1 della serie TV ''seinen'' ''[[Berserk (anime)|Berserk]]'' nel 2001 e dei film ''[[Tokyo Godfathers]]'' e ''[[Cowboy Bebop - Il film|Cowboy Bebop]]'' nel [[2006]]. Per quel che riguarda la RAI, invece, i primi tentativi di trasmissione integrale sono stati, oltre ad alcune serie del ''[[World Masterpiece Theater]]'' su [[Rai 1]] e al film ''[[Akira (film)|Akira]]'' su [[Rai 3]], la messa in onda su [[Rai 2]] di vari film e speciali TV della saga di ''[[Dragon Ball (anime)|Dragon Ball]]'' nel 2000-2001. Con l'avvento della televisione digitale terrestre, poi, si è scelto di includere regolarmente nel palinsesto di [[Rai 4]] la messa in onda di ''anime'' in versione integrale, anche con le sigle di apertura e chiusura originali.
 
Il mercato degli anime è strettamente legato a quello di altri media. Storicamente infatti molti anime, se non la maggior parte, sono basati su manga di successo,<ref name="DFM24"/><ref>{{cita|Napier 2005|p. 20}}.</ref> tanto che alcuni esperti li stimano in oltre il 90%.<ref>{{cita|MacWilliams 2008|p. 6}}.</ref> In tempi più recenti si è invece assistito a un incremento di adattamenti derivanti da [[light novel]], [[visual novel]] e videogiochi.<ref>{{cita|Berndt e Kümmerling-Meibauer 2013|p. 165}}.</ref> Anche il percorso inverso è però comune: dagli anime spesso si sviluppano interi [[franchise]] composti da prodotti quali manga, romanzi, merchandising, [[artbook]], [[drama CD]], colonne sonore o giocattoli.<ref name="DFM24"/> Questo è dovuto in parte alla multimedialità propria del medium, in parte alla già citata esigenza da parte degli studi di animazione di trovare altri canali di finanziamento sfruttando il traino economico delle loro opere. Il sistema produttivo stesso degli anime incoraggia d'altronde questo processo, in quanto i comitati di produzione sono composti da aziende attive in svariati settori — emittenti tv, compagnie di distribuzione, case editrici, agenzie pubblicitarie, ditte di giocattoli — le quali investono negli anime come piattaforma su cui poi sviluppare prodotti ''[[tie-in]]'' per la propria branca.<ref name="Clements133"/> Per questo, nel caso degli anime gli ascolti e i ricavi diretti giocano non di rado un ruolo trascurabile, e la trasmissione può servire anche e principalmente da pubblicità per la successiva pubblicazione home video, l'uscita del merchandising o lo sviluppo del franchise, con cui vengono fatti i veri guadagni.<ref name="Clements191"/>
 
== Diffusione nel mondo ==
Gli anime hanno avuto nel tempo una diffusione planetaria. Nel Sud-est asiatico, a causa della pregressa larga diffusione dei [[manga]], della vicinanza geografica col Giappone e dell'assenza di un'industria dell'animazione consolidata, gli anime iniziarono a circolare presto nel secondo dopoguerra in Paesi come Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, Thailandia e Filippine. Anche se in molti di questi Paesi le importazioni dal Giappone erano scoraggiate, il fiorire di un vasto mercato illegale permise alle opere di circolare ugualmente e di raggiungere un'ampia popolarità nella regione già dagli anni ottanta, influenzando notevolmente artisti e stili della produzione locale.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|pp. 474-475}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Ng Wai-ming|titolo=The Impact of Japanese Comics and Animation in Asia|url=https://www.cuhk.edu.hk/jas/staff/benng/publications/anime1.pdf|rivista=Journal of Japanese Trade & Industry|data=luglio-agosto 2002|lingua=en|accesso=4 aprile 2022|dataarchivio=26 aprile 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220426051223/https://www.cuhk.edu.hk/jas/staff/benng/publications/anime1.pdf|urlmorto=no}}</ref> Quello asiatico è il mercato internazionale più grande, soprattutto con la crescita di importazioni da parte della Cina a partire dagli anni novanta.<ref name="AIR2020"/><ref name="ClementseMcCarthy476"/>
 
In Occidente l'animazione giapponese giunse a cavallo degli anni cinquanta e sessanta, con alcuni film a distribuzione limitata quali ''[[La leggenda del serpente bianco]]'', ''[[Shōnen Sarutobi Sasuke]]'' e ''[[Le 13 fatiche di Ercolino]]''.<ref>{{cita|Pellitteri 2002|p. 136}}.</ref> Il primo Paese a importare regolarmente prodotti anime furono gli Stati Uniti, dove tra il 1963 e il 1964 venne trasmessa ''[[Astro Boy (serie animata 1963)|Astro Boy]]'', praticamente in contemporanea con il Giappone,<ref name="JETRO"/><ref>{{cita|Marcovitz 2008|pp. 29 e segg}}.</ref> a cui fecero seguito altre serie molto popolari come ''[[Kimba - Il leone bianco]]'' e ''Speed Racer'' (''[[Superauto Mach 5]]'').<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 474}}.</ref> Negli anni ottanta la richiesta di nuovi cartoni a basso costo per la programmazione tv e il mercato dei giocattoli diede ulteriore spinta alle importazioni, soprattutto di serie ''mecha''. Queste furono frequentemente modificate e adattate nei dialoghi e nella trama ai gusti del pubblico nordamericano, come nel caso di ''Tranzor Z'' (''[[Mazinga Z]]''), ''Battle of the Planets'' (''[[Gatchaman]]'') e ''[[Star Blazers]]'',<ref name="Gosling">{{cita web|autore=John Gosling|url=https://www.awn.com/mag/issue1.5/articles/goslingeuro1.5.html|titolo=Anime in Europe|sito=Animation World Network|accesso=3 aprile 2022|lingua=en|dataarchivio=19 aprile 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220419224702/https://www.awn.com/mag/issue1.5/articles/goslingeuro1.5.html|urlmorto=no}}</ref> o in quelli più eclatanti di ''[[Force Five]]'', ''[[Voltron]]'' e ''[[Robotech]]'', che sono serie di montaggio risultanti dalla fusione di un gran numero di anime distinti e scollegati tra loro. Nel corso degli anni novanta, sull'onda del successo di opere come ''[[Akira (film)|Akira]]'', ''[[Pokémon (serie animata)|Pokémon]]'', ''[[Sailor Moon]]'' e ''[[Dragon Ball Z]]'', il fenomeno anime in Nord America raggiunse la definitiva consacrazione.<ref name="Napier6"/><ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 475}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Sean Leonard|titolo=Progress against the law: Anime and fandom, with the key to the globalization of culture|rivista=International Journal of Cultural Studies|data=1º settembre 2005|volume=8|numero=3|pp=281-305|doi=10.1177/1367877905055679|lingua=en}}</ref> Al 2020 gli Stati Uniti costituiscono il secondo mercato di anime dietro quello nipponico.<ref name="AIR2020"/>
 
L'Europa si aprì a una maggiore diffusione di anime con le serie giunte negli anni settanta. In particolare in Francia, Italia e Spagna si sviluppò un forte interesse verso la produzione giapponese, per via dei prezzi abbordabili e dell'elevata offerta. Inoltre, poiché questi primi anime orientati alle esportazioni non presentavano espliciti legami alla loro origine nipponica o questi potevano essere facilmente espunti tramite l'adattamento, i cartoni giapponesi ben si prestavano a essere fruiti come forma di intrattenimento culturalmente neutrale.<ref>{{cita|Drazen 2003|pp. 4-13}}.</ref> Per questo alcuni dei primi anime in Europa furono coproduzioni, come ''[[Vicky il vichingo]]'', ''[[Heidi (serie animata 1974)|Heidi]]'' e ''[[L'ape Maia]]'' in Germania, ''[[Barbapapà]]'' e ''[[Ulysse 31]]'' in Francia, ''[[Calimero (serie animata 1974)|Calimero]]'' in Italia o ''[[D'Artacan]]'' in Spagna.<ref>{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. 94}}.</ref> Le serie che aprirono la strada alla popolarità dell'animazione giapponese furono ''[[UFO Robot Goldrake]]'' in Francia e in Italia e ''[[I Cavalieri dello zodiaco (serie animata)|I Cavalieri dello zodiaco]]'' in Spagna.<ref name="Gosling"/> Da allora questi Stati sono quelli che hanno importato il maggior numero e varietà di anime.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Marco Pellitteri|titolo=The Italian anime boom: The outstanding success of Japanese animation in Italy, 1978–1984|rivista=Journal of Italian Cinema & Media Studies|pp=363-381|volume=2|numero=3|anno=2014|doi=10.1386/jicms.2.3.363_1|lingua=en}}</ref> In questi stessi Paesi, tuttavia, gli anime hanno suscitato anche forti polemiche per via della loro dose di violenza e i loro contenuti maturi, e sono andati incontro a occasionali campagne di ostracismo, interruzioni e censure.<ref name="Gosling"/> Nei Paesi di lingua tedesca la diffusione degli anime è rimasta storicamente limitata e la programmazione televisiva degli anime è un fenomeno che si è radicato solo a partire dalla seconda metà degli anni novanta.<ref name="Gosling"/> Nel Regno Unito l'animazione nipponica non ha praticamente mai trovato spazio nei palinsesti televisivi, ma al contrario un fiorente mercato home video degli anime ha preso piede già dalla fine degli anni ottanta.<ref name="Gosling"/><ref name="Napier5">{{cita|Napier 2005|p. 5}}.</ref>
 
I maggiori importatori occidentali di anime, ovvero gli Stati Uniti, la Francia e l'Italia, sono anche responsabili della diffusione delle opere in Paesi confinanti e in altre parti del mondo, come la penisola iberica, la Germania, il Medio Oriente e l'America Latina.<ref>{{cita libro|autore=Giannalberto Bendazzi|titolo=Animation: A World History: Volume II: The Birth of a Style - The Three Markets|editore=CRC Press|anno=2015|p=363|isbn=978-1-3175-1991-1|lingua=en}}</ref> A partire dagli anni duemila la diffusione degli anime ha beneficiato dell'apertura di palinsesti e [[televisione satellitare|canali satellitari]] internazionali dedicati, come ad esempio [[Animax]], che è stato attivo nel Sud-est asiatico, India, America Latina, Nord America, Australia e diversi Paesi dell'Europa e dell'Africa.<ref>{{cita web|autore=Mikhail Koulikov|url=https://www.animenewsnetwork.com/news/2007-08-25/sony-brings-anime-channel-to-africa|titolo=Sony Brings Anime Channel to Africa|editore=Anime News Network|data=25 agosto 2007|accesso=3 aprile 2022|lingua=en|dataarchivio=14 dicembre 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20181214232256/https://www.animenewsnetwork.com/news/2007-08-25/sony-brings-anime-channel-to-africa|urlmorto=no}}</ref> Contemporaneamente diverse piattaforme online hanno iniziato a trasmettere le opere in ''simulcast'' mondiale e i servizi di streaming quali [[Netflix]], [[Crunchyroll]], [[Prime Video]] e [[Hulu]] hanno sviluppato un sempre maggior interesse per la coproduzione e l'acquisizione nel proprio catalogo di opere anime, aprendo le porte a una diffusione globale dell'animazione giapponese.<ref name="ClementseMcCarthy476"/><ref>{{cita web|autore=D. M. Moore|url=https://www.theverge.com/2019/12/23/21003549/anime-streaming-wars-netflix-amazon-att-sony-crunchyroll-funimation|titolo=Anime is one of the biggest fronts in the streaming wars|sito=[[The Verge (sito web)|The Verge]]|data=23 dicembre 2019|accesso=3 aprile 2022|lingua=en|dataarchivio=28 marzo 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220328045549/https://www.theverge.com/2019/12/23/21003549/anime-streaming-wars-netflix-amazon-att-sony-crunchyroll-funimation|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|autore=Chieko Tsuneoka|url=https://www.wsj.com/articles/the-world-is-watching-more-animeand-streaming-services-are-buying-11605365629|titolo=The World Is Watching More Anime—and Streaming Services Are Buying|sito=[[The Wall Street Journal]]|data=14 novembre 2020|accesso=3 aprile 2022|lingua=en|dataarchivio=22 aprile 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220422222339/https://www.wsj.com/articles/the-world-is-watching-more-animeand-streaming-services-are-buying-11605365629|urlmorto=no}}</ref>
 
== Accoglienza ==
=== Impatto culturale ===
Gli anime sono una parte integrante della [[cultura di massa]] giapponese. Infatti, a differenza di altri Paesi in cui l'animazione risente di un certo grado di pregiudizio, in Giappone questa viene accettata e fruita ad ampio spettro all'interno della società: il pubblico è composto da tutte le fasce d'età, e immagini o citazioni di anime sono onnipresenti nei vari aspetti della vita quotidiana nipponica, dalla pubblicità, all'intrattenimento, fino all'istruzione, al giornalismo o alla cultura.<ref name="Patten104"/><ref>{{cita|MacWilliams 2008|pp. 3-4, 13}}.</ref><ref>{{cita|Napier 2005|pp. 4-8}}.</ref> Pur con evidenti finalità commerciali, di divertimento e di evasione, gli anime sono stati riconosciuti anche per i loro meriti artistici ed espressivi e per la loro complessità tematica. Diversi critici li hanno definiti una forma di [[arte contemporanea]] e di massa, che colma cioè il divario tra la storica divisione in [[cultura alta]] e [[cultura popolare]], ponendosi come oggetto che può essere fruito da tutti e che si inserisce nel panorama di una proliferazione mediatica globale sempre più vasta, veloce e digitalizzata.<ref>{{cita|MacWilliams 2008|pp. 5-13}}.</ref> Ne sono una testimonianza le varie mostre dedicate agli anime in Giappone o le loro influenze nei settori dell'arte e della [[Moda (abbigliamento)|moda]].<ref>{{cita|Richmond 2009|pp. 246-247}}.</ref>
L'animazione giapponese ha avuto un significativo impatto sulla cultura dei giovani italiani nati dalla fine degli anni sessanta in avanti, la cui infanzia ne è stata caratterizzata.<ref>{{Cita|Pellitteri 2002}}.</ref> In particolare, per la prima generazione di spettatori di ''anime'', quella degli anni settanta, i personaggi delle serie giapponesi dell'epoca sono diventati un ''topos'' letterario, nonché un elemento di identificazione generazionale, permeando l'immaginario collettivo e la cultura popolare anche a livello di massa (si pensi ad esempio ai numerosi riferimenti all'animazione giapponese contenuti nei brani del cantautore [[Caparezza]],<ref>v. ad esempio i testi delle canzoni ''Dindalé Dindalò'' (in ''[[?! (album)|?!]]''), ''Il secondo secondo me'', ''Iodellavitanonhocapitouncazzo'', ''Fuori dal tunnel (del divertimento)'' e ''Dualismi'' (in ''[[Verità supposte]]'').</ref> o a gruppi musicali come i [[Meganoidi]]<ref>Il cui nome è ispirato direttamente alla serie ''Muteki kōjin Daitarn 3'' ([[Daitarn 3]]), in cui i ''Meganoidi'' sono dei ''[[cyborg]]'' che minacciano la Terra.</ref>). Su ''internet'' ciò ha dato luogo a punti di ritrovo virtuale molto partecipati, come il ''[[newsgroup]]'' [[it.arti.cartoni]], mentre proliferano una miriade di siti web amatoriali dedicati all'animazione giapponese, così come veri e propri quotidiani e riviste periodiche elettronici (''[[webzine]]''), quali ''[[AnimeClick.it|AnimeClick]]'' e l'ormai inattiva ''[[Wangazine]]''.
 
In Occidente e nel resto del mondo gli anime hanno inizialmente riscosso scarsa attenzione critica e di pubblico a causa di preconcetti storici nei confronti dell'animazione in generale, ritenuto un medium per bambini o per opere astratte.<ref name="Napier5" /> Inoltre, la presenza tra le prime opere importate di anime per adulti e ''[[hentai]]'' ha fatto diffondere all'estero un luogo comune che riduce l'animazione giapponese all'iper-violenza e alla pornografia.<ref>{{cita|Patten 2004|p. 64}}.</ref> Per questi motivi e a causa dell'iniziale limitata diffusione, gli anime nel mondo sono rimasti a lungo un prodotto di nicchia relegato a una particolare [[sottocultura]].<ref>{{cita|Napier 2005|pp. 4, 9}}.</ref> Con l'aumento delle esportazioni a partire dagli anni novanta l'animazione giapponese si sta però ritagliando uno spazio anche all'interno della cultura [[mainstream]] occidentale.<ref>{{cita|Napier 2005|p. 6}}.</ref><ref>{{cita|Patten 2004|p. 65}}.</ref> L'imprevista popolarità degli anime in Occidente è stata definita dall'accademica Antonia Levi come una «vittoria del [[multiculturalismo]]» e un fenomeno che ha arricchito il mondo dell'animazione e del fumetto in America e in Europa con nuove idee.<ref>{{cita|Levi 1996|pp. 137-139}}.</ref>
 
Insieme ad altri ambiti della cultura pop nipponica, a partire dalla fine del Novecento anche gli anime si sono consolidati nel Paese come un rilevante fenomeno produttivo e un'«importante risorsa culturale e turistica».<ref name="JETRO"/> A livello istituzionale sono ritenuti una forma cruciale di ''[[soft power]]'' per la promozione dell'immagine del Giappone nel mondo e per migliorare le relazioni con altri Stati nel contesto della strategia nota come [[Cool Japan]].<ref name="DFM76">{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 76-85}}.</ref><ref>{{cita|Berndt e Kümmerling-Meibauer 2013|pp. 20-21, 23-25}}.</ref> Come ha sottolineato il critico Gilles Poitras nel 2000, «fuori dal Giappone, gli anime sono diventati il mezzo principale con il quale i non giapponesi entrano in contatto con la cultura nipponica».<ref>{{cita|Poitras 2000|p. 8}}.</ref> Una ricerca di mercato di [[Crunchyroll]] effettuata nel 2021 ha mostrato che il 94% dei [[Generazione Z|nati tra il 1996 e il 2010]] e il 73% della popolazione rimanente ha familiarità con gli anime.<ref>{{cita web|autore=Megan Peters|url=https://comicbook.com/anime/news/anime-manga-popularity-gen-z-adults/|titolo=Anime Poll Reveals How Popular It Has Become with Gen Z|data=11 luglio 2021|accesso=3 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=16 luglio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220716095932/https://comicbook.com/anime/news/anime-manga-popularity-gen-z-adults/|urlmorto=no}}</ref> Il crescente interesse per l'animazione e i videogiochi giapponesi ha provocato in Occidente un notevole incremento nello studio della [[lingua giapponese]] tra i giovani, anche a livello universitario.<ref name="MacWilliams65">{{cita|MacWilliams 2008|pp. 65-66}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Natsuki Fukunaga|titolo="Those Anime Students": Foreign Language Literacy Development through Japanese Popular Culture|rivista=Journal of Adolescent & Adult Literacy|volume=50|numero=3|editore=International Literacy Association|anno=2006|pp=206-222|url=https://www.jstor.org/stable/40013700|lingua=en|accesso=15 febbraio 2022|dataarchivio=3 febbraio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220203084336/https://www.jstor.org/stable/40013700|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|url=https://www.taipeitimes.com/News/feat/archives/2021/12/30/2003770413|titolo=Anime and K-pop fuel language-learning boom|sito=[[Taipei Times]]|data=30 dicembre 2021|accesso=3 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=7 febbraio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220207195813/https://www.taipeitimes.com/News/feat/archives/2021/12/30/2003770413|urlmorto=no}}</ref>
Anche in ambito scientifico e accademico si moltiplicano testi e saggi, spesso scritti proprio da ricercatori e studiosi di quella generazione, che trattano di ''anime'' e ''manga'' riscoprendoli e rivalutandoli come fenomeno culturale e sociologico.<ref>{{Cita|Raffaelli 2005|p. 266|Raffaelli2005}}.</ref> L'animazione giapponese è, inoltre, sempre più spesso argomento di interesse universitario nell'ambito di diverse discipline, come dimostrato, ad esempio, dalla nascita di riviste accademiche quali ''[[Manga Academica]]'', dedicata alle tesi e alle pubblicazioni universitarie sul fumetto e sul cinema d'animazione giapponese.
 
I principali motivi del successo internazionale degli anime sono riconducibili alla loro duplice natura: da un lato queste opere vengono indicate come scevre di riferimenti etnici precisi e per questo definite ''mukokuseki'', cioè prive di nazionalità, culturalmente inodori, risultando perciò universalmente godibili;<ref name="Napier9">{{cita|Napier 2005|pp. 9-10}}.</ref> d'altro canto in quasi tutti gli anime è possibile individuare un'intrinseca "giapponesità", che è quella che conferisce loro un fascino esotico agli occhi dei fruitori stranieri e motiva l'interesse ad apprendere di più su una cultura diversa attraverso la loro visione.<ref name="MacWilliams65"/><ref>{{cita|Pellitteri 2008|pp. 59, 67-70}}.</ref><ref name="Levi3f">{{cita|Levi 1996|pp. 3-4, 6-7}}.</ref> Per gli spettatori occidentali l'attrattività degli anime è legata in primo luogo alle marcate differenze — narrative, stilistiche e tematiche — rispetto all'animazione a cui sono abituati, tanto che in molti restano colpiti dalle loro storie lunghe e coinvolgenti, dal modo in cui vengono messi in risalto la fisicità e la sessualità, e dalla massiccia presenza di temi adulti o di [[formazione|crescita e maturazione]], che facilitano l'immedesimazione soprattutto da parte degli spettatori più giovani e della comunità dei fan.<ref name="DFM24"/><ref name="DFM76"/><ref name="Napier9"/> Anche per la platea femminile gli anime offrono un'abbondanza di opere in cui identificarsi, con interi generi rivolti principalmente a donne e ragazze o storie in cui sono presenti figure femminili forti e in ruoli di primo piano, che scardinano la concezione tradizionale dei ruoli e dei generi e che spesso vengono apprezzate anche dai maschi.<ref name="DFM149"/>
A tanto ha contribuito anche un fenomeno prettamente italiano, quello delle sigle televisive degli ''anime'':<ref>{{Cita|Benecchi 2005|pp. 104 e segg.|Benecchi2005}}.</ref> ritenendo gli originali cantati in giapponese inadatti ai bambini italiani, sin dalla fine degli anni settanta essi vennero molto spesso sostituiti da brani appositamente realizzati in lingua italiana, spesso scritti da musicisti come [[Vince Tempera]] o [[I Cavalieri del Re]]. Successivamente, le sigle dei cartoni animati divennero un fenomeno discografico di rilievo, particolarmente tramite l'attività di [[Cristina D'Avena]] e [[Giorgio Vanni]], cui la Fininvest/Mediaset ha affidato quasi tutte le sigle degli ''anime'' trasmessi a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, spesso anche sostituendo le vecchie sigle italiane con delle nuove.<ref>Claudia Baglini. ''Il mercato discografico'', in {{Cita|Mangamania 1999|p. 56|Mangamania1999}}.</ref> A partire dalla seconda metà degli anni novanta, si è sviluppato un rilevante fenomeno di ''revival'' di questo genere di brani, prima ''on line'', tramite il [[Progetto Prometeo]], e poi anche in televisione e in radio; si sono inoltre affermati gruppi musicali specializzati nel riproporre o parodiare questi brani, come gli Amici di Roland e i [[Gem Boy]].
 
Come segnalato dalla critica [[Susan J. Napier]], un altro motivo della popolarità dell'animazione giapponese è il fatto che, con il suo eclettismo, trasformismo, rapidità e focus tematico sull'identità, si può leggere come una metafora estremamente attuale del ruolo dell'individuo e della società contemporanea in costante mutamento, in cui si valorizza sempre di più la velocità, l'imprevedibilità, il cambiamento e lo spettacolo.<ref>{{cita|Napier 2005|pp. 11-12}}.</ref>
== Gli ''anime'' nel mondo ==
=== Asia ===
Gli ''anime'' hanno avuto nel tempo una diffusione planetaria. Al di là del Giappone, in [[Asia]] l'animazione nipponica è molto popolare anche in paesi come [[Taiwan]], la [[Corea del Sud]] e nel [[Sud-est asiatico|sud-est]], dove, ad esempio, la serie per bambini ''[[Doraemon]]'' ha avuto grande successo in [[Thailandia]] e nelle [[Filippine]] sin dall'inizio degli anni novanta, così come in seguito quella dei ''[[Pokémon]]''.<ref>{{Cita|Napier 2005|pp. 5 e segg.|Napier2005}}.</ref> Meno diffusi, invece, nelle televisioni del [[Medio Oriente]], anche se serie come ''UFO Robo Grendizer'' nell'edizione [[lingua araba|araba]] hanno avuto anche lì largo seguito.<ref>{{Cita web|url=http://www.grendizer.net/Grendizer.html|autore=Wasim|titolo=Grendizer Main Menu|editore=Grendizer.net|data=Grendizer.net|accesso=24 dicembre 2011|lingua=ar|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081221041016/http://www.grendizer.net/Grendizer.html|dataarchivio=21 dicembre 2008|urlmorto=sì}}</ref>
 
L'influenza degli anime si riscontra in numerose opere e autori in tutto il mondo, che ne riprendono lo stile e i temi. Queste produzioni vengono chiamate animazioni "in stile anime" o "influenzate dagli anime" e sono in costante aumento sia in Occidente sia negli emergenti mercati in Cina, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia a causa dell'elevata richiesta del pubblico internazionale.<ref name="ClementseMcCarthy190"/><ref name="Sudo"/> Gli influssi si estendono anche a pellicole e serie [[live action]],<ref>{{cita web|autore=Arnab Rakshit|url=https://screenrant.com/anime-that-inspired-hollywood-movies/|titolo=10 Anime That Inspired The Making Of Movies In Hollywood|data=20 gennaio 2021|accesso=13 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=30 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220130002956/https://screenrant.com/anime-that-inspired-hollywood-movies/|urlmorto=no}}</ref> fino a veri e propri [[remake]] hollywoodiani di anime di successo;<ref>{{cita|Richmond 2009|pp. 236-237}}.</ref> tuttavia la maggior parte di questi adattamenti è stata accolta negativamente dal pubblico e dalla critica, a causa dei frequenti cambiamenti di sceneggiatura e cast rispetto al materiale originale e alle minori possibilità creative ed evocative del live action rispetto all'animazione.<ref>{{cita web|autore=Emmanuel Ocbazghi|url=https://www.businessinsider.com/anime-movies-hollywood-adaptations-bad-flops-film-studios-2019-1|titolo=Why Hollywood adaptations of anime movies keep flopping|sito=[[Business Insider]]|data=10 gennaio 2019|accesso=13 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=12 gennaio 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190112185538/https://www.businessinsider.com/anime-movies-hollywood-adaptations-bad-flops-film-studios-2019-1|urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web|autore=Mallika Mitra|url=https://www.cnbc.com/2019/08/10/why-hollywood-should-stay-away-from-live-action-remakes-of-anime.html|titolo=Why Hollywood should leave anime out of its live-action remake obsession|data=10 agosto 2019|accesso=13 febbraio 2022|lingua=en|dataarchivio=30 gennaio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220130023632/https://www.cnbc.com/2019/08/10/why-hollywood-should-stay-away-from-live-action-remakes-of-anime.html|urlmorto=no}}</ref>
=== Stati Uniti d'America ===
Il primo ''anime'' trasmesso negli [[Stati Uniti d'America|USA]] fu la serie ''[[Astro Boy]]'' (''Tetsuwan Atom'') sulla rete [[NBC]] tra il 1963 e il 1964, praticamente in contemporanea con il Giappone.<ref>{{Cita|JETRO, ''Japan Animation Industry Trends''|p. 7|JETRO2005}}.</ref><ref>{{Cita|Marcovitz 2008|pp. 29 e segg.|Marcovitz2008}}.</ref> Da allora le importazioni sono state costanti, pur se non massicce fino all'inizio degli anni novanta. Negli anni ottanta molte serie classiche furono comunque trasmesse da varie TV, anche se frequentemente rimontate e adattate nei dialoghi e nella trama ai gusti del pubblico nordamericano, come nel caso di ''Tranzor Z'' (''Mazinger Z''), ''Battle of the Planets'' (''[[Gatchaman|Kagaku ninja tai Gatchaman]]'') e ''Star Blazers'',<ref name=Gosling>{{Cita|Gosling 1996||Gosling1996}}.</ref> o in quelli più eclatanti di ''[[Force Five]]'', ''[[Voltron]]'' e ''[[Robotech]]''. La prima consiste in una lunga serie risultante dalla fusione di cinque distinti ''anime'' (''[[Gaiking|Daiku maryū Gaiking]]'', ''[[Danguard|Wakusei Robo Danguard Ace]]'', ''[[Starzinger|Starzinger SF Saiyuki]]'', ''[[Getter Robot|Getter Robo G]]'' e ''[[UFO Robot Goldrake|UFO Robo Grendizer]]''), per un totale di 130 episodi (26 di ciascuna serie);<ref>{{Cita web|url=http://web.mit.edu/sseligma/www/force5.html|titolo=Force Five|accesso=24 dicembre 2011|lingua=en|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090416173700/http://web.mit.edu/sseligma/www/force5.html|dataarchivio=16 aprile 2009|urlmorto=sì}}.</ref> la seconda è parimenti una serie ricavata montando insieme due diverse serie originali (''[[Golion|Hyakujū ō Golion]]'' e ''Kikō kantai Dairugger XV''), così come la terza, che ne fonde tre (''[[Macross|Chōjikū yōsai Macross]]'', ''Kiko soseiki Mospeada'' e ''[[Chōjikū kidan Southern Cross]]'') per un totale di 85 episodi. In seguito, anche sull'onda del successo del film ''Akira'' nelle sale cinematografiche americane, nei primi anni novanta cominciò a svilupparsi una maggiore attenzione al fenomeno, sia da parte delle TV che degli operatori del settore ''home video'', tanto che negli ultimi dieci anni il mercato U.S.A. degli ''anime'' è cresciuto enormemente.<ref name=Napier-2005-6 /> Il grande successo di pubblico ottenuto dalle varie saghe di ''[[Gundam]]'' e dai ''Pokémon'', il primo posto nella classifica ''[[Billboard]]'' raggiunto dal film ''Ghost in the Shell'' nel [[1998]], e la sempre maggiore popolarità delle opere dello Studio Ghibli<ref>{{Cita|JETRO, ''Japan Animation Industry Trends''|p. 7|JETRO2005}}. Nel 1996 la Walt Disney Enterprises acquisì i diritti di distribuzione di tutte le opere dello Studio Ghibli per il Nord America ({{Cita|Napier 2005|pp. 8|Napier2005}}); inoltre, la filiale giapponese del colosso americano attualmente si occupa anche di acquistare ''anime'' che distribuisce in ben 54 paesi ({{Cita|JETRO, ''Japan Animation Industry Trends''|p. 7|JETRO2005}}).</ref> hanno portato il mercato americano degli ''anime'' ad essere il secondo mercato nazionale dietro quello nipponico, con 38 serie trasmesse e 500 nuovi DVD usciti nel [[2007]], e un valore del solo settore ''home video'' stimato in 400 milioni di dollari nel 2006, anche se in decisa flessione.<ref>{{Cita web|autore=Mickhail Koulikov|titolo=ICv2 Conference on Anime and Manga - ICv2 White Paper|url=http://www.animenewsnetwork.com/convention/2007/nyaf-icv2/icv2/whitepaper|editore=Anime News Network|data=6 dicembre 2007|accesso=24 dicembre 2011|lingua=en}}. Secondo molti operatori, la flessione delle vendite di ''anime'' nel settore ''home video'' negli Stati Uniti è dovuta sia all'aumento del fenomeno del ''[[file sharing]]'' e del ''[[fansub]]'' (cfr. {{Cita web|autore=Arthur Smith|url=http://www.animenewsnetwork.com/industry-comments/arthur-smith-open-letter-on-fansubbing|titolo=Open Letter from GDH International's Arthur Smith|editore=Anime News Network|data=13 dicembre 2007|accesso=24 dicembre 2011|lingua=en}}), sia ad una serie di altri fattori, come la saturazione del mercato e la svalutazione dei prodotti attraverso adattamenti ed edizioni di scarsa qualità ({{Cita web|url=http://www.animenation.net/blog/2008/09/18/ask-john-what-are-the-top-ten-reasons-for-animes-decline-in-america/|titolo=Ask John: What Are the Top Ten Reasons for Anime's Decline in America?|sito=Ask John (blog)|editore=AnimeNation News Blog|data=18 settembre 2008|accesso=24 dicembre 2011|lingua=en|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110811010225/http://www.animenation.net/blog/2008/09/18/ask-john-what-are-the-top-ten-reasons-for-animes-decline-in-america/|dataarchivio=11 agosto 2011}}</ref> È statunitense anche uno dei più importanti portali ''web'' occidentali sull'animazione giapponese, l<nowiki>'</nowiki>''[[Anime News Network]]''.
 
=== Europa''Fandom'' ===
Attorno agli anime esiste una nutrita [[fandom|comunità di fan]], che si sovrappone in larga parte a quella dei manga e di altri settori della cultura pop giapponese. Nata prima in Giappone intorno agli anni settanta come aggregazione di appassionati della già avviata comunità fantascientifica<ref>{{cita|Deutsches Filmmuseum 2008|pp. 89-93}}.</ref> e della prima generazione di spettatori che era cresciuta guardando anime in televisione, negli anni ottanta e novanta, con la maggiore diffusione internazionale del medium, prese poi piede anche in Occidente.<ref name="Clements157"/> Strumentali nello sviluppo della comunità furono l'introduzione sul mercato di [[supporto video|supporti video]], che slegarono la fruizione delle opere dall'evento cinematografico o televisivo, e l'avvento di Internet, che permise nuove forme di comunicazione e di diffusione delle informazioni come [[chat]], [[Forum (Internet)|forum]], [[social media]] e [[banca dati|banche dati]].<ref name="ClementseMcCarthyxx">{{cita|Clements e McCarthy 2012|p. xx}}.</ref><ref name="Levi3f"/>
Uguale se non maggiore diffusione televisiva gli ''anime'' hanno avuto in [[Europa]]: a parte l'[[Italia]], di cui si è detto, anche [[Spagna]] e [[Francia]] hanno infatti subito, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, una "pacifica invasione". In effetti, in Francia i primi ''anime'' furono trasmessi già nel [[1974]], con le serie ''Le Prince Saphir'' (''Ribbon no kishi'') e ''Le Roi Leo'' (''Jungle Taitei''), ma l'importazione massiccia iniziò solo dopo il successo della serie ''Goldorák'' (''UFO Robo Grendizer''), trasmessa nel 1978.<ref>{{Cita|Gosling 1996||Gosling1996}}. Attualmente la Francia è il maggior editore europeo di animazione giapponese con società di rilievo come la [http://www.beez-ent.com/ Beez Entertainment] e la [http://www.dybex.com Dybex].</ref> In Spagna al principio degli anni ottanta andarono in onda serie come ''Mazinger Z'', ''El Vengador'' (''[[Jeeg robot d'acciaio|Kotetsu Jeeg]]''), ''Capitán Harlock'', ''Star Blazers'' e poi ''Robotech'',<ref name=Garcia>{{Cita web|url=http://www.geocities.com/Hollywood/Derby/8798/anime.htm|autore=Acier Garcia|titolo=El anime en España: la mediocridad al poder|data=1999|deadurl=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071209070745/http://www.geocities.com/Hollywood/Derby/8798/anime.htm|urlarchivio2=http://www.webcitation.org/query.php?url=http://www.geocities.com/Hollywood/Derby/8798/anime.htm|dataarchivio2=26 ottobre 2009|dataarchivio=9 dicembre 2007}}. URL consultato il 30 dicembre 2007.</ref> anche se fu il successivo arrivo de ''Los Caballeros del Zodiaco'' (''Saint Seiya'') e di ''Dragon Ball'' a decretare l'esplosione del fenomeno anche lì.<ref name=Gosling /><ref name=Garcia /> In entrambi questi paesi, tuttavia, similmente a quanto accaduto in Italia, gli ''anime'' hanno suscitato forti polemiche, subendo spesso anche qui interruzioni e censure.<ref name=Gosling /> In [[Germania]], invece, dove non vi è stata una serie di particolare successo a fare da traino, la programmazione televisiva degli ''anime'' è un fenomeno piuttosto recente. Le prime poche serie trasmesse nell'allora [[Germania Ovest]], da ''Speed Racer'' (''[[Superauto Mach 5|Mach Go! Go! Go!]]'') nel [[1971]] a ''Captain Future'' (''[[Capitan Futuro (anime)|Captain Fuchā]]'') nel [[1980]], non ebbero grande riscontro, anche perché talvolta accusate di essere troppo violente e inadatte ai bambini; solo con la successiva trasmissione di serie come ''[[Lady Oscar]]'' (''Versailles no bara'') e le sportive ''Kickers'' (''Ganbare! Kickers'') e ''Mila Superstar'' (''[[Mimì e la nazionale di pallavolo|Attack No. 1]]''), a metà degli anni novanta, l'animazione giapponese ha trovato maggior spazio nella programmazione delle TV tedesche.<ref>{{Cita|Gosling 1996||Gosling1996}}. A favorire una precoce diffusione televisiva degli ''anime'' in Germania non bastò la co-produzione nippo-tedesca di ben due serie: ''Heidi'' (''[[Heidi (anime)|Alps no shōjo Heidi]]'') nel 1974 e ''Die Biene Maja'' (''[[L'ape Maia|Mitsubachi Maya no bōken]]'') nel 1975, entrambe trasmesse dalla [[ZDF]], rispettivamente nel 1977 e nel 1976.</ref> Diversa è la situazione nel [[Regno Unito]], dove in passato l'animazione nipponica non ha praticamente mai trovato spazio nei palinsesti televisivi, ma dove al contrario il mercato ''home video'' degli ''anime'' ha preso piede già dalla fine degli anni ottanta, con il record di vendite delle [[VHS]] del film ''Akira'' e la nascita della ''Manga Video'', a differenza di Italia e Francia dove ciò è avvenuto solo nella seconda metà degli anni novanta.<ref name=Gosling /><ref>{{Cita|Napier 2005|pp. 5|Napier2005}}</ref> Il recente successo internazionale riscosso dai lungometraggi di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli ha poi aperto le porte all'animazione giapponese anche in paesi come la [[Finlandia]] e la [[Polonia]],<ref name=Gosling /> mentre nell'aprile 2007 in [[Romania]], [[Ungheria]] e [[Repubblica Ceca]] ha avuto luogo il lancio europeo di ''[[Animax]]'', il [[televisione satellitare|canale satellitare]] tematico a pagamento della ''[[Sony|Sony Pictures Entertainment]]'' che trasmette ''anime'' 24 ore su 24, diffuso poi anche in Germania.
 
[[File:Little Tokyo, Los Angeles -- Aug 14, 2010.jpg|thumb|upright=1.2|Il ''[[cosplay]]'' è tra le attività più praticate dalla comunità di fan degli anime.]]
=== America latina ===
La penetrazione degli ''anime'' in [[America latina]] ha riguardato soprattutto paesi come il [[Messico]], il [[Cile]] e l'[[Argentina]]. In particolare, i primi ''anime'' trasmessi in Messico, principale importatore latinoamericano, sono stati sul finire degli anni settanta ''Heidi'', ''Meteoro'' (''Mach Go! Go! Go!''), ''Mazinger Z'', ''[[Candy Candy]]'', ''Kimba'' (''Jungle taitei'') e l'''Abeja Maya'' (''[[L'Ape Maia|Mitsubachi Maya no boken]]''),<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.animexico.net/Portada ''Historia del Anime en México''] |date=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}. URL consultato il 30 dicembre 2007; [http://www.animexis.com.mx/ ''Guías de anime transmitido en México'']. URL consultato il 30 dicembre 2007.</ref> con una presenza costante nel tempo dell'animazione giapponese nei palinsesti delle TV locali. Dal Messico le stesse serie hanno avuto quindi diffusione in [[Venezuela]] e in [[Perù]], ma soprattutto in Cile, sulle cui TV gli ''anime'' sono arrivati all'inizio degli anni ottanta,<ref>[https://web.archive.org/web/20060428100428/http://members.tripod.com/~GabZWing/Anime_Chile_inicio1.html ''Anime in Chile'']. URL consultato il 30 dicembre 2007.</ref> e poi in Argentina dove l'animazione nipponica, dopo le isolate apparizioni sui teleschermi di ''Mazinger Z'' nel 1981<ref>Walter Medina. (2005) [http://www.solesdigital.com.ar/cine/mazinger.htm ''Mazinger: El regreso del gigante mecánico'']. URL consultato il 30 dicembre 2007.</ref> e ''Robotech'' nella seconda metà degli anni ottanta,<ref>Leandro Vizcaya. (2007) [http://www.animeforos.com.ar/3506-post1.html ''Robotech: un fenomeno que sigue facturando''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131005004523/http://www.animeforos.com.ar/3506-post1.html |data=5 ottobre 2013 }}. URL consultato il 30 dicembre 2007.</ref> ha avuto maggior diffusione a partire dagli anni novanta. A riprova della popolarità raggiunta dagli ''anime'' in America Latina sta anche la diffusione su tutto il territorio del citato canale satellitare tematico della Sony ''Animax''.
 
Per questa sottocultura di fan di anime si è diffuso l'appellativo di ''[[otaku]]'', che è usato sia dagli stessi appassionati sia come connotazione dispregiativa per sottolineare un interesse ossessivo.<ref name="Clements157"/><ref>{{cita|Brenner 2007|p. 195}}.</ref> Gli appassionati rappresentano una componente molto rilevante del mercato, in quanto sono forti consumatori disposti a spendere regolarmente elevate somme di denaro nelle edizioni home video e nel collezionismo. Gli editori e i produttori hanno preso in considerazione il crescente fenomeno con pubblicazioni e opere indirizzate principalmente al ''fandom'', come ad esempio le riviste ''[[Animage]]'' e ''[[Newtype (rivista)|Newtype]]'' o l'OAV ''[[Otaku no video]]''.<ref name="ClementseMcCarthyxx"/><ref name="Clements191"/>
=== Africa ===
La diffusione degli ''anime'' in [[Africa]] è storia recente. Eccezion fatta per l'edizione araba di ''UFO Robo Grendizer'' cui si è fatto cenno, trasmessa con successo anche in [[Egitto]] al principio degli anni ottanta,<ref>Gerdha. [http://www.nagaifans.it/goldrake/Episodi/Episodi.htm ''Nagaifans.it - Goldrake: episodi'']. URL consultato il 24 febbraio 2008.</ref> l'animazione giapponese ha trovato spazio e mercato nel continente africano solo a partire dagli [[anni 2000|anni duemila]], in particolare in [[Sudafrica]].<ref>Anime Direct – South Africa. {{collegamento interrotto|1=[http://animedirect.za.net/index.php?m=co&c=2 ''About Anime & Manga in SA''] |date=febbraio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}. URL consultato il 24 febbraio 2008.</ref> Nel 2007, tuttavia, la Sony ha lanciato il suo canale satellitare ''Animax'' anche in diversi stati africani, tra i quali, oltre al Sud Africa, [[Namibia]], [[Kenya]], [[Botswana]], [[Zambia]], [[Mozambico]], [[Lesotho]] e [[Zimbabwe]].<ref>{{Cita web |url=http://www.animenewsnetwork.com/news/2007-08-25/sony-brings-anime-channel-to-africa |titolo=Sony Brings Anime Channel to Africa|editore=Anime News Network|data=25 agosto 2007|accesso=24 dicembre 2011|lingua=en}}</ref>
 
Poiché il medium stesso invita alla creatività, gli anime e gli spettatori sono legati da un certo grado di interazione. Nel ''fandom'' è diffusa ad esempio la pratica di riprendere situazioni e personaggi delle opere animate all'interno di fumetti amatoriali autoprodotti (''[[dōjinshi]]''), [[fanfiction]] o [[fan art]].<ref name="DFM76"/> Sovente queste produzioni trattano di storie d'amore che non compaiono o vengono solo suggerite nelle opere originali, e che spesso vengono reinterpretate in chiave omosessuale.<ref name="Drazen78"/> Alcuni fan sviluppano anche un particolare attaccamento, che sfocia nell'adorazione, per certi personaggi di anime; un fenomeno che è conosciuto come ''[[moe (slang)|moe]]''.<ref>{{cita libro|autore=Patrick W. Galbraith|titolo=The Moé Manifesto: An Insider's Look at the Worlds of Manga, Anime, and Gaming|url=https://archive.org/details/moemanifestoinsi0000galb|pp=[https://archive.org/details/moemanifestoinsi0000galb/page/4 4]-6|editore=Tuttle Publishing|anno=2014|isbn=978-4-8053-1282-7|lingua=en}}</ref> Frequenti tra i fan sono, inoltre, la creazione di [[anime music video]], ovvero montaggi video e musicali con spezzoni di filmati o immagini tratte dagli anime, o il ''[[cosplay]]'', cioè il travestirsi da personaggi immaginari.<ref>{{cita|Brenner 2007|pp. 201-205}}.</ref> Quest'ultima pratica in particolare trova molto spazio nelle [[anime convention]]: fiere e convegni dedicati ad anime, manga e altri media giapponesi in cui gli appassionati si ritrovano e vengono organizzati conferenze, approfondimenti, discussioni, concorsi e mercatini. Le più grandi raccolgono decine di migliaia di partecipanti e si trovano non solo in Giappone ma anche in Europa e Nord America.<ref name="DFM24"/><ref>{{cita|Poitras 2000|p. 73}}.</ref><ref>{{cita|Brenner 2007|p. 211}}.</ref><ref>{{cita|Richmond 2009|pp. 268-273}}.</ref>
=== Australia ===
Dalla fine degli anni novanta in poi, anche l'[[Australia]] è diventata un grande importatore di animazione giapponese, come testimoniato dall'intensa attività dell'editore di ''home video'' Madman Entertainment, nonché dalla diffusione anche qui del canale tematico della Sony Animax sulla [[Tivufonino|TV mobile]].<ref>Animax è attualmente diffuso anche in [[India]] e nel [[Sud-est asiatico]].</ref>
 
== Note ==
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== Bibliografia ==
=== In italiano ===
* {{Citacita libro|curatoreautore=[[AlfredoAndrea Castelli]] e [[Gianni BonoBaricordi]]|titolo=IFAnime. Guida Orfanial ecinema Robot,di n.animazione 5-8giapponese|città=MilanoBologna|editore=EpierreGranata Press|anno=19831991|cid=Baricordi 1991|isbn={{NoISBN}}88-7248-014-0}}
* {{Citacita libro|autore=[[AndreaEleonora Baricordi]]Benecchi|titolo=Anime. GuidaCartoni alcon cinema di animazione giapponesel'anima|città=Bologna|editore=Granata PressHybris|anno=19912005|cid=Baricordi1991Benecchi 2005|isbn=88-72488372-014261-02}}
* {{Citacita libro|autore=[[LucaDavide Raffaelli]]Castellazzi|titolo=Le anime disegnateAnimeland. IlViaggio pensierotra neii cartooncartoni damade Disneyin ai giapponesi e oltreJapan|città=RomaFirenze|editore=Minimum FaxTarab|anno=2005|edizione=II1999|cid=Raffaelli2005Castellazzi 1999|isbn=88-752186675-06750-5X}}
* {{Citacita libro|curatore=FabrizioAndrea FrancatoFontana|titolocuratore2=FenomenoDavide Tarò|titolo=Anime. GuidaStoria alldell'animazione nipponicagiapponese 1984-2007|città=PaviaPiombino|editore=Rock'n'ComicsIl Foglio|anno=19972007|cid=Fontana e Tarò 2007|isbn={{NoISBN}}978-88-7606-160-8}}
* {{Citacita libro|autore=SaburoMarcello MurakamiGhilardi|titolo=AnimeCuore ine TVacciaio. StoriaEstetica deidell'animazione cartoni animati giapponesi prodotti per la televisionegiapponese|città=MilanoPadova|editore=YamatoEsedra Videoeditore|anno=19982003|cid=Murakami1998Ghilardi 2003|isbn={{NoISBN}}88-86413-65-3}}
* {{Citacita libro|autore=AA.VV.Arianna Mognato|titolo=IFSuper robot Mangamaniaanime. 20Eroi annie dirobot Giapponeda inMazinga Italia'Z a Evangelion|città=Milano|editore=EpierreYamato Video|anno=1999|cid=Mangamania1999Mognato 1999|isbn={{NoISBN}}no}}
* {{Citacita libro|autore=FrancescoSaburo PrandoniMurakami|titolo=Anime alin cinemaTV. Storia deldei cinemacartoni dianimati animazionegiapponesi giapponeseprodotti 1917-1995per la televisione|città=Milano|editore=Yamato Video|anno=19991998|cid=Prandoni1999Murakami 1998|isbn={{NoISBN}}no}}
* {{Citacita libro|autore=Arianna[[Marco MognatoPellitteri]]|titolo=SuperIl Robotdrago Anime.e Eroila esaetta: robotmodelli, dastrategie Mazingae Zidentità adell'immaginario Evangeliongiapponese|città=MilanoLatina|editore=Yamato VideoTunué|anno=19992008|cid=Mognato1999Pellitteri 2008|isbn={{NoISBN}}978-88-89613-35-1}}
* {{Citacita libro|autore=DavideMarco CastellazziPellitteri|titolo=AnimelandMazinga Nostalgia. ViaggioStoria, travalori ie cartonilinguaggi madedella in JapanGoldrake-generation|città=FirenzeLatina|editore=TarabTunué|anno=19992018|cid=Castellazzi1999Pellitteri 2018|edizione=4|isbn=978-88-866756790-50272-X9}}
* {{Citacita libro|autorecuratore=[[MarcoRoberta Pellitteri]]Ponticiello|curatore2=Susanna Scrivo|titolo=MazingaCon gli occhi a Nostalgiamandorla. Storia,Sguardi valorisul eGiappone linguaggidei dellacartoon Goldrake-generatione dei fumetti|città=RomaLatina|editore=KingTunué|anno=20022005|cid=Pellitteri2002|edizione=IIPonticiello e Scrivo 2005|isbn=88-8867889613-0108-84}}
* {{Citacita libro|autore=MarcoFrancesco PellitteriPrandoni|titolo=IlAnime dragoal ecinema. laStoria saetta:del modelli,cinema strategiedi eanimazione identitàgiapponese dell'immaginario giapponese1917-1995|città=LatinaMilano|editore=TunuéYamato Video|anno=20081999|cid=Pellitteri2008Prandoni 1999|isbn=978-88-89613-35-1no}}
* {{Citacita libro|autore=Marcello[[Luca GhilardiRaffaelli]]|titolo=CuoreLe eanime acciaiodisegnate. EsteticaIl dell'animazionepensiero giapponesenei cartoon da Disney ai giapponesi e oltre|città=PadovaRoma|editore=[[EsedraMinimum editore]]Fax|anno=20032005|edizione=II|cid=Ghilardi2003Raffaelli 2005|isbn=88-864137521-65067-35}}
* {{Citacita libro|autore=CristianGuido PosoccoTavassi|titolo=MangaStoria Artdell'animazione giapponese. Autori, arte, industria, successo dal 1917 a oggi|città=MilanoLatina|editore=Costa & NolanTunué|anno=20052022|edizione=3|cid=Tavassi 2022|isbn=978-88-74376790-013475-X4}}
* {{Cita libro|autore=Eleonora Benecchi|titolo=Anime. Cartoni con l'anima|città=Bologna|editore=Hybris|anno=2005|cid=Benecchi2005|isbn=88-8372-261-2}}
* {{Cita libro|curatore=Roberta Ponticiello e Susanna Scrivo|titolo=Con gli occhi a mandorla. Sguardi sul Giappone dei cartoon e dei fumetti|città=Latina|editore=Tunué|anno=2005|cid=Ponticiello2005|isbn=88-89613-08-4}}
* {{Cita libro|curatore=Andrea Fontana e Davide Tarò|titolo=Anime. Storia dell'animazione giapponese 1984-2007|città=Piombino|editore=Il Foglio|anno=2007|isbn=978-88-7606-160-8}}
* {{Cita libro|curatore=Gianluca di Fratta|titolo=Robot. Fenomenologia dei giganti di ferro giapponesi|città=San Nicola La Strada|editore=L'Aperia|anno=2007|isbn=978-88-87638-12-7}}
* {{cita libro|autore=Guido Tavassi |titolo=Storia dell'animazione giapponese. Autori, arte, industria, successo dal 1917 a oggi |città= Latina|editore= Tunué|anno=2012 |edizione=1 |cid=Tavassi2012|isbn=978-88-97165-51-4}}
* {{cita libro|autore=Andrea Fontana |titolo=La bomba e l'onda. Storia dell'animazione giapponese da Hiroshima a Fukushima |città= Milano|editore= Bietti|anno=2013 |isbn=978-88-8248-282-4}}
* {{cita libro|autore=M. Roberta Novielli |titolo=Animerama. Storia del cinema d'animazione giapponese |città= Venezia|editore= [[Marsilio Editori]]|anno=2015 |isbn=978-88-317-2047-2}}
 
=== In altre lingue ===
* {{Citacita libro|autorecuratore=AntoniaJaqueline LeviBerndt|curatore2=Bettina Kümmerling-Meibauer|titolo=SamuraiManga's fromCultural Outer Space: Understanding Japanese AnimationCrossroads|cittàurl=Chicagohttps://archive.org/details/mangasculturalcr0000unse|editore=Open CourtRoutledge|anno=19962013|lingua=ingleseen|cid=Levi1996Berndt e Kümmerling-Meibauer 2013|isbn=978-0-8126415-933250450-98}}
* {{Citacita libro|autore=FredRobin PattenE. Brenner|titolo=Watching Anime, ReadingUnderstanding Manga. 25 Years of Essays and ReviewsAnime|cittàurl=Berkeleyhttps://archive.org/details/understandingman0000bren|editore=StoneLibraries Bridge PressUnlimited|anno=20042007|lingua=ingleseen|cid=Brenner 2007|isbn=978-1-88065659158-92332-25}}
* {{Citacita libro|autore=SusanDani J. NapierCavallaro|titolo=Anime Intersections. FromTradition Akiraand toInnovation Howl'sin MovingTheme Castleand Technique|url=https://archive.org/details/animeintersectio0000cava|città=New YorkJefferson|editore=Palgrave MacmillanMcFarland|anno= 20052007|cid=Napier2005Cavallaro 2007|lingua=ingleseen|isbn=1978-0-40397864-70523234-19}}
* {{Citacita libro|autore=Jonathan Clements e |autore2=Helen McCarthy|titolo=The Anime Encyclopedia., Revised & Expanded Edition: A guideGuide to japaneseJapanese animationAnimation sinceSince 1917|città=Berkeley|editore=Stone Bridge Press|anno=20062012|lingua=ingleseen|cid=Clements e McCarthy 2012|isbn=978-1-93333061172-10515-45}}
* {{Citacita libro|curatoreautore=StevenJonathan T. BrownClements|titolo=Cinema Anime: A History|cittàurl=New Yorkhttps://archive.org/details/animehistory0000clem|editore=Palgrave Macmillan|anno=20062013|lingua=ingleseen|cid=Clements 2013|isbn=978-01-23084457-60621390-05}}
* {{Citacita libro|autorecuratore=DaniDeutsches CavallaroFilmmuseum|titolo=AnimeGa-netchū! Intersections.Das TraditionManga andAnime Innovation in Theme and Technique|città=JeffersonSyndrom|editore=McFarlandHenschel Verlag|anno=20072008|cidlingua=Cavallaro2007de|linguacid=ingleseDeutsches Filmmuseum 2008|isbn=978-03-786489487-3234607-94}}
* {{Citacita libro|autore=HalPatrick MarcovitzDrazen|titolo=[[Anime Explosion! The What? Why? & Wow! Of Japanese Animation]]|editore=LucentStone BooksBridge Press|anno=20082003|cidlingua=Marcovitz2008en|linguacid=ingleseDrazen 2003|isbn=978-1-59018880656-99572-58}}
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* {{Cita web|url=http://www.awn.com/mag/issue1.5/articles/goslingeuro1.5.html|autore=John Gosling|titolo=Anime in Europe|editore=Animation World Network|data=1996|accesso=24 dicembre 2011|lingua=en|cid=Gosling1996}}
* {{cita libro|autore=Hal Marcovitz|titolo=Anime|url=https://archive.org/details/anime0000marc|editore=Lucent Books|anno=2008|cid=Marcovitz 2008|lingua=en|isbn=978-1-59018-995-5}}
* {{cita libro|autore=[[Susan J. Napier]]|titolo=Anime. From Akira to Howl's Moving Castle|url=https://archive.org/details/animefromakirato0000napi|città=New York|editore=Palgrave Macmillan|anno= 2005|cid=Napier 2005|lingua=en|isbn=1-4039-7052-1}}
* {{cita libro|autore=Fred Patten|titolo=Watching Anime, Reading Manga. 25 Years of Essays and Reviews|url=https://archive.org/details/watchinganimerea0000patt|città=Berkeley|editore=Stone Bridge Press|anno=2004|lingua=en|cid=Patten 2004|isbn=1-880656-92-2}}
* {{cita libro|curatore=Timothy Perper|curatore2=Martha Cornog|titolo=Mangatopia: Essays on Manga and Anime in the Modern World|url=https://archive.org/details/mangatopiaessays0000unse|editore=ABC-CLIO|anno=2011|lingua=en|cid=Perper e Cornog 2011|isbn=978-159158-908-2}}
* {{cita libro|autore=Gilles Poitras|titolo=Anime Essentials: Every Thing a Fan Needs to Know|url=https://archive.org/details/animeessentialse0000poit|editore=Stone Bridge Press|anno=2000|lingua=en|cid=Poitras 2000|isbn=1-880656-53-1}}
* {{cita libro|autore=Simon Richmond|titolo=The Rough Guide to Anime. Japan's finest from Ghibli to Gankutsuō|url=https://archive.org/details/roughguidetoanim0000rich|città=New York|editore=Rough Guides|anno=2009|lingua=en|isbn=978-1-85828-205-3|cid=Richmond 2009}}
 
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