Tebaide (Stazio): differenze tra le versioni
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|annoorig = 92 d.C.
|annoita = 1570
|editioprinceps = Roma, 1470 circa
|forza_cat_anno = 50 <!-- anno per categorizzazione automatica per secolo da parte del template libro -->
|genere = poema epico
|lingua = la
|immagine = Stazio, tebaide, xiv secolo, copiato da tedaldo della casa (bncf II.II.78).jpg
|didascalia =
|ambientazione = [[Tebe (città greca antica)|Tebe]], [[Argo
|protagonista = I Sette a Tebe ([[Polinice]], [[Adrasto]], [[Anfiarao]], [[Capaneo]], [[Partenopeo]], [[Tideo]], [[Ippomedonte]])
|coprotagonista =
|antagonista = [[Eteocle]]
|altri_personaggi = [[Edipo]]<br>[[Giocasta]]<br>[[Antigone (figlia di Edipo)|Antigone]]<br>[[Ismene]]<br>[[Ipsipile]]<br>[[Creonte]]<br>[[Meneceo]]
|seguito = [[Silvae]]
}}
La '''''Tebaide''''' (''Thebais'') è un [[poema epico]] latino dello scrittore [[Papinio Stazio]], composto nel [[I secolo]] e incentrato sulla guerra mitica di [[Eteocle]] e [[Polinice]] sotto
==
'''Libro 1''': La ''Tebaide'' si apre con una ''[[Priamel]]'', in cui il poeta rifiuta diverse altre vicende della [[mitologia tebana]] e decide di concentrarsi invece sulla casa di Edipo (''Oedipodae confusa domus''), al che fa seguito una ''recusatio'' e un passo in lode di [[Domiziano]].
La narrazione inizia con la preghiera di [[Edipo]] agli [[Divinità ctonie|dèi ctonii]] e la maledizione sui suoi figli [[Polinice]] ed [[Eteocle]], che lo hanno respinto e maltrattato. La [[Erinni|furia]] [[Tisifone]] ascolta la preghiera di Edipo e sale sulla terra per adempiere alla sua maledizione, causando conflitti tra Eteocle e Polinice (che è in esilio per un anno mentre Eteocle detiene il trono di [[Tebe (città greca antica)|Tebe]]). Segue un [[concilio divino]] (''concilium deorum'') in cui [[Giove (divinità)|Giove]] informa gli dei del suo piano per far scoppiare una guerra tra Tebe e [[Argo (città antica)|Argo]]; quando [[Giunone]] supplica appassionatamente per Argo, viene messa a tacere dalla decisione irremovibile di Giove. [[Mercurio (divinità)|Mercurio]] viene inviato negli inferi per recuperare l'ombra di [[Laio]] per guidare Eteocle in guerra.
Nel frattempo Polinice è guidato da una tempesta verso Argo e la soglia del palazzo di [[Adrasto]], dove incontra [[Tideo]], anch'egli in esilio da [[Calidone]] e in cerca di rifugio. Tra i due esuli scoppia un alterco, interrotto da Adrasto, che li invita nella reggia, li festeggia e, in adempimento di una [[profezia]], offre loro in spose le sue due figlie. Prosegue spiegando l'[[eziologia]] della festa che stanno celebrando gli Argivi. Dopo aver ucciso [[Pitone (mitologia)|Pitone]], [[Apollo]] si recò ad Argo per farsi purificare da re [[Crotopo]]; qui si innamorò della principessa [[Psamate (figlia di Crotopo)|Psamate]] e la sedusse, ma ciò alla fine portò alla morte di lei e di suo figlio Lino, seguita dalla vendetta di Apollo: il dio inviò dagli inferi un mostro mangiatore di bambini, che in seguito fu ucciso da [[Corebo (mitologia)|Corebo]], il quale infine offrì un sacrificio ad Apollo per porre fine alla piaga. Il libro termina con la preghiera di Adrasto ad Apollo.
'''Libro 2''': Il secondo libro inizia con Mercurio che guida l'ombra di Laio a Tebe; Laio appare in sogno a Eteocle nei panni dell'indovino [[Tiresia]] e lo spinge a rifiutare di permettere a Polinice di diventare re quando il suo anno sia finito. Intanto, ad Argo, Adrasto dà in sposa le sue figlie, [[Argia (mitologia)|Argia]] a Polinice e [[Deipile]] a Tideo, in una cerimonia segnata da cattivi presagi. Il poeta descrive la [[collana di Armonia]], che Argia indossa al matrimonio, come un oggetto che porta sfortuna ai suoi portatori e causa conflitti. Polinice invia Tideo in un'ambasciata a Eteocle per ricordargli che il suo tempo di regno è finito, ma Eteocle rifiuta la richiesta di rinunciare al trono. Tideo, adirato, esce da Tebe, ed Eteocle lancia un agguato per ucciderlo in un passo di montagna: l'eroe calidonio, però, uccide tutti e cinquanta gli assalitori tranne Meone, in modo che possa riportare la notizia ad Eteocle.
'''Libro 3''': Meone ritorna a Tebe, riferisce il massacro ad Eteocle, criticandone il comportamento da tiranno, e poi si suicida. I Tebani escono per esaminare il massacro e seppellire i morti. Giove ordina a [[Marte (divinità)|Marte]] di andare sulla terra per scatenare la guerra, ma [[Venere (divinità)|Venere]] blocca il suo carro, implorandolo di impedire il conflitto. Marte segue i comandi di Giove e si dirige sulla terra, suscitando guai nelle città e aiutando Tideo a diffondere la notizia della battaglia combattuta. Arrivato ad Argo, infatti, l'eroe esorta la gente della città ad attaccare immediatamente Tebe, ma Adrasto impiega ancora un po' di tempo a pensare al miglior modo di agire; invia quindi i veggenti [[Anfiarao]] e [[Melampo (figlio di Amitaone)|Melampo]] in missione ad [[Afete]], per trarre gli auspici per l'imminente guerra, che fa presagire confusione, violenza e morte. Marte spinge in delirio gli Argivi, che prendono le armi e si radunano alle porte del palazzo, chiedendo la guerra. Argia, solidale con l'irrequietezza di suo marito, fa appello ad Adrasto per accelerare la guerra. Il re viene finalmente convinto e inizia i preparativi.
'''Libro 4''': Tre anni dopo, gli Argivi e i loro alleati sono riuniti e il poeta chiede a ''[[Fama (mitologia)|Fama]]'' e ''Vetustas'' di aiutarlo nel catalogo di eroi e alleati. I sette contro Tebe sono: Polinice; il calidone Tideo; gli argivi Adrasto, Anfiarao e [[Capaneo]]; [[Ippomedonte]] di [[Lerna]] e [[Partenopeo]] d'[[Arcadia]]. Intanto, anche i Tebani si preparano per la guerra; insospettito dai cattivi presagi e dall'avvertimento di [[Bacco]], Eteocle consulta Tiresia, che afferma che evocare gli spiriti è un modo più certo di predire il futuro; quindi Eteocle, Tiresia e sua figlia [[Manto]] vanno nel bosco di [[Diana]] per eseguire la [[Nekyia|negromanzia]]. Manto e Tiresia hanno una visione degli inferi e i suoi numerosi abitanti vengono a bere il sangue offerto. Vedono anche lo spirito di Laio a distanza, che si avvicina solo dopo che Tiresia lo convince che il suo odio è per suo figlio Edipo e non per suo nipote Eteocle; lo spirito del vecchio re dice loro che Tebe sarà vittoriosa, ma la vittoria "apparterrà a Edipo".
Mentre gli Argivi marciano attraverso [[Nemea]], Bacco provoca una siccità; l'esercito incontra [[Ipsipile]] che allatta il piccolo [[Archemoro|Ofelte]]: ella lascia il bimbo e mostra agli Argivi una sorgente dove finalmente trovano acqua, quindi rivela loro di essere Ipsipile figlia di [[Toante (figlio di Dioniso)|Toante]] re di [[Lemno]]. Il IV libro termina con le lodi per Nemea.
'''Libro 5''': Su richiesta degli Argivi, Ipsipile racconta la sua storia, che occupa quasi tutto il V libro, e di come da regina di Lemno sia divenuta [[balia]] di Ofelte, figlio di [[Licurgo (re di Nemea)|Licurgo]] ed Euridice, sovrani di Nemea.
Tuttavia, mentre è distratta, un [[Serpente (simbolo)|serpente]] sacro a Giove stritola Ofelte. Per vendicare il piccolo, Capaneo uccide la bestia, attirandosi l'odio di Giove. Licurgo ed Euridice piangono il loro figlioletto ucciso e vorrebbero punire Ipsipile, ma gli Argivi proteggono la fanciulla, che viene definitivamente salvata dal sopraggiungere dei suoi due figli perduti, [[Toante (figlio di Dioniso)|Toante]] ed Euneo.
'''Libro 6''': Il giorno dopo, gli Argivi si riuniscono nel palazzo di Nemea e presenziano ai riti funebri per Ofelte, mentre Euridice recita un lamento. Gli Argivi suggeriscono l'istituzione dei [[giochi di Nemea]] per commemorare Ofelte.
'''Libro 7''': Giove, adirato per gli eventi nemei che hanno ritardato la marcia argiva, invia Mercurio al tempio di Marte in [[Tracia]], affinché questi smuova l'esercito: Marte, allora, invia il [[panico]] sui soldati argivi, che riprendono così la loro marcia. Bacco supplica invano Giove di evitare la guerra, quando gli Argivi arrivano a Tebe con terribili presagi. Intanto [[Antigone (figlia di Edipo)|Antigone]], sorella di Eteocle e Polinice, e un vecchio servitore guardano da una torre l'esercito e ne descrivono gli eroi (''teichoscopia'').
Il giorno dopo l'arrivo degli Argivi, [[Giocasta]] si reca nel loro campo per dissuadere Polinice dal combattimento, ma viene bruscamente congedata da Tideo. Gli Argivi uccidono due [[Tigre|tigri]] sacre a Bacco: questo [[sacrilegio]] spinge i Tebani a combattere. Il poeta invoca la musa mentre inizia a descrivere il primo scontro, in cui Apollo concede ad Anfiarao una ''aristeia''. Durante la battaglia, però, la terra si apre e ingoia Anfiarao e il suo carro.
'''Libro 8''': Mentre Anfiarao scende nell'Ade, [[Plutone (divinità)|Plutone]], offeso da questa violazione del suo regno, invia Tisifone a devastare il campo di battaglia. I Tebani festeggiano dopo la battaglia, mentre nel campo argivo Melampo si propizia ''[[Tellus]]'' con sacrifici. Il poeta invoca [[Calliope]], quando la battaglia si accende di nuovo. Entrambe le parti ottengono vittorie nei combattimenti; Ati, promesso sposo di [[Ismene]], viene ucciso e portato a Edipo. Tideo avvista Eteocle e si muove contro di lui, ma è intercettato e mortalmente ferito da [[Melanippo (figlio di Astaco)|Melanippo]]. Reso folle dal dolore, Tideo uccide l'avversario e gli divora il cervello, prima di morire a sua volta.
'''Libro 9''': Si accende la mischia per il corpo di Tideo. Tisifone guida Ippomedonte e l'eroe compie una ''aristeia'', in cui però uccide anche Creneo, nipote del [[Potamoi|dio-fiume]] [[Ismeno (divinità)|Ismeno]], il quale si vendica uccidendolo. Gli eroi combattono per il corpo di Ippomedonte e il tebano Ipseo muore. Intanto, in Arcadia, [[Atalanta (mitologia)|Atalanta]] sogna la morte del figlio Partenopeo e prega Diana di salvarlo: la dea, però, non può che concedere a Partenopeo la forza per una ''aristeia'', prima che egli sia ucciso da Driante.
'''Libro 10''': I Tebani celebrano la vittoria momentanea, mentre le mogli degli eroi di Argo eseguono sacrifici a Giunone, che invia [[Iride (divinità)|Iride]] nel bosco di [[Somnus|Sonno]], il quale durante la notte addormenta profondamente l'esercito tebano. Una banda di soldati viene raccolta dagli Argivi, entra nel campo tebano e massacra i guerrieri addormentati. Dimante e Opleo uccidono molti tebani e vengono uccisi insieme.
I Tebani si svegliano e si ritirano nella città; gli Argivi lanciano un attacco frontale sulla fortezza, le cui porte vengono chiuse. In città Tiresia consulta gli dèi e vaticina che, affinché la guerra finisca, sia necessaria la morte di [[Meneceo]], figlio di [[Creonte]]: il giovane ubbidisce e si getta volontariamente dalle mura. [[Capaneo]] si arrampica su una torre e, in un empito di ''[[hybris]]'', arriva a sfidare Giove, che lo uccide con un fulmine.
'''Libro 11''': Gli Argivi sono respinti dai Tebani nel loro accampamento. Le furie Tisifone e [[Megera]] spingono Polinice a sfidare Eteocle a singolar tenzone per decidere la guerra. Giocasta e Antigone cercano di dissuaderli, ma i due fratelli escono nella pianura per combattere e si uccidono a vicenda. Alla notizia, Edipo leva il suo lamento, mentre Giocasta si [[suicida]]. L'armata argiva, guidata da Adrasto, unico superstite tra i sette, si ritira sconfitta. Creonte prende il potere a Tebe, proibisce la sepoltura di Polinice ed esilia Edipo.
'''Libro 12''': I Tebani seppelliscono Meneceo e gli altri loro caduti. Le donne argive si recano a Tebe per seppellire i loro mariti, figli e fratelli defunti, ma ricevono la notizia che Creonte ha negato loro la sepoltura.
Allora le donne argive si recano ad [[Atene (città antica)|Atene]] per chiedere a [[Teseo]] di aiutarle, mentre la sola Argia viene segretamente a Tebe e incontra Antigone fuori dalle mura; le due bruciano il corpo insepolto di Polinice sulla [[pira funebre]] di Eteocle, ma le due fiamme si separano, tanto è l'odio tra i due fratelli, anche dopo la morte. Creonte fa arrestare le due, mentre ad Atene le donne argive si prostrano supplici all'altare di ''[[Clementia]]''. Teseo appresta un esercito: gli Ateniesi hanno la meglio sui Tebani e Creonte cade sul campo. Argia e Antigone sono liberate e le donne argive possono seppellire i loro morti.
Il poema termina con un [[epilogo]] in cui il poeta prega che la sua poesia abbia successo, dichiara di non voler rivaleggiare con l{{'}}''[[Eneide]]'' e si augura che la sua fama gli sopravviva.
== Traduttori in lingua italiana ==
Il grande successo della ''Tebaide'' lungo la [[tarda antichità]] e il [[medioevo]] (si pensi all'uso che ne fa [[Dante Alighieri|Dante]], oltre ad introdurre Stazio come personaggio negli ultimi canti del [[Purgatorio (Divina Commedia)|Purgatorio]]) spiega anche le numerose traduzioni del poema lungo l'età moderna, da quella di [[Erasmo di Valvasone|Erasmo da Valvasone]], nel 1570, a quella di Giacinto Nini (1630).
Una delle traduzioni più famose ed ancora oggi usate è quella di [[Cornelio Bentivoglio (cardinale)|Cornelio Bentivoglio]], che nel 1729 la pubblicò per i tipi di [[Giovanni Maria Salvioni]] con lo pseudonimo "Selvaggio Porpora". Seguirono la traduzione di Giulio Lisati (Chioggia, 1839) e di Umberto Sailer, stampata a Venezia nel 1881.
Nel XX secolo si segnalano la traduzione di Giovanna Faranda Villa (1998) per [[Rizzoli]] e di Laura Micozzi (2010) per [[Arnoldo Mondadori Editore|Mondadori]].
== Edizioni italiane ==
* Publius Papinius Statius, ''Le Opere'', notizie introduttive di Federico Dubner, Giuseppe Antonelli Editore, Venezia, 1840.
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|Antica Roma|letteratura|lingua latina}}
[[Categoria:Poemi epici]]
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