Sandro Pertini: differenze tra le versioni
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{{nota disambigua||Pertini (disambigua)|Pertini}}{{Organizzare|La voce pesa 275 kb, ben oltre le [[Aiuto:Dimensioni della voce|dimensioni massime]] previste per le voci. Necessaria una riorganizzazione con la predisposizione di voci ancillari|politica|settembre 2025|arg2=biografie}}{{Carica pubblica 
| nome = Sandro Pertini 
| carica = 7º [[Presidente della Repubblica Italiana]] 
| mandatoinizio = 9 luglio 1978 
| mandatofine = 29 giugno 1985 
| primoministro = [[Giulio Andreotti]]<br />[[Francesco Cossiga]]<br />[[Arnaldo Forlani]]<br />[[Giovanni Spadolini]]<br />[[Amintore Fanfani]]<br />[[Bettino Craxi]] 
| predecessore = [[Giovanni Leone]] 
| successore = [[Francesco Cossiga]] 
| carica2 = [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|Presidente della Camera dei deputati]] 
| mandatoinizio2 = 5 giugno 1968 
| mandatofine2 = 4 luglio 1976 
| predecessore2 = [[Brunetto Bucciarelli-Ducci]] 
| successore2 = [[Pietro Ingrao]] 
| carica3 = [[Partito Socialista Italiano#Segretari politici|Segretario del Partito Socialista Italiano]] 
| mandatoinizio3 = 2 agosto 1945 
| mandatofine3 = 18 dicembre 1945 
| predecessore3 = [[Pietro Nenni]] 
| successore3 = [[Rodolfo Morandi]] 
| carica4 = [[Assemblea Costituente (Italia)|Deputato dell'Assemblea Costituente]] 
| mandatoinizio4 = 26 giugno 1946 
| mandatofine4 = 31 gennaio 1948 
| 
| gruppo parlamentare4 = Socialista 
| 
| circoscrizione4 = [[collegio unico nazionale|CUN]] 
| 
| carica5 = [[Senatore a vita (ordinamento italiano)|Senatore a vita della Repubblica Italiana]] 
| mandatoinizio5 = 29 giugno 1985 
| mandatofine5 = 24 febbraio 1990 
| legislatura5 = [[IX legislatura della Repubblica Italiana|IX]], [[X legislatura della Repubblica Italiana|X]] 
| gruppo parlamentare5 = [[Partito Socialista Italiano]] 
| coalizione5 =  
| circoscrizione5 =  
| 
| tipo nomina5 = [[Presidente emerito della Repubblica Italiana|Nomina di diritto per un Presidente emerito della Repubblica Italiana]] 
| carica6 = [[Camera dei deputati (Italia)|Deputato della Repubblica Italiana]] 
| mandatoinizio6 = 25 giugno 1953 
| mandatofine6 = 7 luglio 1978 
| legislatura6 = [[II legislatura della Repubblica Italiana|II]], [[III legislatura della Repubblica Italiana|III]], [[IV legislatura della Repubblica Italiana|IV]], [[V legislatura della Repubblica Italiana|V]], [[VI legislatura della Repubblica Italiana|VI]], [[VII legislatura della Repubblica Italiana|VII]] 
| gruppo parlamentare6 = [[Partito Socialista Italiano|PSI]] 
| coalizione6 =  
| circoscrizione6 = [[Genova]] - [[Imperia]] - [[La Spezia]] - [[Savona]] 
| collegio6 =  
| carica7 = [[Senato della Repubblica|Senatore della Repubblica Italiana]] 
| mandatoinizio7 = 18 aprile [[1948]] 
| mandatofine7 = 24 giugno [[1953]] 
| legislatura7 = [[I legislatura della Repubblica Italiana|I]] 
| gruppo parlamentare7 = [[Partito Socialista Italiano]] 
| coalizione7 =  
| circoscrizione7 =  
| 
| tipo nomina7 = [[Senatore di diritto#Senatori di diritto della I Legislatura|Senatore di diritto]] secondo la III disposizione transitoria e finale della Costituzione 
| partito = [[Associazione nazionale combattenti e reduci|ANCR]] <small>(1920-1922)</small><br/>[[Partito Socialista Unitario (1922)|PSU]] <small>(1924-1930)</small><br />[[Partito Socialista Italiano|PSI]] <small>(1930-1978)</small><ref>A partire dal suo mandato presidenziale, Pertini non rinnovò più la tessera del PSI, per la sua volontà di essere considerato il presidente di tutti gli italiani, pur continuando a testimoniare la propria accesa fede socialista. Da [[senatore a vita]] si iscrisse comunque al [[Partito Socialista Italiano|gruppo del PSI]].</ref> 
| titolo di studio = Laurea in giurisprudenza<br />Laurea in scienze politiche 
| professione = Giornalista, avvocato 
| firma = Sandro Pertini Signature.svg 
| alma_mater = [[Università degli Studi di Modena]]<br />[[Università degli Studi di Firenze]] 
| tipo nomina4 =  
| incarichi4 = * Membro della giunta delle elezioni (26 giugno 1946 – 31 gennaio 1948) 
* Membro della commissione per la Costituzione (19 luglio 1946 – 25 luglio 1946) 
* Membro della commissione degli "undici" (19 febbraio  
| sito4 = http://legislature.camera.it/chiosco.asp?cp=1&position=Assemblea%20Costituente\I%20Costituenti&content=altre_sezioni/assemblea_costituente/composizione/costituenti/framedeputato.asp?Deputato=1d4610 
| incarichi5 = * Membro del [[Gruppo parlamentare|Gruppo]] PSI (29 giugno 1985 – 1º luglio 1987) 
* Membro terza Commissione permanente (Affari esteri) (9 luglio 1985 – 1º luglio 1987) 
* Presidente provvisorio del Senato (2 luglio 1987 – 2 luglio 1987) 
* Membro del Gruppo PSI (9 luglio 1987 – 24 febbraio  
* Membro terza Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione) (1º agosto 1987 – 27 settembre [[1989]]) 
* Membro terza Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione) (27 settembre 1989 – 24 febbraio 1990) 
| sito5 =  
| tipo nomina6 =  
| incarichi6 =  
| sito6 = http://legislature.camera.it/chiosco.asp?cp=1&position=II%20Legislatura%20/%20I%20Deputati&content=deputati/legislatureprecedenti/Leg02/framedeputato.asp?Deputato=d4610 
| incarichi7 = * [[Capogruppo (parlamento)|Presidente del Gruppo PSI]] (8 maggio 1948 – 24 giugno 1953) 
* Membro della giunta delle elezioni (8 maggio 1948 – 24 giugno 1953) 
* Membro della terza Commissione permanente (Affari esteri e colonie) (17 giugno 1948 – 6 luglio 1948) 
* Membro della quarta Commissione permanente (Difesa) (7 luglio 1948 – 4 agosto 1948) 
* Presidente della quarta Commissione permanente (Difesa) (5 agosto 1948 – 24 giugno 1953) 
* Membro della Commissione speciale [[Disegno di legge|ddl]] funerali e tumulazione [[Vittorio Emanuele Orlando|V.E. Orlando]] (3 dicembre 1952 – 5 gennaio 1953) 
* Membro della Commissione di vigilanza sulle condizioni dei detenuti negli stabilimenti carcerari (5 aprile 1949 – 20 ottobre 1949) 
| sito7 = http://www.senato.it/leg/01/BGT/Schede/Attsen/00001844.htm 
}} 
{{militare 
|Nome = Sandro Pertini 
|Immagine = Pertini allievo ufficiale.gif 
|Didascalia = Pertini aspirante ufficiale del [[Regio Esercito]] alla Scuola Mitraglieri Fiat di [[Brescia]] 
|Data_di_nascita = 25 settembre 1896 
|Nato_a = [[Stella (Italia)|Stella]] 
|Data_di_morte = 24 febbraio 1990 (93 anni) 
|Morto_a = [[Roma]] 
|Cause_della_morte = Complicazioni in seguito ad una caduta 
|Luogo_di_sepoltura = Cimitero di [[San Giovanni (Stella)]] 
|Religione = [[Ateismo]] 
|Soprannome =  
|Nazione_servita = {{bandiera|ITA 1861-1946}} [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] 
|Forza_armata = {{simbolo|Flag of Italy (1860).svg|20|bordo}} [[Regio Esercito]]<br />{{simbolo|CVL flag.png|20|bordo}} [[Corpo volontari della libertà|Corpo Volontari della Libertà]] 
|Arma = [[Artiglieria]]<br />[[Fanteria]] 
|Corpo =  
|Specialità =  
|Unità = 25º Reggimento di artiglieria<br />[[Brigate Matteotti]] 
|Reparto = [[Reparti mitraglieri]] 
|Anni_di_servizio = 1915 - 1920<br />1943 - 1945 
|Grado = [[Tenente]]<br/>(Regio Esercito)<br />[[Comandante (grado militare)|Comandante]]<br/>(Corpo volontari della libertà) 
|Ferite = Bruciatura da gas tossico [[fosgene]] 
|Guerre = [[Prima guerra mondiale]]<br />[[Seconda guerra mondiale]] 
|Campagne = [[Fronte italiano (1915-1918)]]<br />[[Guerra di liberazione italiana]] 
|Battaglie = [[Battaglie dell'Isonzo]]<br />[[Battaglia della Bainsizza]]<br />[[Battaglia di Caporetto]]<br />[[Mancata difesa di Roma]]<br />[[Battaglia di Firenze]] 
|Azioni = Conquista del Monte Jelenik durante la battaglia della Bainsizza 
|Decorazioni = [[Medaglia d'argento al valor militare]]<br />[[Medaglia d'oro al valor militare]] 
|Studi_militari = Scuola Mitraglieri Fiat di Brescia 
|Altre_cariche = Presidente della Repubblica Italiana<br />Presidente della Camera dei deputati 
|Altro =  
|Note =  
|Ref =  
}} 
{{Citazione|Non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà.<ref name="comunicareilsociale.it">{{Cita web|titolo=Libertà, lavoro e giustizia sociale secondo Sandro Pertini|accesso=3 maggio 2013|urlmorto=sì|url=http://www.comunicareilsociale.it/liberta-lavoro-e-giustizia-sociale-secondo-sandro-pertini/v/824|dataarchivio=2 febbraio 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140202150922/http://www.comunicareilsociale.it/liberta-lavoro-e-giustizia-sociale-secondo-sandro-pertini/v/824}}</ref>|Sandro Pertini}} 
{{Bio 
|Nome =  
|Cognome = Pertini 
| 
|Soprannome = Sandro 
|Sesso = M 
|LuogoNascita = 
|LuogoNascitaLink =  
|GiornoMeseNascita = 25 settembre 
|AnnoNascita = 1896 
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|Nazionalità = italiano 
}} 
Fu il settimo [[ 
Durante la [[prima guerra mondiale]], Pertini combatté sul [[fronte dell'Isonzo]] e, per diversi meriti sul campo, fu proposto per la [[medaglia d'argento al valor militare]] nel 1917, ma essendo stato segnalato come simpatizzante socialista su posizioni neutrali, l'onorificenza gli fu conferita solo nel 1985. Nel primo dopoguerra aderì al [[Partito Socialista Unitario (1922)|Partito Socialista Unitario]] di [[Filippo Turati]] e si distinse per la sua energica opposizione al [[fascismo]]. Perseguitato per il suo impegno politico contro la dittatura di [[Benito Mussolini|Mussolini]], nel 1925 fu condannato a otto mesi di carcere per aver redatto un opuscolo antifascista. Fu nuovamente condannato nel 1927 per aver favorito l'espatrio di [[Filippo Turati]] in [[terza Repubblica francese|Francia]], dove lo seguì in [[esilio]] per evitare l'assegnazione per cinque anni al confino. Continuò la sua attività antifascista anche all'estero e per questo, dopo essere rientrato sotto falso nome in Italia nel 1929, fu arrestato e condannato dal [[Tribunale speciale per la difesa dello Stato (1926-1943)|Tribunale speciale per la difesa dello Stato]] prima alla [[reclusione]] e successivamente al [[confino]]. 
Solo nel 1943, alla [[caduta del fascismo|caduta del regime fascista]], fu liberato. Contribuì a ricostruire il vecchio PSI fondando insieme a [[Pietro Nenni]] e [[Lelio Basso]] il [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1943)|Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria]] (PSIUP). Il 10 settembre 1943 partecipò alla [[Porta San Paolo#La battaglia del 10 settembre 1943|battaglia di Porta San Paolo]] nel [[mancata difesa di Roma|tentativo di difendere Roma]] dall'occupazione tedesca. Divenne in seguito una delle personalità di primo piano della [[Resistenza italiana|Resistenza]] e fu membro della giunta militare del [[Comitato di Liberazione Nazionale]] in rappresentanza del PSIUP. A [[Roma]] fu catturato dalle [[Schutzstaffel|SS]] e condannato a morte; riuscì a salvarsi evadendo dal [[carcere di Regina Coeli]] assieme a [[Giuseppe Saragat]] e ad altri cinque esponenti socialisti grazie a un intervento dei [[Partigiano|partigiani]] delle [[Brigate Matteotti]]. Nella lotta di Resistenza fu attivo a Roma, in [[Toscana]], [[Valle d'Aosta]] e [[Lombardia]], distinguendosi in diverse azioni che gli valsero una [[medaglia d'oro al valor militare]]. Nell'aprile 1945 partecipò agli eventi che portarono alla liberazione dal [[nazifascismo]], organizzando l'insurrezione di [[Milano]] e votando il decreto che [[morte di Mussolini|condannò a morte Mussolini]] e gli altri gerarchi fascisti. 
Nell'[[Repubblica Italiana|Italia repubblicana]] fu eletto deputato all'[[Assemblea Costituente (Italia)|Assemblea Costituente]] per i socialisti, quindi [[Senato della Repubblica|senatore]] nella [[I legislatura della Repubblica Italiana|prima legislatura]] e [[Deputato della Repubblica Italiana|deputato]] in quelle successive, sempre rieletto dal 1953 al 1976. Ricoprì per due legislature consecutive, dal 1968 al 1976, la carica di [[Presidente della Camera dei deputati (Italia)|presidente della Camera dei deputati]], infine [[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1978|fu eletto]] [[presidente della Repubblica Italiana]] l'8 luglio 1978. Andando spesso oltre il "basso profilo" tipico del ruolo istituzionale ricoperto, il suo mandato presidenziale fu caratterizzato da una forte impronta personale che gli valse una notevole popolarità, tanto da essere ricordato come il "presidente più amato dagli italiani" o il "presidente degli italiani",<ref name="Altichieri">{{Cita news|autore=Alessio Altichieri|titolo="Non ci sarà più un altro Pertini" la Voltolina ricorda il suo Sandro|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=24|mese=4|anno=1992|accesso=10 febbraio 2009|url=http://archiviostorico.corriere.it/1992/maggio/24/non_sara_piu_altro_Pertini_co_0_92052412145.shtml|urlmorto=sì|dataarchivio=27 settembre 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150927195617/http://archiviostorico.corriere.it/1992/maggio/24/non_sara_piu_altro_Pertini_co_0_92052412145.shtml}}</ref><ref name="Spina">{{Cita news|autore=Francesco La Spina|titolo=Savona-Roma nel nome di Pertini|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]|giorno=19|mese=10|anno=2005|accesso=1º settembre 2022|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/10/19/savona-roma-nel-nome-di-pertini.html|urlmorto=sì|dataarchivio=10 ottobre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20171010054815/https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/10/19/savona-roma-nel-nome-di-pertini.html}}</ref><ref name="Schiavi">{{Cita news|autore=Giangiacomo Schiavi|url=http://archiviostorico.corriere.it/2007/aprile/23/Quel_giorno_Pertini_disse_co_9_070423122.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060744/http://archiviostorico.corriere.it/2007/aprile/23/Quel_giorno_Pertini_disse_co_9_070423122.shtml|titolo="Non ci sarà più un altro Pertini" la Voltolina ricorda il suo Sandro|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=24|mese=4|anno=1992|accesso=10 febbraio 2009|urlmorto=sì}}</ref> avendo ricevuto infatti l'82,3% dei voti, il più alto tra tutte le elezioni presidenziali della storia repubblicana. 
Come capo dello Stato conferì l'incarico a sei [[Presidente del Consiglio dei ministri|presidenti del Consiglio dei ministri]]: [[Giulio Andreotti]] (del quale respinse le dimissioni di cortesia presentate nel 1978), [[Francesco Cossiga]] (1979-1980), [[Arnaldo Forlani]] (1980-1981), [[Giovanni Spadolini]] (1981-1982), [[Amintore Fanfani]] (1982-1983) e [[Bettino Craxi]] (1983-1987). Nominò cinque [[senatore a vita (ordinamento italiano)|senatori a vita]]: [[Leo Valiani]] nel  
Esponente [[socialismo democratico|democratico]] e [[riformismo|riformista]] del socialismo italiano, durante la sua carriera si prodigò per la crescita del PSI e per l'unità dei socialisti italiani, opponendosi strenuamente alla [[Partito Socialista Democratico Italiano|scissione del 1947]] e sostenendo la riunificazione  
Durante e dopo il periodo presidenziale non rinnovò la tessera del [[Partito Socialista Italiano|PSI]], al fine di presentarsi al di sopra delle parti, pur senza rinnegare il suo essere socialista. Del resto, lasciato il Quirinale al termine del suo mandato presidenziale e rientrato in Parlamento come [[Senatore a vita (ordinamento italiano)#Senatori di diritto e a vita .28Presidenti emeriti della Repubblica.29|senatore a vita di diritto]], si iscrisse al  
== Biografia == 
=== Nascita e formazione culturale === Alessandro Giuseppe Antonio Pertini, detto  
[[File: 
Sandro Pertini 
{{Citazione|Se non vuoi mai smarrire la strada giusta resta sempre a fianco della classe lavoratrice nei giorni di sole e nei giorni di tempesta.|Discorso del Presidente Pertini ai lavoratori dell'Italsider. Savona, 20 gennaio Scoppiata la [[ 
Seppur in possesso della licenza ginnasiale, prestò inizialmente servizio come soldato semplice, essendosi rifiutato, come molti altri socialisti [[Interventismo#I neutralisti|neutralisti]] del periodo, di fare il corso per ufficiali. Il 7 aprile  
Venne dunque inviato a combattere in prima linea come [[sottotenente]] di complemento, distinguendosi per alcuni atti di eroismo: per aver guidato, nell'agosto del  
Nell'ottobre  
Nel settembre  
Dopo aver sostenuto dodici esami alla facoltà di [[giurisprudenza]] dell'[[Università di Genova]], nel marzo  
Si laureò il 12 luglio 1923, con punteggio 105/110, con la tesi ''L'industria siderurgica in Italia''.<ref>{{cita libro|Giuliano|Muzzioli|MODENA - Storia delle città italiane|1993|Editori Laterza|Bari|isbn=88-420-4176-9}} p. 209 di 405.</ref> 
Si trasferì in seguito a [[Firenze]], ospite del fratello Luigi Giuseppe, e si iscrisse all'Istituto di Scienze sociali "[[Istituto Cesare Alfieri|Cesare Alfieri]]", conseguendo il 2 dicembre  
===  
[[File:P 023.gif| 
Non è chiara l'epoca di adesione di Pertini al [[Partito Socialista Italiano]]. 
Secondo quanto riportato in diverse sue biografie (quella pubblicata nel sito web dell'Associazione Sandro Pertini,<ref> 
I registri dei verbali del Consiglio Comunale di Stella testimoniano però che Pertini venne eletto consigliere comunale di quella località il 24 ottobre  
[[File:Pertini nella cerimonia d’inaugurazione della bandiera degli ex combattenti a Stella nel 1921.jpg| 
Sempre nel  
Tra il 1923 e il 1924, entrato in contatto a [[Firenze]] con gli ambienti dell'interventismo democratico e socialista vicini a [[Gaetano Salvemini]], ai [[fratelli Rosselli]] e a [[Ernesto Rossi]], avrebbe preso parte, in quel periodo, alle iniziative del movimento di opposizione al fascismo "[[Italia libera|Italia Libera]]", al quale si sarebbe iscritto il 9 agosto 1924 presso la sezione di Savona, salvo poi iscriversi, appena 9 giorni dopo, il 18 agosto 1924, al [[Partito Socialista Unitario (1922)|Partito Socialista Unitario]], presso la federazione di Savona, sull'onda dell'emozione e dello sdegno per il ritrovamento, due giorni prima, del cadavere di [[Giacomo Matteotti]], che di quel partito era il Segretario. 
Il CESP - Centro Espositivo "Sandro Pertini" di Firenze riporta, tra i vari documenti pubblicati nel proprio sito web,<ref> 
[[File:Pertini studente universitario alla facoltà di Giurisprudenza di Modena nel 1922.jpg|miniatura|destra|Pertini studente universitario alla facoltà di giurisprudenza di [[Modena]] nel 1922]] 
{{Citazione|Mio ottimo amico. Ho la mano che mi trema, non so se per il grande dolore o per la troppa ira che oggi l'animo mio racchiude. Non posso più rimanere fuori dal vostro partito, sarebbe vigliaccheria. Pertanto, pronto ad ogni sacrificio, anche a quello della mia stessa vita, con ferma fede, alimentata oggi dal sangue del grande Martire dell'idea socialista, umilmente ti chiedo di farmi accogliere nelle vostre file. Questo ti chiedo dalla terra che diede al delitto il sicario [[Amerigo Dumini|Dumini]], per la seconda volta indegna patria di Dante, che, se tra noi tornasse, nuovamente se n'andrebbe fuggiasco, ma volontario, non più per le contrade d'Italia, trasformate oggi in "bolgie caine", bensì oltre i confini, dopo averne ancora una volta ripetuto agli uomini con più disgusto e più amarezza, l'accorata invettiva: «ahi! serva Italia di dolore ostello nave senza nocchiero in gran tempesta non donna di provincia ma bordello». Ti chiedo ancora di volermi rilasciare la Tessera con la sacra data della scomparsa del povero Matteotti [10 giugno 1924 – ''N.d.E.'']: questo potrai facilmente concedermi tu, che sai come da lungo tempo il mio animo nel suo segreto gelosamente custodisca, come purissima religione, la idea socialista. La sacra data suonerà sempre per me ammonimento e comando. E valga il presente dolore a purificare i nostri animi rendendoli maggiormente degni del domani, e la giusta ira a rafforzare la nostra fede, rendendoci maggiormente pronti per la lotta non lontana. Raccogliamoci nella memoria del grande Martire attendendo la nostra ora. Solo così vano non sarà tanto sacrificio. Ti stringo caramente la mano.<br /> 
tuo Sandro Pertini}} 
Comunque siano andate le cose, è certo che a partire dall'estate del 1924 Pertini fu iscritto al Partito Socialista Unitario di [[Filippo Turati]], di ispirazione [[riformismo|riformista]]. 
Ostile al regime [[fascismo|fascista]] fin dall'inizio, per la sua attività politica fu bersaglio di aggressioni [[Squadrismo|squadriste]]: il suo studio di avvocato a Savona fu devastato più volte,<ref>Cfr. l'intervento di Sandro Pertini alla discussione nella seduta della I Commissione (Affari Interni) della Camera dei Deputati del 23 febbraio 1955 sulla proposta di legge "Provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti", in  
Il 22 maggio  
In seguito a questo, fu aperto a suo nome un fascicolo al [[ 
Nell'interrogatorio dopo l'arresto, in quello condotto dal procuratore del Re e all'udienza pubblica davanti al Tribunale di Savona, Pertini rivendicò il proprio operato assumendosi ogni responsabilità e dicendosi disposto a proseguire nella lotta contro il [[fascismo]] e per il [[socialismo]] e la libertà, qualunque fosse la condanna.<ref> 
Il 3 giugno  
Nel novembre  
===  
[[File:pertini lavatore di taxi a Parigi nel dicembre 1926.jpg|miniatura|sinistra|Pertini lavatore di taxi a [[Parigi]] nel dicembre 1926]] 
Per sfuggire alla cattura, nell'autunno del  
{{Citazione| 
L'8 dicembre, eludendo ogni vigilanza, si riesce a condurre Turati nella mia città. Turati rimase nascosto con me a [[Quiliano]], vicino a Savona, in casa di un mio caro amico, [[Italo Oxilia]]. Dormivamo nella stessa stanza, Turati soffriva d'[[insonnia]] e passava le ore discorrendo con me della triste situazione creata dal [[fascismo]] e della necessità della sua partenza, ma anche dello strazio che questa partenza rappresentava per il suo animo.[…] <br /> Il Governo e i socialisti francesi ci diedero subito la loro solidarietà e il benvenuto. Molti giornalisti arrivarono a [[Calvi (Francia)|Calvi]] da [[Bastia]] e pubblicarono imprudentemente la notizia che Turati era arrivato in Francia con Carlo Rosselli e Ferruccio Parri. Pernottammo a Calvi, Turati voleva indurre Rosselli a restare con noi, a non far ritorno in Italia, ma vane furono le nostre insistenze. Così la mattina dopo il motoscafo ripartiva con Oxilia, Da Bove, Boyancè e il giovane meccanico del motoscafo Ameglio. Con essi erano anche Parri e Rosselli. L'addio fu straziante. Ci abbracciammo senza pronunciare parola cercando di trattenere la profonda commozione. 
Rosselli toglie il tricolore che avevamo issato a bordo, e lo agita. È l'estremo saluto della Patria per Turati ed anche per me. Turati con gli occhi pieni di lacrime mi disse: "''Io sono vecchio, non tornerò più vivo in Italia''". Rimanemmo sul molo finché potemmo vedere i nostri compagni. La mattina dopo ci imbarcammo sul traghetto per [[Nizza]] e di lì proseguimmo per [[Parigi]] dove trovammo [[Pietro Nenni|Nenni]], [[Giuseppe Emanuele Modigliani|Modigliani]], Treves e tanti altri. Turati mi offrì la sua assistenza economica, ma io rifiutai e decisi di guadagnarmi da vivere facendo i lavori più umili.}} 
Ferruccio Parri e Carlo Rosselli<ref>Cfr. Commissione di Milano, ordinanza del 15.12.1926 contro Carlo Rosselli (“Intensa attività antifascista; tra gli ideatori del giornale clandestino "''Non mollare''" uscito a Firenze nel 1925; favoreggiamento nell'espatrio di Turati e Pertini”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. III, p. 238.</ref> vennero arrestati al loro rientro in Italia dalla Corsica, mentre attraccavano al pontile Walton di [[Marina di Carrara]]: invano cercarono di far credere che stavano rientrando da una gita turistica. Ma le indagini dell'[[OVRA]] e della polizia portarono anche all'arresto degli altri complici. 
Il Tribunale di Savona condannò a dieci mesi di  
Pertini e Turati furono condannati in contumacia anch'essi a dieci mesi di arresto ciascuno.<ref> 
[[File:Pertini muratore a Nizza nel1927.jpg| 
Dopo aver passato alcuni mesi a [[Parigi]], si stabilì definitivamente a [[Nizza]] nel febbraio  
[[File:P 031.gif| 
Divenne un esponente di spicco tra gli esiliati, svolgendo attività di propaganda contro il regime fascista, con scritti e conferenze, nonché partecipando alle riunioni della [[Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo]] e a quelle della [[Concentrazione  
[[File:Pertini comparsa Paramount a Nizza nel 1928.jpg| 
Nell'aprile del  
Il suo esilio francese terminò nella primavera del  
Lo storico  
===  
{{Approfondimento 
|allineamento = destra 
Riga 203 ⟶ 234: 
|titolo = Giuseppe ed Eugenio Pertini 
|contenuto = Non si conosce molto dei fratelli di Pertini, tuttavia su due di essi, Giuseppe ed Eugenio, la cui vicenda si sviluppa appunto tra gli anni dell'[[antifascismo]] e della [[Resistenza italiana|Resistenza]], Sandro Pertini gettò una luce in una famosa intervista concessa ad [[Oriana Fallaci]] nel 1973.<ref name= Fallaci/> 
'''Giuseppe Pertini''', detto '''Pippo''', fratello maggiore di Sandro, fu ufficiale di carriera durante la [[prima guerra mondiale]]. Nel 1923 si iscrisse al [[Partito Nazionale Fascista|Partito Fascista]]; tra i due fratelli si produsse così una frattura che si ricompose parzialmente solo nel 1925, dopo il primo arresto di Sandro. Dopo il secondo arresto, nel 1926, Giuseppe abbandonò il [[fascismo]]. Di lì a poco sarebbe morto, di infarto, a  
[[File:Eugenio Pertini.PNG| 
In contatto con gli antifascisti della "[[Concentrazione antifascista|Concentrazione]]", visitò [[Novara]], [[Torino]], [[Genova]], [[La Spezia]], [[Piacenza]], [[Parma]], [[Reggio Emilia]], [[Bologna]], [[Roma]], [[Firenze]] e [[Napoli]], e alla fine, nelle relazioni inviate a Parigi, comunicò che era possibile potenziare la rete socialista. Conclusione diversa da quella pessimista di [[Fernando De Rosa]], che aveva viaggiato attraverso la penisola prima di lui.<ref>{{cita|Zucàro|p. 26}}.</ref> 
Si recò in seguito a [[Milano]] per progettare un attentato alla vita di Mussolini, e incontrò a questo scopo l'ingegner [[Vincenzo Calace]] che, come dichiarò in seguito, «gli confidò di essere in grado di costruire bombe a orologeria ad alto potenziale». Il progetto prevedeva di servirsi delle fognature sotto [[Palazzo Venezia]],<ref>{{Cita libro|titolo=Raffaele Boianelli, Il giovane Pertini, un eroe italiano. Un'odissea senza fine 1925-1943, Lucca, Tralerighe libri, 2021, pp. 42-46. ISBN 978-88-3287-1876}}</ref> ma fu scartato poiché attraverso amici di [[Ernesto Rossi]] si scoprì che erano sorvegliate e protette da allarmi. Pertini tentò comunque di proseguire nel suo intento: incontrò a Roma il socialista Giuseppe Bruno per raccogliere informazioni e, una volta rientrato a Milano, fissò un incontro con Rossi.<ref>{{cita|Zucàro|p. 27}}.</ref> Il 14 aprile  
{{Approfondimento 
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|larghezza=300px 
|titolo=Pertini ha così ricordato una delle sue giornate di carcere all'ergastolo di Santo Stefano 
|contenuto=<br />[[File:Targa Pertini Isola di Santo Stefano.jpg| 
}} 
Il 30 novembre  
Fu internato nel [[Carcere di Santo Stefano|carcere]] dell'[[isola di Santo Stefano]],<ref>Al momento di ingresso in carcere, nella cella n.56, il secondino che lo accompagnava gli comunicò che la cella che gli era stata assegnata era quella dove era stato ristretto il [[patriota]] [[Risorgimento|risorgimentale]] [[Luigi Settembrini]], al che Pertini, come raccontò in seguito, andò tastando le pareti della cella per immedesimarsi nello spirito del grande letterato italiano che l'aveva abitata. Cfr. la dichiarazione del Direttore del Centro Pertini di Firenze riportata nel documentario ''I grandi dimenticati. Il carcere di Santo Stefano'', regia di Matteo Bruno, trasmesso da [[Rai Storia]] il 25.06.2019.</ref> ma dopo poco più di un anno 
A Turi, unico socialista recluso, condivise la cella con [[Athos Lisa]] e [[Giovanni Lai (partigiano)|Giovanni Lai]]. Conobbe inoltre [[Antonio Gramsci]], al quale fu stretto da grande amicizia e ammirazione intellettuale e dalla condivisione delle sofferenze della reclusione: ne divenne confidente, amico e sostenitore. Pertini stesso fu anche autore di diverse proteste e lettere finalizzate ad alleviare le condizioni carcerarie a cui era sottoposto Gramsci.<ref name=CulturalePertini /> 
Nel novembre del  
{{Citazione|Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna - quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l'amore, che io sento per la mia idea?<ref>[http://www.pertini.it/cesp/doc_39.htm CESP - Documenti] Lettera alla madre 1933.</ref>}} 
Nel corso della sua permanenza in carcere, Pertini intrattenne inoltre una fitta corrispondenza epistolare con la sua fidanzata dell'epoca Matilde Ferrari, oltreché con la madre Maria Muzio e il suo avvocato di fiducia Gerolamo Isetta. 
Il 10 settembre  
A Ventotene Pertini si interessò inoltre alle condizioni di salute di alcuni compagni di confino. Il 3 maggio 1942, ad esempio, inoltrò un esposto all'Ufficio confino politico del Ministero dell' 
Nel 1938, gli fu dedicata la tessera del [[Partito Socialista Italiano|PSI]], assieme a [[Rodolfo Morandi]] e a [[Antonio Pesenti (economista)|Antonio Pesenti]], prigionieri anche loro nelle carceri fasciste.<ref>[http://www.domanisocialista.it/tesseresocialiste.htm La Storia del PSI - Tessere socialiste]; vedi anche [https://web.archive.org/web/20160624221655/http://www.fondazionebrunobuozzi.it/public/foto/12_411938.gif La tessera PSI del 1938].</ref> 
=== Resistenza === 
{{Vedi anche|Resistenza italiana}} 
==== A Roma, prima e durante l'occupazione tedesca ==== 
===== Agosto - 15 ottobre 1943 ===== 
Pertini riacquistò la libertà il 13 agosto  
Pertini si adoperò quindi per ottenere in breve tempo anche la loro liberazione, prima inviando dall'isola, assieme agli altri membri del Comitato dei confinati (tra i quali [[Altiero Spinelli]], [[Pietro Secchia]], [[Mauro Scoccimarro]]) un telegramma a [[Governo Badoglio I|Badoglio]],<ref>Cfr. Telegramma dei confinati di Ventotene del 7 agosto 1943, in Sandro Pertini, ''Sei condanne, due evasioni'', a cura di V. Faggi, Milano, Mondadori 1970, pp. 211-212, riportato nel sito web del [http://www.pertini.it/cesp/doc_54.htm CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini]</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Il giovane Pertini, un eroe italiano. Un'odissea senza fine 1925-1943, Lucca, Tralerighe libri, 2021, pp. 107-109. ISBN 978-88-3287-1876}}</ref> poi, una volta a Roma, assieme a [[Bruno Buozzi]], assillando le autorità governative: 
{{Citazione|Un giorno il direttore [del confino di Ventotene, il commissario Marcello Guida, che diventò poi Questore di Milano e che Pertini, divenuto presidente della Camera, nel 1970 si rifiuterà di incontrare - ''N.d.E.''] mi mandò a chiamare: «Ho una bella notizia per voi. È arrivato un telegramma che dispone per la vostra liberazione». «Grazie», dissi, «però non me ne vado finché qui resta uno solo di noi». Ma [[Camilla Ravera]], che diede sempre prova di una straordinaria forza morale, [[Umberto Terracini|Terracini]] e altri mi convinsero che dovevo partire, per andare a perorare la causa dei detenuti, e così non diedi pace a [[Carmine Senise|Senise]], [[Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza|Capo della Polizia]], e a [[Umberto Ricci|Ricci]], che era agli [[Ministri dell'interno del Regno d'Italia|Interni]].<br /> 
Li andavo a trovare ogni giorno con Bruno Buozzi. Erano restii, avevano nei confronti dei comunisti paura e odio.<br /> 
Minacciammo uno sciopero generale, e l'argomento li convinse.|Sandro Pertini<ref name= IntervistaBiagi >Intervista di [[Enzo Biagi]] a Pertini, ''Quel 25 luglio 1943. Pertini'', [[La Stampa]], 7 agosto 1973, riportato nel sito web del  
Si recò quindi a [[San Giovanni (Stella)|Stella]] a trovare la madre: 
{{Citazione|Quando arrivò l'ultimo [confinato - ''N.d.E.''] di [[Ventotene (isola)|Ventotene]], potei andare a trovare mia madre. Era molto vecchia e mi attendeva. Stava sempre seduta su un muretto che circondava la nostra casa. «Che cosa fa, signora?» le domandavano. «Aspetto Sandro», rispondeva.<ref name= IntervistaBiagi /> 
{{Citazione|Mi fermai a casa sua tre giorni e poi tornai a Roma. Fu quella l’ultima volta che la vidi.<ref name="Pertini a Roma nel 1943" > 
<ref>{{Cita libro|titolo=Raffaele Boianelli, Il giovane Pertini, un eroe italiano. Un'odissea senza fine 1925-1943, Lucca, Tralerighe libri, 2021, pag. 110. ISBN 978-88-3287-1876}}</ref> Poi ritornò subito a [[Roma]], per contribuire alla ricostruzione del partito socialista e riprendere la lotta antifascista; il 23 agosto partecipò infatti alla fondazione del [[ 
Il 25 fu eletto con [[Carlo Andreoni]] vicesegretario, per occuparsi dell'organizzazione militare del partito a Roma. In seguito fece parte, per conto del PSIUP, della giunta militare del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]] con [[Giorgio Amendola]] ([[Partito Comunista Italiano|PCI]]), [[Riccardo Bauer]] ([[Partito d'Azione|PdA]]), [[Giuseppe Spataro]] ([[Democrazia Cristiana|DC]]), [[Manlio Brosio]] ([[Partito Liberale Italiano|PLI]]) e [[Mario Cevolotto]] ([[Democrazia del Lavoro|DL]]). 
Il 10 settembre partecipò, con altri esponenti socialisti, ai combattimenti contro i tedeschi a [[mancata difesa di Roma#Porta San Paolo|Porta San Paolo]] per la [[mancata difesa di Roma|difesa di Roma]], insieme al dirigente sindacale [[Bruno Buozzi]],<ref>Trucidato dai nazisti a [[Eccidio de La Storta|La Storta]] il 4 giugno [[1944]]</ref> 
Dopo la [[mancata difesa di Roma|battaglia per la difesa di Roma]], Pertini entrò in clandestinità. 
=====  
[[File:Sandro Pertini e Giuseppe Saragat.jpg|miniatura|Sandro Pertini e [[Giuseppe Saragat]] in una foto del 1979. I due esponenti socialisti, futuri [[Presidente della Repubblica Italiana|Presidenti della Repubblica]], furono fatti evadere il 24 gennaio 1944 dal [[Carcere di Regina Coeli|carcere romano di Regina Coeli]] da un gruppo delle [[Brigate Matteotti]].]] 
Il 15 ottobre 1943, al termine di una riunione del direttivo del PSIUP in [[Via Nazionale (Roma)|Via Nazionale]], Pertini venne catturato assieme a [[Giuseppe Saragat]] e ad altri dirigenti socialisti da esponenti della famigerata "[[Giuseppe Bernasconi (criminale di guerra)|banda Bernasconi]]". Lo stesso Pertini rievocherà l'episodio all'[[Assemblea Costituente (Italia)|Assemblea Costituente]], nella seduta del 22 luglio 1946, in occasione della discussione di una sua interrogazione parlamentare sulle modalità di applicazione dell'[[amnistia Togliatti]]:<ref>Cfr. la replica alla risposta alla sua interrogazione nel sito web della [http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=173&IdSottoSez=11 Fondazione Pertini] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150924014324/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=173&IdSottoSez=11 |data=24 settembre 2015 }}</ref> 
{{Citazione|Onorevole Presidente di questa Assemblea, il nome di Bernasconi deve ricordarci qualche cosa: il nostro arresto e la nostra consegna ai tedeschi, e se non siamo stati fucilati non è stato per volontà del Bernasconi, ma per intervento dei patrioti di Roma, che ci fecero evadere da [[Regina Coeli (carcere)|Regina Coeli]]. Tutti sanno come ha operato questa banda a [[Roma]], poi a [[Firenze]] e quindi a [[Milano]]. Io sono stato, durante il periodo cospirativo e durante l’insurrezione, a Firenze. Questa banda consumava i suoi reati e le sue sevizie a [[villa Triste#Villa Triste a Firenze|Villa Triste]]. Basta andare a Firenze e pronunciare questo nome per vedere il volto di centinaia di donne, spose, madri, coprirsi di orrore. Ebbene, in virtù dell’amnistia sono usciti una parte dei complici della [[Pietro Koch|banda Koch]] ed oggi sono in piena libertà.}} 
Pertini e Saragat furono rinchiusi nel carcere romano di [[Regina Coeli (carcere)|Regina Coeli]] e condannati a morte per la loro attività partigiana; Pertini in carcere sorprese gli altri detenuti politici per la serenità e l'autorevolezza dimostrate, pur in simili difficili condizioni. 
Saragat ha riferito<ref>Tito Lucrezio Rizz, ''Parla il Capo dello Stato'', Cangemi, Roma, 2012, p. 105.</ref><ref>{{cita web|url=http://www.24emilia.com/Sezione.jsp?titolo=Pertini+e+Saragat+evadono+da+Regina+Coeli&idSezione=9753|titolo=Pertini e Saragat evadono da Regina Coeli|accesso=6 novembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151208072215/http://www.24emilia.com/Sezione.jsp?titolo=Pertini+e+Saragat+evadono+da+Regina+Coeli&idSezione=9753|urlmorto=sì}}</ref> che egli: {{Citazione|volle subito il vestito da galeotto, lo pretese. I secondini di Regina Coeli avevano di fronte a lui un complesso di inferiorità, perché conosceva il regolamento meglio di loro. Diffondeva attorno a sé una serenità che sosteneva i prigionieri in attesa di fucilazione, perché anche in carcere si comportava come se fosse stato a casa sua. Voleva che gli abiti fossero stirati bene: metteva i pantaloni da galeotto sotto il materasso in modo che al mattino la piega fosse perfetta. Aveva l’eleganza del duca di Edimburgo.}} 
In carcere Saragat e Pertini incontrarono altri due eroi della resistenza: [[Leone Ginzburg]], torturato e morto di infarto in carcere in conseguenza delle torture subite la mattina del 5 febbraio 1944, e [[Giuseppe Morosini|don Giuseppe Morosini]], torturato e poi fucilato il 3 aprile 1944 a [[Forte Bravetta]]. 
Pertini incrociò Ginzburg mentre lo riportavano in cella dopo un feroce pestaggio, e in quell'occasione quegli trovò la forza di sussurrargli: 
{{Citazione|Guai se alla fine della guerra dovessimo incolpare tutto il popolo tedesco per la malvagità di pochi.|}} 
Anche don Morosini fu visto da Pertini dopo un interrogatorio delle [[Schutzstaffel|SS]]. Il futuro presidente della Repubblica ne lasciò la seguente testimonianza: 
{{Citazione|Detenuto a Regina Coeli sotto i tedeschi, incontrai un mattino don Giuseppe Morosini: usciva da un interrogatorio delle [[Schutzstaffel|SS]], il volto tumefatto grondava sangue, come [[Cristo]] dopo la flagellazione. Con le lacrime agli occhi gli espressi la mia solidarietà: egli si sforzò di sorridermi e le labbra gli sanguinarono. 
Nei suoi occhi brillava una luce viva. La luce della sua fede. 
Benedisse il plotone di esecuzione dicendo ad alta voce: "Dio, perdona loro: non sanno quello che fanno", come Cristo sul Golgota. Il ricordo di questo nobilissimo martire vive e vivrà sempre nell'animo mio.|Roma, 30 giugno  
La sentenza di morte contro Pertini e Saragat non venne tuttavia eseguita, grazie a un'audace azione dei partigiani delle [[Brigate Matteotti]], che il 24 gennaio 1944 permise la loro fuga dal carcere. 
L'azione, dai connotati rocamboleschi, fu ideata e diretta da [[Peppino Gracceva]] e [[Giuliano Vassalli]]; quest'ultimo e [[Massimo Severo Giannini]] avevano lavorato fino all'8 settembre come avvocati nella Procura presso il [[Ordinamento giudiziario militare italiano|Tribunale militare]] di Roma e avevano mantenuto contatti con impiegati e funzionari. 
Con l'aiuto di diversi partigiani socialisti, il giovane avvocato Filippo Lupis, Peppino Sapiengo, Vito Maiorca, Luciano Ficca<ref>L'unica fonte che cita la partecipazione all'impresa di Luciano Ficca, fratello di [[Marcella Ficca Monaco|Marcella Ficca]] e cognato di [[Alfredo Monaco]], medico del [[Regina Coeli (carcere)|carcere di Regina Coeli]], è la pagina del sito web storiaxxisecolo.it dedicata alla [http://www.storiaxxisecolo.it/cronologia/cronoresroma/cronoresrom7.html cronologia della Resistenza romana]. Dopo l'impresa di [[Regina Coeli (carcere)|Regina Coeli]] Luciano Ficca venne catturato dalle [[SS]] e condotto nella famigerata prigione di [[Museo storico della Liberazione|via Tasso]], dove, in un'occasione, venne interrogato direttamente dal capitano [[Erich Priebke]], vice comandante del quartier generale della [[Gestapo]] a [[Roma]]. Su tale interrogatorio e sul ruolo di Priebke in via Tasso, Ficca rese una deposizione testimoniale all'udienza del 23 maggio [[1997]], nel corso del processo contro Priebke davanti al [[Ordinamento giudiziario militare italiano|Tribunale militare]] di Roma per l'[[eccidio delle Fosse Ardeatine]], ricordando che Priebke durante l'interrogatorio lo aveva minacciato impugnando un nerbo di bue. La [http://www.difesa.it/Giustizia_Militare/rassegna/Processi/Priebke/Pagine/6Sentenza220797.aspx sentenza di condanna di primo grado] emessa il 22 luglio 1997 si basò anche sulla sua testimonianza.</ref> e, dall'interno della prigione, Ugo Gala, capoguardia, [[Alfredo Monaco]], medico del carcere, e sua moglie [[Marcella Ficca Monaco|Marcella Ficca]],<ref>{{Cita web|url=http://www.liceocavour.it/extracurr/html/3.9.HTM|titolo=Marcella Monaco - I protagonisti della Resistenza a Roma|accesso=21 aprile 2024|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20110722041249/http://www.liceocavour.it/extracurr/html/3.9.HTM |dataarchivio= |urlmorto=sì}}</ref> si riuscì per prima cosa a far passare l'incartamento processuale contro Saragat e Pertini dalla giustizia militare tedesca a quella italiana e, quindi, a far trasferire i detenuti dal 3º "braccio" tedesco del carcere al 6º "braccio" italiano. 
Dirà Giuseppe Saragat: 
{{q|Si rifletta che da quel braccio si usciva in un modo solo: per andare di fronte al plotone di esecuzione. Qualche volta si poteva uscire già morti per le percosse subite dagli aguzzini durante gli interrogatori. Se Pertini e io ne siamo usciti miracolosamente in un terzo modo – e fu caso unico – è faccenda che non riguarda né Pertini né me, ma un gruppo di valorosi partigiani che rischiarono la loro vita per salvare la nostra.<ref>Cfr. Vico Faggi (a cura di), ''Sandro Pertini: sei condanne, due evasioni'', Mondadori, Milano, 1978.</ref>}} 
Vennero poi realizzati e recapitati a Regina Coeli dei falsi ordini di scarcerazione per la liberazione dei due leader socialisti e dei loro coimputati; ciò non era però ancora sufficiente, poiché la prassi richiedeva che il rilascio venisse anche autorizzato telefonicamente dalla questura. Si tentò vanamente di usare le linee ordinarie, che erano però costantemente guaste o occupate; la soluzione venne da Vito Maiorca, tenente della [[Polizia dell'Africa Italiana]], che permise a [[Marcella Ficca Monaco|Marcella Ficca]] e all'avvocato Lupis di accedere al centralino telefonico della stazione di polizia di Trastevere. Lupis da lì chiamò Regina Coeli spacciandosi per un delegato della questura e ordinò perentoriamente di "mettere subito alla porta" i detenuti. I due membri dell'esecutivo del PSIUP furono dunque scarcerati insieme a Luigi Andreoni, Torquato Lunedei, Ulisse Ducci, Luigi Allori e Carlo Bracco<ref name = Conti>Cfr. {{cita libro|Davide| Conti (a cura di)|''Le brigate Matteotti a Roma e nel Lazio''|2006|Edizioni Odradek|Roma|isbn=88-86973-75-6}} - Vedi anche [http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2008/3/42-44_LIBRI.pdf Recensione del libro di Avio Clementi] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130927081430/http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2008/3/42-44_LIBRI.pdf |data=27 settembre 2013 }}, in ''Patria Indipendente'', pubblicazione ANPI del 23 marzo 2008, pp. 42-43</ref>. 
Pertini stesso narrò in seguito questi fatti nelle sue memorie<ref>{{cita libro|curatore=Vico Faggi|titolo=Sandro Pertini: sei condanne, due evasioni|url=https://www.anpi.it/bibliografia/sandro-pertini-sei-condanne-due-evasioni|editore=Mondadori|città=Milano|anno=1978|p=350|urlmorto=sì|accesso=19 marzo 2024|dataarchivio=19 marzo 2024|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20240319182459/https://www.anpi.it/bibliografia/sandro-pertini-sei-condanne-due-evasioni}}</ref> e in un'intervista concessa ad [[Oriana Fallaci]] nel 1973<ref name="Fallaci">Intervista di [[Oriana Fallaci]] a Pertini, pubblicata su ''[[L'Europeo]]'', 27 dicembre 1973, riportata nel sito web [http://www.oriana-fallaci.com/pertini/intervista.html Oriana-Fallaci.com] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160707003440/http://www.oriana-fallaci.com/pertini/intervista.html |data=7 luglio 2016 }}</ref>. 
La complessa preparazione dell'operazione segreta fu descritta su un numero dell{{'}}''[[Avanti!]]'' edito a Roma dopo la liberazione della città il 4 giugno 1944<ref name = avanti>Il testo del quotidiano socialista è riportato in: [[Giuliano Vassalli]] e [[Massimo Severo Giannini]], [http://anpi.it/media/uploads/patria/2008/4/44-45_Vassalli.pdf ''Quando liberammo Pertini e Saragat dal carcere nazista''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160817142351/http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2008/4/44-45_Vassalli.pdf |data=17 agosto 2016 }}, in ''Patria Indipendente'', pubblicazione ANPI del 20 aprile 2008, pp. 44-45</ref>; il quotidiano socialista descrisse nei particolari la «evasione da "Regina Coeli di Alessandro Pertini e Giuseppe Saragat (membri dell'Esecutivo del Partito Socialista) e di cinque altri compagni. Dalla metà di ottobre 1943, da quando i nostri compagni erano stati catturati dai segugi di Bernasconi (a cui in quell'occasione per puro caso era sfuggito [[Pietro Nenni]]), essi giacevano a "Regina Coeli"». Quindi, secondo l{{'}}''Avanti!'', i protagonisti della fuga dal carcere furono sette e tutti appartenenti al Partito Socialista. 
Sicuramente conosciuto come militante socialista era Ulisse Ducci, un antifascista di lungo corso, nominato da [[Bruno Buozzi]] fiduciario sindacale per la provincia di Piombino, nel corso di un incontro all'albergo "Moderno" di Roma nel periodo dei "quarantacinque giorni" del [[Governo Badoglio I|primo Governo Badoglio]]. Tornato a Piombino, Ducci partecipò alla battaglia che i militari italiani e la popolazione civile ingaggiarono il 10 settembre 1943 contro l'occupazione tedesca della città. Fuggito poi a Roma nell'ottobre del 1943, redasse una relazione sulla battaglia di Piombino che voleva consegnare a Pertini e Buozzi. Il manoscritto fu ritrovato dalla polizia nazifascista, dopo che una spia non solo era riuscita a individuare Ducci ma, attraverso di lui, a giungere all'arresto di Pertini, Saragat e altri<ref>Ivan Tognarini, ''La resistenza all’occupazione tedesca della Toscana nel settembre 1943'', in «''Ricerche storiche''» n. 24, gennaio-aprile 2003, p. 151</ref>. 
Ducci nascondeva però un trascorso da collaboratore dell'[[OVRA]]<ref>A questo proposito si veda Ivan Tognarini, ''Là dove impera il ribellismo: resistenza e guerra partigiana dalla battaglia di Piombino (10 settembre 1943) alla liberazione di Livorno (19 luglio 1944)'', Voll. II, Esi, Firenze, 1988</ref>. Interrogato dai militari fascisti, Ducci non solo confessò il motivo della sua venuta a Roma, ma in cambio di una ricompensa monetaria, poi regolarmente versata alla moglie, si disse disponibile ad aiutare la polizia «nella ricerca di Nenni e di Buozzi»<ref>Si legga l’interrogatorio di Ducci riprodotto in ''La battaglia di Piombino del 10 settembre 1943 e la concessione della Medaglia d’oro al valor militare'', a cura di Ivan Tognarini, in «''Ricerche storiche''» n. 24, gennaio-aprile 2003, p. 235</ref>. 
Secondo lo storico Gabriele Mammarella,<ref>Cfr. Gabriele Mammarella, ''Bruno Buozzi 1881-1944. Una storia operaia di lotte, conquiste e sacrifici'', [[2014]], Ediesse, pp. 322-323.</ref> «allo stato attuale delle ricerche non è dato sapere quanto effettivamente questa offerta di collaborazione di Ducci si sia concretizzata. Nondimeno, data l'evoluzione dei fatti, è estremamente improbabile che abbia avuto seguito. In compenso, messo a disposizione della polizia nazista, Ducci collaborò anche con la Gestapo, non lesinando di rivelare i retroscena dei colloqui avuti con Buozzi nell'agosto precedente»<ref>ACS, Tribunale speciale per la difesa dello Stato, b. 219, f. 1636, passim</ref>. 
Di Luigi Andreoni l{{'}}''Avanti!''<ref name = avanti/> riferisce che il suo nome risultava assieme a quelli di Pertini e Saragat come cointestatario del fascicolo processuale presso il Tribunale militare italiano che Massimo Severo Giannini e Giuliano Vassalli provvedettero a visionare<ref>Al fine di estrarne le precise generalità con le quali erano stati registrati al momento dell'arresto i sette incarcerati, onde poterli riportare con precisione nei falsi moduli di scarcerazione.</ref>, il che fa propendere per un suo ruolo nell'organizzazione clandestina del PSIUP, forse anche per una sua possibile parentela con il vice-segretario del partito, [[Carlo Andreoni]]. 
Quanto a Carlo Bracco, questi il 26 luglio 1943, all'indomani della [[caduta del fascismo]], si era impadronito di un piccolo carro armato che il Governo Badoglio aveva messo davanti al carcere romano di Regina Coeli e con esso era entrato nell'interno del carcere liberando una buona parte dei detenuti politici.<ref name = Conti/> Secondo quanto riferito dall{{'}}''Avanti!''<ref name = avanti/>, dopo la loro scarcerazione, «Pertini, Saragat e Bracco riprendevano immediatamente il loro posto di combattimento affrontando di nuovo senza tregua i pericoli della cospirazione e della Resistenza». 
Quanto a Torquato Lunedei, l{{'}}''Avanti!''<ref name = avanti/> dichiarò che egli fu «arrestato perché scambiato per Nenni e unito poi al processo degli altri come socialista», il che lascerebbe pensare che, pur trattandosi di un antifascista, egli non appartenesse al PSIUP. 
Nella sua intervista alla Fallaci, Pertini parla solo di sei "scarcerati" e definisce gli altri quattro antifascisti (oltre a sé stesso e a Saragat) come "quattro ufficiali badogliani", aggiungendo che dovette impuntarsi per farli uscire insieme a lui e Saragat e che quando Nenni lo seppe avrebbe sbottato: «''Ma fate uscire Peppino! Sandro il carcere lo conosce, c'è abituato''»<ref name="Fallaci" />. 
L'evasione dal carcere dei sette antifascisti salvò con tutta probabilità la loro vita: non v'è dubbio infatti che, se ancora detenuti alla data del 24 marzo 1944, i loro nominativi sarebbero stati inclusi nell'elenco dei ''Todeskandidaten'' (condannati a morte o colpevoli di reati passibili di condanna a morte) da fucilare per rappresaglia alle [[Eccidio delle Fosse Ardeatine|Fosse Ardeatine]]. 
===== Attività di responsabile militare del PSIUP ===== 
[[File:I-Maggio-1945-Pertini-Milano.jpg|miniatura|sinistra|1º maggio 1945, Sandro Pertini a Milano]] 
In una lettera del 2 marzo 1944 indirizzata al centro dirigente del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] di [[Milano]]<ref>La lettera di [[Giorgio Amendola]] è riportata in [[Luigi Longo]], ''I centri dirigenti del PCI nella Resistenza'', 1973, Editori Riuniti, Roma, pp. 349-350.</ref>, [[Giorgio Amendola]] riferì che i rapporti dei socialisti con il PCI in quella fase non erano buoni. Amendola scrisse che il [[patto di unità d'azione]] tra i due partiti era allora «del tutto inoperante». Tra le varie condotte che i socialisti rimproveravano ai comunisti, il dirigente comunista elencò: «quando incontriamo tra i socialisti resistenze all'azione non sappiamo transigere e temporeggiare e procediamo per conto nostro». Secondo Amendola le rimostranze dei socialisti «non sono valide e non rispondono a realtà». Scrisse inoltre che Sandro Pertini, responsabile militare del PSIUP, «mordeva il freno» e, «geloso delle prove crescenti di capacità e di audacia date dai GAP, chiese che si concordasse un'azione armata unitaria». 
Pertanto, si iniziò a progettare un'azione militare congiunta fra [[Gruppi di Azione Patriottica|GAP]] comunisti e [[Brigate Matteotti]] socialiste per il 23 marzo 1944, venticinquesimo anniversario della fondazione dei [[Fasci italiani di combattimento]], avvenuta il 23 marzo 1919. Per l'occasione i fascisti – sotto la guida del segretario locale del [[Partito Fascista Repubblicano]] (PFR), [[Giuseppe Pizzirani]] – avevano programmato una grande adunata a Roma presso il [[Teatro Adriano]] in [[piazza Cavour (Roma)|piazza Cavour]], dove avrebbe tenuto un discorso il cieco di guerra [[Carlo Borsani]] e da cui poi sarebbe dovuto partire un corteo diretto al [[Palazzo Piacentini (via Veneto)|palazzo dell'ex ministero delle Corporazioni]] in via Veneto. 
In base all'accordo tra Pertini e Amendola fu dunque previsto che il corteo fascista sarebbe stato attaccato in due punti diversi dai GAP e da una squadra delle [[Brigate Matteotti]] socialiste. Secondo Amendola<ref>Cfr. [[Giorgio Amendola]], ''Lettere a Milano. Ricordi e documenti 1939-1945'', 1973, Editori Riuniti, Roma, p. 290</ref>, il percorso del corteo fu diviso in due settori, assegnando ai socialisti quello iniziale (da piazza Cavour a [[via del Corso (Roma)|via del Corso]]) e ai GAP quello finale. Al contrario, secondo [[Franco Calamandrei]]<ref>Cfr. [[Franco Calamandrei]], ''La vita indivisibile. Diario 1941-1947'', 1984, Editori Riuniti, Roma, pp. 155-156 (22 marzo)</ref> e [[Carla Capponi]],<ref>Cfr. [[Carla Capponi]], ''Con cuore di donna. Il Ventennio, la Resistenza a Roma, via Rasella: i ricordi di una protagonista'', 2009, Il Saggiatore, Milano, ISBN 88-565-0124-4, pp. 226-227.</ref> sarebbero stati i GAP a colpire in piazza Cavour, con un ordigno esplosivo uguale a quello poi usato in [[via Rasella]] che, trasportato in una carrozzina per bambini da Carla Capponi, sarebbe stato fatto esplodere tra i fascisti all'uscita dal teatro. L'azione fu poi cancellata quando giunse la notizia che il generale tedesco [[Kurt Mälzer]], comandante militare della piazza di Roma, prevedendo la possibilità di un attentato analogo a quello messo in atto dai GAP in via Tomacelli il 10 marzo, aveva annullato il corteo fascista, disponendo che tutte le celebrazioni si tenessero al chiuso nell'ex ministero delle Corporazioni. 
Dopo che si seppe dai giornali che i fascisti il 23 marzo non avrebbero sfilato,<ref>Cfr. Calamandrei, ''op. cit.'', pp. 152-155.</ref> i GAP decisero di colpire in quel giorno un reparto tedesco, l'11ª Compagnia del III Battaglione del [[Polizeiregiment "Bozen"]], composto da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, che, quasi quotidianamente, intorno alle due del pomeriggio attraversava in colonna il centro della Capitale, di ritorno dall'addestramento al poligono di tiro di [[Tor di Quinto]], diretta al [[Palazzo del Viminale]] (già sede del [[Ministero dell'interno]]) dove era acquartierato. 
Il "Bozen" era formato da altoatesini arruolati nella polizia dopo che, nell'ottobre 1943, la [[provincia di Bolzano]] era stata occupata dai tedeschi e inserita nella cosiddetta [[Zona d'operazioni delle Prealpi]], sulla quale la sovranità della RSI era nominale. Il "Bozen" rappresentava per i gappisti un bersaglio relativamente facile<ref>Cfr. Lutz Klinkhammer, ''Stragi naziste in Italia. La guerra contro i civili (1943-44)'', 1997, Donzelli Editore, Roma, ISBN 88-7989-339-4, p. 12.</ref> ed era già stato individuato come destinatario di un possibile attentato. 
Pertanto, il 23 marzo ebbe luogo,  
Amendola<ref> 
Diversamente dall'attacco programmato contro il corteo fascista, nessun altro membro della giunta militare del CLN fu preventivamente informato del progetto dell'attacco al "Bozen", tantomeno Pertini. In seguito Amendola attribuì la mancata comunicazione del piano alla consuetudine e a «ragioni di sicurezza cospirativa».<ref> 
Ad attentato realizzato, Amendola scrisse che Pertini era «furioso», ma solo «per non essere stato messo al corrente del progetto dell'azione di riserva».<ref> 
Nel pomeriggio del 26 marzo si riunì la giunta militare del CLN, nel bel mezzo della crisi che da febbraio attraversava l'organismo politico e che, proprio la mattina del 24 marzo, aveva spinto il suo presidente [[Ivanoe Bonomi]] a rassegnare le dimissioni, sospettando che le sinistre stessero preparando un governo rivoluzionario.<ref> 
Su sollecitazione del segretario socialista [[Pietro Nenni]], il 31 marzo Bonomi accettò di scrivere a nome del CLN «una nota di indignazione e di protesta» verso la strage delle Fosse Ardeatine. Il comunicato fu il risultato di un compromesso trovato dopo una serie di riunioni, discussioni e proposte di mediazioni, delle quali in mancanza di documentazione non è mai stato possibile ricostruire l'andamento. Sebbene comparve sulla stampa clandestina a metà aprile, per nascondere l'esitazione e il dissenso interni era retrodatato al 28 marzo.<ref> 
Vari ex partigiani socialisti, tra cui [[Matteo Matteotti]] e [[Leo Solari]], negli [[anni novanta]] hanno sostenuto che all'epoca Pertini, in due riunioni con alti dirigenti del suo partito alla fine di marzo e alla fine di aprile  
Nelle sue dichiarazioni pubbliche Pertini si attenne alla posizione ufficiale assunta dal CLN (peraltro su proposta del Segretario del suo partito), preoccupato «dall'esigenza di difendere l'unità antifascista in una vicenda marcata dall'ombra terribile delle Ardeatine»<ref> 
Nel  
Nuovamente, nel  
Paradossalmente, proprio le dichiarazioni pubbliche di Pertini sulla legittimità dell'attentato, sulla cui opportunità pure nutriva personalmente dubbi e remore, gli valsero l'infondata attribuzione di un suo coinvolgimento nella decisione dell'azione gappista. 
Nel  
Con sentenza in data 5 maggio 1954, la Corte d'Appello civile di Roma confermò la sentenza di primo grado.<ref>Secondo la Corte, l'attentato «ebbe carattere obiettivo di fatto di guerra, essendosi verificato durante l'occupazione della città ed essendosi risolto in prevalente se non esclusivo danno delle forze armate germaniche. I competenti organi dello Stato non hanno ravvisato alcun carattere illecito nell'attentato di via Rasella, ma anzi hanno ritenuto gli autori degni del pubblico riconoscimento, che trae seco la concessione di decorazioni al valore; lo Stato ha completamente identificato le formazioni volontarie come propri organi, ha accettato gli atti di guerra da esse compiuti, ha assunto a suo carico e nei limiti consentiti dalle leggi le loro conseguenze. Non vi sono quindi rei da una parte, ma combattenti; non semplici vittime di una azione dannosa dall'altra, ma martiri caduti per la Patria». Cfr. Corte d'Appello civile di Roma, prima sezione, sentenza 5 maggio [[1954]], citata in Zara Algardi, ''Processi ai fascisti'', Vallecchi, Firenze, 1973, p. 104.</ref> 
Con sentenza emanata in data 11 maggio 1957 e pubblicata il successivo 2 agosto, la [[Corte di cassazione]] ribadì il carattere di legittima azione di guerra dell'attentato, disattendendo la tesi dei ricorrenti secondo i quali non avrebbe potuto trattarsi di atto di guerra in quanto all'epoca Roma era ''[[città aperta]]''.<ref>Secondo il resoconto di Zara Algardi, la Corte ritenne provato «che la formula della "[[città aperta]]" era stata fittizia: i nazisti transitavano infatti per le vie della città con le loro colonne motorizzate e gli angloamericani la bombardarono più volte dal cielo. La dichiarazione che Roma era ''città aperta'' (...) non fu mai accettata dagli angloamericani. Né Roma fu mai rispettata come ''città aperta'' da parte della Germania, che disconosceva il legittimo governo italiano». La Corte affermò che ogni «attacco contro i tedeschi rispondeva agli incitamenti impartiti dal governo legittimo [...] e costituiva quindi un atto di guerra riferibile allo stesso governo». Cfr. Corte di Cassazione di Roma, Sezioni Unite, sentenza 11 maggio 1957, citata in Zara Algardi, ''Processi ai fascisti'', Vallecchi, Firenze, 1973, p. 105. L'omissione segnalata dai puntini di sospensione è così nel testo di Algardi.</ref> 
L'affermazione circa una corresponsabilità di Pertini nella decisione di realizzare l'attentato gli è stata poi ricorrentemente rivolta in maniera polemica dai suoi avversari politici: nel 1982, in seguito alla consegna di due medaglie al valor militare a Rosario Bentivegna (una d'argento e una di bronzo, conferitegli nel 1950), la stampa di destra accusò Pertini di aver ordinato l'attentato<ref>Cfr. [[Beppe Niccolai]], in [http://www.beppeniccolai.org/RNgennaio82.htm#20_gennaio_1982 ''Rosso e Nero'', in ''Secolo d'Italia'' del 20 gennaio 1982]</ref> (riprendendo tale versione da un libro di [[Attilio Tamaro]] del 1950). 
Durante un dibattito parlamentare sul processo penale agli ex gappisti nel 1997, anche il ministro della Giustizia [[Giovanni Maria Flick]] del [[Governo Prodi I|governo Prodi]] dichiarò, erroneamente: «L'azione di via Rasella fu decisa dal Comando dei gruppi di azione patriottica di Roma, che aveva come dirigenti persone della statura di Sandro Pertini e di Giorgio Amendola, tra i padri della patria».<ref>Cfr. Camera dei Deputati, XIII legislatura, [http://legislature.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed222/s030.htm resoconto stenografico della seduta n. 222 del 2 luglio 1997], p. 19230.</ref> 
Assieme a [[Ugo La Malfa]] (allora esponente del Partito d'Azione) Pertini fu uno strenuo oppositore della [[svolta di Salerno]] rispetto alla pregiudiziale repubblicana.<ref>[http://www.pertini.it/cesp/video/repubblica.wmv Video-intervista] nel sito web del Centro Espositivo "Sandro Pertini".</ref> 
Poco prima della cattura di Bruno Buozzi (avvenuta il 13 aprile 1944), il comunista [[Giorgio Amendola]] registrò quello che risulta essere  
{{q|Mentre urlavamo si avvicinò Buozzi, proveniente da piazza Quadrata [attuale piazza Buenos Aires - ''N.d.E.'']. "Ma siete pazzi – ci investì – gridate come ossessi, vi si sente da piazza Quadrata". Informato dell'oggetto della discussione, disse che l'iniziativa di Togliatti gli era sembrata saggia e che egli si augurava che si concludesse in modo positivo. "Vedi – esclamò Sandro – solo i riformisti vi danno ragione", e si allontanò senza salutare.|[[Giorgio Amendola]]<ref>[[Giorgio Amendola]], Lettera a Milano, op. cit., p. 309, riportata in Gabriele Mammarella, ''Bruno Buozzi 1881-1944. Una storia operaia di lotte, conquiste e sacrifici'', [[2014]], Ediesse, p. 326.</ref>}} 
Quella di Pertini era peraltro la posizione, sia pure con diverse sfumature, di tutto il gruppo dirigente del PSIUP, ignaro delle decisioni assunte nella [[conferenza di Teheran]] (28 novembre - 1º dicembre 1943), nella quale i "tre grandi" iniziarono a prefigurare la divisione delle sfere d'influenza delle tre grandi potenze in Europa,<ref>R. Crockatt, ''Cinquant'anni di Guerra fredda'', pp. 67-70.</ref> 
=== Dalla liberazione di Roma a quella di Firenze === 
Nel maggio del 1944, Pertini si diresse a [[Milano]] con [[Guido Mazzali]] per partecipare attivamente alla Resistenza come membro della giunta militare centrale del [[CLNAI]] e con l'intento politico di riorganizzare il partito socialista e la propaganda clandestina nelle regioni settentrionali.<ref name= CulturalePertini /> 
Nel luglio del  
[[File:Via ghibellina 109, casa di pertini.JPG| 
Pertini, che aveva dei contatti con i partigiani di [[La Spezia]], partì per la città ligure con l'intento di trovare lì il mezzo adatto al viaggio. E così fu, ma occorreva aspettare qualche giorno. 
Tornò a Genova, ma venne a sapere che Sogno aveva già trovato un motoscafo ed era partito con altre persone per la Corsica lasciandolo al suo destino. Pertini si trovò quindi abbandonato, in territorio occupato, con una condanna a morte pendente e, nella sua [[Liguria]], facilmente riconoscibile, con l'ordine di rientrare a Roma. 
[[File:Via ghibellina 109, targa sandro pertini.JPG| 
Decise di riparare nuovamente a La Spezia per cercare comunque di raggiungere la capitale: riuscì ad ottenere, da un industriale che riforniva i tedeschi, un lasciapassare per raggiungere [[Prato (Italia)|Prato]], dopodiché da solo raggiunse [[Firenze]] a piedi.<ref name = Firenze/> 
A [[Firenze]] si mise in contatto con il professore [[Gaetano Pieraccini]], nel suo studio di via Cavour, grazie al quale riuscì a trovare rifugio in via Ghibellina 109, presso la famiglia Bartoletti. 
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L'11 agosto prese parte agli scontri per la liberazione della città, organizzando l'azione del partito socialista e la stampa delle prime copie del giornale socialista ''[[Avanti!]]'': 
{{Citazione|Mi rivedo così tra il luglio e l'agosto [[1944]] alla vigilia dell'insurrezione, in [[Firenze]], dove il mio destino mi aveva portato... Lo stato di emergenza dichiarato dai tedeschi, disumano ed implacabile, durava ormai da più di una settimana. Le rappresaglie naziste si succedevano alle rappresaglie, le fucilazioni alle fucilazioni, la vita diventava ogni giorno più dura e più difficile; le speranze si spegnevano nei nostri cuori; molti di noi si sentivano già nell'ombra della morte. Quel martirio sembrava non avere più fine, quando improvvisamente all'alba dell'undici agosto, la "Martinella" - il vecchio campanone di [[Palazzo Vecchio]] - suonò a distesa; risposero festose tutte le campane di Firenze. Era il segnale della riscossa. Scendemmo, allora, tutti i piazza; i fratelli nostri d'oltre [[Arno]] passarono sulla destra, i partigiani scesero dalle colline, la libertà finalmente splendeva nel cielo di Firenze. Ci mettemmo subito al lavoro; tutti i compagni si prodigavano in modo commovente. Il nostro fu il primo Partito a pubblicare un manifesto rivolto alla cittadinanza e pensammo di fare uscire immediatamente l 
===  
{{Vedi anche|Caduta della Repubblica Sociale Italiana|Morte di Mussolini}} 
Arrivato a Roma capì presto che la sua presenza era inutile e manifestò l'intenzione di tornare al nord, dove era il segretario del Partito Socialista per tutta l'Italia occupata e faceva parte del [[Comitato di Liberazione Nazionale|Comitato di Liberazione Nazionale per l'Alta Italia]] - CLNAI in rappresentanza del partito.<ref>Sandro Pertini, ''Italia del Nord'', l{{'}}''[[Avanti!]]'', 24 agosto 1944, riportato da [http://www.pertini.it/cesp/doc_58.htm CESP - Documenti]</ref> 
[[File:P 043.gif| 
Gli furono forniti dei documenti falsi, una patente di guida a nome di Nicola Durano, e con un volo aereo venne trasferito da [[Napoli]] a [[Lione]], poi a [[Digione]] e, una volta arrivato a [[Chamonix]], entrò in contatto con la [[Resistenza francese]]. Il percorso di rientro fu previsto attraverso il [[Monte Bianco]] e fu condotto sul [[Via dei Trois Mont Blanc|Col du Midi]] assieme a Cerilo Spinelli, il fratello di [[Altiero Spinelli|Altiero]], con una teleferica portamerci, per poi intraprendere l'attraversamento della [[Mer de Glace]] e prendere contatto con i partigiani [[ 
Il 29 marzo del  
{{Citazione|Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.}} 
{{Multimedia|allineamento = sinistra|larghezza = 300|file = Pertini proclama lo sciopero generale a Milano 25 aprile 1945.ogg|titolo = Sandro Pertini|descrizione = Milano 25 aprile 1945 - proclamazione dello sciopero generale contro i nazi-fascisti}} 
Alle 8 del mattino del 25 aprile, il Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia si riunì presso il collegio dei Salesiani in via Copernico a [[Milano]]. L'esecutivo, presieduto da [[Luigi Longo]], [[Emilio Sereni]], Sandro Pertini e [[Leo Valiani]] (presenti tra gli altri anche [[Rodolfo Morandi]] – che venne designato presidente del CLNAI –, [[Giustino Arpesani]] e [[Achille Marazza]]), proclamò ufficialmente l'insurrezione, la presa di tutti i poteri da parte del CLNAI e la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti<ref> 
{{Citazione|I membri del governo fascista  
Tale risoluzione era però in conflitto con l'articolo 29 dell'[[armistizio lungo]], secondo il quale Mussolini avrebbe dovuto essere consegnato agli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]]: 
{{Citazione|Benito Mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o reati analoghi, i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle Nazioni Unite e che ora o in avvenire si trovino in territorio controllato dal Comando militare alleato o dal Governo italiano, saranno immediatamente arrestati e consegnati alle Forze delle Nazioni Unite. Tutti gli ordini impartiti dalle Nazioni Unite a questo riguardo verranno osservati.<ref>{{cita web|titolo=Armistizio lungo del 29 settembre 1943|accesso=22 settembre 2010|url=http://www.cassibilenelmondo.it/Lungo_armistizio.htm| 
Quello stesso giorno, presso l'arcivescovado di Milano, ci fu comunque un tentativo di mediazione richiesto da Mussolini e favorito dal cardinale [[Ildefonso Schuster]]. Don [[Giuseppe Bicchierai]], segretario dell'arcivescovo, s'incaricò di contattare il CLNAI; alla riunione con Mussolini (con lui, tra gli altri, [[Rodolfo Graziani]] e [[Carlo Tiengo]]), nel primo pomeriggio, parteciparono inizialmente [[Raffaele Cadorna Jr|Raffaele Cadorna]] (comandante del [[Corpo volontari della libertà]]), [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]] del [[Partito d'Azione]], [[Giustino Arpesani]] del [[Partito Liberale Italiano|Partito Liberale]] e [[Achille Marazza]] della [[Democrazia Cristiana]]. Pertini non fu rintracciato in quanto era impegnato in un comizio nella fabbrica insorta della [[Borletti]].<ref> 
In quegli istanti giunsero alla spicciolata Sandro Pertini, [[Leo Valiani]] ed [[Emilio Sereni]], del comitato militare insurrezionale del CLNAI. Pertini incrociò sulle scale, per la prima e unica volta, Mussolini che scendeva; secondo alcune versioni l'esponente socialista era armato di pistola, cosa smentita poi in più di un'intervista (a [[Gianni Bisiach]] nel 1977 e  
{{citazione|No, questa no, è una sciocchezza, che non ho fatto, né potevo fare (...) Mentre salivo lo scalone ho visto scendere un gruppo di persone. Mi giro, e ho riconosciuto Mussolini. (...) Vedo scendere un gruppo di persone e riconosco Mussolini. (...) Mussolini veniva giù... torvo in volto, il volto disfatto, molto accigliato, irritato anzi.|Intervista di Gianni Bisiach<ref>Dal programma ''Testimoni oculari'' di Gianni Bisiach.</ref>}} 
{{citazione|Mentre parlavo agli operai, arrivò un compagno tutto trafelato che mi disse: "C'è Mussolini che si sta incontrando all'arcivescovado con [[Riccardo Lombardi (politico)|Lombardi]], [[Raffaele Cadorna (1889-1973)|Cadorna]] e gli altri". Io rimasi sorpreso, dopo pochi minuti arrivai all'Arcivescovado. Salendo il grande scalone (non è vero che avessi la rivoltella in mano, storie romanzate), vedo un gruppo che scende vestito con l'orbace e tra questi c'era Mussolini. Era molto emaciato, pallido, irriconoscibile, non era più il baldanzoso delle fotografie.|Intervista di Enzo Biagi<ref> 
Giunto nella sala dell'arcivescovado, si ebbe tra Pertini (appoggiato da Sereni) e gli altri un veemente scambio di battute: Pertini chiese alla delegazione perché non avessero arrestato subito Mussolini<ref name= BertoldiSchuster />; richiese inoltre che Mussolini, una volta arresosi al CLNAI, fosse consegnato  
Pertini associò sempre in massima parte a quel suo intervento all'arcivescovado la causa del fallimento della trattativa e la conseguente morte del  
{{Citazione|Da tutto questo appare chiaro che il mio intervento presso il cardinale (intervento appoggiato solo dal compagno Emilio Sereni, ma con molta energia) spinse Mussolini a non arrendersi. E soprattutto appare chiaro che se la sera del 25 aprile il compagno Sereni ed io non fossimo andati all'arcivescovado e se quindi Mussolini si fosse arreso al CLNAI sarebbe stato consegnato al colonnello inglese [[Max Salvadori]],<ref>[[Max Salvadori]], cognato di [[Emilio Lussu]], colonnello alleato in clandestinità a Milano con il compito di tenere i contatti tra i Partigiani e gli Alleati - [http://archiviostorico.corriere.it/1992/agosto/11/quando_Max_arrivo_dal_cielo_co_0_9208116093.shtml Biografia di Max Salvadori ad opera di Leo Valiani - Archivio storico del Corriere]</ref> 
[[File:1945 COMIZIO 26 APRILE PERTINI A MILANO.jpg|miniatura|26 aprile 1945. Pertini tiene un affollato comizio nella [[Milano]] appena liberata.]] 
Tuttavia, secondo altre fonti, tale evento non avrebbe avuto un'influenza decisiva su una decisione (quella della partenza), di fatto già stabilita da Mussolini.<ref>Franco Bandini, ''op. cit.'', e G. Bianchi, F. Mezzetti, ''Mussolini Aprile '45: L'epilogo'', Editoriale Nuova, 1985.</ref> 
Il giorno dopo Pertini tenne un affollato comizio in [[Piazza del Duomo (Milano)|Piazza Duomo]]. 
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Poco dopo, a Radio Milano Libera, annunciò la vittoria dell'insurrezione e l'imminente fine della guerra. 
Il 27 aprile, fortemente convinto della necessità di condannare a morte il capo del fascismo, arrestato a [[ 
{{Citazione|Mussolini, mentre giallo di livore e di paura tentava di varcare la frontiera svizzera, è stato arrestato. Egli dovrà essere consegnato ad un tribunale del popolo, perché lo giudichi per direttissima. E per tutte le vittime del fascismo e per il popolo italiano dal fascismo gettato in tanta rovina egli dovrà essere e sarà giustiziato. Questo noi vogliamo, nonostante che pensiamo che per quest'uomo il plotone di esecuzione sia troppo onore. Egli meriterebbe di essere ucciso come un cane tignoso. Questo è il disastroso risultato di vent'anni di dominazione fascista. Lo ricordiamo soprattutto a coloro che al fascismo ed al suo capo hanno sino ad ieri applaudito, pronti oggi a mettersi sotto una delle insegne politiche trionfanti per rifarsi una verginità cento volte perduta e per realizzare quelle ambizioni che non sono riusciti a realizzare sotto il fascismo.<ref>[http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=55&IdSottoSez=11 Discorso del 27 aprile] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110722033910/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=55&IdSottoSez=11 |data=22 luglio 2011 }}, dal sito del CESP.</ref>}} 
Il 28 aprile Mussolini fu fucilato e il giorno dopo il suo cadavere, insieme a quello della sua compagna [[Claretta Petacci]] e a quelli di altri gerarchi del regime sconfitto, fu esposto all'odio della folla a [[Piazzale Loreto]]. Pertini commentò: «L'insurrezione si è disonorata».<ref>{{cita news|autore=Ettore Botti|url=http://archiviostorico.corriere.it/2001/settembre/20/scempio_del_duce_nel_giorno_co_0_01092011548.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060548/http://archiviostorico.corriere.it/2001/settembre/20/scempio_del_duce_nel_giorno_co_0_01092011548.shtml|titolo=Lo scempio del duce nel giorno della vergogna|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=20|mese=9|anno=2001|accesso=22 marzo 2009|urlmorto=sì 
In seguito, riguardo alle vicende finali della vita del dittatore, scrisse sulle colonne dell 
{{Citazione|Mussolini si comportò come un vigliacco, senza un gesto, senza una parola di fierezza. Presentendo l'insurrezione si era rivolto al cardinale arcivescovo di Milano chiedendo di potersi ritirare in [[Valtellina]] con tremila dei suoi. Ai partigiani che lo arrestarono offrì un impero, che non aveva. Ancora all'ultimo momento piativa di aver salva la vita per parlare alla radio e denunciare [[Hitler]] che, a suo parere, lo aveva tradito nove volte.<ref name= Avanti1945/>}} 
In ottemperanza al decreto del CLN, ordinò inoltre al partigiano [[Corrado Bonfantini]], comandante della [[Brigata Matteotti]], la fucilazione del maresciallo [[Rodolfo Graziani]]. Il 28 aprile Bonfantini arrestò il generale fascista e si adoperò invece per salvargli la vita; il giorno dopo Graziani si consegnò agli Alleati.<ref>{{cita libro|Luigi|Borgomaneri|''Due inverni, un'estate e la rossa primavera: le Brigate Garibaldi a Milano e provincia (1943-1945)''|1985|Edizioni Franco Angeli|Milano}} p. 296.</ref> 
[[File:Partigiani sfilano per le strade di milano.jpg| 
Gli ultimi scontri nella città si sarebbero conclusi solo il 30 aprile.<ref> 
Secondo Pertini, le emozioni provate durante la Liberazione di Milano furono un'esperienza che confermarono la sua idea della «capacità del popolo italiano di compiere le più grandi cose qualora fosse animato dal soffio della libertà e del socialismo»<ref name= Avanti1945 />. Tuttavia, come spesso egli ricordava malinconicamente, mentre il 26 aprile partecipava alla festa per l'avvenuta liberazione, suo fratello minore Eugenio veniva assassinato nel [[campo di concentramento di Flossenbürg]].<ref name = Eugenio >[http://www.pertini.it/cesp/video/eugenio.wmv CESP - Video] Intervista.</ref> 
Il partigiano [[Giuseppe Marozin]], detto "Vero", imputato del duplice omicidio degli attori fascisti [[Osvaldo Valenti]] e [[Luisa Ferida]], avvenuta il 30 aprile in via Poliziano a Milano, si è difeso scrivendo nelle sue memorie che sarebbe stato Pertini ad ordinare la fucilazione dei due famosi attori cinematografici.<ref>[[Giuseppe Marozin]], ''Odissea Partigiana - i 19 della Pasubio'', 1965, Milano, p. 69.</ref> I due avevano aderito alla [[Repubblica Sociale Italiana]]; Valenti era un ufficiale della famigerata [[Xª Flottiglia MAS (RSI)|Xª Flottiglia MAS]], ed entrambi erano accusati di aver partecipato alle azioni del gruppo di torturatori conosciuto come "[[Banda Koch]]". 
<ref>{{cita libro|Odoardo|Reggiani|Luisa Ferida, Osvaldo Valenti. Ascesa e caduta di due stelle del cinema|2001|Spirali|Milano|isbn=88-7770-576-0}} p. 166.</ref> 
<ref>{{cita news|autore=Silvio Bertoldi|url=http://archiviostorico.corriere.it/2001/luglio/31/Luisa_Ferida_Osvaldo_Valenti_Dai_co_0_0107311334.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520060323/http://archiviostorico.corriere.it/2001/luglio/31/Luisa_Ferida_Osvaldo_Valenti_Dai_co_0_0107311334.shtml|titolo=Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, dal set al muro|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=24|mese=6|anno=2001|accesso=26 marzo 2009|urlmorto=sì 
<ref>{{cita news|autore=Silvio Bertoldi 
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Il 2 agosto del 1945 Pertini divenne segretario del [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1943)|PSIUP]], a seguito della dimissioni dalla carica di [[Pietro Nenni]], divenuto vicepresidente del Consiglio dei ministri nel [[governo Parri]]. Mantenne l'incarico fino al 18 dicembre dello stesso anno, quando fu sostituito da [[Rodolfo Morandi]]. 
==== Pertini al XXIV Congresso del PSI a Firenze ==== 
{{vedi anche|Partito Socialista Italiano}} 
[[File:Silone Lombardo Pertini.JPG|miniatura|sinistra|[[Ignazio Silone]], [[Ivan Matteo Lombardo]] e Pertini al XXIV Congresso del [[Partito Socialista Italiano|PSI]] (PSIUP) di Firenze del 1946]] 
Al XXIV congresso socialista, il primo del PSIUP e del dopoguerra, che si svolse al teatro comunale di [[Firenze]], tra l'11 e il 17 aprile del 1946, Pertini si trovò a presentare una mozione assieme a [[Ignazio Silone]] in difesa dell'autonomia e dell'indipendenza del partito dai comunisti. 
La contrapposizione fu con la maggioranza del PSIUP che faceva capo a [[Lelio Basso|Basso]] e [[Rodolfo Morandi|Morandi]] con la copertura di [[Pietro Nenni|Nenni]], i quali, pur accantonata la prospettiva della "fusione" del PSIUP con il PCI (per sanare la divisione del movimento operaio determinata dalla "[[scissione di Livorno]]"),<ref>A questa prospettiva restavano legati ormai solo [[Oreste Lizzadri|Lizzadri]] e [[Francesco Cacciatore|Cacciatore]] che poi furono indotti a ritirare il loro documento e a convergere sulla mozione Morandi-Basso.</ref> sostenevano la necessità dell'azione comune di socialisti e comunisti in vista dell'instaurazione di una società socialista in Italia. 
La mozione di Pertini e Silone trovò l'adesione anche dei giovani raccolti attorno alla rivista ''Iniziativa socialista'', che contestavano i governi ciellenisti e sognavano una rivoluzione libertaria e non [[Leninismo|leninista]].<ref>Saranno poi il perno su cui [[Giuseppe Saragat|Saragat]] agirà nel [[1947]] per far scattare la molla della [[Partito Socialista Democratico Italiano#La scissione di palazzo Barberini|scissione socialdemocratica]].</ref> 
Gli autonomisti più intransigenti erano raccolti nella mozione di ''Critica sociale'': [[Giuseppe Saragat|Saragat]], [[Giuseppe Faravelli|Faravelli]], [[Giuseppe Emanuele Modigliani|Modigliani]], [[Ludovico D'Aragona|D'Aragona]], [[Alberto Simonini|Simonini]]. 
Il confronto, anzi lo scontro congressuale, non fu più sul tema dell'attualità o meno della fusione, ma sul modello di socialismo. Saragat, nel suo intervento, richiamò il fatto che «lo sviluppo di un socialismo autocratico e autoritario (era) uno dei problemi attuali» e gli contrapponeva il suo socialismo democratico. Basso parlò di un profondo dissenso «tra lo spirito classista e lo spirito liberalsocialista». 
Alla fine il congresso diede un esito clamoroso. Le mozioni di Pertini, Silone e di ''Critica sociale'' raggiunsero il 51 per cento, quella cosiddetta di Base, cioè di Basso e Morandi, solo il 49. La Direzione venne composta per metà da membri della mozione di Base e per metà da esponenti delle altre due. Nenni, ex segretario, fu eletto alla presidenza del PSIUP e segretario del partito venne eletto [[Ivan Matteo Lombardo]], un esponente abbastanza conosciuto (ma non certo un leader), e non Pertini, come ci si attendeva. 
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[[File:Carla Voltolina.gif| 
Pochi giorni dopo la conclusione della battaglia referendaria per l'instaurazione della Repubblica (2 giugno 1946), l'8 dello stesso mese Pertini sposò la giornalista e [[staffetta partigiana]] [[Carla Voltolina]], conosciuta pochi mesi prima a [[Torino]], dopo il suo attraversamento del massiccio del [[Monte Bianco]] per rientrare a [[Milano]]. 
==== Direzione dell{{'}}''Avanti!'' ==== 
{{vedi anche|Avanti!|Il Lavoro (quotidiano)}} 
[[File:Pertini direzione Avanti 1945-3.jpg|miniatura|sinistra|Pertini nella direzione dell{{'}}''[[Avanti!]]'' nel 1945]] 
Dall'agosto 1946 al gennaio 1947 e dal maggio 1949 all'agosto 1951<ref name= intini>Cfr. [[Ugo Intini]], ''Avanti! Un giornale, un'epoca'', Ponte Sisto, Roma, 2012, p. 738.</ref> fu direttore del quotidiano socialista ''[[Avanti!]]''. Dall'aprile del 1947 al giugno del 1968 fu anche direttore del quotidiano genovese ''[[Il Lavoro (quotidiano)|Il Lavoro]]''. 
In una pagina del sito web della Fondazione "Sandro Pertini" è ricordato che, all{{'}}''Avanti!'', «il Direttore Sandro Pertini, negli anni che vanno dal 1952 al 1954, dormiva nella segreteria di redazione che era stata trasformata in camera, dove aveva una rete metallica con quattro piedi di ferro aggiunti per alzarla, un materasso fatto di ritagli di stoffa e un lavabo in ferro battuto con una caraffa.»<ref>{{Cita web |titolo=Fondazione "Sandro Pertini" |accesso=2 giugno 2016 |url=http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=800&IdSottoSez=48 |urlmorto=sì |dataarchivio=12 marzo 2012 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120312185825/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=800&IdSottoSez=48 }}</ref> 
Tuttavia, in nessuna fonte storica e documentale di provata attendibilità sulla vita del leader socialista ligure è rimasta traccia di tale direzione dell{{'}}''Avanti'' dal 1952 al 1954, oltre alle due, assolutamente certe, dall'agosto 1946 al gennaio 1947, e dal maggio 1949 all'agosto 1951. 
Al contrario, in ''Avanti! Un giornale, un'epoca'' di [[Ugo Intini]],<ref name= intini/> 
L'episodio riferito nel sito web della Fondazione "Sandro Pertini" è probabilmente riconducibile al periodo agosto 1946-gennaio 1947, quando, a causa delle distruzioni belliche, era difficile trovare a Roma un alloggio in centro a prezzi abbordabili. 
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Nelle [[Elezioni politiche  
Appoggiò inoltre il lavoro delle [[commissione di epurazione|commissioni di epurazione]] e fu subito decisamente avverso all'attuazione dell'[[Amnistia Togliatti|amnistia voluta da Togliatti]] nei confronti dei reati politici commessi dai responsabili dei crimini fascisti.<ref>{{cita|Woller|pp. 540-541}}.</ref><ref>{{cita|Franzinelli|pp. 126-127}}.</ref> 
In tal senso, durante i lavori dell'Assemblea, intervenne il 22 luglio  
{{Citazione|''Ricordiamo che l'epurazione è mancata: si disse che si doveva colpire in alto e non in basso, ma praticamente non si è colpito né in alto né in basso. Vediamo ora lo spettacolo di questa amnistia che raggiunge lo scopo contrario a quello per cui era stata emanata: pensiamo, quindi, che verrà un giorno in cui dovremo vergognarci di aver combattuto contro il [[fascismo]] e costituirà colpa essere stati in carcere e al [[confino]] per questo''.<ref name = Seduta220746/>}} 
Il leader [[Partito Comunista Italiano|comunista]] [[Palmiro Togliatti|Togliatti]] si sentì in dovere di intervenire subito dopo Pertini per difendere la bontà del provvedimento da lui varato quand'era stato Ministro di Grazia e Giustizia nel precedente [[governo Parri]]. Pur dichiarando di associarsi allo sdegno di Pertini per come l'amnistia era stata applicata in taluni casi, ricordò che il provvedimento di clemenza era stato approvato da tutti i partiti e minimizzò il numero delle scarcerazioni a fronte delle procedure pendenti.<ref> 
L'azione politica di Pertini in quel periodo mirava anche al raggiungimento delle riforme sociali necessarie al recupero del paese, devastato sia dall'esperienza fascista, sia dalle tragedie della guerra, ma soprattutto al tentativo di eliminare radicalmente qualsiasi possibile rigurgito del regime mussoliniano. 
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{{vedi anche|Partito Socialista Democratico Italiano#La scissione di palazzo Barberini}} 
[[File:Nenni Pertini 1947.PNG|miniatura|Pertini con il collega di partito [[Pietro Nenni]] nel 1947]] 
Durante il XXV Congresso del [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1943)|Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria]], convocato in via straordinaria a [[Roma]] nella "città universitaria" tra il 9 e il 13 gennaio  
Il congresso, voluto fortemente da [[Pietro Nenni|Nenni]] per analizzare la situazione di attrito tra le componenti di maggioranza e minoranza con l'obiettivo di riunire le diverse posizioni, fallì il suo scopo primario, nonostante gli sforzi di mediazione di Pertini. 
Per giorni egli si pose al centro delle dispute nel tentativo di mediare tra le due correnti, ma, nonostante i suoi sforzi, «''la forza delle cose''», come la definì Nenni, portò alla scissione socialdemocratica, meglio nota come "[[Partito Socialista Democratico Italiano#La scissione di palazzo Barberini|scissione di palazzo Barberini]]", da cui nacque il [[Partito Socialista Democratico Italiano#La rifondazione del PSLI|Partito Socialista dei Lavoratori Italiani - PSLI]] (poi dal 1951 PSDI). 
«Pertini non si rassegnò e decise di gettarsi a capofitto, com'era nella sua indole, nella baraonda congressuale recandosi personalmente a [[Palazzo Barberini]]<ref>in una sala oggi occupata dalla [[Gallerie nazionali d'arte antica|Galleria nazionale d'arte antica]]. A testimonianza dell'evento storico venne affissa una targa commemorativa sulla facciata principale del palazzo.</ref> per un disperato estremo tentativo. Quando arrivò venne accolto da un grido di vittoria, "Sandro, Sandro", coi delegati scissionisti tutti in piedi, convinti che anche Pertini si fosse unito a loro. Ma quando egli volle manifestare il suo proposito unitario, Saragat gli rispose ringraziandolo, ma dichiarando che ormai la scissione era stata consumata»<ref>[http://www.avantionline.it/2017/01/la-scissione-di-palazzo-barberini-terza-e-ultima-parte/#.WIr-pbGh2DV ''La scissione di palazzo Barberini'', Avantionline, 23 gennaio 2017] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170127030951/http://www.avantionline.it/2017/01/la-scissione-di-palazzo-barberini-terza-e-ultima-parte/#.WIr-pbGh2DV |data=27 gennaio 2017 }}.</ref>. 
==== Pertini e il "caso Basile" ==== 
{{vedi anche|Carlo Emanuele Basile}} 
Sempre attento a contrastare ogni possibile "colpo di spugna" sul recente passato del regime fascista e la rinascita, sotto diverse forme, delle concezioni autoritarie mussoliniane, Pertini fu uno dei protagonisti della polemica politica sul cosiddetto "caso Basile". 
[[Carlo Emanuele Basile]] era stato Capo della Provincia di [[Genova]] sotto la [[Repubblica Sociale Italiana]] dal 28 ottobre 1943 al 26 giugno 1944. Nel capoluogo ligure erano presenti importanti realtà industriali ([[Ansaldo]], [[Acciaierie di Cornigliano|Siac]], [[Cantieri Navali del Tirreno e Riuniti|Cantieri Navali]], [[San Giorgio elettrodomestici|San Giorgio]], [[Piaggio]]) i cui operai si impegnarono in una serie di scioperi e sabotaggi per bloccare la produzione di materiale bellico e impedire il trasferimento degli impianti in Germania. 
Poiché gli scioperi si susseguivano, il 1º marzo Basile ordinò l'affissione di un manifesto in cui minacciava, in caso di nuovo sciopero, la deportazione di un certo numero di operai, estratti a sorte, nei campi di concentramento "dell'estremo Nord"<ref>[http://xoomer.virgilio.it/Barudda/Diario/note_06-44.htm Note Storiche Relative al Mese di Giugno del 1944]</ref>. 
Il 16 giugno, dopo ulteriori scioperi e la serrata delle fabbriche disposta da Basile, i militari tedeschi irruppero in quattro fabbriche genovesi (la Siac, i Cantieri Navali, la San Giorgio e la Piaggio) prelevando quasi 1500 operai, che furono deportati in Germania e destinati a lavorare nelle fabbriche tedesche.<ref>Cfr. Paolo Arvati, Manlio Calegari, "Comunisti e partigiani: Genova 1942-45", 2001, p. 196, riportato in [https://a-sinistra.blogspot.it/2013/06/16-giugno-una-tragedia-operaia-nella.html ''A sinistra: 16 giugno, una tragedia operaia nella Resistenza'']</ref> 
Due giorni dopo, il 18 giugno, uscirono sulla stampa cittadina due comunicati, uno del comando tedesco, l'altro di Basile che non voleva perdere l'occasione di rivendicare i suoi "meriti": «Vi avevo messo sull'avvertita… Non avete voluto ascoltarmi… Oggi più di uno di voi si pente amarissimamente di essersi lasciato sedurre ed illudere… Intanto quei pendagli da forca che si gabellano per comunisti, si appostano all'angolo dei carruggi o all'uscita di un rifugio al cessato allarme, per colpire alla schiena uno dei nostri, borghese o militare… Meditate bene quanto sto per dire: la pazienza ha un limite…».<ref>Cfr. Paolo Arvati, ''16 giugno, una tragedia operaia nella Resistenza'' in [https://a-sinistra.blogspot.it/2013/06/16-giugno-una-tragedia-operaia-nella.html ''A sinistra'']</ref> 
Rimosso dall'incarico, Basile fu poi nominato Sottosegretario per l'Esercito dal 26 giugno 1944 a fine guerra, quando fu catturato dai partigiani a [[Sesto San Giovanni]] mentre cercava di raggiungere [[Benito Mussolini|Mussolini]] a [[Milano]], trasportando con sé una valigia contenente trenta milioni in valuta estera e oro provenienti dalla segreteria particolare del duce, che dovevano servire a favorire l'eventuale fuga di Mussolini e di altri gerarchi fascisti all'estero<ref>Silvio Bertoldi, ''La guerra parallela, 8 settembre 1943 - 25 aprile 1945'', Milano 1963, p. 213; ''Verbanus'', N. 23, 2002, p. 127; P. Rauti, R. Sermonti, ''Storia del fascismo nel grande conflitto'', p. 363, dove viene riportata la distinta che accompagnava il denaro che Basile stava trasportando: «franchi svizzeri: 10 biglietti da 1000 franchi; 200 da 50; 200 da 20; 200 da 5; 181 biglietti da 1000 franchi francesi; 1470 pezzi d'oro da 20 franchi. Il denaro qui contenuto qualora mi accadesse una disgrazia deve essere restituito alla segreteria particolare del duce»</ref>. Alla radio fu data notizia della sua cattura e fucilazione<ref>Carlo Chevallard, ''Diario 1942-1945. Cronache del tempo di guerra'', Torino 2005, p. 512</ref>, ma, processato dai "tribunali del popolo" e portato per due volte di fronte al plotone di esecuzione, alla fine fu risparmiato in quanto (secondo la testimonianza resa in processo da chi lo fece prigioniero) si credeva potesse fare importanti rivelazioni.<ref>Cfr. ''Verbanus'', N.23, 2002, p. 127.</ref> L'ordine di fucilarlo immediatamente era stato dato da Pertini, quale membro dell'esecutivo del [[Comitato di Liberazione Nazionale|Comitato di Liberazione per l'Alta Italia]], ma l'ordine fu disatteso.<ref>Cfr. [http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed295/sed295nc.pdf Resoconto stenografico della seduta dell'Assemblea Costituente del 19 novembre 1947], p. 2200.</ref> 
Basile venne poi prelevato dagli [[Alleati della seconda guerra mondiale|alleati]], tratto in carcere e posto sotto processo per il reato di collaborazione con il tedesco invasore, in particolare per aver prestato «aiuto ed assistenza come capo della provincia di Genova prima e come sottosegretario alla Guerra poi».<ref>Romano Canosa, ''Storia dell'epurazione in Italia: le sanzioni contro il fascismo, 1943-1948'', Milano 1999, p. 196.</ref> Nei capi d'imputazione veniva contestato soprattutto il suo operato a Genova, città in cui si era reso responsabile della deportazione di circa 1400 operai in Germania, come provato, tra l'altro, dai diversi manifesti in cui egli minacciava l'adozione di duri provvedimenti nei confronti degli operai in caso di sciopero. Inoltre Basile era accusato della morte di undici detenuti politici nel carcere di Marassi, che erano stati condannati a morte e fucilati al Forte San Martino con sentenze del Tribunale Militare Speciale di Genova, da lui convocato tre volte per rappresaglia ad altrettanti attentati compiuti dai [[gruppi di Azione Patriottica|gappisti]]. 
L'iter del processo fu molto tortuoso e condizionato dalla promulgazione dell'[[amnistia Togliatti]]:<ref>[[Mimmo Franzinelli]], ''Le stragi nascoste: l'armadio della vergogna: impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti, 1943-2001'', Mondadori, 2002, ISBN 978-88-04-50337-8, pp. 112 e 113.</ref><ref>[[Mimmo Franzinelli]], ''L'amnistia Togliatti: 22 giugno 1946: colpo di spugna sui crimini fascisti'', Mondadori, 2006, ISBN 978-88-04-55334-2, p. 184 e seg.</ref><ref>Sandro Pertini, ''Per dire no come una volta al fascismo'', in ''Gli uomini per essere liberi'', ADD editore, 2012, ISBN 978-88-96873-47-2.</ref> inizialmente, nel [[1945]], Basile fu condannato a 20 anni dalla [[Corte di Assise]] straordinaria di [[Milano]], ma la sentenza fu annullata dalla [[Corte di cassazione]]. L'anno successivo la Corte di [[Pavia]] lo condannò a morte, ma anche questa volta la sentenza fu annullata dalla Cassazione. Il processo andò quindi alla [[Corte di Assise]] speciale di [[Venezia]], da cui fu trasferito, per ''legitima suspicione'', a quella di [[Napoli]], che il 29 agosto [[1947]], su proposta del Procuratore Generale dott. Siravo, assolse Basile in quanto il reato di collaborazionismo a lui contestato si era estinto per amnistia e ne ordinò la scarcerazione.<ref>[http://www.archiviolastampa.it ''L'ex-prefetto Basile assolto''], articolo de [[La Stampa]], del 30 agosto 1947.</ref> 
L'assoluzione determinò grandi proteste soprattutto a Genova, dove fu proclamato lo sciopero generale dalle 10 alle 24<ref>[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/action,viewer/Itemid,3/page,0001/articleid,0041_01_1947_0204_0001_24584030/anews,true/ ''Sciopero a Genova''], articolo de ''[[La Stampa]]'', del 31 agosto 1947.</ref> e nella provincia di Milano.<ref>[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_08/19470831_0001.pdf ''Sciopero generale a Genova''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304094402/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_08%2F19470831_0001.pdf |data=4 marzo 2016 }}, articolo de ''[[L'Unità]]'' del 31 agosto 1947</ref> La [[CGIL]], con un comunicato, approvò le manifestazioni di protesta.<ref>[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0041_01_1947_0205_0001_24634336/ Basile arrestato per misura di sicurezza], articolo de ''[[La Stampa]]'', del 31 agosto 1947</ref> 
Il 19 novembre 1947 fu presentata un'interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia dai socialisti [[Gaetano Barbareschi]], [[Vannuccio Faralli]] e Sandro Pertini nella quale si chiedeva quali provvedimenti si intendessero adottare contro il Procuratore Generale di Napoli Siravo, il quale, a detta dei tre esponenti socialisti, nella requisitoria del processo Basile aveva dichiarato che le leggi eccezionali contro i fascisti erano una "mostruosità" e aveva sostenuto che la magistratura del nord, nel giudicare i fascisti, aveva compiuto non opera di giustizia ma di vendetta, in quanto aveva subito interferenze estranee. Il Ministro di giustizia [[Giuseppe Grassi (politico)|Giuseppe Grassi]] ([[Partito Liberale Italiano|liberale]]) rispose che Siravo era un ottimo magistrato e che nel verbale della requisitoria non vi era alcun riferimento alle affermazioni attribuitegli sulle leggi contro i fascisti. Invece riguardo ai processi svoltisi al nord, il ministro rispose che Siravo faceva riferimento agli episodi di violenza che accaddero tra il pubblico e che quindi egli aveva solo fatto un apprezzamento sul clima nel quale si svolsero tali processi. Allora Faralli gridò più volte che Siravo era un fascista perché aveva fatto assolvere Basile, ma il deputato [[Democrazia Cristiana|democristiano]] [[Giovanni Leone]], avvocato napoletano, rispose che Siravo era il più indipendente magistrato di Napoli. Pertini riprese la parola ribadendo che Basile era stato un collaborazionista, che aveva fatto eseguire rastrellamenti di operai a Genova e che era stato uno strumento cosciente nelle mani dei nazisti; espresse quindi la sua preoccupazione per le decisioni prese dalla magistratura e proseguì affermando che ciò che meritava Basile era il plotone di esecuzione e che il problema non sarebbe esistito se i suoi compagni partigiani avessero eseguito il suo ordine di fucilarlo subito, invece di farlo cadere in mano agli alleati. Pertini riferì altre frasi, riportate dalla stampa, che sarebbero state pronunciate nella requisitoria dal PG Siravo (Basile «non era collaborazionista e se lo fosse stato, forse avrebbe avuto ragione, se si pensi come i liberatori sono stati ingrati verso il popolo italiano», «Basile, oggi imputato, potrebbe domani essere portato sugli scudi!»), corroborate da quanti, avvocati e parti civili presenti in aula, egli aveva personalmente intervistato. Il deputato napoletano [[Unione Democratica Nazionale|democratico nazionale]] [[Amerigo Crispo]] rispose che nessuna delle frasi citate si trovava in quella forma nel testo stenografato della requisitoria.<ref>Cfr. [http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed295/sed295nc.pdf Resoconto stenografico della seduta dell'Assemblea Costituente del 19 novembre 1947], pp. 2198-2202.</ref> 
Nell'occasione Pertini dichiarò: 
{{Citazione|Ora, io non nego che il giudice possa anche interessarsi di politica, ma deve interessarsene quando non esercita il magistero della giustizia. Quando esercita la sua funzione di giudice, egli deve dimenticarsi di essere un uomo politico!<ref>Cfr. [http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed295/sed295nc.pdf Resoconto stenografico della seduta dell'Assemblea Costituente del 19 novembre 1947], p. 2201.</ref>}} 
==== Opposizione al "Fronte Popolare" ==== 
{{vedi anche|Fronte Democratico Popolare|Elezioni politiche in Italia del 1948}} 
[[File:Sandro Pertini senato.jpg|miniatura|verticale|Sandro Pertini nel 1948]] 
Nonostante fosse fautore dell'unità del movimento dei lavoratori e dell'"unità d'azione" con il [[Partito Comunista Italiano]], Pertini era anche un fervido sostenitore dell'autonomia socialista nei confronti del PCI. In tal senso si oppose, in seno al [[Partito Socialista Italiano]] (tornato alla sua storica denominazione dopo la scissione di Palazzo Barberini), alla presentazione di liste unitarie con il PCI nel [[Fronte Democratico Popolare]] per le [[Elezioni politiche in Italia del 1948|elezioni del 1948]]. Al XXVI Congresso di Roma del 19-22 gennaio 1948 la sua mozione contraria al Fronte fu tuttavia minoritaria: prevalse la linea di Nenni e Pertini si adeguò alla decisione della maggioranza.<ref name= FSP /> 
Pertini rientrò nella direzione nazionale del partito con il XXVIII Congresso di [[Firenze]] del maggio 1949, divenendo anche, a partire dal 1955, di nuovo vicesegretario. Sarebbe rimasto nella direzione fino al 1957, quando, al XXXII Congresso di [[Venezia]], anche in seguito alla [[Rivoluzione ungherese del 1956|invasione sovietica dell'Ungheria]], con la sua opposizione, venne interrotta la collaborazione con il PCI.<ref>[http://www.domanisocialista.it/storia4.htm La storia del PSI - Dal 1946 al 1968].</ref> 
==== Voto contro la NATO, commemorazione di Stalin e giudizio sulla Rivoluzione ungherese del 1956 ==== 
Nella [[I legislatura della Repubblica Italiana|I legislatura]] fu uno dei 107 [[Senatore di diritto#Senatori di diritto della I Legislatura|senatori di diritto della Repubblica]] nominati in ossequio alla [[s:Italia, Repubblica - Costituzione, testo originale#III|3ª disposizione transitoria e finale]] della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]]. Divenne presidente del gruppo parlamentare socialista al [[Senato della Repubblica|Senato]]. 
Il 27 marzo 1949, durante la 583ª seduta del Senato, Pertini dichiarò il voto contrario del suo partito all'adesione dell'Italia al [[Patto Atlantico]], perché inteso come uno strumento di guerra e in funzione antisovietica nell'intento di dividere l'Europa e di scavare un solco sempre più profondo per separare il continente europeo, e sottolineò come il Patto Atlantico avrebbe influenzato la politica interna italiana, con conseguenze negative per la classe operaia. 
In quella seduta difese anche la pregiudiziale pacifista del gruppo socialista, esprimendo la solidarietà nei confronti dei compagni comunisti – veri obiettivi, a suo dire, del Patto Atlantico –, concludendo con le seguenti parole: 
{{Citazione|Oggi noi abbiamo sentito gridare "Viva l'Italia" quando voi avete posto il problema dell'indipendenza della Patria. Ma non so quanti di coloro che oggi hanno alzato questo grido, sarebbero pronti domani veramente ad impugnare le armi per difendere la Patria. Molti di costoro non le hanno sapute impugnare contro i nazisti. Le hanno impugnate invece contadini e operai, i quali si sono fatti ammazzare per la indipendenza della Patria!<ref>Atti parlamentari. I Legislatura, Senato. Vol. V: Discussioni 1948-49.</ref>}} 
Nel 1953, alla morte di [[Stalin]], il suo intervento, in qualità di presidente del gruppo senatoriale socialista, celebrò il capo dell'[[Unione Sovietica|URSS]]: 
{{Citazione|Il compagno Stalin ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per noi e per le sorti del mondo. L'ultima sua parola è stata di pace. [...] Si resta stupiti per la grandezza di questa figura che la morte pone nella sua giusta luce. Uomini di ogni credo, amici e avversari, debbono oggi riconoscere l'immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto.<ref>{{cita libro|Vittorio|Messori|wkautore=Vittorio Messori|[[Pensare la storia]]|1992|Edizioni San Paolo|Milano}} p. 111.</ref>}} 
Per questo elogio, avvenuto prima della divulgazione del [[XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica|rapporto Kruscev]] con cui furono denunciati i crimini di Stalin, Pertini venne molto criticato, ad esempio da [[Indro Montanelli]] e da [[Marcello Veneziani]]; in un articolo della Fondazione Pertini si precisa che «egli nel [[1953]] ricordava lo Stalin difensore di [[Stalingrado]] e co-liberatore dell'Europa dalla barbarie nazista; lo Stalin al quale strinsero la mano [[Winston Churchill]] e [[Franklin Roosevelt]]» e che «Sandro Pertini ha lottato contro ogni forma di totalitarismo per la realizzazione piena di sistemi democratici fondati sulla libertà e sulla giustizia sociale» con «molte prese di posizione che Sandro Pertini assunse di petto, come era solito fare, anche contro il regime sovietico».<ref name= Veneziani>{{Cita web |titolo=Marcello Veneziani denigra Sandro Pertini |accesso=2 giugno 2016 |url=http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=800&IdSottoSez=48 |urlmorto=sì |dataarchivio=12 marzo 2012 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120312185825/http://www.fondazionepertini.it/asp/leggi.asp?IdSez=3&idcontenuto=800&IdSottoSez=48 }}</ref> 
Nel novembre 1956 Pertini fu tra quei socialisti italiani che giudicarono molto duramente la Rivoluzione ungherese, vista come una palese reazione e un tentativo controrivoluzionario di ritorno al passato presocialista, in chiaro contrasto con le corrispondenze del giornale del partito, il cui inviato a Budapest Luigi Fossati, rendeva equilibrate eppur preoccupate descrizioni di quei drammatici giorni. Prima ancora del secondo e decisivo intervento sovietico del 4 novembre 1956 egli così scrisse in un articolo ripreso da ''l'Unità'', quotidiano del PCI, il 3 novembre: 
«Ma al di sopra di queste responsabilità della nostra critica, ecco avanzare in Ungheria lo spettro della reazione. Forze politiche si vanno ricostituendo sotto l'egida del clericalismo conservatore con l'intento di tornare al passato, annullando ogni riforma. Non si vuole, dunque, avviare il socialismo sulla strada della democrazia e delle libertà [...] ma si vuole farlo crollare nell'abisso della reazione spietata. Così i corrispondenti da Budapest ci fanno sapere che la caccia all'uomo è in corso e che i comunisti sono torturati, trucidati, impiccati. Se tacessimo, considerando questa bestiale reazione una logica conseguenza delle responsabilità dei dirigenti comunisti da noi tempestivamente denunciate, cesseremmo di essere socialisti, e diverremmo, sia pure inconsapevolmente, complici della reazione che in Ungheria tenta di riaffermare il suo antico potere. Perciò noi oggi siamo spiritualmente al fianco dei compagni comunisti ungheresi vittime della bestiale reazione».<ref>{{Cita libro|autore=Alessandro Frigerio|titolo=Budapest 1956. La macchina del fango. La stampa del PCI e la rivoluzione ungherese: un caso esemplare di disnformazione|anno=2012|editore=Lindau|città=Torino|p=117}}</ref> 
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{{vedi anche|legge truffa}} 
Sempre nel 1953, fu tra i più strenui oppositori della cosiddetta "[[legge truffa]]",<ref>Cfr.  [http://www.pertini.it/cesp/p_10.htm Il secondo dopoguerra] nel sito web del Centro Espositivo "Sandro Pertini".</ref> pronunciando un duro intervento in Senato contro l'approvazione del provvedimento nella seduta del 10 marzo. 
====  
{{vedi anche|Camera dei deputati (Italia)}} 
Fu successivamente eletto nella lista del PSI alla [[Camera dei deputati (Italia)|Camera dei deputati]] nel 1953, e poi ancora nel 1958, 1963, 1968, 1972 e nel 1976, nel collegio [[Genova]]-[[Imperia]]-[[La Spezia]]-[[Savona]], per divenire presidente prima della commissione parlamentare per gli Affari interni e poi di quella degli Affari costituzionali, e nel 1963 vicepresidente della Camera. 
==== Processo contro gli assassini mafiosi del sindacalista socialista Salvatore Carnevale ==== 
[[File:Sandro pertini con la lapide di salvatore carnevale.jpg|miniatura|sinistra|Sandro Pertini a [[Sciara]] nel 1955 in occasione dell'erezione della lapide in memoria di [[Salvatore Carnevale]] otto giorni dopo i funerali del [[sindacalista]] [[Partito Socialista Italiano|socialista]] assassinato dalla [[mafia]]]] 
Negli anni cinquanta, Pertini, assieme agli avvocati [[Partito Socialista Italiano|socialisti]] Nino Taormina e Nino Sorgi (che molte volte difese il quotidiano ''[[L'Ora]]'' da querele di politici collusi con la [[mafia]]), rappresentò la parte civile [[Francesca Serio]], madre del [[sindacalista]] socialista [[Salvatore Carnevale]], assassinato dalla mafia il 16 maggio 1955 a [[Sciara]], perché impegnato nelle lotte contadine contro il latifondismo e per la redistribuzione delle terre.<ref>Cfr. [[Carlo Lucarelli]], ''Storie di bande criminali, di mafie e di persone oneste'', [[2008]], [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]]|, capitolo ''Terra e libertà'', pp. 280-332, ISBN 978-88-06-19502-1.</ref> 
La madre di Salvatore fu la prima donna nella Sicilia degli anni 1950, con il supporto del [[Partito Socialista Italiano|PSI]] nazionale e di una grande campagna di stampa del quotidiano socialista ''[[Avanti!]]'', a rompere l'omertà mafiosa, denunciando formalmente al [[procuratore della Repubblica]] di [[Palermo]] gli assassini del figlio, con nomi e cognomi: quattro mafiosi di Sciara dipendenti della principessa [[Notarbartolo]], la proprietaria del feudo dal quale Carnevale era riuscito a far scorporare una piccola porzione di terre incolte da far assegnare ai contadini in base alla legge: l'amministratore del feudo Giorgio Panzeca, il magazziniere Antonio Mangiafridda, il sorvegliante Luigi Tardibuono e il campiere Giovanni Di Bella. 
Le indagini sull'omicidio e sui quattro nominativi denunciati dalla madre di Carnevale furono svolte dal procuratore della Repubblica di Palermo [[Pietro Scaglione]] (poi caduto anch'egli vittima della mafia): i quattro accusati furono fermati e tradotti in carcere poiché gli [[alibi]] non ressero alle verifiche e un testimone si lasciò scappare di aver visto Tardibuono sul luogo del delitto.  
Sulla base di queste indagini, si aprì un lungo iter giudiziario tra assoluzioni e condanne in vari tribunali italiani, in quanto i difensori degli [[imputati]], asserendo il grande clamore mediatico esistente sul caso a Palermo, sede naturale del processo, ottennero che lo stesso venisse trasferito, per ''legitima suspicione'', alla [[Corte d'assise]] presso il Tribunale di [[Santa Maria Capua Vetere]]. Qui il processo di primo grado iniziò il 18 marzo 1960 e si concluse il 21 dicembre 1961 con la condanna all'[[ergastolo]] di tutti e quattro gli imputati, accogliendo la ricostruzione del delitto fatta da Scaglione, Pertini, Sorgi e Taormina.<ref>{{Cita web|titolo=16 Maggio 1955 a Sciara (PA) Assassinio del sindacalista Salvatore Carnevale|cognome=Rosanna|accesso=14 maggio 2016|url=http://www.vittimemafia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=213:16-maggio-1955-a-sciara-pa-assassinio-del-sindacalista-salvatore-carnevale&catid=35:scheda&Itemid=67|urlmorto=sì|dataarchivio=10 giugno 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160610095541/http://www.vittimemafia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=213:16-maggio-1955-a-sciara-pa-assassinio-del-sindacalista-salvatore-carnevale&catid=35:scheda&Itemid=67}}</ref> 
Al collegio di parte civile si contrappose un altro futuro [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]], il democristiano [[Giovanni Leone]], difensore degli imputati. 
Francesca, che si era costituita parte civile con i suoi avvocati Pertini, Sorgi e Taormina e aveva assistito a tutte le udienze del processo come muta accusatrice degli assassini del figlio, si dichiarò soddisfatta della sentenza, poiché giustizia era stata fatta non solo per il figlio ma per tutti i caduti sotto i colpi della mafia. Ma al processo d'[[Appello (ordinamento penale italiano)|Appello]], svoltosi a [[Napoli]] dal 21 febbraio al 14 marzo 1963, e in quello di [[Corte di cassazione|Cassazione]], la sentenza fu ribaltata, assolvendo tutti gli imputati per insufficienza di prove. 
Francesca dichiarò che quella sentenza uccise il figlio una seconda volta.<ref>Lo Bianco Giuseppe, Viviano Francesco, ''La strage degli eroi. Vita e storia dei caduti nella lotta contro la mafia'', Arbor, [[1996]], ISBN 88-86325-24-X.</ref> 
==== Protesta contro il congresso neo-fascista a Genova ==== 
{{vedi anche|Fatti di Genova del 30 giugno 1960}} 
[[File:1960 DIREZIONE PSI CORONA PIERACCINI NENNI PERTINI BRODOLINI LOMBARDI JACOMETTI.jpg|miniatura|1960, Direzione PSI: da sinistra [[Achille Corona]], [[Giovanni Pieraccini]], [[Pietro Nenni]], Sandro Pertini, [[Giacomo Brodolini]], [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]] e [[Alberto Jacometti]]]] 
Pertini fu tra i politici che protestarono pubblicamente riguardo alla possibilità che si tenesse nella città di [[Genova]], nella sua [[Liguria]], il congresso del [[Movimento Sociale Italiano]], con un celebre comizio tenuto nel capoluogo genovese in Piazza della Vittoria il 28 giugno 1960:<ref>Cfr. ''28 giugno 1960. Discorso di Sandro Pertini a Genova, Piazza della Vittoria, prima dei gravi fatti del 30 giugno'' in [http://www.centropertini.org/300660.htm Centro culturale "Sandro Pertini"] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160625002657/http://www.centropertini.org/300660.htm |data=25 giugno 2016 }} di Genova.</ref> 
{{citazione|Dinanzi a queste provocazioni, dinanzi a queste discriminazioni, la folla non poteva che scendere in piazza, unita nella protesta, né potevamo noi non unirci ad essa per dire no come una volta al fascismo e difendere la memoria dei nostri morti, riaffermando i valori della Resistenza. 
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Il diffondersi della protesta portò pochi giorni dopo ai tragici fatti della [[strage di Reggio Emilia]]. 
In seguito Pertini scrisse nella presentazione di un libro:<ref> 
{{citazione| È [[Genova]] che ha riaffermato come i valori della [[Resistenza italiana|Resistenza]] costituiscano un patrimonio sacro, inalienabile della Nazione intera e che chiunque osasse calpestarli si troverebbe contro tutti gli uomini liberi, pronti a ristabilire l'antica unità al di sopra di ogni differenza ideologica e di ogni contrasto politico.}} 
Come esempio del suo attaccamento ai valori della [[Resistenza italiana|Resistenza]] e dell'[[Antifascismo in Italia|antifascismo]], va ricordato un episodio avvenuto poco dopo la [[strage di Piazza Fontana]] del 12 dicembre [[1969]], quando Pertini, divenuto nel frattempo [[Presidente della  
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[[File:Sandro Pertini62.gif| 
{{NN|politici|arg2=giornalisti|novembre 2017}} 
Politicamente fu tra coloro che non sostennero il [[centro-sinistra]] perché attraverso quell'accordo si sarebbero discriminati i [[Partito Comunista Italiano|comunisti]], mettendo fine alla collaborazione tra i due principali partiti della sinistra. Infatti, dopo la nascita della Repubblica, lavorò sempre per unire le sinistre, cioè socialisti, socialdemocratici, repubblicani e comunisti, in un solo partito. 
In questa chiave dell'unità fra i partiti della sinistra ricostruì (retrospettivamente, in una celebre intervista a [[Gianni Bisiach]]) le vicende del negoziato all'Arcivescovado di Milano che il [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLNAI]] aveva tenuto con il cardinale [[Alfredo Ildefonso Schuster|Schuster]] per la resa di [[Benito Mussolini|Mussolini]], prima del 25 aprile  
[[File:PERTINI E LOMBARDI.jpg| 
Pertini, peraltro, non costituì mai nel [[Partito Socialista Italiano|PSI]] una propria corrente e vantava rapporti travagliati (quando non pessimi) con quasi tutti gli esponenti socialisti (disse di lui il compagno di partito [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]]: «''cuore di leone, cervello di gallina''». 
====  
{{vedi anche|Elezione del Presidente della Camera del 1968|Elezione del Presidente della Camera del 1972}} 
[[File:Pertini, Saragat e Regalino (1966).png|thumb|left|Sandro Pertini, [[Giuseppe Saragat]] e il [[Sindaci di Crotone|sindaco di Crotone]] [[Salvatore Regalino]] durante la cerimonia di inaugurazione del [[monumento ai fratelli Bandiera]] avvenuta nella [[Crotone|città calabrese]] il 21 aprile 1966]] 
Dal 1963 al 1968, durante la [[IV legislatura della Repubblica Italiana|IV legislatura]], svolse il mandato di vicepresidente della Camera. 
Nella [[V legislatura della Repubblica Italiana|V]] e [[VI legislatura della Repubblica Italiana|VI legislatura]], ricoprì l'incarico di presidente della Camera dei deputati, risultando il primo uomo politico non democristiano e di sinistra a ricoprire tale incarico. 
Nel  
Durante l'[[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1971|elezione del Capo dello Stato]] del [[1971]], che si protraeva per molti scrutini senza alcun esito, da presidente del Parlamento in seduta comune vietò il controllo del voto imposto dai notabili [[Democrazia Cristiana|democristiani]], che pretendevano che i singoli parlamentari DC mostrassero la scheda bianca prima del suo deposito nell'urna: l'iniziativa, a salvaguardia della segretezza del voto, nell'immediato determinò una sollecitazione decisiva per lo scioglimento dei nodi politici che produssero l'elezione di [[Giovanni Leone]], ma a lungo termine gli guadagnò la stima dell'opinione pubblica come presidente d'Assemblea che svolgeva il suo compito in modo non notarile. 
Il 10 marzo  
Nel corso del suo mandato di presidente della Camera vennero votati dall'aula di Montecitorio numerosi importanti provvedimenti: oltre allo Statuto dei Lavoratori e alla legge sul divorzio, varati entrambi nel 1970, il 18 febbraio 1971 vi fu l'approvazione dei nuovi Regolamenti parlamentari, di cui era stato uno dei principali promotori. 
====  
{{vedi anche|sequestro Moro}} 
Nella primavera del 1978, durante il [[sequestro Moro]], Pertini, a differenza della maggioranza del Partito socialista che, a cominciare dal segretario [[Bettino Craxi]], mise in campo proposte per una "soluzione umanitaria" per ottenere la liberazione del ''leader'' democristiano, fu un sostenitore intransigente della cosiddetta «linea della fermezza» nei confronti dei sequestratori di Moro, ovvero fu per il rifiuto totale di qualsiasi ipotesi di trattativa con le [[Brigate Rosse]]. Secondo [[Antonio Mennini]] e [[Francesco Cossiga]], nei giorni in cui circolarono le [[lettere di Aldo Moro]], che avevano lo scopo di aprire una trattativa, Pertini avrebbe commentato dicendo: "''si vede che Moro non ha mai fatto la resistenza''".<ref>Francesco Cossiga, ''Guerra Fredda'', [[alle otto della sera]].</ref><ref>Audizione di monsignor Mennini alla Commissione Moro, 9 marzo 2015.</ref> 
===  
====  
{{vedi anche|Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1978|Discorso d'insediamento di Sandro Pertini}} 
[[File:Sandro Pertini Official.jpg|miniatura|Ritratto ufficiale del presidente della Repubblica Sandro Pertini<ref>{{Cita web|titolo=I Presidenti della Repubblica - Sandro Pertini|accesso=11 novembre 2023|url=https://web.archive.org/web/20231115082215/https://presidenti.quirinale.it/page/7/per-biografia.html|urlmorto=no}}</ref>]] 
[[File:Sandro Pertini6.jpg|thumb|Il [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] Sandro Pertini al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]]]] 
Le votazioni per l'elezione del settimo [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente della Repubblica]] iniziarono il 29 giugno  
Nei primi tre scrutini la [[Democrazia Cristiana|DC]] optò per la candidatura di [[Guido Gonella]] e il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] votò in modo pressoché unanime il proprio candidato, [[Giorgio Amendola]], mentre l'ala parlamentare socialista concentrò i propri voti su [[Pietro Nenni]]. Fino al 13º scrutinio il PCI mantenne la candidatura di Amendola senza trovare consensi; a partire dal quarto scrutinio, democristiani, socialisti, socialdemocratici e repubblicani decisero di astenersi.<ref>Era comunque già presente un ridotto pacchetto di mischia sempre manifestatosi per Pertini: v. Giampiero Buonomo, [https://www.academia.edu/19059487/Il_pacchetto_di_mischia_nelle_nomine_a_scrutinio_segreto Il rugby e l'immortalità del nome, in ''L'Ago e il filo online'', 30 gennaio 2015].</ref> 
Il 2 luglio il segretario del [[Partito Socialista Italiano|PSI]] [[Bettino Craxi]] propose la candidatura ufficiale di 
{{Citazione|[...] figura eminente della democrazia repubblicana, la cui vita politica si è sempre identificata con lotte per la libertà e per la emancipazione sociale delle classi lavoratrici del Paese.}} 
Pertini, dal canto suo, non intendendo essere il candidato delle sole forze di sinistra, inviò una lettera a Craxi<ref name=panorama/> con la quale sottolineava che la sua candidatura doveva essere intesa come {{Citazione|[...] espressione di tutto  
La proposta del segretario socialista era chiara ed era rivolta in primo luogo alla DC, in quanto: «Dopo Leone, la DC deve passare la mano almeno per i sette anni di presidenza e noi poniamo la candidatura di un socialista al Quirinale».<ref name=panorama/> 
I democristiani risposero di indicare un nome del partito di maggioranza relativa. 
Il 3 luglio i [[Partito Repubblicano Italiano|repubblicani]] candidarono [[Ugo La Malfa]], senza successo. Il 3 luglio Craxi tornò alla carica con la DC per un presidente socialista, indicando altri due nomi: [[Antonio Giolitti]] e [[Giuliano Vassalli]]. 
[[File:Sandro Pertini5.jpg|miniatura|Sandro Pertini al [[Palazzo del Quirinale|Quirinale]]]] 
Solo dopo quindici scrutini andati a vuoto, di cui dodici con la maggioranza dei parlamentari che si astennero o votarono scheda bianca, la pressione dell'opinione pubblica spinse il segretario della DC [[Benigno Zaccagnini]] ad accettare la candidatura di Pertini.<ref name=panorama/> Sul suo nome si accodarono anche gli altri partiti del cosiddetto "fronte costituzionale" (PCI-PSDI-PRI e PLI) e Pertini risultò eletto l'8 luglio 1978, al 16º scrutinio, con 832 voti su 995, corrispondenti all'82,3%, la più larga maggioranza della [[Storia dell'Italia|storia repubblicana]]. 
Il giorno prima, venerdì 7 luglio, Pertini aveva acquistato un biglietto aereo per recarsi in Francia, dove si trovava la moglie, con la quale intendeva trascorrere il fine settimana in quanto riteneva che la questione dell'elezione presidenziale non lo riguardasse più.<ref name=panorama/> 
Il presidente neoeletto prestò giuramento il 9 luglio successivo. Dopo aver [[Giuramento del Presidente della Repubblica Italiana|giurato]], nel suo discorso d'insediamento<ref name= wikisource/> Pertini ricordò come "luminosi esempi" per la sua formazione politica i nomi di [[Giacomo Matteotti]], di [[Giovanni Amendola]], di [[Piero Gobetti]], di [[Carlo Rosselli]], di [[don Giovanni Minzoni]] e di [[Antonio Gramsci]], suo indimenticabile compagno di carcere. 
Sottolineò quindi la necessità di porre fine alle violenze del [[Terrorismo italiano dal 1945 a oggi|terrorismo]] ricordando, tra l'altro, la tragica scomparsa di [[Aldo Moro]]. 
Nel suo primo discorso da Presidente della Repubblica Pertini volle ricordare anche il valore del lavoro. "Bisogna sia assicurato il lavoro ad ogni cittadino. La disoccupazione - disse Pertini in quella occasione - è un male tremendo che porta anche alla disperazione. Questo, chi vi parla, può dire per personale esperienza acquisita quando in esilio ha dovuto fare l'operaio per vivere onestamente. La disoccupazione giovanile deve soprattutto preoccuparci, se non vogliamo che migliaia di giovani, privi di lavoro, diventino degli emarginati nella società, vadano alla deriva e, disperati, si facciano strumenti dei violenti o diventino succubi di corruttori senza scrupoli". 
[[File:Sandro Pertini con governo.jpg|miniatura|Sandro Pertini con il [[Governo Forlani|governo]] presieduto da [[Arnaldo Forlani]]]] 
La sua elezione apparve subito un importante segno di cambiamento nella scena politica italiana, grazie al carisma e alla fiducia che esprimeva la sua figura di eroico combattente antifascista e padre fondatore della Repubblica, in un Paese ancora scosso dalla vicenda del [[sequestro Moro]]. 
====  
{{vedi anche|Governo Parri|Governo Forlani|Governo Craxi I}} 
Pertini fu il primo presidente della Repubblica a conferire l'incarico di formare il governo a una personalità non democristiana (l'unico governo post-fascista guidato da un non democristiano, il [[governo Parri]], era stato insediato ancora sotto la monarchia, dal [[Luogotenenza del regno#Umberto II|luogotenente generale del regno]] [[Umberto II di Savoia]]). 
Nel  
e  
Nel  
[[File:Giuramento del 1°governo Craxi il 4 agosto 1983.JPG| 
Nel  
Pertini spesso non condivise gli atteggiamenti craxiani, come nel caso del XLIII Congresso del PSI a [[Verona]], il 15 maggio  
=== Nomine presidenziali === 
[[File:Sandro Pertini3.jpg| 
;''Governi:'' 
''[[VII legislatura della Repubblica Italiana|VII legislatura]] (1976-1979)'' 
* prosecuzione del [[Governo Andreotti IV]] fino al 20 marzo  
* [[Governo Andreotti V|Andreotti V]], 20 marzo 1979 
Riga 722 ⟶ 737: 
* [[Norberto Bobbio]], 18 luglio 1984 
Con queste nomine i senatori a vita diventarono complessivamente sette. Secondo l'interpretazione di Pertini, infatti, l'art. 59 della Costituzione non intenderebbe limitare a cinque il numero di senatori a vita che possono sedere in Parlamento, ma permettere a ''ogni''  
=== Senatore a vita === 
[[File:PERTINI BONINO2.jpg| 
Il 29 giugno  
Al termine del mandato presidenziale divenne, come previsto dalla Costituzione, [[Senatore a vita (ordinamento italiano)#Senatori di diritto e a vita .28Presidenti emeriti della Repubblica.29|senatore a vita di diritto]], e si iscrisse al Gruppo del PSI al [[Senato della Repubblica Italiana|Senato]].<ref> 
Come senatore a vita Pertini non svolse attività politica 
Durante e dopo il periodo presidenziale non rinnovò la tessera del [[Partito Socialista Italiano|Partito Socialista]], al fine di presentarsi al di sopra delle parti, pur senza rinnegare il suo essere socialista; del resto, anche durante il mandato aveva difeso la bandiera del socialismo italiano, intervenendo con un commento autorizzato nella cosiddetta "''[[lite delle comari]]''" del [[Governo Spadolini II|governo Spadolini]]. 
Indipendente dal ruolo istituzionale che aveva ricoperto e legato piuttosto a un senso di reciproca lealtà democratica appare invece l'episodio che lo vide, nel  
Il 23 marzo  
Pertini in seguito si rimise completamente, al punto che il 2 luglio dello stesso anno, in qualità di senatore più anziano in carica, si trovò a presiedere l'Aula di Palazzo Madama in occasione dell'[[Elezione del Presidente del Senato del 1987 (seconda)| 
=== Morte === 
Sandro Pertini si spense la sera del 24 febbraio 1990, all'età di 93 anni,<ref>''Pertini: Voice of Italy''. J. W., [[Financial Times|The Financial Times]] (London, England), lunedì 26 febbraio 1990; pg. 4; Edition 31,084.</ref> per una complicazione in seguito a una caduta di pochi giorni prima, nel suo appartamento privato di Roma, una mansarda affacciata sulla [[Fontana di Trevi]].<ref>{{cita web | titolo = Roma, 300 euro al mese per vivere a Fontana di Trevi: lo scandalo senza fine dell’affittopoli capitolina | data = 29 marzo 2017 | url = http://www.linkiesta.it/it/article/2017/03/29/roma-300-euro-al-mese-per-vivere-a-fontana-di-trevi-lo-scandalo-senza-/33673/ | urlmorto = sì | accesso = 14 marzo 2020 | dataarchivio = 22 novembre 2017 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20171122153724/http://www.linkiesta.it/it/article/2017/03/29/roma-300-euro-al-mese-per-vivere-a-fontana-di-trevi-lo-scandalo-senza-/33673/ }}</ref><ref>{{cita web | autore = Antonella Ambrosioni | titolo = “Questa è la sinistra italiana”: la storia che non vi hanno mai raccontato | data =  | url = https://www.secoloditalia.it/2015/05/questa-sinistra-italiana-storia-non-vi-mai-raccontato/ | urlmorto = sì | accesso = 14 marzo 2020 | dataarchivio = 28 settembre 2020 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20200928060539/https://www.secoloditalia.it/2015/05/questa-sinistra-italiana-storia-non-vi-mai-raccontato/ }}</ref> Per suo espresso desiderio, non vi furono esequie pubbliche e l'unico esponente delle istituzioni ammesso al suo capezzale fu il presidente della Repubblica in carica [[Francesco Cossiga]]. La salma fu cremata al [[cimitero di Prima Porta]] e le ceneri tumulate nella tomba di famiglia, presso il camposanto del suo paese natale, [[Stella San Giovanni]]. 
Pertini, nonostante si  
== Abitazione == 
Nel 1978, al momento dell'elezione come presidente della Repubblica, Sandro Pertini e la moglie [[Carla Voltolina]] non si trasferirono al [[Palazzo del Quirinale]], bensì in un appartamento mansardato situato nell'ottocentesco [[Palazzo Castellani (Roma)|Palazzo Castellani]], ubicato al quarto piano del civico 86 di Piazza della Fontana di Trevi. L'immobile era proprietà del Comune di Roma e fu concesso alla coppia con un regolare contratto di locazione. All'epoca il sindaco di Roma era [[Giulio Carlo Argan]].<ref name=":0">{{Cita web|url=https://www.agi.it/cronaca/news/2025-07-02/casa-pertini-voltolina-a-roma-apre-al-pubblico-32156248/|titolo=Riapre Casa Pertini Voltolina}}</ref><ref name=":1">{{Cita web|url=https://roma.repubblica.it/cronaca/2025/07/17/video/tutti_i_ricordi_del_presidente_a_roma_riapre_la_casa_di_pertini_-_voltolina-424736476/|titolo=Riapre Casa Pertini Voltolina}}</ref> 
L'appartamento in Piazza Fontana di Trevi, dove Pertini morì nel 1990 e dove la moglie Carla continuò a risiedere fino alla morte, sopraggiunta nel 2005, funse poi da sede della [[#La_Fondazione_Sandro_Pertini|Fondazione Pertini]] e non fu più affittato sino al 18 aprile 2011, quando [[Umberto Voltolina]], cognato di Pertini, restituì la casa a [[Roma Capitale]].<ref>{{cita news|titolo=La casa di Pertini di Fontana di Trevi torna al Comune: «Non sarà museo»|pubblicazione=Corriere della Sera|giorno=18|mese=4|anno=2011|accesso=22 febbraio 2014|url=http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/11_aprile_18/casa-pertini-comune-190459303120.shtml|urlmorto=sì|dataarchivio=27 febbraio 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140227130957/http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/11_aprile_18/casa-pertini-comune-190459303120.shtml}}</ref><ref>{{cita web | autore = Monica Rubino | titolo = La casa romana di Pertini, una petizione per trasformarla in museo | via = [https://archive.is/20200314210247/https://www.repubblica.it/politica/2016/04/26/news/sandro_pertini_casa_romana_petizione_museo-138482415/?refresh_ce archive.is] | url = https://www.repubblica.it/politica/2016/04/26/news/sandro_pertini_casa_romana_petizione_museo-138482415/ | urlmorto = sì | accesso = 14 marzo 2020 | dataarchivio = 27 dicembre 2019 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20191227140544/https://www.repubblica.it/politica/2016/04/26/news/sandro_pertini_casa_romana_petizione_museo-138482415/ }}</ref> Nel 2025 il Comune di Roma, dopo venti anni di abbandono e inutilizzo, ha deciso di aprire la casa al pubblico affidandone il restauro e la gestione all'ente Stati Generali del Patrimonio Italiano.<ref>{{Cita web|url=https://www.comune.roma.it/web-resources/cms/documents/CASA_PERTINI.pdf|titolo=Il Comune di Roma riapre Casa Pertini Voltolina}}</ref><ref name=":0" /><ref name=":1" /> 
== Lo "stile Pertini" == 
[[File:Sandro Pertini1.jpg| 
Il suo modo di intervenire direttamente nella vita politica del Paese rappresentò una novità per il ruolo di  
Grazie all'indubbio prestigio di cui godeva, soprattutto tra i cittadini, fu in genere difficile per i vari esponenti politici non recepire, seppur spesso controvoglia, le sue incursioni. Questo modo di fare 
== Il pensiero politico di Pertini == 
{{Citazione|[...] Non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà [...]<br /> 
L'Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame. Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello a tutti i popoli della Terra [...]|dal discorso di insediamento di Sandro Pertini a  
Il pensiero politico di Pertini può essere efficacemente espresso da alcune frasi tratte da una sua intervista: 
{{Citazione|''Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. [...] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero. [...]''|{{cita web|autore=Sandro Pertini|url=http://www.pertini.it/cesp/video/socialismo2.wmv|titolo=Intervista|editore=CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini|accesso=2 agosto 2008}}<ref>Vedi anche {{cita web|titolo=Video|editore=CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini|accesso=2 agosto 2008|url=http://pertini.it/cesp/p_video.htm|urlmorto=sì|dataarchivio=24 gennaio 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090124213333/http://pertini.it/cesp/p_video.htm}}</ref>}} 
La sua personalità era intrisa dei princìpi che avevano ispirato la democrazia parlamentare e repubblicana, nata dall'esperienza della [[Resistenza Italiana|Resistenza partigiana]] 
{{Citazione|''Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica [...] il fascismo è l'antitesi di tutte le fedi politiche [...], perché opprime le fedi altrui''.<ref>[http://www.pertini.it/cesp/video/tolleranza.wmv CESP - Video] Intervista</ref>}} 
{{citazione|''Con i fascisti non si discute. Con ogni mezzo li si combatte. Il fascismo non è fede politica, come per la resistenza li ho combattuti e li combatterò sempre''.<ref> 
Durante la sua presidenza della Repubblica, caratterizzata da importanti viaggi nei Paesi alleati,<ref>Rupert Cornwell. ''Pertini Visit Will Boost Italian-U. S. Relations''. The Financial Times (London, England),  
Il 16 ottobre  
== Riferimenti nella cultura di massa == 
[[File:Sandro Pertini e sindacati.jpg|upright=1.4| 
{{Citazione|Amici carissimi, non fate solo domande pertinenti, ma anche impertinenti: io mi chiamo Pertini...}} 
La sua costante e reattiva presenza nei momenti cruciali della vita pubblica italiana, nelle situazioni piacevoli come nei momenti difficili, è stata probabilmente uno dei motivi della sua grande popolarità. Spesso è stato definito come il "presidente più amato dagli italiani",<ref name= Altichieri /><ref name= Spina /><ref name=Schiavi/> 
=== La presenza allo stadio per la finale dei Campionati mondiali di calcio del 1982 === 
[[File: 
* Le immagini della sua esultanza allo [[Stadio Santiago Bernabéu]] di [[Madrid]] per la vittoria ai [[Campionato mondiale di calcio 1982|Campionati del mondo di Calcio del 1982]] ( 
=== La denuncia dei ritardi nei soccorsi ai terremotati dell'Irpinia === 
* In seguito al [[Terremoto dell'Irpinia del 1980|terremoto in Irpinia]] del 23 novembre  
=== La denuncia del ruolo della criminalità organizzata === 
{{Approfondimento 
|larghezza = 280px 
|titolo = Pertini e la Liguria 
|contenuto = <br />[[File:Sandro Pertini14.jpg| 
Sandro Pertini rimase sempre legato alla sua terra d'origine, la [[Liguria]]. Nonostante i suoi impegni, specie nel periodo della presidenza della Camera, si recò spesso in visita non solo nei luoghi in cui era nato o aveva vissuto da giovane ma anche in altre città della [[riviera ligure]] e dell'entroterra, spesso palesando il suo imbarazzo per il trambusto che la sua presenza comportava nei luoghi in cui sostava, con il vistoso  
}} *  
{{Citazione|Vi sono altri mali che tormentano il popolo italiano: la camorra e la mafia. Quello che sta succedendo in Sicilia veramente ci fa inorridire. Vi sono morti quasi ogni giorno. Bisogna stare attenti a quello che avviene in Sicilia e in Calabria e che avviene anche con la camorra a Napoli. Bisogna fare attenzione a non confondere il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano con la camorra o con la mafia. Sono una minoranza i mafiosi. E sono una minoranza anche i camorristi a Napoli.<br /> 
Prova ne sia questo: quando è stato assassinato Pio La Torre, vi era tutta Palermo intorno al suo feretro. Quando è stato assassinato il generale Dalla Chiesa, con la sua dolce, soave compagna, che è stata più volte qui a trovarmi, proprio in questo studio, tutta Palermo si è stretta intorno ai due feretri per protestare.<br />Quindi il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano sono contro la camorra e contro la mafia.<ref>[http://www.quirinale.it/ex_presidenti/Pertini/mess_fineanno/pertini_m1982.htm www.quirinale.it] Sandro Pertini, Messaggio di fine anno agli italiani, Palazzo del Quirinale 31 dicembre [[1982]].</ref>}} 
* Nel  
{{Citazione|Ci preoccupa quello che si verifica con la mafia in Sicilia, la camorra nel napoletano e la 'ndrangheta – non so mai pronunciare bene questa parola – in Calabria. Però io qui mi permetto di fare questa osservazione.<br /> 
Il popolo siciliano non deve essere confuso con la mafia. Il popolo siciliano è un popolo forte, popolo che ben conosco, perché negli anni passati, quando ero propagandista del mio partito, ho girato in lungo e in largo la Sicilia. Li ho conosciuti nella prima guerra mondiale i giovani siciliani, con il loro coraggio e la loro fierezza.<br /> 
Riga 805 ⟶ 820: 
Ebbene, con il bisturi, polizia, forze dell'ordine, governo debbono sradicare questo bubbone e gettarlo via, perché il popolo siciliano possa vivere in pace. Così si dica della 'ndrangheta in Calabria.<br /> 
Io ho girato in lungo e largo la Calabria. Se vi è un popolo generoso, buono, pronto, desideroso di lavorare e di trarre dal suo lavoro il necessario per poter vivere dignitosamente, è il popolo calabrese.<br /> 
Così il popolo napoletano con la camorra. Anche qui sono una minoranza i camorristi. Parlano troppo di quello che è in carcere, capo-mafia. Quello si sente un eroe. I giornali ne parlano tutti i giorni ed è chiaro che entra il giornale in carcere e lui si sente un eroe, questo sciagurato. Ma il popolo napoletano non può essere confuso con la camorra.<ref>[http://www.quirinale.it/ex_presidenti/Pertini/mess_fineanno/pertini_m1982.htm www.quirinale.it] Sandro Pertini, Messaggio di fine anno agli italiani, Palazzo del Quirinale 31 dicembre [[1983]].</ref>}} 
=== Il bacio alla bandiera === 
* Pertini introdusse il rito del "bacio alla bandiera" tricolore, che sarebbe divenuto usuale anche per i suoi successori. Non solo, ma in occasione delle sue visite ufficiali all'estero estese il rito del bacio anche alle bandiere dei Paesi ospiti. 
*  
=== La partecipazione ai funerali di Stato === 
[[File:Sandro Pertini funerale Berlinguer.jpg| 
* 
* * Pertini partecipò commosso anche ai funerali del [[Egitto|presidente egiziano]] [[Anwar al-Sadat]], assassinato ad opera della [[Jihād islamica egiziana|Jihād islamica]], camminando in mezzo alla folla al seguito del feretro lungo tutto il percorso del corteo funebre e ricordandolo durante il discorso di fine anno nel  
{{Citazione|Siamo preoccupati, noi abbiamo assistito ai funerali del Presidente Sadat assassinato dai fanatici. Stava operando per la pace nel suo Paese e fra [[Israele]] e il Mondo Arabo. Ebbene noi abbiamo assistito a quei funerali; vi abbiamo assistito con un animo colmo di angoscia. Sono situazioni che riguardano tutti noi, non possono essere circoscritte al popolo e alle Nazioni in cui si svolgono, riguardano ognuno di noi, ogni uomo che ama la libertà e ogni uomo che ha a cuore la pace.<ref>[https://web.archive.org/web/20060513095015/http://www.quirinale.it/ex_presidenti/Pertini/mess_fineanno/pertini_m1981.htm www.quirinale.it] Sandro Pertini, Messaggio di fine anno agli italiani, Palazzo del Quirinale 31 dicembre [[1981]].</ref>}} 
* Nel maggio del 1980 partecipò in veste ufficiale ai funerali di [[Josip Broz Tito]], presidente della [[Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia]], assieme a decine di altri capi di Stato; poco tempo dopo alcuni esponenti politici di [[Destra (politica)|destra]] sostennero che baciò la [[bandiera della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|bandiera]] che avvolgeva la bara del dittatore jugoslavo. Alcuni ambienti ritennero tale presunto gesto offensivo nei confronti della comunità giuliano-dalmata vittima dei [[massacri delle foibe]] e dell'[[esodo istriano]]<ref>{{cita libro|nome=Giuseppe|cognome=Dicuonzo|titolo=Nato in rifugio. Il polesano di Barletta|url=http://books.google.it/books?id=1v0kBu498AQC&printsec=frontcover&source=gbs_summary_r&cad=0#PPA54,M1|accesso=20 marzo 2009|data=2008|editore=Editrice UNI Service|isbn=88-6178-239-6|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110520143354/http://books.google.it/books?id=1v0kBu498AQC&printsec=frontcover&source=gbs_summary_r&cad=0#PPA54,M1}} p. 54.</ref><ref>{{cita news|autore=Paolo Granzotto|titolo=La mattanza delle foibe e le amnesie di Pertini|pubblicazione=Il Giornale|giorno=15|mese=2|anno=2008|accesso=23 maggio 2008|url=http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2082&Itemid=144|urlmorto=sì|dataarchivio=22 luglio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722023648/http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2082&Itemid=144}} Articolo riportato sul sito dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.</ref>. In realtà si tratta di una 'bufala' politica, in quanto il Presidente si limitò ad appoggiare un braccio sopra la bara<ref>https://www.youtube.com/watch?v=uZD5UHxx_84 , minuto 7.04</ref>, come fecero anche molti altri capi di Stato o rappresentanti della politica internazionale<ref>{{cita web|url=https://books.google.it/books?id=oN6GDwAAQBAJ&pg=PA34&lpg=PA34&dq=pertini+bara+tito&source=bl&ots=ykIoslvK8Z&sig=ACfU3U2lx_y8P7k4Rre3PZX_ZEax1ZC58Q&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiGyu-bm-vnAhUMCuwKHY90Ctg4ChDoATAEegQIChAB#v=onepage&q=pertini%20bara%20tito&f=false|autore=Antonio Giangrande|titolo=Profughi, foibe, comunismo e omertà|accesso = 24 febbraio 2020}}</ref>. 
* Pertini fu particolarmente partecipe nella vicenda della scomparsa di [[Enrico Berlinguer]]. Trovandosi a [[Padova]] per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni del leader comunista. Poche ore dopo il decesso impose di trasportarne la salma sull'aereo presidenziale, dicendo: «Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta». Durante le esequie in [[Basilica di San Giovanni in Laterano#Piazza di San Giovanni in Laterano|piazza S. Giovanni]] il 13 giugno 1984, [[Nilde Iotti]], dal palco delle autorità, ringraziò pubblicamente Pertini, scatenando un commovente applauso della folla partecipante (che, subito dopo, tributò fischi e contestazioni al presidente del Consiglio [[Bettino Craxi]] e agli esponenti di governo presenti<ref>[[Gennaro Acquaviva]], che era presente, ha ricordato che Craxi: «La prese male. "Non lo accetto", sbottò. "In mezzo a loro ci sono tanti nostri compagni e io considero questa gente la mia gente!". Cfr. [[Marcello Sorgi]], ''PCI-PSI, c'eravamo tanto odiati'', [http://www.lastampa.it/2010/11/17/cultura/pci-psi-c-eravamo-tanto-odiati-ps275rW0Bic2gP8IZLodaN/pagina.html ''La Stampa'' del 17 novembre 2010]</ref>). 
=== Altre peculiari posizioni === 
[[File:Targa Pertini Fontana di Trevi.JPG| 
[[File:Sandro Pertini con Giovanni Paolo II 2.jpg| 
* Prima della sua elezione nel  
* Pertini fu tra i presidenti che scelsero di non abitare stabilmente nel [[Palazzo del Quirinale]] 
* Pertini non  
* Era solito trascorrere le sue vacanze estive a [[Selva di Val Gardena]], alloggiando nella locale caserma dei  
=== Comportamenti che suscitarono polemiche === 
* Tra i primi provvedimenti da capo dello Stato ci fu quello di concedere la [[Grazia (diritto)|grazia]], nonostante l'assenza di pentimento da parte dell'interessato e il parere contrario della Procura di [[Trieste]],<ref>{{cita news 
* Nel febbraio  
* Il giornalista [[Indro Montanelli]], in un articolo pubblicato sul ''[[Corriere della Sera]]'' del 27 ottobre  
* Altri giudizi molto critici su Pertini furono espressi dallo scrittore e giornalista di destra [[Marcello Veneziani]]<ref name= Veneziani />. 
===  
[[File:Sandro Pertini e Eduardo De Filippo.jpg| 
* Nel film del  
* ''Ci sarà un giorno (Il giovane Pertini)'' di [[Franco Rossi (regista)|Franco Rossi]] è un film del 1993 che racconta la vita di Pertini (interpretato da [[Maurizio Crozza]]) nel quinquennio 1925-1930. Prodotto dalla [[RAI - Radiotelevisione Italiana|RAI]], è stato trasmesso solo nel 2010 a causa dell'opposizione della moglie.<ref> 
* La sua popolarità fece sì che diventasse spesso anche oggetto di attenzione da parte del mondo dello spettacolo: nel cabaret televisivo degli [[anni 1980|anni ottanta]], vi sono stati almeno due noti imitatori di Sandro Pertini: [[Alfredo Papa]] e [[Massimo Lopez]]. Il primo doppiava il pupazzo ''Sandrino'' che interloquiva con [[Lino Toffolo]] nel varietà di [[Canale 5]] ''[[Risatissima]]''. Il secondo imitava Pertini in prima persona, particolarmente negli ''sketch'' del ''[[Il Trio|Trio]]'' (Lopez, [[Anna Marchesini|Marchesini]], [[Tullio Solenghi|Solenghi]]) per l'edizione  
* Pertini è il presidente che il cantautore romano [[Antonello Venditti]] cita nella canzone ''Sotto la pioggia'', scritta nel  
{{Citazione|... Il Presidente dietro i vetri un po' appannati fuma la pipa, il Presidente pensa solo agli operai, sotto la pioggia...}} 
* Pertini è citato nella canzone ''[[L'italiano/Sarà|L'Italiano]]'', presentata da [[Toto Cutugno]] al [[ 
* Pertini è stato protagonista di una striscia a [[fumetto|fumetti]] (''Pertini'', o ''Pertini Partigiano'') disegnata da [[Andrea Pazienza]] e pubblicata su varie testate storiche della [[satira]] italiana, tra cui ''[[Il Male]]'', ''[[Cannibale (rivista)|Cannibale]]'', ''[[Frigidaire (rivista)|Frigidaire]]'' e successivamente ''[[Cuore (periodico)|Cuore]]''. Le strisce e il materiale prodotto sono in seguito state pubblicate in volume da Primo Carnera Editore nel  
* Pertini è protagonista  
* Pertini è tra i personaggi principali di ''[[La macchina del vento]]'' (Einaudi, 2019), romanzo di [[Wu Ming 1]] ambientato sull'[[Ventotene (isola)|isola di Ventotene]] tra il 1939 e il 1943. 
* Pertini viene interpretato dall'attore [[Massimo Dapporto]] nella miniserie televisiva del [[2021]] ''[[Alfredino - Una storia italiana]]'', di [[Marco Pontecorvo]], dedicata alla [[Incidente di Vermicino|tragedia di Vermicino]]. 
* Pertini, interpretato dall'attore [[Rolando Ravello]], è uno dei personaggi del film del 2022 ''[[C'era una volta il crimine]]'', diretto da [[Massimiliano Bruno]]. Tale film contiene un anacronismo, in quanto egli è rappresentato come il capo di una brigata partigiana sugli [[Appennini]] nei giorni che precedono l'8 settembre 1943, nei quali invece si trovava a Roma. 
== Opere == 
* ''La fuga di Filippo Turati'', in ''Trent'anni di storia italiana, 1915-1945. Dall'antifascismo alla Resistenza'', Torino, Einaudi, 1961. 
* ''Quei giorni della liberazione di Firenze. ...e la Martinella suonò...'', a cura di G. Errera, Firenze, Le Monnier, 1983. ISBN 88-00-85598-9; Firenze, Pugliese, 2006. ISBN 88-86974-34-5. 
* ''Pertini racconta. Storia di un uomo e del suo mito'', Milano, Garzanti, 1984. 
* ''La mia Repubblica'', a cura di G. Spadolini, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 1990. 
* ''Scritti e discorsi di Sandro Pertini'', 2 voll., a cura di S. Neri Serneri, A. Casali, G. Errera, Roma, Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, 1992. 
* ''Sandro Pertini, combattente per la libertà'', a cura di S. Caretti e M. Degl'Innocenti, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 1996. 
* ''Sandro Pertini. Carteggio: 1924-1930'', a cura di S. Caretti, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2005. ISBN 88-88546-55-3. 
* ''Discorsi parlamentari 1945-1976'', a cura di M. Arnofi, Roma-Bari, Laterza, 2006. ISBN 88-420-7871-9. 
* ''Sandro Pertini. Lettere dal carcere: 1931-1935'', a cura di S. Caretti, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2006. ISBN 88-89506-19-9. 
* ''Sandro Pertini. Dal confino alla Resistenza. Lettere 1935-1945'', a cura di S. Caretti, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2007. ISBN 978-88-89506-13-4. 
* ''Sandro Pertini. Dal delitto Matteotti alla Costituente. Scritti e discorsi, 1924-1946'', a cura di S. Caretti, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2008. ISBN 978-88-89506-63-9. 
* ''Sandro Pertini. Anni di guerra fredda. Scritti e discorsi: 1947-1949'', a cura di S. Caretti, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2010. ISBN 978-88-89506-91-2. 
* ''Sandro Pertini. La stagione del frontismo. Scritti e discorsi: 1949-1953'', a cura di S. Caretti, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2015. ISBN 978-88- 
* ''Sandro Pertini. L'autunno del centrismo e l'alternativa socialista. Scritti e discorsi: 1953-1958'', a cura di S. Caretti, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2016. ISBN 978-88- 
* ''Bibliografia degli scritti e discorsi di Sandro Pertini, 1924-2008'', a cura di A. Gandolfo, Savona, Provincia, 2008. 
* ''Gli uomini per essere liberi'', a cura di P. Pierri, Torino, ADD, 2012. ISBN 978-88-96873-47-2. 
* ''Gli Impertinenti, il viaggio di Sandro e Carla Pertini, per l'Italia di oggi'', a cura di E. Cuccodoro, Maglie-Lecce, Edizioni Voilier, 2018. 
*''Anima socialista. Nenni e Pertini in un carteggio inedito (1927-1979)'', a cura di A. Tedesco e di A. Giacone, Roma, Arcadia, 2020. ISBN 978-88-3210-416-5 
== Onorificenze == 
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|nome_onorificenza=Medaglia d'oro al valor militare 
|collegamento_onorificenza=Valor militare 
|motivazione=''Animatore instancabile della lotta per la libertà d'Italia, dopo 15 anni trascorsi tra carcere e confino, l'8 settembre 1943 si poneva alla testa degli ardimentosi civili che a fianco con i soldati dell'esercito regolare contrastarono tenacemente l'ingresso alle truppe tedesche nella Capitale. Membro della giunta militare del C.L.N. centrale, creava una delle maggiori formazioni partigiane operanti sui piano nazionale. Arrestato e individuato quale capo dell'organizzazione militare clandestina, sottoposto a duri ed estenuanti interrogatori  
|luogo=Roma, Firenze, Milano, 8 settembre 1943 - 25 aprile 1945.<ref>[http://www.quirinale.it/onorificenze/DettaglioDecorato.asp?idprogressivo=14653&iddecorato=14233 www.quirinale.it] Assegnazione onorificenze</ref> 
}} 
Riga 915 ⟶ 934: 
|luogo=Descia - M. Cavallo - Jelenick, 21-22-23 agosto 1917<ref>[http://www.pertini.it/cesp/doc_06.htm CESP - Documenti] La medaglia al valore</ref> 
}} 
Ebbe tale decorazione per aver guidato, nell'agosto del  
Pertini seppe del conferimento solo quando divenne  
{{Onorificenze 
|immagine=1GMx4.png 
Riga 940 ⟶ 959: 
|collegamento_onorificenza = Medaglia ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte 
|motivazione =  
|luogo = 10 luglio  
}} 
{{Onorificenze 
|immagine = 1020px ribbon bar of Italian tricolour.svg 
|nome_onorificenza = Medaglia Commemorativa della Consulta Nazionale 
|collegamento_onorificenza = Medaglia Commemorativa della Consulta Nazionale 
|motivazione = 
|data = [[Roma]], 17 luglio [[1946]] 
}} 
{{Onorificenze 
|immagine = 1020px ribbon bar of Italian tricolour.svg 
|nome_onorificenza = Medaglia d'Oro Commemorativa del Ventennale della Consulta Nazionale 
|collegamento_onorificenza = Medaglia d'Oro Commemorativa del Ventennale della Consulta Nazionale 
|motivazione = 
|data = [[Roma]], 5 maggio [[1966]] 
}} 
=== Onorificenze straniere === 
{{Onorificenze 
|nome_onorificenza = Collare dell'Ordine di Carlo III (Spagna) 
|immagine = Order_of_Charles_III_-_Sash_of_Collar.svg 
|collegamento_onorificenza = Ordine di  
|data = 26 maggio 1980<ref>{{Cita web |titolo=Real Decreto 3210/1980, de 26 de mayo, por el que se concede el Collar de la Real y Muy Distinguida Orden de Carlos IIII al excelentísimo señor Sandro Pertini, Presidente de la República Italiana. |lingua=es |accesso=21 aprile 2024 |url=https://boe.es/buscar/doc.php?id=BOE-A-1981-21170 |urlmorto=sì |dataarchivio=21 gennaio 2022 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220121152134/https://boe.es/buscar/doc.php?id=BOE-A-1981-21170 }}</ref> 
}}{{Onorificenze 
|immagine = PRT Order of Saint James of the Sword - Grand Collar BAR.png 
|nome_onorificenza = Gran Collare dell'Ordine di San Giacomo della Spada (Portogallo) 
|collegamento_onorificenza = Ordine di San Giacomo della Spada 
|motivazione =  
|data = 17 novembre 1980 
}} 
{{Onorificenze 
|immagine = Order of the Bath (ribbon).svg 
|nome_onorificenza = Cavaliere di Gran Croce  
|collegamento_onorificenza = Ordine del Bagno 
|motivazione =  
|data = 14 ottobre  
}} 
{{Onorificenze 
|immagine = USA_-_DOS_Distinguished_Service_Award.png 
|nome_onorificenza = Premio Quattro Libertà (Stati Uniti d'America) 
|collegamento_onorificenza = Premio Quattro Libertà (Stati Uniti d'America) 
|motivazione =  
|data = 1986<ref>{{Cita web |titolo=Four Freedoms Award |accesso=6 giugno 2022 |url=https://rooseveltinstitute.org/event/franklin-d-roosevelt-four-freedoms-awards/ |urlmorto=sì |dataarchivio=18 settembre 2020 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200918040053/https://rooseveltinstitute.org/event/franklin-d-roosevelt-four-freedoms-awards/ }}</ref><ref>{{Cita web |titolo=Four Freedoms Award |accesso=6 giugno 2022 |url=https://www.fourfreedoms.nl/en/awards/laureaten-1/year:1986/award:international-four-freedoms-award/laureates:alessandro-pertini.htm |urlmorto=sì |dataarchivio=6 giugno 2022 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220606022435/https://www.fourfreedoms.nl/en/awards/laureaten-1/year:1986/award:international-four-freedoms-award/laureates:alessandro-pertini.htm }}</ref> 
}} 
== Monumenti e infrastrutture dedicate a Pertini == 
[[File:Monumento a Sandro Pertini  
Il primo monumento dedicato a Sandro Pertini fu inaugurato poco dopo la sua morte, nel  
A Stella, dove nacque e dove è sepolto, è stato collocato un suo busto davanti alla sede comunale e una statua a grandezza naturale presso la casa natale. Un modellino della statua è stato donato all'[[Presidente della Commissione europea|Ufficio di Presidenza della Commissione Europea]] per mantenere alto il ricordo del presidente.<ref>{{Cita web|titolo=Bruxelles, la statua del Presidente più amato dagli italiani Sandro Pertini in Parlamento Europeo|sito=Savonanews.it|data=2023-11-28|accesso=2023-12-31|url=https://www.savonanews.it/2023/11/28/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/bruxelles-la-statua-del-presidente-piu-amato-dagli-italiani-sandro-pertini-in-parlamento-europeo.html|urlmorto=sì|dataarchivio=31 dicembre 2023|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20231231092458/https://www.savonanews.it/2023/11/28/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/bruxelles-la-statua-del-presidente-piu-amato-dagli-italiani-sandro-pertini-in-parlamento-europeo.html}}</ref> 
A Savona, città in cui studiò e lavorò, è invece presente una stele d'acciaio opera dello scultore Gianni Lucchesi posizionata nella piazza a lui dedicata, su cui sono intagliate frasi e parole che hanno segnato il suo pensiero.<ref>{{Cita web|titolo=A Savona monumento a Pertini|accesso=3 giugno 2021|url=https://www.ansa.it/liguria/notizie/2021/06/02/a-savona-monumento-a-pertini-con-parole-del-suo-pensiero_a7c55009-b176-47cd-93de-08df2682ec48.html|urlmorto=sì|dataarchivio=3 giugno 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210603082116/https://www.ansa.it/liguria/notizie/2021/06/02/a-savona-monumento-a-pertini-con-parole-del-suo-pensiero_a7c55009-b176-47cd-93de-08df2682ec48.html}}</ref> Sempre a Savona è presente un museo che raccoglie un'ampia collezione di opere raccolte dal Presidente nel corso degli anni e che egli volle donare alla città.<ref>{{Cita web|titolo=Museo d'Arte Sandro Pertini|accesso=21 novembre 2020|url=http://musa.savona.it/museo-sandro-pertini-e-renata-cuneo/|urlmorto=sì|dataarchivio=2 dicembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201202001152/http://musa.savona.it/museo-sandro-pertini-e-renata-cuneo/}}</ref> Gli è anche dedicato il ponte che attraversa la darsena del porto cittadino.<ref>{{Cita web |titolo=Savona, "Sandro Pertini ponte per i cittadini verso le istituzioni": a lui l'intitolazione |accesso=1 ottobre 2016 |url=http://www.savonanews.it/2015/09/24/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/savona-a-sandro-pertini-il-ponte-a-raso-la-benedizione-del-vescovo.html |urlmorto=sì |dataarchivio=2 ottobre 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20161002194506/http://www.savonanews.it/2015/09/24/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/savona-a-sandro-pertini-il-ponte-a-raso-la-benedizione-del-vescovo.html }}</ref> 
Gli sono stati inoltre intitolati, tra gli altri, l'[[aeroporto di Torino-Caselle]], l'[[Ospedale Sandro Pertini]] di Roma, inaugurato nel 1990 nel quartiere di [[Pietralata]] e il Centro Culturale [[Il Pertini]] del Comune di [[Cinisello Balsamo]].<ref name="Alberto Giolitti">{{Cita web|titolo= Pagina dedicata al centro Il Pertini sul sito del comune di Cinisello Balsamo|accesso= 27 novembre 2020|url= https://www.comune.cinisello-balsamo.mi.it/spip.php?rubrique107|urlmorto= sì|dataarchivio= 5 dicembre 2020|urlarchivio= https://web.archive.org/web/20201205021658/https://www.comune.cinisello-balsamo.mi.it/spip.php?rubrique107}}</ref> 
L{{'}}''Associazione Nazionale Sandro Pertini'' tiene inoltre un dettagliato elenco, non esaustivo, delle numerose scuole, parchi, infrastrutture, centri culturali e politici, strade, piazze e manifestazioni varie, intitolate a Sandro Pertini in Italia.<ref> 
== La Fondazione Sandro Pertini == 
La "[[Fondazione (ente)|Fondazione]] Sandro Pertini" è stata costituita il 23 settembre  
La firma dell'atto pubblico di costituzione è avvenuta in occasione di una cerimonia svoltasi nell'aula magna della facoltà di [[Scienze Politiche]] "[[Cesare Alfieri di Sostegno|Cesare Alfieri]]" che aveva visto laurearsi, nel 1924, proprio Sandro Pertini. 
La fondazione si pone come principale obiettivo quello di promuovere e divulgare studi sull'opera e il pensiero di Sandro Pertini; inoltre, si prefigge come scopo ulteriore, ma non secondario, quello di preservare il patrimonio dell'uomo politico costituito da cimeli, libri, archivio storico, fotografie, quadri e documenti vari da destinare alla pubblica fruizione, nonché quello di diffondere i valori per i quali Pertini si era battuto durante la sua esistenza.<ref>[http://www.fondazionepertini.it/asp/fondazione.asp?IdSez=1&IdSottoSez=1 Fondazione Sandro Pertini] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110722034514/http://www.fondazionepertini.it/asp/fondazione.asp?IdSez=1&IdSottoSez=1 |data=22 luglio 2011 }} Storia della fondazione</ref> Il Museo d'Arte "Sandro Pertini e Renata Cuneo" di Savona (con opere di artisti come [[Filiberto Sbardella]], suo compagno durante la Resistenza) ne è un valido esempio. 
== Note == 
{{E|presenti in nota praticamente delle sottovoci (!) o comunque degli approfondimenti la cui rilevanza nella biografia di Pertini è in gran parte marginale e che appaiono troppo di dettaglio. Molti sono stati tolti, per lo più citazioni testuali da fonti già linkate, che non ha senso riportare soprattutto se si aggiungono i link alle versioni archiviate. Ma molti rimangono.|politici|marzo 2019|arg2=partigiani}} 
<references/> 
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* {{cita libro|Franco|Bandini|Le ultime 95 ore di Mussolini|1968|Mondadori|Milano|cid=Bandini}} 
* {{cita libro|Gianni|Bisiach|wkautore=Gianni Bisiach|Pertini racconta gli anni 1915-1945|1983|Mondadori|Milano|cid=Bisiach}} 
* Raffaele Boianelli, ''Il giovane Pertini, un eroe italiano. Un'odissea senza fine 1925-1943'', Lucca, Tralerighe libri, 2021 ISBN 978-88-3287-1876 
* Stefano Bramanti (a cura di), ''Sandro Pertini campese detenuto politico a Pianosa 1932-1935'', Comune di Campo nell'Elba, 2004. 
* Stefano Bramanti, Romano Figaia, Marcello Marinari (a cura di), ''Portoferraio 1933, Processo a Sandro Pertini. Pertini detenuto politico sotto il regime fascista, atti del procedimento per oltraggio, commento giuridico, riflessioni sulla Portoferraio dell'epoca'', Roma, Editori Riuniti, 2010. ISBN 978-88-6473-024-0. 
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* {{cita libro|Rino|Di Stefano|“Mia cara Marion..." 1926-1949. Dal carcere alla Repubblica: gli anni bui di Sandro Pertini nelle lettere alla sorella|2004|De Ferrari Editore|Genova|isbn=88-7172-621-9}} 
* Giustino D'Orazio, ''Presidenza Pertini (1978-1985). Neutralità o diarchia? (contributo ad una analisi giuridico-costituzionale)'', Rimini, Maggioli, 1985. 
* {{cita libro|Vico|Faggi (a cura di)|[[Sandro Pertini: sei condanne, due evasioni]]|Milano|1970|Mondadori|isbn=88-04-33827-X}}, con prefazione di [[Giuseppe Saragat]]. 
* {{cita libro|Mimmo|Franzinelli|L'amnistia Togliatti|2007|Mondadori|Milano|isbn=88-04-56638-8|cid=Franzinelli}} 
* {{cita libro|Andrea|Gandolfo|Il giovane Pertini. Da Stella a Nizza 1896-1929|2002|De Ferrari|Genova|isbn=88-7172-411-9}} 
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* {{cita libro|Antonio|Maccanico|Con Pertini al Quirinale. Diari 1978-1985|2014|Il Mulino|Bologna|isbn=978-88-15-25099-5}} 
* {{cita libro|Giuseppe|Marozin|Odissea Partigiana: "i 19 della Pasubio"|1965|Azione Comune|Milano|cid=Marozin}} 
* {{cita libro|Antonio|Martino 
* Giuseppe Milazzo, ''Il primo discorso di Sandro Pertini'' in ''Quaderni Savonesi'', pubblicato dall'ISREC della provincia di Savona, nº 24 dell'aprile 2011. 
* Giuseppe Milazzo, ''Cristoforo Astengo. Le lotte politiche e l'impegno antifascista'', Savona, ISREC, 2016. 
* Giuseppe Milazzo, ''Sandro Pertini. Gli anni giovanili'', Milano, L'Ornitorinco, 2020. 
* {{cita libro|Indro|Montanelli|wkautore=Indro Montanelli|coautori=[[Mario Cervi]]|L'Italia degli anni di fango (1978-1993)|1993|Rizzoli|Milano|isbn=88-17-42729-2|cid=Montanelli 1993}} 
* {{cita libro|Indro|Montanelli|Istantanee. Figure e Figuri della Prima Repubblica|1994|Rizzoli|Milano|isbn=88-17-42808-6|cid=Montanelli 1994}} 
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* Roberto Zoldan, ''Pertini Presidente di tutti gli italiani'', Milano, Marzorati, 1985. 
* {{cita libro|Domenico|Zucàro|coautori=[[Pietro Nenni]]|Socialismo e democrazia nella lotta antifascista, 1927-1939|url=http://books.google.it/books?id=9sGk_1UIfr4C|accesso=8 aprile 2009|1988|Feltrinelli|Milano|isbn=88-07-99045-8|cid=Zucàro}} 
* Sandro Pertini Giornalista a Genova, Editor Consiglio Provinciale Genova 1997 
== Voci correlate == 
{{colonne inizio}} 
* [[Antifascismo]] 
* [[Arrendersi o perire!]] 
* [[Capi di Stato d'Italia]] 
* [[Carla Voltolina]] 
* [[Comitato di Liberazione Nazionale]] 
* [[Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1978]] 
* [[Ferrata Sandro Pertini]] 
* [[Palazzo del Quirinale]] 
{{colonne spezza}} 
* [[Partito Socialista Italiano]] 
* [[Presidente della Repubblica Italiana]] 
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* [[Senatori della I legislatura della Repubblica Italiana]] 
* [[Socialismo]] 
{{colonne fine}} 
== Altri progetti == 
{{interprogetto}} 
== Collegamenti esterni == 
* {{Collegamenti esterni}} 
* {{cita web|url=https://archivio.quirinale.it/aspr/presidente/alessandro-pertini|titolo=Portale Storico Presidenza della Repubblica - Quirinale - scheda di Sandro Pertini}} 
* {{cita web|http://www.pertini.it|Associazione Nazionale Sandro Pertini}} 
* {{cita web|http://www.fondazionepertini.it|Fondazione Sandro Pertini}} 
* {{cita web | url = http://www.centropertini.org/ |titolo=Centro Culturale Sandro Pertini 
* {{cita web|url=http://www.pertini.it/cesp/|titolo=CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini}} 
* ''Il partigiano Pert - Il Presidente più amato dagli italiani'' in [https://web.archive.org/web/20121229080533/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/il-partigiano-pert/641/default.aspx "La Storia siamo noi"], [[Rai Storia]] 
* {{cita web|accesso=11 novembre 2008|url=http://www.oriana-fallaci.com/pertini/intervista.html| 
* {{Camera.it|legislatura=ac}} 
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{{Box successione 
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|carica = [[Presidente della Repubblica Italiana]] 
|immagine = Presidential flag of Italy (mod.1965).svg 
|periodo = 9 luglio  
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{{Box successione 
|tipologia = incarico parlamentare 
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{{Box successione 
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