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La famiglia '''Fontanot''' è stata una nota famiglia di [[antifascisti]], [[comunisti]] e [[partigiani]] di origine [[Muggia|muggesana]], poi anche [[Trieste|triestina]] e [[fiume (Croazia)|fiumanamonfalcone]]se (con un ramo italo-francese), che pagò molto duramente la propria scelta politica e militare.<br />

Fra i componenti della famiglia si annoverano: Vinicio Fontanot, Giovanni Fontanot, Giacomo Fontanot, Giuseppe Fontanot, Giacomo Fontanot (nipote di Giacomo e figlio di Giuseppe), Armido Fontanot, Licio Fontanot, i due fratelli ed il cugino di Nerina Fontanot, Elsa Fontanot, Ribella Fontanot, Spartaco Romano, cugino di Vinicio, Lisa, moglie di Armido, e Giovanna moglie di Vinicio, anch'esse attive militanti comuniste.
 
== Premessa ==
La storia della [[Resistenza italiana|Resistenza]] tradizionale dà, come riferimento iniziale, i giorni immediatamente successivi all'[[Armistizio di Cassibile]] stipulato fra il [[regnoRegno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] e gli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]] l'8 settembre [[1943]]<ref>non considerando la lotta armata antifascista degli [[Arditi del Popolo]] e della [[formazioni di difesa proletaria]] degli [[Anni 1920|anni venti]]</ref>. Tale datazione può considerarsi valida in linea di massima, ma non per il [[Friuli-Venezia Giulia]], dove la Resistenza armata ebbe inizio nel 1942 con una serie di azioni di guerriglia (fra cui quelle di [[Stojan Furlan]]). La spinta antifascista nelle zone operaie non si era esaurita negli [[Anni 1920|anni venti]] del [[XX secolo|Novecento]] ed era rimasta come "un fuoco sotto la cenere". Il consenso ottenuto dal fascismo negli [[Anni 1930|anni trenta]] con l'illusione dell'impero ed il relativo appoggio, o indifferenza, popolare, aveva viepiù permesso l'[[Campi per l'internamento civile nell'Italia fascista|l'incarcerazione ed il confino]] di gran parte degli antifascisti senza "colpo ferire", ma coloro che non erano stati presi pur essendo in numero ridotto, erano molto attivi.<br />Alcune zone operaie italiane erano ancora ''roccaforti silenti'' di frange comuniste, socialiste ed [[Anarchismo|anarchiche]] che mantenevano embrioni di organizzazioni clandestine. Fra queste ultime va citato il caso, in [[Liguria]], di [[Sestri Ponente]] in cui cellule organizzative si erano già [[Anarchici e Resistenza a Sestri Ponente#Anarchici e Resistenza a Sestri Ponente|strutturate nel 1942]] e quello di [[Monfalcone]], in [[Friuli-Venezia Giulia]], dove era iniziata a strutturarsi la resistenza politica al fascismo grazie ai cantieri navali e a una conseguente forte concentrazione di classe operaia. Grazie a questa industria, [[Monfalcone]], da piccolo villaggio, era diventato un grosso borgo operaio con più di diciannovemila abitanti attorno alla metà degli anni trenta presentando forti analogie con [[Sestri Ponente]], anch'essa contraddistinta dalla presenza di cantieri e fabbriche dell'indotto.<br />Anche [[Ronchi dei Legionari]] contava in quel periodo circa ottomila abitanti e una crescita simile avevano avuto i paesini limitrofi. Vi era stata quindi una forte proletarizzazione di strati contadini che portava ad avere un rapporto con lo sviluppo politico nazionale ben differente dal periodo precedente. Il cantiere e/o la fabbrica divenne luogo di presa di coscienza sindacale e di classe<ref>[https://web.archive.org/web/20130520045537/http://www.anpibagnoaripoli.it/doc/testi/OndinaPeteani.pdf la Resistenza prima della Resistenza]</ref>. Nel monfalconese e zone limitrofe, pertanto, già durante gli anni del cosiddetto "consenso" nei confronti del regime fascista, operai in massima parte [[comunisti]] e [[socialisti]] distribuivano manifestini contro la [[guerra d'Etiopia]] ([[1935]]) e due anni più tardi, nel [[1937]], fecero innalzare nel cielo un [[pallone aerostatico]] che portava ben visibile la scritta "Viva l'[[URSS]]. Morte ai criminali [[fascisti]]".<br />In quel periodo gli operai delle suddette zone costituirono un'organizzazione denominata ''[[Soccorso Rosso Internazionale|Soccorso Rosso]]'', che raccoglieva fondi per dar aiuto alle famiglie degli [[antifascisti]] arrestati, impiantando persino una tipografia clandestina per la stampa del giornale "''[[L'Avanti!]]"'', mentre le riunioni si tenevano direttamente nelle case delle famiglie operaie. È in questa situazione che intere famiglie passarono alla lotta [[antifascista]], prima politica, e, non appena possibile, armata. Fra queste ultime ricordiamo la famiglia Marvin<ref>composta dai fratelli Marvin Romano, Albino e Giuseppe. Giuseppe, come molti [[Antifascisti nella legione straniera francese|reduci dalla Spagna]], si arruolerà nella [[Legione Stranierastraniera]] francese, combatterà a Narvick in [[Norvegia]], dove verrà decorato al valore, raggiungendo successivamente i [[maquis]] in [[Francia]] e cadendo, fucilato dai tedeschi, a [[St. Germain du Corbeis]]; Albino, gravemente ferito in [[Spagna]], sarà curato in [[URSS]] per poi essere paracadutato in [[Slovenia]] dove diverrà capo di stato maggiore della Divisione Garibaldi Natisone; Romano si unirà alle Brigate garibaldine della zona di [[Gorizia]] e resterà con queste fino alla Liberazione.( {{collegamento interrotto|1=[http://www.dsmilano.it/segrate/antefatti/giumarvin.gif foto di Giuseppe Marvin da archivio Giorgio Visintin] |datedata=marzo 2018 |bot=InternetArchiveBot }} [http://www.dsmilano.it/segrate/antefatti/framarvin.gif foto dei fratelli Marvin da archivio Giorgio Visintin, da sinistra, in piedi: Albino Marvin, Ilio Barontini e Antonio Roasio; seduti: Romano Marvin e Anello Poma] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20041025205023/http://www.dsmilano.it/segrate/antefatti/framarvin.gif |data=25 ottobre 2004 }} )</ref>, la famiglia [[Giorgio Visintin|Visintin]] e la famiglia Fontanot.
 
== La famiglia ==
{{citazione|[[La Brigata Proletaria]] [...] Era infatti composta da operai e studenti comunisti di Trieste e Monfalcone e la comandava Vinicio Fontanot, esponente di un'eroica famiglia operaia.<ref>[http://books.google.it/books?q=vinicio+fontanot&btnG=Cerca+nei+libri L'esodo: la tragedia degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia - Pagina 83 di Arrigo Petacco]</ref>}}
 
{{citazione| Nella casa dei Fontanot di [[Ronchi dei Legionari]], quando Vinicio tornò con la sua famiglia dalla [[Bulgaria]] nel [[1935]], vivevano ben 18 persone tra consanguinei e parenti acquisiti grazie ai matrimoni, tutte attive e note nell'ambiente antifascista triestino e monfalconese.<ref>[http://www.arabafelice.it/dominae/scheda.php?id=1092411247 Ondina Peteani] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20071019015034/http://arabafelice.it/dominae/scheda.php?id=1092411247 |data=19 ottobre 2007 }} la vicenda di [[Ondina Peteani]]</ref>}} [[Ondina Peteani]], amica di Nerina Fontanot, del ramo francese dei Fontanot, con due fratelli morti combattendo con i [[maquis]], ebbe una vita intimamente legata a quella della famiglia Fontanot. Ondina fu una celebre [[staffetta]] [[partigiana]] della [[Brigata Proletaria]], fra i cui comandanti c'era anche [[Famiglia Fontanot#Vinicio Fontanot|Vinicio Fontanot]].
 
In seguito fu dato il nome di [[Brigata Garibaldi Fontanot]] ad una brigata partigiana italiana, formata essenzialmente da [[comunisti]] che successivamente confluì nel [[Storia della Slovenia#Storia contemporanea|VII Korpus sloveno]] che operava militarmente nella provincia di [[Lubiana]].
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=== Giovanni Fontanot ===
Nato a [[Muggia]] (Trieste), il 10 gennaio [[1873]], morto nel [[campo di concentramento di Dachau]] il 6 marzo [[1944]].
Fu cugino di Giacomo e Giuseppe Fontanot, i due fratelli antifascisti che ripararono in [[Francia]] negli anni venti, mentre Giovanni, rimasto in [[Italia]] subì il carcere. Dopo l'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|8 settembre 1943]] Giovanni, ormai settantenne, prese parte alla Resistenza armata friulana. Venne catturato pochi mesi dopo dai germanicitedeschi a [[Pozzuolo del Friuli]] e deportato a Dachau. Data anche l'età, non poté resisteresistere per lungo tempo al regime criminale di trattamento del campo. Due figli, Licio e Armido, nel frattempo caddero combattendo nella Resistenza. Fra i suoi figli si salvò solo Vinicio Fontanot, che sarà il comandante del 3º Battaglione della [[Brigata Proletaria]], con il nome di battaglia di "Petronio".
 
=== Giacomo Fontanot ===
Figlio di Giuseppe Fontanot e nipote di Giacomo Fontanot, nacque in [[Francia]] nel [[1927]] e venne fucilato a [[Saint-Sauant]] nel [[1944]].
Giuseppe aveva dovuto abbandonare nel [[1923]] [[Ronchi dei Legionari]], dove abitava col fratello Giacomo, antifascista ed esule in Francia con la moglie ed il figlio di nome Nerone. Giacomo e Giuseppe divennero militanti del [[Partito Comunista Francese]] ed all'inizio della [[seconda guerra mondiale]] vennero internati a [[Gurs]], da cui riuscirono a fuggire nel [[1942]]. Furono catturati nuovamente in quello stesso anno per aver partecipato ad una manifestazione commemorativa del 150º anniversario della vittoria dei rivoluzionari a [[Valmy]]. Anche il giovane Giacomo venne recluso nel campo di [[Tourelles]], assieme al padre Giuseppe ed allo zio Giacomo, venendo successivamente trasferito al campo di [[Rouillé]]. Qui venne liberato dai [[maquis]], ai quali si unì. Partecipò ad una cruenta azione contro i [[Nazifascismo|nazifascisti]] nella foresta di [[Saint-Sauant]]:; dopo tre ore di aspri combattimenti venne catturato e fucilato sul posto.
 
=== Licio Fontanot ===
Nacque a [[Fiume (Croazia)|Fiume]] nel [[1912]] e morì a [[Palmanova]] nell'agosto [[1944]]. Figlio di Giovanni Fontanot, entrò, dopo l'[[8 settembre l9431943]], nella Resistenza, assieme al fratello maggiore Armido, assumendo il grado di comandante della Brigata [[Gruppi di Azione Patriottica|GAP]] della [[Divisione Garibaldi Friuli]]. Conosciuto con il nome di battaglia di "Bruno", nel luglio del 1944 venne riconosciuto da un manipolo di [[fascisti]] e, quando già era riuscito a sfuggire alla cattura in sella a una bicicletta, si trovò innanzi a un gruppo di [[SS]] che gli sbarrarono la strada per il ponte di [[Pieris (San Canzian d'Isonzo)|Pieris]], nei pressi di [[Gorizia]]. Ingaggiato uno scontro a fuoco con i militi tedeschi, si tuffò ferito nell'[[Isonzo]], mettendosi in salvo e riprendendo il proprio posto nella lotta partigiana. Catturato nell'agosto del 1944 nel corso di un rastrellamento, temendo di non resistere alle torture cui saràsarebbe stato sottoposto dai nazifascisti per estorcergli informazioni, preferì impiccarsi nella caserma "Piave" di [[Palmanova]] dove era detenuto. Circa quattro mesi prima, il fratello maggiore Armido morivaera morto vilmente assassinato dadai fascisti.
 
=== Armido Fontanot <ref>[https://www.anpi.it/biografia/armido-fontanot Armido Fontanot ANPI]</ref> ===
Nato a Trieste il 28 febbraio 1900 e morto a Cepletischis (Udine) il 27 o 28 giugno 1944, operaio. Fratello maggiore di Licio<ref>[httphttps://www.anpi.it/uominibiografia/fontanot_licio.htmlicio-fontanot Licio Fontanot da ANPI]</ref>, subito dopo l'8 settembre 1943 entrò nella Resistenza friulana. Fu uno dei primi combattenti antifascisti insieme a [[Stojan Furlan]], [[Carlo Màslo]] e [[Giovanni Pezza]]. Divenuto commissario di battaglione della [[Brigata Garibaldi Trieste]], con il nome di battaglia di "Spartaco", partecipò a numerose azioni, dando prova di grande coraggio. Fra queste ricordiamo l'attacco del 24 maggio 1944, che "Spartaco" ed i partigiani da lui guidati effettuarono contro il presidio degli alpini repubblichini alloggiati nella scuola di [[Dornberk]] ([[Montespino]]) nei pressi di [[Nova Gorica]], attaccando allo stesso tempo anche i presidi del Molino alle pendici del monte [[Monte Thabor|Tabor]] e quello posizionato in prossimità del ponte di [[Sassetto]]. Furono uccisi diversi fascisti soldati delldella Repubblica Sociale, mentre altri riuscirono a fuggire, ed 87 chiesero la resa. La maggior parte dei repubblichini catturati espressero la volontà di arruolarsi fra le file della Resistenza. "Spartaco" dovette indagare sulla buona fede di questi ultimi e provvedere alla loro preparazione militare. Il 26 giugno, con l'approvazione del comando della brigata, li radunò per condurli nel [[Collio (territorio)|Collio]], dove le bande partigiane che operavano in zona avevano urgente bisogno di uomini da arruolare. Il sottotenente Giobatta Brandoni di Buia (Udine), con Michele Gervasoni di Udine e Pietro Castellini di Tarcento, pugnalarono nel sonno "Spartaco", che si era fidato di loro, prima di arrivare al [[Collio (territorio)|Collio]] per poi raggiungere un distaccamento tedesco. La maggioranza degli altri repubblichini fuggì per paura che i traditori li vendessero ai tedeschi, ma otto di essi si allontanarono autonomamente, raggiungendo la banda partigiana di destinazione. Dopo la [[Caduta della Repubblica Sociale Italiana|Liberazione]] la Corte d'Assise straordinaria di [[Udine]] emise condanne di 13 anni per il sottotenente Brandoni, di 7 anni per il Gervasoni e di 9 anni per il Castellini, che venne processato in contumacia:; nessuno scontò la pena grazie all'[[amnistia Togliatti]].
<ref>[http://www.anpi.it/uomini/fontanot_armido.htm Armido Fontanot ANPI]</ref>
Nato a Trieste il 28 febbraio 1900 e morto a Cepletischis (Udine) il 27 o 28 giugno 1944, operaio. Fratello maggiore di Licio<ref>[http://www.anpi.it/uomini/fontanot_licio.htm Licio Fontanot da ANPI]</ref>, subito dopo l'8 settembre 1943 entrò nella Resistenza friulana. Fu uno dei primi combattenti antifascisti insieme a [[Stojan Furlan]], [[Carlo Màslo]] e [[Giovanni Pezza]]. Divenuto commissario di battaglione della [[Brigata Garibaldi Trieste]], con il nome di battaglia di "Spartaco", partecipò a numerose azioni dando prova di grande coraggio. Fra queste ricordiamo l'attacco del 24 maggio 1944, che "Spartaco" ed i partigiani da lui guidati effettuarono contro il presidio degli alpini repubblichini alloggiati nella scuola di [[Dornberk]] ([[Montespino]]) nei pressi di [[Nova Gorica]], attaccando allo stesso tempo anche i presidi del Molino alle pendici del monte [[Monte Thabor|Tabor]] e quello posizionato in prossimità del ponte di [[Sassetto]]. Furono uccisi diversi fascisti soldati dell Repubblica Sociale mentre altri riuscirono a fuggire, ed 87 chiesero la resa. La maggior parte dei repubblichini catturati espressero la volontà di arruolarsi fra le file della Resistenza. "Spartaco" dovette indagare sulla buona fede di questi ultimi e provvedere alla loro preparazione militare. Il 26 giugno, con l'approvazione del comando della brigata, li radunò per condurli nel [[Collio (territorio)|Collio]], dove le bande partigiane che operavano in zona avevano urgente bisogno di uomini da arruolare. Il sottotenente Giobatta Brandoni di Buia (Udine), con Michele Gervasoni di Udine e Pietro Castellini di Tarcento pugnalarono nel sonno "Spartaco", che si era fidato di loro, prima di arrivare al [[Collio (territorio)|Collio]] per poi raggiungere un distaccamento tedesco. La maggioranza degli altri repubblichini fuggì per paura che i traditori li vendessero ai tedeschi ma otto di essi si allontanarono autonomamente raggiungendo la banda partigiana di destinazione. Dopo la [[Caduta della Repubblica Sociale Italiana|Liberazione]] la Corte d'Assise straordinaria di [[Udine]] emise condanne di 13 anni per il sottotenente Brandoni, di 7 anni per il Gervasoni e di 9 anni per il Castellini che venne processato in contumacia: nessuno scontò la pena grazie all'[[amnistia Togliatti]].
 
=== Vinicio Fontanot ===
Nato nel 1913, assieme a [[Battaglia di Gorizia (1943)|Camillo Donda]]<ref>[{{Cita web |url=https://www.anpi.it/biografia/camillo-donda |titolo=biografia da ANPI |accesso=27 gennaio 2009 |dataarchivio=16 maggio 2010 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100516063433/http://www.anpi.it/uomini/donda_camillo.htm biografia|urlmorto=sì da ANPI]}}</ref><ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.dsmilano.it/segrate/antefatti/donda.gif foto di Camillo Donda] |datedata=dicembre 2017 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>, [[Battaglia di Gorizia (1943)|Ferdinando Marega]]<ref>[{{Cita web |url=http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli%2Fusr%2Flocal%2FIsisGas%2FInsmliConf%2FInsmli.sys6.file&Obj=@Insmlid%40Insmlid.pft&Opt=get&Type=Doc&Id=028211 |titolo=Marega Ferdinando Busta 3, Fasc. 63 da ISTITUTO FRIULANO PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE Fondo: Riccardo Giacuzzo]{{collegamento interrotto|1accesso=[4 ottobre 2020 |dataarchivio=4 marzo 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304102503/http://wwwbeniculturali.dsmilanoilc.cnr.it:8080/segrateIsis/antefattiservlet/maregaIsis?Conf=%2Fusr%2Flocal%2FIsisGas%2FInsmliConf%2FInsmli.gif foto di Ferdinando Marega] |datesys6.file&Obj=dicembre 2017%40Insmlid.pft&Opt=get&Type=Doc&Id=028211 |boturlmorto=InternetArchiveBot }}</ref> e [[Giordano Tomasig]]<ref>comandò il 1º battaglione della [[Brigata Proletaria]], e dopo saràfu commissario politico della 24ª brigata d'assalto Garibaldi "Fratelli Fontanot" [http://www.dsmilano.it/segrate/ante3.htm antefatti foibe] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20081018215452/http://www.dsmilano.it/segrate/ante3.htm |data=18 ottobre 2008 }}[http://www.dsmilano.it/segrate/antefatti/tomasig.gif foto di Giordano Tomasig] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20041025211108/http://www.dsmilano.it/segrate/antefatti/tomasig.gif |data=25 ottobre 2004 }}</ref>, Vinicio fu uno dei comandanti della [[Brigata Proletaria]]. All'età di 23 anni assunse di fatto il comando del 3º Battaglione di tale brigata, con il nome di battaglia di "Petronio". Distintosi per il proprio coraggio contro forze di gran lunga superiori, nel corso di tale battaglia, partecipò successivamente con i suoi uomini a molti scontri controcon le [[SS]] della Divisione [[Divisione Hermann GoeringGöring]] e di altre unità inquadrate nella [[Wehrmacht]]. Quattordici anni dopo la [[Caduta della Repubblica Sociale Italiana|Liberazione]] venne ingiustamente denunciato per aver ucciso un fascista repubblichino a scopo di rapina. Arrestato col cugino Spartaco Romano, vennero comunque assolti con formula piena<ref>[{{Cita web |url=https://www.anpi.it/biografia/giovanni-fontanot |titolo=da ANPI |accesso=27 gennaio 2009 |dataarchivio=30 aprile 2009 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090430064348/http://www.anpi.it/uomini/fontanot_giovanni.htm da|urlmorto=sì ANPI]}}</ref> dall'[[ANPI]]. Vinicio fu l'unico figlio di Giovanni, sopravvissuto alla lotta contro i [[Nazifascismo|nazifascisti]].
 
== Alcuni membri della famiglia Fontanot dopo la Liberazione ed il problema dei "Monfalconesi" ==
{{vedi anche|Esodo dei cantierini monfalconesi|Conflitto sovietico-jugoslavo}}
Dopo la seconda guerra mondiale<ref>[http://www.storiain.net/arret/num139/artic5.asp Tito Dice No a Stalin] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090106025321/http://www.storiain.net/arret/num139/artic5.asp |data=6 gennaio 2009 }} {{citazione| Liberati dalla paura e dall'arbitrio cui da decenni sottostavano in patria, gli esperti sovietici, che si insediarono in tutte le istituzioni statali, industriali e militari, si comportarono con poco criterio e molta arroganza [...], come se ognuno di loro avesse il diritto e il dovere di atteggiarsi a piccolo Stalin}} da scritti di [[Milovan Gilas]]{{citazione|Gli jugoslavi non titubarono nell'organizzare una difesa: all'interno del Paese venne repressa brutalmente qualsiasi voce di dissenso, la polizia segreta [[Ozna]] controllava ogni aspetto della vita sociale, alla ricerca dei "traditori"}}</ref> inizia la lotta portata avanti da [[Josip Broz Tito|Tito]] e [[Milovan Gilas]] per rendere indipendente la [[Jugoslavia]] dal dominio di [[Stalin]], la lotta è durissima e ci vanno di mezzo anche diversi [[comunisti]] operai di [[Monfalcone]] che dopo aver combattuto nella [[Brigata Proletaria]] e con le Brigate partigiane in Slovenia avevano deciso di emigrare in Jugoslavia considerata da loro una nazione organizzata in modo socialista. Secondo [[Arrigo Petacco]] tali operai costituivano, provenienti sia da [[Monfalcone]] che da [[Pola]], una «quinta colonna» fedele al [[Cominform]] a cui sarebbe stato assegnato il lavoro politico di riportare la [[Jugoslavia]] all'interno dell'orbita stabilita da [[Stalin]], e raggiunsero la [[Jugoslavia]] tramite lo strumento organizzativo per l'"espatrio" messo in campo da [[Vittorio Vidali]] ma su indicazioni di [[Palmiro Togliatti]]. Questo rappresentava un attacco diretto alla politica di Tito e di [[Milovan Gilas]] per cui si incominciarono a mandare i "monfalconesi" in campi di prigionia. [[La Brigata Proletaria|Ferdinando Marega]] riuscì a sfuggire dalla cattura ed a informare i dirigenti del [[Partito Comunista Italiano|Pci]] della situazione ma rimase inascoltato per motivi di ordine propagandistico nonché geopolitico. Dalla testimonianza di Armido Campo, riportata sotto, nipote di Vinicio Fontanot però non si evince una strategia preordinata come da ipotesi di [[Arrigo Petacco]] bensì più che altro una conseguenza dello scontro [[Stalin]]-[[Josip Broz Tito|Tito]].
 
Alcuni membri della famiglia Fontanot, come [[comunisti]] italiani, essendo il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] in questa lotta schierato con [[Stalin]], vengono visti con sospetto ed anche imprigionati.
Dopo la seconda guerra mondiale<ref>[http://www.storiain.net/arret/num139/artic5.asp Tito Dice No a Stalin] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090106025321/http://www.storiain.net/arret/num139/artic5.asp |data=6 gennaio 2009 }} {{citazione| Liberati dalla paura e dall'arbitrio cui da decenni sottostavano in patria, gli esperti sovietici, che si insediarono in tutte le istituzioni statali, industriali e militari, si comportarono con poco criterio e molta arroganza [...], come se ognuno di loro avesse il diritto e il dovere di atteggiarsi a piccolo Stalin}} da scritti di [[Milovan GilasĐilas]]{{citazione|Gli jugoslavi non titubarono nell'organizzare una difesa: all'interno del Paese venne repressa brutalmente qualsiasi voce di dissenso, la polizia segreta [[OznaOZNA]] controllava ogni aspetto della vita sociale, alla ricerca dei "traditori"}}</ref> inizia la lotta portata avanti da [[Josip Broz Tito|Tito]] e [[Milovan GilasĐilas]] per rendere indipendente la [[Jugoslavia]] dal dominio di [[Stalin]],; la lotta è durissima e ci vanno di mezzo anche diversi [[operai comunisti]] operai di [[Monfalcone]] che, dopo aver combattuto nella [[Brigata Proletaria]] e con le Brigatebrigate partigiane in [[Slovenia]], avevano deciso di emigrare in Jugoslavia, considerata da loro una nazione organizzata in modo socialista. Secondo [[Arrigo Petacco]], tali operai costituivano, provenienti sia da [[Monfalcone]] che da [[Pola]], una «quinta colonna» fedele al [[Cominform]] a cui sarebbe stato assegnato il lavoro politico di riportare la [[Jugoslavia]] all'interno dell'orbita stabilita da [[Stalin]], e; raggiunsero la [[Jugoslavia]] tramite lo strumento organizzativo per l'"espatrio" messo in campo da [[Vittorio Vidali]], ma su indicazioni di [[Palmiro Togliatti]]. Questo rappresentava un attacco diretto alla politica di Tito e di [[Milovan GilasĐilas]], per cui si incominciarono a mandare i "monfalconesi" in campi di prigionia. [[La Brigata Proletaria|Ferdinando Marega]] riuscì a sfuggire dallaalla cattura ede a informare i dirigenti del [[Partito Comunista Italiano|PciPCI]] della situazione, ma rimase inascoltato per motivi di ordine propagandistico nonché geopolitico. Dalla testimonianza di Armido Campo, riportata sotto, nipote di Vinicio Fontanot, però non si evince una strategia preordinata, come da ipotesi di [[Arrigo Petacco]], bensì più che altro una conseguenza dello scontro [[Stalin]]-[[Josip Broz Tito|Tito]].
Alcuni membri della famiglia Fontanot, come [[comunisti]] italiani, essendo il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] in questa lotta schierato con [[Stalin]], vengonovennero visti con sospetto ed anche imprigionati.
Ne dà testimonianza un nipote di Vinicio Fontanot:
{{citazione| Chi parla è Armido Campo, figlio di Ribella e nipote di Vinicio Fontanot, famoso comandante della [[Brigata Garibaldi Trieste]]. Ora vive alla Spezia e, dopo circa cinquant'anni, si è deciso per primo a rompere il silenzio che la sua famiglia si era imposta per disciplina di partito. Racconta Armido: eravamo tutti comunisti dello zoccolo duro. Mia madre, Ribella, vedova di un deportato in Germania, si era risposata con Sergio Mori, il mio secondo padre, che era allora un quadro del [[Partito Comunista Italiano|PciPCI]]. Lasciammo [[Monfalcone]] all'inizio del 1947 per andare a vivere in [[Jugoslavia]], dentro il [[comunismo]] reale, dal quale stavano fuggendo in massa gli italiani dell'[[Istria]]. Dopo la rottura fra Tito e [[Stalin]] la mia famiglia venne deportata a [[Zenica]] in [[Bosnia]]. C'erano con noi tre famiglie di monfalconesi: i Battilana, i Bressan, i Comar, i Babuder, i Gratton e Elsa Fontanot. In quel villaggio finimmo a contatto con i prigionieri tedeschi condannati ai lavori forzati. Ricordo la pietà di mia madre e di mia nonna Lisa le quali, dimenticando che i nazisti avevano ucciso i loro mariti, portavano tazze di brodo a quei prigionieri immersi nella neve. Anche noi, in verità, vivevamo come prigionieri, ma non portavamo le catene come i tedeschi. Restammo lì per più di un anno, completamente dimenticati dal [[Partito Comunista Italiano|PciPCI]] che non poteva ignorare quanto stava accadendo. [[Vittorio Vidali]], certamente, sapeva tutto, ma nessuno fece nulla per noi. Per questo, [[Sergio Mori]] decise un giorno di fuggire da [[Zenica]] e riuscì a raggiungere [[Zagabria]] dove si mise in contatto con il console italiano. Poco tempo dopo, grazie all'intervento del governo italiano, fummo liberati, tornammo in Italia e cademmo dalla padella nella brace. Le nostre case di [[Monfalcone]] erano state assegnate ai profughi dell'[[Istria]], i nostri posti di lavoro anche. Ci consideravano degli appestati.<ref>Da «L'esodo. Le tragedie negate degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia». (Mondadori Editore) [http://www.istrianet.org/istria/literature/critiques/petacco_esodo-tragedia.htm brani libro Arrigo Petacco] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20071213053126/http://www.istrianet.org/istria/literature/critiques/petacco_esodo-tragedia.htm |data=13 dicembre 2007 }}</ref>}}
 
<br />
La tesi di [[Arrigo Petacco]] è sostanzialmente ribaltata da Anna Di Gianantonio<ref>autrice fra gli altri di *''È bello vivere liberi. [[Ondina Peteani]]. Una vita tra lotta partigiana, deportazione ed impegno sociale'' [[Irsml]] Friuli-Venezia Giulia - 2007
*''Gorizia operaia. I lavoratori e le lavoratrici isontini tra storia e memoria 1920-1947'' [[Editrice Goriziana]] - 2000. Anna Di Gianantonio è professoressa ed ha l'incarico di ricercatrice per l<nowiki>{{'</nowiki>}}''Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia''. Fra le ricerche pubblicate vi sono i suoi studi sulla storia politico-sociale delle aree della regione, ricavati da interviste con le persone che hanno vissuto il regime fascista sia come semplici cittadini ed operai, sia di partigiani e partigiane, si è inoltre occupata in particolar modo del dopoguerra monfalconese, oltre i già citati articoli, ha anche curato i volumi ''L'immaginario imprigionato'' e il documentario ''Storie resistenti. Da [[Monfalcone]] a [[Salcano]].'' sempre per le edizioni dell<nowiki>{{'</nowiki>}}''Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia''</ref> presentando dei fatti secondo cui furono alcuni gruppi di "Monfalconesi", ormai ben integrati nel mondo del lavoro Jugoslavo che, rimasti fedeli al [[cominformCominform]], presero contatti con [[Vittorio Vidali]] ed il [[Partito Comunista Italiano|Pci]] per costruire una lotta politica pro [[Stalin]] in opposizione a [[Josip Broz Tito|Tito]], essendo appoggiati dal [[Partito Comunista Italiano|Pci]]PCI che, in quel periodo, era su posizioni coincidenti con quelle di [[Stalin]], soprattutto per quanto riguardava l'evoluzione del [[socialismo]] in [[Jugoslavia]]. La testimonianza di Mario Tonzar sembra infatti avvalorare maggiormente questa tesi.<ref>{{collegamentoCita web interrotto|1url=[http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html |titolo=Tragico destino degli operai «cominformisti» Anna Di Gianantonio] |dateaccesso=marzo28 gennaio 2009 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110610221820/http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html |dataarchivio=10 giugno 20182011 |boturlmorto=InternetArchiveBot }}</ref>. In ogni caso, le ipotesi sia di Petacco che della Gianantonio si possono ritenere convergenti sul piano dei risultati, indipendentemente se sia stato il [[Partito Comunista Italiano|PCI]] a formare la "quinta colonna" di comunisti fedeli al [[cominformCominform]] o se siano stati i comunisti fedeli al [[cominform]]Cominform a chiedere aiuto al [[Partito Comunista Italiano|PCI]] per fare opposizione a Tito in difesa dello [[stalinismo]], ed è comprensibile che in un periodo storico così lacerante per i comunisti italiani in [[Jugoslavia]], non ha troppa importanza se vi era una tattica organizzata dietro al [[Partito Comunista Italiano|PCI]] o la tattica scaturì dalle loro posizioni riportate ai dirigenti del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] da parte di gruppi dei suddetti comunisti espatriati in [[Jugoslavia]], probabilmente ogni fattore servì da rinforzo ed amplificazione dell'altro.
 
=== La testimonianza nel libro di memorie di Mario Tonzar, operaio monfalconese ===
 
La situazione in quel periodo è ben illustrata dalla testimonianza di Mario Tonzar<ref>Mario Tonzar, nasce a [[Turriaco]] nel 1920, muore nel 2007, di origini contadine entra nel cantiere di [[Monfalcone]] nel 1935 dove inizia la sua formazione politica, ed è arrestato dai [[fascisti]] il 27 aprile 1943, per gli scontri di piazza avvenuti in diverse località del monfalconese. Presto rilasciato inizia la lotta clandestina [[antifascista]] fino a quando per sfuggire alla cattura deve abbandonare il lavoro nel '441944 e inizia la collaborazione con L'«l'[[Gruppi di Azione Patriottica#NotizieAlpi localisticheGiulie suie GAPCarniche|Intendenza Montes]]» senza prendere parte alle azioni di battaglia dei [[Gruppi di Azione Patriottica|GAP]] ma facendo supporto. Subito dopo la [[Caduta della Repubblica Sociale Italiana|Liberazione]] entra a far parte nelle ''milizie popolari'' diventando responsabile settore giovanile del [[Partito Comunista Italiano|PciPCI]] nella [[Venezia Giulia|Regione Giulia]]. Un paio di anni dopo decide di trasferirsi in [[Jugoslavia]]. Prima si reca in [[Bosnia]] e poi a [[Fiume (Croazia)|Fiume]] ma resta fedele al dettame [[stalinista]] del [[Cominform]] per cui viene arrestato e mandato ai lavori forzati nel campo di [[Uljanik]] e [[Bilece]]. Nel 1952 viene rilasciato e l'anno seguente torna in giugno a [[Turriaco]] {{collegamento interrotto|1=[http://www.anpi.it/patria_2008/002/F_INSERTO_XI-XIII.pdf da ANPI] |datedata=marzo 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref> nel libro di Alessandro Morena "''La valigia e l'idea. Memorie di Mario Tonzar''"<ref>{{collegamentoCita web interrotto|1url=[http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html |titolo=Tragico destino degli operai "cominformisti" di Anna Di Gianantonio] |dateaccesso=marzo28 2018gennaio 2009 |boturlarchivio=InternetArchiveBothttps://web.archive.org/web/20110610221820/http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html |dataarchivio=10 giugno 2011 |urlmorto=sì }}</ref> Secondo l'autore si era creato un forte legame fra partigiani jugoslavi ed italiani che risiedevano in quelle zone, ciò che li accomunava era un passato di lotta contro i [[nazifascisti]], lo stesso evento fu visto come tradimento dagli jugoslavi, facendo riferimento ai partigiani e operai andati in Jugoslavia, ma rimasti fedeli allo stalinismo. La sua lunga intervista permette di capire quali fossero i sentimenti di una parte della gente di confine in quelle zone ed in quel periodo, vi furono manifestazioni affinché tali territori fossero annessi alla Jugoslavia, con episodi che arrivarono all'aggressione dei corridori durante il giro d'Italia del '461946 presso il ponte di [[Pieris (San Canzian d'Isonzo)|Pieris]]<ref>Giro preso a sassate a Pieris (http://www.ilterritorio.ccm.it/lib/files/territorio_bollettino_it_645_pdf_.pdf {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304134943/http://www.ilterritorio.ccm.it/lib/files/territorio_bollettino_it_645_pdf_.pdf |data=4 marzo 2016 }})</ref>. All'epoca Trieste era ancora contesa tra le due nazioni e gli italiani che erano stati partigiani con i compagni jugoslavi, erano favorevoli ad una annessione alla Jugoslavia. In seguito però vi fu la rottura fra Stalin e Tito, con le conseguenze per gli emigrati in Jugoslavia di cui si è trattato sopra; il fatto più sconcertante è che, non molti anni dopo, Stalin ebbe le critiche dei comunisti italiani e questo normalizzò in parte i rapporti fra i due partiti ma, nel frattempo, gli operai fedeli al [[cominformCominform]] ed espatriati in Jugoslavia, avevano già subito dure pene.
 
== Note ==
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* Dino Virgili, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia, ''[[Nazisti]] e [[fascisti]] in [[Friuli]]'', Del Bianco, 1995.
* [[Giacomo Scotti]], ''Bono taliano: gli Italiani in Jugoslavia (1941-1943)'', La Pietra, 1977.
* Giacomo Scotti, ''Juris, juris! All'attacco! La guerriglia partigiana ai confini orientali d'Italia 1943-1945'', Mursia, 1984.
* [[Giampaolo Gallo]], ''La Resistenza in Friuli, 1943-1945'', Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, 1988.
* [[Arrigo Petacco]], ''L'esodo: la tragedia degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia''.
* Alessandro Morena, ''La valigia e l'idea. Memorie di [[Mario Tonzar]]'', Consorzio culturale del monfalconese, 2005.
* Luciano Patat, ''La battaglia partigiana di Gorizia: la resistenza dei militari e la "brigata proletaria" (8-30 settembre 1943)'', Gorizia, Centro isontino di ricerca e documentazione storica e sociale Leopoldo Gasparini, 2015. (parte 2 La brigata Proletaria) - parte 3 (p.&nbsp;100-101) - IT\ICCU\TSA\1447292
 
== Voci correlate ==
* [[Battaglia di Gorizia (1943)]]
* [[La Brigata Proletaria]]
* [[Esodo dei cantierini monfalconesi]]
 
== Collegamenti esterni ==
*{{cita web | 1 = http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2004/6/24_Cruicchi.pdf | 2 = Italiani nella Resistenza Europea | accesso = 3 aprile 2011 | dataarchivio = 5 marzo 2016 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20160305041905/http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2004/6/24_Cruicchi.pdf | urlmorto = sì }}
*{{cita web|http://www.anpibagnoaripoli.it/doc/testi/OndinaPeteani.pdf|La Resistenza prima della Resistenza}}
*[https://www.anpi.it/biografia/giovanni-fontanot Giovanni Fontanot ANPI] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090430064348/http://www.anpi.it/uomini/fontanot_giovanni.htm Giovanni|date=30 Fontanotaprile ANPI]2009 }}
*[https://web.archive.org/web/20150924072101/http://www.olokaustos.org/saggi/saggi/peteani/ondina5.htm La Brigata Proletaria non si arrende]
*[httphttps://www.anpi.it/uominibiografia/fontanot_giacomo.htmgiacomo-fontanot Giacomo Fontanot ANPI]
*{{cita web|http://www.anpibagnoaripoli.it/doc/testi/OndinaPeteani.pdf|La Resistenza prima della Resistenza}}
*{{cita web |1=http://www.unionesegrate.it/ante2.html |2=antefatti foibe 2 |accesso=27 gennaio 2009 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060511073701/http://www.unionesegrate.it/ante2.html |dataarchivio=11 maggio 2006 |urlmorto=sì }}
*{{cita web | 1 = http://www.unionesegrate.it/ante3.html | 2 = antefatti foibe 3 | accesso = 27 gennaio 2009 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20060511073226/http://www.unionesegrate.it/ante3.html | dataarchivio = 11 maggio 2006 | urlmorto = sì }}
*[https://web.archive.org/web/20090106025321/http://www.storiain.net/arret/num139/artic5.asp Tito DICE NO A Stalin]
*{{cita web|url=http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html|titolo=Tragico destino degli operai " cominformisti " di Anna Di Gianantonio|urlmorto=sì|accesso=28 gennaio 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110610221820/http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2006/pagina.php?cosa=0609lm30.01.html|dataarchivio=10 giugno 2011}}
 
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{{portale|seconda guerra mondiale|Venezia Giulia e Dalmazia}}
 
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