Marco Tullio Cicerone: differenze tra le versioni
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Cicerone non può essere definito filosofo in quanto si limita alla sola compilazione (in chiave eclettica) di dottrine filosofiche greche, astenendosi dal partorirne di proprie. Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile |
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{{nota disambigua||Cicerone (disambigua)|Cicerone}}
{{Magistrato romano
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|princeps senatus = [[43 a.C.]]
{{Bio
|Nome = Marco
|Cognome = Tullio Cicerone |ForzaOrdinamento = Cicerone, Marco Tullio
|PreData = {{latino|Marcus Tullius Cicero}}, [[Scrittura e pronuncia del latino|pronuncia ecclesiastica]]: {{IPA|[ˈmarkus ˈtulljus ˈt͡ʃiːt͡ʃero]}}, [[Scrittura e pronuncia del latino|pronuncia restituta o classica]]: {{IPA|[ˈmaːr.kʊs ˈtʊl.lɪ.ʊs ˈkɪ.kɛ.roː]}}; {{lang-grc|Μάρκος Τύλλιος Κικέρων|Márkos Týllios Kikérōn}}
|Sesso = M
|LuogoNascita = Arpino
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|GiornoMeseMorte = 7 dicembre
|AnnoMorte = 43 a.C.
|Epoca = I a.C.
|Attività = avvocato
|Attività2 = politico
|Attività3 = scrittore
|AttivitàAltre =
|Nazionalità = romano
}}
Cicerone occupò, per molti anni, anche un ruolo di primaria importanza nel mondo della politica romana: dopo aver salvato la repubblica dal tentativo eversivo di [[Lucio Sergio Catilina]]
== Biografia ==
=== Giovinezza ===
==== L'infanzia e la famiglia ====
Marco Tullio Cicerone nacque, il 3 gennaio del [[106 a.C.]]<ref>Plutarco, ''Vita di Cicerone'', 2, 1.</ref>, a ''Ponte Olmo''<ref>Dionigi Antonelli, Abbazie, prepositure e priorati benedettini nella diocesi di Sora nel Medioevo, [[Pontificia Università Lateranense]], Roma, 1986, pp.212-213</ref>, in prossimità del fiume [[Fibreno]] attualmente comune di Sora, accanto al comune di [[Arpino|Arpinum]] (area attualmente occupata dall'[[Abbazia di San Domenico]]<ref>Luigi Loffredo, S. Domenico di Sora e i luoghi natali di Cicerone, Tipografia dell’Abbazia di Casamari, Veroli 1981, pp. 19-24</ref><ref name="Narducci_19">{{cita|Narducci 2009|p. 19|Narducci}}.</ref>). Gli Arpinati ricevettero la ''[[cittadinanza romana|civitas sine suffragio]]'' nel [[IV secolo a.C.]] e i pieni diritti di cittadinanza nel [[188 a.C.]]; in seguito, la città ottenne anche lo ''status'' di [[Municipio (storia romana)|''municipium'']].<ref name="Narducci_19" /> La [[lingua latina]] era in uso già da lungo tempo<ref name="Rawson_1">{{cita|Rawson|p. 1|Rawson}}.</ref>; tuttavia, ad Arpino, era diffuso anche l'insegnamento della [[Lingua greca antica|lingua greca]], che l'élite senatoriale romana preferiva spesso a quella latina, riconoscendone la maggiore raffinatezza e precisione.<ref name="Rawson_7">{{cita|Rawson|pp. 7-8|Rawson}}.</ref> L'assimilazione, da parte dei Romani, delle comunità italiche vicine a [[Roma]] (avvenuta tra il [[II secolo a.C.|II]] e il [[I secolo a.C.]]), permise a Cicerone di diventare scrittore, statista e oratore.
Cicerone apparteneva alla classe equestre (la piccola [[nobiltà]] locale) e, anche se lontanamente imparentato con [[Gaio Mario]] (il corifèo dei ''[[Populares]]'' durante la [[Guerra civile romana (83-82 a.C.)|guerra civile]] contro gli ''[[Ottimati|optimates]]'' di [[Lucio Cornelio Silla]]<ref name="Rawson_2">{{cita|Rawson|pp. 2-3|Rawson}}.</ref>), non aveva alcun legame con l'oligarchia senatoriale romana; era dunque un ''[[homo novus]]''. La famiglia era composta dal padre [[Marco Tullio Cicerone il Vecchio]], uomo colto ma di origine sconosciuta e dalla madre Elvia, di nobile casato e integri costumi<ref>Plutarco, ''Vita di Cicerone'', 1, 1.</ref> e dal fratello [[Quinto Tullio Cicerone|Quinto]].
Il ''[[
==== Studi ====
[[File:The Young Cicero Reading.jpg|thumb|upright=1.4|''[[Fanciullo che legge Cicerone
Il padre, auspicando una brillante carriera forense e politica per i figli, li condusse a [[Roma]] dove Marco venne introdotto nel circolo dei migliori oratori (e protettori della sua famiglia): [[Lucio Licinio Crasso]] e [[Marco Antonio Oratore]]; Crasso ebbe particolare influenza su Cicerone che lo considerò sempre un modello di oratore e di statista. A Roma, poi, poté anche formarsi nella [[giurisprudenza]], grazie alla scuola di [[Quinto Mucio Scevola (console 117 a.C.)|Quinto Mucio Scevola]]<ref>Plutarco, ''Vita di Cicerone'', 3, 2.</ref>. Tra i suoi compagni, ci furono anche [[Gaio Mario il Giovane]], [[Servio Sulpicio Rufo]] (destinato a divenire un celebre avvocato, nonché, uno dei pochi che Cicerone considerò superiori a sé stesso) e [[Tito Pomponio Attico|Tito Pomponio]] (che prese poi il ''cognomen'' di Attico, dopo una lunga permanenza ad [[Atene]], e che divenne intimo amico di Cicerone, tanto da scrivergli una lettera: «Sei per me come un secondo fratello, un ''[[alter ego]]'' al quale posso dire ogni cosa»<ref name="Rawson_14">{{cita|Rawson|pp. 14-15|Rawson}}.</ref>).
In questo periodo, Cicerone si avvicinò anche alla poesia<ref>
Particolarmente attratto dalla [[filosofia]],<ref name="Rawson_18">{{cita|Rawson|p. 18
Poco tempo dopo, Cicerone incontrò [[Diodoto (filosofo)|Diodoto]], esponente dello [[stoicismo]]
=== ''Cursus honorum'' ===
==== Prime esperienze ====
Il sogno di infanzia di
L'ingresso di Cicerone nella carriera forense avvenne ufficialmente nell'[[81 a.C.]] con la sua prima orazione pubblica, la ''[[Pro Quinctio]]'', per una causa in cui ebbe come avversario il più celebre oratore del tempo, [[Quinto Ortensio Ortalo]]. Ma il suo vero esordio nell'oratoria a carattere politico
[[File:Sulla Glyptothek Munich 309.jpg|thumb|[[Lucio Cornelio Silla]]
Cicerone divise le sue argomentazioni in tre parti: nella prima, difese Roscio e tentò di provare che non era stato lui a commettere l'assassinio; nella seconda, attaccò quelli che avevano realmente commesso il crimine
Per sfuggire
==== Ingresso in politica ====
[[File:Cicero.PNG|thumb|upright=0.8|left|Busto di Cicerone]]
Tornato a Roma dopo la morte di [[Lucio Cornelio Silla|Silla]]
Al termine del mandato, i siciliani gli affidarono la causa contro il propretore [[Gaio Licinio Verre|Verre]], colpevole di aver tiranneggiato l'isola nel triennio [[73 a.C.|73]]-[[71 a.C.]]<ref>Plutarco, ''Vita di Cicerone'', 7, 3.</ref><ref>Plutarco, ''Vita di Cicerone'', 7, 4.</ref>. Cicerone raccolse le prove della colpevolezza, pronunciò due orazioni preliminari (''Divinatio in Quintum Caecilium'' e ''Actio prima [[in Verrem]]'') e l'ex-governatore, attaccato da prove schiaccianti, scelse l'esilio volontario<ref>Plutarco, ''Vita di Cicerone'', 7, 5-7.</ref>. Le cinque orazioni preparate per le successive fasi del processo (che costituiscono l{{'}}''Actio secunda''), furono pubblicate in seguito e costituiscono un'importante prova del malgoverno che l'oligarchia senatoria esercitava a seguito delle riforme di Silla. Attaccando Verre, Cicerone attaccò la prepotenza della nobiltà corrotta ma non l'istituzione senatoria stessa (anzi, fece appello proprio alla dignità di tale ordine affinché ne estromettesse i membri indegni). Acquisì, inoltre, un enorme prestigio perché a difendere Verre era [[Quinto Ortensio Ortalo]], considerato il più grande avvocato dell'epoca<ref>Plutarco, ''Vita di Cicerone'', 7, 8.</ref>: "sconfitto", Ortensio dovette accettare che il suo posto venisse preso da Cicerone (il quale, si guadagnò il titolo di "Principe del [[Foro Romano|Foro]]"); nonostante l'episodio, tuttavia, i due oratori strinsero, in seguito, un buon legame di amicizia (infatti, proprio a Ortalo che elogiò anche nel ''[[Brutus (Cicerone)|Brutus]]'', Cicerone dedicò un'intera opera non pervenuta, l{{'}}''[[Ortensio (Cicerone)|Hortensius]]'').
A Roma, l'oratoria e l'attività forense erano uno dei principali mezzi di propaganda per i politici emergenti, poiché non esistevano documenti scritti di argomento politico (con l'eccezione degli ''[[Acta Diurna]]'' che, però, godevano di scarsa diffusione). Contro Cicerone,
Il successo ottenuto da quelle orazioni (che vennero poi chiamate ''
==== Consolato ====
[[File:
Nel [[65 a.C.]] Cicerone presentò la candidatura al consolato. Nel 64 venne eletto [[Console (storia romana)|console]] per l'anno successivo (ossia il [[63 a.C.]]). La sua posizione venne illustrata dal fratello Quinto in un'opera (di dubbia attribuzione: la scrisse lo stesso Cicerone?), ''Commentariolum petitionis'', scritta per consigliarlo nella campagna elettorale. Per un gioco delle classi, Cicerone risultò eletto con il voto di tutte le centurie.<ref>
Durante il proprio consolato Cicerone dovette contrastare il tentativo di congiura messo in atto da Catilina. Questi era un nobile impoverito che, dopo aver combattuto insieme a Silla e aver completato il cursus honorum, aspirava a diventare console. Catilina si candidò a console tre volte e tre volte venne fermato con processi dubbi o con
{{citazione|Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?|Marco Tullio Cicerone, [[Catilinarie]] I,1|[[Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?]]|lingua=la}} Catilina, visti i suoi piani svelati, fu costretto a lasciare Roma per ritirarsi in Etruria presso il suo sostenitore Gaio Manlio, lasciando la guida della congiura ad alcuni uomini di fiducia, [[Publio Cornelio Lentulo Sura|Lentulo Sura]] e [[Gaio Cornelio Cetego (congiurato)|Cetego]].<ref>
Grazie alla collaborazione
{{citazione|Vissero|Marco Tullio Cicerone|Vixerunt|lingua=la}}
poiché era considerato di cattivo auspicio pronunciare la parola "morte" (ed espressioni di significato affine come "sono morti") nel foro. Catilina fu poi sconfitto, nel gennaio 62, in [[Battaglia di Pistoia|battaglia]] assieme al suo esercito.
Cicerone, che non smise mai di vantare il proprio ruolo determinante per la salvezza dello
=== Durante la guerra civile ===
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[[File:Gaius Iulius Caesar (Vatican Museum).jpeg.jpg|thumb|left|upright=0.9|[[Gaio Giulio Cesare]] ([[Musei Vaticani]])]]
A seguito del riemergere dei contrasti tra senatori e
Dopo questo rifiuto e la costituzione del primo triumvirato, Cicerone si tenne fuori dalla politica ma ciò non bastò a salvarlo dalle vendette dei ''populares'': all'inizio del [[58 a.C.]] il [[tribuno della plebe]] [[Clodio Pulcro]], nemico di Cicerone per un precedente processo per sacrilegio,<ref>
Nei mesi dell'esilio Cicerone non si diede pace, implorando le sue conoscenze perché favorissero il suo ritorno. Clodio, però, fece approvare anche una serie di altre leggi che prevedevano che Cicerone non si potesse neppure avvicinare al confine dell'Italia, e che le sue proprietà venissero confiscate Tornato a Roma riprese la sua lotta contro il tribuno della plebe<ref>Plutarco, ''Vita di Cicerone'', 33, 7.</ref><ref name="Haskell_204">{{cita|Haskell|p. 204|Haskell}}.</ref>. Simpatizzante degli [[optimates]] per via anche della sua personale amicizia con Milone, uno dei capi della fazione, tenne tre orazioni in difesa di tre [[optimates]]. Nel [[56 a.C.]] Cicerone pronunciò l'orazione ''Pro Sestio'' in cui allargava il suo precedente ideale politico: l'alleanza tra cavalieri e senatori a suo avviso non era più sufficiente per stabilizzare la situazione politica. Occorreva, quindi, un fronte comune di tutti i possidenti per opporsi alla sovversione tentata dai ''populares'': tale proposta prende il nome di [[consensus omnium bonorum]]. Sempre lo stesso anno tenne l’orazione [[Pro Caelio]] con cui [[Cicerone]] si trova a difendere [[Marco Celio Rufo]] dall’accusa di tentato avvelenamento della sua amante, [[Clodia]] (sorella del tribuno della plebe [[Clodio Pulcro]] e identificata dagli studiosi come la [[Lesbia]] di [[Catullo]]). Nonostante la donna venisse dipinta come colei che per prima aveva tentato di uccidere l’amante in quanto avversario politico del fratello le accuse erano inconsistenti e [[Cicerone]] spiegò il gesto compiuto da [[Marco Celio Rufo]] come un errore di gioventù. Nel [[55 a.C.]] scrive [[In Pisonem]], orazione contro il governatore di Macedonia [[Lucio Calpurnio Pisone Cesonino (console 58 a.C.)|Lucio Calpurnio Pisone]], suocero di Cesare.
[[File:Mondo romano nel 49 aC allo scoppio della guerra civile.png|thumb|upright=1.6|Il mondo romano allo scoppio della guerra civile (1 gennaio 49 a.C.). Sono inoltre evidenziate le legioni distribuite per provincia]]
Dopo essere stato nominato [[augure]] nel [[53 a.C.]] al posto di Crasso,<ref name="
Cicerone rivelava nelle sue opere ed in lettere ad amici come [[Cornelio Nepote]], riguardo alla personalità di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]]: {{citazione|Non vedo a chi Cesare debba cedere il passo. Ha un modo di esporre elegante, brillante ed anche, in un certo modo si pronuncia in modo elegante e splendido... Chi gli vorresti anteporre, anche tra gli oratori di professione? Chi è più acuto o ricco nei concetti? Chi più ornato o elegante nell'esposizione?|[[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]], ''[[Vite dei Cesari]]'', ''[[Gaio Giulio Cesare|Cesare]]'', 55.}}
La speranza di Cicerone di collaborare al governo di Cesare venne troncata dalla piega assolutistica e monarchica presa dal potere<ref>[[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]], ''[[Vite dei Cesari]]'', ''[[Gaio Giulio Cesare]]'', 9.</ref>. L'oratore si ritirò, iniziando la stesura di opere di carattere filosofico ed oratorio. A questo si aggiunse il divorzio dalla moglie [[Terenzia]] e la morte della figlia [[Tullia (figlia di Cicerone)|Tullia]], seguita dalla separazione dalla seconda moglie Publilia, una giovinetta.
Quando Cesare fu ucciso, il 15 marzo del [[44 a.C.]], a seguito della congiura ordita da [[Marco Giunio Bruto]] e [[Gaio Cassio Longino]], per Roma, e per lo stesso Cicerone, si avviò una nuova fase politica, che avrebbe avuto termine solo con l'avvento dell'impero.
==== L'opposizione ad Antonio e la morte ====
Cicerone non fu, certamente, colto di sorpresa dall'assassinio, da parte dei ''Liberatores'', di Giulio Cesare: era sicuramente al corrente della congiura che si andava tessendo, ma decise sempre di tenersene al di fuori, pur manifestando una grande ammirazione per l'uomo che era destinato a divenire il simbolo stesso della congiura, Bruto. E lo stesso Bruto, infatti, con il pugnale sporco del sangue di Cesare ancora in mano, additò Cicerone definendolo l'uomo che avrebbe ristabilito l'ordine nella repubblica.<ref>Cicerone, ''Seconda Filippica''</ref>
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Scrisse a [[Lucio Minucio Basilo]], uno dei cesaricidi, una lettera per congratularsi dell'assassinio di Cesare:
{{citazione|Con te mi congratulo, per me sono contento; ti sono vicino, ho cura delle tue cose; ti chiedo di volermi bene e di farmi sapere che cosa fai e che cosa succede.|Cicerone, ''[[Epistulae ad familiares|Ad Familiares]]'', [http://www.thelatinlibrary.com/cicero/fam6.shtml#15 vi, 15]| Tibi gratulor, mihi gaudeo; te amo, tua tueor; a te amari et, quid agas quidque agatur, certior fieri volo.|la}}
La data della missiva non è conosciuta, ma viene solitamente ritenuta vicinissima o coincidente alla congiura.<ref name
Cicerone, infatti, tornò ad essere anche di fatto uno dei maggiori
[[File:Statue-Augustus.jpg|thumb|Statua di [[Augusto]] comunemente detta ''[[Augusto di Prima Porta]]'', custodita ai [[Musei Vaticani]].]]
Tra Cicerone ed Antonio, comunque, i rapporti non erano dei migliori, e i due, d'altra parte, si trovavano all'esatto opposto in ambito politico: Cicerone era il difensore degli interessi dell'oligarchia senatoriale, convinto sostenitore della repubblica monopolizzata dai ricchi, mentre Antonio avrebbe voluto fare suoi i progetti di Cesare ed assumere gradualmente un potere monocratico
Cicerone, allora, si schierò ancora più apertamente contro Antonio, definendo Ottaviano come vero erede politico di Cesare, e come uomo mandato dagli dèi per ristabilire l'ordine.<ref>
Tornato a Roma, Ottaviano si trovò nella situazione di dover scegliere tra il totale abbandono della politica cesariana, che avrebbe tenuto in vita l'agonizzante repubblica, e l'allontanamento dal
Cicerone lasciò allora Roma e si ritirò nella sua villa di Formia, che aveva ricostruito dopo gli episodi legati a Clodio. A Formia, però, fu raggiunto da alcuni sicari inviati da Antonio, che, aiutati da un liberto di nome Filologo,<ref>
{{citazione|Sporgendosi dalla lettiga ed offrendo il collo senza tremare, gli fu recisa la testa. E ciò non bastò alla sciocca crudeltà dei soldati: essi gli tagliarono anche le mani, rimproverandole di aver scritto qualcosa contro Antonio. |[[Tito Livio|Livio]] - ''[[Ab Urbe condita libri]]'', CXX - cit. in [[Lucio Anneo Seneca il vecchio|Seneca il Vecchio]], ''Suasoriae'', 6,17|Prominenti ex lectica praebentique immotam cervicem caput praecisum est. Nec satis stolidae crudelitati militum fuit: manus quoque scripsisse aliquid in Antonium exprobrantes praeciderunt.|lingua=la}}
{{citazione|Ed egli, come era solito, toccandosi le guance con la mano sinistra, impassibilmente rivolse lo sguardo ai sicari, ricoperto dal sudore e dalla capigliatura e disfatto nel volto dalle preoccupazioni, tanto che i più si coprirono il volto mentre Erennio lo uccideva. E fu ucciso mentre sporgeva il collo dalla lettiga, quando quello che trascorreva era il suo sessantaquattresimo anno. E, per ordine di Antonio, tagliarono la sua testa e le sue mani, con le quali aveva scritto le Filippiche. Cicerone stesso infatti intitolò Filippiche le orazioni contro Antonio e tuttora sono chiamate Filippiche. |[[Plutarco]]
Una volta sconfitto Antonio, Ottaviano scelse Marco, figlio di Cicerone, come collega per il consolato, e proprio Marco comminò le pene
Plutarco racconta che quando, tempo dopo, insignito del titolo di Augusto, Ottaviano trovò un nipote che leggeva le opere di Cicerone, gli prese il libro, e ne lesse una parte. Una volta che glielo ebbe restituito, disse: "Era un saggio, ragazzo mio, un saggio, e amava la patria".<ref>
== Vita privata ==
=== Matrimoni ===
Cicerone probabilmente sposò [[Terenzia]] all'età di 29 anni, nel [[77 a.C.]] Il matrimonio - di convenienza - fu piuttosto armonioso per 30 anni. Terenzia era di famiglia patrizia ed era una ricca ereditiera, entrambi fattori particolarmente importanti per il giovane ambizioso che
Alla fine del [[47 a.C.]] o all'inizio del [[46 a.C.]] Cicerone ripudiò Terenzia.<ref>
Verso la fine del 46 a.C. Cicerone sposò Publilia, giovane e ricca fanciulla orfana di padre, che viveva sola con la madre.<ref>Cicerone, ''Lettere ad Attico'',12,18b,2</ref> Secondo Terenzia (che accusava Publilia di essere la causa del suo divorzio), la giovinezza della fanciulla avrebbe causato l'innamoramento di Cicerone, mentre secondo Tirone, liberto dell'oratore, dietro la decisione ci sarebbe stato il desiderio di usufruire dei beni della giovane
Il divorzio dalla storica consorte [[Terenzia]] e le seconde nozze con Publilia, destinate anch'esse alla rottura, resero Cicerone oggetto di feroci critiche, come quelle rivoltegli da Antonio nelle repliche alle Filippiche.
Entrambe le mogli di Cicerone morirono in tardissima età, cosa insolita per quei tempi (Terenzia addirittura centenaria; in quanto a Publilia, era ancora viva durante l'impero di Tiberio, avendo sposato in seconde nozze il console [[Gaio Vibio Rufo]], secondo quanto afferma [[Cassio Dione]]).
=== Prole ===
È universalmente noto l'amore di Cicerone per la figlia [[
Attico invitò Cicerone ad andarlo a trovare nelle prime settimane dopo la morte di Tullia per poterlo consolare. Nella grande biblioteca di Attico, Cicerone lesse tutto quello che i filosofi greci avevano scritto circa il superamento del dolore, «...ma il mio dolore sconfigge ogni consolazione».<ref>Cicerone, ''Lettere ad Attico'', 12,14</ref> [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e [[Marco Giunio Bruto|Bruto]] gli spedirono lettere di condoglianze, e così fece anche il suo vecchio amico e collega, l'avvocato [[Servio Sulpicio Rufo]]. Questi spedì una lettera che in seguito è stata molto apprezzata, piena di riflessioni sulla fugacità di tutte le cose.
Dopo un po', Cicerone decise di abbandonare ogni compagnia per ritirarsi in solitudine nella sua villa di [[Torre Astura|Astura]], appena acquistata. Si trovava in un bosco solitario, ma non lontano da [[Napoli]], e per molti mesi non fece altro che camminare per il bosco, piangendo. Scrisse ad Attico: «Io mi immergo là nel bosco selvatico e fitto la mattina presto, e vi soggiorno fino a sera».<ref name="Cicerone, Lettere ad Attico"/> Più tardi decise di scrivere un libro per insegnare a se stesso come [[Consolatio|superare il dolore]]; questo libro, intitolato ''Consolatio'', fu estremamente apprezzato in antichità (in particolare da Sant'Agostino), ma sfortunatamente è andato perduto, e ne restano solo pochi frammenti. In seguito Cicerone progettò anche di far erigere un piccolo tempio alla memoria di Tullia, la "sua incomparabile" figlia, ma poi non portò a termine il progetto, per ragioni ignote.
Cicerone sperava che il figlio [[Marco Tullio Cicerone (console 30 a.C.)|Marco]] scegliesse di diventare filosofo come lui, ma era un'aspettativa
Dopo l'assassinio del padre, Marco si unì all'esercito dei ''Liberatores'', guidati da [[Marco Giunio Bruto]] e [[Gaio Cassio Longino]], ma
=== L'umorismo ciceroniano ===
<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Francesca|cognome=Boldrer|data=2019|titolo=Oratoria e umorismo latino in Cicerone: idee per l’inventio tra ars e tradizione - Oratory and Latin Humour in Cicero: Inventio between Ars and Tradition|rivista=Ciceroniana on line|volume=3|numero=2|pp=367-384|lingua=it|accesso=9 marzo 2023|doi=10.13135/2532-5353/4127|url=https://www.ojs.unito.it/index.php/COL/article/view/4127|issn=2532-5353 }}</ref>
* Vedendo un busto marmoreo che raffigurava suo fratello [[Quinto Tullio Cicerone|Quinto]], uomo di bassa statura, Cicerone osservò: "''Che strano! Mio fratello è più grande quando è mezzo che quando è intero''"
* Anche il marito della figlia non era alto, e vedendolo indossare l’armatura e le armi di legionario Cicerone chiese ai presenti: "''Chi ha legato mio genero alla spada?''".
* Un certo Vibio Curione aveva il vezzo di abbassarsi l'età e Cicerone: "''Ma allora quando andavamo a scuola insieme non eri ancora nato?''".
* Saputo che Fabia Dolabella asseriva di avere trent’anni, Cicerone assentì: "''È vero! Sono vent’anni che glielo sento dire.''"
* Cicerone non aveva nobili natali per cui il patrizio [[Quinto Cecilio Metello Nepote minore|Metello Nepote]] lo derideva, durante le udienze in tribunale, chiedendogli chi era suo padre. Ma Cicerone: "''Per quanto ti riguarda, invece, tua madre ti ha reso difficile rispondere a questa domanda!''"
* Ad un avversario disonesto che lo attaccò in Senato domandandogli: "''Perché abbai tanto?''", Cicerone rispose: "''Perché vedo un ladro!''"
== Cicerone politico ==
{{vedi anche|Pensiero politico di Cicerone}}
[[File:CiceroBust.jpg|thumb|Busto di Cicerone]]
{{citazione|Il potere è del popolo, l'autorità del senato|Marco Tullio Cicerone, ''De Legibus'',3,12|Potestas in populo, auctoritas in senatu|lingua=la}}
Come uomo politico, Cicerone è sempre stato bersaglio della critica di antichi e moderni. Le accuse mossegli vanno dall'incoerenza alla vanità, alla poca lungimiranza. Ma la sua conduzione oggettivamente può essere giustificata se la si contestualizza nella politica del tempo, fatta in un mobile gioco di accordi e conflitti tra gruppi di potere e famiglie nobili, che sfruttavano le etichette di partito per mire personali.
«Cicerone era attaccato al governo repubblicano per tradizione e per ricordo, rammentando le grandi cose che esso aveva fatto e a cui egli, come molte altre persone, doveva le sue dignità, il suo grado sociale e il nome. Non poteva dunque pensare a rassegnarsi così facilmente alla sua caduta, anche se la libertà effettiva non esisteva più a Roma, e non ne restava che l'ombra. Non bisogna biasimare coloro, come Cicerone, che vi s'attaccano e fanno sforzi disperati per non lasciarla perire, poiché quest'ombra, questa apparenza li consola della libertà perduta e infonde loro qualche speranza di riconquistarla. Questo era ciò che pensavano i Romani che, come Cicerone, dopo matura riflessione, senza entusiasmo, senza passione, e senza speranza, andarono a raggiungere Pompeo»; questo è ciò che Lucano fa dire a [[Marco Porcio Catone|Catone]] in quei versi ammirevoli che esprimono i sentimenti di tutti coloro che, senza nascondere la triste condizione della [[Repubblica Romana|Repubblica]], si ostinarono a difenderla fino alla fine: «Come un padre, che ha or ora perduto il figlio, prova una sorta di piacere a dirigere i riti funebri, accende con le sue mani il rogo, non lo lascia che a malincuore e il più tardi possibile, così, Roma, io non t'abbandonerò prima di averti tenuta morta tra le mie braccia. Io seguirò fino alla fine il tuo solo nome, o libertà, anche quando non sarai più che un'ombra vana».<ref>[[Marco Anneo Lucano|Lucano]], ''Pharsalia'', II,300</ref>
Preoccupazione costante di Cicerone fu la difesa dello ''status quo'' e dei diritti della grande proprietà latifondista, desideroso soprattutto di acquisire presso i notabili romani il credito necessario per entrare a far parte della classe dirigente. Egli si adoperò quindi per la conservazione del potere e dei privilegi di cui godeva la classe degli ''[[Ottimati|optimates]]'', secondo una formula che, in sostanza, significava sicurezza e tranquillità (''otium'') per tutti i possidenti, e che implicava che il potere (''dignitas'') rimanesse nelle mani di un'oligarchia.<br />
Il suo preteso desiderio che in questa élite si entrasse per "merito" e non per nascita, quand'anche non lo si voglia meramente intendere come un sottinteso riferimento alle sue vicende personali, rimase comunque un'astrazione teorica, un'utopia,
Cicerone fu, inoltre, sostenitore dell'ideale politico della ''concordia ordinum'' (intesa tra il ceto equestre e senatorio divenuta poi ''concordia omnium bonorum'', ovvero concordia di tutti i cittadini onesti), e la esaltò, in particolare, nella quarta orazione contro [[Lucio Sergio Catilina|Catilina]]: allora, per la prima volta nella storia tardo repubblicana, i senatori, i cavalieri ed il popolo si trovarono d'accordo sulle decisioni da prendere, decisioni dalle quali dipendeva la salvezza dello stato. Cicerone auspicava che la ''concordia'' potesse durare per sempre, pur capendo che essa era nata, in quel particolare frangente, solo per la pressione emotiva: d'altronde, la ''concordia'' non faceva leva su un particolare progetto politico, ma solamente su motivi di carattere sentimentale ed economico.<ref>E. Risari, ''L'ideale politico: la "concordia ordinum"'', in: Cicerone, ''Le Catilinarie'', Mondadori</ref>
== Cicerone filosofo ==
Per le opere, vedi l'[[
=== La filosofia romana prima di Cicerone ===
[[File:Young Folks' History of Rome illus239.png|thumb|left|upright=0.8|Ritratto di Cicerone]]
Cicerone fu il primo degli autori romani a comporre opere filosofiche in latino: ne andava, infatti, molto fiero, ma si scusava, allo stesso tempo, di aver dedicato alla filosofia così tanto tempo.<ref name="Rawson_18" /> Alcuni, infatti, ritenevano che fosse disdicevole per un uomo romano dedicarsi alla filosofia, altri pensavano che comunque non bisognasse dedicarle più di un certo tempo. Altri ancora, infine, erano convinti sostenitori della totale superiorità della filosofia greca
Cicerone era però convinto che, se i Romani si fossero dedicati seriamente alla filosofia, avrebbero allora raggiunto le stesse vette dei Greci, che già avevano eguagliato nella retorica. Ma il gusto per le speculazioni filosofiche era totalmente estraneo alla società romana: il ''vir'' era, d'altronde, un uomo d'azione. I Romani conobbero la filosofia grazie al contatto con i Greci, ma consideravano inutile, se non addirittura deleteria, una vita spesa alla continua ricerca di un sapere che non portava nessuna gloria alla patria né alcuna ricchezza. Il Senato arrivò, infatti, addirittura ad espellere dall'Urbe i filosofi ateniesi che vi erano giunti in visita nel [[155 a.C.]], [[Carneade]], Diogene e [[Critolao]].<ref name="Perelli"/>
La stessa ''nobilitas'' senatoriale non voleva, poi, che il popolo
A riscuotere un istantaneo successo a Roma fu lo [[stoicismo]], ma presto ad esso si unirono le altre dottrine, i cui esponenti arrivarono "in massa" a Roma nel corso del I secolo a.C. In poco tempo, dunque, la situazione aveva subito un totale ribaltamento
=== Formazione filosofica di Cicerone ===
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== Opere ==
[[File:Marci Tullii Ciceronis Opera Omnia.tif|thumb|''Marci Tullii Ciceronis Opera Omnia'', 1566]]
=== Scritti filosofici ===
[[File:Cicero de officiis.jpg|thumb|Frontespizio di una stampa del ''De officiis''; Christopher Froschouer, [[1560]]]]
Le opere filosofiche di Cicerone costituiscono un'importante fonte su teorie filosofiche ellenistiche poco documentate direttamente. In particolare gli ''[[Academica]]'' sono una testimonianza essenziale sullo [[scetticismo filosofico|scetticismo]] della media Accademia. In molti casi Cicerone traduce per la prima volta in latino termini filosofici greci.<ref>Vedere: Claudio Moreschini, "Osservazioni sul lessico filosofico di Cicerone", ''Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia'', Serie III, Vol. 9, No. 1 (1979), pp. 99-178 e Alain Michel, "Cicéron et la langue philosophique : problèmes d'éthique et d'esthétique", in: ''La langue latine, langue de la philosophie'', Actes du colloque de Rome (17-19 mai 1990), Rome : École Française de Rome, 1992. pp. 77-89.</ref> Ad esempio i termini probabile e probabilità, usati con leggere varianti in tutte le lingue occidentali per indicare concetti filosofici e scientifici, traggono il loro significato attuale dalla scelta di Cicerone di tradurre con il latino ''probabilis'' il termine ''{{
Il De re publica e il De legibus, e la traduzione del [[Timeo (dialogo)|Timeo]] e del [[Protagora (dialogo)|Protagora]] contribuirono a diffondere a Roma il [[Platonismo]].<ref>{{Cita web|url=https://www.labottegadeitraduttori.it/traduttori-del-passato-cicerone-e-la-traduzione-nel-mondo-antico/|titolo=Traduttori del passato: Cicerone e la traduzione nel mondo antico|autore=La Bottega dei Traduttori|sito=La bottega dei traduttori|data=21 dicembre 2023|lingua=it|accesso=1º marzo 2024}}</ref>
==== Panoramica alfabetica di tutte le opere filosofiche ====
* ''[[Academica priora]]'' (prima stesura dei libri sulla dottrina della conoscenza dell'accademia platonica).
** ''Catulus'' (Dialogo), la prima parte dell
** ''Lucullus'' (Dialogo), la seconda parte dell
* ''Academici libri'' oppure ''[[Academica posteriora]]'' (versione tarda del trattato sulla dottrina della conoscenza dell'accademia platonica, in quattro libri).
* ''[[Cato Maior de senectute]]'' ("[[Marco Porcio Catone|Catone il censore]], sull'anzianità"). Cicerone immagina Catone il Censore all'età di 84 anni ed esprime la sua nostalgia del buon tempo antico, quando a Roma l'uomo politico eminente poteva mantenere prestigio e autorevolezza fino alla più tarda età.
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* ''[[De finibus bonorum et malorum]]'' ("Sui confini del bene e del male"). È un dialogo in cinque libri che si pone il problema di cosa sia il sommo bene, tenendo in considerazione le due filosofie antiche stoica ed epicurea che, rispettivamente, lo classificavano come virtù e piacere.
* ''[[De fato (Cicerone)|De Fato]]'' ("Sul Fato"), giuntoci non integralmente. Viene argomentata la dottrina provvidenzialistica degli stoici.
* ''[[De natura deorum]]'' ("Sull'essenza degli dei"): Il ''De natura deorum'' fu scritto nel 44 a.C., subito prima della morte di Cesare, ed inviato a Bruto. Cicerone orchestra una conversazione tra un [[epicureismo|epicureo]], Velleio, uno [[stoicismo|stoico]], Balbo, ed un [[Accademia di Atene|accademico]], Cotta, che espongono e discutono le opinioni dei vecchi filosofi sugli dei e sulla Provvidenza. L'ateismo dissimulato di [[Epicuro]] viene confutato da Cotta, che sembra rappresentare lo stesso Cicerone. Cotta prende, poi, la parola, per confutare anche il pensiero stoico riguardo alla Provvidenza. Se Cicerone respingeva con certezza il parere degli epicurei al riguardo, non possiamo, invece, sapere con altrettanta certezza cosa pensasse della religiosità dello stoicismo: le parole di Cotta, pervenuteci, tra l'altro, solo in parte, non contengono nessuna riflessione dello stesso Cicerone. Si è però ipotizzato che Cicerone abbracciasse almeno in parte il [[probabilismo]] accademico, sebbene suoi ammiratori fossero invece convinti che si fosse allontanato del tutto dallo scetticismo. Comunque, è importante il poter constatare l'estrema discrezione dell'atteggiamento di Cicerone: egli è persuaso che il culto nell'esistenza degli dei e nella loro azione sul mondo debba esercitare una profonda influenza sulla vita, e che è, dunque, di un'importanza fondamentale per il governo di uno stato. Esso deve, perciò, essere mantenuto vivo nel popolo. Sono il politico e l'[[augure]] che parlano. Cicerone non trova gli argomenti degli stoici molto convincenti, e li confuta per mezzo di Cotta. Infine, si dice incline a credere che gli dei esistano e che governino il mondo: lo crede, perché è un'opinione comune a tutti i popoli. Questo" accordo" universale equivale per lui ad una legge della natura (''consensus omnium populorum lex naturae putanda est''). In quanto alla pluralità degli dei, sebbene non si esprima categoricamente su questo punto, sembra che non ci creda, o per lo meno che, come gli stoici, consideri gli dei come nient'altro, per così dire, che le emanazioni del Dio unico. Concepisce poi questo Dio unico come uno spirito libero e privo di qualsiasi elemento mortale, all'origine di tutto. Non risparmia, invece, i racconti mitici del politeismo greco-romano; schernisce e condanna le leggende comuni a tutti i popoli. Era soprattutto questa parte dell'opera, il terzo libro, ad affascinare i filosofi del XVIII secolo: non era difficile mettere in luce gli aspetti ridicoli della religione popolare, e si può dire che anche al tempo di Cicerone ciò era diventato un luogo comune filosofico. Gli uni, respingendo con disprezzo queste favole, che giudicavano grossolane, respingevano anche ogni credenza; gli altri adottavano la dottrina stoica. A Cicerone, invece, l'esistenza degli dei appariva come necessaria: tutti i popoli credevano, e di conseguenza credeva anche lui. Pressappoco nello stesso modo, Cicerone analizza, poi, il tema dell'immortalità dell'anima, prendendo in prestito molte delle opinioni espresse a questo proposito da Platone.<ref name="Perelli_152">{{cita|Perelli|p. 152
* ''[[De officiis]]'' ("Sui doveri"): Il ''De officis'', che - pare - fu scritto dopo la morte di Cesare, nel [[44 a.C.]], è l'ultima opera filosofica di Cicerone, che la dedicò al figlio Marco, che si trovava ad Atene. L'opera, ispirata ad un lavoro dello stoico Panezio, è divisa in tre libri: il primo tratta di ciò che è onesto, il secondo di ciò che utile, ed il terzo traccia una comparazione tra utile ed onesto. Nell'opera, Cicerone non fornisce profonde spiegazioni con rigore scientifico, ma enuncia una serie di ottimi precetti, indispensabili per fare di un uomo un buon cittadino romano, ligio ai suoi doveri e dunque in grado di vivere nell'ottica della ''virtus''.
* ''[[Ortensio (Cicerone)|Hortensius]]'': sorta di
* ''[[Laelius de amicitia|Laelius seu de amicitia]]'' ("Lelio" o "sull'amicizia").
* ''[[Paradoxa stoicorum|Paradoxa Stoicorum]]'' (Teoremi di spiegazione dei paradossi etici della scuola degli [[stoici]]): Si tratta di esercitazioni di casistica oratoria, spesso giudicate di basso livello dalla critica.
* ''[[Tusculanae disputationes]]'' ("Conversazioni a Tusculum"): Le ''Tusculanae disputationes'' furono composte nel [[45 a.C.]], sotto la dittatura di Cesare, quando [[Catone Uticense]] era già stato costretto al suicidio e la repubblica aveva, in fin dei conti, cessato di esistere. Il dittatore si era dimostrato clemente, ma aveva dato a intendere agli intellettuali che non avrebbe accettato una loro "insubordinazione": a Cicerone, che aveva scritto un libro in memoria di Catone, Cesare aveva risposto con l
* ''[[De re publica]]'' ("Sulla repubblica"), sul modello della ''[[La Repubblica (dialogo)|Repubblica]]'' di [[Platone
* ''[[De legibus]]'' ("Sulle leggi"): Il ''De legibus'' fu composto probabilmente nel [[52 a.C.]], dopo che Cicerone era stato nominato [[augure]]. Si tratta di uno scritto che può considerarsi complementare del ''De re publica'', del quale ricalca pregi e difetti: non è un lavoro puramente filosofico, né un semplice trattato di giurisprudenza, ma piuttosto un compromesso tra le due scienze. Nel primo libro, ispirato all'omonima opera di Platone e al trattato ''Sulle leggi'' di Crisippo, Cicerone dimostra con una grande elevazione di pensiero e di stile l'esistenza di una legge universale, eterna, immutabile, conforme alla ragione divina, che si confonde con lei. Proprio la ragione divina, infatti, costituisce il diritto naturale, che esisteva prima di tutti gli ordinamenti. Dopo quest'avvio, Cicerone passa all'analisi delle leggi in rapporto alle varie forme di governo, così come farà, molto tempo dopo, [[Montesquieu]]. Non avendo a disposizione altra repubblica all'infuori di quella romana, Cicerone non immagina leggi diverse da quelle romane: esse sono le leggi perfette. Terminata l'analisi, Cicerone si limita, nel secondo libro, ad enunciare le poche che possono essere considerate imperfette, soprattutto tra quelle che regolano il culto. L'attenta analisi delle consuetudini religiose appare, alla luce della data di pubblicazione, come un'attenta manovra di propaganda, con la quale Cicerone appare ai suoi concittadini come uomo ben degno della carica sacerdotale che gli è stata affidata. Nel terzo libro, di cui sono andati perduti alcuni passi, Cicerone analizza la natura e l'organizzazione del potere, il carattere delle diverse funzioni dello stato e l'antagonismo salutare che deve esistere tra le forze che lo costituiscono. Queste domande, di interesse generale così vivo poiché toccavano direttamente il problema della libertà politica, avevano un'importanza considerevole per i contemporanei di Cicerone. Quale doveva essere la parte dell'aristocrazia o del senato, e quale quella del popolo nel governo della repubblica? Non era lontano il tempo in cui Cesare avrebbe dato la risposta definitiva a questo quesito, e tutti coloro che presagivano ciò che sarebbe accaduto tentavano di rafforzare l'autorità della ''nobilitas'' e del senato. Nell'opera, il fratello di Cicerone, Quinto, è fortemente contrario al tribunato della plebe, carica che ritiene potenzialmente troppo pericolosa: Cicerone, pur discostandosi dalle opinioni del fratello, riconosce il pericolo che il tribunato della plebe costituisce per il mantenimento della calma e della pace. Possediamo solamente i primi tre libri del ''De legibus'': ce n'erano probabilmente sei. Il quarto era dedicato all'esame del diritto politico, il quinto al diritto criminale, il sesto al diritto civile. Si trattava di opere particolarmente preziose, perché Cicerone non ha mai trattato altrove gli stessi argomenti. Non dimentichiamo che i trattati ''De re publica'' e ''De legibus'' furono scritti in un'epoca durante la quale la costituzione romana era ancora in piedi, prima della guerra civile e la fine dell'antica libertà. Questa circostanza spiega il carattere dei due lavori: sono al tempo stesso libri teorici e pratici, ed anche tecnici. Dopo l'avvento di Cesare, l'elemento speculativo dominerà nella filosofia di Cicerone, che infatti fuggirà la vita pubblica per ritirarsi nella contemplazione.<ref name="Perelli_149">{{cita|Perelli|p. 149
=== Orazioni ===
[[File:Maccari-Cicero-detail.jpg|left|thumb|
{{citazione| All'inizio di un discorso mi tremano le gambe, le braccia e la mente.|Marco Tullio Cicerone|In principiis dicendi tota mente atque artubus contremisco.|lingua=la}}
Cicerone è certamente il più celebre oratore dell'antica Roma.<ref name="Rawson_303">{{cita|Rawson|p. 303
==== Tecniche di memorizzazione ====
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==== Panoramica alfabetica di tutte le orazioni ====
* ''[[
* ''[[De haruspicum responsis]]'' ("Sul responso degli aruspici", [[56 a.C.]]): Clodio redige un passo sulla profanazione di alcune reliquie durante una perizia degli [[aruspici]] sul terreno di Cicerone sul [[Palatino]] e chiede la demolizione di una casa di Cicerone ivi in costruzione. Contro questa ed altre accuse Cicerone si rivolge con un appello al Senato, nel quale spiega, che la maggior parte delle accuse di Clodio si basano su indagini dolosamente carenti.
* ''[[De imperio Cn. Pompei|De imperio Cn. Pompei (De lege Manilia)]]'' ("Sul comando di Gneo [[Pompeo]] (sulla [[Lex Manilia|legge Manilia]])", [[66 a.C.]]), orazione di carattere politico pronunciata di fronte al popolo in occasione dell'attribuzione, effettuata su proposta del [[tribuno della plebe]] [[Gaio Manilio]], a Gneo Pompeo di poteri speciali per la conduzione di una campagna militare contro il re del [[Ponto]] [[Mitridate VI]].
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* ''[[De provinciis consularibus]]'' ("Sulle province consolari", [[56 a.C.]]), orazione pronunciata in senato riguardo alle province consolari romane.
* ''[[De Sullae bonis]]'' ("Sui beni di Silla", [[66 a.C.]]).
* ''[[Divinatio in Caecilium]]'' ("Dibattito contro Cecilio", [[70 a.C.]]), dibattito riguardo
* ''[[In Pisonem|In L. Calpurnium Pisonem]]'' ("Contro Lucio Calpurnio Pisone", [[55 a.C.]]), orazione d'accusa politica contro [[Lucio Calpurnio Pisone Cesonino (console 58 a.C.)|Lucio Calpurnio Pisone Cesonino]].
* ''[[Catilinarie|In Catilinam I–IV]]'' ("Contro Catilina I-IV" ovvero "Le Catilinarie", [[63 a.C.]]), orazioni contro [[Lucio Sergio Catilina]]: i discorsi del 7 e dell'8 novembre 63 a.C. pronunciati di fronte al Senato (I) e al popolo (II); i discorsi della scoperta e della condanna dei seguaci di Catilina, del 3 dicembre di fronte al popolo (III) e del 5 dicembre di fronte al Senato (IV)
* ''[[In Vatinium testem|In P. Vatinium]]'' ("Contro Publio Vatinio", [[56 a.C.]]), orazione accusatoria contro P.Vatinio riguardo
* ''[[In Verrem|In Verrem actio prima]]'' ("Prima accusa contro Verre", [[70 a.C.]]), orazione accusatoria nel processo contro Verre, accusato di concussione (''crimen pecuniarum repetundarum'')
* ''[[In Verrem|In Verrem actio secunda]]'' I–V ("Seconda accusa contro Verre I–V", [[70 a.C.]]), questi cinque discorsi non sono mai stati pronunciati a causa dell'esilio volontario di Verre, ma vennero comunque pubblicati in forma scritta.
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* ''Oratio cum senatui gratias egit'' ("Ringraziamento al senato", [[57 a.C.]]), ringraziamento a tutti coloro che in Senato hanno appoggiato il ritorno di Cicerone dall'esilio, e gli hanno permesso il rientro nella vita politica.
* ''[[Filippiche (Cicerone)|Philippicae orationes]]'' I – XIV ("Le filippiche", [[44 a.C.]]/[[43 a.C.]]), orazioni contro [[Marco Antonio]].
* ''[[Pro Scauro|Pro M. Aemilio Scauro]]'' ("In difesa di M. Emilio Scauro", [[54 a.C.]]), orazione pronunciata nel ruolo di difensore di [[Marco Emilio Scauro (pretore 56 a.C.)|Marco Emilio Scauro]].
* ''[[Pro Milone|Pro T. Annio Milone]]'' ("In difesa di Tito Annio Milone", [[52 a.C.]]), orazione difensiva, originariamente diversa dalla versione pubblicata, non sortì il proprio effetto in quanto la curia era assediata dai fedeli della fazione clodiana. Dopo l'esilio di Milone subirà profonde modifiche per essere pubblicata quale ci è pervenuta: la più bella orazione di Cicerone. Contiene tra l'altro la celebre citazione "Inter arma enim silent leges"
* ''[[Pro Archia poeta|Pro Archia]]'' ("In difesa di Archia", [[62 a.C.]]), orazione pronunciata nel ruolo di difensore del poeta antiochiano [[Aulo Licinio Archia]].
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* ''[[Pro Titinia]]'' ("In difesa di Titinia", [[79 a.C.]]), orazione pronunciata nel ruolo di difensore.
* ''[[Pro Marco Tullio]]'' ("In difesa di Marco Tullio", [[72 a.C.]]/[[71 a.C.]]), orazione pronunciata nel ruolo di difensore.
* ''[[Pro
[[File:M. Tullii Ciceronis De oratore liber.jpg|thumb|Miniatura [[XV secolo|quattrocentesca]] del ''De oratore''.]]
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=== Scritti di retorica ===
{{vedi anche|Retorica latina}}
Così come per Cicerone è difficile distinguere tra vita ed opere, così in particolare differenziare tra scritti filosofici e retorici è sì pratico e chiaro,
Perciò non è affatto sorprendente se Cicerone ha sviluppato i suoi scritti filosofici con i mezzi della retorica e strutturato le sue teorie della retorica su principi filosofici. La separazione tra sapienza ed eloquenza Cicerone l'addossa alla "rottura tra linguaggio e intelletto" compiuta dalla filosofia socratica (''De oratore'' III 61) e tenta attraverso i suoi scritti di "risanare" questa frattura; e quindi per una migliore attuazione la filosofia e la retorica secondo lui devono essere dipendenti l'una dall'altra (v. p.e. ''De oratore'' III 54-143); Cicerone stesso dichiara che "io sono diventato un oratore [...] non nelle scuole dei retori ma nei saloni dell'Accademia": con ciò allude alla sua formazione sulle dottrine della Nuova Accademia di [[Carneade]] e [[Filone di Larissa]], suo maestro.
==== Panoramica alfabetica delle opere sulla retorica pervenuteci ====
* ''[[Brutus (Cicerone)|Brutus]]'': il libro dedicato a [[Marco Giunio Bruto]] venne scritto all'inizio del [[46 a.C.]] e tratta, nella forma di un dialogo tra Cicerone, Bruto ed Attico, la storia dell'arte retorica romana fino a Cicerone stesso. Dopo un'introduzione (1-9) Cicerone inizia un confronto con la retorica greca (25-31) e sottolinea che l'arte oratoria, poiché è la più complessa di tutte le arti, solo tardi giunse alla perfezione. Mentre ritiene gli antichi oratori romani appena mediocri, parla di [[Marco Porcio Catone|Catone]] come base della propria esperienza
* ''[[De inventione]]'': ("
* ''[[De optimo genere oratorum]]'' ("Sulla miglior arte dell'oratoria"): questa breve opera, scritta probabilmente nel [[46 a.C.]] o, secondo altri pareri, già nel [[50 a.C.]], è un'introduzione alla traduzione delle orazioni di [[Demostene]] ed [[Eschine]], per e contro Ctesifonte. L'introduzione verte soprattutto sugli [[atticismo|atticisti]] romani, all'incirca con le stesse argomentazioni dell
* ''[[De oratore]]'' (Sull'oratore): la più importante opera sulla retorica di Cicerone non dev'essere confusa con l'opera quasi omonima ''Orator''. È un'opera composta nel [[55 a.C.]] in forma di dialogo, così come per il ''Brutus''. I protagonisti stavolta sono Lucio Licinio Crasso e Marco Antonio, esempi, secondo Cicerone, dei più grandi oratori della generazione precedente. Nel I libro è Crasso (portavoce di Cicerone) ad esporre la tesi principale dell'opera ossia che il buon oratore deve avere un'approfondita conoscenza dell'argomento di cui vuole trattare, osteggiando la concezione di alcuni retori greci che ritenevano sufficiente una formazione
* ''[[Orator]]'' ("L'oratore"): Venne scritta nell'estate del [[46 a.C.]] ed è anche questa
* ''[[Partitiones oratoriae]]'' ("Partizione dell'arte oratoria"): Quest'opera venne scritta nel [[54 a.C.]], quando il figlio di Cicerone, Marco, stava studiando la retorica, ed è ideata come una sorta di '
* I ''[[Topica]]'' ([[44 a.C.]]): scritti nel corso del viaggio in Grecia, su sollecitazione dell'amico [[Gaio Trebazio Testa|Trebazio]], trattano della dottrina dell
=== Opere perdute ===
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==== Panoramica alfabetica delle opere poetiche ed epico-storiche di Cicerone ====
* ''Alcyones'': [[epillio]] composto da Cicerone dopo il [[92 a.C.]] nel quale veniva cantato il mito di [[Alcione (figlia di Eolo)|Alcione]] e del marito [[Ceice]]. Dato che questi si paragonavano a [[Giove (divinità)|Giove]] e [[Giunone]] per la loro ricchezza, sfarzosità e potenza, gli dei fecero fare loro naufragio durante un tragitto in mare. Dato che Ceice morì nella tempesta, Alcione si lasciò annegare per il dolore, così Giove tramutò entrambi i defunti in uccelli alcioni.
* ''Aratea'': libera traduzione giovanile dei ''Fenomeni celesti'' del poeta ellenistico [[Arato di Soli]].
* ''[[De consulatu suo]]'': poemetto autobiografico composto da Cicerone tra il [[60 a.C.]] e il [[55 a.C.]] in cui si parla dell'ascesa al consolato dell'autore e della sua vittoria nel processo contro [[Lucio Sergio Catilina]].
* ''De temporibus suis'': altra opera autobiografica perduta scritta nel [[54 a.C.]] in cui Cicerone celebrava i suoi interventi migliori durante il consolato.
* ''Epigrammata'' ("Epigrammi"): componimenti satirici scritti da Cicerone quando aveva circa vent'anni. Stando alle testimonianze
* ''Līmōn'': il titolo deriva dal sostantivo greco ''Λειμών'', "prato"; ciò sottolineava il carattere variegato dell'opera, un poema in [[esametro|esametri]] in cui venivano trattati diversi argomenti letterali e sociali. Infatti una testimonianza di [[Svetonio]] riporta un giudizio severo dell'autore riguardo a un'opera del commediografo [[Terenzio]].
* ''Marius'': poema epico-storico in cui Cicerone parla delle imprese del console [[Gaio Mario]]. L'opera è importante per il passaggio dell'autore dal genere alessandrino a quello storico mescolato alla poesia, cioè epico.
* ''Nilus'': opera quasi sconosciuta. Si pensa che Cicerone l'abbia scritta per lodare le qualità del fiume [[Nilo]] dell'[[Egitto]].
* ''Pontius Glaucus'': componimento in stile alessandrino di Cicerone. Scritto circa nel [[93 a.C.]], l'opera trattava del mito di [[Glauco (divinità)|Glauco]], il quale dopo aver mangiato un'erba afrodisiaca dai poteri magici, si trasformò in un animale marino.
* ''Tymhaeus'': vasti frammenti del lavoro compiuto sul ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]'' di [[Platone]], che Cicerone presumibilmente non ha mai pubblicato, preparando semplicemente abbozzi di traduzione.
* ''Uxorius'': opera nota quasi esclusivamente attraverso il titolo
=== Epistolario ===
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* Epistole agli amici (''[[Epistulae ad familiares]]'') (16 libri)
* Epistole al fratello [[Quinto Tullio Cicerone|Quinto]] (''Epistulae ad Quintum fratrem'') (3 libri)
* Epistole a [[Marco Giunio Bruto]] (<ref>{{Cita libro|nome=Marcus Tullius|cognome=Cicero|titolo=L'
* Epistole ad [[Tito Pomponio Attico|Attico]] (''[[Epistulae ad Atticum]]'') (16 libri)
== Memoria ==
Presente in tutto il [[
Negli [[Stati Uniti d'America]] vi sono ben quattro città cui è stato dato il nome "Cicero" in onore di Marco Tullio Cicerone. Inoltre l'espressione latina ''[[Cicero pro domo sua]]'' viene utilizzata per descrivere chi parla sostenendo il proprio tornaconto, ma che maschera più o meno bene il fine del suo discorso come perorazione per altra causa. Essa deriva da un'orazione tenuta da Marco Tullio nel [[57 a.C.]] per ottenere la restituzione della propria casa, requisitagli durante l'esilio.<ref name=treccani/>
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== Bibliografia ==
=== Fonti primarie ===
Per le opere dello stesso Cicerone si vedano le [[#Opere|apposite sezioni]]
* {{Cita libro|autore=[[Appiano di Alessandria]]|titolo=[[Storia romana (Appiano)|Historia Romana]]|
* {{Cita libro|autore=[[Cassio Dione]]|titolo=Historia Romana|url=https://la.wikisource.org/wiki/Historia_romana_(Cassius_Dio)|cid=Cassio Dione}} {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} ({{en}} [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Cassius_Dio/home.html Roman History] — traduzione in inglese su [[LacusCurtius]]).
* {{Cita libro|autore=[[Plutarco]]|titolo=Vitae
* {{Cita libro|autore=[[Gaio Sallustio Crispo|Sallustio]]|titolo=De Catilinae coniuratione|url=https://la.wikisource.org/wiki/De_Catilinae_coniuratione|cid=Sallustio, ''De Catilinae coniuratione''}}
** {{en}} [https://en.wikisource.org/wiki/The_War_With_Catiline The War With Catiline] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} — traduzione in inglese di John Carew Rolfe.
* {{Cita libro|autore=[[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]]|titolo=De Vita Caesarum|
** {{en}} [https://en.wikisource.org/wiki/The_Lives_of_the_Twelve_Caesars The Lives of the Twelve Caesars] {{simbolo|Wikisource-logo.svg|15}} — traduzione in inglese di John Carew Rolfe.
=== Fonti secondarie ===
* {{cita libro|nome= G.|cognome= Boissier |wkautore= Gaston Boissier |titolo= Cicerone e i suoi amici (Cicéron et ses amis) |traduttore=
* {{Cita libro|nome=Luciano |cognome=Canfora|wkautore=Luciano Canfora|titolo=Giulio Cesare. Il dittatore democratico|editore= Laterza|anno= 2006|isbn=88-420-8156-6|cid=Canfora}}
* {{
* {{cita libro|nome=A.|cognome=Everitt|titolo=Cicero. A turbulent life|url=https://archive.org/details/ciceroturbulentl0000ever|lingua=en|editore=John Murray Publishers|anno=2001|città=Londra|isbn=978-0-7195-5493-3|cid=Everitt}}
* {{Cita libro|nome=L.|cognome=Fezzi|titolo=Il tribuno Clodio|editore= Laterza|anno= 2008|isbn=978-88-420-8715-1}}
* {{Cita libro|nome=A.|cognome=Fraschetti|titolo=Augusto|url=https://archive.org/details/augusto0000fras|editore= Laterza|anno= 1998|isbn=88-420-5510-7}}
* {{Cita libro|nome=C.|cognome= Fruttero|wkautore=Carlo Fruttero|coautori=[[Franco Lucentini]]|titolo=La morte di Cicerone|editore= Nuovo Melangolo|anno= 1995|isbn=88-7018-279-7}}
* {{Cita libro|nome=E.|cognome= Gibbon|wkautore= Edward Gibbon|titolo=Declino e caduta dell'Impero Romano|editore= Arnoldo Mondadori Editore|città=Milano|anno= 1986|isbn=88-04-34168-8}}
* [[Pierre Grimal]], ''Cicerone'', Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1986; altre ediz.: Garzanti, Milano, 1987 e successive rist.; Il Giornale, Milano, 2004
* De Caria Francesco, "Cicerone, Cato Maior 79-81 e Senofonte Ciropedia VIII 7,17 e Cicerone Cato Maior 59 e Senof. Oec. IV 20-25", in "Rivista di cultura classica e medioevale", anno XVI, nn.2-3, 1974, nn.34-36
* {{cita libro|nome=H.J.|cognome=Haskell|titolo=This Was Cicero: Modern Politics in a Roman Toga|url=https://archive.org/details/thiswasciceromod0000hask|città=New York|editore=Alfred A. Knopf|anno=1942|cid=Haskell}}
* [[Kazimierz Kumaniecki]], ''Cicerone e la crisi della Repubblica romana'', Centro di Studi Ciceroniani, Roma, 1972
* [[Ettore Lepore]], ''Il princeps ciceroniano e gli ideali politici della tarda Repubblica'', Istituto italiano per gli studi storici, Napoli, 1954
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* {{cita libro|nome= L.|cognome= Perelli|titolo=Il pensiero politico di Cicerone. Tra filosofia greca e ideologia aristocratica romana|editore= La nuova Italia|anno=1990|isbn=88-221-0792-6}}
* {{cita libro|nome= L.|cognome= Perelli|titolo=Storia della letteratura latina|editore= Paravia|anno=1969|isbn=88-395-0255-6|cid=Perelli}}
* {{cita libro|nome=E.|cognome=Rawson|titolo=Cicero, A portrait|url=https://archive.org/details/ciceroportrait0000raws_h6j7|editore= Allen Lane|anno= 1975|isbn=0-7139-0864-5|lingua=
* {{cita libro|autore-capitolo-nome=E.|autore-capitolo-cognome=Rawson|capitolo=L'aristocrazia ciceroniana e le sue proprietà|titolo=La proprietà a Roma|curatore=Moses I. Finley|editore=Laterza|città=Bari|anno= 1980}}
* {{cita libro|nome=D. L.|cognome= Stockton| titolo=Cicerone. Biografia politica|editore=Rusconi Libri|città= Milano|anno= 1984|isbn=88-18-18002-9}}
* {{cita libro|nome=Wilfried|cognome= Stroh| titolo=Cicerone|editore=Il Mulino|città= Bologna|anno= 2010|isbn=978-88-15-13766-1}}
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* {{cita libro|nome=P.|cognome= Zullino|titolo=Catilina, l'inventore del colpo di stato|città= Milano|anno= 1985}}
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* {{SEP|cicero|Cicero|Raphael Woolf}}
* {{cita web|url=http://www.iep.utm.edu/cicero/|autore=Edward Clayton|titolo=Cicero|sito=Internet Encyclopedia of Philosophy|lingua=en}}
* {{cita web|url=https://www.historyoflogic.com/cicero-philosophy.htm|titolo=Logica e Retorica nelle Opere Filosofiche di Cicerone|lingua=en}}
* {{cita web|url=https://www.historyoflogic.com/biblio/cicero-philosophy-biblio.htm|titolo=Bibliografia delle Opere Filosofiche di Cicerone|lingua=en}}
== Altri progetti ==
{{interprogetto
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{Cita web|url = http://tulliana.eu/home.php?LANG=I&PAG=H|titolo= Tulliana - Cicerone e il pensiero romano|altri= Sito ufficiale della Società Internazionale degli Amici di Cicerone}}
* {{
* {{Cita web|url =http://www.intratext.com/Catalogo/Autori/AUT76.HTM |titolo=Opere di Cicerone: testi con concordanze e liste di frequenza|lingua=en}}
* {{SEP|cicero|Cicero|Raphael Woolf}}
* {{Cita web|url = https://iep.utm.edu/cicero-academic-skepticism/|titolo = Cicero: Academic Skepticism|autore = Harald Thorsrud||sito = Internet Encyclopedia of Philosophy}}
;Principali edizioni digitalizzate
* {{Cita libro|lingua=la|editore=[Antonio Zarotto]|cognome=Marco Tullio Cicerone|titolo=Epistolae. [Antologia]|città=[Milano] |accesso=8 aprile 2015|data=[1480]|url=https://gutenberg.beic.it/webclient/DeliveryManager?pid=893730&custom_att_2=simple_viewer&search_terms=DTL3&pds_handle=}}
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*{{pt}}[https://permalinkbnd.bnportugal.gov.pt/records/?refine%5BCreator%5D%5B%5D=C%C3%ADcero%2C+106+a.C.-43+a.C. Opere di Cícero presso la Biblioteca Nazionale del Portogallo]
{{Box successione
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|periodo=[[63 a.C.]]<br />con [[Gaio Antonio Ibrida]]
|successivo=[[Decimo Giunio Silano]]<br />[[Lucio Licinio Murena]]
{{Marco Tullio Cicerone}}
{{Guerra civile romana (49-45 a.C.)}}
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[[Categoria:Tullii|Cicerone, Marco]]
[[Categoria:Politici assassinati|Cicerone, Tullio, Marco]]
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[[Categoria:Senatori romani
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