Epicuro: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua|l'umanista|Marcantonio Epicuro}}
{{Citazione|Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è lei, e quando c'è lei non ci siamo più noi.|Epicuro, ''[[Lettera a Meneceo|Lettera sulla felicità (a Meneceo)]]'', 125, traduzione di [[Angelo Pellegrino]], Stampa alternativa, Milano 1992.|Tὸ φρικωδέστατον οὖν τῶν κακῶν ὁ θάνατος οὐθὲν πρὸς ἡμᾶς, ἐπειδήεπερ ὅταν μὲν ἡμεῖς ὦμεν, ὁ θάνατος oὐ πάρεστιν, ὅταν δὲ ὁ θάνατος παρῇ, τόθ' ἡμεῖς οὐκ ἐσμέν.|lingua=gr}}
{{Bio
|Nome = Epicuro
|Cognome =
|PreData = {{lang-grc|Ἐπίκουρος|Epíkouros}}, "alleato" o "compagno, soccorritore"<ref>[http://maartens.home.xs4all.nl/philosophy/Dictionary/E/Epicurus.htm Philosophical Dictionary – Epicurus] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131221131548/http://maartens.home.xs4all.nl/philosophy/Dictionary/E/Epicurus.htm |data=21 dicembre 2013 }}.</ref>, {{latino|Epicurus}}<ref>Come molte parole, dal passaggio dal greco al latino, e alle [[lingue neolatine|lingue derivate]], l'accento viene pronunciato diversamente: in greco dovrebbe essere più simile ad "Epícuro", mentre in [[Lingua italiana|italiano]] è pronunciato solitamente "Epicúro".</ref>
|Sesso = M
|PreData = {{lang-grc|Ἐπίκουρος|Epíkouros}}, "alleato" o "compagno, soccorritore"<ref>[http://maartens.home.xs4all.nl/philosophy/Dictionary/E/Epicurus.htm Philosophical Dictionary - Epicurus].</ref>, {{latino|Epicurus}}<ref>Come molte parole, dal passaggio dal greco al latino, e alle [[lingue neolatine|lingue derivate]], l'accento viene pronunciato diversamente: in greco dovrebbe essere più simile ad "Epícuro", mentre in [[Lingua italiana|italiano]] è pronunciato solitamente "Epicúro".</ref>
|LuogoNascita = Samo
|LuogoNascitaLink = Samo (isola)
|GiornoMeseNascita = 10 febbraio
|AnnoNascita = 342341 a.C.
|LuogoMorte = Atene
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = 270 a.C.
|Epoca = -300
|Epoca2 = -200
|Attività = filosofo
|Nazionalità = greco antico
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|Didascalia = Epicuro, busto marmoreo, copia romana dell'originale greco ([[III secolo a.C.|III secolo]]-[[II secolo a.C.]]), [[Londra]], [[British Museum]]
}}
DiscepoloFu discepolo dello [[scetticismo filosofico|scettico]] [[Democrito|democriteo]] [[Nausifane]]<ref>G.Calogero, ''Enciclopedia Italiana Treccani'' alla voce "Nausifane di Teo"</ref> e fondatore di una delle maggiori scuole filosofiche dell'[[età ellenistica]] e [[età romana|romana]], l'[[epicureismo]], che si diffuse dal [[IV secolo a.C.]] fino al [[II secolo d.C.]], quando, avversato dai [[Padri della Chiesa]]<ref>C. Dal Monte, ''Ethos e Kairos. Un percorso etico dai sofisti all'economia globale'', Roma 2010, p.55.</ref> subì un rapido declino, per essere poi rivalutato secoli dopo dalle correnti [[naturalismo (filosofia)|naturalistiche]] dell'[[Umanesimo]], del [[Rinascimento]] e dal [[razionalismo]] [[laicità|laico]] [[Illuminismo|illuminista]]<ref>''Enciclopedia Garzanti di Filosofia'', alla voce corrispondente</ref>.
 
== Biografia ==
Nato nel [[342341 a.C.]], probabilmente il ventesimo giorno<ref>Gli epicurei il giorno 20 di [[Gamelione]] festeggiavano il compleanno del maestro, come ricordato anche da Filodemo di Gadara in un epigramma,epigrammaː ''Invito[[Antologia a cena rivolto a PisonePalatina]]'', XI 44.</ref> del mese di [[Gamelione]] (10 febbraio), del terzo anno della 109ª [[Olimpiade]], sotto l'[[Arconte|arcontato]] di Sosigene<ref name="Laerzio14">Epicuro,Diogene ''OpereLaerzio, Frammenti, testimonianze sulla vita'', BariX 198914.</ref> (342 a.C.-[[341 a.C.|341]]) sull'[[Samo (isola)|isola di Samo]],. figlioFiglio di Neocle, un [[Docente|maestro]] di [[scuola]], e di Cherestrata, una un'indovina,<ref>[[magahttps://lamenteemeravigliosa.it/epicuro-e-la-teoria-del-piacere/ Epicuro e la teoria del piacere]],.</ref> fu chiamato Epicuro (che significa pressappoco "soccorritore") in onore di [[Apollo]] (questo era uno degli [[epiteto|epiteti]] del dio<ref>cfr. il [[Tempio di Apollo Epicurio]]</ref>). Frequentò la scuola di Panfilo, seguace del [[Platonismo|pensiero platonico]],<ref>''Enciclopedia Treccani'' alla voce name="EpicuroLaerzio14"< /ref>, e successivamente quella del [[Democrito|democriteo]] [[Nausifane]] a [[Teo (Asia Minore)|Teo]], località sulle coste dell'[[Asia Minore]].
 
All'età di 32 anni, dopo avere elaborato una sua dottrina, fondò la sua scuola, prima a [[Mitilene]] e a [[Lampsaco]], e infine nel [[306 a.C.]] ad [[Atene]], dove aveva già vissuto per il [[servizio militare]], il cosiddetto periodo di "[[efebo|efebato]]", richiesto anche agli abitanti di Samo. L'isola era infatti stata parte integrante della vecchia [[lega delio-attica]], e inoltre il padre era originario proprio di Atene, essendo uno dei coloni mandati nel [[352 a.C.]], il che faceva di Epicuro un [[antica Atene|cittadino ateniese]] a tutti gli effetti. Pochi anni dopo gli ateniesi di Samo saranno tutti cacciati adper opera dei vecchi abitanti, che avevano perso la loro isola dopo una guerra contro Atene.:<ref name="DeCrescenzo">{{citaDiogene web|url=http://monacoantonio.altervista.org/Epicuro.htm|autore=LucianoLaerzio, DeX Crescenzo|titolo=Storia della filosofia greca|accesso=21 dicembre 2013}}1-4.</ref> Epicuro, i fratelli e il fedele schiavo dovettero viaggiare per avere un luogo dove risiedere in pace, al riparo dalle persecuzioni che i platonici avrebbero fomentato.<ref name="DeCrescenzo" />
 
Acquistò quindi una casa ad Atene, per ottanta [[minaMina (pesounità di misura)|mine]], dove istituì la scuola. La casa era dotata di un [[giardino]] (in greco κῆπος; da cui il nome di "filosofia del giardino" dato all'epicureismo, "filosofi del giardino" i seguaci) dove i discepoli, tra i quali anche donne, come la famosa [[etera]] [[Leonzia (filosofa)|LeonzioLeonzia]], e persino schiavi, seguivano le lezioni del maestro e ne studiavano gli scritti, vivendo, come lui stesso, in maniera semplice e frugale, trattati come compagni e in maniera [[democratica]], qualunque fosse la condizione sociale. Fu uno dei primi filosofi a teorizzare un [[egualitarismo]] sostanziale fra gli esseri umani.<ref name="DeCrescenzo" /> Anche i suoi tre fratelli si dedicarono con lui alla filosofia.<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi.''</ref> Sebbene fosse assertore della non partecipazione alla vita sociale e politica, sostenne il governo [[ImperoRegno macedonedi Macedonia|macedone]], che durante la giovinezza del filosofo si estese al resto della Grecia con le conquiste di [[Filippo II di Macedonia|Filippo II]] e [[Alessandro Magno]].
 
La filosofia della scuola del "[[giardino]]" era in polemica con le dottrine [[Socrate|socratico]]-[[platonismo|platoniche]] e con l'[[Aristotele|aristotelismo]], ma anche con le scuole minori come i [[Cinismo|cinici]], i [[Scuola megarica|megarici]], i [[Scuola cirenaica|cirenaici]] e con lo [[stoicismo]], l'altra grande scuola ellenistica, che stava iniziando a diffondersi proprio in quel periodo. Secondo Diogene Laerzio, lo stoico Diotimo mise in circolazione false lettere per diffamarlo, così come lo diffamarono anche [[Plutarco]] e molti altri esponenti delle scuole rivali.<ref>Diogene Laaerzio, ''op. cit.''Laerzio, X, 3.</ref>
 
Epicuro morì ad [[Atene]] di [[calcoli renali]] e per le relative complicanze (probabilmente per grave [[infezione delle vie urinarie]]), all'età di settantadue anni circa, nel secondo anno della 127ª Olimpiade, sotto l'arcontato di Pitarato (271 a.C.-270 a.C.), quindi probabilmente tra febbraio e dicembre del 270 a.C.<ref>Diogene Laerzio (X 28) afferma che morì in età di 72 anni, quindi si suppone che sia morto proprio nel 270, dopo aver già compiuto gli anni, il 10 febbraio.</ref>. Epicuro scrisse una lettera, della quale rimane un frammento, ada [[Ermarco di Mitilene|Ermarco]] poco prima della morte: "{{quote|Epicuro a Ermarco, salute. Volge per me il supremo giorno. Così acuti sono i dolori alla vescica e alle viscere, che più oltre non può procedere il dolore. Pure a essi s'adegua la gioia dell'animo mio, nel ricordare le nostre dottrine e le verità da noi scoperte. Ora tu, come si conviene a chi si mostrò sempre buono verso me e verso la filosofia, abbi cura dei figli di [[Metrodoro"</ref>, all'età di settantadue anni circa, nel secondo anno della 127ª Olimpiade, sotto l'arcontato di PitaratoLampsaco ([[271 a.C.epicureo)|271Metrodoro]]-270), quindi probabilmente tra febbraio e dicembre del [[270.|Epicuro a.C.]]<ref>Diogene LaerzioErmarco, ''op.riportato cit.'',da affermaDiogene che morì in età di 72 anni, quindi si suppone che sia morto proprio nel 270, dopo aver già compiuto gli anni, il 10 febbraio</ref>:Laerzio}}
 
{{Citazione|Morì di calcoli renali dopo quattordici giorni di malattia, come scrive [[Ermarco di Mitilene|Ermarco]] nelle lettere. [[Ermippo di Smirne|Ermippo]] riferisce che Epicuro in punto di morte, entrato in una tinozza di bronzo piena di acqua calda, chiese del [[vino]] puro e lo bevve d'un fiato. Dopo aver raccomandato agli amici di non dimenticare il suo pensiero, spirò. Noi abbiamo scritto per lui questo epigramma: «"Siate felici e memori del mio pensiero", furono le ultime parole di Epicuro agli amici. Entrato nel calore della tinozza, con uno stesso sorso bevve vino puro e il freddo della morte. Tale fu la sua vita e tale la sua fine.»<ref>[[Diogene Laerzio]], ''Vita di Epicuro, figlio di Neocle e di Cherestrata, ateniese del [[Demo (antica Grecia)|demo]] Gargetto''</ref>}}
{{quote|Morì di calcoli renali dopo quattordici giorni di malattia, come scrive Ermarco nelle lettere. [[Ermippo di Smirne|Ermippo]] riferisce che Epicuro in punto di morte, entrato in una tinozza di bronzo piena di acqua calda, chiese del [[vino]] puro e lo bevve d'un fiato. Dopo aver raccomandato agli amici di non dimenticare il suo pensiero, spirò. Noi abbiamo scritto per lui questo epigramma: «"Siate felici e memori del mio pensiero", furono le ultime parole di Epicuro agli amici. Entrato nel calore della tinozza, con uno stesso sorso bevve vino puro e il freddo della morte. Tale fu la sua vita e tale la sua fine.»|Diogene Laerzio<ref>X 26-27.</ref>}}
 
== Opere ==
[[File:Diogene iscrizione.jpg|thumb|left|Una parte dell'iscrizione di Diogene di Enoanda, in una delle prime fotografie scattate.]]
Dei numerosi testi di Epicuro ci è stato tramandato pochissimo: [[Diogene Laerzio]], al quale dobbiamo un elenco delle opere del filosofo,<ref>Diogene Laerzio, ''cit.'', Libro X, 27-28.</ref> riferisce che molte delle opere epicuree erano trattati di alto livello scientifico, volti ad affrontare in modo sistematico lo studio della natura come ''Degli Atomi e del vuoto'' e in particolare il ''Della Natura'' (il titolo sarà poi ripreso da [[Lucrezio]] per il suo poema) in 37 libri dei quali sono stati ritrovati frammenti nella [[villa dei papiri]] di [[Ercolano]], dove visse il filosofo epicureo [[Filodemo di Gadara]] la cui biblioteca fu riportata alla luce negli scavi del [[1750]]. Grazie ad una parte dei frammenti ritrovati si è potuto ricostruire una discreta porzione dell'opera, da più libri; perduto anche "Περί Κριτηρίου ή Κανον" (''Sul Criterio, o Canone'') che probabilmente era un testo di [[logica]].<ref>Diogene Laerzio, ''cit.'', Libro X, 27-28.</ref>
 
=== ''Sulla Natura'' ===
Quanto ci resta sono tre lettere e varie raccolte di frammenti, materiale di carattere divulgativo, come dice lo stesso Epicuro, il che rende difficile la ricostruzione precisa della sua dottrina. Quasi tutto quello che abbiamo lo dobbiamo proprio a Diogene Laerzio che nella sua ''Raccolta delle vite e delle dottrine dei filosofi'' include citazioni, aforismi e le tre epistole dottrinali complete, inviate ad amici e discepoli (Erodoto<ref>da non confondere con l'omonimo storico [[Erodoto]],</ref> Meneceo e Pitocle): la ''[[Lettera ad Erodoto]]'' in cui esprime il suo pensiero sulla [[fisica]]; la ''[[Lettera a Meneceo]]'' che tratta di [[etica]]; la ''[[Lettera a Pitocle]]'' sulla [[conoscenza]]; le ''[[Massime capitali]]'', estratto divulgativo dalle opere maggiori (40 massime).
{{vedi anche|Sulla Natura (Epicuro)}}
Dei numerosi testi di Epicuro ci è stato tramandato pochissimo: [[Diogene Laerzio]], al quale dobbiamo un elenco delle opere del filosofo,<ref name="27-28">Diogene Laerzio, ''cit.'', Libro X, 27-28.</ref> riferisce che molte delle opere epicuree erano trattati di alto livello scientifico, volti ad affrontare in modo sistematico lo studio della natura come ''Degli Atomi e del vuoto'' e in particolare il ''Della Natura'' (il titolo sarà poi ripreso da [[Lucrezio]] per il suo poema) in 37 libri dei quali sono stati ritrovati frammenti nella [[villa dei papiri]] di [[Antica Ercolano|Ercolano]], dove visse il filosofo epicureo [[Filodemo di Gadara]], la cui biblioteca fu riportata alla luce negli scavi del 1750. Grazie a una parte dei frammenti ritrovati si è potuto ricostruire una discreta porzione dell'opera, da più libri; perduto anche "Περὶ κριτηρίου ἢ Κανών" (''Sul Criterio o Canone'') che probabilmente era un testo di [[logica]].<ref name="27-28" />
 
=== Epistolario ===
In altra tradizione manoscritta è giunto lo ''[[Gnomologio Vaticano epicureo]]'', altra compilazione divulgativa.
{{vedi anche|Epistolario di Epicuro}}
Quanto ci resta sono tre lettere di carattere divulgativo, come dice lo stesso Epicuro, il che rende difficile la ricostruzione precisa della sua dottrina. Quasi tutto quello che abbiamo lo dobbiamo proprio a Diogene Laerzio, che nella sua ''Raccolta delle vite e delle dottrine dei filosofi'' include tre epistole dottrinali complete, inviate ad amici e discepoli (Erodoto, Meneceo e Pitocle): la ''[[Lettera a Erodoto]],'' in cui esprime il suo pensiero sulla [[fisica]]; la ''[[Lettera a Meneceo]],'' che tratta di [[etica]]; la ''[[Lettera a Pitocle]],'' sulla [[conoscenza]].
 
Lo stesso Diogene Laerzio riferisce di altre lettere, riportandone frammenti dopo la sua biografia: una, ad esempio, indirizzata a Leonzio, un'altra alla madre Cherestrata, dove si tratta dei sogni; a [[Polieno di Lampsaco]], come attesta [[Seneca|Lucio Anneo Seneca]]<ref>Seneca, ''[[Epistole a Lucilio]]'', XVIII 9 e frr. 155-160 Usener.</ref>, e sono note ancora, da altre fonti, lettere a [[Ermarco di Mitilene|Ermarco]]<ref>Frr. 121-122 Usener.</ref>, all'allieva Temista<ref>Frr. 124-127 Usener.</ref>, a Idomeneo di Lampsaco<ref>Frr. 127-138 Usener.</ref>, a [[Colote]]<ref>Frr. 140-142 Usener.</ref>. Frammenti di questealcune lettere sono stati parzialmente ritrovati nelle iscrizioni fatte riprodurre da [[Diogene di Enoanda]], epicureo del II o III secolo d.C., su una parete del portico della sua città natale., Assiemeper a questa lettera si sono raccoltioltre, fino al [[1987]], 209 frammenti, in particolare della Fisicafisica e dell'Etica.etica<ref>In ''Enciclopedia Treccani'' alla voce "Diogene di Enoanda"</ref> Ci furono anche epistole inviate a [[Polieno di Lampsaco]], come attesta [[Seneca|Lucio Anneo Seneca]].<ref>Seneca, ''[[Epistole a Lucilio]]'', XVIII 9.</ref>.
 
=== Altre opere ===
Tuttavia la maggior parte delle informazioni sulla filosofia epicurea ci viene dalle fonti indirette, tra cui merita una menzione particolare [[Cicerone]], che in gioventù era filosoficamente vicino all'epicureismo, e nel suo trattato ''[[De finibus bonorum et malorum]]'' fa esporre da un interlocutore (Torquato) una descrizione sistematica del pensiero di Epicuro e dei suoi discepoli,<ref>''De finibus bonorum et malorum'' I, 5-6</ref> grazie al quale viene alla luce uno spessore filosofico non evidente nei frammenti a noi pervenuti.
Di altre opere citate dalle fonti abbiamo frammenti più o meno estesi, spesso non testualiː ''Su scelte e cose da evitare'' (due frammenti nell'edizione classica di [[Hermann Usener|Usener]]); ''Dichiarazioni'' (un frammento); ''Antidoro'', in due libri (un frammento); ''Sulla regalità'' (due frammenti); ''Sui tipi di vita'', in quattro libri (nove frammenti); ''Contro Democrito'' (due frammenti); ''Problemi'' (quattro frammenti); ''Sui doni e la gratitudine'' (un frammento); ''Sul destino'' (un frammento); ''Grande Epitome'' (tre frammenti); ''Piccola Epitome'' (un frammento); ''Temista'' (un frammento); ''Contro Teofrasto'' (almeno due libri, per due frammenti); ''Sugli dei'' (quattro frammenti); ''Sul criterio, o il canone'' (due frammenti); ''Metrodoro'', in cinque libri (un frammento); ''Sulla Santità'' (tre frammenti); ''Teorie sulle passioni, contro Timocrate'' (un frammento); ''Sulla ricchezza'' (quattro frammenti); ''Sulla retorica'' (dodici frammenti); ''Dottrina degli elementi'' (dodici libri, un frammento); ''[[Simposio (Epicuro)|Simposio]]'' (nove frammenti); '' Sul fine'' (sei frammenti); ''Timocrate'', in tre libri (due frammenti).
 
=== Massime e testimonianze indirette ===
Inoltre il poema latino ''[[De rerum natura]]'' di [[Tito Lucrezio Caro|Lucrezio]] ci restituisce un'immagine fondamentale della filosofia epicurea, sebbene non si possa trascurare l'indubbia componente di originalità dell'autore, che è più [[pessimismo|pessimista]] rispetto ad Epicuro (oltre ad essere molto più critico nei confronti della religione, al limite dell'[[ateismo]]),<ref>{{Cita web|url =http://spazioinwind.libero.it/terzotriennio/latino/epicuro.htm |titolo = L'epicureismo|autore = |accesso = 16 dicembre 2013}}</ref> così come interessanti sono i frammenti degli scritti di Filodemo ritrovati nella citata villa dei papiri a Ercolano. Descrizioni di concetti epicurei si trovano anche in alcune poesie di [[Quinto Orazio Flacco]], poeta romano della corte di [[Augusto]], ma di ispirazione epicurea.<ref>{{Cita web|url =http://www.summagallicana.it/lessico/o/Orazio.htm |titolo = Orazio - Quinto Orazio Flacco|autore = |accesso = 16 dicembre 2013}}</ref>
Diogene riporta sempre le ''[[Massime capitali]]'', estratto divulgativo dalle opere maggiori (40 massime) e in altra tradizione manoscritta è giunto lo ''[[Gnomologio Vaticano epicureo]]'', altra compilazione divulgativa. Certe massime di Epicuro sono ricordate anche da altri filosofi e scrittori, ad esempio nei ''[[Colloqui con sé stesso]]'' dell'[[imperatore romano]] [[Marco Aurelio]] che, pur essendo uno [[stoico]], parla con molto rispetto e attenzione di lui<ref>Marco Aurelio, ''Colloqui con se stesso'', IX, 41.</ref>.
 
Tuttavia la maggior parte delle informazioni sulla filosofia epicurea ci viene dalle fonti indirette, tra cui merita una menzione particolare [[Cicerone]], che in gioventù era filosoficamente vicino all'epicureismo, e nel suo trattato ''[[De finibus bonorum et malorum]]'' fa esporre da un interlocutore (Torquato) una descrizione sistematica del pensiero di Epicuro e dei suoi discepoli,<ref>''De finibus bonorum et malorum'' I, 5-6.</ref> grazie alla quale viene alla luce uno spessore filosofico non evidente nei frammenti a noi pervenuti. Inoltre il poema latino ''[[De rerum natura]]'' di [[Tito Lucrezio Caro|Lucrezio]] ci restituisce un'immagine fondamentale della filosofia epicurea, sebbene non si possa trascurare l'indubbia componente di originalità dell'autore, che è più [[pessimismo|pessimista]] rispetto a Epicuro (oltre a essere molto più critico nei confronti della religione, al limite dell'[[ateismo]]),<ref>{{Cita web|url =http://spazioinwind.libero.it/terzotriennio/latino/epicuro.htm |titolo = L'epicureismo|autore = |accesso = 16 dicembre 2013}}</ref> così come interessanti sono i frammenti degli scritti di Filodemo ritrovati nella citata villa dei papiri a Ercolano. Descrizioni di concetti epicurei si trovano anche in alcune poesie di [[Quinto Orazio Flacco]], poeta romano della corte di [[Augusto]], ma di ispirazione epicurea<ref>{{Cita web|url =http://www.summagallicana.it/lessico/o/Orazio.htm |titolo = Orazio – Quinto Orazio Flacco|autore = |accesso = 16 dicembre 2013}}</ref>.
In ogni caso nel rifarsi alla tradizione indiretta bisogna ricordare che queste opere, per quanto attendibili, presentano una componente di parzialità dovuta al coinvolgimento sociale e politico degli autori, sia che l'intento fosse polemico (Cicerone o anche [[Plutarco]]<ref>Plutarco, ''Non è possibile vivere felici secondo Epicuro'' e altre brevi opere polemiche contro le filosofie non platoniche</ref>) o celebrativo (Lucrezio), che deve essere tenuto in considerazione se si vuole cercare di comprendere il più possibile il pensiero originale di Epicuro.
 
In ogni caso, nel rifarsi alla tradizione indiretta bisogna ricordare che queste opere, per quanto attendibili, presentano una componente di parzialità dovuta al coinvolgimento sociale e politico degli autori, sia che l'intento fosse polemico (Cicerone o anche [[Plutarco]]<ref>Plutarco, ''Non è possibile vivere felici secondo Epicuro'' e altre brevi opere polemiche contro le filosofie non platoniche.</ref>) o celebrativo (Lucrezio), che deve essere tenuto in considerazione se si vuole cercare di comprendere il più possibile il pensiero originale di Epicuro.
Certe massime di Epicuro sono ricordate anche da altri filosofi e scrittori, ad esempio nei ''[[Colloqui con sé stesso]]'' dell'[[imperatore romano]] [[Marco Aurelio]] che, pur essendo uno [[stoico]], parla con molto rispetto e attenzione di lui.<ref>Marco Aurelio, ''Colloqui con se stesso'', IX, 41.</ref>
 
== Il pensiero ==
{{Vedi anche|Epicureismo}}
 
{{Citazione|Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è lei, e quando c'è lei non ci siamo più noi.|Epicuro, ''[[Lettera a Meneceo|Lettera sulla felicità (a Meneceo)]]'', 125, traduzione di [[Angelo Pellegrino]], Stampa alternativa, Milano 1992.|Tὸ φρικωδέστατον οὖν τῶν κακῶν ὁ θάνατος οὐθὲν πρὸς ἡμᾶς, ἐπειδήεπερ ὅταν μὲν ἡμεῖς ὦμεν, ὁ θάνατος oὐ πάρεστιν, ὅταν δὲ ὁ θάνατος παρῇ, τόθ' ἡμεῖς οὐκ ἐσμέν.|lingua=grc}}
 
=== Canonica ===
Come prima cosa nella [[Lettera a Erodoto]], Epicuro sottolinea come sia importante avere un modello di riferimento, una teoria, diremmo oggi, nella quale inquadrare i fenomeni studiati, e questo è possibile solo se si «riduce il complesso della dottrina in elementi e definizioni semplici».<ref>''Lettera a Erodoto'', Intr. e 1.</ref> Egli chiama questo metodo di ricerca, preliminare alla ricerca stessa, "canonica",<ref>κανονικη è un termine inventato da Epicuro per designare l'epistemologia come ramo della filosofia (Elizabeth Asmis, "Epicurean epistemology", capitolo 8 di Keimpe Algra et al. (eds.), ''The Cambridge History of Hellenistic Philosophy'', Cambridge University Press, 1999, p. 261).</ref> ovvero «scienza del canone»<ref name="erodoto">''Lettera a Erodoto'', ''ibidem.''</ref> che indica i principi fondamentali del pensare e dell'agireː canonica deriva infatti dalla parola "canone" (dal [[lingua greca|greco]] κανών -όνος, derivato di κάννα "canna", in [[lingua latina|latino]] ''canon -ŏnis'', termine che indicò originariamente la canna, e quindi il regolo usato dagli artigiani<ref>''Vocabolario Treccani'' al lemma "canone".</ref> per eseguire misure). La canonica quindi vuole stabilire le regole del pensare. Le regole indicate dalla logica aristotelica sono, secondo Epicuro, delle semplici parole che di per sé non servono per chi vuole elaborare una teoria fisica, che dovrà invece ricorrere all'esperienza sensibile, tradotta in un modello che deve essere alla base di una scienza della natura.<ref name="erodoto" />
 
Il concetto di modello è effettivamente ciò che ha reso potente la scienza moderna, modello come qualcosa che si usa per spiegare la realtà, ma che non è la realtà: cioè un fenomeno può essere spiegato da un modello, ma non è il modello, anzi, un fenomeno può anche essere spiegato con modelli diversi, la cosa importante è che i diversi modelli siano in accordo con i dati sperimentali.<ref>Nicola Abbagnano, ''Storia della filosofia'', Volume 1, Utet, 1946, p. 172.</ref> Dice Epicuro nella [[Lettera a Pitocle]]: «non bisogna infatti ragionare sulla natura per enunciati privi di riscontro oggettivo e formulazione di principi teorici, ma in base a ciò che l'esperienza sensibile richiede.»<ref>''Lettera a Pitocle'' 86, 87.</ref> Questa sarà poi la base teorica della [[metodo scientifico|scienza sperimentale]].
 
=== Fisica ===
Epicuro riprende nella [[fisica]] la [[atomismo|teoria atomistica]] - secondo la quale l'entità fondamentale della materia, l'[[atomo]], esiste da sempre - di [[Democrito]] e [[Leucippo]]. Quest'ultimo, secondo le affermazioni di Epicuro riportate da [[Diogene Laerzio]], non sarebbe mai esistito, ma viene clamorosamente smentito dai suoi stessi allievi in ambito campano. Nei ''Papiri Ercolanensi,'' infatti,<ref>Vol. Herc. coll. alt. VIII 58-62 fr. 1.</ref> si parla di Leucippo e gli si attribuisce la ''Grande cosmologia'' negandola a Democrito, che se ne sarebbe preso arbitrariamente la paternità.<ref name="op">Diogene Laerzio, ''op. cit.''</ref>
 
La novità introdotta da Epicuro rispetto a Leucippo sta però nel fatto che egli non considera più la forma degli atomi ma il loro peso. Mentre per Leucippo il moto vorticoso degli atomi permetteva lo scontro e la formazione dei corpi, per Epicuro gli atomi, indeterminati di numero ma pur sempre finiti, eternamente si muovono per il loro stesso peso seguendo un percorso rettilineo per linee parallele in un vuoto a sua volta infinito.<ref>Diogene Laerzio, ''name="op." cit.''</ref>
 
Questa concezione del moto degli atomi avrebbe comportato l'impossibilità dell'incontro degli atomi e la loro aggregazione nei corpi. Epicuro allora introduce nella sua teoria il fenomeno della deviazione (in greco παρέγκλισις, ''parenklisis'', declinazione, inclinazione; in latino ''[[clinamen]]'')<ref>Il termine ''clinamen'', l'equivalente latino della parola greca, compare con un significato più chiaro, nel II libro (verso 292) del ''[[De Rerum Natura]]'' di ''[[Lucrezio]]'' che scrive: "''... id facit exiguum clinamen principiorum.''" precisando col termine ''inclinazione'' quanto già affermato ai versi 243-262.</ref> [[caso (filosofia)|casuale]] che interviene nella caduta in verticale<ref>''Lettera ada Erodoto'', 43.</ref> degli atomi facendoli deviare dal loro percorso verticale determinandone così ''collisioni'' in base alle quali questi possano aggregarsi originando i corpi estesi.<ref>Diogene Laerzio, ''name="op." cit.''</ref>
 
Su questa sorta di pioggia degli atomi l'intervento della deviazione può interrompere il fenomeno naturale che si stava formando dando luogo ada un altro diverso effetto. Nella causalità [[meccanicismo|meccanica]] e [[determinismo|deterministica]] della natura Epicuro salva così l'elemento della casualità nella formazione degli eventi naturali.<ref>Diogene Laerzio, ''name="op." cit.''</ref>
 
[[File:Epicurus-PergamonMuseum.png|thumb|Busto di Epicuro ([[Pergamonmuseum]], [[Berlino]]).]]
 
====LaSu sensazione e la prolessi====
Importante è anche la teoria della sensazione che il filosofo tratteggia. Gli stimoli sensoriali dei corpi sono il prodotto di "simulacri" (pellicole atomiche che si distaccano continuamente dai corpi conservandone la configurazione) che toccano gli organi di senso del soggetto percipiente, in particolare la vista. Scrive Epicuro:
{{Citazione|La visione che in tal modo otteniamo, sia della forma, sia delle sue affezioni, per un atto di apprensione della mente o dei sensi, è la forma stessa del corpo solido risultante dalla presenza compatta del simulacro o dai residui di esso.<ref>''Lettera a Erodoto'' 50</ref>}}
Scrive Epicuro:
{{Citazione|La visione che in tal modo otteniamo, sia della forma, sia delle sue affezioni, per un atto di apprensione della mente o dei sensi, è la forma stessa del corpo solido risultante dalla presenza compatta del simulacro o dai residui di esso.<ref>''Lettera ad Erodoto'' 50</ref>}}
Nel processo conoscitivo l'uomo si avvale della [[prolessi]], un'anticipazione delle future conoscenze originata dalle particolari esperienze sensibili fatte in passato e di cui conserviamo il ricordo che applichiamo ai dati empirici in atto.
{{Citazione|Non potremmo ricercare ciò che è oggetto della nostra ricerca se prima non ne avessimo avuto conoscenza. [Grazie infatti alla prolessi] si pensa ai caratteri di ciò in base alle precedenti sensazioni.<ref>Diogene Laerzio 10.33</ref>}}
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Rimanendo nell'ambito del suo atomismo egli pensa che, come accade per i corpi che sono diversi a seconda degli atomi che li hanno formati, così dall'incontro di "atomi linguistici", che esistono per natura e che sono gli stessi per tutti gli uomini, nascano diversi linguaggi che si formano per convenzione.
 
In particolare egli ritiene che ogni sensazione si possa esprimere in un suono, in «soffio che batte».<ref>[https://web.archive.org/web/20180102175816/http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=396 In Francesco Adorno, ''La fisica di Epicuro'' - ''Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche''].</ref> In base alle varie situazioni in cui gli uomini "soffiano" gli atomi linguistici, si verificano così diversi suoni che, convenzionalmente, formano nomi che sono diversi pur provenendo dalle stesse sensazioni. Non esistono quindi linguaggi inferiori come espressione di mancata civilizzazione, non ci sono lingue "barbare" ma queste sono tutte rappresentazioni della stessa razionalità che è alla base dei differenti modi convenzionali di esprimersi degli uomini.
 
===Lo= studio dellaLa natura ====
Il pensiero scientifico di Epicuro presenta molti aspetti che ricordano il [[scienza|pensiero scientifico moderno]], la cui nascita viene tradizionalmente fatta risalire a [[Galileo Galilei]], ideatore del [[metodo sperimentale]]. Questo pensiero, come emerge anche nella versione organica tramandata da Lucrezio, anticipa con la sua versione dell'[[atomismo]] e dell'[[atomo]] indivisibile (da questo deriva il nome atomo dato alla particella della [[materia (fisica)|materia]] in [[fisica]], anche se in realtà esso è divisibile in molte parti) perfino la moderna [[meccanica quantistica]] di 23 secoli dopo - e la [[fisica delle particelle]], in cui il [[quanto]] è la rappresentazione di tutte le particelle indivisibili - verificata sperimentalmente; un esempio è l'[[esperimento di Rutherford]] del 1911, che provò che la materia era fatta per la maggior parte di [[vuoto (fisica)|vuoto]], come sosteneva già l'epicureismo, inserendo questo concetto nella filosofia.<ref>{{Cita web |url=https://www.lastampa.it/2013/09/09/scienza/il-cielo/odifreddi-cos-parl-lucrezio-profeta-dei-buchi-neri-TswIeUIg2VF4dCRCdOyjeI/pagina.html |titolo=''Odifreddi: così parlò Lucrezio, profeta dei buchi neri'' |accesso=11 dicembre 2018 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20181214065458/https://www.lastampa.it/2013/09/09/scienza/il-cielo/odifreddi-cos-parl-lucrezio-profeta-dei-buchi-neri-TswIeUIg2VF4dCRCdOyjeI/pagina.html |urlmorto=sì }}</ref> Nel libro II del trattato ''Sulla natura'' e in ''Contro Teofrasto'' Epicuro espone la sua teoria sulla [[luce visibile]]: ipotizza l'esistenza di particelle di [[luce]], simili a quelle che nella fisica moderna furono dette "[[Quanto di luce|quanti di luce]]" e poi [[Fotone|fotoni]], e sostiene a differenza di altri contemporanei che i [[Colore|colori]] non siano intrinseci ai corpi o all'occhio, ma legati alla [[rifrazione]], come dimostrerà [[Isaac Newton]]. Epicuro anticipò anche l'[[Sistema eliocentrico|idea eliocentrica]] che sarà sostenuta poi dell'astronomo suo concittadino [[Aristarco di Samo]], sostenendo che la Terra non fosse il centro dell'universo come affermato da Aristotele.
[[File:Raffael 063.jpg|thumb|Epicuro ritratto da [[Raffaello]] ne ''[[La scuola di Atene]]'' (particolare).]]
 
Il pensiero scientifico di Epicuro presenta molti aspetti che ricordano il [[scienza|pensiero scientifico moderno]], la cui nascita viene tradizionalmente fatta risalire a [[Galileo Galilei]], ideatore del [[metodo sperimentale]]. Questo pensiero, come emerge anche nella versione organica tramandata da Lucrezio, anticipa con la sua versione dell'[[atomismo]] e dell'[[atomo]] indivisibile (da questo deriva il nome atomo dato alla particella della [[materia (fisica)|materia]] in [[fisica]], anche se in realtà esso è divisibile in molte parti) perfino la moderna [[meccanica quantistica]] di 23 secoli dopo (e la [[fisica delle particelle]], in cui il [[quanto]] è la rappresentazione di tutte le particelle indivisibili), verificata sperimentalmente; un esempio è l'[[esperimento di Rutherford]] del [[1911]], che provò che la materia era fatta per la maggior parte di [[vuoto (fisica)|vuoto]], come sosteneva già l'epicureismo, inserendo questo concetto nella filosofia.<ref>[https://www.lastampa.it/2013/09/09/scienza/il-cielo/odifreddi-cos-parl-lucrezio-profeta-dei-buchi-neri-TswIeUIg2VF4dCRCdOyjeI/pagina.html ''Odifreddi: così parlò Lucrezio, profeta dei buchi neri'']</ref>
 
==== Canonica, il metodo di ricerca ====
Come prima cosa nella [[Lettera ad Erodoto]], Epicuro sottolinea come sia importante avere un modello di riferimento, una teoria, diremmo oggi, nella quale inquadrare i fenomeni studiati, e questo è possibile solo se si «riduce il complesso della dottrina in elementi e definizioni semplici».<ref>''Lettera ad Erodoto'', Intr. e 1</ref>
Egli chiama questo metodo di ricerca, preliminare alla ricerca stessa, "canonica",<ref>κανονικη è un termine inventato da Epicuro per designare l'epistemologia come ramo della filosofia. (Elizabeth Asmis, "Epicurean epistemology", capitolo 8 di Keimpe Algra et al. (eds.), ''The Cambridge History of Hellenistic Philosophy'', Cambridge University Press, 1999, p. 261)</ref> ovvero «scienza del canone»<ref name=erodoto>''Lettera ad Erodoto'', ''ibidem''</ref> che indica i principi fondamentali del pensare e dell'agire.
 
Canonica deriva infatti dalla parola "canone" (dal [[lingua greca|greco]] κανών -όνος, derivato di κάννα "canna", in [[lingua latina|latino]] ''canon -ŏnis'', termine che indicò originariamente la canna, e quindi il regolo usato dagli artigiani<ref>''Vocabolario Treccani'' alla parola "canone"</ref> per eseguire misure). La canonica quindi vuole stabilire le regole del pensare. Le regole indicate dalla logica aristotelica sono, secondo Epicuro, delle semplici parole che di per sé non servono per chi vuole elaborare una teoria fisica che dovrà invece ricorrere all'esperienza sensibile, tradotta in un modello che deve essere alla base di una scienza della natura.<ref name=erodoto/>
 
Il concetto di modello è effettivamente ciò che ha reso potente la scienza moderna, modello come qualcosa che si usa per spiegare la realtà, ma che non è la realtà: cioè un fenomeno può essere spiegato da un modello, ma non è il modello, anzi, un fenomeno può anche essere spiegato con modelli diversi, la cosa importante è che i diversi modelli siano in accordo con i dati sperimentali.<ref>Nicola Abbagnano, ''Storia della filosofia'', Volume 1,Utet, 1946, p.172</ref>
 
Dice Epicuro nella [[Lettera a Pitocle]]: «non bisogna infatti ragionare sulla natura per enunciati privi di riscontro oggettivo e formulazione di principi teorici, ma in base a ciò che l'esperienza sensibile richiede.»<ref>''Lettera a Pitocle'' 86, 87</ref>
Questa sarà poi la base teorica della [[metodo scientifico|scienza sperimentale]].
 
=== Etica ===
Nell'etica Epicuro riprende concettualmente l'[[edonismo]] dei [[scuola cirenaica|Cirenaici]], ma mentre per questi il piacere è dinamicamente inteso come continua ricerca del piacere, sempre goduto effimeramente, per Epicuro è statico, assicurato cioè dalla eliminazione del dolore, avvenuta una volta per tutte, procurando così la salute dell'anima non più costretta ada un'affannosa ricerca del piacere. Un'anima che «è una sostanza corporea composta di sottili particelle»<ref>''Lettera a Erodoto'', 63.</ref>, cioè di atomi molto mobili. Grazie a questa concezione egli libera l'uomo dalla paura della [[morte]] poiché, quando questa si verifica, il corpo, e con esso l'anima, ha già cessato di esistere e quindi cessa anche di provare sensazioni. Per questo motivo sarebbe stolto temere la morte come causa di sofferenza in quanto la morte è privazione di sensazioni.
Un'anima che «è una sostanza corporea composta di sottili particelle»<ref>''Lettera ad Erodoto'', 63</ref> cioè di atomi molto mobili. Grazie a questa concezione egli libera l'uomo dalla paura della [[morte]] poiché quando questa si verifica il corpo, e con esso l'anima, ha già cessato di esistere e quindi cessa anche di provare sensazioni. Per questo motivo sarebbe stolto temere la morte come causa di sofferenza in quanto la morte è privazione di sensazioni.
 
====IlLa male e gli deiteodicea====
{{vedi anche|Paradosso di Epicuro}}
Inoltre egli affronta anche la questione degli dei che, secondo Epicuro, non si occupano dell'uomo in quanto vivono negli ''[[intermundia]]'', cioè in spazi situati fra gli infiniti mondi reali, e del tutto separati da questi; essi perciò non hanno esperienza dell'uomo. Affronta quindi la questione del male rispetto agli dei e procede per gradi:
Inoltre egli affronta anche la questione degli dei che, secondo la [[teodicea]] di Epicuro, non si occupano dell'uomo in quanto vivono negli ''[[intermundia]]'', cioè in spazi situati fra gli infiniti mondi reali, e del tutto separati da questi; essi perciò non hanno esperienza dell'uomo. Affronta quindi la questione del male rispetto agli dei e procede per gradi:
* Gli dei non vogliono il male, ma non possono evitarlo (gli dei risulterebbero buoni ma impotenti, non è possibile).
* Gli dei possono evitare il male, ma non vogliono (gli dei risulterebbero cattivi, non è possibile).
* Gli dei non possono e non vogliono evitare il male (gli dei sarebbero cattivi e impotenti, non è possibile).
* Gli dei possono e vogliono; ma poiché il male esiste allora gli dei esistono ma non si interessano dell'uomo. Questa è la conclusione che Epicuro considera vera: gli dèidei sono indifferenti alle vicende umane e si chiudono nella loro perfezione.<ref>Fr. 374 Usener; la fonte è Lattanzio, ''De Ira Dei'' (''La Collera di Dio''), 13, 20-21.</ref>
 
Tali considerazioni di tipo fisico, cosmologico e teologico spingono Epicuro a considerare la felicità come coincidente con l'assenza di [[paura|paure]] e timori che condizionano l'esistenza in modo negativo. Ritiene inoltre che il male derivi dai desideri che, se non appagati, generano insoddisfazione e quindi dolore., Questiche possono essere artificiali e naturali (necessari e non necessari). È inoltre doveroso aggiungere che il motivo per cui Epicuro afferma che gli dei si disinteressino dell'uomo è che essi, nella loro beatitudine e perfezione, non hanno bisogno di occuparsi degli uomini. Affermare che per gli dei sia necessario occuparsi di qualcosa, in questo caso degli uomini, significherebbe dare un limite al potere immenso degli dei, che, invece, non hanno bisogno di interessarsi della vita terrena. Questa concezione di [[Ignosticismo|indifferentismo religioso]] è detta "semi-[[ateismo]]".
 
È inoltre doveroso aggiungere che il motivo per cui Epicuro afferma che gli dei si disinteressino dell'uomo è che essi, nella loro beatitudine e perfezione, non hanno bisogno di occuparsi degli uomini. Affermare che per gli dei sia necessario occuparsi di qualcosa, in questo caso degli uomini, significherebbe dare un limite al potere immenso degli dei, che, invece, non hanno bisogno di interessarsi della vita terrena.
 
====Il «tetrafarmaco o quadruplice rimedio»====
Epicuro ritiene che la [[filosofia]] debba diventare lo strumento, il mezzo, teorico e pratico, per raggiungere la [[felicità]] liberandosi da ogni passione irrequieta.
{{Citazione|Se non fossimo turbati dal pensiero delle cose celesti e della morte e dal non conoscere i limiti dei dolori e dei desideri, non avremmo bisogno della scienza della natura<ref>''Massime capitali'', 11</ref>}}
 
{{Citazione|Se non fossimo turbati dal pensiero delle cose celesti e della morte e dal non conoscere i limiti dei dolori e dei desideri, non avremmo bisogno della scienza della natura.<ref>''Massime capitali'', 11</ref>}}
Propone quindi un "quadrifarmaco"<ref>Il termine [[tetrafarmacum|tetrafarmaco]] indicava in origine, in Grecia, un vero composto medicinale realizzato con cera, sego, pece e resina. (In Margherita Isnardi Parente (a cura di), ''Stoici antichi'', Torino, Utet Libri, 2013)</ref> capace di liberare l'uomo dalle sue quattro paure fondamentali:
 
Propone quindi un "quadrifarmaco"<ref>Il termine [[Tetrafarmacum|tetrafarmaco]] indicava in origine, in Grecia, un vero composto medicinale realizzato con cera, sego, pece e resina (in Margherita Isnardi Parente (a cura di), ''Stoici antichi'', Torino, Utet Libri, 2013).</ref> capace di liberare l'uomo dalle sue quattro paure fondamentali:
{|
|+ '''TETRAFARMACO'''
! width="30%" | Mali
! width="70%" | Terapia
|-
|1) Paura degli [[Dio|dei]] e della vita dopo la morte
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|-
|2) Paura della [[morte]]
|Quando noi ci siamo ella non c'è, quando lei c'è noi non ci siamo più<ref>«Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è lei, e quando c'è lei non ci siamo più noi.» (Lettera a Meneceo)</ref>.
|-
|3) Mancanza del [[piacere]]
|Esso è facilmente raggiungibile seguendo il calcolo epicureo dei bisogni da soddisfare, che saranno quelli fondamentali, e non quelli superflui.
|-
|4) [[Dolore]] fisico
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|}
 
====Il piacereEdonismo====
Parte fondamentale dell'etica epicurea, comunque, è l'edonismo:
{{Citazione|Non si è mai troppo vecchi o troppo giovani per essere felici.<br />
Uomo o donna, ricco o povero, ognuno può essere felice.<ref>''Lettera a Meneceo'' in Elena Maggio, ''Il senso della vita. La filosofia classica ed ellenistica'', Armando Editore, 2003 p.59</ref>}}
 
Epicuro ritiene che il sommo bene sia il [[piacere]] (ἡδονή, ''edonè''). È necessario comprendere a fondo questo termine; Epicuro distingue due fondamentali tipologie di piacere: [[Edonismo#Piacere catestematico|piacere catastematico]] (statico) e piacere cinetico (dinamico). Per piacere cinetico si intende il piacere transeunte, che dura per un istante e lascia poi l'uomo più insoddisfatto di prima. Sono piaceri cinetici quelli legati al corpo, alla soddisfazione dei sensi. Lucrezio poi definirà questo piacere come "voluptas", cioè il piacere erotico e materiale ma non necessario al raggiungimento della felicità. Il piacere catastematico è invece durevole, e consta della capacità di sapersi accontentare della propria vita, di godersi ogni momento come se fosse l'ultimo, senza preoccupazioni per l'avvenire. La condotta, quindi, deve essere improntata verso una grande moderazione: meno si possiede, meno si teme di perdere.
Epicuro ritiene che il sommo bene sia il [[piacere]] (ἡδονή, ''edonè''). È necessario comprendere a fondo questo termine; Epicuro distingue due fondamentali tipologie di piacere:
[[File:Epicuro-barracco.jpg|thumb|Busto di Epicuro ([[Museo Barracco]], [[Roma]]).]]
* Il [[Edonismo#Piacere catestematico|piacere catastematico]] (statico).
* Il piacere cinetico (dinamico).
Per piacere cinetico si intende il piacere transeunte, che dura per un istante e lascia poi l'uomo più insoddisfatto di prima.
Sono piaceri cinetici quelli legati al corpo, alla soddisfazione dei sensi.
 
Il piacere catastematico è invece durevole, e consta della capacità di sapersi accontentare della propria vita, di godersi ogni momento come se fosse l'ultimo, senza preoccupazioni per l'avvenire. La condotta, quindi, deve essere improntata verso una grande moderazione: meno si possiede, meno si teme di perdere.
{{Citazione|Dei desideri alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri né naturali né necessari, ma nati solo da vana opinione.<ref>''Lettera a Meneceo'', 127</ref>}}
Epicuro elabora una specie di catalogazione dei bisogni che se soddisfatti procurano ''eudemonia'' (letteralmente "star insieme a un buon demone", "serenità"):
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* Bisogni né naturali né necessari, come ad esempio il desiderio di gloria e di ricchezze: questi non sono naturali, non hanno limite e quindi non potranno mai essere soddisfatti.
 
Da qui nacque l'accusa dei padri della Chiesa cristiani che Epicuro suggerisse uno stile di vita rozzo e materiale, indegno dell'uomo. In realtà Epicuro non indica quali debbano essere i bisogni naturali e necessari da soddisfare, poiché è demandato alla ragione dell'uomo stabilire quali per lui siano i bisogni essenziali, naturali da soddisfare. Come è stato commentato, per [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], ad esempio, poteva essere ininfluente il bisogno di mangiare e bere, mentre per lui era veramente naturale e necessario soddisfare il suo ineliminabile desiderio di gloria.<ref>Julia Annas, ''La morale della felicità in Aristotele e nei filosofi dell'età ellenistica'', Vita e Pensiero, 1998 p.265 e sgg</ref>
 
Epicuro paragona la vita ada un banchetto (metafora poi ripresa dallo stoico [[Epitteto]]), dal quale si può essere scacciati all'improvviso. Il convitato saggio non si abbuffa, non attende le portate più raffinate, ma sa accontentarsi di quello che ha avuto ed è pronto ad andarsene appena sarà il momento, senza alcun rimorso. Il piacere catastematico è profondamente legato ai concetti di [[atarassia]] (ἀταραξία) e [[aponia]] (ἀπονία).<ref>''Lettera a Meneceo''</ref>
 
==== L'amicizia sostituta della politica ====
[[File:Epikur Statue.jpg|thumb|left|Statua di Epicuro.]]
{{Citazione|Ogni amicizia è desiderabile di per sé anche se ha avuto il suo inizio dall'utilità.<ref>''Sentenze Vaticane'', 23</ref>}}
Importante è quindi l'[[amicizia]], intesa come reciproca [[solidarietà]] tra coloro che cercano insieme la serena [[felicità]].
{{Citazione|Di tutte le cose che la sapienza procura in vista della vita felice, il bene più grande è l'acquisto dell'amicizia.<ref>''Mass. Cap.'' 27</ref>}}
{{Citazione|L'amicizia trascorre per la terra annunziando a tutti noi di destarci per darci gioia l'un con l'altro.<ref>''Sent. Vat.'' 52</ref>}}
L'amicizia sostituisce in un certo modo i rapporti sociali, poiché Epicuro contesta l'identificazione dell'uomo con il cittadino anche se riconosce l'utilità per la società delle [[legge|leggi]], che vanno rispettate poiché calpestandole non si può avere la certezza dell'impunità e quindi rimarrebbe il timore di un castigo, che turberebbe la serenità per sempre.<ref>''Manuale di filosofia Dalle origini a oggi'', ed. Lulu.com, p.65</ref> La politica è «un inutile affanno»; l'uomo dovrà invece essere contento del vivere appartato, secondo la concezione epicurea del "vivere nascostamente" ("vivi nascosto", in [[greco antico]] λάθε βιώσας, ''lathe biosas'')<ref>''Manuale di filosofia Dalle origini a oggi'', ''ibidem''</ref>. Il disimpegno degli epicurei, che teorizzano una vita serena e ritirata, congiunto a un'interpretazione superficiale del concetto epicureo di "piacere", ha portato nei secoli a una visione distorta dell'epicureismo, spesso associato all'[[edonismo]] egoistico o a quello dei [[cirenaici]], con cui nulla ha a che fare. La filosofia epicurea si distingue al contrario per una notevole carica "[[Illuminismo|illuministica]]" e [[morale]]: insegna a rifiutare ogni [[superstizione]] o [[pregiudizio]] in una serena accettazione dei propri limiti e delle proprie potenzialità.
La politica è «un inutile affanno» e l'uomo dovrà invece essere contento del vivere appartato secondo la concezione epicurea del "vivere nascostamente" ("vivi nascosto", in [[greco antico]] λάθε βιώσας, ''lathe biosas'')<ref>''Manuale di filosofia Dalle origini a oggi'', ''ibidem''</ref>
 
L'etica epicurea quindi, come l'[[utilitarismo]], è stata anche definita [[consequenzialismo|consequenzialista]] poiché identificherebbe il bene a seconda degli effetti dei propri comportamenti. Questa interpretazione è stata contestata poiché si fonderebbe su una singola frase della ''Lettera a Meneceo''<ref>"Ogni piacere dunque è bene per sua intima natura, ma noi non li scegliamo tutti. Allo stesso modo ogni dolore è male, ma non tutti sono sempre da fuggire. Bisogna giudicare gli uni e gli altri in base alla considerazione degli utili e dei danni".</ref> non ripresa negli altri testi epicurei.<ref>Julia Annas, ''La morale della felicità in Aristotele e nei filosofi dell'età ellenistica'', Vita e Pensiero, 1998 p. 459 e sgg.</ref>
Il disimpegno degli epicurei, che teorizzano una vita serena e ritirata, congiunto ad una interpretazione superficiale del concetto epicureo di "piacere", ha portato nei secoli ad una visione distorta dell'epicureismo, spesso associato all'[[edonismo]] egoistico o a quello dei [[cirenaici]], con cui nulla ha a che fare. La filosofia epicurea si distingue al contrario per una notevole carica "[[Illuminismo|illuministica]]" e [[morale]]: insegna a rifiutare ogni [[superstizione]] o [[pregiudizio]] in una serena accettazione dei propri limiti e delle proprie potenzialità.
 
L'etica epicurea quindi, come l'[[utilitarismo]], è stata anche definita [[consequenzialismo|consequenzialista]] poiché identificherebbe il bene a seconda degli effetti dei propri comportamenti. Questa interpretazione è stata contestata poiché si fonderebbe su una singola frase della ''Lettera a Meneceo''<ref>"Ogni piacere dunque è bene per sua intima natura, ma noi non li scegliamo tutti. Allo stesso modo ogni dolore è male, ma non tutti sono sempre da fuggire. Bisogna giudicare gli uni e gli altri in base alla considerazione degli utili e dei danni".</ref> non ripresa negli altri testi epicurei.<ref>Julia Annas, ''La morale della felicità in Aristotele e nei filosofi dell'età ellenistica'', Vita e Pensiero, 1998 p.459 e sgg.</ref>
 
====Gli animali e il vegetarianismo====
Inoltre, Epicuro critica l'[[antropocentrismo]] aristotelico, pur non rigettando il primato umano sugli animali, e sostiene che tutti gli esseri viventi sono dotati di sensibilità e ricercano il piacere come gli uomini, cercando di evitare il dolore.<ref>[{{Cita web |url=https://www.mclink.it/assoc/lida/lanata.htm |titolo=Antropocentrismo e Cosmocentrismo nel pensiero antico] |accesso=11 dicembre 2018 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101125144738/http://www.mclink.it/assoc/lida/lanata.htm |urlmorto=sì }}</ref>ː dunque, a differenza dei platonici, il suo rispetto verso la vita animale si fonda su basi [[sensismo|sensistiche]] e non prettamente religiose o filosofiche.
 
Epicuro non prescrisse il [[vegetarianismo]]; tuttavia, almeno secondo la testimonianza del platonico [[Porfirio di Tiro]]<ref>Porfirio parla della tendenza degli epicurei al vegetarianismo nel trattato ''Sull'astinenza dalle carni animali.''</ref>, egli era personalmente vegetariano e spinse i discepoli al rispetto per gli [[animali]] e a una dieta priva di carni.<ref>[http://advocacy.britannica.com/blog/advocacy/2010/08/the-hidden-history-of-greco-roman-vegetarianism/ The hidden history of greco-roman vegetarianism].</ref><ref>[https://ivu.org/history/greece_rome/epicurus.html Epicurus on IVU].</ref><ref>[[Leo Strauss]], ''Spinoza's Critique of Religion'', Chicago, University of Chicago Press, 1965, pag. 50.</ref> Nei frammenti a noi pervenuti delle sue opere, Epicuro raccomanda più volte di cibarsi frugalmente, preferibilmente di pane, formaggio e acqua, come faceva lui stesso.<ref>G. Ditadi (a cura di), ''I filosofi e gli animali'', 54.</ref>
A differenza dei platonici, il suo rispetto verso la vita animale si fonda su basi [[sensismo|sensistiche]] e non prettamente religiose o filosofiche.
 
Epicuro non prescrisse il [[vegetarianismo]], tuttavia, almeno secondo la testimonianza del platonico [[Porfirio di Tiro]]<ref>Porfirio parla della tendenza degli epicurei al vegetarianismo nel trattato ''Sull'astinenza dalle carni animali''</ref>, egli era personalmente vegetariano e spinse i discepoli al rispetto per gli [[animali]] e ad una dieta priva di carni.<ref>[http://advocacy.britannica.com/blog/advocacy/2010/08/the-hidden-history-of-greco-roman-vegetarianism/ The hidden history of greco-roman vegetarianism]</ref><ref>[https://ivu.org/history/greece_rome/epicurus.html Epicurus on IVU]</ref><ref>[[Leo Strauss]], ''Spinoza's Critique of Religion'', Chicago, University of Chicago Press, 1965, pag. 50</ref> Nei frammenti a noi pervenuti delle sue opere, Epicuro raccomanda più volte di cibarsi frugalmente, preferibilmente di pane, formaggio e acqua, come faceva lui stesso.<ref>G. Ditadi (a cura di), ''I filosofi e gli animali'', 54.</ref>
 
== Fortuna ==
Epicuro, ancora in vita, aveva invitato i suoi discepoli a festeggiare il suo compleanno e aveva stabilito nel suo testamento che si continuasse a celebrarlo il decimo giorno di [[Gamelione]], e che il ventesimo giorno di ogni mese gli epicurei si riunissero tra di loro per ricordare lui e il suo intimo amico [[Metrodoro di Lampsaco (epicureo)|Metrodoro]]. Su[[Plinio il Vecchio]] scrive che questa ricorrenza, poi chiamata la "festa delle Icadi", [[Plinio il Vecchio]] scrive come fosseera ancora celebrata nel [[I secolo d.C.]]<ref>Giovanni Reale, ''Il pensiero antico'', Vita e Pensiero, 2001, p. 383.</ref>
 
Questa [[divinizzazione filosofica|sacralità]] del personaggio si ritrova nelle espressioni di [[Tito Lucrezio Caro]], che chiamava Epicuro «un Dio».<ref>Lucrezio, ''De rerum natura'', vv. 1 e sgg.</ref> Nel poema ''[[De rerum natura]]'' scrive quattro "inni a Epicuro" (detti anche "elogi" o "trionfi di Epicuro").<ref>[http://www.edurete.org/pd/sele_art.asp?ida=3557 La sconfitta della ''religio'': elogio di Epicuro].</ref>
 
{{quote|E dunque trionfò la vivida forza del suo animo. E si spinse lontano, oltre le mura fiammeggianti del mondo. E percorse con il cuore e la mente l'immenso universo, da cui riporta a noi vittorioso quel che può nascere, quel che non può, e infine per quale ragione ogni cosa ha un potere definito e un termine profondamente connaturato. Perciò a sua volta abbattuta sotto i piedi la religione è calpestata, mentre la vittoria ci eguaglia al cielo.|Lucrezio, ''La natura delle cose''}}
Nel [[II secolo d.C.]] [[Luciano di Samosata]], [[sofista]] simpatizzante dell'epicureismo, si riferiva al maestro come «divino sacerdote della verità» e «liberatore di coloro che ne seguono le dottrine».<ref>Luciano, ''[[Alessandro o il falso profeta]]'', 61.</ref>
 
[[File:Epicurus Massimo Inv197306.jpg|thumb|upright|Epicuro, copia romana di un originale greco (conservata al [[Museo Nazionale Romano]])]]
Questa [[divinizzazione filosofica|sacralità]] del personaggio si ritrova nelle espressioni di [[Tito Lucrezio Caro]] che chiamava Epicuro «un Dio»<ref>Lucrezio, ''De rerum natura'', vv. 1 e sgg.</ref> e nel [[II secolo d.C.]] [[Luciano di Samosata]], [[sofista]] simpatizzante dell'epicureismo, si riferiva al maestro come «divino sacerdote della verità» e «liberatore di coloro che ne seguono le dottrine».<ref>Luciano, ''[[Alessandro o il falso profeta]]'', 61</ref> Lo stesso Lucrezio, difatti, nel poema ''[[De rerum natura]]'', scrive tre "inni ad Epicuro" (detti anche "elogi" o "trionfi di Epicuro").<ref>[http://www.edurete.org/pd/sele_art.asp?ida=3557 La sconfitta della ''religio'': elogio di Epicuro]</ref>
Epicuro venne screditato dalle scuole rivali, ''in primis'' dai platonici, e poi dai cristiani, a causa del suo materialismo e della teoria del piacere. Fu l'unico filosofo antico a essere criticato negli [[Stromateis]] di [[Clemente Alessandrino]].<ref>{{Cita web|url=https://epicuro.org/old/campanile.html|titolo=Epicuro: commenti: Adversus Epicuro: Cristianesimo ed Epicureismo in Clemente di Alessandria.|sito=epicuro.org|accesso=2024-05-27}}</ref>
 
Nel [[Medioevo]] la parola "epicureo" era sinonimo di "[[ateo]], irreligioso ed [[eretico]]": in tal senso è usata da [[Dante Alighieri]], che condanna come epicurei [[Cavalcante dei Cavalcanti]] (padre del suo amico [[Guido Cavalcanti]]), l'imperatore [[Federico II di Svevia|Federico II]] e [[Farinata degli Uberti]] (il quale probabilmente era in realtà un simpatizzante del [[catarismo]]); tutti e tre personaggi per cui prova stima umana e politica, ma che condanna dal punto di vista ideologico<ref>Dante, ''Inferno'', canto X, vv. 13-15: "Suo cimitero da questa parte hanno / con Epicuro tutti i suoi seguaci / che l'anima col corpo morta fanno".</ref>, mentre il materialista semplice [[Democrito]] è invece collocato stranamente tra i giusti pagani del [[Limbo]], anche se biasimato per la sua teoria del mondo creato con casualità.<ref>Dante, ''Inferno'', Canto IV, v. 136: «Democrito, che'l mondo a caso pone».</ref>
===Nelle epoche successive===
[[File:Epicurus Massimo Inv197306.jpg|thumb|upright|Epicuro, copia romana di un originale greco (conservata al [[Museo Nazionale Romano]]).]]
Epicuro venne screditato dalle scuole rivali, ''in primis'' dai platonici, e poi dai cristiani, a causa del suo materialismo e della teoria del piacere. Nel [[Medioevo]] la parola "epicureo" era sinonimo di "[[ateo]], irreligioso ed [[eretico]]", in tal senso è usato da [[Dante Alighieri]] che condanna come epicurei [[Cavalcante dei Cavalcanti]] (padre del suo collega [[Guido Cavalcanti]]), l'imperatore [[Federico II di Svevia|Federico II]] e [[Farinata degli Uberti]], tutti e tre personaggi per cui prova stima umana e politica, ma che condanna dal punto di vista ideologico<ref>Dante, ''Inferno'', canto X, vv. 13-15: "Suo cimitero da questa parte hanno / con Epicuro tutti i suoi seguaci / che l'anima col corpo morta fanno"</ref>, mentre il materialista semplice [[Democrito]] è invece collocato stranamente tra i giusti pagani del [[Limbo]], anche se biasimato per la sua teoria del mondo creato con casualità.<ref>Dante, ''Inferno'', Canto IV, v. 136: «Democrito, che'l mondo a caso pone»</ref>
 
Saranno il [[Rinascimento]] [[umanesimo|umanistico]], tranne le correnti neoplatoniche, e l'abate [[Pierre Gassendi]] nel [[XVII secolo]], a rivalutare il suo pensiero. In particolare Gassendi, nel ''Syntagma philosophiae Epicuri'' del 1649 ("Compendio della filosofia di Epicuro"), interpretava la filosofia epicurea in senso [[cristianesimo|cristiano]] e se ne serviva per respingere l'astratta [[metafisica]] [[Cartesio|cartesiana]]. Proponendolo come maestro di vita e di [[morale]], attingeva al suo pensiero nella polemica anti-[[scolastica (filosofia)|scolastica]] e anti-[[platonismo|platonica]]. Nelle discussioni circa la nuova [[metodo scientifico|visione scientifica]] dell'universo affermava che l'[[atomismo]] epicureo, ponendo il ''[[vuoto (filosofia)|vuoto]]'', fosse l'unica filosofia compatibile con la realtà [[scienza|scientifica]] che si andava allora delineando.<ref>''Enciclopedia Garzanti di Filosofia'', alla voce "Gassendi".</ref><ref>[http://www.sapere.it/enciclopedia/Gassendi,+Pierre.html Cfr. ''Sapere.it'' alla voce "Gassendi"].</ref> Epicuro è stato considerato come uno dei precursori anche dall'[[utilitarismo]].
Saranno il [[Rinascimento]] [[umanesimo|umanistico]], tranne le correnti neoplatoniche, e l'abate [[Pierre Gassendi]] nel [[XVII secolo]], a rivalutare il suo pensiero.
In particolare Gassendi nel ''Syntagma philosophiae Epicuri'' del [[1649]] ("Compendio della filosofia di Epicuro"), interpretava la filosofia epicurea in senso [[cristianesimo|cristiano]] e se ne serviva per respingere l'astratta [[metafisica]] [[Cartesio|cartesiana]]. Proponendolo come maestro di vita e di [[morale]], attingeva al suo pensiero nella polemica anti-[[scolastica (filosofia)|scolastica]] e anti-[[platonismo|platonica]]. Nelle discussioni circa la nuova [[metodo scientifico|visione scientifica]] dell'universo affermava che l'[[atomismo]] epicureo, ponendo il ''[[vuoto (filosofia)|vuoto]]'', fosse l'unica filosofia compatibile con la realtà [[scienza|scientifica]] che si andava allora delineando.<ref>''Enciclopedia Garzanti di Filosofia'', alla voce "Gassendi"</ref><ref>[http://www.sapere.it/enciclopedia/Gassendi,+Pierre.html Cfr. ''Sapere.it'' alla voce "Gassendi"]</ref> Epicuro è stato considerato come uno dei precursori anche dall'[[utilitarismo]].
 
L'epicureismo fu, poi, stimato anche da vari intellettuali dell'illuminismo[[Illuminismo|illuministi]], come il [[barone d'Holbach]]<ref>''Il buon senso'', 57.</ref> e [[Julien Offray de La Mettrie]] (autore del ''Sistema di Epicuro''), e in epoca successiva da [[Ugo Foscolo]]<ref>[http://maspo.altervista.org/mate.htm Il materialismo di Foscolo].</ref>, [[Giacomo Leopardi]], [[Percy Bysshe Shelley]]<ref>[http://terpconnect.umd.edu/~djb/shelley/christianity1880.html ''Essay on Christianity''].</ref>, [[Karl Marx]], [[Arthur Schopenhauer]]<ref>''Consigli sulla felicità'' da ''Aforismi sulla saggezza del vivere'', in ''Parerga e paralipomena''; edizione Mondadori dei ''Consigli'', pag. 17-18.</ref>, [[Friedrich Nietzsche]].
 
== Note ==
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== Bibliografia ==
=== Edizioni e traduzioni ===
* [[Hermann Usener]] (edidit), ''Epicurea'', Lipsiae 1887 (rist. Roma 1963; Stutgardiae 1966) e, con trad. it. a cura di I. Ramelli, Milano 2002; trad. it. di L. Massa Positano, senza testo greco a fronte, Padova 1969.
* {{cita libro|autore=Epicuro|titolo=Opere, frammenti, testimonianze sulla sua vita|curatore=Ettore Bignone|editore=Laterza|città=Bari|anno=1920|url=https://archive.org/details/epicurooperefram00bari/|via=Internet Archive}}
* Hermann Usener, ''Glossarium Epicureum'', a cura di [[Marcello Gigante|M. Gigante]] e W. Schmid, Roma 1977.
* Hermann Usener, ''Glossarium Epicureum'', a cura di [[Marcello Gigante]] e W. Schmid, Roma 1977.
* [[Carlo Diano]], ''Epicuri Ethica'' (edidit adnotationibus instr. C.D. Florentiae, in aedibus Sansonianis, 1946
* [[Carlo Diano]], ''LettereEpicuri diEthica'' Epicuro(edidit eadnotationibus dei suoi nuovamente o per la prima volta edite dainstr. C.D.'' Florentiae, Firenzein aedibus Sansonianis, Sansoni 1946.
* Carlo Diano, ''ScrittiLettere epicurei,di Epicuro e dei suoi nuovamente o per la prima volta edite da C.D.'', Firenze, 1974Sansoni 1946.
* Carlo Diano, ''Epicuro, Scritti moraliepicurei,'' MilanoFirenze 19831974.
* Carlo Diano, ''Epicuro, Scritti morali,'' BUR Milano 1987, 2021.
* Epicuro, ''Opere, frammenti, testimonianze sulla sua vita'', tradotti con introduzione e commento da Ettore Bignone, Roma 1964 (ristampa anastatica dell'edizione di Bari 1920).
* Epicuro, ''Opere'', introduzione, testo critico, traduzione e note di Graziano Arrighetti, Torino 1960.
* Epicuro, ''Opere'', a cura di [[Margherita Isnardi Parente|M. Isnardi Parente]], Torino 1974.
* Epicuro, ''Sulla natura libro II'', edizione, traduzione e commento a cura di G. Leone, Napoli 2012.
* Epicuro, ''Epistola a Erodoto'', Introduzione di Emidio Spinelli, Traduzione e commento di Francesco Verde, Roma 2010.
* Epicuro, ''Lettera sulla felicità. Massime capitali. Testo greco a fronte'', traduzione di M. Lazzati, Roma 2010.
* Epicuro, ''Lettera sulla felicità'', traduzione di [[Angelo Pellegrino]], Roma 1992.
* Anna Angeli, "Lettere di Epicuro dall’Egitto (POxy lxxvi 3077)", ''Studi di Egittologia e di Papirologia'', 20, 2013, pp. 9-31&nbsp;9–31.
* Graziano Arrighetti, Marcello Gigante, "Frammenti del libro undicesimo ‘Della natura’ di Epicuro (PHerc. 1042)", ''Cronache Ercolanesi'', 7, 1977, pp. 5–8.
* Raffaele Cantarella, Graziano Arrighetti, "Il libro ''Sul tempo (PHerc.'' 1413) dell’opera di Epicuro 'Sulla natura'", ''Cronache Ercolanesi'', 2, 1972, pp. 5-46&nbsp;5–46.
* Simon Laursen, "The Early Parts of Epicurus, 'On Nature', 25th Book", ''Cronache Ercolanesi'', 25,1995, pp. &nbsp;5–109.
* Simon Laursen, "The Later Parts of Epicurus, 'On Nature', 25th Book", ''Cronache Ercolanesi'', 27,1997, 00. 5–83.
* Giuliana Leone, "Epicuro, 'Della natura', libro XIV", ''Cronache Ercolanesi'', 14, 1984, pp. &nbsp;17–107.
* Giuliana Leone, "Epicuro, 'Della natura', libro XXIV (PHerc. 1431)", ''Cronache Ercolanesi'', 32, 2002, pp. 7-135&nbsp;7–135.
* Claire Millot, "Epicure ‘De la nature’ livre XV", ''Cronache Ercolanesi'', 7, 1977, pp. &nbsp;9–39.
* David Sedley, "Epicurus, 'On Nature', Book XXVII", ''Cronache Ercolanesi'', 3, 1973, pp. 5-83&nbsp;5–83.
 
=== Fonti secondarie ===
* [[Marco Tullio Cicerone]], ''[[De finibus bonorum et malorum]]'', p.e. in traduzione di Stefanuto A., Milano 2000. ISBN 88-8144-805-X.
* [[Diogene di Enoanda]], ''I frammenti di Diogene di Enoanda'', Licosa 1984.
* [[Diogene Laerzio]], ''Vite e dottrine dei più celebri filosofi'', Testo greco a fronte, a cura di Giovanni Reale con la collaborazione di Giuseppe Girgenti e Ilaria Ramelli, Milano 2005.
* [[Tito Lucrezio Caro]], ''[[De rerum natura|Sulla natura delle cose]]'', a cura di A. M. Esolen, Baltimore 1995. ISBN 0-8018-5055-X.
* [[Marco Aurelio]], ''[[Colloqui con sé stesso]] (pensieri)'', Traduzione e note di Enrico V. Maltese, Milano 1993 (II ed. 1999).
 
=== Studi ===
* [[Vittorio Enzo Alfieri|V. E. Alfieri]], ''Gli atomisti'', Bari 1936.
* V. E. Alfieri, ''Atomos idea. L'origine del concetto dell'atomo nel pensiero greco'', Firenze 1953 (seconda edizione riveduta Galatina 1979).
* E. Asmis, ''Epicurus' Scientific Method'', Ithaca, Cornell University Press, 1984.
* C. Bailey, ''The Greek Atomists and Epicurus'', Oxford 1928.
* E. Bignone, ''L'Aristotele perduto e la formazione filosofica di Epicuro'', 2 voll., Firenze 1936 (nuova edizione Milano 2007).
* Carlo Diano, ''La psicologia di Epicuro'', Roma, 1939 .
* Carlo Diano, ''La psicologia d'Epicuro e la teoria delle passioni.'' Firenze 1943.
* Carlo Diano, ''La filosofia del piacere e la società degli amici'', Padova, 1962.
* Carlo Diano, ''Epikur und die Dichter; ein Dialog zur Poetik Epikurus'', Bonn 1967.
* J. Fallot, ''Il piacere e la morte nella filosofia di Epicuro'', Torino 1977.
* J. Fish, K. R. Sanders, (eds.), ''Epicurus and the Epicurean Tradition'', Cambridge 2011.
* [[Diego Fusaro|D. Fusaro]], ''La farmacia di Epicuro. La filosofia come terapia dell'anima'', Padova 2006 (prefazione di Giovanni Reale).
* Carlos García Gual, ''Epicuro'', Alianza Editorial, 2002 ISBN 84-206-4094-8.
* A. Gigandet, P.-M. Morel (eds.), ''Lire Épicure et les épicuriens'', Parigi 2007.
* H. Jones, ''La tradizione Epicurea. Atomismo e materialismo dall'Antichità all'Età Moderna'', Genova 1999.
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* D. Pesce, ''Introduzione a Epicuro'', Roma-Bari 1981.
* D. Pesce, ''Saggio su Epicuro'', Roma-Bari 1974.
* "Epicuro" in AA.VV., ''Dialoghi oltre il tempo e lo spazio. Il convivio impossibile dei grandi della filosofia'', Laterza, 2024, pp. 113-124.
* F. Verde, ''Elachista. La dottrina dei minimi nell'Epicureismo'', Leuven University Press 2013.
* F. Verde, ''Epicuro'', Roma 2013.
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== Voci correlate ==
* [[Lettera ada Erodoto]]
* [[Lettera a Meneceo]]
* [[Lettera a Pitocle]]
* [[Epicureismo]]
* [[Paradosso di Epicuro]]
* [[Tito Lucrezio Caro]]
* [[s:Della Morale Epicurea|Della Morale Epicurea]], lezione di [[Mario Rapisardi]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
{{VoceLibro|Aforisti Occidentali}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{SEP|epicurus|Epicurus|David Konstan}}
* {{cita web|url=https://www.iep.utm.edu/epicur/|titolo=Epicurus (341—271 B.C.E.)|autore=Tim O'Keefe|sito=Internet Encyclopedia of Philosophy|lingua=en}}
 
;Testi in italiano
* {{cita web|http://www.percorsiinteriori.it/filosofia/Lettera_felicita.htm|Lettera di Epicuro a Meneceo (c.d. "lettera sulla felicità")}}
* {{cita web | 1 = http://sentieridellamente.it/files/Lettera-ad-Erodoto.pdf | 2 = Lettera di Epicuro a Erodoto | accesso = 16 dicembre 2013 | dataarchivio = 16 dicembre 2013 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20131216191252/http://sentieridellamente.it/files/Lettera-ad-Erodoto.pdf | urlmorto = sì }}
* {{cita web | 1 = http://www.epitteto.com/Massime%20Capitali.html | 2 = Massime capitali | accesso = 4 dicembre 2017 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20171205042103/http://www.epitteto.com/Massime%20Capitali.html | urlmorto = sì }}
* {{cita web|url=http://www.ousia.it/sitoousia/sitoousia/testidifilosofia/testipdf/epicuro/massime.pdf|urlmorto=si|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160402113312/http://www.ousia.it/sitoousia/sitoousia/testidifilosofia/testipdf/epicuro/massime.pdf|dataarchivio=2 febbraio 2016|titolo=Massime}}
* {{cita web|url=https://it.wikisource.org/wiki/Della_Morale_Epicurea|titolo=Della Morale Epicurea|autore=Mario Rapisardi}}
 
;Approfondimenti
* {{cita web|url=https://platowww.stanfordepicurism.edu/entries/epicurusinfo/|titolo=Epicurus|autore=David.info Konstan|sito=Stanford EncyclopediaRaccolta ofdi Philosophy|lingua=entesti di Epicuro e sull'epicureismo}}
* {{cita web|url=https://wwwepicurus.iep.utm.edunet/epicuren/resources.html|titolo=Epicurus (341—271 B.C.E.)|autore=Tim O'Keefe|sito=Internet Encyclopedia ofEpicurean PhilosophyResources|lingua=en}}
* {{cita web|url=https://cispe.org/pubblicazioni/|titolo=Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi – Pubblicazioni}}
* {{cita web|url=http://www.epicurus.info/|titolo=Epicurus.info - Raccolta di testi di Epicuro e sull'epicureismo|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160126000552/http://www.epicurus.info/|lingua=en|dataarchivio=26 gennaio 2016}}
* {{cita web|url=http://www.epicurus.net/en/resources.html|titolo=Epicurean Resources|lingua=en|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20161122192303/http://www.epicurus.net/en/resources.html|dataarchivio=22 novembre 2016}}
* {{cita web|url=http://www.cispe.org/pubblicazioni/|titolo=Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi - Pubblicazioni}}
 
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